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I giardini di marzo
ArtistaLucio Battisti
Autore/iLucio Battisti, Mogol
GenereMusica leggera
Pubblicazione originale
IncisioneUmanamente uomo: il sogno
Data24 aprile 1972[1][2]
EtichettaNumero Uno
Durata5:32

I giardini di marzo è un brano musicale composto nel 1972 da Lucio Battisti e Mogol, e portato al successo dall'interpretazione dello stesso Battisti. È uno dei più noti brani del cantante, nonché un classico della musica leggera italiana.

Testo e significato

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Il testo, scritto da Mogol, ha intensi contenuti emotivi[3] e affronta il tema del disagio di vivere, dell'inadeguatezza esistenziale e dell'incomunicabilità,[4] tramite la storia di un ragazzo che ha grandi difficoltà nel rapportare la vita di tutti i giorni con il suo universo interiore.[3]

Le prime due strofe, di schema metrico ABBB, sono ambientate nel passato: il protagonista rievoca la sua tormentosa adolescenza, piena di difficoltà economiche, familiari ed esistenziali. A causa delle ristrettezze della famiglia («al ventuno del mese i nostri soldi erano già finiti»), il protagonista non può permettersi di acquistare il gelato al passaggio del venditore ambulante, e la madre è costretta ad indossare sempre lo stesso vestito a fiori (la metafora dei «fiori non ancora appassiti», come spiegato da Mogol, indica che il vestito non si fosse ancora sciupato nonostante il troppo utilizzo[3]). Il protagonista osserva i suoi coetanei con frustrazione, perché si sente diverso e non riesce ad integrarsi: vorrebbe vendere i propri libri scolastici usati, come fanno i suoi compagni, ma non ne ha il coraggio; anche le prime esperienze amorose non sono un successo («al telefono tu mi chiedevi: perché non parli?»). Tutto quello che gli rimane è fuggire in sé stesso, isolandosi dal mondo esterno («tornavo a giocar con la mente e i suoi tarli»).

Dopo le due strofe arriva il ritornello, che invece è ambientato nel presente e segna un notevole cambio di prospettiva. Il protagonista è adulto.[3] Grazie all'amore della sua compagna, il protagonista supera le insicurezze del passato e diviene consapevole delle proprie potenzialità, che vengono paragonate a «cieli immensi [...], fiumi azzurri e colline e praterie», tanto vaste che persino l'universo sembra trovarvi spazio. Mogol: emerge la sua ricchezza interiore, la capacità di spaziare nel proprio io.[3]

Alla fine del ritornello, però, l'atmosfera sognante si interrompe bruscamente e lascia il posto all'amarezza, con il celebre verso «ma il coraggio di vivere, quello, ancora non c'è»: il protagonista è costretto ad ammettere che, nonostante tutto, le proprie insicurezze non sono ancora del tutto superate.

Il verso, secondo quanto dichiarato da Mogol, significa la difficoltà di affrontare il quotidiano, la vita di tutti i giorni, intesa soprattutto come «competizione, volgarità e mercimonio»; il protagonista rifiuta di confrontarsi e contaminarsi con l'aspetto deteriore della quotidianità.[3]

Al ritornello segue un intermezzo, che precede la ripetizione del ritornello. L'intermezzo è considerato uno dei frammenti più ermetici in assoluto nella produzione di Mogol,[4] e pertanto è stato oggetto di un gran numero di interpretazioni. Secondo quanto dichiarato dall'autore, l'intermezzo parlerebbe di come il protagonista, alla fine, decida di lasciare la propria compagna:

«Ho immaginato una donna che chiede aiuto perché si sta innamorando di qualcun altro, ma che contemporaneamente ha bisogno di un supporto per realizzare il suo desiderio. Lei si è confessata, ha chiesto aiuto e lui invece l'ha «segata» per un fatto di orgoglio. Qui, appunto, c'è la mancanza del coraggio di vivere, il protagonista riconosce di non essere ancora maturo e forte umanamente per affrontare questa sua fase di cambiamento.[3]»

L'episodio avviene nel mese di marzo, cioè all'inizio della primavera, durante la quale le piante dei giardini fioriscono e i giovani si innamorano (un contrasto che rende l'episodio ancora più amaro e accentua la sensazione di inadeguatezza e alienazione del protagonista); è proprio questo dettaglio che dà il titolo all'intera canzone. Come notato da Stefanel, nella poetica di Mogol la primavera rappresenta spesso la stagione degli amori infelici (si veda ad esempio Il primo giorno di primavera e Fiori rosa, fiori di pesco).[5]

Stefanel nota inoltre la somiglianza dell'episodio con il rapporto tra Emilio Brentani e Angiolina, narrato da Italo Svevo in Senilità.[6]

È costituito da un insieme di flashback raccontati come se fossero acquerelli.[3]

Come dichiarato dall'autore Mogol, il testo è scritto in chiave autobiografica ed è ispirato alla sua stessa infanzia, nella Milano del dopoguerra.[3]

