Books by Roberto Carocci
Roma, Odradek, 2017, pp. 188, ISBN 978-88-96487-63-1
Benché fallito, il tentativo innovatore promosso da Pio IX sollecitò tensioni sociali fino a quel... more Benché fallito, il tentativo innovatore promosso da Pio IX sollecitò tensioni sociali fino a quel momento compresse dall’oscurantismo e dall’autoritarismo clericale. Da una prima adesione alle riforme pontificie, la popolazione romana maturò una progressiva disillusione che non tardò a trasformarsi in un accentuato antagonismo fino alla rottura definitiva dell’ordine papalino.
Nell’intreccio tra antiche tradizioni, che rendevano l’Urbe una delle città più violente e irrequiete d’Italia, e il divenire della modernità, con l’affermazione embrionale di una borghesia liberale e di un proletariato urbano, si realizzò un equilibrio tra i diversi ceti da cui scaturì un’effrazione repubblicana ed egalitaria tra le complicate dinamiche del Risorgimento italiano.
Liberata dal giogo clericale, la popolazione romana diede vita a un ampio processo di iniziativa sociale, di innovazione economica e di spregiudicatezza culturale tali da determinare assetti di convivenza civile del tutto inediti.
La documentazione riportata nel volume ben rappresenta le diverse tensioni che attraversarono l’esperienza repubblicana del ’49.
Tra l’ipotesi più moderata rappresentata da Carlo Armellini, un primo approccio socialistico introdotto da Quirico Filopanti e l’espressione più radicalmente democratica di Aurelio Saffi, lo sguardo offerto da Carlo Pisacane costituisce un primo intento di generalizzazione, base di un intento che, in seguito, sarebbe approdato a una concezione socialista e libertaria quale possibile esito della rivoluzione nazionale.
Roma, Odradek, 2012, pp. 349, ISBN: 987-88-96487-19-8.
Contro ogni apparenza, la Roma del Novecento è una delle città meno studiate, dal punto di vista ... more Contro ogni apparenza, la Roma del Novecento è una delle città meno studiate, dal punto di vista politico e sociale, dell’intera Penisola. La Capitale è sotto gli occhi del mondo, nota ma non conosciuta. Addirittura misconosciuta se si pensa all’immagine prevalente di una città priva di contrasti e con una classe lavoratrice, tutto sommato, abbastanza “tranquilla”. Questo libro riempie una lacuna, ricostruendo la base sociale, l'ambito spurio e mutevole in cui avviene la formazione delle forze sociali e produttive cittadine. Ma soprattutto ribalta l’immagine di comodo, restituendo il carattere di città violenta, con un conflitto di classe che sfocia facilmente in tumulti repressi con estrema brutalità dalle forze dell’ordine.
Sopra, la monarchia e la gerarchia cattolica con le loro clientele, la grande e diffusa industria delle costruzioni, legata alla rendita fondiaria e alle banche, ma sotto i disoccupati, i lavoratori stagionali, i contadini immiseriti e immigrati dalle altre regioni, gli operai delle manifatture, gli impiegati declassati e gli artigiani poveri. Tra questi, gli anarchici ebbero modo di affermarsi, muovendosi tra i quartieri popolari come San Lorenzo e Testaccio, ma anche in quartieri centrali come Monti, Borgo e Prati, in maniera indipendente dalla I Internazionale, già dagli anni settanta dell’Ottocento, interpretando e rappresentando la predisposizione all’azione diretta e a forme di lotta violente del proletariato romano. Roma sovversiva, appunto.
In questo humus, per lo più intorno ad alcune personalità – come Aristide Ceccarelli, Temistocle Monticelli, Eolo Varagnoli, Spartaco Stagnetti, Attilio Paolinelli, Ettore Sottovia – l’anarchismo romano si rivelò quale laboratorio delle differenti tensioni dottrinarie che attraversavano il movimento antiautoritario italiano. Il socialismo-anarchico, l’anarcosindacalismo, l’individualismo, nonché il primo antifascismo militante, proprio a Roma, diventarono così gli ambiti, e i termini, di un’emergenza politica e culturale più generale.
Edited Books & Journals by Roberto Carocci
Odradek, pp. 464, ISBN 978-88-96487-75-4, 2021
contributi di: Marco De Nicolò, Tommaso Baris, Amedeo Osti Guerrazzi, Daniela Brignone, Tito Menz... more contributi di: Marco De Nicolò, Tommaso Baris, Amedeo Osti Guerrazzi, Daniela Brignone, Tito Menzani, Luciano Villani, Roberto Carocci, Michele Colucci, Simona Lunadei, Andrea Tappi, Damiano Garofalo, Giovanna C. De Feo, Marco Impiglia, Maria Chiara Bernardini, Ugo Mancini, Denis Lotti, Daniele D'Alterio, Simonetta Ciranna, Roberto Lorenzetti
Acronia, n.1 , 2021, , pp. 146, Mimesis ISBN: 9788857587295; ISSN 2785-454X
I contenuti della rivista sono liberamente utilizzabili a fini culturali e non di lucro a patto d... more I contenuti della rivista sono liberamente utilizzabili a fini culturali e non di lucro a patto di indicare chiaramente la fonte, gli autori e le autrici e previo accordo con la redazione. I testi sono sottoposti a double-blind peer review.
Nova Delphi, pp. 168, ISBN: 979-12-800-97-00-2, 2021
con contributi di: Angela Balzano, Lorenzo Benadusi, Lorenzo Bernini, Giada Bonu, Roberto Carocci... more con contributi di: Angela Balzano, Lorenzo Benadusi, Lorenzo Bernini, Giada Bonu, Roberto Carocci, Francesca Casafina, Federica Castelli, Alessandra Chiricosta, Chiara Corazza, Anna Curcio, Nesma Elsakaan, Silvia Federici, Serena Fiorletta, Valeria Mercandino, Renata Pepicelli, Djamila Ribeiro, Daniela Rossini, Paola Stelliferi
Il volume si propone come strumento di orientamento nel panorama, plurale e sempre in movimento, dei femminismi internazionali, in un percorso genealogico che abbraccia gli ultimi due secoli. Il suo intento è quello di disporre quadri di riferimento, aggiornandoli con riflessioni critiche, spunti e dialoghi utili a fornire strumenti concettuali per una lettura sessuata e femminista delle dinamiche contemporanee. Allo stesso tempo, è frutto di un’operazione di tessitura tra pratiche, interpretazioni e posture differenti. Seguendo traiettorie policrome, le autrici e gli autori di queste pagine mettono a fuoco e in relazione i femminismi e le lotte che compongono il nostro presente, in un vivace dialogo multidisciplinare e interdisciplinare. Storia, antropologia, rifles- sione filosofica si intrecciano in un sapere che per sua definizione è radicato nell’esperienza e che “non parla per altre” ma interroga vissuti e contesti, tramite saggi che inquadrano i femminismi coevi e quelli passati anche attraverso i dialoghi con autrici e pensa- trici protagoniste di quelle esperienze.
