Paolo Rossi (calciatore)
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Paolo Rossi (1956 – 2020), calciatore e opinionista sportivo italiano.
Citazioni di Paolo Rossi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Nell'ultimo decennio credo che Francesco Totti sia stato il più bravo calciatore italiano, probabilmente anche il più continuo. Attraverso le sue doti, grande tecnica, forza fisica e intelligenza sul campo, è stato il calciatore simbolo sia della Roma che della nazionale italiana.[1]
- [Su Italia-Brasile 3-2] Quel 3-2 fu una lezione per la quale il Brasile ci dovrebbe ringraziare e darmi un premio. Una sconfitta dalla quale impararono molto, soprattutto a giocare più coperti. [...] da allora il loro approccio è cambiato, è diventato più guardingo, si sono europeizzati. [...] Eppure vederli giocare è sempre uno spettacolo. Pur evolvendosi, il loro calcio è rimasto lo specchio di un paese dove lo spettacolo resta importante.[2]
- [Su Andrea Belotti] Ha qualità che si avvicinano a tanti calciatori, per definirlo bisognerebbe fare un bel mix, da Vieri a Graziani, ha forza fisica e senso del gol [...].[3]
«L'agente? Io trattavo da solo. E perdevo»
Intervista di Fabrizio Salvio, SportWeek nº 27 (840), 8 luglio 2017, pp. 38-41.
- [Riferendosi alla vittoria mondiale di Spagna '82] Quello fu un Mondiale diverso da tutti gli altri. [...] Non era un successo [...] che riguardasse solo noi, la squadra, ma una vittoria che apparteneva a tutti, coinvolgeva milioni di persone [...]. Era l'82, l'Italia usciva appena dagli Anni di piombo, dal delitto Moro... La vittoria del Mondiale in Spagna spazzò tristezze, angosce e paure. Per il Paese rappresentò un motivo di riscatto, una botta di ottimismo. [...] Per tutti questi motivi dico che fu un Mondiale unico.
- Noi vivevamo il calcio con passione [...] Non dubito che oggi sia lo stesso, perché quando scendi in campo dimentichi tutto il resto, però è vero che noi eravamo ancora una generazione di calciatori che potevano essere toccati. Proprio così: toccati. Ora invece i giocatori sono percepiti dai tifosi come distanti, inaccessibili. Ai miei tempi uscivi dall'allenamento e ti fermavi a parlare con la gente, il giornalista ti prendeva sottobraccio e nasceva l'intervista. Ora bisogna passare attraverso mille filtri e livelli.
- [«Ai suoi tempi i procuratori non esistevano...»] Si trattava direttamente col presidente. Alla Juve, con Boniperti non c'era molto da discutere. Gli sedevi davanti e ti metteva sotto il naso un contratto con la cifra già scritta a matita. E allora cosa siamo qui a fare?, gli chiedevo. Dopo la vittoria del Mondiale [1982], io, Gentile e Tardelli ci litigammo per 10 milioni [di lire] in più che non voleva riconoscerci. Siamo campioni del mondo, dicevamo, e lui: "Tanto alla Juve si vince, quello che non vi do adesso lo prenderete in premi".
Dall'intervista alla mostra Triumph del Centro Pecci di Prato, 10 marzo 2019; citato in ultimouomo.com, 19 marzo 2019.
- Quando ho iniziato a giocare, come tutti, avevo delle ambizioni: sognavo di diventare qualcuno che vedevo in tv, come i ragazzi di oggi guardano Messi o Ronaldo. Il mio mito all'epoca era Kurt Hamrin, uno svedese che giocava ala destra nella Fiorentina [...]. E infatti ho iniziato a giocare ala destra, e ho giocato lì fino a 20 anni. Per me Hamrin era un punto di riferimento: mi piaceva il suo modo di giocare, di fare gol. Non dico che avevo quelle caratteristiche ma in qualcosa gli assomigliavo.
- Per sfondare nel mondo professionistico devi dimostrare di poterlo fare. Lo sport è una prova continua, fino a quando smetti sei sotto esame, sempre valutato.
- I dubbi e le incertezze fanno parte delle persone coraggiose, di quelli che a un certo punto decidono di mettersi alla prova. È normale avere qualche dubbio o qualche incertezza, ma la volontà — quella di voler arrivare, di farcela — non mi è mai mancata.
- Gli attaccanti fanno gol perché ce l'hanno dentro: chi fa gol, ad ogni categoria, ha delle caratteristiche speciali.
- Oggi i calciatori sono diversi, perché ci sono più mezzi di comunicazione, ma nella mia epoca i calciatori non erano in realtà così divinizzati: erano eroi popolari e venivano vissuti diversamente. Oggi i calciatori sono quelli che guadagnano tanti soldi, che hanno belle macchine; noi forse eravamo più passionali e meno materiali — nonostante poi tutti noi abbiamo provato a guadagnare il più possibile.