Interpretazione di Lucio Battisti

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Registrazione

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Il brano fu registrato, insieme agli altri dell'album, a gennaio e febbraio del 1972 nello studio B del Fonorama di Milano.[7]

Dal punto di vista musicale, il brano si apre con un'introduzione costituita dalla chitarra acustica a dodici corde suonata da Massimo Luca suonata in stile mandolino.[8] Renzo Stefanel nota che la melodia della strofa è tratta da Mr. Soul dei Buffalo Springfield, della quale Battisti mantiene la scansione ritmica, ma con una "bella intuizione", rallenta il tempo, cambia gli accordi (da due a tre) e la tonalità (da maggiore a minore), con l'effetto di trasformare la sfontatezza e l'aggressività della melodia originale, in una "dolente melanconia di stampo italico".[8]

Voce rotta

Pubblicazione

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Il brano fu pubblicato il 24 aprile 1972 contemporaneamente nell'album a 33 giri Umanamente uomo: il sogno (in cui occupava la prima posizione) e come lato A del singolo a 45 giri estratto dall'album, I giardini di marzo/Comunque bella.[2][1]

Il singolo ebbe un grande successo: già il 6 maggio entro nelle prime dieci posizioni dell'hit parade e il 27 maggio raggiunse la prima posizione, rimanendoci per sette settimane consecutive fino all'8 luglio seguente. Uscì dalla top-ten della hit parade il 26 agosto, dopo 16 settimane di permanenza.[9] Alla fine dell'anno, risultò il 4º singolo più venduto del 1972.[10] L'album, inoltre, risultò il secondo più venduto dell'anno.[11]

Da allora il brano è stato ripubblicato innumerevoli volte in raccolte, compilation e best-of del musicista.

Ricezione commerciale

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Ricezione critica

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È stata lodata da...

Riccardo Bertoncelli ritiene invece banale la prima parte del testo, scrivendo che <<bordeggia disinvoltamente certa psicanalisi da Grand Hotel>>, ma riconosce come nell'inciso il registro venga notevolmente innalzato, portandolo ad esempio del <<"secondo livello", più aulico e retorico>> che ha fatto meritare a Battisti <<un posto nell'olimpo dei poeti in musica>>, in contrapposizione al <<villico stil novo>> della prima parte del testo e di altri brani battistiani.[4]

Esibizioni dal vivo

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Altre versioni

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Nel corso del tempo, il brano è stato reinterpretato da molti altri artisti, tra cui:

Nella cultura

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  • Immagine iniziale del carretto dei gelati diventata un classico
  • Autocitazione in Anonimo (classico a tal punto che Battisti stesso lo prende come simbolo di quel modo di fare musica).
  • La melodia del ritornello in What a Feeling, colonna sonora del film Flashdance e premiata con l'Oscar alla migliore canzone nel 1984.[13]
  • Luoghi a cui ha dato il nome: parco a Poggio Bustone, pratogiardino di Viterbo
  • Ultras della Lazio l'hanno adottata come inno
  1. ^ a b I giardini di marzo / Comunque bella, su Io Tu Noi Tutti - luciobattisti.info. URL consultato il 10 febbraio 2020.
  2. ^ a b UMANAMENTE UOMO: IL SOGNO, su Io Tu Noi Tutti - luciobattisti.info. URL consultato il 10 febbraio 2020.
  3. ^ a b c d e f g h i Fontana (1999), pag. 78-79
  4. ^ a b c Riccardo Bertoncelli, Il "villico stil novo" di Lucio Battisti, in Fare musica, aprile 1984., consultabile in Riccardo Bertoncelli, Paesaggi immaginari: trent'anni di rock e oltre, Giunti Editore, 1998.
  5. ^ Stefanel (2007), pag. 86
  6. ^ Stefanel (2007), pag. 87-88
  7. ^ Neri (2010), pag. 303
  8. ^ a b Stefanel (2007), pag. 83
  9. ^ Singoli più venduti della settimana, in Hit Parade Italia. URL consultato l'11 febbraio 2020.
  10. ^ Classifica dei singoli più venduti del 1972, in Hit Parade Italia. URL consultato l'11 febbraio 2020.
  11. ^ Gli album più venduti del 1972, su Hit Parade Italia. URL consultato l'11 febbraio 2020.
  12. ^ a b c d e f g h i j k l Ceri (2008), pag. 445-446 (alla voce "Giardini di marzo, I")
  13. ^ Stefanel (2007), pag. 84-85
  • Giammario Fontana, Mogol. Umanamente uomo, Casa Ricordi, agosto 1999, ISBN 88-87018-07-3.
  • Renzo Stefanel, Ma c'è qualcosa che non scordo. Lucio Battisti - gli anni con Mogol, Arcana Editore, novembre 2007, ISBN 978-88-7966-370-0.
  • Luciano Ceri, Pensieri e parole. Lucio Battisti: una discografia commentata, Coniglio Editore, novembre 2008, ISBN 978-88-6063-161-9.
  • Michele Neri, Lucio Battisti - Discografia mondiale. Tutte le canzoni, le produzioni, le collaborazioni, Coniglio Editore, marzo 2010, ISBN 978-88-6063-099-5.