Pisa, Bfs, 2018, pp. 178, ISBN 978-88-89413-93-7
Quella dell’anarchico Errico Malatesta è stata una delle figure di maggiore complessità nella sto... more Quella dell’anarchico Errico Malatesta è stata una delle figure di maggiore complessità nella storia del movimento operaio italiano. Particolarmente ricca e articolata è stata la sua relazione con la peculiare realtà politica e sociale della Roma di fine Ottocento e di inizio Novecento, iniziata fin dalle sue prime esperienze primointernazionaliste e conclusasi negli anni della piena affermazione del fascismo.
Per tutto l’arco della sua vita intellettuale e militante, l’Urbe ha infatti rappresentato un luogo di tessitura di una solida rete relazionale, ma anche un ambito di impegno militante e di sperimentazione rivoluzionaria nonché di generalizzazione teorica. I saggi qui raccolti, frutto del Convegno organizzato dall’Associazione d’idee “I Refrattari”, Errico Malatesta. Un rivoluzionario a Roma (maggio 2016), affrontano i diversi temi e momenti che caratterizzarono il lungo rapporto instaurato da Malatesta con la capitale del regno liberale e, successivamente, del fascismo. L’approccio alla modernità industriale, la tessitura delle reti informali dell’anarchismo, la concezione della violenza politica, la prima iniziativa antifascista degli Arditi del popolo, le sue considerazioni sull’avvento del regime mussoliniano e la pubblicazione della rivista «Pensiero e Volontà», la sua ultima fatica teorica, proprio a Roma trovano un loro fondamento peculiare, finora così poco indagato dalla storiografia.
Journal Articles by Roberto Carocci
«Dimensioni e problemi della ricerca storica», n. 1, 2023, pp. 81-102, ISSN 1125-517X
The article reconstructs the preparation, debate and consequences of the 1871 workers' congress w... more The article reconstructs the preparation, debate and consequences of the 1871 workers' congress wanted by Giuseppe Mazzini to establish his hegemony over workers' associations but also to contain the outflow of young republicans to the International Workers' Association. The confrontation that developed was substantiated by a generational shift that, between the completion of the Risorgimento and the Paris Commune, facilitated the redefinition of the political cultures of Italian radicalism represented by Mazzinianism, Garibaldianism and the emerging internationalist socialism, in which the new post-Risorgimento democratic generation redefined its own value landscape and ways of commitment.
«Dianoia», n. 35, 2022, pp. 83-98, numero monografico "La filosofia italiana tra Otto e Novecento... more «Dianoia», n. 35, 2022, pp. 83-98, numero monografico "La filosofia italiana tra Otto e Novecento. Sfide, identità, tradimenti", a cura di F. Cerrato, ISSN 1125-1514.
«Storia e Futuro» n. 56, 2022, pp. 20-34, ISSN: 2283-8937
L’insurrezione di Kronštadt del 1921 costituì lo spartiacque definitivo nel rapporto che l’anarch... more L’insurrezione di Kronštadt del 1921 costituì lo spartiacque definitivo nel rapporto che l’anarchismo italiano aveva instaurato con il regime bolscevico. Non fu un passaggio immediato né semplice; al suo interno infatti si condensarono non solo cambiamenti d’indirizzo politico ma trasformazioni riguardanti la mentalità del movimento libertario nel primo dopoguerra. Ciò che l’articolo si propone di indagare è come questi mutamenti avvennero e quali effetti ebbero in base ai canali informativi e alla capacità di diffusione delle testimonianze e delle spesso incerte notizie provenienti dall’Est.
The insurrection of Kronstadt in 1921 was the final watershed in the relationship that Italian anarchism had established with the Bolshevik regime. It was not an immediate or simple step, in fact, condensed within it not only changes in political direction but transformations concerning the mentality of the libertarian ovement in the early postwar period. What the article aims to investigate is how these changes occurred and what effects they had on the basis of information channels and the ability to disseminate evidence and often ncertain news from the East.
«Acronia», n. 1, 2021, pp. 117-134, Mimesis, ISBN: 9788857587295; ISSN 2785-454X
«Farestoria», a. I, n. 1, 2019, pp. 27-42, ISSN 2612-7164
del serpente verde. La Massoneria nella crisi del sistema giolittiano, Roma, Bulzoni, 1990, pp. 9... more del serpente verde. La Massoneria nella crisi del sistema giolittiano, Roma, Bulzoni, 1990, pp. 93-94. 6 A. Staderini, Combattenti senza divisa. Roma nella Grande guerra, Bologna, Il Mulino, 1995, pp. 27-32 e 37-40. Sul movimento nazionalista romano, più diffusamente, A Roccucci, Roma capitale del nazionalismo (1908-1923), Roma, Archivio Guido Izzi, 2001. 7 V. Vidotto, Roma contemporanea, cit. p. 159.
«Zapruder», n. 44, 2017, pp. 10-23, ISSN 1723-0020.
