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Rosa Luxemburg

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Rosa Luxemburg nel 1905

Rosa Luxemburg, pseudonimo di Rozalia Luksenburg (1871 – 1919), filosofa, economista, politica e rivoluzionaria polacca naturalizzata tedesca.

Citazioni di Rosa Luxemburg

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  • [Dalla lettera a Franz Mehring del 27 febbraio 1916] Da decenni lei occupa tra le nostre file una posizione del tutto peculiare e insostituibile. È il rappresentante della vera cultura spirituale in tutto il suo splendore e fascino. Se secondo Marx ed Engels il proletariato tedesco è l'erede storico della filosofia classica tedesca[1], lei può essere considerato il suo esecutore testamentario. [...] I suoi libri ed articoli hanno indissolubilmente legato il proletariato tedesco non solo alla filosofia classica tedesca, ma anche alla poesia classica, non solo a Kant e ad Hegel, ma anche a Lessing, Schiller e Goethe. La sua penna mirabile ha insegnato ai nostri operai che il socialismo non è una questione di forchetta e coltello, bensì un movimento culturale, una grande ed orgogliosa concezione del mondo, di cui lei è da più di una generazione l'attento e vigile custode. [...] Oggi, che innumerevoli intellettuali di origine borghese ci tradiscono e ci abbandonano per far ritorno alle ricche tavole della classe dominante, possiamo permetterci di guardarli andar via con un sorriso sprezzante. Che vadano pure, noi abbiamo preso alla borghesia tedesca ciò che di meglio per spirito, talento e carattere, le restava: Franz Mehring.[2]
  • [Da una lettera a Sonja Liebknecht di metà dicembre 1917] È il mio terzo Natale in carcere, ma non la prenda sul tragico. Io sono calma e serena come sempre.
    Ieri rimasi a lungo sveglia; adesso non riesco ad addormentarmi prima delle 4, ma devo stare a letto già alle 10 perché spengono le luci, allora mi metto a sognare diverse cose nel buio. Ieri, dunque, pensavo: è straordinario il fatto che io viva costantemente in uno stato di gioiosa esaltazione, senza alcun motivo particolare. Ad esempio, qui dormo su un materasso durissimo in una cella buia, attorno a me nella casa regna il solito silenzio sepolcrale, sembra di essere nella tomba; attraverso la finestra sotto il soffitto si disegna il riflesso della lanterna che splende tutta la notte davanti al carcere. Di quando in quando si sente solo, sordo, lo strepito lontano di un convoglio ferroviario che passa, oppure, vicinissimo, sotto la finestra, il tossire della sentinella che coi suoi pesanti stivali fa un paio di passi lenti per sgranchirsi le gambe intirizzite. La sabbia scricchiola così disperatamente sotto questi passi da far risuonare nella notte umida e oscura tutta la desolazione e l'angustia dell'esistenza. Io giaccio tranquilla, sola, avvolta in questi molteplici veli neri dell'oscurità, della noia, della prigionia, dell'inverno, e intanto il mio cuore palpita di una gioia interiore inconcepibile, ignota, come se camminassi su un prato in fiore nella luce radiosa del sole. E nel buio sorrido alla vita, come se conoscessi un qualche segreto magico che smentisce ogni male e ogni tristezza e li trasforma in trasparente chiarezza e felicità. E intanto io stessa cerco una ragione di questa gioia, non la trovo e di nuovo devo ridere... di me stessa. Credo che il segreto non è altro che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è così bella e soffice, come un velluto, purché la si guardi come si deve; e nello scricchiolare della sabbia umida sotto i lenti, pesanti passi della sentinella risuona anche un piccolo, dolce canto della vita, basta saperlo ascoltare come si deve.[3]
  • Il mio nido locale [Levanto] giace in posizione incantevole su una piccola insenatura, ma per fortuna senza porto, così nessuna barca da pesca e nessun veliero smerdano la vista, come a Sestri Levante [...] La cittadina è recinta da dolci colline appenniniche, che, coperte di olivi e pini offrono verde in tutte le sfumature. Qui tutto è tranquillo, si odono solo di tempo in tempo il tragico verso di un mulo e il focoso gridare dei mulattieri. Per il resto un paio di figure addormentate all'ingresso di un paio di botteghe sulla strada principale, e dei bambini che giocano nella sabbia e gatti bianco-rossi che scivolano attraverso la strada da una siepe all'altra.[4]
  • Immaginati che cosa mi ha combinato la posta di qui! Mio fratello di Varsavia era delegato al congresso med. di infortunistica industriale a Roma (è medico di fabbrica), è stato poi a Venezia, mi ha sempre scritto, io a lui, e non abbiamo potuto incontrarci a causa di ritardi postali! In conclusione è partito. Una troia di posta del genere non è mai esistita.[5]
  • L'irrefrenabile progresso della lotta proletaria ha spinto le operaie nel vortice della lotta politica.[6]
  • «L'ordine regna a Berlino!» Stupidi sbirri! Il vostro «ordine» è costruito sulla sabbia. Già domani la rivoluzione si ergerà nuovamente e annuncerà, con vostro profondo orrore, con un suono di squilla: «Ero, sono, sarò!»[7]
  • L'ultracentralismo raccomandato da Lenin ci sembra pervaso in tutto il suo essere non dallo spirito positivo e creatore ma dallo spirito sterile del guardiano notturno. La sua concezione è fondamentalmente diretta a controllare l'attività di partito e non a fecondarla, a restringere il movimento e non a svilupparlo, a soffocarlo e non a unificarlo.[8]
  • La libertà, riservata ai partigiani del governo, ai soli membri di un unico partito – siano pure numerosi quanto si vuole – non è libertà. La libertà è sempre soltanto la libertà di chi pensa diversamente. Non per fanatismo per la «giustizia», ma perché tutto quanto vi è di istruttivo, di salutare, di purificatore nella libertà politica dipende da questo modo di essere, e perde la sua efficacia quando la «libertà» diventa privilegio.[9]
