Books by Francesco Marchesi
The twentieth century was the century of the deconstruction of all absolutes: of liberation under... more The twentieth century was the century of the deconstruction of all absolutes: of liberation understood as a critique of every meaningful structure. In this sense, conflict was understood as an instrument of the rupture of every form, institution and community. Niccolò Machiavelli is the first in our tradition to think about the productivity of political conflict – its capacity, on the model of ancient Rome, to construct new orders, institutions and forms of life. Francesco Marchesi offers an original reading of Machiavellian thought as well as a critique of some of the most influential contemporary theories of conflict including Foucault, Schmitt, Arendt, Lacan and Althusser. In doing so, he proposes an innovative, conflictual political ontology that, with Machiavelli, is capable of conceiving the affirmative, and not only deconstructive, power of conflict.
Ritorno ai princìpi. Concezioni della storia da Machiavelli alla Rivoluzione francese, 2022
È opinione comune che gli antichi abbiano pensato la storia come un circolo mentre i moderni l’ab... more È opinione comune che gli antichi abbiano pensato la storia come un circolo mentre i moderni l’abbiano immaginata come una linea. La figura del ritorno ai princìpi, di cui il volume ricostruisce la vicenda, mostra tuttavia come nei primi secoli della modernità queste ipotesi si siano a lungo intrecciate, talvolta anticipando l’idea della rivoluzione, talvolta trattenendo il corso degli eventi rispetto a un avvenire inquietante. Ritornare all’origine ha dunque significato imitare quegli antichi che hanno fondato città, ucciso tiranni e trasformato ripetutamente la loro storia, oppure riappropriarsi del passato, di valori e costumi dati una volta per sempre. Tra conflitti e istituzioni, medicina e politica, appare così una concezione del tempo che unisce Machiavelli alla Rivoluzione francese, passando per Spinoza, Montesquieu, Saint-Just. Tracciare una storia del ritorno ai princìpi consente dunque di chiedersi se la nostra tradizione abbia prodotto solo linee e circoli, se il nostro destino sia quello di dover scegliere tra Polibio e Voltaire, Hegel e Nietzsche, Heidegger e Deleuze, o se esista una possibilità diversa. Se, tra la nostalgia dell’origine e un progresso dall’orientamento già segnato, si possa scorgere un’alternativa. Un passato che, invece di ancorarci a sé, mostri come rinnovare il presente e proiettarci nel futuro.
Geometria del conflitto. Saggio sulla non-corrispondenza, 2020
Sembra che riusciamo a definire noi stessi solo contrapponendoci ad altro. Il conflitto è l’ultim... more Sembra che riusciamo a definire noi stessi solo contrapponendoci ad altro. Il conflitto è l’ultima mediazione che siamo disposti a riconoscere. Cadute le identità e le appartenenze tradizionali, un noi collettivo sorge solamente dall’avere avversari comuni. Sappiamo in effetti, almeno da Machiavelli, che il conflitto produce: ordini, istituzioni, forme. E tuttavia è da tempo che non sperimentiamo più questa produttività: il conflitto, latente o conclamato, praticato o mimato, si è fatto rumore sordo, dissidio inerte. Forse perché anche la filosofia ha pensato che potesse bastare a se stesso, che dovesse solo manifestarsi o decidere, e che ogni potere da esso fabbricato fosse neutralizzante o repressivo. Interrogando alcune tra le teorie che hanno formato l’immagine contemporanea dell’antagonismo politico – da Schmitt ad Arendt, da Althusser a Foucault – questo volume mostra come ogni conflitto abbia una geometria e come la sua produttività e il suo orientamento dipendano da una messa in forma. Il che è possibile solamente connettendo la sua forza agonistica al tutto, ai determinismi dell’economia e della società. In questo modo, la non-corrispondenza tra politica e società potrà forse riattivare la capacità del conflitto di trasformare la nostra storia.
Cartografia politica. Spazi e soggetti del conflitto in Niccolò Machiavelli, 2018
La politica machiavelliana viene prevalentemente intesa, almeno a partire dalla metà del XX secol... more La politica machiavelliana viene prevalentemente intesa, almeno a partire dalla metà del XX secolo, come una politica della pluralità, quando non del conflitto. Il segretario sarebbe in effetti colui che, prima, agli esordi, o ad un punto di svolta del moderno, avrebbe indicato una traiettoria poi risultata laterale, persino marginale, che all’uniformità e alla concordia ha contrapposto la produttività del molteplice e dell’antagonistico. Machiavelli allora, diversamente da Hobbes – ma anche da Bodin, Botero, Rousseau,
e persino Hegel – come il pensatore di un corpo politico differenziato e
conteso, gerarchizzato ma denso di tensioni al livellamento, continuamente
punteggiato dall’emergere di parti escluse e domande di integrazione, in
un modello in cui antico e moderno, arcaico e contemporaneo, si fondono
attraverso l’uso e l’imitazione della lezione classica. Che dunque Machiavelli sia il teorico del conflitto infinito, lo scienziato del punto di vista, l’analista della congiuntura. È quanto si intende mettere in questione. In favore di un segretario interessato a un approdo dell’antagonismo, tattico dell’omogeneità, stratega della totalità e dell’ordine: nuovo.
Riscontro. Pratica politica e congiuntura storica in Niccolò Machiavelli, 2017
Il pensiero di Niccolò Machiavelli è stato spesso interpretato come una tecnica politica autonoma... more Il pensiero di Niccolò Machiavelli è stato spesso interpretato come una tecnica politica autonoma e valida in ogni tempo, eppure esso si è formato in simbiosi con la riflessione di ambito storico. Una storia intesa come incontro tra l’azione degli attori politici e la qualità dei tempi: rapporto instabile e conflittuale che il segretario fiorentino tenterà di pensare per un’intera vita, in modalità diverse ma unificate dall’immagine filosofica del riscontro che di questa relazione restituisce il carattere discontinuo e, talvolta, antagonistico. Riscontrare i tempi significa dunque, di volta in volta, governare il presente o cercare di trasformarlo, assicurare la conservazione o tentare la rottura. Machiavelli rende così ragione del variare delle pratiche politiche e individua le cause dei mutamenti storici. Attraversando l’opera in tutta la sua estensione, con particolare attenzione alle Istorie fiorentine e nel costante confronto con la più recente letteratura critica internazionale, il volume propone una ricostruzione complessiva della dottrina storica machiavelliana, sottolineandone la distanza rispetto alle contemporanee “ontologie dell’attualità” e l’apertura verso forme politiche avvenire.