Q uando, nel marzo 1917, giunsero le prime notizie sulla rivoluzione in Russia, l'anarchismo ital... more Q uando, nel marzo 1917, giunsero le prime notizie sulla rivoluzione in Russia, l'anarchismo italiano reagì con inusitato entusiasmo. Sembrava infatti delinearsi la possibilità di porre termine ai duri anni della guerra, durante i quali il movimento libertario, e più in generale quello operaio, era stato costretto a una seria battuta d'arresto 1 . Oltre ad annunciare la prossima fine del conflitto, la rivoluzione ne presagiva un suo possibile esito insurrezionale sul territorio europeo, Italia compresa. Così almeno lasciò intendere la ribellione degli operai torinesi di fine agosto, sebbene aspramente repressa dall'intervento dell'esercito regio 2 . Da questo primo approccio, gli anarchici italiani si sarebbero via via confrontati con gli sviluppi del processo rivoluzionario, le sue dinamiche interne e la direzione bolscevica con la quale avrebbero misurato una sempre maggiore divergenza, verificando l'inconciliabilità tra la prospettiva antiautoritaria e l'ipotesi marxista. Le questioni riguardanti il potere politico, la dittatura proletaria e l'estinzione dello stato sarebbero tornate a dividere i due movimenti risolvendosi in una rottura definitiva con la repressione della Comune di Kronštadt nel 1921. Per tutta questa prima fase, l'anarchismo italiano oscillò tra la difesa del rivolgimento sociale e la critica crescente nei confronti del bolscevismo, dando vita a una fluttuazione all'interno della quale si confrontarono tensioni differenti e atteggiamenti disomogenei, talvolta contraddittori 3 . 1 Cfr. Fabrizio Giulietti, Gli anarchici italiani dalla grande guerra al fascismo, FrancoAngeli, 2015, pp. 45-46 e 51-56; Alessandro Camarda e Santo Peli, L'altro esercito. La classe operaia durante la prima guerra mondiale, Feltrinelli, 1980; Giovanna Procacci (a cura di), Stato e classe operaia in Italia durante la prima guerra mondiale, FrancoAngeli, 1983. 2 La rivolta torinese (22-25 agosto) terminò con 60 morti, di cui una decina tra i governativi, e 200 feriti; cfr. Luigi Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L'anarchismo italiano dal Biennio rosso alla guerra di
«Storialocale» – Quaderni pistoiesi di cultura moderna e contemporanea, n. 22, dicembre 2013, pp. 14-31, ISBN 978-88-7336-530-3.
«Zapruder», n. 30, 2013, pp. 102-109, ISSN 1723-0020.
Note sull'aNtagoNismo operaio a roma tra ottoceNto e NoveceNto L o sviluppo delle forze sociali d... more Note sull'aNtagoNismo operaio a roma tra ottoceNto e NoveceNto L o sviluppo delle forze sociali di Roma capitale, se pure in maniera per lo più episodica, è stato analizzato in sede storiografica, tendendo però a interpretarlo come una derivazione meccanica della crescita delle forze produttive. A un'industrializzazione tardiva e considerata "arretrata", rispetto a quella di città come Milano o Torino, si è voluta legare la formazione di un proletariato cittadino anch'esso dai tratti acerbi e premoderni 1 . Altri studi hanno teso a rovesciare in qualche modo la questione o, quantomeno, hanno proposto una chiave di lettura differente, dirimendo «la consuetudine di trasportare meccanicamente nella classe operaia ciò che più propriamente riguarda la struttura industriale» 2 . Tale approccio ha aperto alla possibilità di focalizzare l'attenzione sullo sviluppo di una soggettività operaia complessa, da ricercare anche al di là delle determinazioni degli assetti industriali, assumendo la conflittualità sociale e l'organizzazione politica ed economica di classe quali elementi qualificanti di uno speciale segmento operaio, comunque inserito in un processo di sviluppo capitalistico a livello sia locale sia nazionale. In tal senso, studi più recenti sul movimento operaio romano d'inizio Novecento permettono di aprire un'indagine anche a ritroso, che può condurre a esplorare i presupposti degli sviluppi successivi 3 . A Roma, le prime proteste operaie di massa si verificarono nella seconda metà degli anni ottanta dell'Ottocento. La grave crisi edilizia, iniziata alla fine del 1887, aveva condotto alla «stasi generale di tutte le attività» economiche cittadine e a una crisi sociale di vaste proporzioni, che si sarebbe protratta nel tempo. Nel giro di pochi mesi, i disoccupati salirono a 30.000, mentre 10.000 operai venivano allontanati con foglio di via 4 . Dei 470 cantieri attivi, solo a novembre ne vennero chiusi 80; ben 101 a dicembre e altri 1 Cfr. Paolo Basevi et al., Introduzione a Roma contemporanea. Note e saggi per lo studio di Roma dal 1870 ad oggi, Centro di Studi su Roma Moderna, 1954; Alberto Caracciolo, Roma capitale. Dal Risorgimento alla crisi dello Stato liberale, Rinascita, 1956; Id., Continuità della struttura economica di Roma, «Nuova Rivista Storica», nn. 1 e 2, 1954, pp. 182-205 e 326-347; Luciano Cafagna, Anarchismo e socialismo a Roma, negli anni della "febbre" edilizia e della crisi (1882-1891), «Movimento Operaio», gennaio/febbraio 1952, pp. 729-772. 2 Gaetano Congi, L'altra Roma. Classe operaia e sviluppo industriale nella capitale, De Donato, pp. 13-23. 3 Cfr. Daniele D'Alterio, Roma 1903. Sciopero generale, azione diretta e crisi del riformismo nella capitale durante la prima età giolittiana, Rubbettino, 2004; Id., La capitale dell'azione diretta. Enrico Leone, il sindacalismo "puro" e il movimento operaio italiano nella prima crisi del sistema giolittiano
«Giornale di Storia Contemporanea», n. 1, giugno, 2011, pp. 27-47, ISBN 2037- 7975.