  • La rivoluzione russa [del 1905], la stessa rivoluzione che fornisce il primo esemplare esperimento storico dello sciopero di massa, non solo non significa riabilitazione dell'anarchismo, ma al contrario significa adirittura una liquidazione storica dell'anarchismo. La triste esistenza a cui questo indirizzo di pensiero era stato condannato dal possente sviluppo della socialdemocrazia tedesca negli ultimi decenni, poteva in certo modo essere spiegato dal dominio esclusivo e dalla lunga durata del periodo parlamentare.[10]
  • Levanto è un piccolo nido [...] è in tutto il grande mondo ignota – (Dio sia ringraziato) [...][4]
  • Lo sciopero di massa non è altro che una forma di lotta rivoluzionaria, in un dato momento.[11]
  • Ma Lenin sbaglia completamente nella ricerca dei mezzi: decreti, potere dittatoriale degli ispettori di fabbrica, pene draconiane, terrorismo, sono solo dei palliativi. L’unica via che conduce alla rinascita è la scuola stessa della vita pubblica, la più larga e illimitata democrazia, l'opinione pubblica. Proprio il regno del terrore demoralizza. Tolto tutto questo, che rimane in realtà? Lenin e Trotski hanno sostituito ai corpi rappresentativi eletti a suffragio universale i Soviet, come unica vera rappresentanza delle masse lavoratrici. Ma soffocando la vita politica in tutto il paese, è fatale che la vita si paralizzi sempre più nei Soviet stessi. Senza elezioni generali, senza libertà illimitata di stampa e di riunione, senza libera lotta di opinioni, la vita muore in ogni istituzione pubblica, diviene vita apparente ove la burocrazia rimane l'unico elemento attivo. La vita pubblica cade lentamente in letargo; qualche dozzina di capi di partito di energia instancabile e di illimitato idealismo dirigono e governano; tra loro guida in realtà una dozzina di menti superiori; e una élite della classe operaia viene convocata di quando in quando a delle riunioni per applaudire i discorsi dei capi e per votare all'unanimità le risoluzioni che le vengono proposte – è dunque in fondo un governo di cricca, una dittatura certamente, ma non la dittatura del proletariato, bensì la dittatura di un pugno di uomini politici, una dittatura nel significato borghese... C'è di più: una tale situazione porta necessariamente ad un inselvatichirsi della vita pubblica: attentati, fucilazioni di ostaggi, ecc.[12]
  • Presso i genovesi ho osservato tre passatempi preferiti: il curiosare con le mani nelle tasche dei calzoni e la pipa in bocca stando per ore ad osservare con tranquilla simpatia l'indaffararsi del prossimo, ad esempio di portuali o anche di sterratori, poi lo sputare ogni quarto d'ora, ma non così semplicemente e rozzamente come da noi, ma artisticamente con un lungo e fluido spruzzo dall'angolo della bocca senza muovere il capo e con un piccolo sibilo; finalmente il farsi radere, e non di mattina, ma la sera.[13]
  • Qualche volta ho la sensazione di non essere un vero e proprio essere umano, ma appunto qualche uccello o un altro animale in forma di uomo; nel mio intimo mi sento molto più a casa mia in un pezzetto di giardino come qui, oppure in un campo tra i calabroni e l'erba, che non... a un congresso di partito. A lei posso dire tutto ciò: non fiuterà subito il tradimento del socialismo. Lei lo sa, nonostante tutto io spero di morire sulla breccia: in una battaglia di strada o in carcere. Ma nella parte più intima, appartengo più alle mie cinciallegre che ai "compagni". E non perché nella natura io trovi, come tanti politici intimamente falliti, un rifugio, un riposo. Al contrario, anche nella natura trovo ad ogni passo tanta crudeltà, che ne soffro molto.[14]
  • [...] [Su Genova] si tratta di una cara cittadina, magnificamente situata, ad anfiteatro, tutt'attorno a una grande insenatura su una costa stretta, protetta alle spalle da belle alture, che, ognuna incoronata da un forte, risaltano aspre sul cielo veramente italiano. Sotto nel porto è la solita babele di navi, barche, elevatori, sudiciume, fumo, poco spazio affaristico.[13]
  • Solo estirpando alla radice la consuetudine all'obbedienza e al servilismo, la classe lavoratrice acquisterà la comprensione di una nuova forma di disciplina, l'autodisciplina, originata dal libero consenso.[15]
  • Sono da alcuni giorni a Genova superba, come essa stessa si autodefinisce, mentre i toscani sono di altra opinione e dicono che qui vi siano mare senza pesce, montagne senza alberi, uomini senza fede e donne senza vergogna. Io inclino a dar ragione ai toscani, solo con la differenza che anche gli uomini sono senza vergogna, almeno nelle botteghe, dove continuamente mi truffano sul prezzo e ogni volta anche sul resto mi rifilano un paio di monete fuori corso.[13]
  • [Su Genova] Strade strette, case grattacielo e a loro volta per la maggior parte grattate, due o quattro finestre addobbate dall'alto in basso con biancheria variopinta, così che ad ogni soffio di zefiro svolazzano e sbattono dappertutto camicie, calze bucate e simili oggetti primaverili. Per giungere alle strade poste più in alto esistono incantevoli vicoli o scalinate, vale a dire stradette, che ogni due passi portano all'insù completamente oscure, esuberantemente fetide e tanto larghe che il passaggio vi è ostruito ovunque da un cittadino facilmente appartatosi e facilmente addormentatosi, che vi fa le proprie devozioni e si premura della continua irrorazione delle viuzze, perché l'aria non risulti troppo secca. Nelle stradette un po' più larghe si vede pur sempre carambolare tra carretti a due ruote – altri qui io non ne ho visti –, a cui sono attaccati per il lungo (vale a dire uno dietro l'altro) due muli e un cavallo, e che passano di preferenza a sinistra, anziché a destra, in modo che a un ben disciplinato uomo civile dell'impero tedesco capita spesso e improvvisamente di sentire dietro o sopra la propria testa l'amorevole alito d'un muso o l'estremità di una frusta schioccante; perché qui qualcosa come la separazione del marciapiede dalla careggiata è proibita come non democratica, e ad ogni creatura è permesso di battersi a gomitate per la vita e per la strada.[13]