Edited Books by Francesco Marchesi
“Senza satisfare all’universale, non si fece mai alcuna repubblica stabile” (Niccolò Machiavelli)... more “Senza satisfare all’universale, non si fece mai alcuna repubblica stabile” (Niccolò Machiavelli)
Tra i molti progetti progetti sviluppati nel corso della sua vita, solo negli ultimi anni Niccolò Machiavelli ha la possibilità di scrivere una costituzione per la sua città. L'occasione è data da un ampio dibattito che si apre a Firenze a partire dal 1519, dopo la morte di Lorenzo de' Medici il Giovane, duca di Urbino. Il Discursus florentinarum rerum, scritto tra il 1520 e il 1521, è l'ultima occasione per mettere in pratica le sue idee, incidendo sul destino della sua comunità. Contro l'accentramento del potere e della ricchezza nelle mani di poche famiglie, tipico delle repubbliche oligarchiche del suo tempo, Machiavelli progetta una costituzione in grado di tenere insieme ordine e conflitto valorizzando il ruolo del popolo (l'universale). Istituzioni come un nuovo tribunato della plebe e una larga assemblea popolare sono così lo strumento per controllare e limitare il potere delle élite. Un modello, ispirato alla storia repubblicana di Roma e Firenze, che non finisce di parlarci.
Niccolò Machiavelli (1469-1527), scrittore e uomo politico fiorentino. Dopo un periodo come funzionario della Repubblica fiorentina (1498-1512) ha scritto dall’esilio alcune delle opere che hanno contribuito a fondare il pensiero politico moderno. L’avversione nei confronti delle oligarchie fiorentine lo ha condotto a teorizzare la figura di un innovativo capo politico popolare (Il principe) e a riproporre, sul modello della Roma repubblicana, un ordinamento misto fondato sul conflitto tra istituzioni aristocratiche e plebee (Discorsi sulla prima deca di Tito Livio).
Louis Althusser, L'imperialismo e altri scritti sulla storia, 2020
Se la teoria della storia è un oggetto classico della riflessione di Louis Althusser, non altrett... more Se la teoria della storia è un oggetto classico della riflessione di Louis Althusser, non altrettanto si può dire dell'imperialismo. I nove testi di questa raccolta, e in particolare il Libro sull'imperialismo, connettono invece i due temi. In questo scritto del 1973, già distante da Per Marx e Leggere il Capitale ma in una logica non del tutto riconducibile al materialismo aleatorio, Althusser cerca di pensare una forma del conflitto e una temporalità non teleologica ma neppure consegnata al caso. L'imperialismo è così metafora di una forma non corrispondente a se stessa – sia essa incarnata in un modo di produzione, nell'unità di una filosofia o in un'immagine della “mondializzazione” – e di
uno scarto storico che non è solo deviazione contingente. In questo senso gli scritti sulla storia, compresi in uno spazio che va dal 1963 al 1986, mostrano l'esigenza duplice che anima l'intera meditazione althusseriana sulla storia: la determinazione della necessità dei processi e la possibilità di una loro trasformazione.
Crisi dell'immanenza. Potere, conflitto, istituzione, a cura di Mattia Di Pierro, Francesco Marchesi, «Almanacco di Filosofia e Politica», diretto da Roberto Esposito, I, Quodlibet, «Quodlibet Studio – Filosofia e Politica», Macerata 2019 L’Almanacco di Filosofia e Politica, diretto da Roberto Esposito, intende costituire lo spazio ap... more L’Almanacco di Filosofia e Politica, diretto da Roberto Esposito, intende costituire lo spazio aperto per una riflessione sulla politica – sul suo statuto, sulle sue crisi, sulle sue potenzialità – da un punto di vista filosofico. Non dunque ricerca storico-filologica sui concetti politici, né analisi empirica di carattere sociologico o politologico sulla cronaca politica. Ciò che l’Almanacco intende attivare è un’interrogazione rigorosamente filosofica sull’attualità. La domanda di fondo da cui nascono questi saggi riguarda la relazione tra la crisi globale della politica e i punti ciechi del pensiero contemporaneo. Quali paradigmi teorici hanno contribuito a provocare, o hanno reso possibile, tale cedimento? Ma scopo dell’Almanacco è soprattutto quello di elaborare nuove categorie capaci di riaprire un varco in un orizzonte apparentemente chiuso. Che contributo la filosofia può dare per inaugurare una nuova stagione politica?
Il volume curato da Mattia Di Pierro e Francesco Marchesi, Crisi dell’immanenza – che ha per oggetto i concetti di potere, conflitto, istituzione –, consta di tre sezioni. La prima costituita da saggi di alcuni tra i più affermati filosofi contemporanei come Roberto Esposito, Donatella Di Cesare, Laura Bazzicalupo, Simona Forti, Christian Laval e Mario Tronti; la seconda da interventi di studiosi più giovani riuniti in un progetto di ricerca collettivo; la terza da testi di autori ormai classici, quali Michel Foucault, Claude Lefort, Ernesto Laclau, inediti in italiano e concentrati sul rapporto tra politica e immanenza.
Istituzione. Vita, politica, storia, a cura di Mattia Di Pierro, Francesco Marchesi, Elia Zaru, «Almanacco di Filosofia e Politica», diretto da Roberto Esposito, II, Quodlibet, «Quodlibet Studio – Almanacco di Filosofia e Politica», Macerata 2020 L’Almanacco di Filosofia e Politica, diretto da Roberto Esposito, intende essere uno spazio apert... more L’Almanacco di Filosofia e Politica, diretto da Roberto Esposito, intende essere uno spazio aperto per una riflessione sulla politica – sul suo statuto, sulle sue crisi, sulle sue potenzialità – da un punto di vista filosofico. Non si tratta dunque di una ricerca storico-filologica sui concetti politici, né di un’analisi empirica di carattere sociologico o politologico sulla cronaca politica. Ciò che l’Almanacco intende attivare è un’interrogazione rigorosamente filosofica sull’attualità. La domanda di fondo da cui nascono questi saggi riguarda la relazione tra la crisi globale della politica e i punti ciechi del pensiero contemporaneo. Quali paradigmi teorici hanno contribuito a provocare, o hanno reso possibile, tale cedimento? Ma scopo dell’Almanacco è soprattutto quello di elaborare nuove categorie capaci di riaprire un varco in un orizzonte apparentemente chiuso. Che contributo può dare, la filosofia, per avviare una nuova stagione politica?