- Vi siete mai chiesti perché quel Mondiale è rimasto nell'immaginario collettivo della gente? Quel Mondiale è stata una vittoria non solo inaspettata — che sono quelle che ti danno maggiore gioia — ma anche di tutti: non solo di Paolo Rossi capocannoniere, né solo della squadra. Quella vittoria è considerata la vittoria dell'Italia, in cui tutti, nessuno escluso, hanno partecipato in maniera forte, e si sono sentiti dentro quell'Italia.
- A Bearzot non interessava troppo convocare i giocatori più bravi, se questi non avevano anche i requisiti morali per vestire la maglia azzurra, e per fare parte di quel gruppo. Bearzot non ha convocato dei giocatori [...] per paura si potessero creare dei dualismi, come era già capitato nelle nazionali precedenti [...]. Voleva costruire un gruppo coeso, in cui tutti si vogliono bene e remano dalla stessa parte.
Citazioni su Paolo Rossi
[modifica]- È un ragazzo sveglio, giocatore che possiede il raro dono di percepire, con largo anticipo rispetto all'avversario, il punto esatto dove passa la traiettoria del pallone. E allora sfrutta al massimo questa proprietà naturale, a volte facendosi poco notare ma risultando di estrema utilità. Non è il panzer egoista che parcheggia pigramente in area di rigore, in attesa che il gioco si sviluppi secondo condizioni a lui favorevoli. Sta sempre in movimento, partecipa al gioco corale, sostiene gli altri reparti con preziosi ripiegamenti e mettendo al servizio dei colleghi d'attacco la squisitezza tecnica nel dialogo. (Angelo Caroli)
- Io e Paolo abbiamo giocato assieme dal 1976 al '79 a Vicenza e poi tre campionati alla Juve. È stato un amico, non di quelli con cui ti vedi tutti i giorni, ma una persona, un giocatore che mi ha aiutato, prima di tutto, ad entrare con il piede giusto nello spogliatoio bianconero e qualche anno prima in quello del Menti. Fuori e dentro al campo un uomo corretto, leale, sempre sorridente e pronto a sdrammatizzare anche la situazione più difficile. Come attaccante è stato unico, non ho mai trovato altri bomber con un dribbling così micidiale, un opportunista favoloso, nato per fare gol, se passava una palla in area 8 volte su 10 c'era lui e arrivava prima, di poco, ma prima del difensore. E pensate che Paolo non era egoista, tutt'altro, ma era una calamita. Non ho mai capito se era il pallone che andava dove c'era lui o viceversa. Un privilegio aver potuto giocarci assieme. Mi manca. (Massimo Briaschi)
- Io sono sempre stato convinto della sua innocenza, ma non è questo il punto. La giustizia aveva stabilito che era colpevole e lui pagava il suo debito senza invocare sconti. Ci pensai a lungo in quell'inverno che precedeva il mondiale di Spagna e prima ancora di affrontare la questione in termini tecnici mi prospettai il problema morale. Alla fine decisi che a squalifica terminata lo avrei portato con me. (Enzo Bearzot)
- Paolo era un fruscio in area di rigore, quando lo avvertivi era già successo tutto, ladro di tempi di gioco come nessuno. (Paolo Condò)
- Ci sono associazioni di idee quasi automatiche: architettura e Renzo Piano, moda e Giorgio Armani, calcio e Paolo Rossi. Nel luglio '82 nessuno lo chiamava così, piuttosto paolorossi, tutto attaccato. [...] Paolorossi lo cantarono al cinema e in musica, al teatro, ovunque, sui libri, nei giornali, alla radio. Fu l'eroe di Spagna, seppure diverso dalla persona gentile, discreta e umile della vita reale. Paolo Rossi divenne il più celebre degli italiani nel mondo, un piccolo Garibaldi con la maglia azzurra. Ovunque si andasse in vacanza nelle estati successive, dalla Costa Brava al Peloponneso, quelle dieci lettere erano divenute il Bel Paese. «Tu italiano? Ah, Paolo Rossi». Ci rappresentava nel modo migliore, solare e composto, era noi, con quel nome comune, comunissimo, che ce lo faceva sentire compagno di banco. Orgogliosi di essere suoi connazionali, fratelli dell'uomo che aveva sconfitto il grande Brasile con una tripletta magica e magnifica. I maestri del calcio battuti dal ragazzino di Prato. Spalle gracili, ricurve, il viso esangue, il corpo minuto che sembrava chiedere permesso prima di segnare il gol.
- Ci sono attaccanti che hanno segnato più di Pablito, ci sono altri che sono stati più forti di lui, ma solo a pochissimi è toccato in sorte di fare i gol che valgono la storia e un pezzo di eternità.
- Dietro al personaggio pubblico si è sempre celato la persona cordiale, disponibile, sorridente, cresciuta in una Italia molto diversa da oggi, tra i tinelli dei nonni e una sana educazione familiare.
Note
[modifica]- ↑ Citato in Paolo Rossi carica l'Italia, uefa.com, 28 giugno 2012.
- ↑ Citato in Zico: "Italia-Brasile 3-2? Fu la rovina del calcio", gazzetta.it, 28 novembre 2012.
- ↑ Citato in Paolo Rossi: «Belotti? Un po' Vieri e un po' Graziani», tuttosport.com, 27 marzo 2017.
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