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Utente:Croberto68/Sandbox6

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Storia della diocesi di Roma dal IV al X secolo

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L'elezione del vescovo di Roma

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Mosaico di papa Simmaco all'interno del catino absidale della basilica di Sant'Agnese fuori le mura.

Nei primi secoli, il vescovo di Roma era eletto dal popolo e dal clero romano e dai vescovi suburbicari; le prime elezioni in qualche modo documentate sono quelle dei papi Callisto I (circa 217), Fabiano (236) e soprattutto il successore Cornelio (251), di cui parla Cipriano di Cartagine. «Clero, popolo e notabili sono ricordati anche nei secoli successivi come i veri protagonisti dell'elezione del vescovo di Roma».[1][2]

Fino all'VIII secolo, la maggior parte dei vescovi romani proveniva dal gruppo dei diaconi o aveva ricoperto la carica di arcidiacono, figura di rilievo nell'amministrazione della Chiesa locale, attestata a Roma dalla metà del IV secolo. Che l'eletto fosse l'arcidiacono o un semplice diacono era previsto anche nei formulari per l'elezione del papa del Liber Diurnus Romanorum Pontificum. Nel V secolo è noto il primo presbitero eletto vescovo di Roma, papa Bonifacio I; altri presbiteri diventeranno papi nei secoli successivi; con il IX secolo i vescovi romani provenienti da questa categoria di ecclesiastici saranno la maggioranza, indizio del ruolo sempre più decisivo che i presbiteri ebbero da questo momento nell'amministrazione generale della Chiesa.[3][4] Solo a partire dalla fine del IX secolo si cominciò ad eleggere come vescovi di Roma ecclesiastici che già erano vescovi di altre diocesi; è il caso di Marino I (882-884), vescovo di Cere, e Formoso (891-896), vescovo di Porto. Dall'XI secolo questa prassi, condannata in passato da diversi concili, diventerà norma.[5]

Un primo tentativo di regolare la nomina dei vescovi romani fu sancito nel concilio di Roma del 499, voluto e presieduto da papa Simmaco.[2] Il concilio stabilì la possibilità per il papa in carica di designare il suo successore, normativa già condannata dal concilio di Antiochia del 341. Questa prassi fu di fatto attuata in una sola occasione, quando Felice IV (526-530) designò come suo successore Bonifacio II (530-532); in seguito la normativa del 499 fu abbandonata.[6]

Dopo l'editto di Milano e l'aumento della popolazione cristiana, la partecipazione del popolo all'elezione del vescovo divenne sempre più problematica e sempre più influente si fece la pressione delle grandi famiglie romane o italiane e dei casati imperiali.[2] Tra le più gravi ingerenze laiche è da annoverare quella di Totone, duca di Nepi, che alla morte di Paolo I, impose come vescovo il fratello Costantino, laico non consacrato, che fu acclamato vescovo di Roma da un gruppo di sostenitori, laici, e solo successivamente riconosciuto dal clero e dai vescovi suburbicari. Fu necessario un concilio, il concilio lateranense del 769, per stabilire la normativa secondo la quale erano eleggibili solo i cardinali diaconi e i cardinali presbiteri, e facevano parte del gruppo degli elettori solo i chierici della Chiesa di Roma.[2][7][8]

Da questo momento i laici sono, in linea di principio, esclusi dall'elezione del vescovo di Roma: a loro spettava solo il compito di omaggiare il nuovo vescovo, dopo la presa di possesso della cattedra. Tuttavia Niccolò I nell'862 ristabilì il principio, concesso alla nobiltà romana, di rifiutare il nuovo eletto, che comunque doveva ottenere l'approvazione imperiale (Constitutio romana). Fu infine con Niccolò II e la bolla In nomine Domini (1059), che l'elezione del vescovo di Roma fu riservata esclusivamente al gruppo dei cardinali-vescovi suburbicari.[2][9]

Organizzazione territoriale della diocesi nel primo millennio

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Sull'elezione del vescovo di Roma

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  • Cf questo contributo, purtroppo manca il seguito, ossia le pagine 20-24 (recensione) - cita questo testo di Wirbelauer
  • qualche cosa si trova in questa voce (Papa della Treccani]
  • circa l'organizzazione delle comunità cristiane romane nei primi secoli [1]
  • T. Ortolan, Élection des Papes, Dictionnaire de théologie catholique, IV, Paris, 1911, coll. 2282-2319 (cf. pagina download da [2])
  • cf. voce Conclave

Sull'organizzazione delle comunità cristiane romane nei primi secoli

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Secondo quanto racconta il Liber Pontificalis, fu papa Cleto (circa 80-92 d.C.) il primo a ordinare 25 presbiteri, che sarebbero all'origine dei 25 tituli, ossia delle chiese romane attestate nel V secolo.[10] Il primo documento organico che riporta l'elenco delle chiese romane con i rispettivi presbiteri è quello delle sottoscrizioni degli atti del concilio di papa Simmaco del 499, dove sono attestati una trentina di titoli romani, per un totale di 67 presbiteri.[11]

Sulle confraternite nazionali a Roma

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Su monasteri e xenodochia a Roma nell'alto medioevo

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sull'organizzazione parrocchiale nel XII-XVI secolo

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Sul Clerus urbis e la Romana Fraternitas

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Sul Vicarius in spiritualibus

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Sulla visita apostolica del 1825

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Sul concilio romano del 1725

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Sull'organizzazione parrocchiale XVI secolo e Stati delle Anime

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  1. ^ Agostino Paravicini Bagliani, Maria Antonietta Visceglia, Il Conclave. Continuità e mutamenti dal Medioevo ad oggi, Viella s.r.l., Roma, 2018, p. 19.
  2. ^ a b c d e T. Ortolan, Élection des Papes, Dictionnaire de théologie catholique, IV, Paris, 1911, coll. 2282-2319.
  3. ^ Paravicini Bagliani-Visceglia, Il Conclave. Continuità e mutamenti dal Medioevo ad oggi, pp. 15-16.
  4. ^ (FR) Michel Andrieu, La carrière ecclésiastique des papes et les documents liturgiques du Moyen Age, Revue des sciences religieuses, 21, 1947, pp. 91-95.
  5. ^ Paravicini Bagliani-Visceglia, Il Conclave. Continuità e mutamenti dal Medioevo ad oggi, pp. 16-17.
  6. ^ Paravicini Bagliani-Visceglia, Il Conclave. Continuità e mutamenti dal Medioevo ad oggi, pp. 18-19.
  7. ^ (FR) Andrieu, La carrière ecclésiastique des papes et les documents liturgiques du Moyen Age, pp. 90-91.
  8. ^ Eugenio Susi, Stefano III, Enciclopedia dei papi, 2000, pp. 677-681.
  9. ^ Ambrogio M. Piazzoni, Storia delle elezioni pontificie, Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 2003, p. 117.
  10. ^ Papa Cleto, in Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2000.
  11. ^ Alessandro Bonfiglio, Presenza e attrazione del culto martiriale nei 'tituli' romani, Rivista di Archeologia Cristiana, nº 86 (2010), pp. 195-242.