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Carlo PIOLA CASELLI L'iconografia del cardinale

Carlo PIOLA CASELLI L’iconografia del cardinale Carlo Francesco CASELLI Quaderni del Museo Europeo n. 1 Roma 2023 1 SOMMARIO La grande tela di Jean-Baptiste Wicar. Un'altra opera francese riguardante il Concordato. Due ritratti, uno a colori ed uno in incisione. I ritratti eseguiti da Vincenzo Milione. La città di Alessandria gli chiede un ritratto. Le grandi tele di Jacques-Louis di David. Il card. Caselli nella vicenda dell’incoronazione di Napoleone. Caselli a Parma. Altri ritratti del card. Caselli. Difensore della città di Parma. Con la Restaurazione, la tela di Girolamo Paolo Brusco a Savona. Caselli in un’acquaforte acquarellata: la benedizione per il Ponte sul Taro. Il cenotafio nella cattedrale di Parma. L'iscrizione nella cappella del cimitero della Villetta. Le due litografie. La storia di Parma è particolarmente legata alla figura del cardinale Carlo Francesco Caselli, ex-generale dei Servi di Maria, che fece parte del seguito di papa Pio VII, quando il pontefice si recò da Roma a Parigi per incoronare Bonaparte imperatore dei Francesi. Il viaggio cominciò il 2 novembre 1804 e comprese una breve sosta a Parma il giorno 9 dello stesso mese. Durante il ritorno da Parigi a Roma, Caselli si fermò nuovamente a Parma il 1° maggio 1805 e poté finalmente prender possesso della sua cattedra episcopale, onde poter accogliervi il Papa. In questo saggio passeremo in rassegna, oltre ai ritratti noti e meno noti di Caselli, tre grandi opere pittoriche, nelle quali il prelato appare, in una dimensione europea, insieme al papa ed a vari personaggi. La prima tela è quella di Jean-Baptiste Wicar conservata nella villa papale di Castelgandolfo (detta anche villa Barberini), rappresentante la «Ratifica del concordato del 1801» con la Francia da parte di Pio VII, con il papa al centro della scena, nel momento in cui il segretario di Stato cardinal Ercole Consalvi gli consegna il testo da firmare, mentre gli altri individui raffigurati sono, a sinistra, mons. Michele Di Pietro e, a destra, Giuseppe Spina arcivescovo di Corinto con il Caselli, tutti e tre cardinali “in pectore”. La seconda opera sarà quella di Jacques-Louis David conservata al Louvre, raffigurante il «Sacre di Napoleone», in cui Caselli è in dalmatica, come cardinale diacono del Vangelo; di essa esiste un'altra successiva versione a Versailles. La terza, di Paolo Gerolamo Brusco, poco conosciuta, conservata presso l’associazione “A Campanassa” di Savona, riguardante, presente Caselli, «Pio VII che consegna a Padre Pellegrino Boselli i decreti per la beatificazione di una Serva e di due Servi di Maria». 2 Il Concordato del 1801, con anche la firma di Fr. Carolus Caselli, con cui se ne assumeva la responsabilità, in quanto teologo di Sua Santità. Jean-Baptiste WICAR, particolare, i cardinali in pectore, mons. Giuseppe Spina e padre Carlo Francesco Caselli, quando erano alla ricerca della soluzione del difficile negoziato. Notasi la testa di Caselli un po’ più in alto. 3 La grande tela di Jean-Baptiste Wicar La grande tela del Wicar fu commissionata da un famoso collezionista, il ministro plenipotenziario francese a Roma, François Cacault, il quale volle che in essa venisse esaltato il grande avvenimento del Concordato con la Francia, alla cui attuazione egli aveva dato (nonostante il proprio passato tanto repubblicano quanto rivoluzionario) una coraggiosa mediazione, mettendo persino a repentaglio la propria carriera. Era successo che, arrivato a Roma da appena due mesi per far superare le lentezze