Ambiente e Salute
Ambiente e Salute News
n.20 marzo-aprile 2023
A cura di Giacomo Toffol e Vincenza Briscioli
Gruppo ACP Pediatri per Un Mondo Possibile
L’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) ha sviluppato recentemente l’atlante europeo dell’ambiente e della salute: una piattaforma online che consente di scoprire la qualità dell’aria nel luogo in cui viviamo, i livelli di rumore, le aree verdi e la qualità dei siti balneabili [1]. È uno degli strumenti
predisposti da EEA al fine di monitorare la qualità dell’ambiente in Europa nell’ambito delle politiche volte a raggiungere l’obiettivo “inquinamento
zero”. Sarà aggiornato regolarmente ed è aperto al feedback degli utenti. È possibile ottenere informazioni sulla qualità dell’aria nell’ambiente in cui
si vive cliccando su una mappa o inserendo il proprio indirizzo, si ottengono così indicazioni delle medie annuali per il PM2.5, NO2 e Ozono e si
visualizza la concentrazione degli inquinanti oltre al numero di persone che ne sono esposte, il numero di morti evitabili premature e il numero di
anni vita persi; è anche presente un monitoraggio per il rumore ( non disponibile per i luoghi italiani), per la qualità delle acque di balneazione e per
l’area verde più vicina alla propria residenza. In questo numero di Ambiente e Salute news numerosi sono gli articoli degli effetti dell’ inquinamento
atmosferico sulla popolazione vulnerabile (donne in gravidanza e bambini) per cui l’atlante è un ottimo metodo per conoscere la qualità dell’aria
che ogni giorno respiriamo nei luoghi dove viviamo e dove lavoriamo. In questa rivista continuiamo a riassumere sinteticamente i principali articoli
pubblicati nelle riviste monitorate, tutti gli articoli e gli editoriali ritenuti degni di attenzione vengono elencati divisi per argomento, con un sintetico
commento. Questo numero si basa sul controllo sistematico delle pubblicazioni di marzo ed aprile 2023.
Environment and health
The European Environment Agency (EEA) has recently developed the European Environment and Health Atlas: an online platform [1] to reveal
the air quality where we live, noise levels, green areas, and the quality of bathing sites. It is one of the tools set up by EEA to monitor the quality of
the environment in Europe as part of policies to achieve zero pollution. It will be updated regularly and is open to user feedback. It is possible to
obtain information on the air quality in our environment by clicking on a map or entering our address, thus obtaining indications of annual averages for PM2.5, NO2 and Ozone and displaying the concentration of the pollutants as well as the number of people exposed to them, the number of
preventable premature deaths and the number of life years lost. There is also the measure of noise monitoring level (not available for Italian locations), bathing water quality and the green area closest to your residence. In this issue of Environment and Health news there are various articles of
the effects of air pollution on the vulnerable population (pregnant women and children), so the atlas is an excellent way to learn about the quality
of the air we breathe every day in the places where we live and work. In this journal we continue to summarize the main articles published in the
monitored journals, all articles and editorials deemed worthy of attention are listed divided by topic, with a brief commentary. This issue is based
on the systematic monitoring of publications in March and April 2023.
[1] https://discomap.eea.europa.eu/atlas/?page=Home
" Firenze, Italia - Foto di Ilnur Kalimullin su Unsplash "
AMBIENTE E SALUTE NEWS
Pagine elettroniche di Quaderni acp
n.20 marzo-aprile 2023
Ambiente e Salute
Ambiente e Salute News
Indice
:: Inquinamento atmosferico
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Effetti acuti dell'inquinamento atmosferico sull'asma. Un'analisi degli accessi ai PS americani
Esposizione prenatale agli inquinanti atmosferici e sviluppo del disturbo
da deficit di attenzione e iperattività nei bambini: una revisione sistematica
Esposizione all'ozono atmosferico a breve termine e sindrome metabolica
in una coorte di adolescenti obesi messicani
Esposizione prenatale e nei primi anni di vita all'inquinamento atmosferico
e funzione polmonare: finestre di esposizione che influiscono sullo sviluppo polmonare
Esposizione prenatale all’inquinamento atmosferico e cambiamenti strutturali nel cervello del neonato
Disuguaglianze sociali nell’ esposizione all’inquinamento atmosferico e
acustico da traffico veicolare nelle scuole pubbliche texane
Esposizione al PM e pressione arteriosa in bambini ed adolescenti. Una revisione sistematica e meta-analisi
4.
▶ Possiamo fare di più che "riprenderci"? Transilienza di fronte ai rischi del
cambiamento climatico (vedi approfondimento)
:: Approfondimenti
•
•
•
•
Benzofenone 3: revisione completa delle evidenze tossicologiche con meta-analisi degli studi di biomonitoraggio
PFAS nel latte materno e nel latte artificiale: è tempo di iniziare a monitorare
Conoscere la situazione dell’ ambiente non necessariamente si traduce
nell’agire a favore dell’ambiente nei giovani
Possiamo fare di più che "riprenderci"? Transilienza di fronte ai rischi del
cambiamento climatico
▶ Articoli in evidenza
:: Inquinamento da sostanze chimiche non atmosferiche
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
▶ Benzofenone 3: revisione completa delle evidenze tossicologiche con meta-analisi degli studi di biomonitoraggio (vedi approfondimento)
Rilascio di microplastiche dai sacchetti per la conservazione del latte materno e valutazione dell’assunzione da parte dei neonati: uno studio preliminare
Microplastiche nel latte in polvere per neonati
L’esposizione al piombo peggiora lo sviluppo del bambino nella prima infanzia e può essere aggravata dal ritardo di crescita
▶ Effetti neurologici dell’inalazione di manganese in adulti e bambini: una
revisione della letteratura
Esposizione al Fluoro e sviluppo cognitivo. Una revisione sistematica e meta-analisi
Metilazione del DNA placentare e correlazione con le concentrazioni di
PCB sierici e neurosviluppo infantile
Esposizione al glifosato e al suo metabolita acido aminometilfosfonico
(AMPA), infiammazione del fegato e sindrome metabolica nella giovane
età adulta
Interferenti endocrini nel latte materno: associazione con le abitudini alimentari e la durata dell’allattamento
Esposizione infantile a interferenti endocrini e profili multi-omici
Esposizione prenatale alle sostanze perfluoroalchiliche e quoziente intellettivo nell’infanzia: uno studio di coorte
PFAS, sostanze persistenti, bioaccumulabili e mobili. Revisione delle conoscenze e della necessità della loro eliminazione e bonifica dei siti contaminati
Esposizione a PFAS e peso alla nascita. Una revisione sistematica e meta-analisi
PFAS nei neonati cinesi allattati al seno: clearance renale, carico corporeo
e implicazioni
PFAS nel latte materno e nel latte artificiale: tempo di iniziare a monitorare
(vedi approfondimento)
:: Ambienti naturali
1.
2.
3.
▶ Effetto della “Prescrizione di Natura” sulla salute cardiometabolica e
mentale e sull’attività fisica: una revisione sistematica
Gli spazi verdi aumentano l’efficacia dei programmi di potenziamento della
lettura
Esposizione a spazi verdi e blu e funzionamento cognitivo infantile. Una
revisione sistematica
Riviste monitorate
.. American Journal of Public Health
.. American Journal of Respiratory and Critical Care medicine
.. American Journal of Epidemiology
.. Archives of Diseases in Childhood
.. Brain & Development
.. British Medical Journal
.. Child: Care, Health and Development
.. Environmental and Health
.. Environmental Health Perspectives
.. Environmental International
.. Environmental Pollution
.. Environmental Research
.. Environmental Sciences Europe
.. European Journal of Epidemiology
.. International Journal of Environmental Research and Public
Health
.. International Journal of Epidemiology
.. JAMA (Journal of American Medical Association)
.. JAMA Pediatrics
.. Journal of Environmental Psychology
.. Journal of Epidemiology and Community Health
.. Journal of Pediatrics
.. NeuroToxicology
.. Neurotoxicology and Teratology
.. New England Journal of Medicine
.. Pediatrics
.. The Lancet
Revisione delle riviste e testi a cura di:
Angela Biolchini, Vincenza Briscioli, Laura Brusadin, Sabrina Bulgarelli, Elena Caneva, Ilaria Mariotti, Federico Marolla, Aurelio Nova, Angela Pasinato,
Sabrina Persia, Giuseppe Primavera, Laura Reali, Maria Francesca Romano,
Pietro Rossi, Annamaria Sapuppo, Vittorio Scoppola, Laura Todesco, Mara
Tommasi, Giacomo Toffol, Elena Uga, Anna Valori, Luisella Zanino.
:: Psicologia ambientale
1.
2.
3.
▶ La conversazione può aumentare comportamenti di sostenibilità ambientale
Effetto della combinazione di messaggi incoraggianti e non sul promuovere
nuovi comportamenti pro-ambiente
Conoscere la situazione dell’ ambiente non necessariamente si traduce
nell’agire a favore dell’ambiente nei giovani (vedi approfondimento)
2023; 30(3):a&s.1 pag. 2 di 14
Pediatri per Un Mondo Possibile
Gruppo di studio sulle patologie correlate all’inquinamento ambientale
dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP)
mail: pump@acp.it
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Ambiente e Salute
Cosa aggiungono questi studi: indicazioni pratiche
• Segnaliamo ancora una volta il ruolo svolto dall'inquinamento atmosferico (particolato fine ed ultrafine) nelle donne in gravidanza
e nella prima infanzia sulla funzionalità polmonare, sullo sviluppo
del cervello, sull'apparato cardiocircolatorio e la necessita di ridurre
tale esposizione con misure pubbliche e con informazioni adeguate
sullo stato dell'aria nei luoghi di residenza. L'atlante di cui si fa cenno
nell'introduzione può essere utile per questo a livello individuale.
• Il piombo è ancora un inquinante ubiquitario e necessita di misure
pubbliche che garantiscano la tutela di tutta la popolazione, in particolare la popolazione più vulnerabile come l’infanzia con problemi
di malnutrizione.
• Facciamo attenzione all'azione del manganese inalato per la neurotossicità nella popolazione pediatrica.
• È necessaria la bonifica dei siti contaminati e l'eliminazione dei
PFAS al fine di ridurre l'esposizione umana e il loro impatto sull'ambiente. Sono necessari una regolamentazione delle sostanze chimiche contenenti PFAS ed un programma di monitoraggio sulla nutrizione infantile (latte materno compreso) stabilendo valori limite per
tutti i PFAS. Per prendere decisioni è necessario essere consapevoli
dei livelli di PFAS a cui i bambini possono essere esposti attraverso
l'allattamento al seno, l'acqua del rubinetto ed il latte artificiale.
• Prestiamo più attenzione alla conservazione del latte materno e del
latte in polvere per la presenza di microplastiche ormai ubiquitarie.
È importante notare che vi sono differenze nel rilascio di microplastiche nel latte in polvere (biberon>scatola >lattina).
• È necessario conoscere la quantità assunta di fluoro in base alla sua
presenza nell'acqua potabile e all'uso di integratori e dentifrici che lo
contengono, data l'azione che lo stesso sembra avere a dosaggi elevati
sulla funzione cognitiva.
• Suggeriamo un uso attento e corretto delle creme solari e dell'esposizione al sole.
• Prescriviamo NATURA: ne avrà beneficio il bambino ed il suo apprendimento oltre che la salute cardiometabolica e mentale a tutte
le età della vita; gli operatori sanitari dovrebbero costruire percorsi
virtuosi di prevenzione primaria con al centro l'ambiente naturale e
sensibilizzare i decisori politici a creare le condizioni affinché tutta la
popolazione possa usufruirne.