Book Chapters by Roberto Carocci
in Camillo Berneri, Carlo Rosselli, Contre l'État. Articles er correspondance (1935-1936), Éditio... more in Camillo Berneri, Carlo Rosselli, Contre l'État. Articles er correspondance (1935-1936), Édition préparée per E. Di Brango, Paris, Les nuit rouges, 2024, ISBN : 978-2-487411-01-2, pp. 14-20.
in "«Piombo con piombo». Il 1921 e la guerra civile italiana", a cura di Giorgio Sacchetti, intro... more in "«Piombo con piombo». Il 1921 e la guerra civile italiana", a cura di Giorgio Sacchetti, introduzione di Fabio Fabbri, Carocci, 2023, pp. 281-296, ISBN 978-88-290-1530-6.
in Errico Malatesta, "Opere complete. 'Anarchismo realizzabile e realizzatore'. Pensiero e Volont... more in Errico Malatesta, "Opere complete. 'Anarchismo realizzabile e realizzatore'. Pensiero e Volontà e ultimi scritti 1924-1932", vol. 8. (a cura di D. Turcato), la Fiaccola/Zero in Condotta, ISBN 978-88-95950-73-0
in "La Repubblica Romana. 9 febbraio-4 luglio 1849. Vicende, protagonisti, ideali", a cura di M. ... more in "La Repubblica Romana. 9 febbraio-4 luglio 1849. Vicende, protagonisti, ideali", a cura di M. Viganò, contributi di G. Monsagrati, C. Brice, R. Carocci, K. Rörig, G. Romeo, Milano, Scalpendi, 2022, ISBN, 979-12-5955-113-9, pp. 33-52.
in R. Carocci, D. D'Alterio, T. Menzani, "La modernità imperfetta. Lavoro, territorio e società a... more in R. Carocci, D. D'Alterio, T. Menzani, "La modernità imperfetta. Lavoro, territorio e società a Roma e nel Lazio tra Ottocento e Novecento", Odradek, pp. 141-166, ISBN 978-88-96487-75-4, 2021
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Books by Roberto Carocci
Nell’intreccio tra antiche tradizioni, che rendevano l’Urbe una delle città più violente e irrequiete d’Italia, e il divenire della modernità, con l’affermazione embrionale di una borghesia liberale e di un proletariato urbano, si realizzò un equilibrio tra i diversi ceti da cui scaturì un’effrazione repubblicana ed egalitaria tra le complicate dinamiche del Risorgimento italiano.
Liberata dal giogo clericale, la popolazione romana diede vita a un ampio processo di iniziativa sociale, di innovazione economica e di spregiudicatezza culturale tali da determinare assetti di convivenza civile del tutto inediti.
La documentazione riportata nel volume ben rappresenta le diverse tensioni che attraversarono l’esperienza repubblicana del ’49.
Tra l’ipotesi più moderata rappresentata da Carlo Armellini, un primo approccio socialistico introdotto da Quirico Filopanti e l’espressione più radicalmente democratica di Aurelio Saffi, lo sguardo offerto da Carlo Pisacane costituisce un primo intento di generalizzazione, base di un intento che, in seguito, sarebbe approdato a una concezione socialista e libertaria quale possibile esito della rivoluzione nazionale.
Sopra, la monarchia e la gerarchia cattolica con le loro clientele, la grande e diffusa industria delle costruzioni, legata alla rendita fondiaria e alle banche, ma sotto i disoccupati, i lavoratori stagionali, i contadini immiseriti e immigrati dalle altre regioni, gli operai delle manifatture, gli impiegati declassati e gli artigiani poveri. Tra questi, gli anarchici ebbero modo di affermarsi, muovendosi tra i quartieri popolari come San Lorenzo e Testaccio, ma anche in quartieri centrali come Monti, Borgo e Prati, in maniera indipendente dalla I Internazionale, già dagli anni settanta dell’Ottocento, interpretando e rappresentando la predisposizione all’azione diretta e a forme di lotta violente del proletariato romano. Roma sovversiva, appunto.
In questo humus, per lo più intorno ad alcune personalità – come Aristide Ceccarelli, Temistocle Monticelli, Eolo Varagnoli, Spartaco Stagnetti, Attilio Paolinelli, Ettore Sottovia – l’anarchismo romano si rivelò quale laboratorio delle differenti tensioni dottrinarie che attraversavano il movimento antiautoritario italiano. Il socialismo-anarchico, l’anarcosindacalismo, l’individualismo, nonché il primo antifascismo militante, proprio a Roma, diventarono così gli ambiti, e i termini, di un’emergenza politica e culturale più generale.
Edited Books & Journals by Roberto Carocci
Il volume si propone come strumento di orientamento nel panorama, plurale e sempre in movimento, dei femminismi internazionali, in un percorso genealogico che abbraccia gli ultimi due secoli. Il suo intento è quello di disporre quadri di riferimento, aggiornandoli con riflessioni critiche, spunti e dialoghi utili a fornire strumenti concettuali per una lettura sessuata e femminista delle dinamiche contemporanee. Allo stesso tempo, è frutto di un’operazione di tessitura tra pratiche, interpretazioni e posture differenti. Seguendo traiettorie policrome, le autrici e gli autori di queste pagine mettono a fuoco e in relazione i femminismi e le lotte che compongono il nostro presente, in un vivace dialogo multidisciplinare e interdisciplinare. Storia, antropologia, rifles- sione filosofica si intrecciano in un sapere che per sua definizione è radicato nell’esperienza e che “non parla per altre” ma interroga vissuti e contesti, tramite saggi che inquadrano i femminismi coevi e quelli passati anche attraverso i dialoghi con autrici e pensa- trici protagoniste di quelle esperienze.
Per tutto l’arco della sua vita intellettuale e militante, l’Urbe ha infatti rappresentato un luogo di tessitura di una solida rete relazionale, ma anche un ambito di impegno militante e di sperimentazione rivoluzionaria nonché di generalizzazione teorica. I saggi qui raccolti, frutto del Convegno organizzato dall’Associazione d’idee “I Refrattari”, Errico Malatesta. Un rivoluzionario a Roma (maggio 2016), affrontano i diversi temi e momenti che caratterizzarono il lungo rapporto instaurato da Malatesta con la capitale del regno liberale e, successivamente, del fascismo. L’approccio alla modernità industriale, la tessitura delle reti informali dell’anarchismo, la concezione della violenza politica, la prima iniziativa antifascista degli Arditi del popolo, le sue considerazioni sull’avvento del regime mussoliniano e la pubblicazione della rivista «Pensiero e Volontà», la sua ultima fatica teorica, proprio a Roma trovano un loro fondamento peculiare, finora così poco indagato dalla storiografia.
