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Francesco Baldovini

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Francesco Baldovini (Firenze, 27 febbraio 1634Firenze, 18 novembre 1716) è stato un poeta italiano.

Francesco Baldovini nacque a Firenze, il 27 febbraio 1634, da Cosimo e da Iacopa Campanari. La sua famiglia discende indirettamente da quella dei Baldovini-Riccomanni.[1]

La sua carriera di studi incluse gli studi classici nel collegio dei gesuiti, gli studi di filosofia e di fisica, prima a Firenze e poi a Pisa, nella celebre università dove insegnò Galileo Galilei, anche se poi si laureò in legge e da quel momento si dedicò agli studi letterati.[1][2]

È certo comunque che, rientrato in Firenze dopo la morte dei padre (1661), scrisse quel Lamento di Cecco da Varlungo, che gli garantì una notorietà e popolarità.[1]

Nel 1663 si trasferì a Roma come segretario del cardinale senese Giacomo Filippo Nini, dove soggiornò per circa dieci anni, componendo versi in volgare e in latino,[3] stringendo numerose amicizie, tra le quali con Salvator Rosa, che assistette amorevolmente negli anni di malattia e aiutò nella sua conversione religiosa.[1]

All'età di quarant'anni, nel 1674, prese i voti e si trasferì a San Lorenzo d'Artimino, dove trascorse quasi diciotto anni, e proseguì anche la sua attività letteraria, scrivendo rime burlesche e laudi sacre, e ripubblicando il suo già famoso Lamento con lo pseudonimo-anagramma di Fiesolano Branducci.[4]

Nel 1700 ottenne infine la carica di priore del monastero di Santa Felicita in Firenze.[3] Morì in Firenze il 18 novembre 1716.[1]

Si dedicò oltre che alla prosa scientifica, ai generi letterari più frivoli e accademici: versi burleschi e satire, poemi eroicomici e commedie letterarie e quei poemetti, o "idilli" rusticali,[2] caratterizzati più che da elementi satirici indirizzati ai contadini, dal gusto per l'erudizione e la mania di commentare gli aspetti formali della lingua.[1]

Paragonabile ad un'esercitazione linguistica o di uno svago erudita, va considerata anche l'opera più importante, il Lamento di Cecco da Varlungo (1694), un poemetto erotico-rusticale col quale si ispirò alla poesia burlesca e popolareggiante che nel Quattrocento ebbe importanti rappresentanti, come Lorenzo de' Medici con le sue satire del villano (Nencia da Barberino),[4] oltre che i successivi seguaci Luigi Pulci (Beca da Dicomano) e Francesco Berni.[1][3]

Il Lamento è un idillio in quaranta ottave, in cui il contadino Cecco canta il suo amore e gli scherni della contadina Sandra, si lamenta per la gelosia dato che Sandra gli preferisce il rivale Nencio, ed esprime infine intenzioni di suicidio.[1][4]

Il Lamento del Baldovini, va considerato sullo sfondo di una cultura accademica. E anche se è distante dalla gustosa vivacità dei suoi modelli, non presentando verità di rappresentazione psicologica o notazioni paesaggistiche, si distinse per l'ingegno tecnico, la ricerca colorata dei modi di dire e di termini contadineschi.[1][3][4]

Il Baldovini compose anche numerosi sonetti, una elegia latina, a ottave in versi sdruccioli di argomento autobiografico e ad altre opere in dialetto rusticale (Il rettore di Campi e Maso da Lecore), oltre che alcune opere drammatiche, come una commedia in tre atti, dal titolo Chi la sorte ha nemica, usi l'ingegno, e di cinque brevi atti unici, che l'autore designa di volta in volta con il nome di "prologhi" o di "scherzi" e che piuttosto si vorrebbero accostare alle cinquecentesche "farse" del Berni: lo Scherzo familiare drammatico (1670, rappresentato in casa del conte Pandolfini), Pellegrino e contadino e Il mugnaio di Sezzate (nella villa dei signori Fedini a Sezzate), la Canzone per maggio e Un pazzo e due vagabondi. Rispetto al Lamento queste opere si caratterizzarono per un più fine ingegno negli approfondimenti psicologici e una certa brillantezza nel descrivere scene e personaggi.[1]

  • Scherzo familiare drammatico, 1670;
  • Lamento di Cecco da Varlungo, 1694;
  • Chi la sorte ha nemica, usi l'ingegno, 1763;
  • Maso da Lecore, che mena a casa la sposa, in Poesie di eccellenti autori toscani, 1823;
  • Rime, 1883:
    • Il rettore di Campi;
    • Che la bontà e la grandezza umane son indistinte dopo la morte;
    • Scherzo familiare drammatico;
  • Il mugnaio di Sezzate, 1899.
  • Poemetti contadineschi, 1914.
  1. ^ a b c d e f g h i j Raffaele Amaturo, Baldovini, Francesco, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 5, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1963. URL consultato il 12 maggio 2019.
  2. ^ a b (EN) Francesco Baldovini, su oxfordreference.com. URL consultato il 12 maggio 2019.
  3. ^ a b c d Francesco Baldovini, in le muse, II, Novara, De Agostini, 1964, pp. 3-4.
  4. ^ a b c d Baldovini, Francésco, su sapere.it. URL consultato il 12 maggio 2019.

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