• Conversiamo, parliamo di ambiente e salute, stimolando così lo sviluppo di comportamenti sostenibili che determineranno benefici sia
personali che collettivi.
• Impegniamoci a sviluppare transilienza ovvero la capacità di percepirsi persistenti, di adattarsi in modo flessibile e di trasformarsi in
modo positivo di fronte ai rischi del cambiamento climatico
Inquinamento atmosferico
1.
Effetti acuti dell'inquinamento atmosferico sull'asma.
Un’analisi degli accessi ai PS americani
Questo studio ha analizzato gli effetti acuti del particolato fine e
grossolano (PM), dei principali componenti del PM e dei principali inquinanti gassosi sull’asma analizzando gli accessi al pronto
soccorso per questa patologia nel periodo 2005-2014 in 10 stati
negli Stati Uniti per diverse fasce di età (1-4, 5-17, 18-49, 50-64
e 65 e più anni). Sono state incluse complessivamente più di 3
milioni di visite, di cui il 38% a pazienti di età inferiore o uguale
a 17 anni. È stata analizzata l’associazione tra accessi e concentrazioni degli inquinanti atmosferici tra 0 e 7 giorni prima. Sono
Pagine elettroniche di Quaderni acp
state evidenziate associazioni positive tra gli aumenti dell'esposizione a breve termine a più inquinanti dell'aria ambiente, tra cui
particolato PM10 e PM2.5 e inquinanti gassosi (ozono, ossidi di
azoto NOx e diossido di azotoNO2, diossido di zolfo SO2 e CO),
e aumento dei tassi di visite per l'asma, in particolare nelle classi
di età tra 0 e 17 anni. Per il PM2.5 ad esempio il RR di accesso al
Pronto Soccorso nella settimana successiva ad un incremento interquartile di 6.3 microgrammi per m3 era di 1.022 (1.007, 1.037)
tra 0 e 4 anni e di 1.023 (1.012, 1.034) tra 5 e 17 anni. Si tratta di
uno studio che conferma una correlazione già nota, ma che riteniamo di segnalare per le grandi dimensioni del campione, per la
differenziazione delle analisi nelle varie fasce d’età e per l’analisi
effettuata a diversi giorni di distanza dai picchi di inquinanti.
° BI, Jianzhao, et al. Acute Effects of Ambient Air Pollution on Asthma
Emergency Department Visits in Ten US States. Environmental Health
Perspectives, 2023, 131.4: 047003
2. Esposizione prenatale agli inquinanti atmosferici e sviluppo del disturbo da deficit di attenzione e iperattività nei bambini: una revisione sistematica
L'obiettivo di questa revisione sistematica è stato quello di analizzare gli studi pubblicati dal 2012 al 2022 che hanno indagato
l'associazione tra l'esposizione prenatale agli inquinanti atmosferici (PM, NO2, SO2, O3, CO e IPA) e lo sviluppo di ADHD nei
bambini. Degli 890 studi identificati in quattro diversi database
(PubMed, Google Scholar, Scopus e Web of Science), 15 studi di
coorte hanno soddisfatto i criteri di inclusione. Sono state utilizzate le linee guida NOS (scala Newcastle-Ottawa) e quelle OMS,
rispettivamente, per la valutazione della qualità dello studio e del
rischio di bias. Tutti gli studi selezionati per la revisione sono
risultati essere di buona qualità. Il campione cumulativo era di
589.400 bambini di età compresa tra 3 e 15 anni provenienti da
12 paesi diversi (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Francia, Stati Uniti, Taiwan, Cina, Messico e Giappone). La maggior parte degli studi ha riportato un'associazione
tra i sintomi dell'ADHD e l'esposizione prenatale a IPA e PM.
Dati disponibili su NO2 e SO2 sono risultati incoerenti, mentre
l'effetto di CO e O3 è stato poco indagato. Gli autori hanno segnalato una grande eterogeneità nelle metodologie di studio (negli inquinanti, nei metodi di misurazione, nei criteri diagnostici
dell'ADHD e nelle dimensioni dei campioni). Anche se è stata
trovata un'associazione tra alcuni inquinanti atmosferici prenatali e lo sviluppo di ADHD, i risultati devono essere interpretati
con cautela a causa del rischio di distorsioni e dell'eterogeneità
metodologica riscontrata.
° Prenatal Exposure to Air Pollutants and Attentional Deficit Hyperactivity Disorder Development in Children: A Systematic Review Kaur S et
al: Int. J. Environ. Res. Public Health 2023, 20, 5443
3. Esposizione all'ozono atmosferico a breve termine e sindrome metabolica in una coorte di adolescenti obesi messicani
Lo scopo di questo studio di coorte longitudinale è stato quello
di studiare gli effetti metabolici dell'esposizione a breve termine
all'ozono atmosferico in una coorte di 372 adolescenti (età 9-19
anni) residenti nell'area metropolitana di Città del Messico e seguiti presso l'Ospedale pediatrico Federico Gómez (da Gennaio
2006 a Agosto 2013) per sovrappeso/obesità e/o sindrome me2023; 30(3):a&s.1 pag. 3 di 14ß
Ambiente e Salute
tabolica (SM). Sono stati utilizzati modelli longitudinali a effetti
misti per valutare separatamente l'associazione tra esposizione
all'ozono e le alterazioni dei parametri metabolici. Gli autori
hanno trovato associazioni statisticamente significative tra l'esposizione all'ozono e i parametri associati alla SM, in particolare per i trigliceridi (20.20 mg/dl, IC95%: 9.5-30.9), il colesterolo
HDL (-2.56 mg/dl, IC95%: -5.06-0.05) e la pressione arteriosa
sistolica (1.10 mmHg, IC95%: 0.08-2.2). Questo studio supporta
l'ipotesi che l'esposizione a breve termine all'ozono dell'aria ambiente possa aumentare il rischio di alcuni componenti della SM
come trigliceridi, colesterolo e pressione sanguigna nella popolazione adolescente obesa.
° JO Acosta Montes et al: Short-Term Ambient Air Ozone Exposure and
Components of Metabolic Syndrome in a Cohort of Mexican Obese
Adolescents. Int J Environ Res Public Health 2023, 20, 4495. 10.3390/
ijerph20054495ß
4. Esposizione prenatale e nei primi anni di vita all'inquinamento atmosferico e funzione polmonare: finestre di esposizione che influiscono sullo sviluppo polmonare
In questo studio sono state valutate le esposizioni all'inquinamento atmosferico durante il periodo prenatale e nella prima
infanzia in associazione con la funzione polmonare all'età di 6-9
anni, nel tentativo di identificare finestre di esposizione potenzialmente influenti per lo sviluppo polmonare. La popolazione
di studio era composta da 222 bambini di età compresa tra 6 e
9 anni dell'area metropolitana di Fresno-Clovis in California. È
stata analizzata l’esposizione a PM2.5 e ozono nel periodo prenatale e nei primi 3 anni di vita e messa in rapporto con valori spirometrici raccolti tra maggio 2015 e maggio 2017: capacità vitale
forzata (FVC) e volume espiratorio forzato nel primo secondo
(FEV1), aggiustati per le covariate. L'esposizione a PM2.5 durante
il periodo prenatale e i primi 3 anni di vita è stata associata a FVC
e FEV1 inferiori valutati all'età di 6-9 anni. Nello specifico, un
aumento da 7.55 μg/m3 (5° percentile di esposizione media mensile) a 12.69 μg/m3 (esposizione mediana mensile) per la durata
della finestra di esposizione è stato associato a una FVC inferiore
di 0.42 L (IC 95%: −0.82, −0.03) e FEV1 inferiore di 0.38 L (95%
CI: −0.75, −0.02). La seconda metà della gravidanza può essere
una finestra di esposizione particolarmente influente. Le associazioni con l'ozono non erano invece così rilevanti. Gli autori
concludono che le esposizioni prenatali e nella prima infanzia al
PM2.5 sono associate a una ridotta funzionalità polmonare durante l'infanzia. Le esposizioni durante gli ultimi mesi di gravidanza possono essere particolarmente influenti.
° Andreas M. Neophytou et al: Associations between prenatal and
early-life air pollution exposure and lung function in young children:
Exploring influential windows of exposure on lung development,Environmental Research. Volume 222,2023,115415,ISSN 0013-9351
5. Esposizione prenatale all’inquinamento atmosferico e cambiamenti strutturali nel cervello del neonato
L'esposizione all' inquinamento atmosferico in epoca prenatale
sembra essere associata ad alterato sviluppo cerebrale, anche se
le specifiche correlazioni non sono ancora state chiarite. In questo studio sono stati inclusi 469 neonati sani con età gestazionale
alla nascita ≥36 settimane. Sono stati analizzati con Risonanza
2023; 30(3):a&s.1 pag. 4 di 14
encefalica eseguita a 41 settimane di età post-mestruale gli effetti sullo sviluppo cerebrale a seguito dell'esposizione materna ad
ossido nitrico (NO2) e particolato fine (PM2.5 e PM10) tra la data
di concepimento e quella di nascita. I risultati hanno mostrato
che una maggiore esposizione a PM10 ed una più bassa a NO2
sono fortemente correlati ad un più ampio volume ventricolare
relativo, e moderatamente associati ad un maggiore volume cerebellare.
Un'associazione modesta è stata evidenziata tra una maggiore
esposizione a PM10 e ridotta esposizione a NO2 ed una relativa
riduzione del volume della sostanza grigia corticale, di amigdala
ed ippocampo, con maggiore volume relativo del liquor extracerebrale e del tronco encefalico. Pertanto, la morfometria neonatale risentirebbe dell'inquinamento atmosferico; di conseguenza,
la riduzione dell'esposizione durante la gravidanza costituisce sicuramente un problema di salute pubblica, anche se ulteriori studi sono necessari per chiarire meglio le associazioni evidenziate.
° Brendan Bos et al.: Prenatal exposure to air pollution is associated with
structural changes in the neonatal brain, Environment International,
Volume 174, 2023, 107921,ISSN 0160-4120
6. Disuguaglianze sociali nell’esposizione all’inquinamento
atmosferico e acustico da traffico veicolare nelle scuole pubbliche texane
Questo documento presenta la prima analisi quantitativa dell'esposizione all'inquinamento atmosferico e acustico legato al
traffico nelle scuole pubbliche del Texas, uno degli stati USA più
inquinati dal punto di vista ambientale. L'esposizione è stata misurata utilizzando le concentrazioni esterne di biossido di azoto
(NO2) e le stime del rumore stradale dal National Transportation
Noise Mapping Tool (Dipartimento dei trasporti USA). Queste
variabili sono state poi collegate ai dati sulle posizioni e le caratteristiche socio demografiche dei bambini iscritti alle scuole pubbliche del Texas. Lo studio ha evidenziato che bambini frequentanti le scuole con la più alta esposizione sia a NO2 che a rumore
da traffico veicolare avevano significativamente più probabilità
di essere neri, ispanici e appartenenti a popolazioni socialmente
deprivate. Le scuole con maggiore esposizione a NO2 erano quelle con una maggiore percentuale di studenti provenienti da minoranze etniche più giovani, mentre le scuole con una maggiore
esposizione al rumore stradale avevano significativamente più
probabilità di avere studenti socio economicamente svantaggiati
e più grandi. Queste disuguaglianze etniche e socioeconomiche
associate all'inquinamento atmosferico e acustico legato al traffico hanno importanti implicazioni politiche, perché l'esposizione
dei bambini a entrambi questi rischi è stata associata a esiti negativi per la salute che causano assenze scolastiche, prestazioni accademiche peggiori, precarietà della salute e perpetuazione della
privazione dei diritti intergenerazionali e della povertà. Questi
risultati sottolineano l'urgente necessità di sviluppare e attuare
strategie di mitigazione appropriate, che si concentrino sulla riduzione dell'esposizione scolastica all'inquinamento atmosferico
veicolare e all'inquinamento acustico, ponendo particolare attenzione alle scuole frequentate da una popolazione infantile già
socialmente svantaggiata e che spesso è ulteriormente gravata da
altre sfide come risorse finanziarie limitate, budget annuali più
piccoli e carenza di insegnanti.
