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Palamede (Eschilo)

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Palamede
Tragedia perduta
Busto di Eschilo conservato ai Musei Capitolini
AutoreEschilo
Titolo originaleΠαλαμήδης
Lingua originale
GenereTragedia
AmbientazioneIl campo acheo a Troia
Composto nelV secolo a.C.
Personaggi
Guardia?
Palamede
Odisseo
Nauplio
Coro di soldati achei?
 

Palamede (in greco antico: Παλαμήδης?) è una tragedia perduta scritta da Eschilo nel V secolo a.C. che riguardava l'eroe mitico.

Dell'opera ci sono noti solo pochi frammenti[1]: il più ampio, di sette versi in un papiro, è l'inizio del dramma, con una preghiera a Zeus e al Sole[2], mentre negli altri tre Palamede, falsamente accusato di tradimento per le trame del geloso Odisseo, si lamentava dell'ingratitudine achea, ricordando le sue invenzioni volte al bene dei compatrioti:

«PALAMEDE: Ed io riorganizzai di Greci e soci
la vita, che era prima sì confusa.
E, prima d'ogni cosa, io inventai
l'aritmetica, saggia scienza invero.

Ed io poi stabilii come si schieran
le truppe, insegnai i turni a mensa,
a fare colazione e fare pranzo.»

Infine, in un verso derivante da un discorso di Nauplio[3], l'eroe euboico, padre del protagonista, rimproverava qualcuno chiedendogli perché gli avesse ucciso il figlio[4], così mostrando che, nel finale della tragedia, si aveva un lamento di Nauplio sul cadavere del figlio Palamede.

  1. ^ Il più rilevante è P. Oxy. 2253.
  2. ^ Forse recitata, come nell'Agamennone, da una guardia: cfr. A. H. Sommerstein, The prologue of Aeschylus' Palamedes, in "Rheinisches Museum für Philologie", Neue Folge, 143. Bd., H. 2 (2000), pp. 118 ss.
  3. ^ Fr. 181 Mette.
  4. ^ Si trattava di Odisseo o di Agamennone, anche se l'eroe itacese risulta la figura più coinvolta, non essendo possibile, nel teatro eschileo, avere più di due attori.