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ceva1 che gl’insegnava, ma non lo moveva a far bene, nella qual parte più gli giovavano Cicerone, Seneca, e Santo Agostino.
Fu diligentissimo in cercar l’opre degli Autori antichi2, e n’ebbe alcune ch’oggidì sono smarrite, come furono tra l’altre i libri De Gloria di Cicerone3.
Ebbe gran voglia d’imparare la lingua Greca, ma la carestia de’ maestri lo impedì, e duolsi4 averne uno perduto, che la morte gli tolse, il quale perciò aveva, e chiamavasi Barlaam, che di già gli avea dato i principj, e cominciavagli a leggere Platone; che restò seco, come5 dice, muto; e così Omero; il quale si fece mandare6 Latino da M. Giovanni Boccaccio; avendogliene mandato a donare7 uno Greco, e bello fin da Costantinopoli un secretario d’uno di quegl’Imperadori.
Non fu vago di lunga vita; anzi scrive8, ed afferma ad un medico suo amico che, se lo potesse far tornar giovane, non lo accetterebbe, conoscendo questa vita per misera; e più cara gli fu la vechiezza che la gioventù. E dice altrove9 che da poco è quel servo
che
- ↑ Nelle sen. lib. 1. Ep. ul. e nella 1. del 3. lib.
- ↑ De ignor. col. 25. & contra Gallum col. 23.
- ↑ Nelle sen. lib. 16. Ep. 1.
- ↑ Nelle sen. lib. 11 Epist. 9. e de ignor. col. 28. e colloq. 2. col. 11.
- ↑ Nelle sen. lib. 16. col. 5.
- ↑ Nelle sen. lib. 3. Ep. 6. e lib. 5. Ep. 1 e lib. 6. Ep. 2.
- ↑ Nelle dopo senil. Ep. 22.
- ↑ Nelle sen. lib. 15. Ep. 5.
- ↑ Nelle sen. lib. 8. Ep. 2.