Pagine elettroniche di Quaderni acp
Ambiente e Salute
° Chakraborty J et al: Social Inequities Exposure to Traffic-Related Air
and Noise Pollution at Public Schools in Texas. International Journal of
Environmental Research and Public Health.2023; 20(7):5308
7. Esposizione al PM e pressione arteriosa in bambini ed adolescenti. Una revisione sistematica e meta-analisi
L’ipertensione arteriosa è un noto fattore di rischio per le patologie cardiovascolari e la sua incidenza è in aumento nel corso
degli anni. È noto che lo sviluppo dell’ipertensione pone le sue
radici nell’epoca prenatale e nei primi anni di vita. Gli autori
hanno condotto una revisione sistematica e meta-analisi della letteratura sull’ effetto dell’ esposizione al particolato (PM1,
PM2.5, PM10) sulla pressione arteriosa nella popolazione di età
0-18 anni. La meta-analisi ha evidenziato come l’esposizione già
nell’ epoca prenatale ad alti valori di particolato, specialmente
PM2.5, correli con un aumento dei valori di pressione arteriosa in
età pediatrica e in adolescenza. Anche in epoca postnatale l’esposizione al particolato, correla con aumento dei valori pressori in
età pediatrica e adolescenza, e questo vale sia per l’esposizione a
breve termine (<7 giorni) sia per l’esposizione a lungo termine.
° Zhang Z et al: Exposure to ambient particulate matter air pollution,
blood pressure and hypertension in children and adolescents: A national cross-sectional study in China. Environ Int. 2019 Jul;128:103-108.
doi: 10.1016/j.envint.2019.04.036
Inquinamento da sostanze chimiche non atmosferiche
1. ▶ Benzofenone 3: revisione completa delle evidenze tossicologiche con meta-analisi degli studi di biomonitoraggio
(vedi approfondimento)
Il benzofenone-3 (BP-3) e il suo principale metabolita benzofenone-1 (BP-1) sono ampiamente utilizzati come filtri UV nelle
creme solari e nei cosmetici per prevenire scottature e danni alla
pelle, o come stabilizzanti per prevenire la fotodegradazione in
molti prodotti commerciali. La loro presenza è diffusa nell'ambiente, nella fauna selvatica e nell’uomo. Date le preoccupazioni
relative alla azione di interferenza endocrina, le agenzie internazionali stanno effettuando una valutazione più approfondita dei rischi. Il presente articolo riesamina in modo completo
le evidenze disponibili relative a questi filtri UV in MEDLINE/
PubMed al fine di creare una banca dati strutturata di studi, nonché di condurre un'analisi integrativa come parte dell'iniziativa
Human Biomonitoring for Europe (HBM4EU).
° Vicente Mustieles et al: Benzophenone-3: Comprehensive review of
the toxicological and human evidence with meta-analysis of human
biomonitoring studies, Environment International, Volume 173, 2023,
107739, ISSN 0160-4120
2. Rilascio di microplastiche dai sacchetti per la conservazione del latte materno e valutazione dell’assunzione da parte dei
neonati: uno studio preliminare
In questo studio è stato analizzato il rilascio di microplastiche
dai sacchetti presenti in commercio per la conservazione del latte
Pagine elettroniche di Quaderni acp
materno. Sono stati analizzati 6 tipi di sacchetti molto venduti
online. L’ analisi è stata effettuata dopo aver riempito d’ acqua i
sacchetti lasciandoli a temperatura ambiente per alcune ore. Lo
studio ha evidenziato il rilascio di abbondanti particelle, flocculi
(< 300 μm) e frammenti (1-50 μm) di dimensioni micro e submicroniche. La maggior parte delle particelle plastiche rilasciate sono risultate essere polietilene (PE), polietilene tereftalato
(PET) e nylon-6. Il peso delle particelle rilasciate da tre sacchetti
selezionati a caso dello stesso tipo di prodotto era compreso tra
0.22 e 0.47 mg. Erano presenti particelle di dimensioni inferiori
al micron (< 0.8 μm) con forme sferiche o ovali irregolari. Le
microplastiche e altre particelle ingerite dai neonati con l’uso
dei sacchetti per la conservazione del latte materno sono state
stimate in 0.61-0.89 mg/giorno. Questo studio fornisce nuove
informazioni sull'esposizione a microplastiche e altri detriti particellari nei prodotti per l'infanzia di uso comune.
° Liping Liu et al: Release of microplastics from breastmilk storage bags
and assessment of intake by infants: A preliminary study, Environmental Pollution, Volume 323, 2023, 121197,ISSN 0269-7491
3. Microplastiche nel latte in polvere per neonati
Le microplastiche sono ubiquitarie e i loro potenziali rischi possono essere maggiori per i neonati. In questo studio è stato analizzato l'inquinamento da microplastica nel latte in polvere per
neonati e calcolata l'esposizione alla microplastica attraverso il
latte in polvere, i biberon e la preparazione del latte. Sono stati
studiati 13 diversi tipi di latte in polvere con diversi imballaggi, sistemi di lavorazione e fonti di latte. La provenienza era da
vari paesi europei e dalla Cina. È stata analizzata la presenza di
microplastiche nel latte in polvere, la presenza di microplastiche
rilasciate da 3 tipi di biberon e anche la quantità di microplastiche rilasciate durante la preparazione del latte. Il latte in polvere
in scatola era più inquinato da microplastiche (7 ± 3 pezzi/100
g) rispetto al latte in polvere in lattina (4 ± 3 pezzi/100 g). L'imballaggio interno del latte in polvere in scatola era costituito da
plastica e alluminio, emetteva da 8 ± 2 a 17 ± 1 pezzi/100 g di
microplastica e potrebbe essere una delle principali fonti di microplastica nel latte in polvere in scatola. In realtà l'esposizione
alla microplastica dal latte in polvere stesso è minima, mentre
l'esposizione dai biberon è 6.8 volte superiore a quella del solo
latte e con la preparazione l’esposizione è 1.7 volte superiore.
° Qiji Zhang et al: Microplastics in infant milk powder,Environmental
Pollution,Volume 323,2023,121225,ISSN 0269-7491
4. L’esposizione al piombo peggiora lo sviluppo del bambino nella prima infanzia e può essere aggravata dal ritardo di
crescita
In questo studio gli autori hanno voluto analizzare la correlazione tra influenza negativa della piombemia sullo sviluppo dei
bambini e il ritardo di crescita utilizzando i dati dallo studio National Health and Nutrition Survey condotto in Messico. È stato
misurato il livello di piombo capillare (definito presente se ≥ 3.3
ug/dL, oppure assente). Lo sviluppo dei bambini è stato valutato con analisi delle competenze linguistiche effettuata su 1.394
bambini tra i 12 e 59 mesi. Lo stato di nutrizione e crescita è stato
considerato ‘ritardo di crescita’ quando l’altezza era inferiore alle
2 deviazioni standard dalla media per età. È stata effettuata poi
2023; 30(3):a&s.1 pag. 5 di 14
Ambiente e Salute
una analisi dei dati, aggiustati per età, sesso, educazione materna,
stato socioeconomico e familiare. I dati confermano una associazione tra piombo ematico e ritardo di sviluppo. Tra i bambini
analizzati, quelli che soffrivano anche di ritardo di crescita avevano indici di sviluppo linguistico peggiori rispetto agli altri. Ciò
dimostra che l’inquinamento ambientale da piombo è maggiormente nocivo nelle popolazioni fragili in cui spesso sono presenti malnutrizione e ritardo di crescita nei bambini.
° Córdoba-Gamboa L et al: Lead Exposure Can Affect Early Childhood
Development and Could Be Aggravated by Stunted Growth: Perspectives from Mexico. International Journal of Environmental Research and
Public Health. 2023; 20(6):5174
5. ▶ Effetti neurologici dell’inalazione di manganese in adulti
e bambini: una revisione della letteratura
È nota la neurotossicità del manganese (Mn) sia negli adulti che
nei bambini, ma le valutazioni attuali si basano per lo più su ampi
dati epidemiologici sugli adulti, nonostante preoccupi la potenziale maggiore suscettibilità infantile. Per comprendere meglio le
potenziali variazioni della neurotossicità da manganese in base
alle fasi della vita, gli autori hanno confrontato la suscettibilità
alla neurotossicità in bambini e adulti utilizzando studi che hanno valutato i dati sui biomarcatori di Mn. È stata effettuata una
revisione della letteratura sulle esposizioni per inalazione e sugli esiti neurologici negli esseri umani. Non essendo disponibili
valutazioni adeguate dell’inalazione sui bambini in questa fascia
di età sono stati utilizzati gli studi sui biomarcatori dei capelli.
Gli autori hanno individuato cinque studi che valutano il Mn nei
capelli e gli esiti neurologici in bambini e adulti abbinandoli alle
fonti di esposizione ambientale per inalazione di Mn. Due studi
su bambini e uno su adulti hanno riportato effetti negativi sul
quoziente intellettivo (QI) legati all’esposizione a Mn, in entrambi i casi più significativi nei bambini. Gli autori quindi concludono come esistano ad oggi informazioni limitate sulla neurotossicità per bambini e adulti del Mn inalato, seppur sembri che
i bambini possano essere più suscettibili degli adulti agli effetti
neurotossici di Mn, ma questa stima quantitativa deve essere interpretata con cautela. Sono quindi necessari ulteriori studi su
bambini esposti a Mn che considerino anche in età pediatrica
una misurazione diretta della concentrazione di Mn nell'aria e la
sua inalazione.
° Shaffer RM et al: Comparative susceptibility of children and adults to
neurological effects of inhaled manganese: A review of the published
literature. Environ Res. 2023 Mar 15;221:115319
6. Esposizione al Fluoro e sviluppo cognitivo. Una revisione
sistematica e meta-analisi
La fluorazione dell’acqua, l’uso delle paste dentifrice al fluoro e
l’uso del fluoro in ambito odontoiatrico sono pratiche consolidate per contrastare l’insorgenza della carie dei bambini. Il fluoro
è anche utilizzato in campo industriale (industria chimica, del
petrolio, della plastica, dell’alluminio). La preoccupazione è la
concentrazione nella catena alimentare, il possibile accumulo del
fluoro nelle aree cerebrali della memoria e dell’apprendimento
(con stress ossidativo) e la scarsa efficienza della barriera emato-encefalica del feto, dei neonati e dei bambini. Per dare riposta
a questa preoccupazione alcuni ricercatori italiani hanno effet-
2023; 30(3):a&s.1 pag. 6 di 14
tuato questa revisione sistematica della letteratura e uno studio
di metanalisi per poter stimare un gradiente dose-risposta. Sono
stati selezionati 30 studi. L’esposizione ad alte concentrazioni di
fluoruro era associata a un QI più basso (-4.68; IC 95% -6.45;
-2.92), con un valore di -5.60 (IC al 95% -7.76; -3.44) per il
fluoruro dell'acqua potabile e -3.84 (95% CI -7.93; 0.24) per il
fluoruro urinario. È stato possibile stabilire un gradiente dose-risposta (a concentrazioni di oltre 1mg/l del fluoruro nell’acqua
corrisponde un QI più basso, che peggiora nettamente a concentrazioni oltre 2 mg/l). La modalità di analisi dei dati ha permesso
di quantificare il peso degli studi in base al rischio di bias presenti nei singoli studi. Gli autori concludono che i dati disponibili, seppur ancora non pienamente soddisfacenti sotto il profilo
della correttezza metodologica, mostrano una concordanza dei
vari studi nell’indicare ripercussioni sullo sviluppo cognitivo dei
bambini anche per dosi piuttosto basse.