Journal Articles by Roberto Carocci
The insurrection of Kronstadt in 1921 was the final watershed in the relationship that Italian anarchism had established with the Bolshevik regime. It was not an immediate or simple step, in fact, condensed within it not only changes in political direction but transformations concerning the mentality of the libertarian ovement in the early postwar period. What the article aims to investigate is how these changes occurred and what effects they had on the basis of information channels and the ability to disseminate evidence and often ncertain news from the East.
Book Chapters by Roberto Carocci
Nell’intreccio tra antiche tradizioni, che rendevano l’Urbe una delle città più violente e irrequiete d’Italia, e il divenire della modernità, con l’affermazione embrionale di una borghesia liberale e di un proletariato urbano, si realizzò un equilibrio tra i diversi ceti da cui scaturì un’effrazione repubblicana ed egalitaria tra le complicate dinamiche del Risorgimento italiano.
Liberata dal giogo clericale, la popolazione romana diede vita a un ampio processo di iniziativa sociale, di innovazione economica e di spregiudicatezza culturale tali da determinare assetti di convivenza civile del tutto inediti.
La documentazione riportata nel volume ben rappresenta le diverse tensioni che attraversarono l’esperienza repubblicana del ’49.
Tra l’ipotesi più moderata rappresentata da Carlo Armellini, un primo approccio socialistico introdotto da Quirico Filopanti e l’espressione più radicalmente democratica di Aurelio Saffi, lo sguardo offerto da Carlo Pisacane costituisce un primo intento di generalizzazione, base di un intento che, in seguito, sarebbe approdato a una concezione socialista e libertaria quale possibile esito della rivoluzione nazionale.
Sopra, la monarchia e la gerarchia cattolica con le loro clientele, la grande e diffusa industria delle costruzioni, legata alla rendita fondiaria e alle banche, ma sotto i disoccupati, i lavoratori stagionali, i contadini immiseriti e immigrati dalle altre regioni, gli operai delle manifatture, gli impiegati declassati e gli artigiani poveri. Tra questi, gli anarchici ebbero modo di affermarsi, muovendosi tra i quartieri popolari come San Lorenzo e Testaccio, ma anche in quartieri centrali come Monti, Borgo e Prati, in maniera indipendente dalla I Internazionale, già dagli anni settanta dell’Ottocento, interpretando e rappresentando la predisposizione all’azione diretta e a forme di lotta violente del proletariato romano. Roma sovversiva, appunto.
In questo humus, per lo più intorno ad alcune personalità – come Aristide Ceccarelli, Temistocle Monticelli, Eolo Varagnoli, Spartaco Stagnetti, Attilio Paolinelli, Ettore Sottovia – l’anarchismo romano si rivelò quale laboratorio delle differenti tensioni dottrinarie che attraversavano il movimento antiautoritario italiano. Il socialismo-anarchico, l’anarcosindacalismo, l’individualismo, nonché il primo antifascismo militante, proprio a Roma, diventarono così gli ambiti, e i termini, di un’emergenza politica e culturale più generale.
Il volume si propone come strumento di orientamento nel panorama, plurale e sempre in movimento, dei femminismi internazionali, in un percorso genealogico che abbraccia gli ultimi due secoli. Il suo intento è quello di disporre quadri di riferimento, aggiornandoli con riflessioni critiche, spunti e dialoghi utili a fornire strumenti concettuali per una lettura sessuata e femminista delle dinamiche contemporanee. Allo stesso tempo, è frutto di un’operazione di tessitura tra pratiche, interpretazioni e posture differenti. Seguendo traiettorie policrome, le autrici e gli autori di queste pagine mettono a fuoco e in relazione i femminismi e le lotte che compongono il nostro presente, in un vivace dialogo multidisciplinare e interdisciplinare. Storia, antropologia, rifles- sione filosofica si intrecciano in un sapere che per sua definizione è radicato nell’esperienza e che “non parla per altre” ma interroga vissuti e contesti, tramite saggi che inquadrano i femminismi coevi e quelli passati anche attraverso i dialoghi con autrici e pensa- trici protagoniste di quelle esperienze.
Per tutto l’arco della sua vita intellettuale e militante, l’Urbe ha infatti rappresentato un luogo di tessitura di una solida rete relazionale, ma anche un ambito di impegno militante e di sperimentazione rivoluzionaria nonché di generalizzazione teorica. I saggi qui raccolti, frutto del Convegno organizzato dall’Associazione d’idee “I Refrattari”, Errico Malatesta. Un rivoluzionario a Roma (maggio 2016), affrontano i diversi temi e momenti che caratterizzarono il lungo rapporto instaurato da Malatesta con la capitale del regno liberale e, successivamente, del fascismo. L’approccio alla modernità industriale, la tessitura delle reti informali dell’anarchismo, la concezione della violenza politica, la prima iniziativa antifascista degli Arditi del popolo, le sue considerazioni sull’avvento del regime mussoliniano e la pubblicazione della rivista «Pensiero e Volontà», la sua ultima fatica teorica, proprio a Roma trovano un loro fondamento peculiare, finora così poco indagato dalla storiografia.
The insurrection of Kronstadt in 1921 was the final watershed in the relationship that Italian anarchism had established with the Bolshevik regime. It was not an immediate or simple step, in fact, condensed within it not only changes in political direction but transformations concerning the mentality of the libertarian ovement in the early postwar period. What the article aims to investigate is how these changes occurred and what effects they had on the basis of information channels and the ability to disseminate evidence and often ncertain news from the East.
* L’influenza sull’anarchismo romano
* Il definitivo trasferimento a Roma
* Gli ultimi anni sotto il fascismo
Convegno organizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università degli Studi Roma tre; Fondazione Trivulzio, Institut Français Italia
organizzato dall'Archivio Storico della Resistenza "Orfeo Mucci"
orgazinnzata da: Roma Capitale - Assessorato alla Crescita culturale - Dipartimento Attività Culturali, FIAP - Federazione Italiana Associazione Partigiane
All’indomani dell’annessione al Regno d’Italia e allo spostamento della capitale, Roma subì una delle più vorticose trasformazioni mai viste fino ad allora nelle grandi capitali dell’Europa occidentale. Nell’arco di pochi decenni la sua pianta urbana, l’architettura, le infrastrutture, ma anche lo stesso tessuto sociale vissero una metamorfosi che Parigi e Vienna avevano affrontato in tempi ben più dilatati.
