Vai al contenuto

Gian Maria Volonté

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Gian Maria Volonté

Gian Maria Volonté (Milano, 9 aprile 1933Florina, 6 dicembre 1994) è stato un attore italiano.

Interprete versatile e incisivo, Volonté è spesso annoverato fra i migliori attori della storia del cinema, non solo italiano,[1][2][3] venendo ricordato per il mimetismo, la presenza magnetica e la recitazione matura. Il regista Francesco Rosi disse di lui che «rubava l'anima ai suoi personaggi».[2] Conseguita una certa fama internazionale ricoprendo il ruolo del cattivo negli spaghetti western di Sergio Leone, divenne in seguito l'attore-simbolo del cinema d'impegno civile,[4] raggiungendo i vertici delle sue capacità interpretative sotto la regia di Francesco Rosi, Elio Petri e Giuliano Montaldo. Come regista, realizzò documentari di stampo politico.[2]

Gian Maria Volonté nacque a Milano il 9 aprile 1933 ma crebbe a Torino. Il fratello minore Claudio fu anch'egli attore, conosciuto col nome d'arte di Claudio Camaso. Il padre Mario era un militare fascista originario di Saronno, in provincia di Varese, che nel 1944 fu al comando della Brigata nera di Chivasso[4], mentre la madre Carolina Bianchi apparteneva a una benestante famiglia di industriali milanesi[5].

Il futuro attore trascorre l'ultima parte della sua infanzia in condizioni difficili per via della precaria situazione familiare, causata innanzitutto dall'arresto del padre. Mario Volonté fu condannato dalla I Sezione Speciale della Corte di Assise di Torino «per avere nella sua qualità di comandante delle brigate nere, durante l'occupazione tedesca, favorito le operazioni militari del nemico ordinando e partecipando a rastrellamenti di elementi del movimento di resistenza nei quali furono commessi molti omicidi e rapine».[6] Causò la morte di una persona durante il rastrellamento di Rondissone e di altre due nei pressi di Verolengo. Carolina, la madre, cercò di fronteggiare la crisi, affittando le camere di casa e vendendo oggetti di valore. Mario, condannato a trent'anni di reclusione, ne scontò meno di otto, dal novembre 1946 all'agosto 1954. Tornò in carcere nell'aprile del 1960 per espiare due anni di reclusione per omicidio colposo. Liberato per motivi di salute, nel 1961 morì a Torino di cancro ai polmoni.[7]

Volonté abbandonò gli studi a quattordici anni e decise di trovare un impiego per aiutare la madre. Nel 1950, dopo alcuni mesi in Francia come raccoglitore di mele, tornò in Italia e cominciò a frequentare lo Studio Drammatico Internazionale I Nomadi di Edoardo Maltese. In questo periodo si appassionò a Camus e Sartre.[5]

Gli esordi: il teatro e la televisione

[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1951, a 17 anni, iniziò come attore di teatro a Torino nella compagnia I Nomadi di Edoardo Maltese, e poco più tardi si unì alla compagnia teatrale itinerante I carri di Tespi.[2][4] Nel 1954, si trasferì definitivamente a Roma dove frequentò l'Accademia nazionale d'arte drammatica, e dove si fece notare come "giovane di grande talento"[5]; suo maestro era Orazio Costa.[2] Nel 1957 Volonté ebbe la prima esperienza televisiva recitando in Fedra[8] (tratto dall'omonima tragedia di Jean Racine), accanto a una delle signore della scena italiana, Diana Torrieri.

Nella stagione 1958-1959 fu nella compagnia del Teatro Stabile di Trieste; a Trieste entrò in contatto col gruppo La Cantina, una sorta di teatro-off divenuto nel tempo una fucina di aggiornamento teatrale, di reazione alla tradizione e al conformismo. Proprio alla Cantina mise in scena la prima rappresentazione italiana de L'ultimo nastro di Krapp di Samuel Beckett.