° Veneri F et al: Fluoride exposure and cognitive neurodevelopment:
Systematic review and dose-response meta-analysis. Environ Res. 2023
Mar 15;221:115239. doi:10.1016/j.envres.2023.115239
7. Metilazione del DNA placentare e correlazione con le concentrazioni di PCB sierici e neurosviluppo infantile
I bifenili policlorinati (PCBs) sono composti sintetici dannosi
per l’uomo vietati dal 2001; fino ad allora sono stati largamente
impiegati nella produzione industriale di diversi materiali (tra
cui plastiche, pitture, pesticidi) e tuttora sono presenti nell’ambiente (acqua, suolo, aria, alimenti). I PCB sono stati correlati
ad aumentato rischio di patologia oncologica, cardiovascolare e
riproduttiva e l’esposizione nella vita fetale è stata correlata a patologie del neurosviluppo, in particolare a disturbi dello spettro
autistico. I PCB passano infatti dalla madre al feto attraverso la
placenta e possono alternare i pattern di metilazione del DNA
placentare, che alterano a loro volta l’ espressione genetica per
tutta la vita del soggetto. L’articolo riporta i risultati di uno studio
di associazione tra pattern di metilazione del DNA placentare e
livelli materni di PCB con esiti su neurosviluppo del bambino e
altri fattori. Sono state studiate 95 combinazioni di sangue materno al parto e DNA placentare di madri con un precedente figlio
con diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Lo studio non
ha evidenziato correlazione significativa diretta tra i livelli sierici
materni di PCB e la diagnosi di disturbi dello spettro autistico
del bambino, ma è stata evidenziata associazione significativa tra
pattern di alterata metilazione del DNA (specialmente nella regione dei due geni CSMD1 e AUTS2 coinvolti nella genesi dei
disturbi dello spettro autistico) e diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Questi pattern sono stati correlati a livelli elevati di
alcuni PCB. L’assunzione di vitamine durante la gravidanza e il
livello alto di educazione della madre sono risultati significativamente correlati a minor rischio di disturbo dello spettro autistico. In conclusione, si dimostra l’utilità di approfondire lo studio
dei pattern di metilazione del DNA per poter in futuro meglio
comprendere l’interazione tra fattori ambientali e genetici nella
genesi di disordini del neurosviluppo.
° Mouat JS et al: Networks of placental DNA methylation correlate with
maternal serum PCB concentrations and child neurodevelopment. Environ Res. 2023 Mar 1;220:115227. doi:10.1016/j.envres.2023.115227
Pagine elettroniche di Quaderni acp
Ambiente e Salute
8. Esposizione al glifosato e al suo metabolita acido aminometilfosfonico (AMPA), infiammazione del fegato e sindrome
metabolica nella giovane età adulta
Negli ultimi due decenni negli Stati Uniti l'utilizzo del glifosato
è notevolmente aumentato, ma il potenziale impatto sulla salute
umana è ampiamente dibattuto. Lo scopo di questo studio è stato
quello di approfondire l' associazione tra esposizione prenatale
e infantile al glifosato e all'AMPA (acido aminometilfosfonico,
principale prodotto di degradazione) e i marcatori di infiammazione epatica e sindrome metabolica in giovani adulti. È uno
studio prospettico di coorte (480 diadi madre-figlio) con al suo
interno uno studio caso-controllo (60 casi con aumento delle
transaminasi e 91 controlli), i cui dati derivano da una coorte
longitudinale di madri e bambini (anno di nascita 2000-2002) residenti in Salinas Valley in California (CHAMACOS). Sono state
misurate le concentrazioni di glifosato e AMPA in campioni di
urina raccolti durante la gravidanza e nei bambini all'età di 5, 14
e 18 anni; sono state calcolate le concentrazioni di residui di glifosato e sono state stimate le quantità di glifosato per uso agricolo utilizzato all'interno di un km di raggio di ogni residenza dalla
gravidanza all'età di 5 anni. Sono stati valutati i dati metabolici a
5, 14 e 18 anni. L’aumento di 2 volte delle concentrazioni urinarie
infantili di AMPA è stato associato a un aumento del 14% del
rischio di transaminasi epatiche elevate (IC95%: 1.05-1.23) e a
un aumento del rischio del 55% di sindrome metabolica (IC95%:
1.19-2.02) all'età di 18 anni. Concentrazioni urinarie più elevate
durante l'infanzia di AMPA sono state associate a pressione sanguigna, glucosio e trigliceridi elevati e a maggiore circonferenza della vita. Inoltre un aumento di 2 volte nell'uso di glifosato
nelle vicinanze durante la prima infanzia è stato associato ad un
aumentato rischio di sindrome metabolica nel gruppo caso-controllo (RR=1.53; IC95%: 1.16-2.02).
° ESKENAZI, Brenda, et al. Association of lifetime exposure to glyphosate and aminomethylphosphonic acid (AMPA) with liver inflammation and metabolic syndrome at young adulthood: findings from the
CHAMACOS study. Environmental Health Perspectives, 2023, 131.3:
037001
9. Interferenti endocrini nel latte materno: associazione con
le abitudini alimentari e la durata dell’allattamento
Il presente studio aveva lo scopo di valutare la sicurezza infantile associata alla presenza di pesticidi organoclorurati persistenti
(OCP) nel latte materno, una possibile via di trasferimento di
sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino ai neonati
nel nord dell'India. L’analisi dei pesticidi in campioni di colostro
e latte materno (n = 130) in diverse fasi di allattamento è stata
eseguita utilizzando la spettrometria di massa gascromatografica
(GC-MS). La concentrazione di OCP era più alta nel latte materno che nel colostro, suggerendo un aumento della contaminazione da pesticidi durante il periodo di allattamento. Dieldrin e
β-HCH, erano gli OCP predominanti, seguiti da aldrin, α-HCH
e 1.1'-(2.2-dicloroetene-1.1-diil) bis(4-clorobenzene) (p,p'DDE)
È stata anche analizzata l'associazione tra i livelli di OCP e le abitudini alimentari delle donne in base al livello di consumo di pesce, carne, frutti di mare, uova e latticini. Le donne che consumavano cibo non vegetariano, come pesce e carne, erano esposte 3.5
volte di più agli OCP rispetto alle donne che consumavano cibo
vegetariano. Inoltre l'età della madre era correlata positivamente,
mentre l'età gestazionale e il peso alla nascita del bambino erano
Pagine elettroniche di Quaderni acp
associati negativamente con i livelli di OCP nel colostro e nel
latte materno, rispettivamente. Gli autori suggeriscono di controllare l'uso inadeguato degli OCP e di adottare adeguate misure
correttive per ridurre la contaminazione umana.
° Dwivedi N et al: Assessment of endocrine disrupting chemicals in breast milk: Association with dietary habits and duration of lactation. Environ Res. 2023 Mar 15;221:115216. doi: 10.1016/j.envres.2023.115216.
Epub 2023 Jan 3. PMID: 36608766
10.
Esposizione infantile a interferenti endocrini e profili
multi-omici
Gli autori partono dal presupposto che tutti gli individui sono
esposti a inquinanti ambientali con attività di interferenza endocrina (EDC) e che le prime fasi della vita sono particolarmente suscettibili a queste esposizioni. Gli studi presenti ad oggi
in letteratura si sono focalizzati sull'identificazione delle forme
molecolari associate agli EDC, ma nessuno ha utilizzato il campionamento ripetuto e strategie “omiche” multiple integrate*. In
questo lavoro gli autori mirano a identificare le alterazioni multi-omiche associate all'esposizione a EDC non persistenti nell’infanzia. Sono stati utiizzati i dati dello studio HELIX Child Panel,
che comprendeva 156 bambini di età compresa tra 6 e 11 anni
che sono stati seguiti per una settimana, in due diversi periodi di
tempo. 22 EDC non persistenti (10 ftalati, 7 fenoli e 5 metaboliti
di pesticidi organofosfati) sono stati misurati in due pool settimanali di 15 campioni di urina ciascuno. I profili multi-omici
(metiloma, metaboloma sierico e urinario, proteoma) sono poi
stati misurati nel sangue e in un pool di campioni di urina. Sono
state trovate 950 associazioni riproducibili tra cui 23 sono risultate associazioni dirette tra EDC e profili multi-omici. Per 9 di
queste associazioni gli autori sono stati in grado di trovare prove corroboranti nella letteratura preesistente: DEP - serotonina,
OXBE - cg27466129, OXBE - dimetilammina, triclosan - leptina,
triclosan - serotonina, MBzP - Neu5AC, MEHP - cg20080548,
oh-MiNP - chinurenina, oxo-MiNP - 5-ossoprolina. Queste associazioni riscontrate sono state quindi utilizzate per esplorare
possibili correlazioni tra gli EDC e gli esiti sulla salute, dimostrati dai risultati in tre casi: la serotonina e chinurenina in relazione allo sviluppo neurocomportamentale, la leptina in relazione
all'obesità e all' insulina resistenza. Questo studio ha il valore
aggiunto di impiegare un metodo integrativo per indagare associazioni tra EDC e profili multi-omici in una coorte di bambini.
(*Per scienze “omiche” si definiscono quelle discipline che utilizzano tecnologie di analisi che consentono la produzione di informazioni (dati), in numero molto elevato e nello stesso intervallo
di tempo, utili per la descrizione e l'interpretazione del sistema
biologico studiato).
° Fabbri L et al: Childhood exposure to non-persistent endocrine disrupting chemicals and multi-omic profiles: A panel study. Environ Int.
2023 Mar;173:107856. doi: 10.1016/j.envint.2023.107856. Epub 2023
Feb 26. PMID: 36867994
11. Esposizione prenatale alle sostanze perfluoroalchiliche e
quoziente intellettivo nell’infanzia: uno studio di coorte
Le evidenze epidemiologiche sull'associazione tra l'esposizione
prenatale a sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) e lo sviluppo
cognitivo infantile rimangono poco chiare. Pertanto gli autori
2023; 30(3):a&s.1 pag. 7 di 14
Ambiente e Salute
si sono posti l'obiettivo di indagare se l'esposizione prenatale ai
PFAS sia associata al quoziente intellettivo (QI) nella prole. La
popolazione dello studio comprende 2031 coppie madre-bambino della Shanghai Birth Cohort (SBC), arruolate nel periodo
2013-2016. Sono stati misurati 10 tipi diversi di PFAS prevalentemente in spettrometria di massa. Non sono state riscontrate associazioni significative tra PFAS e il QI del bambino. Le associazioni osservate non sono state modificate dal sesso del bambino.
I PFAS categorizzati in terzili hanno mostrato lo stesso comportamento. La miscela di PFAS durante la prima gravidanza non è
stata associata al QI del bambino. Per alcuni singoli PFAS sono
state riscontrate associazioni inverse con le sottoscale del QI.
Considerando che le prove sono ancora incoerenti, sono necessarie ulteriori ricerche per confermare o confutare questi risultati
in altre popolazioni e per chiarire la potenziale neurotossicologia
dei PFAS.