Questo secondo volume prosegue la ricerca inaugurata nel primo numero, cercando nella categoria di istituzione una via di uscita alla crisi del pensiero dell’immanenza. Anche questa volta, i contenuti sono organizzati in tre sezioni. La prima raccoglie i saggi di alcuni tra i più affermati pensatori contemporanei come Roberto Esposito, Massimo Recalcati, Paolo Napoli, Judith Revel, Miguel Vatter, Ubaldo Fadini e Nadia Urbinati. La seconda si compone invece degli interventi di studiosi più giovani che partecipano, durante l’anno, a un progetto di ricerca collettivo. La terza è infine formata da testi, inediti in italiano, di autori ormai classici – ma particolarmente rilevanti per il tema oggetto del volume –, quali Yan Thomas, Paul Ricœur e Cornelius Castoriadis.
Papers by Francesco Marchesi
Between 1966 and 1971 Michel Foucault's philosophy moves from the paradigm of archaeology, presen... more Between 1966 and 1971 Michel Foucault's philosophy moves from the paradigm of archaeology, present in his well-known work as Les mots et les choses and L'archéologie du savoir, to that of genealogy, influenced by authors like Nietzsche and Deleuze. The problem of historical knowledge stands at the center of this transformation. This essay tries to account this shift in Foucault's philosophy from the point of view of the event: from its «regulated use» in the archaeological method, which involves in a new synthesis structuralism and the so called histoire sérielle, to the nietzschean genealogy in which the singularity of the event jeopardize the concept of history as such.
John Pocock, at the beginning of his masterpiece The Machiavellian Moment, claimed that "a vital ... more John Pocock, at the beginning of his masterpiece The Machiavellian Moment, claimed that "a vital component of republican theory—and, once this had come upon the scene, if no earlier, of all political theory—consisted of ideas about time, about the occurrence of contingent events of which time was the dimension, and about the intelligibility of the sequences (it is as yet too soon to say processes) of particular happenings that made up what we should call history". An analogous caution is common among interpreters of Machiavelli’s work: history, in the writings of the Florentine Secretary, is in turn an application of the knowledge of the ancients, offering a perspective on current political
issues; an inventory of examples and experiences from the past; and the mere practice of something analogous to chronicling. My starting point and main hypothesis is that in Machiavelli’s thought, history plays a crucial role in a distinctive way. To explain in detail, history is not only a theme, the subject of erudite philological study with material applications, but also an object that needs structural analysis to define its topological role and its internal, constitutive oppositions. My hypothesis is that the keynote of Machiavelli’s historical knowledge is the notion of riscontro, as expounded in the seminal text of the Ghiribizzi al Soderino, a letter of 1506 to Giovan Battista Soderini. The riscontro, which is elaborated for the first time in the Ghiribizzi and which keeps returning through the entire Machiavellian corpus, is the encounter between a form of political action, a modo del procedere in Machiavelli’s language, and a specific historical conjuncture, the qualità dei tempi. This Machiavellian construct of a historical event articulates—that is to say, both separates and connects—the two factors in a diachronic sequence and allows us to identify the causes of political change.
Si compie un duplice torto nei confronti di Louis Althusser quando lo si considera un pensatore s... more Si compie un duplice torto nei confronti di Louis Althusser quando lo si considera un pensatore stretto tra la pura necessità e il puro caso. E forse analogamente allorché si sottolinea la centralità della formula che afferma la «necessità della contingenza» – e la correlata contingenza di ogni necessità – quale perno della sua opera. Tipico dell’indagine althusseriana è ricercare piuttosto la forma specifica delle necessità e delle rotture nonché, certamente, la loro relazione differenziale.
Dare ragione dei rari avvenimenti strutturali, delle modalità di articolazione tra la logica di un processo e la successiva, dei conflitti che ad un tempo connettono e disgiungono ordini consecutivi e delle forme che strutturano gli antagonismi, significa così, probabilmente, qualche cosa di diverso dal constatare il semplice vuoto, logico e storico, che si apre tra un sistema e l’altro. In questo senso non si tratta, per Althusser, di congiungere necessità diverse tramite il caso del loro avvicendamento, o di segnare gli eventi intervallati da un processo stabile, ma di descrivere come e quanto ogni struttura sia sempre abitata da ciò che è destinato a trasformarla, come ogni forma non corrisponda mai del tutto a se stessa.
The international debate concerning biopolitics has been a global impact during the last three de... more The international debate concerning biopolitics has been a global impact during the last three decades. After Michel Foucault’s introduction of the term in the philosophical discussion in the Seventies, the problematic has been particularly developed in the italian philosophy of the Nineties. Authors like Giorgio Agamben and Antonio Negri significantly contribute to define a perimeter that, if represents an important evolution of the foucauldian investigation, constitutes only one among many approaches to this issue. In the new century, indeed, a multiplicity of new positions about biopolitics emerged: if Agamben and Negri, even in a very distinct way, share the idea of a surplus of the biopolitical body (individual and collective) with respect to the forms of political power, the second line of biopolitics, also in a pluralistic way, emphasizes the problem of the forms of life, of the protection of life and of its affirmation through, and not against, the institutions. The philosophical studies of Roberto Esposito and Miguel Vatter, the sociological research of Thomas Lemke and the medical investigation of Didier Fassin, among others, claim that the individual and collective body is a creation of political power, rather than a excess, autonomous with respect to the political apparatuses. In this view life is a political construction, and the forms of this creation affirm or negate life itself. This essay intends to reconstruct this transformation: in the first part we
will describe the anti-institutional foundation of the biopolitical philosophy
especially in the italian context, then we will analyze the positions that provoke a change in this theoretical framework. Finally, also taking into account recent developments, we will illustrate some possible evolutions of the whole problematic.