La città papale, chiusa tra le sue mura, organizzata secondo modelli economici, etici e culturali arretrati per gli standard dell’epoca, divenne una specie di foglio bianco sul quale le nuove élite urbane – sia quelle trapiantate dal centro nord che quelle autoctone – tentarono, con risultati altalenanti, una radicale trasformazione dell’identità cittadina.
Di questi interventi oggi rimangono visibili a occhio nudo ben poche persistenze. Le lottizzazioni delle ville storiche a nord e nordest delle mura aureliane; alcuni vecchi edifici industriali incastonati nelle edificazioni di inizio Novecento e oggi riconvertiti per l’abitare di lusso e i rinnovati consumi urbani; scampoli di infrastrutture dell’epoca in parte utilizzati, in parte inglobati nei servizi a rete della città.
Sono queste le testimonianze del corposo volume collettivo curato da Roberto Carocci, Daniele D’Alterio e Tito Menzani, La modernità imperfetta. Lavoro, territorio e società a Roma e nel Lazio tra Ottocento e Novecento (Odradek 2021, pp. 457, euro 34,00). Nell’approccio dei tanti saggi che compongono il libro, la modernità cui fa riferimento il titolo è sia una modernità industriale e materiale, sia dei consumi, delle identità e delle culture di Roma capitale d’Italia e del Lazio.
In tutte queste dimensioni, agli interventi di modernizzazione è doveroso aggiungere la qualifica di «imperfetta» poiché la città non è mai stata realizzata secondo coerenti linee di sviluppo, come ben sa chi Roma la vive o la ha vissuta al di là delle rotte turistiche. Stressata dalle esigenze del consenso locale, dalle strategie dei governi nazionali e – soprattutto – dagli interessi economici in gioco, la città ha vissuto tutto e il contrario di tutto: progetti di capitale scientifica di caratura europea; investimenti industriali dislocati pressoché su tutta la sua superficie; piani regolatori che ne hanno orientato l’espansione tanto verso il mare che verso l’entroterra, senza mai raggiungere una piena compiutezza. Lo stesso si può dire delle persone che la abitano: ingabbiate nella cultura paternalistica e clericale prima, nelle rigidità della pianificazione economico-sociale dopo l’unificazione e nelle inefficienze dello sviluppo irregolare della seconda metà del Novecento.
Nella pluralità degli approcci e nell’ampiezza dell’arco cronologico analizzato, La modernità imperfetta dialoga con una vasta letteratura che, in particolare tra gli anni 80 e i primi 2000, ha sezionato lo sviluppo di Roma cercando di cogliere nella profondità storica le radici delle criticità ormai strutturali dell’amministrazione capitolina e regionale. Di questa letteratura – le cui tracce ovviamente si trovano lungo tutto il volume – fa una efficace sintesi Tommaso Barisnella postfazione (pp. 431-438), con un particolare accento sul rapporto tra Roma e il Lazio, la regione in qualche misura “artificialmente” costituita intorno alla città capitale: Leonardo Musci, Lidia Piccioni, Alberto Caracciolo, sono alcuni dei nomi citati da Baris e con i quali si è formato chi ha fatto di Roma oggetto di studio. Tutti studi ormai vecchi di decenni, ma che è ancora utile andare a leggere di fronte alla mole di problemi che tutt’oggi affliggono la città e a cui parziali risposte possono essere date appunto dall’analisi dei modelli di sviluppo egemoni in un secolo e mezzo di città capitale.
La modernità imperfetta colpisce prima di tutto per l’apertura ai temi della storia ambientale e del rapporto tra spazio urbano e consumo di risorse. In particolare i saggi di Andrea Tappi (pp. 123-141), Ugo Mancini (pp. 315-338) e Roberto Lorenzetti (pp. 339-365), affrontando la questione dell’approvvigionamento energetico e del rapporto tra Roma e il suo hinterland, un rapporto che fin dalla proclamazione della città a capitale – e ancora di più durante il ventennio fascista – venne nettamente subordinato alle esigenze economiche, politiche e militari di Roma. Per altro, gli interventi di Mancini sui Castelli romani e di Lorenzetti sul reatino, insieme a quello di Maria Chiara Bernardini sul viterbese (pp. 291-314), rafforzano la riflessione su Roma come parte di un contesto territoriale più ampio e quindi da osservare con uno sguardo “metropolitano”, tenendo insieme la città e i flussi, i beni e le reti di approvvigionamento. Un approccio che recupera e valorizza analisi spesso già datate, ma ancora valide – penso a Anne Marie Seronde-Babonaux (1983), all’urbanista Manlio Vendittelli (1984) o ancora a Lando Bortolotti (1988).
Altro merito dell’opera è andare oltre la annosa questione della struttura economica della città: i saggi che in maniera più o meno diretta si occupano della città industriale infatti hanno quasi sempre un punto di vista abbastanza originale. Marco De Nicolò (pp. 17-44) e Roberto Carocci (pp.141-165) firmano i contributi più “tradizionali”, dedicati al mondo operaio, alle organizzazioni e alla conflittualità in età liberale. Sono saggi in cui riecheggiano studi ormai sedimentati, dello stesso Carocci (2012) ma anche di Gaetano Congi (1977) e Giuseppe Sircana (1984). Luciano Villani (pp. 45-74) e Simona Lunadei (pp. 267-290) propongono invece uno spaccato particolare: quello del lavoro femminile. Il primo concentrandosi su un caso di studio particolarmente importante su Roma industriale, quello della fabbrica Snia-Viscosa di via Prenestina, di cui una parte della documentazione è stata recuperata, riordinata e tutelata grazie all’attività di un archivio territoriale costruito dal basso; la seconda mettendo a fuoco teorie e prassi sull’ingresso delle donne nel mondo del lavoro anche al di fuori dei tradizionali contesti di impiego e il dibattito politico-culturale sul tema tra 1900 e 1922. Originali anche gli interventi di Damiano Garofalo e Denis Lotti (pp. 167-180) e quello di Daniela Brignone (pp. 229-242) perché concentrandosi su due settori particolari (cinema i primi e alimentare la seconda) sollecitano chi legge a osservare la città con un occhio diverso, giocare alla “Roma sparita” cercando nella pianta attuale le persistenze degli studi della Cines nel quartiere San Giovanni e delle fabbriche Peroni e Gentilini alle spalle di piazza Fiume.