° Hui Wang et al: Prenatal exposure to perfluoroalkyl substances and
child intelligence quotient: Evidence from the Shanghai birth cohort,
Environment International, Volume 174, 2023,107912,ISSN0160-4120
12. PFAS, sostanze persistenti, bioaccumulabili e mobili. Revisione delle conoscenze e della necessità della loro eliminazione e bonifica dei siti contaminati
In questa revisione sono state riassunte le conoscenze attuali sui
PFAS. I PFAS meglio studiati sono gli acidi carbossilico e solfonico con lunghezze di catena da C4 a C14, in particolare l'acido
perfluoroottanoico (PFOA) e l'acido perfluorottano solfonico
(PFOS). Gli esseri umani, come anello finale di numerose catene alimentari, sono soggetti all'assorbimento di PFAS principalmente attraverso il cibo e l'acqua potabile. L'Autorità europea per
la sicurezza alimentare (EFSA) nel 2020 ha stabilito che la dose
settimanale tollerabile per la somma dei quattro rappresentanti
PFOA, PFOS, acido perfluorononanoico (PFNA) e acido perfluoroesano solfonico (PFHxS) è di 4.4 ng/kg di peso corporeo.
Le stime dell'esposizione e il biomonitoraggio umano mostrano
che questo valore viene spesso raggiunto e in molti casi superato.
L'elevata mobilità degli acidi carbossilici e solfonici per e polifluorurati crea un problema per l'inquinamento del suolo e delle
acque sotterranee nei siti contaminati. I processi per la depurazione del suolo e delle acque sotterranee e il trattamento dell'acqua potabile sono spesso inefficaci e costosi. Il riciclaggio di prodotti contenenti PFAS come carta e imballaggi alimentari porta
al trascinamento dei contaminanti. L'incenerimento richiede
alte temperature per distruggere completamente i PFAS. Dopo
che PFOA, PFOS e pochi altri acidi carbossilici e solfonici perfluorurati sono stati regolamentati a livello internazionale, molti
produttori e utilizzatori sono passati ad altri PFAS quali a catena
corta, acidi ossicarbossilici per- e polifluorurati, alcoli telomerici e acidi. La sostituzione di singole PFAS riconosciute come
pericolose con altre PFAS potenzialmente altrettanto pericolose
con tossicità cronica praticamente sconosciuta non può però essere una soluzione. L'unica risposta è un passaggio ad alternative
prive di fluoro per tutte le applicazioni in cui i PFAS non sono
essenziali. Questo studio ha quindi sottolineato la necessità di
eliminare gradualmente l'uso dei PFAS e di bonificare i siti contaminati per ridurre l'esposizione umana e l'impatto ambientale.
Ciò può essere fatto attraverso la regolamentazione dei PFAS, la
riduzione dell'uso di prodotti contenenti PFAS e l'adozione di
pratiche di smaltimento sicuro dei rifiuti che li contengono.
2023; 30(3):a&s.1 pag. 8 di 14
° Brunn. H. et al. PFAS: forever chemicals-persistent, bioaccumulative
and mobile. Reviewing the status and the need for their phase out and
remediation of contaminated sites. Environ Sci Eur 35, 20 (2023)
13. Esposizione a PFAS e peso alla nascita. Una revisione sistematica e meta-analisi
Gli autori hanno effettuato una revisione sistematica, includendo
il rischio di bias e l'analisi della sensibilità dello studio e identificato 34 studi che hanno esaminato le variazioni del peso alla
nascita (BWT) in relazione alla misura del biomarcatore PFNA
(acido perfluorononanoico), parte della più ampia categoria dei
PFAS, nel siero/plasma materno o in campioni di cordone ombelicale. I risultati complessivi hanno rilevato un deficit di – 32.9
g di BWT medio (IC 95%: − 47.0, − 18.7) per ogni incremento in
mg/ml dello PFNA nei 27 studi inclusi. Nel complesso la revisione ha rilevato deficit medi di BWT per incremento di PFNA più
ampi e più coerenti tra gli studi rispetto alle precedenti meta-analisi sugli altri PFAS. Future meta-analisi dovrebbero esaminare
ulteriormente la problematica anche in considerazione del fatto
che questi risultati possono essere utili a sostenere un processo
decisionale e normativo che possa ridurre l’esposizione agli PFAS
in gravidanza.
° J.M. Wright et al: Systematic review and meta-analysis of birth weight and PFNA exposures, Environmental Research,Volume
222,2023,115357,ISSN 0013-9351
14. PFAS nei neonati cinesi allattati al seno: clearance renale,
carico corporeo e implicazioni (vedi approfondimento)
Il latte materno è una via primaria di esposizione alle sostanze
perfluoroalchiliche (PFAS) nei neonati. Per comprendere i rischi
associati, è necessario indagare la presenza dei PFAS nel latte
materno e la loro tossicocinetica. Gli autori hanno determinato
i livelli dei PFAS emergenti e autorizzati nei campioni di latte
umano e urina di neonati cinesi allattati al seno, stimato la clearance renale e predetto i livelli sierici di PFAS del lattante. Sono
stati raccolti 1.151 campioni di latte umano da madri che allattavano in 21 città della Cina. Per 80 dei 1.151 sono stati raccolti
anche campioni di sangue cordonale e di urina dei neonati in due
diverse città. 9 PFAS emergenti e 13 PFAS autorizzati sono stati analizzati nei campioni utilizzando la spettrometria di massa
tandem per cromatografia liquida. Sono stati stimati i valori della
clearance renale (CLrenales) dei PFAS nei campioni raccolti nelle 2 città. E sono state predette le concentrazioni sieriche di PFAS
nei neonati utilizzando un modello farmacocinetico. Gli autori
hanno dimostrato che tutti i PFAS emergenti sono presenti nel
latte materno. I valori stimati di dose giornaliera (EDI) di PFOA
e PFOS hanno superato la dose di riferimento (RfD) di 20ng/
kg BW al giorno raccomandata dall'Agenzia per la protezione
ambientale degli Stati Uniti rispettivamente per il 78% e per il
17% dei campioni. Inoltre alcuni PFAS hanno una emivita lunga.
Le CLrenales di PFOA, PFNA e PFDA erano più lente nei neonati rispetto agli adulti, il che indica che questi composti possono accumularsi nel corpo dei neonati. Gli autori hanno quindi
evidenziato la presenza diffusa di PFAS nel latte umano in Cina.
Gli EDI relativamente elevati e le emivite delle PFAS emergenti
suggeriscono potenziali rischi per la salute dall'esposizione postnatale nei neonati.
Pagine elettroniche di Quaderni acp
Ambiente e Salute
° Yao J et al: Emerging and Legacy Perfluoroalkyl Substances in Breastfed Chinese Infants: Renal Clearance, Body Burden, and Implications. Environ Health Perspect. 2023 Mar;131(3):37003. doi: 10.1289/
EHP11403. Epub 2023 Mar 2. PMID: 36862174; PMCID:PMC9980344
° Nguyen PY et al: Effect of nature prescriptions on cardiometabolic and
mental health, and physical activity: a systematic review. Lancet Planet
Health. 2023 Apr;7(4):e313-e328. doi: 10.1016/S2542-5196(23)00025-6.
PMID: 37019572
15. PFAS nel latte materno e nel latte artificiale: è tempo di 2. Gli spazi verdi aumentano l’efficacia dei programmi di poiniziare a monitorare (vedi approfondimento)
In questo editorale Judy S. sottolinea l'importanza di avviare un
serio programma di monitoraggio dei PFAS nel latte materno e
in quello di formula. Diversi paesi hanno sviluppato programmi
nazionali al fine di valutare le esposizioni umane alle sostanze
chimiche ambientali attraverso il dosaggio delle stesse su sangue
ed urina e tra questi si segnalano il National Health and Nutrition Examination Survey degli Stati Uniti, il Canadian Health
Measures Survey, l'European Human Biomonitoring Initiative, il
China National Human Biomonitoring Study e il Korean National Environmental Health Survey, ma mancano sforzi simili sul
latte materno.
° Judy S.LaKind Invited Perspective: PFAS in Breast Milk and Infant
Formula-It's Time to Start Monitoring. Environ Health Perspect. 2023
Mar;131(3):31301. doi: 10.1289/EHP12134. Epub 2023 Mar 2. PMID
Ambienti naturali
1. ▶ Effetto della “Prescrizione di Natura” sulla salute cardiometabolica e mentale e sull’attività fisica: una revisione sistematica
Con l’obiettivo di sintetizzare prove sull’efficacia delle prescrizioni di natura, nel luglio 2021 furono esaminati cinque database.
Furono inclusi studi controllati randomizzati e non randomizzati che presentavano una prescrizione da parte di un professionista sanitario o sociale per incoraggiare a trascorrere del tempo
nella natura. Furono identificati 92 studi, di cui 28 hanno fornito dati per meta-analisi. Rispetto alle condizioni di controllo,
i programmi di prescrizione di natura hanno determinato una
maggiore riduzione della pressione arteriosa sistolica (differenza
media –4.82 mm Hg [da –8.92 a –0.72]) e della pressione arteriosa diastolica (differenza media –3.82 mm Hg [da –6.47 a –1.16).
Hanno avuto anche un effetto da moderato a ampio su punteggi
di depressione (differenza media standardizzata post-intervento
–0.50 [–0.84 a –0.16]; variazione rispetto alla differenza media
standardizzata al basale –0.42 [–0.82 a –0.03]) e punteggi di ansia
(differenza media standardizzata post-intervento –0.57 [–1.12 a
–0.03]; variazione rispetto alla differenza media standardizzata
al basale –1.27 [–2.20 a – 0.33]). Le prescrizioni di natura hanno
determinato un aumento maggiore del numero di passi giornalieri rispetto alle condizioni di controllo (differenza media 900
passi [da 790 a 1.010]) ma non hanno migliorato il tempo settimanale di attività fisica moderata (differenza media 25.90 min
[da -10.26 a 62.06]).
I programmi di prescrizione di natura hanno mostrato prove di
benefici per la salute cardiometabolica e mentale e aumento della deambulazione. Efficaci programmi di prescrizione di natura
possono coinvolgere una serie di ambienti e attività naturali e
possono essere implementati tramite canali sociali e comunitari,
oltre che dagli operatori sanitari.
Pagine elettroniche di Quaderni acp
tenziamento della lettura
Precedenti studi hanno già analizzato la relazione tra spazi verdi e risultati accademici. In questo studio gli autori hanno però
valutato l’impatto dell’ambiente naturale e di altri cofattori legati
alle scuole sui programmi di potenziamento della lettura rivolti
a bambini in situazioni socioeconomiche difficili. Lo studio ha
analizzato la correlazione statistica tra la presenza degli spazi
verdi a scuola e l’efficacia di un programma di 1 anno progettato
per migliorare l’apprendimento della lettura in 6.080 bambini di
età media 7.9 anni di origine Californiana di basso livello socioeconomico. L’analisi teneva conto di variabili individuali legate
alla scuola e alla comunità nella quale la scuola era inserita. Lo
studio dimostra che gli spazi verdi aumentano l’effetto benefico
degli interventi accademici rivolti all’apprendimento della lettura. Migliorare gli spazi verdi nelle scuole di basso livello socio
economico porta a maggior efficacia dei programmi di potenziamento dell’apprendimento nei bambini più a rischio, e questo
potrebbe tradursi in migliori competenze nella vita adulta (ad
esempio nella cura della salute e integrazione sociale) con vantaggi per il singolo e per la comunità.