La questione della patria attraversa per intero l’opera machiavelliana, dalla
prima fase di appre... more La questione della patria attraversa per intero l’opera machiavelliana, dalla
prima fase di apprendimento del lessico politico-amministrativo all’interno
della Cancelleria fiorentina, fino alla tarda meditazione delle Istorie
fiorentine, ma la sua funzione e persino alcuni tratti del suo significato sembrano mutare nel corso del tempo. Lo sguardo machiavelliano viene spesso ritenuto primariamente a fuoco su conflitti tra istanze differenziate, sulle divergenze tra le parti, sulla collocazione dei gruppi all’interno di un quadro cittadino attraversato da fratture e linee di demarcazione. Al contrario, il lemma «patria» sembra designare, secondo una tradizione consolidata, una sfera compatta e omogenea. E tuttavia, all’interno dell’opera del segretario si osservano non episodici tentativi di unificare lo spazio politico, nella sua interezza o, quantomeno, in sue grandi sezioni: in altri termini si nota un’esigenza di omogeneizzazione del quadro sociale, che si traduce in uno dei compiti primari della pratica politica. «Patria» rappresenta uno dei termini attivati in funzione di questo disegno, configurandosi nella scrittura machiavelliana, in modo non poco problematico, come strumento di unificazione e tessitura di una geografia cittadina non raramente frastagliata
e dispersa.
La figura della non-corrispondenza incarna un tratto tipico della congiuntura
filosofica degli an... more La figura della non-corrispondenza incarna un tratto tipico della congiuntura
filosofica degli anni Sessanta del Novecento: apice e inizio della fine
della modernità filosofica, della presenza del marxismo come componente
strutturale del discorso filosofico anche istituzionale, della stagione rivoluzionaria delle società avanzate e in via di sviluppo, il pensiero di questa fase si trova già al centro della crisi di un’immagine della storia e della totalità di tipo hegeliano o generalmente razionalista, con il suo sviluppo ordinato e le sue mediazioni di carattere dialettico, ma ancora a distanza dalla decostruzione integrale di tali strumenti concettuali che si imporranno variamente tra la rottura del Sessantotto e gli anni Ottanta. Il che connota molteplici esperienze non solo filosofiche di questo periodo – dalla crisi dello storicismo alla neoavanguardia letteraria per restare all’Italia – come laboratori di riflessione su diverse forme della mediazione e della trasformazione storica, secondo la definizione che Michel Foucault ha offerto della più influente tra queste sul piano internazionale, lo strutturalismo di area francese: non «un metodo nuovo, ma
la coscienza desta e inquieta del sapere moderno». Esso in effetti rappresenta contestualmente una radicale critica dell’impianto filosofico connesso all’affermazione del soggetto e della società borghese – con i suoi individui selettivamente inclusi nello sviluppo istituzionale di un’altrettanto selettivo universalismo astratto – e uno tra i principali correlati culturali del collettivismo e della pianificazione diffusi all’epoca tra Oriente e Occidente.
In questo quadro il tema della non-corrispondenza emerge in quegli ambiti legati al marxismo insoddisfatti della cornice intellettuale dominante
nei partiti comunisti occidentali – ancora connessa ai motivi dell’immediato
dopoguerra dello storicismo e dell’impegno esistenziale – ma interni ai rispettivi apparati istituzionali: di questa collocazione, nella non-corrispondenza si può riconoscere l’esigenza dell’introduzione della rottura nello sviluppo e del conflitto nella forma, contro l’evoluzione lineare teorizzata dalle ideologie dei partiti ma anche a distanza dall’antagonismo come disordine e moto irrazionale proprio delle componenti anti-autoritarie che risulteranno centrali nella stagione dei movimenti.
Ontologia machiavelliana. Il conflitto politico dopo il neoliberismo e la pandemia, in R. Fulco, A. Moresco (a cura di), Sull'evento. Filosofia, storia, biopolitica, «Almanacco di Filosofia e Politica», IV, Quodlibet, Macerata 2022, pp. 167- 180 Due crisi in poco più di dieci anni hanno trasformato profondamente l’orizzonte politico, economi... more Due crisi in poco più di dieci anni hanno trasformato profondamente l’orizzonte politico, economico e sociale delle democrazie occidentali. Il collasso finanziario del 2008 e lo shock pandemico hanno però probabilmente solo accelerato tendenze e contraddizioni già visibili da tempo. E tuttavia la filosofia, più ancora di altre scienze umane, sembra aver del tutto mancato l’incontro con questi avvenimenti. Dominata ancor oggi da una generazione di autori che ha svolto la propria riflessione a partire da eventi quali il maggio parigino e la strategia della tensione italiana, la filosofia contemporanea sembra attardata sui motivi tipici di quella fase...
The machiavellian view about political subjectivity changes over the course of his entire intelle... more The machiavellian view about political subjectivity changes over the course of his entire intellectual biography, particularly concerning his theory of the relationship between people and plebs. From the tendential identification of people and plebs in the Prince, in which the negative connotation of the people is the result of its peculiar non-representative relation with the Prince, to the divarication of the Florentine Histories, in which the affirmative connotation of the plebs opens the space to new forms of political action. A reflection that remains aporetic due to the often hegemonic but conservative function of the people and, conversely, the subversive but marginal role of the plebs.
Even if often qualified as a repetition of the thesis of the first two books, or
as a summation o... more Even if often qualified as a repetition of the thesis of the first two books, or
as a summation of various and scattered considerations, the third book of Machiavelli’s Discourses On the First Decade of Titus Livius, and especially it’s main topic, the return to the beginnings, represents an important contribution to the political and historical thought of the secretary. Focusing particularly on the problematic relationship between origin and event, this essay tries to account the complex articulation of historical transformation and conservation of orders in Machiavelli’s view.
Before the modern stabilization of the concept, the word stato has a multiplicity of meanings in ... more Before the modern stabilization of the concept, the word stato has a multiplicity of meanings in the early modern period, from status to form of government or social position. Niccolò Machiavelli works within this framework but with an original point of view. This essay tries to account in particular his conclusions in the second and third books of Florentine Histories: in this context the state represents both the whole political space and the dominant position of a social group. Thus Machiavelli describes the defective feature of the florentine history through an image of political space necessarily dominated by a faction.