Molto lo spazio dedicato ai fenomeni e al tessuto sociale della città, in vorticosa e continua trasformazione tra il 1870 e l’affermarsi del fascismo – l’unico saggio a spingersi decisamente più avanti temporalmente è quello di Amedeo Osti Guerrazzi sugli ebrei romani durante l’occupazione nazista (pp. 209-228).
Vale la pena citare i contributi di Michele Colucci sulle migrazioni (pp. 75-98), che approfondisce ancora il rapporto tra Roma e i territori limitrofi da cui provenivano beni, energia e anche manodopera, Tito Menzani sul movimento cooperativo a Roma e nel Lazio (pp. 99-122) e Marco Impiglia sulla figura di Fortunato Ballerini e la pratica dello sport come loisir a Roma a cavallo tra i due secoli (pp. 181-208). Quest’ultimo saggio, in particolare, oltre ad approfondire come nella città si andarono diffondendo abitudini già affermatesi più o meno ovunque nelle grandi città europee, offre anche un contributo importante a decostruire una delle narrazioni più dure a morire: quella sulla prima squadra di calcio della capitale, che Impiglia identifica nella Società ginnastica Roma (o semplicemente “Roma”), che istituì una sezione calcistica prima del 1900 (p. 189).
Per concludere, il volume (di cui qui non c’è stato modo di descrivere tutti i contenuti) segna un ulteriore passaggio in avanti nella conoscenza della città e delle radici delle tante contraddizioni che ne hanno condizionato lo sviluppo urbano e sociale. Non era semplice riuscire a trovare nuove chiavi di lettura per un territorio già abbondantemente sezionato e studiato già da almeno tre decenni, eppure La modernità imperfetta raccoglie contributi di particolare originalità proprio perché, sottraendosi dall’apparente e superata dicotomia tra città industriale e capitale amministrativa, ha saputo dare spazio a storie della Roma a cavallo tra ottocento e novecento che aiutano a tracciare un contorno sempre più definito di questa metropoli enorme e dalle molteplici identità.
Un appunto, non irrilevante per chi scrive, va fatto alla casa editrice: il grande formato e l’impaginato rendono molto faticosa la lettura e non valorizzano l’apparato fotografico e iconografico che accompagna ogni saggio.
di Giovanni Pietrangeli
Bibliografia
Bortolotti, L. (1988)
Roma fuori le mura, Laterza, Roma-Bari
Carocci, R. (2012)
Roma sovversiva. Anarchismo e conflittualità sociale dall’età giolittiana al fascismo (1900-1926), Odradek, Roma
Congi, G. (1977)
L’altra Roma. Classe operaia e sviluppo industriale nella capitale, De Donato, Bari
Seronde-Babonaux, A.M. (1983)
Operai tipografi a Roma 1870-1970, Franco Angeli, Milano
Vendittelli, M. (1984)
Roma capitale Romacomune sviluppo economico e crescita urbana della città, Gangemi, Roma
I complicati rapporti tra Roma e la sua regione, il Lazio, alla luce di uno sviluppo economico e civile che ha cambiato molti dei connotati di riferimento. Un volume che indaga da più angoli visuali un terreno del quale si è detto tanto, senza poi esplorarlo troppo.
di Francesco Bertinato 21 Febbraio 2022
«Ecco un libro che mancava e del quale si avvertiva il bisogno». Questa è la frase che mi è uscita spontanea la prima volta che ho sfogliato le pagine di La modernità imperfetta. Lavoro, territorio e società a Roma e nel Lazio tra Ottocento e Novecento (Odradek, 2021). Semplicemente perché si tratta di un volume che indaga da più angoli visuali un terreno del quale si è detto tanto, senza poi esplorarlo troppo. Mi riferisco ai rapporti – anzi, ai complicati rapporti – tra Roma e la sua regione, il Lazio, alla luce di uno sviluppo economico e civile che ha cambiato molti dei connotati di riferimento.
La storiografia ha analizzato e raccontato in lungo e in largo di come le rivoluzioni energetico-tecnologiche, l’avvento del lavoro salariato in fabbrica, la fioritura di nuove ideologie politiche e la nascita dell’opinione pubblica abbiano completamente trasformato la società a cavallo tra XIX e XX secolo. Tutto questo ha avuto declinazioni particolari nei singoli territori: in certi casi si sono avuti mutamenti precoci e pionieristici, in altri casi ritardi acclarati, in altri ancora sensibili scostamenti dal modello per così dire originario.
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Dove si colloca Roma? E dove di collocano le varie aree del Lazio? Chi si è occupato di questi temi, in precedenza, ha costruito alcune basi importanti, ma sono soprattutto gli autori del libro curato da Roberto Carocci, Daniele D’Alterio e Tito Menzani a darci una risposta convincente e strutturata. Roma ha scontato il suo essere la capitale d’Italia e quindi l’alveo della burocrazia ministeriale e più in generale pubblica, che ha rappresentato un ceto peculiare nel contesto civile dell’Urbe. Non che abbia contrastato apertamente le trasformazioni in atto, non che abbia voluto essere un contraltare della classe operaia, non che abbia scelto uno stile di vita del tutto disallineato ai tempi, ma ha comunque rappresentato un fattore non troppo contemplato nel modello classico di modernizzazione.
In più, Roma è la città dei Papi e del Vaticano, che nella fase storica indagata rappresentano essenzialmente un ostacolo al pieno processo di nazionalizzazione. Il principale riferimento è al non éxpedit disposto dalla Santa Sede del 1868, che dichiarava inaccettabile per i cattolici italiani la partecipazione alle elezioni politiche del Regno d’Italia e quindi, per estensione, alla vita politica nazionale. Non che i cattolici di Roma fossero un corpo estraneo al Paese, non che tramassero chissà quali congiure contro il Regno d’Italia, non che avessero tagliato completamente i ponti con le istituzioni liberali, ma certamente la loro identità personale doveva fare i conti con sentimenti politico-religiosi contrastati.