° Rouzbeh Rahai: School greenspace is associated with enhanced benefits of academic interventions on annual reading improvement for
children of color in California, Journal of Environmental Psychology,
Volume 86, 2023, 101966, ISSN 0272-4944
3. Esposizione a spazi verdi e blu e funzionamento cognitivo
infantile. Una revisione sistematica
La ricerca inerente lo sviluppo della funzione cognitiva in relazione alla frequentazione di spazi verdi e blu è in rapida crescita
e diverse revisioni sistematiche sono già state pubblicate su questo argomento, ma nessuna di esse è specifica per gli esiti cognitivi nell'intera fascia di età dell’infanzia. Inoltre, solo pochi di
questi studi hanno preso in considerazione gli effetti degli spazi
blu oltre a quelli verdi. Inoltre queste revisioni si concentrano
solo su studi osservazionali o sperimentali. In questa revisione
sistematica invece gli autori si concentrano sui risultati cognitivi
in relazione alla frequentazione di spazio verde e blu in bambini e adolescenti di età compresa tra 0 e 18 anni, considerando sia studi osservazionali che sperimentali. Gli esiti cognitivi
sono valutati con il modello di valutazione delle abilità cognitive Cattell-Horn-Carroll (CHC). La review è stata condotta nei
database PubMed e PsychInfo, dalle loro date di inizio fino al
17 Dicembre 2021, con una selezione complessivamente di 39
studi (17 sperimentali e 22 osservazionali). L'analisi dei dati ha
mostrato che la metodologia utilizzata negli studi era eterogenea
e che i risultati erano incoerenti. La maggior parte degli studi ha
indagato il funzionamento attenzionale, suddiviso in due categorie secondo la teoria CHC: controllo dell'attenzione e velocità di
reazione e decisione (12 studi) e controllo dell'attenzione e velocità di elaborazione (10 studi). Undici studi hanno indagato la
memoria di lavoro e/o la memoria a breve termine. Nove studi
hanno studiato il funzionamento intellettuale. Due studi hanno
2023; 30(3):a&s.1 pag. 9 di 14
Ambiente e Salute
esaminato le abilità visuo-spaziali. Uno studio ha misurato l’attenzione riferita dai genitori; due studi hanno esaminato lo sviluppo cognitivo nella prima infanzia; tre studi hanno esaminato
il processo decisionale e l’autoregolamentazione. L'eterogeneità
degli studi inclusi non consente conclusioni chiare. In accordo
con alcune precedenti revisioni sistematiche, gli spazi verdi e blu
non sono risultati più fortemente correlati a particolari domini
del funzionamento cognitivo rispetto ad altri e non sono stati
rilevati effetti dell'età o del tipo di valutazione dell'esposizione
sull'associazione tra natura e cognizione. Per meglio comprendere l’effetto della frequentazione di spazi verdi e blu sugli esiti
cognitivi sono quindi necessarie ulteriori ricerche che valutino
competenze in diversi domini, come l’epidemiologia ambientale,
la psicologia cognitiva e la neuropsicologia.
° Dorota Buczyłowska et al: Exposure to greenspace and bluespace and
cognitive functioning in children – A systematic review. Environmental
Research, Volume 222,2023,115340,ISSN 0013-9351
Psicologia ambientale
1. ▶ La conversazione può aumentare comportamenti di sostenibilità ambientale
Molte decisioni familiari, come ad esempio decidere la temperatura del termostato o quale cibo acquistare, non sono prese in
modo indipendente come individui, ma piuttosto da più persone attraverso l'atto del conversare. La ricerca sulla conversazione
come veicolo di influenza sociale è però scarsa, in particolare nel
dominio della sostenibilità. Questo studio ha esaminato l'efficacia delle conversazioni interpersonali nel promuovere comportamenti sostenibili. Attraverso tre esperimenti, gli autori hanno
testato gli effetti causali della conversazione tra pari sul comportamento sostenibile ed hanno esaminato i ruoli della sicurezza
psicologica e della posizione del partner in questo processo. Lo
studio 1 (568 partecipanti) ha confrontato l'effetto di avere una
conversazione su un problema di sostenibilità con quello di impegnarsi ad agire sullo stesso problema. Avere una conversazione sulla sostenibilità prima di prendere un impegno aumenta il
comportamento sostenibile al di là della conversazione o dell'
impegno da solo, e questo effetto è parzialmente spiegato da un
senso di sicurezza psicologica sviluppato durante la conversazione, con conseguente maggiore determinazione. Lo studio 2 (302
partecipanti) ha esaminato come il comportamento post-conversazione sia influenzato dalla posizione del partner. I partecipanti
sono stati assegnati in modo casuale a conversare con un altro
partecipante che forniva argomenti a sostegno o contro un' iniziativa di sostenibilità. I risultati mostrano che tra gli individui
inizialmente non favorevoli all'iniziativa, parlare con qualcuno
che sostiene l'iniziativa ha portato a un comportamento più sostenibile rispetto a parlare con una persona non solidale. Lo studio 3 (545 partecipanti) ha replicato questa scoperta utilizzando
un paradigma di scrittura online anziché una conversazione faccia a faccia. In sintesi la ricerca effettuata ha mostrato che le conversazioni interpersonali possono essere efficaci nel promuovere
comportamenti sostenibili, fornendo informazioni, incoraggiamento e sostegno sociale. Inoltre le conversazioni che si concentrano sui benefici personali e sociali dei comportamenti sostenibili sono più efficaci rispetto a quelle che si concentrano sulla
2023; 30(3):a&s.1 pag. 10 di 14
colpa o sulla vergogna. Sono inoltre più efficaci in gruppi sociali
ristretti come le famiglie e le comunità facendo leva sulla cultura
del sostegno reciproco e dell'impegno collettivo al cambiamento.
Questi risultati forniscono approfondimenti pratici per promuovere un comportamento sostenibile che può essere adattato ad
una serie di contesti residenziali, lavorativi e comunitari.
° Kristin F. Hurst et al: Increasing sustainable behavior through conversation, Journal of Environmental Psychology, Volume 86, 2023, 101948,
ISSN 0272-4944
2. Effetto della combinazione di messaggi incoraggianti e non
sul promuovere nuovi comportamenti pro-ambiente
La promozione di comportamenti pro-ambientali deve affrontare molteplici sfide. Promuovere nuovi comportamenti pro-ambientali è ancora più impegnativo, a causa di ulteriori barriere,
come la percezione di avere poche informazioni. La comunicazione tradizionale pro-ambientale spesso incoraggia i comportamenti desiderati o scoraggia i comportamenti indesiderati. Gli
autori sostengono che presi separatamente questi due approcci
siano limitati nella loro capacità di suscitare la percezione di essere informati e quindi potrebbero non essere abbastanza efficaci nel contesto di nuovi comportamenti pro-ambientali, a causa
del profondo bisogno di educazione del pubblico su questi nuovi
comportamenti. Affrontando questa sfida, gli autori hanno testato attraverso sei studi l'efficacia di un approccio comunicativo basato sulla psicologia dell'educazione (in particolare l'approccio di "riorientamento comportamentale"), che combina il
linguaggio incoraggiante e scoraggiante in un unico messaggio
integrato. In tre grandi esperimenti e in un'indagine sul campo
hanno osservato che un messaggio combinato suscita un maggiore coinvolgimento con l'assunzione di nuovi comportamenti
pro-ambientali. Tre studi online di follow-up hanno dimostrato
che l'effetto del messaggio combinato si verifica solo nel contesto
di nuovi (piuttosto che consolidati) comportamenti pro-ambientali e hanno mostrato il ruolo di mediazione dell'informazione
percepita, facendo eco sulla necessità di educazione in tali contesti. In sintesi la ricerca ha evidenziato che i messaggi motivanti
aumentano l'impegno delle persone, mentre i messaggi scoraggianti riducono gli ostacoli e le scuse che le persone possono
utilizzare per giustificare i loro comportamenti non favorevoli
all'ambiente. Inoltre i messaggi motivanti sono più efficaci nel
promuovere comportamenti che richiedono uno sforzo attivo,
mentre quelli scoraggianti lo sono di più nei comportamenti
che richiedono una riduzione dell'uso. Infine la scelta del tipo
di messaggio dipende sempre dal comportamento che si vuole
promuovere.
° Ann Kronrod et al: Promoting new pro-environmental behaviors: The
effect of combining encouraging and discouraging messages, Journal of
Environmental Psychology, Volume 86, 2023, 101945, ISSN 0272-4944
3. Conoscere la situazione dell’ambiente non necessariamente si traduce nell’agire a favore dell’ambiente nei giovani (vedi
approfondimento)
In questo lavoro i ricercatori hanno cercato di caratterizzare la relazione tra conoscenza della salute ambientale e comportamento
nei giovani. È stata condotta un'indagine descrittiva trasversale
con domande quantitative e qualitative. Le domande aperte sono
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Ambiente e Salute
state codificate per generare temi/sottotemi. I punteggi delle sottoscale sono stati presentati come media ± SD o intervallo mediano e interquartile (IQR). I test di T e Mann-Whitney sono
stati utilizzati per confrontare i gruppi e le correlazioni sono state utilizzate per valutare la covarianza. Sono stati intervistati un
totale di 452 bambini. I giovani hanno espresso preoccupazioni
sull'ambiente in cui vivono e sul loro impatto sulla salute. L'inquinamento atmosferico era il problema più preoccupante. I partecipanti avevano punteggi di conoscenza moderati. I punteggi
comportamentali erano bassi e debolmente correlati con la conoscenza, ma erano moderatamente correlati con l'atteggiamento e l'autoefficacia. La partecipazione a lezioni, attività e club ambientali è stata associata a punteggi più alti. La conoscenza della
salute dell'ambiente e la comprensione dell'impatto dell'ambiente di vita sulla salute erano limitate, le esperienze di educazione
ambientale mirata hanno però determinato un miglioramento
della conoscenza e delle relative azioni sulla salute ambientale.
° Elshaer S et al: Environmental Health Knowledge Does Not Necessarily
Translate to Action in Youth. International Journal of Environmental
Research and Public Health. 2023; 20(5):3971. 10.3390/ijerph20053971
4. ▶ Possiamo fare di più che "riprenderci"? Transilienza di
fronte ai rischi del cambiamento climatico (vedi approfondimento)
Il cambiamento climatico sta influenzando negativamente la salute, la sicurezza e il benessere delle persone, ed è fondamentale
capire se le persone percepiscono di avere la capacità di adattarsi
ai cambiamenti climatici. La maggior parte degli studi si concentrano sugli aspetti preventivi riguardo ai danni e sulla capacità di “riprendersi”. Gli autori di questa ricerca pensano che
l’adattamento possa avere anche delle conseguenze positive e introducono un nuovo costrutto: transilienza, al fine di descrivere
la capacità percepita delle persone di persistere, di adattarsi in
modo flessibile e di trasformarsi in modo positivo di fronte ai rischi climatici. A tal fine hanno sviluppato una scala per valutare
la transilienza e condotto quattro studi empirici per convalidarla;
nel complesso, i risultati supportano la scala elaborata e testata
sulla transilienza. La ricerca futura potrebbe valutare se una forma collettiva di transilienza (cioè, percepire che la comunità può
persistere, adattarsi in modo flessibile e trasformarsi positivamente) può motivare un'azione adattiva a livello collettivo, come
sostenere politiche per proteggere l'intera comunità dai rischi del
cambiamento climatico.
° Valentina Lozano Nasi et al: Can we do more than “bounce back”?