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Books by Francesco Marchesi
e persino Hegel – come il pensatore di un corpo politico differenziato e
conteso, gerarchizzato ma denso di tensioni al livellamento, continuamente
punteggiato dall’emergere di parti escluse e domande di integrazione, in
un modello in cui antico e moderno, arcaico e contemporaneo, si fondono
attraverso l’uso e l’imitazione della lezione classica. Che dunque Machiavelli sia il teorico del conflitto infinito, lo scienziato del punto di vista, l’analista della congiuntura. È quanto si intende mettere in questione. In favore di un segretario interessato a un approdo dell’antagonismo, tattico dell’omogeneità, stratega della totalità e dell’ordine: nuovo.
Edited Books by Francesco Marchesi
Tra i molti progetti progetti sviluppati nel corso della sua vita, solo negli ultimi anni Niccolò Machiavelli ha la possibilità di scrivere una costituzione per la sua città. L'occasione è data da un ampio dibattito che si apre a Firenze a partire dal 1519, dopo la morte di Lorenzo de' Medici il Giovane, duca di Urbino. Il Discursus florentinarum rerum, scritto tra il 1520 e il 1521, è l'ultima occasione per mettere in pratica le sue idee, incidendo sul destino della sua comunità. Contro l'accentramento del potere e della ricchezza nelle mani di poche famiglie, tipico delle repubbliche oligarchiche del suo tempo, Machiavelli progetta una costituzione in grado di tenere insieme ordine e conflitto valorizzando il ruolo del popolo (l'universale). Istituzioni come un nuovo tribunato della plebe e una larga assemblea popolare sono così lo strumento per controllare e limitare il potere delle élite. Un modello, ispirato alla storia repubblicana di Roma e Firenze, che non finisce di parlarci.
Niccolò Machiavelli (1469-1527), scrittore e uomo politico fiorentino. Dopo un periodo come funzionario della Repubblica fiorentina (1498-1512) ha scritto dall’esilio alcune delle opere che hanno contribuito a fondare il pensiero politico moderno. L’avversione nei confronti delle oligarchie fiorentine lo ha condotto a teorizzare la figura di un innovativo capo politico popolare (Il principe) e a riproporre, sul modello della Roma repubblicana, un ordinamento misto fondato sul conflitto tra istituzioni aristocratiche e plebee (Discorsi sulla prima deca di Tito Livio).
uno scarto storico che non è solo deviazione contingente. In questo senso gli scritti sulla storia, compresi in uno spazio che va dal 1963 al 1986, mostrano l'esigenza duplice che anima l'intera meditazione althusseriana sulla storia: la determinazione della necessità dei processi e la possibilità di una loro trasformazione.
Il volume curato da Mattia Di Pierro e Francesco Marchesi, Crisi dell’immanenza – che ha per oggetto i concetti di potere, conflitto, istituzione –, consta di tre sezioni. La prima costituita da saggi di alcuni tra i più affermati filosofi contemporanei come Roberto Esposito, Donatella Di Cesare, Laura Bazzicalupo, Simona Forti, Christian Laval e Mario Tronti; la seconda da interventi di studiosi più giovani riuniti in un progetto di ricerca collettivo; la terza da testi di autori ormai classici, quali Michel Foucault, Claude Lefort, Ernesto Laclau, inediti in italiano e concentrati sul rapporto tra politica e immanenza.
Questo secondo volume prosegue la ricerca inaugurata nel primo numero, cercando nella categoria di istituzione una via di uscita alla crisi del pensiero dell’immanenza. Anche questa volta, i contenuti sono organizzati in tre sezioni. La prima raccoglie i saggi di alcuni tra i più affermati pensatori contemporanei come Roberto Esposito, Massimo Recalcati, Paolo Napoli, Judith Revel, Miguel Vatter, Ubaldo Fadini e Nadia Urbinati. La seconda si compone invece degli interventi di studiosi più giovani che partecipano, durante l’anno, a un progetto di ricerca collettivo. La terza è infine formata da testi, inediti in italiano, di autori ormai classici – ma particolarmente rilevanti per il tema oggetto del volume –, quali Yan Thomas, Paul Ricœur e Cornelius Castoriadis.
Papers by Francesco Marchesi
issues; an inventory of examples and experiences from the past; and the mere practice of something analogous to chronicling. My starting point and main hypothesis is that in Machiavelli’s thought, history plays a crucial role in a distinctive way. To explain in detail, history is not only a theme, the subject of erudite philological study with material applications, but also an object that needs structural analysis to define its topological role and its internal, constitutive oppositions. My hypothesis is that the keynote of Machiavelli’s historical knowledge is the notion of riscontro, as expounded in the seminal text of the Ghiribizzi al Soderino, a letter of 1506 to Giovan Battista Soderini. The riscontro, which is elaborated for the first time in the Ghiribizzi and which keeps returning through the entire Machiavellian corpus, is the encounter between a form of political action, a modo del procedere in Machiavelli’s language, and a specific historical conjuncture, the qualità dei tempi. This Machiavellian construct of a historical event articulates—that is to say, both separates and connects—the two factors in a diachronic sequence and allows us to identify the causes of political change.
Dare ragione dei rari avvenimenti strutturali, delle modalità di articolazione tra la logica di un processo e la successiva, dei conflitti che ad un tempo connettono e disgiungono ordini consecutivi e delle forme che strutturano gli antagonismi, significa così, probabilmente, qualche cosa di diverso dal constatare il semplice vuoto, logico e storico, che si apre tra un sistema e l’altro. In questo senso non si tratta, per Althusser, di congiungere necessità diverse tramite il caso del loro avvicendamento, o di segnare gli eventi intervallati da un processo stabile, ma di descrivere come e quanto ogni struttura sia sempre abitata da ciò che è destinato a trasformarla, come ogni forma non corrisponda mai del tutto a se stessa.
will describe the anti-institutional foundation of the biopolitical philosophy
especially in the italian context, then we will analyze the positions that provoke a change in this theoretical framework. Finally, also taking into account recent developments, we will illustrate some possible evolutions of the whole problematic.