della corte papale nelle decisioni da prendere in merito ad una trattativa così innovativa (essendo ormai completamente cambiato il concetto di Stato), da Parigi era giunto un drastico ultimatum, con il rischio di rottura e di invasione dello Stato Pontificio. Cacault in quei drammatici momenti ebbe l’idea di indurre Consalvi a partire per la capitale francese, in modo che andasse a solleticare l’ambizione del Primo Console e lo inducesse a trattarne la definizione, dopo le faticose operazioni preliminari compiute negli otto mesi precedenti dai due inviati pontifici, Spina e Caselli. Strada facendo, a Firenze, il diplomatico si era posto sotto la protezione di Murat (per ammansirlo, avendo il generale ricevuto l’ordine di invadere lo Stato), e della moglie Carolina, la quale fondava la propria autorevolezza unicamente sul fatto di essere una delle sorelle del Primo Console. Affinché Consalvi si decidesse a partire, Cacault gli aveva ricordato che solo Bonaparte1 fosse favorevole al Concordato, ad onta dei suoi ministri e 1 Circa la carriera di Bonaparte accenniamo soltanto ai fatti riguardanti i rapporti col papato. A Tolentino, come rappresentante del Direttorio, il generalissimo fu tutt’altro che tenero con Pio VI: dettò condizioni leonine e spogliò Loreto del suo tesoro. In Egitto assimilò l’importanza della religione negli atti di governo, ma al suo ritorno in Europa apprese che il papa era spirato, a Valenza, città per la quale era dovuto passare e dove aveva avuto un incontro informale con mons. Giuseppe Spina, esecutore testamentario. Non solo non aveva poteri specifici, ma era addirittura contumace, per aver lasciato l’esercito in Africa. Proseguì per Parigi con l’intenzione di tentare di trarre il dado politico. Messo insieme un esercito, in virtù dei suoi meriti nella precedente campagna d’Italia, passò il San Bernardo, dove, non potendo come rivoluzionario esprimere un voto, promise ai frati custodi del valico che, se avesse vinto, avrebbe siglato un’intesa con il nuovo papa, Pio VII, il quale, nell’omelia natalizia nella cattedrale di Imola, aveva espresso dei forti barlumi di democrazia evangelica. Vinta la battaglia di Marengo, Napoleone mantenne la parola, inducendo il papa a mandare Spina a Parigi a trattare un Concordato per restaurare la religione cattolica in Francia; data l’ardua impresa, Carlo Francesco Caselli venne scelto come consulente teologico del papa: già si parlava di lui come di un cardinale “in pectore” del precedente pontefice. In realtà, Spina e Caselli non erano entusiasti di mettersi in viaggio per questa destinazione. Infatti, riunitisi in varie sessioni con altri esperti al Quirinale, in quei mesi estivi del 1800, presero coscienza di tutte le difficoltà connesse, avendo di fronte un governo di stampo rivoluzionario, per cui, nel caso di dover innestare la retromarcia, in queste condizioni sarebbe stato come farlo su un precipizio che avrebbe inghiottito anche il papato. Il Primo Console fu l’unico a volerlo a proprio rischio; la macchina infernale era stata un atto intimidatorio spiegato contro di lui, poi gli avversari adottarono tutte le arti più sottili per farlo naufragare; Caselli finalmente individuò la formula conciliatoria e il card. Ercole Consalvi, il Segretario di Stato giunto a Parigi, dopo un lungo braccio di ferro, lo firmò, facendolo controfirmare ai due negoziatori, i quali così se ne assunsero anche la responsabilità, la quale gravava maggiormente su Caselli in quanto consulente teologico. Fu la conclusione di un iter talmente lungo, difficile e complesso da meravigliare i tanti diplomatici