Sempre nel 1959 recitò negli sceneggiati televisivi L'idiota, tratto dall'omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij, e Caravaggio. Nel 1960 l'incontro teatrale più significativo per Volonté fu quello con la compagnia degli Attori Associati, gruppo di cui facevano parte Giancarlo Sbragia, Enrico Maria Salerno e Ivo Garrani. Con loro recitò in Quarta Era, in Romeo e Giulietta di William Shakespeare, nel 1963 in La buona moglie di Carlo Goldoni e in Sacco e Vanzetti di Mino Roli e Luciano Vincenzoni, dove interpretava Nicola Sacco; dieci anni dopo nella trasposizione cinematografica di Giuliano Montaldo avrebbe invece interpretato Bartolomeo Vanzetti. Nel 1963 recitò nel film televisivo Il taglio del bosco, tratto dall'omonimo racconto di Carlo Cassola.

Nel 1964 cercò di portare in scena in un teatrino di Roma, in via Belsiana, Il Vicario di Rolf Hochhuth, che aveva già suscitato scandalo a Berlino in occasione della sua prima rappresentazione mondiale. Il testo denunciava i rapporti tra la Chiesa cattolica (in particolare papa Pio XII) e il regime nazista: la rappresentazione fu però impedita dalla polizia per pretestuosi motivi di ordine pubblico e, in seguito alle proteste di una parte della stampa, ci si appellò alla violazione di un articolo del Concordato. La determinazione militante di Volonté ebbe tuttavia la meglio: reso impossibile l'allestimento teatrale, Il Vicario venne presentato in forma di lettura drammatica nei locali della Libreria Feltrinelli.

Nel 1965 partecipò nel ruolo di Radek all'episodio Una vita in gioco della serie televisiva Le inchieste del commissario Maigret, con Gino Cervi e Andreina Pagnani.

Un uomo da bruciare (1962) di Valentino Orsini e i fratelli Taviani

Nel 1960 Gian Maria Volonté esordì sul grande schermo con Sotto dieci bandiere di Duilio Coletti. Nel 1961 recitò, ricoprendo parti marginali, in due film del genere peplum/fantascientifico: Antinea, l'amante della città sepolta di Edgar G. Ulmer e Giuseppe Masini e Ercole alla conquista di Atlantide di Vittorio Cottafavi. Ottenne però una parte anche in due opere di livello: A cavallo della tigre di Luigi Comencini e La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini. In questi anni lavorò anche come doppiatore: per esempio è sua la voce del protagonista di Banditi a Orgosolo e di Roger Hanin in La marcia su Roma.

Il suo primo ruolo da protagonista fu quello del sindacalista Salvatore Carnevale in Un uomo da bruciare, di Valentino Orsini e degli esordienti fratelli Taviani. Presentato nel 1962 alla Mostra del cinema di Venezia in una rassegna informativa, Un uomo da bruciare ebbe un'ottima accoglienza da parte della critica e ottenne una menzione della giuria come opera prima, ma ebbe una distribuzione tardiva e discontinua solo un anno dopo e pertanto Volonté rimase "nell'ombra". Anche alla Mostra di Venezia 1963 fu presente come protagonista in un'opera prima: ne Il terrorista, ambientato in Veneto durante la resistenza, interpretava la figura del partigiano Otello Pighin sotto la regia di Gianfranco De Bosio. Il film ottenne il Premio della critica italiana e il Premio Città di Venezia.

Lo stesso anno un giovane Sergio Leone, che aveva all'attivo un solo lungometraggio anche se aveva a lungo lavorato come assistente e come regista di seconda unità, volle tentare la produzione di un western e affidò a Volonté il ruolo del letale trafficante di alcolici Ramón Rojo. Il film esordì a Firenze nel settembre 1964 con il titolo Per un pugno di dollari; nei titoli e sulle locandine utilizzava dei nomi che rimandavano al cinema americano per evitare la sfiducia del pubblico in un prodotto "nostrano". Volonté accettò suo malgrado di essere ribattezzato John Wels e non si rese conto dell'importanza che avrebbe avuto in seguito la pellicola. Dopo i primi giorni di proiezione il film cominciò ad attirare spettatori, sia grazie al passaparola, sia grazie a una astuta campagna promozionale che faceva leva sulle scene più sanguinarie: in tre mesi incassò quattrocento milioni di lire, che alla fine della distribuzione arrivarono a tre miliardi, diventando il capostipite del genere spaghetti-western.

Il primo vero successo popolare arrivò tuttavia con il ruolo di Michelangelo Buonarroti, nello sceneggiato di Silverio Blasi realizzato dalla Rai sempre nel 1964 per celebrare il quarto centenario dalla morte del grande artista. Il regista Blasi aveva imposto alla Rai la scelta di Volonté contro il parere dei funzionari dell'epoca, che lo avevano depennato dalle produzioni TV dopo il suo abbandono di Delitto e castigo in seguito a divergenze con il regista Anton Giulio Majano. A questo sceneggiato partecipò, in un ruolo minore, anche il fratello Claudio Volonté.

