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Gino Sabatini Odoardi

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Gino Sabatini Odoardi (Pescara, 14 luglio 1968) è un artista italiano.

Il lavoro che Gino Sabatini Odoardi porta avanti da decenni è sempre stato un lavoro di ricerca e approfondimento sulla vita e sull'arte. Partendo spesso da forme semplici e oggetti di uso comune, ha percorso un tragitto iconografico ampio e complesso che lo ha portato nell'ultimo decennio a cimentarsi con una forma sinuosa ed antica come quella della piega. Il panneggio, secondo la visione dell'artista è considerato “un labirinto nomade senza finestre in grado di celare gli innumerevoli risvolti della vita, dove niente è chiaro e rivelato”. Ha indagato negli anni anche diverse aree simboliche: il dogma (religioso e politico), la memoria, il concetto di postumo e soprattutto il bicchiere (simbolo anti-simbolico).[1]

La tecnica principale utilizzata dall'artista per la realizzazione delle sue opere è definita "termoformatura in polistirene", tale processo industriale lo rende artista unico in ambito nazionale e internazionale.[2]

Gino Sabatini Odoardi nasce a Pescara il 14 luglio 1968; da subito propenso ad esprimersi in forme visuali, incontra ad Alanno all'età di dieci anni Antonio Capone, pittore amico di famiglia che lo segue e gli disvela gli orizzonti della pittura metafisica e surrealista, da cui rimane fortemente colpito e per lungo tempo influenzato, scosso soprattutto da epigoni quali Giorgio de Chirico, Salvador Dalí e René Magritte. Si diploma presso il Liceo Artistico di Pescara dove ha l'opportunità di conoscere il lavoro di Ettore Spalletti, docente di discipline pittoriche.[3]

Nel 1987, durante gli anni del Liceo, non ancora maggiorenne, rischia l'arresto producendosi in una performance clandestina a Parigi al Musée National d'Art Moderne Centre George Pompidou baciando platealmente l'opera di Salvador Dalí "Allucinazione parziale: sei apparizioni di Lenin su un grande piano" del 1931.

Trasferitosi all'Aquila, studia pittura all'Accademia di belle arti, dove farà incontri determinanti per la sua formazione: Fabio Mauri, del quale sarà performer nel 1997 in "Che cosa è il fascismo" alla Kunsthalle di Klagenfurt e assistente; Jannis Kounellis, del quale sarà allievo nel 1998 al seminario laboratorio all'Aquila curato da Sergio Risaliti; e Carmelo Bene che incontrerà nel 1996 al Museo Sperimentale di Arte Contemporanea dell'Aquila.

Si diploma discutendo una tesi di Estetica sulla fenomenologia del "Silenzio" con Massimo Carboni. Nel 1999 si trasferisce a Roma nel quartiere Esquilino, luogo multietnico della capitale. In quel periodo frequenta l'Associazione Culturale "Futuro", fondata l'anno prima da Ludovico Pratesi e Costantino D'Orazio, spazio di ritrovo per molti giovani artisti[4]. Sempre nel 1999 riceve da Alfred Pacquement (Centre George Pompidou) il prestigioso premio "Le Prix des Jeunes Créateurs" all'École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi. Nel 2001 è invitato da Angela Vettese a partecipare alla 52ª edizione del Premio Michetti, intitolata "Adriatico: Le due sponde". Nel 2006 nello spazio di Viafarini a Milano, partecipa al workshop con Antoni Muntadas curato da Gabi Scardi. Nel 2010 la Logos edizioni ha pubblicato un volume a lui dedicato, a cura di Francesco Poli e Massimo Carboni. Nel 2011 è invitato alla 54ª Esposizione Internazionale d'Arte La Biennale di Venezia, Padiglione Italia (Arsenale)[5].

Dal 2017 è docente di Plastica Ornamentale presso l'Accademia di Belle Arti di Frosinone.