Ecco allora che si spiega già molto bene il bel titolo La modernità imperfetta. E non a caso, nel sottotitolo, si citano sia Roma che il Lazio, proprio perché, come anticipato, è all’interno di questo controverso rapporto che si risolve una parte delle analisi proposte dai vari saggi. Mentre è possibile studiare la storia otto-novecentesca di Verona a prescindere da quella di Venezia, o quella di Taranto a prescindere da quella di Bari, non è possibile fare altrettanto con quelle di Viterbo, Rieti, Frosinone o Latina, ovvero studiarle prescindendo da quella di Roma. Infatti, l’Urbe assume un ruolo ingombrante e accentratore, come se fosse un astro attorno al quale gravitano i pianeti e i loro satelliti, costituiti dalle città e dalle località delle province laziali.
Il volume qui recensito ha anche un’ulteriore chiave di lettura, ovvero il lavoro. Alcuni dei saggi sono esplicitamente costruiti con un classico approccio di labour history, molti altri esplorano ambiti e temi legati all’agricoltura, alle manifatture e ai servizi, senza però sposare pienamente il taglio storiografico menzionato pocanzi, ma ben collocando l’analisi nell’alveo della storia contemporanea di carattere politico-sociale.
Nei decenni a cavallo tra XIX e XX secolo, al di là delle già menzionate considerazioni sui limiti del processo di modernizzazione, Roma e il Lazio furono comunque interessati da un sensibile sviluppo economico e sociale. Da area fortemente irrelata all’economia agricola, si passò a un territorio con una importante vocazione industriale e terziaria, che ha vantato anche alcuni casi di rilievo nazionale. Anche se gli stereotipi hanno storicamente impedito di percepire Roma come una città operosa, il volume chiarisce che la «cultura del fare» ha avuto una chiara trasversalità, che ha interessato uomini e donne, giovani e meno giovani, lavoratori delle province e dei contesti urbani, addetti all’agricoltura, all’industria e ai servizi, dipendenti, imprenditori, artisti e liberi professionisti.
Nella seconda metà dell’Ottocento, il Lazio era contraddistinto da una netta prevalenza di lavoratori agricoli, con numerose famiglie contadine e mezzadrili dedite alla gestione di appezzamenti medio-piccoli, in cui prevalevano produzioni cerealicole e orticole. Oltre alla piccola e media proprietà fondiaria, vi erano anche tenute più grandi, possedute da agrari di origine aristocratica o alto borghese, o riconducibili ai beni ecclesiastici, che erano mandate avanti grazie al lavoro di un cospicuo numero di salariati. Questi erano operativi anche sul fronte dei lavori di bonifica, in particolare nell’attività di movimento terra, fatta con vanga e carriola, tanto che nella zona di Ostia erano definiti «scariolanti».
Il lavoro nei campi era integrato dalla zootecnia, dalla pesca – in mare e nelle acque dolci – e da attività abbastanza elementari di trasformazione dei prodotti agricoli, per produrre formaggi, vino, conserve alimentari e simili. Nel Novecento, gran parte di queste produzioni uscì dalle aie e dalle cascine, per dare origine a stabilimenti zootecnici e agroalimentari più grandi e meglio organizzati, in cui i saperi tradizionali erano declinati nella nuova veste di una modernità industriale.
Contemporaneamente, i lavori artigianali che avevano caratterizzato Roma e il Lazio in età preindustriale avevano anch’essi trovato un percorso di sviluppo. In questa trasformazione appare assolutamente centrale il crescente impiego di rudimentali ma ingegnosi impianti tecnologici, che andavano a meccanizzare certe fasi di lavorazione. Il lavoro tradizionale si trasformava: si accorciavano i tempi di realizzazione, si abbattevano i costi di fabbricazione e si avevano nuove opportunità di innovare i processi produttivi, per cui la semplice manualità artigiana evolveva nella dimensione e organizzazione industriale.
È il caso della produzione di tessuti e di abbigliamento, caratterizzata dal progressivo abbandono del contesto domestico, o dell’edilizia, che sempre più ha utilizzato gru, betoniere e altri macchinari; in estrema sintesi, tutti i lavori preindustriali sono stati letteralmente stravolti dalle potenzialità offerte dalla tecnologia, che a sua volta è stata possibile grazie a una significativa crescita dei livelli di istruzione. E alcuni settori manifatturieri sono così diventati strategici nell’area romana. All’inizio del XX secolo, operai, tecnici, progettisti e ingegneri hanno riempito nuovi stabilimenti manifatturieri – piccole officine o medie realtà industriali – dove venivano realizzati ritrovati di vario tipo. Si andava da prodotti di una certa complessità, come gli impianti industriali, ad altri meno sofisticati, come le tecnologie per l’illuminazione pubblica, ad altri ancora di carattere elementare, come tutta la produzione delle reti di subfornitura, che realizzavano ingranaggi, valvole, minuteria metallica e componentistica in genere.
In definitiva, il lavoro appare il fil rouge costante e puntuale di questa narrazione, al di fuori dei rigidi schemi preconfezionati, ma declinato in maniera più specifica per dare conto dell’associazionismo sindacale, del dibattito fra urbanisti, del mondo del cinema, delle donne in fabbrica, degli operai della Viscosa, di contesti artistici riferiti alla ceramica e alla poesia.
Un’ultima nota su un aspetto spesso ingiustamente considerato secondario. Alcune belle immagini impreziosiscono il volume, conferendogli un piacevole orpello figurativo. Ma soprattutto è magistrale la fotografia scelta per la copertina – il Gazometro –, che si sposa magnificamente con il titolo La modernità imperfetta.
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Laura Fotia insegna Storia dell’America latina contemporanea presso l’Università degli Studi Roma Tre, è stata research fellow e visiting fellow presso diversi istituti di ricerca e università europei e americani. Tra le sue pubblicazioni, La crociera della Nave “Italia” e le origini della diplomazia culturale del fascismo in America latina (Aracne, 2017) e Diplomazia culturale e propaganda attraverso l’Atlantico. Argentina e Italia 1923-1940 (Le Monnier, 2019).