Con un consistente aumento del cachet e con maggiori mezzi produttivi, Volonté ritornò nel 1965 a lavorare con Leone in Per qualche dollaro in più in cui interpretava El Indio, il sadico criminale tossicodipendente: l'interpretazione lo consacrò definitivamente al grande pubblico rendendolo, di fatto, il perfetto cattivo del genere. Volonté interpreterà altri film appartenenti al filone degli spaghetti-western, come Quién sabe? (1966), di Damiano Damiani, e Faccia a faccia (1967), di Sergio Sollima, al fianco di Tomas Milian che ritroverà l'anno successivo in Banditi a Milano di Carlo Lizzani.

Sempre nel 1966 partecipò a un altro film di grande successo, L'armata Brancaleone, diretto da Mario Monicelli, per poi affiancare Enrico Maria Salerno e Anouk Aimée in Le stagioni del nostro amore diretto da Florestano Vancini. Nel 1967 fu scelto da Elio Petri per il ruolo del protagonista, il mite professor Laurana in A ciascuno il suo, tratto dall'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia. Il film, presentato in concorso al Festival di Cannes 1967, segna l'inizio del suo sodalizio artistico con il regista Petri e lo sceneggiatore Ugo Pirro.

Nell'autunno 1967 Silverio Blasi, dopo il successo di Michelangelo, rivolle Volonté per il ruolo televisivo di Caravaggio, ma la messa in onda dello sceneggiato subì alcuni interventi di censura da parte dei funzionari Rai, ai quali Blasi e Volonté reagirono presentando alla magistratura un'istanza di sequestro. Le polemiche suscitate fecero sì che l'attore non fosse più convocato in televisione per oltre sedici anni, fino al 1982.

Il 1968 si apre con l'uscita de I sette fratelli Cervi, film in cui per la quarta volta Gian Maria Volonté interpretava un personaggio della Resistenza. Il film ebbe una distribuzione scarsa e discontinua, al contrario del successivo Banditi a Milano diretto da Carlo Lizzani e ispirato alle vicende della banda Cavallero che solo pochi mesi prima aveva seminato il terrore nel nord Italia. Il film, concepito come un instant movie, ebbe un tempo di preparazione molto breve e un copione che veniva modificato e plasmato nel corso delle riprese. I nomi dei personaggi furono cambiati ma gli esterni del film furono, in gran parte, gli stessi in cui erano realmente avvenuti i fatti. Cimentandosi per la prima volta nell'interpretazione realistica di un personaggio vivente e di recente attualità, Gian Maria Volonté ottenne numerosi riconoscimenti, tra cui il Globo d'oro dell'Associazione Stampa Estera. Il film ebbe un ottimo successo commerciale e anticipò il filone del cinema poliziottesco. Sempre sotto la direzione di Lizzani, nello stesso anno girò in Bulgaria L'amante di Gramigna e, spostatosi in Maremma, Sotto il segno dello scorpione con i fratelli Taviani. Il 1968 fu un anno intenso per il suo lavoro d'attore, ben sei film girati da protagonista: le sue quotazioni erano al massimo anche se qualche volta, per stima verso un regista o per il particolare interesse verso un copione, si accontentava di una paga ridotta.

Convocato dalla produttrice Marina Cicogna, aveva firmato un contratto per il ruolo di Max in Metti, una sera a cena. Il compenso sarebbe stato il più alto finora ricevuto, 60 milioni di lire, per una commedia di ambientazione alto-borghese che avrebbe segnato una rottura netta nel suo percorso cinematografico fatto di ruoli impegnati e spesso apertamente "schierati". Dopo il primo giorno di prove, l'attore rinunciò alla parte e restituì l'anticipo, ma la produzione lo citò ugualmente in giudizio per aver bloccato l'inizio delle riprese nell'attesa di trovare un altro attore. Bersagliato dalla stampa e dalle associazioni di categoria, prima fra tutte l'ANICA, Volonté ebbe in seguito modo di precisare la sua posizione e rivelò di aver anche rinunciato a un contratto più vantaggioso (quattro film in due anni con Dino De Laurentiis) per il timore di farsi strumentalizzare da persone che perseguono soltanto i propri interessi.