accreditati nella capitale francese, divenuta il centro dell’Europa, primo fra tutti il conte di Cobentzel, il quale, come rappresentante dell’Austria cattolica, non aveva mancato di usare i suoi buoni uffici per la definizione. La notizia si diffuse per tutte le cancellerie d’Europa. Consalvi dovette rientrare di corsa in sede per farne digerire il contenuto fortemente innovativo alla vetusta corte pontificia e farlo ratificare da Pio VII, spiegando ai cardinali i motivi della decisione assunta; tuttavia, passando per Bologna, mentre si stava recando ad ossequiare il fratello del Papa, la sua carrozza si ribaltò, probabilmente nel tentativo delle parti avverse di metterlo a tacere. Le spoglie di Pio VI vennero traslate a Roma: Spina e Caselli ebbero l’onore e l’onere di accompagnarle. Nel frattempo, il Primo Console concluse anche la Pace di Amiens. Caselli, tornato a Roma, fu incaricato di vagliare i Concordati italiano e tedesco; poi il 4 aprile 1802 fu consacrato arcivescovo di Sida in partibus infidelium e il 9 agosto eletto cardinale, ma i suoi impegni in questi primi anni, in cui concorse a consolidare una politica concordataria, erano stati talmente numerosi che, essendo stato nominato vescovo (con dignità arcivescovile) di Parma il 28 maggio 1804, per quasi un anno non ebbe neppure il tempo di prender possesso della sua cattedra episcopale, nominando procuratore per gli affari correnti il canonico Vitale Loschi. 4 Jean-Baptiste WICAR, Pio VII ratifica il Concordato del 1801 con il primo Console, Villa Pontificia di Castelgandolfo. Da sin. Michele Di Pietro, Ercole Consalvi, Pio VII, Giuseppe Spina e Carlo Francesco Caselli (in primo piano). Identico gesto di concessione, da parte di Napoleone primo Console, verso il Segretario di Stato, cardinale Ercole Consalvi. 5 consiglieri, alcuni dei quali, pochissimi anni prima, avrebbero voluto relegare Pio VI addirittura in Guyana. Quando il segretario di Stato arrivò a Parigi, ebbe ancora molto filo da torcere e corse un grave rischio, se la trattativa fosse naufragata, non tanto per essersi personalmente esposto (perché essa non era stata ancora definita), quanto per il fatto che ne sarebbe stata travolta tutta la Chiesa. Finalmente si trovò la formula per un accordo, poiché Caselli assicurò, come teologo, il rispetto delle regole, non rischiando di riparare ad uno scisma e ricadere in un altro: infatti, la conclusione, se da una parte trovò entusiasti sostenitori, ebbe anche accaniti detrattori. Consalvi poté tornare a Roma e, tra i personaggi del quadro, è raffigurato mentre si appropinqua al seggio del papa, elevando quasi vittoriosamente il Concordato destinato a ricevere la firma della ratifica. Infatti, il documento, insieme al suo volto, segna il vertice di una linea che discente, passando sopra la testa di Pio VII per arrivare alle fronti ravvicinate di Spina e di Caselli, cardinali in pectore.2 Nella grande tela del Wicar vi sono aspetti particolarmente interessanti da esaminare: si osservino le fronti ravvicinate dei due negoziatori, Spina e Caselli, i quali non solo dissodarono le complessissime trattative per il Concordato, ma alla fine trovarono la soluzione confacente, ed occorre notare che la testa di Caselli appare più in altro rispetto a quella del collega, proprio a significare la sua preminenza teologica nel risolvere la questione. Infatti, la massima responsabilità gravava soprattutto sul servo di Maria, in quanto reputato teologo. La più grave difficoltà era consistita nel fatto che i modelli degli antichi concordati, in seguito alla Rivoluzione Francese, erano ormai superati. Ora