Citazioni su Rosa Luxemburg

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  • Di Rosa Luxemburg e del suo circolo, piaceva a Lenin la energia rivoluzionaria, pur essendo di diversa opinione nella maggior parte delle questioni principali. Rosa Luxemburg aveva già protestato nel 1903 contro la dottrina organizzativa di Lenin: essa disapprovava la dittatura del proletariato, e non poteva concepire una grande rivoluzione che come azione spontanea della grande massa operaia. Lenin scorgeva in tale teoria della spontaneità un pericoloso disordine. Rosa Luxemburg disapprovava inoltre la la teoria leniniana dell'alleanza tra gli operai e le classi medie, e non dava né alla questione dei contadini né a quella nazionale l'importanza che esse avevano per Lenin. (Arthur Rosenberg)
  • La migliore eredità di Rosa sta nell'idea che libertà e giustizia siano due fratelli siamesi. (Eduardo Galeano)
  • Ora anche Rosa la rossa, non c'è più. | Dove giace, non si sa. | Perché ai poveri la verità disse | I ricchi l'hanno cacciata dal mondo. (Bertolt Brecht)
  • Paul Levi vuole conquistarsi le simpatie della borghesia – e, conseguentemente, dei suoi agenti, la Seconda Internazionale e l’Internazionale due e mezzo – pubblicando proprio le opere di Rosa Luxemburg in cui ella aveva torto. A ciò noi rispondiamo citando poche righe di una vecchia favola russa: a volte un'aquila può volare più in basso di una gallina, ma una gallina non può mai salire tanto in alto quanto un'aquila. Rosa Luxemburg errò nella questione dell’indipendenza polacca; errò nel 1903 nel valutare il menscevismo; errò nella teoria dell’accumulazione del capitale; errò quando nel luglio 1914 si batté con Plechanov, Vandervelde, Kautsky e altri per l'unificazione dei bolscevichi con i menscevichi; errò nei suoi scritti dal carcere nel 1918 (anche se in gran parte ella stessa corresse i propri errori dopo essere uscita dal carcere, alla fine del 1918 e al principio del 1919). Ma nonostante tutti questi errori era e rimane un'aquila: e non solo la sua memoria rimarrà sempre cara ai comunisti del mondo intero, ma anche la sua biografia e l'edizione integrale delle sue opere [...] costituiranno una lezione molto utile nell'educazione di molte generazioni di comunisti del mondo intero. (Lenin)
  • Raramente si sentiva sulle sue labbra la frase “non posso”; più spesso si sentivano le parole: "Devo". (Clara Zetkin)