La controversia con Marina Cicogna si risolse proprio grazie alla disponibilità di quest'ultima, che legò Volonté a un nuovo contratto che prevedeva tre film: uno diretto da Jean-Pierre Melville (I senza nome) e due diretti da Elio Petri, il primo dei quali diede all'attore la possibilità di realizzare la sua più celebre interpretazione in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, una pellicola a sfondo politico-giudiziario che, oltre al grandissimo successo di pubblico, ottenne riconoscimenti in Italia e all'estero, tra i quali l'Oscar 1971 come miglior film straniero.

La classe operaia va in paradiso (1971) di Elio Petri

Ottenuta la notorietà (Felice Laudadio lo definì "il più grande attore italiano del suo tempo"[9]), continuò a dedicarsi a un tipo di cinema politicamente impegnato, recitando nel corso degli anni settanta in film come Uomini contro (1970), tratto liberamente dal romanzo autobiografico Un anno sull'Altipiano di Emilio Lussu, e Il caso Mattei (1972), entrambi di Francesco Rosi, nonché in Sacco e Vanzetti (1971) e Giordano Bruno (1973) di Giuliano Montaldo, La classe operaia va in paradiso di Elio Petri (1971) e Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio (1972). Soprattutto con Petri e con Rosi, Volonté ebbe modo di esprimere in piena libertà il suo talento, dando vita a una miriade di "uomini illustri" rappresentanti una dura critica alla classe dirigente dell'epoca, divenendo quindi un punto di riferimento del cinema d'impegno civile. Alla sua carriera d'attore Volonté affiancò un intenso attivismo politico portando avanti numerose battaglie, manifestazioni e scioperi per i diritti dei lavoratori[5] e partecipando alla realizzazione dei Documenti su Giuseppe Pinelli (1970).

Verso la fine degli anni settanta Volonté ebbe un breve periodo di crisi a causa dell'insuccesso di Todo modo (1976), grottesco film di denuncia sugli intrighi della Democrazia Cristiana, tratto dall'omonimo romanzo di Sciascia. Il film sancisce la fine del cinema politico italiano e segna la rottura tra Petri e Volonté.[senza fonte] Diretto nuovamente da Rosi, ritrovò il successo con Cristo si è fermato a Eboli (1979), tratto dall'omonimo romanzo di Carlo Levi, che ricevette diversi premi nazionali e internazionali, tra cui due David di Donatello, il Gran Premio al Festival di Mosca nel 1979 e il BAFTA al miglior film non in lingua inglese nel 1983, prima pellicola a ricevere questo riconoscimento.

Sempre negli anni settanta, a Volonté fu proposto di prendere parte a tre importanti film: Il padrino di Francis Ford Coppola,[10] Novecento di Bernardo Bertolucci e Padre padrone dei fratelli Taviani,[11][12] ma non vi partecipò; precedentemente alla proposta fattagli per Novecento, aveva invece accettato il ruolo in Actas de Marusia - Storia di un massacro di Miguel Littín.[1]

Il caso Moro (1986) di Giuseppe Ferrara

Negli anni ottanta Volonté riprese la propria attività attoriale con film come La morte di Mario Ricci di Claude Goretta (1983), Il caso Moro di Giuseppe Ferrara (1986) e Cronaca di una morte annunciata sempre di Rosi (1987). Negli anni novanta abbandonò il cinema italiano dopo aver recitato in Porte aperte di Gianni Amelio (1990) e in Una storia semplice di Emidio Greco (1991), per cui venne premiato con il Leone d'oro alla carriera al Festival di Venezia. Entrambi questi ultimi film furono liberamente tratti dagli omonimi romanzi di Leonardo Sciascia. In quel periodo Volonté entrò in una profonda crisi depressiva e lavorò in un paio di pellicole poco note: Funes, un gran amor (1992) di Raúl de la Torre e Il tiranno Banderas (1993) di José Luis García Sánchez.

Dopo aver accettato una parte di rilievo nel film Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos, il 6 dicembre 1994 Volonté morì improvvisamente durante le riprese, all'età di 61 anni, a causa di un infarto. Venne sostituito da Erland Josephson e il film fu dedicato alla sua memoria. Il suo funerale laico si svolse a Velletri, dove risiedeva. Le sue spoglie riposano, come da sua volontà, sotto un albero nel piccolo cimitero de La Maddalena, in Sardegna.