il pontefice non aveva di fronte né un re cristiano (o addirittura cristianissimo), né un regnante “per grazia di Dio”, bensì un sistema che metteva in dubbio persino quale fosse il vero potere spirituale del papa.3 L'incontro delle teste dei due inviati pontifici, ossia delle loro menti, è assai significativa dell’intelligente ruolo da entrambi giocato nelle trattative; il braccio destro di Spina si presenta con la palma della mano aperta, allungata con noncuranza non solamente verso il Consalvi ma addirittura verso Pio VII. Possiamo raffrontare questo gesto con quello analogo di concessione del Primo Console verso Consalvi in un disegno attribuito a Gérard, con la differenza sostanziale, però, che, Bonaparte, in quanto dominatore dell’Europa, poteva permettersi di rivolgerlo al segretario di Stato pontificio, mentre ci stupisce che ciò avvenga 2 Carlo PIOLA CASELLI, La tela di Wicar a Castelgandolfo, «Studi Romagnoli», 60 (2009), pp. 629-50. Il dipinto (374 x 295 cm) è un’opera interessantissima, pur non godendo di grande visibilità (essendo stata spostata dai Musei Vaticani al Palazzo Pontificio di Castelgandolfo e poi collocata nella Villa Pontificia, detta “villa Barberini”, anche se recentemente è stata aperta al pubblico), riportata in pochi libri particolari, tra cui: Emilio RE, Storia di un quadro. (Il “Concordato” di G.B. Wicar), «Roma», 1929, infra pp. 288-89 (indicata nei Musei Vaticani); Giulio Romano ANSALDI, Documenti inediti per una biografia di G.B. Wicar, «Reale Accademia Nazionale dei Lincei», 1936, infra pp. 392-93 (indicata a Castelgandolfo, Palazzo Papale); Ercole CONSALVI, Memorie del cardinale, a cura di Mons. Mario Nasalli Rocca di Corneliano, Roma, 1950, infra pp. 282-83 (indicata nel Palazzo Pontificio di Castelgandolfo); Emilio BONOMELLI, I Papi in campagna, Roma, 1953, infra pp. 176-77 (indicata nella sala dei Palafrenieri a Castelgandolfo); Ilario RINIERI, La diplomazia Pontificia nel secolo XIX, vol. I, Il Concordato tra Pio VII e il Primo Console (1800-1802), 1902; Cardinale Ercole Consalvi a 250 anni dalla nascita. Atti del convegno, Roma, 8 giugno 2007; Antonello CESAREO, «Sollers, iustus, suique contemptor …». La personalità del cardinale Ercole Consalvi attraverso la sua iconografia, «Neoclassico», 30, p. 73. 3 Proprio sotto questo aspetto Bonaparte resterà impigliato nella lotta per le investiture, poiché, considerando che gli antichi vescovi francesi fossero troppo legati all’Ancien Régime, aveva chiesto che Pio VII, seppur a malincuore, li facesse dimettere in massa, senonché, pretendendo l’esecuzione dei propri desiderata, non si era accorto che avrebbe così rafforzato anziché indebolito il ruolo del Papa come capo assoluto della chiesa cattolica. Infatti quando l’imperatore vorrà nel 1811 opporre al Pontefice, relegato a Savona, un concilio metropolitano a Parigi, i più eminenti teologi, guidati da Caselli e da Spina, entrambi nella manica a Napoleone, giunto al culmine della sua potenza tanto da poter prepararsi ad aggredire la Russia, dovranno concluderne l’impossibilità, essendo il Papa la testa di qualsiasi assemblea in materia di religione, esponendogli ciò con loro gravissimo rischio personale, tanto che soltanto i lodevoli buoni uffici del cardinale-zio, il Fesch, erano riusciti a calmarlo. 6 Léon de LESTANG PARADE (1810-1887), identico gesto. Stampa con colori errati: «Concordato fra la S. di N.S. il Papa Pio VII e Napoleone I Imperator de’ Francesi e Re d’Italia &c. &c. &c. Ratificato in Roma l’Anno 1801»: Di Pietro a sinistra, non era ancora cardinale; Spina, il penultimo a destra, deve essere vestito in violetto, e Caselli, l’ultimo, di nero, essendo un frate servita; inoltre, all’epoca Napoleone non era imperatore. 