Note

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  1. Cfr. l'explicit di Friedrich Engels, Ludwig Feuerbach: «Il movimento operaio tedesco è il punto d'approdo della filosofia classica tedesca».
  2. (DE) Pubblicata in Franz Mehring, Zur Literaturgeschichte von Calderon bis Heine, Berlin, 1929, p.10; ripubblicata in Lettere 1893-1919, a cura di Lelio Basso e Gabriella Bonacchi, traduzioni di Gabriella Bonacchi, Luigi Garzone, Olga Viegoz, Celeste Zawadzka, Editori Riuniti, Roma, 1979, p. 209.
  3. Da una fotocopia avuta dall'Institut für Marxismus-Leninismus beim ZK der SED e pubblicata in Lettere 1893-1919, a cura di Lelio Basso e Gabriella Bonacchi, traduzioni di Gabriella Bonacchi, Luigi Garzone, Olga Viegoz, Celeste Zawadzka, Editori Riuniti, Roma, 1979, pp. 249-250.
  4. a b Da una lettera a Luise Kautsky del 13 giugno 1909 da Levanto; citato in Marcenaro, pp. 247-248
  5. Da una lettera a Luise Kautsky del 9 giugno 1909 da Levanto; citato in Marcenaro, p. 247
  6. Citato in AA.VV., Il libro del femminismo, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2019, p. 55. ISBN 9788858022900
  7. Die Ordnung herrscht in Berlin (L'ordine regna a Berlino), «Die rote Fahne», 14 gennaio 1919, citato in Peter J. Nettl, Rosa Luxemburg, Milano, Il Saggiatore, 1970, II, p. 342.
  8. Rosa Luxemburg, Scritti Politici, a cura di Lelio Basso, Roma 1965, pp. 217 ss.; citato in Umberto Cerroni, Il pensiero politico del Novecento, Il sapere, Tascabili Economici Newton, Roma, 1995, p. 17.
  9. La rivoluzione russa. Un esame critico (settembre 1918, pubblicato postumo nel 1922), in Rosa Luxemburg, Scritti Politici a cura di Lelio Basso (seconda edizione), Roma Editori Riuniti, 1970, p. 589.
  10. Da Sciopero generale, partito e sindacato, §1, 1906; in Rosa Luxemburg, Scritti politici, a cura di Lelio Basso, Roma, Editori Riuniti, 1970, p. 299.
  11. Citato in AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 235. ISBN 9788858019429
  12. La rivoluzione russa. Un esame critico (settembre 1918, pubblicato postumo nel 1922), in Rosa Luxemburg, Scritti Politici a cura di Lelio Basso (seconda edizione), Roma Editori Riuniti, 1970, pp. 590-591.
  13. a b c d Da una lettera a Luise Kautsky del 14 maggio 1909 da Genova; citato in Marcenaro, pp. 240-243
  14. Dalla lettera a Sophie Liebknecht, 2 maggio 1917 ; citato in Gino Ditadi, I filosofi e gli animali, vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994, pp. 213-214. ISBN 88-85944-12-4
  15. 1918; citato in Noam Chomsky, I nuovi mandarini. Gli intellettuali e il potere in America, prefazione di Howard Zinn, traduzioni di Luca Baranelli, Francesco Ciafaloni, Giovanni Dettori, Maria Vittoria Malvano, Santina Mobiglia, Giovanna Stefancich, Adria Tissoni, Net, Milano, 2003, Obiettività e cultura liberale, p. 87.

Bibliografia

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  • Giuseppe Marcenaro, Viaggio in Liguria, Sagep, Genova, 1983.

Altri progetti

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