Transilience in the face of climate change risks, Journal of Environmental Psychology, Volume 86, 2023, 101947, ISSN 0272-4944
Approfondimenti
Benzofenone 3: revisione completa delle evidenze tossicologiche con meta-analisi degli studi di biomonitoraggio
a cura di Annamaria Sapuppo e Annamaria Moschetti
L'eccessiva esposizione solare rappresenta un fattore di rischio
Pagine elettroniche di Quaderni acp
riconosciuto per l'invecchiamento cellulare, le scottature e il cancro della pelle. Pertanto, diverse società di dermatologia raccomandano di applicare la protezione solare sulle aree del corpo
esposte, come prevenzione dei tumori della pelle, in particolare
il melanoma. Per tale motivo, la domanda di prodotti per la protezione solare è aumentata significativamente negli ultimi anni.
Tuttavia, la massiccia produzione di filtri chimici ultravioletti
(UV) sta portando ad un sostanziale rilascio di questi nell'ambiente, con diffusa esposizione umana non intenzionale. Infatti,
tali filtri chimici UV rappresentano inquinanti emergenti con
effetti deleteri per la vita acquatica ed azione interferente endocrina negli organismi viventi. Tra questi, il benzofenone-3 (BP-3)
ed il suo principale metabolita, benzofenone-1 (BP-1), sono ampiamente utilizzati come filtri chimici UV in creme solari e cosmetici o come stabilizzanti per prevenire la fotodegradazione in
molti prodotti commerciali. Di conseguenza, sono onnipresenti
nell'ambiente, nella fauna selvatica e nell'uomo, con concentrazioni rilevabili in una varietà di differenti matrici biologiche tra
cui urina, siero, liquido amniotico, sangue del cordone ombelicale, placenta, latte materno, plasma seminale e tessuto adiposo. Il BP-3 e il BP-1 hanno breve emivita (ore, qualche giorno) e
vengono rapidamente escreti nelle urine, per cui si comportano
come “sostanze chimiche non persistenti”. Tuttavia, i dati supportano anche la possibilità di un accumulo temporale in alcuni
tessuti. Ad esempio, il tessuto adiposo è apparso anche come deposito temporaneo nei roditori e nell'uomo e BP-3 si accumulerebbe anche nella pelle dopo l'applicazione della protezione
solare, costituendo un serbatoio per i giorni successivi alla cessazione dell'esposizione. Inoltre, sono necessarie fino a tre settimane per eliminare le concentrazioni plasmatiche di BP-3 dopo
ripetute applicazioni di protezione solare per 4 giorni, situazione che si verifica spesso nella media delle famiglie italiane che
vanno in vacanza. In ogni caso, i benzofenoni mostrano attività
estrogenica ed anti-androgenica in vitro, motivo per cui nel 2018
la Commissione europea ha incluso il BP-1 nell'elenco dei potenziali interferenti endocrini. Sempre nel 2018, l'UE ha chiesto al
Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori un parere
scientifico sulla sicurezza di BP-3, che nel 2021 ha concluso che il
suo uso come filtro UV fino ad una concentrazione massima del
6% nei prodotti per la protezione solare non era sicuro per i consumatori. Questo lavoro mirava a riesaminare in modo completo
le evidenze disponibili relative a questi filtri UV in MEDLINE/
PubMed al fine di creare una banca dati strutturata di studi, nonché di condurre un'analisi integrativa come parte dell'iniziativa
Human Biomonitoring for Europe (HBM4EU). 1.635 titoli e abstract sono stati esaminati e 254 riferimenti sono stati valutati
in dettaglio. L'analisi integrativa ha dimostrato che le concentrazioni di picco di BP-3 raggiunte dopo un'unica applicazione su
tutto il corpo di una protezione solare disponibile in commercio
(4% w/w) possono sovrapporsi a concentrazioni che provocano
interferenze endocrine in vitro, e con concentrazioni che causano in vivo effetti negativi sulla riproduzione femminile nei roditori, sostenuti da dati umani ancora limitati. Gli effetti avversi
registrati nei roditori includevano ciclo mestruale prolungato,
espressione genica alterata, iperplasia dell'endometrio ed alterata istologia ed iperplasia della ghiandola mammaria, mentre i
dati umani indicavano alterazioni ormonali del ciclo mestruale
ed aumento del rischio di fibromi uterini e endometriosi. Tra le
modalità di azione riportate (estrogenica, antiandrogena, tiroidea, ecc.), BP-3 e soprattutto BP-1 hanno mostrato attività estro-
2023; 30(3):a&s.1 pag. 11 di 14
Ambiente e Salute
genica a concentrazioni rilevanti per l'uomo, in accordo con le
alterazioni osservate negli endpoint riproduttivi femminili. La
meta-analisi degli studi di HBM ha identificato una maggiore
"preoccupazione" per i nordamericani, mostrando concentrazioni di BP-3 urinario in media 10 e 20 volte superiori rispetto
alle popolazioni europee e asiatiche, rispettivamente. Secondo
questo studio, bisognerebbe comunque usare le protezioni solari,
tenendo conto che sono disponibili formulazioni in commercio che utilizzano filtri UV inorganici (minerali), praticamente
non assorbiti nella circolazione sistemica, per cui possono essere
raccomandate nelle popolazioni sensibili, comprese le donne incinte e i bambini, insieme alla raccomandazione generale di non
esagerare con l’ esposizione alla radiazione solare. Gli alimenti
conservati in contenitori di plastica e imbottigliati, come l'acqua,
potrebbero anch'essi contribuire a più alti valori di BP-3 e BP-1,
che dovrebbero essere ulteriormente indagati. In sintesi, gli autori del testo analizzato evidenziano che:
1. La protezione solare è una fonte chiara e correlata all'esposizione al BP-3, ma non può da sola spiegarne le concentrazioni
nella popolazione, inclusi i bambini.
2. L'uso di prodotti per la cura personale (creme solari, lozioni
per la pelle e trucco) sembra rappresentare la fonte di esposizione umana più rilevante.
3. Anche polvere domestica e aria indoor delle abitazioni, frutti di mare, acqua potabile e prodotti alimentari confezionati in
plastica e tessili rappresentano possibili fonti di contaminazione,
che probabilmente possono contribuire ai livelli di BP-3 registrati nell'uomo. Infatti l‘esposizione cutanea attraverso creme solari
e cosmetici ai benzofenoni sarebbe legata a picchi di esposizione
di pochi giorni, mentre cibo, tessuti, aria interna e polvere contribuiscono più probabilmente a un'esposizione continua a basse
dosi.
4. È importante leggere le etichette degli ingredienti di questi
prodotti, da cui la necessità di maggiore trasparenza nella codifica degli ingredienti utilizzati, il che aiuterà i consumatori a
limitarne l’acquisto.
5. Fattori aggiuntivi dovrebbero essere presi in considerazione,
come le differenze in base a stagione dell'anno, status socioeconomico, istruzione, razza/etnia, sesso, area geografica ed altre
variabili predittive potenzialmente utili.
Attualmente nessun studio specifico ha analizzato le concentrazioni di BP-3 nei prodotti commercializzati in Europa; pertanto
ulteriori indagini sarebbero opportune in futuro.
° Vicente Mustieles et al: Benzophenone-3: Comprehensive review of
the toxicological and human evidence with meta-analysis of human
biomonitoring studies, Environment International, Volume 173, 2023,
107739, ISSN 0160-4120
PFAS nel latte materno e nel latte artificiale: è tempo di
iniziare a monitorare
a cura di Vincenza Briscioli
In questo editorale Judy S. sottolinea l'importanza di avviare un
serio programma di monitoraggio dei PFAS nel latte materno e
in quello di formula. Diversi paesi hanno sviluppato programmi
nazionali al fine di valutare le esposizioni umane alle sostanze
chimiche ambientali attraverso il dosaggio delle stesse su sangue
ed urina e tra questi si segnalano il National Health and Nutri-
2023; 30(3):a&s.1 pag. 12 di 14
tion Examination Survey degli Stati Uniti, il Canadian Health
Measures Survey, l'European Human Biomonitoring Initiative,
il China National Human Biomonitoring Study e il Korean National Environmental Health Survey, ma mancano sforzi simili
sul latte materno. Alcuni programmi di monitoraggio sul latte
materno sono stati intrapresi ad esempio sulle sostanze chimiche
lipofile persistenti (diossine e furani) ed avevano le finalità di valutare la variabilità geografica e temporale di questi inquinanti e
di informare le donne sui livelli delle stesse nel latte materno. Ma
la gran parte delle donne non ha avuto accesso a questi programmi per ragioni legate ai costi e alla complessità di costruzione
e mantenimento di questo tipo di monitoraggio. Ci sono altre
ragioni secondo l'autore che impediscono di proseguire su questa strada, tra cui: gli indiscussi benefici dell'allattamento al seno
sia per la madre che per il bambino possono rendere difficile la
comunicazione sui rischi associati alla presenza di queste sostanze chimiche nel latte materno, ma questo può essere cambiato
con una modalità diversa di comunicazione. Un altro fattore in
gioco è l’incapacità di collocare le misurazioni delle sostanze chimiche in un contesto basato sul rischio. L'allattamento al seno
presenta una situazione di esposizione-rischio unica in quanto le
esposizioni sono di durata relativamente breve ma si verificano
durante una fase vulnerabile della vita. Gli approcci attualmente
disponibili basati sul rischio non offrono generalmente dei valori
specifici per questa circostanza; questa combinazione di fattori
ha limitato la volontà di creare programmi nazionali di monitoraggio del latte materno o di analisi su richiesta di campioni di
latte materno, per quanto riguarda gli Stati Uniti. Nel lavoro di
Yao et al. pubblicato in questo numero si segnala la necessità di
ulteriori studi epidemiologici per capire se la presenza di inquinanti ambientali nel latte materno possa determinare esiti negativi sulla salute dei neonati, ma l'approccio di attendere risultati
solidi da studi epidemiologici è per l'editorialista insoddisfacente per quanto riguarda i PFAS e la nutrizione infantile. I PFAS
sono stati trovati nel latte materno e nell'acqua potabile a valori
superiori a quanto stabilito, e seppur con dati scarsi per poter
fare affermazioni generali sui PFAS negli alimenti per lattanti, è
necessario segnalare che alcuni alimenti per lattanti richiedono
la ricostituzione con acqua e non si può così escludere assunzioni di PFAS cumulative e quindi superiori ai limiti stabiliti. Gli
approcci sul rischio che attualmente si utilizzano evidenziano
che è necessario agire e non aspettare, e l'autore si chiede come
sia in coscienza possibile attendere il completamento degli studi
epidemiologici prima di agire, essendo consci che gli approcci
basati sul rischio indicano che il monitoraggio è necessario per
la generazione odierna di neonati e bambini. Un programma di
monitoraggio PFAS per la nutrizione infantile è atteso da tempo,
è quindi necessario stabilire i valori limite per le esposizioni ai
PFAS infantili e per tutti i PFAS e non solo i quattro valori di
screening dell'acqua potabile che per esempio l'Agenzia statunitense ha sviluppato. Per lo meno le persone dovrebbero essere
consapevoli dei livelli di PFAS a cui i loro bambini possono essere esposti attraverso l'allattamento al seno, l'acqua del rubinetto
e il latte artificiale per iniziare a prendere decisioni. Conoscendo
da oltre due decenni che i PFAS sono presenti nel latte materno,
oltre che nell'acqua potabile, com'è possibile che non si sia ancora in grado di rispondere alle domande più elementari riguardanti le PFAS e l'esposizione e la salute dei neonati?