7 nella confabulazione di due cardinali “in pectore” non tanto verso il cardinale quanto verso l’autorità suprema, il papa. La corrispondenza epistolare tra Cacault e il segretario di Stato, durante la genesi del dipinto, è molto eloquente: infatti il diplomatico francese, con estrema correttezza, sottopose sempre al suo interlocutore il progetto dell’opera via via che veniva formulato e si avvalse persino della consulenza di Antonio Canova. Risulta strano che due esperti d’arte come il cardinale ed il famosissimo scultore, vagliando gli schizzi, non abbiano rilevato questo particolare o abbiano fatto finta di non essersene accorti, dando il benestare all’esecuzione del dipinto così come era stato delineato4. La scena di destra risulta perciò così composta con licenza di Consalvi: infatti l’8 febbraio 1803 il ministro plenipotenziario francese gli scrisse per comunicargli che nell’opera sarebbero stati rappresentati Pio VII, lui stesso ed i due cardinali Spina e Caselli, “assai conosciuti a Parigi” (il progetto del dipinto prevedeva la realizzazione di un ritratto del papa con i suoi tre ministri coinvolti nell’affare del Concordato) i quali, all’epoca, non essendo ancora porporati, risultano vestiti uno in abito di prelato con mantelletta e l’altro in abito monacale da servita. Entrambi, all’epoca della ratifica da parte del papa, erano ancora a Parigi (per varie incombenze e anche per presentare l’avvenuta ratifica al primo console), tuttavia un altro aspetto non esplicitato in questo scambio epistolare riguarda il fatto che i due prelati erano giunti in una Francia postrivoluzionaria in abiti civili, nemmeno in “clergyman”, come si direbbe oggi, mentre invece nel dipinto sono stati rappresentati in abiti religiosi. In una lettera si legge che monsignor Di Pietro avrebbe dovuto tenere fra le mani le carte della Congregazione:5 infatti, poiché a voler ritrarre tutti i porporati che a Roma vagliarono il Concordato per addivenire alla ratifica papale si sarebbe dovuta allargare troppo la scena, fu deciso di operare una sintesi, riassumendola nel segretario di essa e dando, così, il massimo risalto a questi tre personaggi emergenti, posti volutamente in primo piano, come segno di rinnovamento. Tutti e tre i cardinali “in pectore” sono seduti sugli sgabelli poiché godono già, per i loro meriti, del “droit de tabouret”6 al cospetto del Pontefice. L’unico che sia in piedi è Consalvi, per una questione di dinamica rappresentativa. L’astuto Cacault non aveva mancato di scrivere al segretario di Stato che il pittore Wicar, redento da un burrascoso passato rivoluzionario, si stesse “santificando” a contatto con la bontà del papa. Al di là di questo giudizio possiamo osservare che non divenne un “chierichetto”, tant’è vero che in seguito saprà cavarsela bene anche quando il suo protettore sarà partito. Inoltre, a sua volta, diventerà anche un grande collezionista di opere d’arte, come lui. La grande tela doveva essere destinata a Parigi; invece, ancora l’11 giugno 1805 (essendo ormai Cacault partito da Roma il 21 luglio 1803), era stata vista nello studio dell’autore dal principe Agostino Chigi,7 4 PIOLA CASELLI: La tela di Wicar a Castelgandolfo, cit.; Una strana consulenza di Antonio Canova, «Voce Romana», n. 45, marzo-aprile 2017, pp. 26-27. 