prima fase di apprendimento del lessico politico-amministrativo all’interno
della Cancelleria fiorentina, fino alla tarda meditazione delle Istorie
fiorentine, ma la sua funzione e persino alcuni tratti del suo significato sembrano mutare nel corso del tempo. Lo sguardo machiavelliano viene spesso ritenuto primariamente a fuoco su conflitti tra istanze differenziate, sulle divergenze tra le parti, sulla collocazione dei gruppi all’interno di un quadro cittadino attraversato da fratture e linee di demarcazione. Al contrario, il lemma «patria» sembra designare, secondo una tradizione consolidata, una sfera compatta e omogenea. E tuttavia, all’interno dell’opera del segretario si osservano non episodici tentativi di unificare lo spazio politico, nella sua interezza o, quantomeno, in sue grandi sezioni: in altri termini si nota un’esigenza di omogeneizzazione del quadro sociale, che si traduce in uno dei compiti primari della pratica politica. «Patria» rappresenta uno dei termini attivati in funzione di questo disegno, configurandosi nella scrittura machiavelliana, in modo non poco problematico, come strumento di unificazione e tessitura di una geografia cittadina non raramente frastagliata
e dispersa.
filosofica degli anni Sessanta del Novecento: apice e inizio della fine
della modernità filosofica, della presenza del marxismo come componente
strutturale del discorso filosofico anche istituzionale, della stagione rivoluzionaria delle società avanzate e in via di sviluppo, il pensiero di questa fase si trova già al centro della crisi di un’immagine della storia e della totalità di tipo hegeliano o generalmente razionalista, con il suo sviluppo ordinato e le sue mediazioni di carattere dialettico, ma ancora a distanza dalla decostruzione integrale di tali strumenti concettuali che si imporranno variamente tra la rottura del Sessantotto e gli anni Ottanta. Il che connota molteplici esperienze non solo filosofiche di questo periodo – dalla crisi dello storicismo alla neoavanguardia letteraria per restare all’Italia – come laboratori di riflessione su diverse forme della mediazione e della trasformazione storica, secondo la definizione che Michel Foucault ha offerto della più influente tra queste sul piano internazionale, lo strutturalismo di area francese: non «un metodo nuovo, ma
la coscienza desta e inquieta del sapere moderno». Esso in effetti rappresenta contestualmente una radicale critica dell’impianto filosofico connesso all’affermazione del soggetto e della società borghese – con i suoi individui selettivamente inclusi nello sviluppo istituzionale di un’altrettanto selettivo universalismo astratto – e uno tra i principali correlati culturali del collettivismo e della pianificazione diffusi all’epoca tra Oriente e Occidente.
In questo quadro il tema della non-corrispondenza emerge in quegli ambiti legati al marxismo insoddisfatti della cornice intellettuale dominante
nei partiti comunisti occidentali – ancora connessa ai motivi dell’immediato
dopoguerra dello storicismo e dell’impegno esistenziale – ma interni ai rispettivi apparati istituzionali: di questa collocazione, nella non-corrispondenza si può riconoscere l’esigenza dell’introduzione della rottura nello sviluppo e del conflitto nella forma, contro l’evoluzione lineare teorizzata dalle ideologie dei partiti ma anche a distanza dall’antagonismo come disordine e moto irrazionale proprio delle componenti anti-autoritarie che risulteranno centrali nella stagione dei movimenti.
as a summation of various and scattered considerations, the third book of Machiavelli’s Discourses On the First Decade of Titus Livius, and especially it’s main topic, the return to the beginnings, represents an important contribution to the political and historical thought of the secretary. Focusing particularly on the problematic relationship between origin and event, this essay tries to account the complex articulation of historical transformation and conservation of orders in Machiavelli’s view.
e persino Hegel – come il pensatore di un corpo politico differenziato e
conteso, gerarchizzato ma denso di tensioni al livellamento, continuamente
punteggiato dall’emergere di parti escluse e domande di integrazione, in
un modello in cui antico e moderno, arcaico e contemporaneo, si fondono
attraverso l’uso e l’imitazione della lezione classica. Che dunque Machiavelli sia il teorico del conflitto infinito, lo scienziato del punto di vista, l’analista della congiuntura. È quanto si intende mettere in questione. In favore di un segretario interessato a un approdo dell’antagonismo, tattico dell’omogeneità, stratega della totalità e dell’ordine: nuovo.
Tra i molti progetti progetti sviluppati nel corso della sua vita, solo negli ultimi anni Niccolò Machiavelli ha la possibilità di scrivere una costituzione per la sua città. L'occasione è data da un ampio dibattito che si apre a Firenze a partire dal 1519, dopo la morte di Lorenzo de' Medici il Giovane, duca di Urbino. Il Discursus florentinarum rerum, scritto tra il 1520 e il 1521, è l'ultima occasione per mettere in pratica le sue idee, incidendo sul destino della sua comunità. Contro l'accentramento del potere e della ricchezza nelle mani di poche famiglie, tipico delle repubbliche oligarchiche del suo tempo, Machiavelli progetta una costituzione in grado di tenere insieme ordine e conflitto valorizzando il ruolo del popolo (l'universale). Istituzioni come un nuovo tribunato della plebe e una larga assemblea popolare sono così lo strumento per controllare e limitare il potere delle élite. Un modello, ispirato alla storia repubblicana di Roma e Firenze, che non finisce di parlarci.
Niccolò Machiavelli (1469-1527), scrittore e uomo politico fiorentino. Dopo un periodo come funzionario della Repubblica fiorentina (1498-1512) ha scritto dall’esilio alcune delle opere che hanno contribuito a fondare il pensiero politico moderno. L’avversione nei confronti delle oligarchie fiorentine lo ha condotto a teorizzare la figura di un innovativo capo politico popolare (Il principe) e a riproporre, sul modello della Roma repubblicana, un ordinamento misto fondato sul conflitto tra istituzioni aristocratiche e plebee (Discorsi sulla prima deca di Tito Livio).
uno scarto storico che non è solo deviazione contingente. In questo senso gli scritti sulla storia, compresi in uno spazio che va dal 1963 al 1986, mostrano l'esigenza duplice che anima l'intera meditazione althusseriana sulla storia: la determinazione della necessità dei processi e la possibilità di una loro trasformazione.
Il volume curato da Mattia Di Pierro e Francesco Marchesi, Crisi dell’immanenza – che ha per oggetto i concetti di potere, conflitto, istituzione –, consta di tre sezioni. La prima costituita da saggi di alcuni tra i più affermati filosofi contemporanei come Roberto Esposito, Donatella Di Cesare, Laura Bazzicalupo, Simona Forti, Christian Laval e Mario Tronti; la seconda da interventi di studiosi più giovani riuniti in un progetto di ricerca collettivo; la terza da testi di autori ormai classici, quali Michel Foucault, Claude Lefort, Ernesto Laclau, inediti in italiano e concentrati sul rapporto tra politica e immanenza.