° Judy S.LaKind Invited Perspective: PFAS in Breast Milk and Infant
Formula-It's Time to Start Monitoring. Environ Health Perspect. 2023
Pagine elettroniche di Quaderni acp
Ambiente e Salute
Mar;131(3):31301. doi: 10.1289/EHP12134. Epub 2023 Mar 2. PMID
Conoscere la situazione dell’ambiente non necessariamente si traduce nell’ agire a favore dell’ambiente nei
giovani
a cura di Vincenza Briscioli
Gli atteggiamenti e le preoccupazioni dei giovani in età scolare nei confronti dell'ambiente hanno influenze sia dirette che
indirette sul loro futuro processo decisionale e sulla volontà di
sostenere atteggiamenti pro ambiente; pertanto, comprendere i
fattori che guidano i loro comportamenti è fondamentale. Alcuni studi hanno sostenuto che gli atteggiamenti, piuttosto che la
conoscenza predicono il comportamento nei giovani. Tuttavia,
la relazione tra conoscenza, atteggiamento e comportamento è
complessa e probabilmente varia in base all'età. In questo lavoro
i ricercatori hanno cercato di caratterizzare la relazione tra conoscenza della salute ambientale e comportamento nei giovani.
Per raggiungere questo obiettivo hanno intervistato giovani di
età compresa tra 9 e 18 anni in scuole di Cicinnati (Ohio) dotate
di risorse adeguate a selezionare una popolazione di studenti che
avessero già in partenza una maggiore conoscenza delle tematiche di salute ambientale, in quanto è noto dalla letteratura che lo
stato socioeconomico è positivamente associato alla conoscenza
sulla salute ambientale. Hanno esaminato i cambiamenti nelle
loro risposte in tre distinti gruppi di età a domande sia quantitative che qualitative riguardanti conoscenze, comportamenti,
atteggiamenti e autoefficacia sulla propria salute e sulla salute dell'ambiente. L'età media dei 452 partecipanti era di 13.6 ±
2.6. Dai risultati si deduce che la maggiore preoccupazione era
l'inquinamento atmosferico, altre forme di inquinamento, come
rumore, radiazioni, suolo e acqua, non sono state segnalate frequentemente. All'interno dell'inquinamento atmosferico, il fumo
di tabacco, le fabbriche, il fumo ambientale legato al traffico e il
riscaldamento globale erano tra le preoccupazioni principali. È
interessante notare che gli studenti nella fascia d'età compresa
tra 9 e 11 anni e tra 12 e 14 anni hanno riferito più frequentemente il fumo come una preoccupazione, mentre gli studenti di
età compresa tra 15 e 18 anni tendevano a segnalare l'inquinamento atmosferico e il riscaldamento globale. Altre aree comuni
di preoccupazione includevano i rifiuti e l'impatto sulla vita di
persone e animali. Tuttavia, i partecipanti raramente hanno collegato le loro preoccupazioni ambientali ai loro ambienti locali,
incluso il luogo in cui vivono, le loro attività personali o le attività
di altri che potrebbero influenzare l'impatto del loro ambiente
sulla loro salute. I 2/3 dei partecipanti hanno indicato la pulizia dell'ambiente come possibilità di azione e protezione; meno
di 1/4 ha segnalato altri comportamenti pro-ambiente (quali
riciclare, non fumare, compostare e piantare alberi). In sintesi
la conoscenza era debolmente associata al comportamento e le
attività educative influenzavano positivamente il comportamento. C'è bisogno di maggiori opportunità di educazione alla salute
ambientale, compresa la programmazione focalizzata a livello
locale che promuova la conoscenza di cosa si possa fare concretamente per la salute dell'ambiente. La complessa relazione tra
conoscenza, atteggiamenti e autoefficacia suggerisce la necessità
di una valutazione diretta dell'impatto di qualsiasi programma
Pagine elettroniche di Quaderni acp
educativo. A tal fine la co-creazione di programmi con esperti
di varie discipline scientifiche, partner della comunità e cittadini
delle comunità colpite è fondamentale per una programmazione di successo. Un aspetto importante di questa co- creazione
sarà lo sviluppo di un linguaggio armonizzato tra la comunità
e gli scienziati accademici. Inoltre, coinvolgere bambini e adolescenti nel miglioramento della salute pubblica avvantaggia
reciprocamente la crescita e lo sviluppo dei giovani rafforzando
contemporaneamente gli sforzi di salute pubblica e sviluppo della comunità. Punti di forza dello studio: ampia fascia d'età (9-18
anni), componente qualitativa delle domande che ha consentito
di comprendere meglio i livelli di conoscenza, gli atteggiamenti
ed i comportamenti nelle diverse fasce d'età. Limiti: non utilizzo
di strumenti specifici per determinate fasce d'età, selezione delle
scuole dotate di risorse adeguate e quindi non adeguata conoscenza dei benefici dell'educazione ambientale per la popolazione con livello socioeconomico basso.
° Elshaer S et al: Environmental Health Knowledge Does Not Necessarily Translate to Action in Youth. International Journal of Environmental Research and Public Health. 2023; 20(5):3971
Possiamo fare di più che "riprenderci"? Transilienza di
fronte ai rischi del cambiamento climatico
a cura di Vincenza Briscioli
Quando soffia il vento del cambiamento, alcune persone costruiscono muri mentre altri costruiscono mulini a vento (antico proverbio cinese).
Il cambiamento climatico sta influenzando negativamente la salute, la sicurezza e il benessere delle persone, ed è fondamentale
capire se le persone percepiscono di avere la capacità di adattarvisi, mentre la maggior parte degli studi si concentrano sugli
aspetti preventivi e sulla capacità di “riprendersi”. Gli autori di
questa ricerca pensano che l’adattamento possa avere anche delle
conseguenze positive e introducono un nuovo costrutto: transilienza, al fine di descrivere la capacità percepita delle persone
di persistere, di adattarsi in modo flessibile e di trasformarsi in
modo positivo di fronte ai rischi del cambiamento climatico. A
tal fine hanno sviluppato una scala per valutare la transilienza
nel contesto dei rischi climatici e condotto quattro studi empirici
per convalidarla; hanno evidenziato che le persone percepiscono
che l'adattarsi ai cambiamenti climatici può non solo ridurre i
danni ma anche fornire opportunità. Vi sono numerosi esempi
del passato che suggeriscono che gli esseri umani non solo sono
stati in grado di "riprendersi" di fronte al cambiamento del clima, recuperando e mantenendo ciò che avevano (ovvero dimostrando resilienza), ma sono stati anche in grado di cambiare in
meglio, sfruttando nuove opportunità e cambiando modello di
vita; è però necessario chiedersi se un cambiamento positivo sia
possibile anche di fronte all’attuale cambiamento climatico e se
le persone percepiscano di avere la capacità di adattarvisi, non
solo prevenendo i danni, ma anche cambiando in meglio; inoltre
se tale capacità adattiva percepita possa promuovere comportamenti di adattamento, di supporto a tali politiche e di benessere
generale. Gli autori affrontano queste questioni nel presente articolo introducendo un nuovo costrutto: la transilienza. Il costrut-
2023; 30(3):a&s.1 pag. 13 di 14
Ambiente e Salute
to della transilienza evidenzia la capacità percepita delle persone
di adattarsi ai rischi climatici e lo fa attingendo ad analisi storiche
e alla letteratura sulla resilienza, teorizzando che la transilienza
comprenda tre componenti: la capacità percepita delle persone
di persistere (persistenza o tenacia) cioè se le persone percepiscono di avere le risorse per andare avanti, essendo la persistenza
al centro della resilienza, comunemente intesa come la capacità
di "riprendersi" da eventi stressanti; adattarsi in modo flessibile (adattabilità) ovvero la misura in cui le persone percepiscono
un'ampia gamma di opzioni per adattarsi a questi rischi, l'adattabilità consente alle persone di rispondere in modo flessibile ai
cambiamenti climatici rivedendo e passando da una strategia di
adattamento all'altra, quando necessario e la flessibilità può essere una importante caratteristica nell'adattamento a lungo termine; e infine di trasformare la vita in senso positivo (trasformabilità) ovvero se le persone percepiscono la possibilità di risultati
positivi e trasformativi, imparando qualcosa di nuovo. Questo
aspetto per quanto si sa non è stato esaminato nelle ricerche che
hanno come obiettivo quello di comprendere le risposte adattative individuali. L'obiettivo di questa ricerca è stato di studiare
fino a che punto le persone percepiscono di essere transilienti
e se una maggiore transilienza possa predire comportamenti di
adattamento e sia di supporto alle politiche di adattamento e al
benessere generale. I ricercatori hanno quindi sviluppato una
scala per misurare la transilienza e l'hanno applicata e validata
attraverso 4 studi online (modalità questionario). I quattro studi
hanno fornito supporto per la validità della scala. La ricerca ha
indicato che le persone percepiscono che il cambiamento climatico può non solo avere conseguenze dannose per le persone, ma
offre anche opportunità di cambiamento positivo. In media, le
persone percepiscono il loro essere transitorie di fronte ai rischi
del cambiamento climatico. Piuttosto che limitarsi a "riprendersi", sembra che le persone vedano anche l'opportunità di cambiamento positivo e questo si allinea con la definizione ufficiale
di adattamento ai cambiamenti climatici, che si riferisce sia alla
riduzione al minimo dei danni che alla ricerca di nuove opportunità. Inoltre si è osservato che una maggiore transilienza percepita è associata a una maggior soddisfazione per la propria vita e
sembra associata all'esperienza di cambiamenti positivi nella gestione dei rischi climatici e ciò non significa necessariamente che
le persone siano meno preoccupate. Nel complesso, questa ricerca ha consentito di ampliare e portare un punto di vista positivo
sulle risposte psicologiche delle persone nei confronti del rischio
climatico, sono però necessarie ricerche future per convalidare
ulteriormente la scala di transilienza e la ricerca futura potrebbe
valutare se una forma collettiva di transilienza (cioè, percepire
che la comunità può persistere, adattarsi in modo flessibile e
trasformarsi positivamente) può motivare un'azione adattiva a
livello collettivo, come sostenere politiche per proteggere l'intera comunità dai rischi del cambiamento climatico. I limiti della ricerca sono legati al campione di popolazione che proviene
da paesi definiti Western Educated Industrial Rich Democratic
(WEIRD). Rimane il dubbio se questi risultati siano altrettanto
robusti per le diverse culture e se si possano ottenere analoghi
risultati nei paesi in via di sviluppo (i più vulnerabili ai cambiamenti climatici). Infine i risultati ottenuti suggeriscono che è importante considerare il potenziale lato benefico della gestione in
quanto ciò potrebbe non solo promuovere azioni di adattamento
climatico che ridurrebbero la vulnerabilità degli individui, ma
anche far sentire le persone meglio in generale. Ad esempio, una
2023; 30(3):a&s.1 pag. 14 di 14
campagna volta a incoraggiare l'inverdimento urbano delle case
potrebbe evidenziare ai residenti come sono determinati ad adattarsi, sottolineare i molti modi in cui l'inverdimento può essere
implementato (tetti verdi, piantare alberi, rimuovere piastrelle
dai cortili) e sottolineare che le persone possono imparare cose
nuove (ad es. sulla cura delle piante e sul giardinaggio) e trarne
beneficio (ad es. giardino esteticamente più piacevole, temperature più fresche in estate, aria più pulita) impegnandosi in questi comportamenti. Gli autori hanno introdotto la transilienza
per dimostrare che, nonostante il lato "cupo e catastrofico" del
cambiamento climatico essere transilienti potrebbe essere una
caratteristica rilevante ai fini dell'adattamento e che potremmo
sia ridurre al minimo i danni (costruire muri) sia sfruttare opportunità benefiche (costruire mulini a vento).
° Valentina Lozano Nasi et al: Can we do more than “bounce back”?
Transilience in the face of climate change risks, Journal of Environmental Psychology, Volume 86, 2023, 101947,ISSN 0272-4944
Pagine elettroniche di Quaderni acp