5 L’opera in esame presenta alcune iscrizioni, essendo stato stabilito che i fogli in mano a Di Pietro avrebbero riportato il titolo: «Voeu de la Congrégation des douze Cardinaux o Rapport o Sentiment»; poi però, nell’epistolario Cacault ha precisato che Wicar avrebbe scritto: «Concordat / signé a Paris / le 26 messidor / an neuf = Concordatum / signatum Parisiis / die 15. Julii / Anni 1801. Ratificazione / di Sua Santità / il Papa Pio Settimo / firmata a Roma li / quindici agosto 1801 = Bulla ratificationis / Data a / Pio PP.VII / Romae die 15 – Augusti / 1801», ritenendo la parola concordat migliore di convention. 6 Al tempo di Anna d'Austria, moglie di Luigi XIII, era stato codificato quello che verrà chiamato “le privilège du tabouret” ossia il “privilegio dello sgabello”: le principesse e duchesse di corte nonché le principesse straniere avevano il diritto di restare sedute davanti alla regina. Questo privilegio era parallelo a quello degli “onori del Louvre”, che davano al portatore il diritto di entrare in carrozza nel cortile del Louvre. 7 Agostino CHIGI, Memorabilia Privata et Publica, diario manoscritto, Biblioteca Apostolica Vaticana, 3966 8 La firma del Concordato, stranamente ritenuto quello del 1801, invece in quel periodo in Francia i costumi ecclesiastici non erano ancora ritornati ad essere così vistosi. La firma del Concordato, con accenni di colore. 9 come egli stesso ha scritto nel suo diario.8 Questo grande quadro, che Dufay credeva commissionato dal card. Fesch, il quale invece lo aveva rilevato e lo aveva tenuto a Roma, era passato poi in eredità a Luciano Bonaparte, quindi, con la liquidazione dei beni di costui, era entrato a far parte della galleria dei quadri moderni in Vaticano, per essere poi trasferito nella sala dei Palafrenieri del palazzo papale di Castelgandolfo; infine è ora conservato in un bel salone d’onore della villa pontificia, nella medesima cittadina. Da quest’opera sono state tratte anche due incisioni, da Alessandro Contardi e da Pietro Fontana, abbastanza fedeli nel disegno, ma con una cromia alterata, apparendo chiara la veste di Caselli, mentre avrebbe dovuto essere nera, in quanto Servo di Maria. Entrambe sono esposte al Museo Napoleonico di Roma ed una di esse è conservata anche al Museo Centrale del Risorgimento ed in varie raccolte; uno dei due esemplari, essendo stato tirato qualche anno dopo il dipinto, porta il titolo apocrifo «Concordato fra la S. di N.S. il Papa Pio VII e Napoleone I Imperator de’ Francesi e Re d’Italia &c. &c. &c. Ratificato in Roma l’Anno 1801», poiché all’epoca del Concordato era Primo Console e non imperatore. Un ritratto preparatorio di Caselli, eseguito dal Wicar per la tela definitiva, è conservato a Perugia, presso la Galleria Nazionale dell’Umbria.9 Un'altra opera francese riguardante il Concordato In Francia, in ubicazione non precisata, esiste un’altra opera riportata in un libro di Adrien Dansette,10 con la seguente didascalia: «15 luglio 1801: il cardinale Consalvi, mons. Spina e il padre Caselli a nome di Sua Santità Pio VII, Giuseppe Buonaparte e l’abate Bernier a nome del governo francese, firmano il Concordato che per un secolo regolerà i rapporti fra la Santa Sede e la Francia».11 Anche questa rappresentazione non è rigorosamente veritiera, perché i prelati appaiono vestiti in modo assai vistoso, per conferire maggiore solennità alla scena; è stato omesso nella descrizione il consigliere di Stato, Crétet; tuttavia, con i suoi pregi e i suoi difetti complementari, è un lavoro di notevole interesse. Una stampa tratta dall’opera è bis, annota: «Si pretende che sia partito non in buona armonia con l’E.mo suo successore». 