È stato sposato con Tiziana Mischi e, dall'agosto del 1983, con Armenia Balducci, sceneggiatrice e regista cinematografica, già sua compagna dal 1968. Nella sua vita sentimentale sono entrate anche le attrici Carla Gravina, da cui ha avuto la figlia Giovanna, e Angelica Ippolito,[2] figlioccia di Eduardo De Filippo, con cui visse gli ultimi dieci anni.

Attività politica

[modifica | modifica wikitesto]

Volonté è stato iscritto al Partito Comunista Italiano fino al 1977. Il 16 giugno 1975 venne eletto consigliere regionale del Lazio, con ventiseimila voti, ma soltanto sei mesi più tardi decise di dimettersi: «[...] Mi accorsi che esisteva un baratro tra il mio bisogno di comunismo e la carriera politica che loro mi proponevano. Volevano fare di me un funzionario, un animale politico invischiato nella partitocrazia: io avevo bisogno di ricerca, di critica, di democrazia. Ho capito che stavo perdendo la mia identità e ho scelto il rapporto con me stesso».[13]

Nel 1981 aiutò l'amico Oreste Scalzone, militante di Autonomia Operaia, a sfuggire al mandato di cattura emesso contro di lui in relazione al cosiddetto Processo 7 aprile, scortandolo clandestinamente con la sua barca in Corsica; di lì, dopo aver fatto scalo in Danimarca, Scalzone si rifugiò in Francia.[14]

Volonté fu poi candidato dal Partito Democratico della Sinistra in occasione delle elezioni politiche del 1992 nella circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone, risultando secondo dei non eletti[15].

L’archivio personale di Gian Maria Volonté è conservato a Torino presso l’Archivio Storico del Museo Nazionale del Cinema.

Il terrorista (1963) di Gianfranco de Bosio
L'armata Brancaleone (1966) di Mario Monicelli
Quién sabe? (1966) di Damiano Damiani
A ciascuno il suo (1967) di Elio Petri
Faccia a faccia (1967) di Sergio Sollima
I sette fratelli Cervi (1968) di Gianni Puccini
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Elio Petri
Uomini contro (1970) di Francesco Rosi
Sacco e Vanzetti (1971) di Giuliano Montaldo
Il caso Mattei (1972) di Francesco Rosi
Lucky Luciano (1973) di Francesco Rosi
Giordano Bruno (1973) di Giuliano Montaldo
Il sospetto (1975) di Francesco Maselli
Todo modo (1976) di Elio Petri
Cristo si è fermato a Eboli (1979) di Francesco Rosi
Ogro (1979) di Gillo Pontecorvo
Un ragazzo di Calabria (1987) di Luigi Comencini
L'opera al nero (1988) di André Delvaux
Porte aperte (1990) di Gianni Amelio
Una storia semplice (1991) di Emidio Greco
  • Reggio Calabria – documentario (1972)
  • La tenda in piazza – documentario (1972)

Sceneggiatore

[modifica | modifica wikitesto]

Prosa radiofonica Rai

[modifica | modifica wikitesto]

Riconoscimenti

[modifica | modifica wikitesto]
  • Globo d'oro
    • 1968 – Miglior attore per A ciascuno il suo, Banditi a Milano e I sette fratelli Cervi
    • 1968 – Miglior attore per Banditi a Milano
    • 1968 – Miglior attore per I sette fratelli Cervi
    • 1970 – Miglior attore per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto
    • 1972 – Miglior attore per La classe operaia va in paradiso
    • 1987 – Miglior attore per Il caso Moro
    • 1990 – Miglior attore per Porte aperte
  • Grolla d'oro
    • 1968 – Miglior attore per Banditi a Milano
    • 1970 – Miglior attore per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto
    • 1991 – Miglior attore per Una storia semplice
    • 1998 – Premio alla carriera (postumo)
  • Laceno d'oro
    • 1968 – Miglior attore per I sette fratelli Cervi
    • 1986 – Targa speciale all'interpretazione per Il caso Moro
  • Nel 2004, per il decennale della scomparsa, la città di Roma gli ha dedicato una via nel quartiere nuovo Casale di Nei.
  • Nel 2009 e nel 2010 il Bif&st di Bari assegna un Premio intitolato a Gian Maria Volonté per il miglior attore protagonista. Nel 2014 gli viene dedicata l'intera rassegna.
  • La Provincia di Roma ha intitolato all'attore scomparso la scuola di formazione istituita nel campo della cinematografia.
  • Nel 2012 l'amministrazione comunale di Velletri intitola a "Gian Maria Volonté" il teatro comunale, già Teatro Artemisio, ristrutturato e riaperto dopo 25 anni.
  • Dal 2003, ogni anno a La Maddalena si tiene la rassegna cinematografica La valigia dell'attore, interamente dedicata alla memoria di Volonté[17].
  • Nel 2014 viene pubblicata la graphic novel Gian Maria Volonté, edita dalla casa editrice Becco Giallo.
  • Nel 2016 Torino dedica una piazza (tra Via Osasco e Via Spalato) a Gian Maria Volonté.