Il lavoro che Gino Sabatini Odoardi porta avanti dagli inizi degli anni ‘90 è sempre stato un lavoro di ricerca ed approfondimento estetico sulla vita e sull'arte. Ha indagato negli anni diverse aree simboliche: il dogma (politico e religioso), la memoria, il concetto di postumo e soprattutto il bicchiere (simbolo anti-simbolico definito dall'artista "uno spazio partigiano povero entro cui poter convivere senza dogmi o ideologie").

La sua indagine attinge dal disagio, dall'insofferenza, dal malumore di essere al mondo inconsapevolmente. A tal proposito l'artista afferma che: "Due sono le cose di cui non ti insegnano nulla a scuola: la nascita e la morte. La morte è inaccettabile e tutto il mio lavoro parte da lì, è come se la morte fosse un difetto fondamentale del mondo. Non puoi segnarla sull'agenda. Non ci sono risposte dogmatiche e religiose che mi consolano, così come non ci sono verità che mi confortano. Rompere gli equilibri è l'unico modo per porsi seriamente delle domande senza la pretesa di avere risposte".

Gino Sabatini Odoardi partendo spesso da forme semplici e oggetti di uso comune, ha percorso un tragitto iconografico ampio e complesso che lo ha portato nell'ultimo decennio a cimentarsi anche con una forma sinuosa ed antica come quella della piega. Il panneggio, secondo la visione dell'artista, nasconde linee e solchi che convergono con i fondamenti sostanziali della percezione, come luce e ombra, bianco e nero, interno e esterno. Dispiegamenti che nelle loro illimitate combinazioni, rivelano le infinite conseguenze della vita, dove niente è chiaro e disvelato. La scelta che ha caratterizzato la sua estetica relativa al panneggio, non è casuale, infatti egli proviene da una storica famiglia di tappezzieri. Il percorso artistico di Sabatini Odoardi non si focalizza solo sul concetto di piega, esso parte dall'accartocciamento delle tele dipinte, al sottovuoto fino ad arrivare alla termoformatura in polistirene con la quale si confronta dal 2004.

La termoformatura in polistirene è una tecnica sperimentata dall'artista che lo contraddistingue tanto da rendere i suoi lavori sempre riconoscibili. Si tratta di un processo industriale che prevede oltre al riscaldamento ad alte temperature anche una fase di sottovuoto e successivo raffreddamento. Questo processo permette di trasformare il polistirene manualmente solidificandolo nella sua forma definitiva. Tale procedimento non permette ripensamenti: il materiale, indurendosi, registra minuziosamente tutte le increspature della superficie. Un'azione decisa di pochi secondi senza possibilità di repliche.

Un altro elemento distintivo è rappresentato dal colore: il bianco. Questo non-colore, può indicare l'inizio o la fine di un tutto, concepito dall'artista come indice di sottrazione che apre al possibile. L'azzeramento cromatico del bianco domina la maggior parte dei suoi lavori, con rare incursioni di rosso o di nero.


Pubblicazioni

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  • Gino Sabatini Odoardi, Controindicazioni autori: Simonetta Lux, Domenico Scudero ed. Lithos (2003) (italiano) ISBN 88-86584-82-2
  • The White Album ed. Galleria Oredaria (2005), ed. bilingue (italiano-inglese)
  • Gino Sabatini Odoardi, Postumo al Nulla autori: Massimo Carboni, Francesco Poli ed. Logos (2010), ed. bilingue (italiano-inglese) ISBN 9788857601274
  • Gino Sabatini Odoardi, Tra Le Pieghe del Dubbio autori: Adriana Polveroni, Claudio Libero Pisano ed. Maretti Editore (2023) (italiano-inglese) ISBN 9788893970815
  1. ^ Tra le pieghe del dubbio, ISBN 9788893970815.
  2. ^ segnonline.it, https://segnonline.it/gino-sabatini-odoardi-nel-cilindro-del-dubbio/.
  3. ^ arteinformado.com, https://www.arteinformado.com/guia/f/gino-sabatini-odoardi-176088.
  4. ^ fondazionelkt.org, https://fondazionelkt.org/gino-sabatini-odoardi/.
  5. ^ beniculturali.it, https://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1308730856276_06_ARSENALE_Elenco_artisti.pdf.

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