Questo secondo volume prosegue la ricerca inaugurata nel primo numero, cercando nella categoria di istituzione una via di uscita alla crisi del pensiero dell’immanenza. Anche questa volta, i contenuti sono organizzati in tre sezioni. La prima raccoglie i saggi di alcuni tra i più affermati pensatori contemporanei come Roberto Esposito, Massimo Recalcati, Paolo Napoli, Judith Revel, Miguel Vatter, Ubaldo Fadini e Nadia Urbinati. La seconda si compone invece degli interventi di studiosi più giovani che partecipano, durante l’anno, a un progetto di ricerca collettivo. La terza è infine formata da testi, inediti in italiano, di autori ormai classici – ma particolarmente rilevanti per il tema oggetto del volume –, quali Yan Thomas, Paul Ricœur e Cornelius Castoriadis.
issues; an inventory of examples and experiences from the past; and the mere practice of something analogous to chronicling. My starting point and main hypothesis is that in Machiavelli’s thought, history plays a crucial role in a distinctive way. To explain in detail, history is not only a theme, the subject of erudite philological study with material applications, but also an object that needs structural analysis to define its topological role and its internal, constitutive oppositions. My hypothesis is that the keynote of Machiavelli’s historical knowledge is the notion of riscontro, as expounded in the seminal text of the Ghiribizzi al Soderino, a letter of 1506 to Giovan Battista Soderini. The riscontro, which is elaborated for the first time in the Ghiribizzi and which keeps returning through the entire Machiavellian corpus, is the encounter between a form of political action, a modo del procedere in Machiavelli’s language, and a specific historical conjuncture, the qualità dei tempi. This Machiavellian construct of a historical event articulates—that is to say, both separates and connects—the two factors in a diachronic sequence and allows us to identify the causes of political change.
Dare ragione dei rari avvenimenti strutturali, delle modalità di articolazione tra la logica di un processo e la successiva, dei conflitti che ad un tempo connettono e disgiungono ordini consecutivi e delle forme che strutturano gli antagonismi, significa così, probabilmente, qualche cosa di diverso dal constatare il semplice vuoto, logico e storico, che si apre tra un sistema e l’altro. In questo senso non si tratta, per Althusser, di congiungere necessità diverse tramite il caso del loro avvicendamento, o di segnare gli eventi intervallati da un processo stabile, ma di descrivere come e quanto ogni struttura sia sempre abitata da ciò che è destinato a trasformarla, come ogni forma non corrisponda mai del tutto a se stessa.
will describe the anti-institutional foundation of the biopolitical philosophy
especially in the italian context, then we will analyze the positions that provoke a change in this theoretical framework. Finally, also taking into account recent developments, we will illustrate some possible evolutions of the whole problematic.
prima fase di apprendimento del lessico politico-amministrativo all’interno
della Cancelleria fiorentina, fino alla tarda meditazione delle Istorie
fiorentine, ma la sua funzione e persino alcuni tratti del suo significato sembrano mutare nel corso del tempo. Lo sguardo machiavelliano viene spesso ritenuto primariamente a fuoco su conflitti tra istanze differenziate, sulle divergenze tra le parti, sulla collocazione dei gruppi all’interno di un quadro cittadino attraversato da fratture e linee di demarcazione. Al contrario, il lemma «patria» sembra designare, secondo una tradizione consolidata, una sfera compatta e omogenea. E tuttavia, all’interno dell’opera del segretario si osservano non episodici tentativi di unificare lo spazio politico, nella sua interezza o, quantomeno, in sue grandi sezioni: in altri termini si nota un’esigenza di omogeneizzazione del quadro sociale, che si traduce in uno dei compiti primari della pratica politica. «Patria» rappresenta uno dei termini attivati in funzione di questo disegno, configurandosi nella scrittura machiavelliana, in modo non poco problematico, come strumento di unificazione e tessitura di una geografia cittadina non raramente frastagliata
e dispersa.
filosofica degli anni Sessanta del Novecento: apice e inizio della fine
della modernità filosofica, della presenza del marxismo come componente
strutturale del discorso filosofico anche istituzionale, della stagione rivoluzionaria delle società avanzate e in via di sviluppo, il pensiero di questa fase si trova già al centro della crisi di un’immagine della storia e della totalità di tipo hegeliano o generalmente razionalista, con il suo sviluppo ordinato e le sue mediazioni di carattere dialettico, ma ancora a distanza dalla decostruzione integrale di tali strumenti concettuali che si imporranno variamente tra la rottura del Sessantotto e gli anni Ottanta. Il che connota molteplici esperienze non solo filosofiche di questo periodo – dalla crisi dello storicismo alla neoavanguardia letteraria per restare all’Italia – come laboratori di riflessione su diverse forme della mediazione e della trasformazione storica, secondo la definizione che Michel Foucault ha offerto della più influente tra queste sul piano internazionale, lo strutturalismo di area francese: non «un metodo nuovo, ma
la coscienza desta e inquieta del sapere moderno». Esso in effetti rappresenta contestualmente una radicale critica dell’impianto filosofico connesso all’affermazione del soggetto e della società borghese – con i suoi individui selettivamente inclusi nello sviluppo istituzionale di un’altrettanto selettivo universalismo astratto – e uno tra i principali correlati culturali del collettivismo e della pianificazione diffusi all’epoca tra Oriente e Occidente.
In questo quadro il tema della non-corrispondenza emerge in quegli ambiti legati al marxismo insoddisfatti della cornice intellettuale dominante
nei partiti comunisti occidentali – ancora connessa ai motivi dell’immediato
dopoguerra dello storicismo e dell’impegno esistenziale – ma interni ai rispettivi apparati istituzionali: di questa collocazione, nella non-corrispondenza si può riconoscere l’esigenza dell’introduzione della rottura nello sviluppo e del conflitto nella forma, contro l’evoluzione lineare teorizzata dalle ideologie dei partiti ma anche a distanza dall’antagonismo come disordine e moto irrazionale proprio delle componenti anti-autoritarie che risulteranno centrali nella stagione dei movimenti.
as a summation of various and scattered considerations, the third book of Machiavelli’s Discourses On the First Decade of Titus Livius, and especially it’s main topic, the return to the beginnings, represents an important contribution to the political and historical thought of the secretary. Focusing particularly on the problematic relationship between origin and event, this essay tries to account the complex articulation of historical transformation and conservation of orders in Machiavelli’s view.
prima ontologica e poi talvolta politica, sull’idea che quest’ultima, la politica, sia attraversata dall’istanza fondamentale della differenza; e che compito del suo agire sia evitarne l’occultamento, quando non la repressione. Impostazioni che, pur a partire da opzioni ontologiche essenzialmente divergenti – le une deboli e vuote, le altre forti e piene – pensano la proliferazione e disseminazione di differenze specifiche, di identità le più varie, incarnate di volta in volta in pratiche, comunità, persino, appunto, istituzioni...