Doppiatori italiani

[modifica | modifica wikitesto]

All'inizio della sua carriera, come tanti altri attori italiani, Volonté è stato più volte doppiato. Nello specifico, da:

  1. ^ a b Gian Maria Volonté anniversario, a 20 anni dalla morte dell'attore un ricordo con le sue 10 migliori interpretazioni (VIDEO), su HuffPost, 3 dicembre 2014. URL consultato il 27 maggio 2015 (archiviato il 15 luglio 2015).
  2. ^ a b c d e f Enrico Lancia e Roberto Poppi, 2003, p. 283.
  3. ^ Alessandro Cavaggioni, ‘Volonté – L’uomo dai mille volti’, Francesco Zippel: “Artista senza tempo, avrebbe ancora molto da dire”, in Cinecittà News, 2 settembre 2024.
  4. ^ a b c Carlo Gaudio, 2014.
  5. ^ a b c d Documentario Un attore contro: Gian Maria Volonté, regia di Ferruccio Marotti.
  6. ^ Archivio di Stato di Torino, Corte d'Assise di Torino, Sezione Speciale, Fascicolo 191, Salone U, Scaffale 21 e seguenti - Sentenza contro Mario Volonté, 27 novembre 1946.
  7. ^ Mirko Cazzopoli, 2018.
  8. ^ Maria Letizia Compatangelo, La Maschera e il video.
  9. ^ Felice Laudadio, Gian Maria Volonté, un volto, una voce e le mille maschere dell'attore (PDF) [collegamento interrotto], in Cinecittà, n. 06, 2001, pp. 150-159.
  10. ^ Copia archiviata, su corriere.it. URL consultato il 16 gennaio 2021 (archiviato il 22 gennaio 2021).
  11. ^ Volonté ritorna sui teleschermi, in Stampa Sera, 15 settembre 1976, p. 15. URL consultato il 30 luglio 2015 (archiviato il 21 settembre 2015).
  12. ^ La Rai con due film al festival di Cannes, in La Stampa, 26 aprile 1977, p. 6. URL consultato il 30 luglio 2015 (archiviato il 21 settembre 2015).
  13. ^ Lauretta Colonnelli, Bella carriera, è stata tutta una fuga, in L'Europeo, 13 agosto 1983.
  14. ^ Scalzone: "Mi fece scappare dall'Italia", in la Repubblica, 7 dicembre 1994. URL consultato il 4 gennaio 2020 (archiviato il 4 gennaio 2020).
  15. ^ Camera 05/04/1992 Area ITALIA Circoscrizione ROMA-VITERBO-LATINA-FROSINONE - PD, su Archivio storico del Ministero degli Interni. URL consultato il 7 giugno 2020 (archiviato il 24 dicembre 2017).
  16. ^ Caterina Conti, Letteratura al microfono. I programmi letterari di radio RAI Trieste fra il 1954 e il 1976 (PDF), Trieste, Università degli studi di Trieste, 2014, p. 191. URL consultato il 1º febbraio 2021 (archiviato il 1º febbraio 2021).
  17. ^ La valigia dell'attore, su valigiattore.it. URL consultato l'8 marzo 2012 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2014).

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàVIAF (EN79160038 · ISNI (EN0000 0001 1030 0953 · SBN RAVV088896 · LCCN (ENn79086045 · GND (DE120052121 · BNE (ESXX1084365 (data) · BNF (FRcb13611717q (data) · J9U (ENHE987007304219305171