Eppure alcuni elementi di riflessione non solamente sugli eventi, ma sulle sequenze e successioni storiche – sarebbe avventato parlare di processi come ha ricordato John Pocock – esistono e sono aspetti ben noti del pensiero del segretario. A partire da un indice primitivo, posto all’inizio della meditazione machiavelliana, quale il riscontro, definito non a caso dalla critica «tema» dei Ghiribizzi al Soderino del 1506. Che cos’è dunque il riscontro? Concetto filosofico, rappresentazione metaforica, figura retorica tratta da una tradizione e da un linguaggio specifico, costruzione densa di teoria ma ancora allo stato descrittivo nel testo machiavelliano? Il riscontro – si può dire anticipando quanto dovrà essere dimostrato attraverso l’analisi testuale – sembra essere la struttura diacronica fondamentale attraverso cui Machiavelli comprende il corso storico e, dunque l’oggetto specifico di una teoria machiavelliana della storia. In altri termini, qualche cosa come un concetto machiavelliano di evento storico. Più precisamente l’avvenimento che segna il termine e apre al superamento di un quadro storico-sociale, e non raramente istituzionale, è descritto dal segretario come riscontro tra definiti modi di procedere, l’azione politica individuale e collettiva, e una specifica qualità dei tempi, la congiuntura storica.
Cadute le grandi mediazioni della tradizione filosofica esso si trova tanto oltre l’ordine razionalista che connetteva la modernità cartesiana allo strutturalismo, quanto al di là della dialettica che univa Hegel agli storicismi, ipotesi rese ormai inattingibili dal contemporaneo consumarsi delle istituzioni dell'individualità borghese come dei sistemi di regolazione delle società massa. Opposizione binaria priva di metonimie, movimento contraddittorio non superabile senza resti, è il grado zero della strutturazione, umile ma ostinato spettro della comprensione e composizione del tutto...
Un nomos sempre più forte, e tuttavia sempre più contestato. In questo contesto – e per via di questo isolamento – l’idea che emancipazione significhi valorizzare la propria differenza specifica, salvaguardarne l’identità parziale e assecondarne la proliferazione illimitata, si presenta come largamente problematica. La filosofia, che per decenni ha scommesso sulla natura liberatoria di tali processi, all’acuirsi delle divaricazioni sociali del nostro tempo sembra così destinata a un ruolo progressivamente marginale, in mancanza, naturalmente, di una sua riforma. Si è conclusa, in effetti, la sua più recente belle époque. Una stagione, quella che dalle svolte della fine degli anni Settanta ha condotto alla crisi del 2008, in cui la filosofia ha in prevalenza fiancheggiato uno sviluppo produttivo che ha parcellizzato le nostre società fino agli esiti estremi, tribali, dell’individualismo contemporaneo.
a partire dall’esempio sudamericano – diffuso in particolare nei paesi mediterranei nella prima metà degli anni dieci – nella seconda metà del decennio questa ha assunto il significato di protezione verso l’esterno attraverso il rafforzamento dei confini nazionali. Baricentro di un senso comune diffuso tale richiesta – divenuta centrale anche nel linguaggio
dei media attraverso la formula del «sovranismo» – appare a molti l’effetto di una commistione, variamente mediata dal discorso politico, tra un’ostilità nei confronti dei fenomeni migratori e le paure verso la crescente volatilità della condizione sociale collettiva successiva alla crisi economica del 2008...
consueto, in effetti, perché politico è il punto d’intersezione dei tre livelli che lo compongono. Da fuori ruota infatti primariamente attorno all’impasse visibile e conclamata in cui la politica europea è avvitata almeno a partire dall’inizio della crisi economico-finanziaria del 2008, e sulla simmetrica afasia dei saperi che di questa stasi, aggravata dal riprodursi incessante del fenomeno migratorio e dalla crescita del terrorismo internazionale, hanno tentato una diagnosi. Ma se è la filosofia, come emerge nelle pagine introduttive, a poter mappare con maggiore perspicuità una congiuntura che appare tanto violenta quanto muta all’ortodossia delle scienze economiche e sociali, essa è in grado di assolvere a un tale compito solo confrontandosi con ciò che risiede al suo esterno, nel suo fuori. Una estrinsecità rispetto al concetto che se in una certa parte del dibattito filosofico contemporaneo (per la verità molto italiano) è identificata in un astratto ed equivoco “reale”, nel lavoro di Esposito appare più chiaramente qualificata come politica, anche nella sedimentazione in un pensiero che è, secondo una formula
antica, pratica teorica. Questo dunque il secondo asse di articolazione del testo, propedeutico a un terzo di matrice, per così dire, politico-culturale. È infatti a una serrata comparazione tra alcune delle più significative tradizioni filosofiche del Novecento europeo, attorno alla duplice problematica del rapporto con il fuori della e dalla filosofia e del nesso più o meno costitutivo con lo spazio europeo, che viene affidata la possibilità di una risoluzione, o almeno di un radicale ripensamento, del problema politico che investe il continente. Un confronto, orientato e non neutrale, che incrocia la teoria critica francofortese, il post-strutturalismo francese nella sua versione prevalentemente anglo-americana di French Theory, e giunge all’approdo di un pensiero italiano colto certo ancora nel suo farsi, ma rispetto al quale Esposito è impegnato da alcuni anni nel duplice tentativo di identificazione dei caratteri ad esso peculiari e di autentica costituzione degli stessi in quanto autore di punta, assieme ad altri pensatori tra cui Giorgio Agamben e Toni Negri, di questo orizzonte speculativo.