8 A. CHIGI, «Dopo pranzo sono andato con Lebzeltern allo studio del pittore francese Wicard (sic!) a Piazza di Spagna a vedere un di lui quadro rappresent.te la ratifica del Concordato colla Francia in cui sono ritratti il Papa, il Card.le Segr.rio di Stato, il Card.e di Pietro allora Prelato, Monsig.r Spina poi Cardinale, ed il P. Caselli Servita parim.e Cardinale». Questo quadro, dopo ripetuti schizzi e discussioni, era stato messo in “cantiere” sin dai primi di gennaio del 1803 e finito di delineare in febbraio. PIOLA CASELLI: Fatti virtuosi e misfatti incresciosi nel «Diario» del principe Agostino Chigi (1801-1809 & 1814-1815), Kindle, p. 57; La tela di Wicar a Castelgandolfo, cit., da questo epistolario emerge anche la formula di giuramento del 22 settembre 1802 di Caselli, essendo nativo di Alessandria, di obbedienza e fedeltà al governo stabilito dalla Costituzione del popolo francese e, per concessione del Papa, lasciandogli nel resto libertà di fare quello che avrebbe giudicato conveniente. 9 Nella sala n. 40 della Galleria Nazionale dell’Umbria si trovano le opere di Jean-Baptiste Wicar, donate da Luigi Carattoli in memoria del padre, Giuseppe, pittore e restauratore a Roma ed a Perugia, suo allievo ed esecutore testamentario. 10 Adrien DANSETTE, Chiesa e società nella Francia contemporanea 1789-1878, Vallecchi, vol. I, infra pp. 160-61. 11 Questo Concordato un secolo dopo ebbe un periodo di crisi quando il Presidente della Repubblica Francese Émile Loubet si recò in visita ufficiale a Roma ad incontrare Vittorio Emanuele III, anche per ringraziarlo del collare della Santissima Annunziata, essendo ancora in corso il grosso contenzioso tra la Santa Sede e l’Italia, e per questo motivo ci fu un rifiorire di studi su quest’argomento; però è un modello talmente innovativo da esser valido ancor oggi ed infatti è stato e viene usato dalla Segreteria di Stato per tutti i concordati del mondo. 10 Le prime immagini ufficiali di Carlo Francesco Caselli, insignito della porpora cardinalizia. A destra, lo scudo con l’arma. Sotto, l’incisione eseguita da Carlo Antonini per la Calcografia. 11 conservata a Parigi, nella “Collezione Joly”. Ne esiste infatti anche un’altra simile, con alcuni dei personaggi oltre il tavolo disposti diversamente, con parti acquarellate. Occorre però osservare che la didascalia più pertinente dovrebbe essere: «La firma del Concordato, stranamente ritenuto quello del 1801, poiché in quel periodo in Francia i costumi ecclesiastici non erano ancora ritornati ad essere così vistosi». L’allegoria della firma del Concordato del 1801 Caselli è raffigurato anche nella stampa a colori, conservata a Parigi al Museo Carnavalet, rappresentante l’allegoria della firma, intitolata «Signature du Concordat. Entre le Gouvernement Français et sa Sainteté Pie VII. Pour le rétablissement du Culte Catholique en France. / 1. Joseph Bonaparte. 2. Le Cardinal Consalvi. 3. Joseph, Archevêque de Corinthe [Spina]. 4. Cretet, Conseiller d’État. 5. Bernier, Prêtre Français. 6. Caselli, Prêtre Romain». Ve ne è un’altra, anch’essa a colori, alla Biblioteca Nazionale di Parigi, intitolata solo «Signature du Concordat», però con calligrafia (riguardante l’elencazione dei personaggi) differente e meno rigorosa nella scrittura, con qualifiche dei personaggi a volte in minuscolo e nome di Consalvi alterato (Gonsalvi): «1. – Joseph Bonaparte. – 2. Cardinal Gonsalvi. – 3. Joseph, archevêque de Corinthe. – 4. Crétet, conseiller d’état. – 5. Bernier, prêtre français. – 6. Caselli, prêtre romain», ed in cui la veste di Caselli non appare nera, come invece è. giustamente, nell’altra. Due ritratti, uno a colori ed uno in incisione Vi è un ritratto del neocardinale Caselli, che dovrebbe essere quello ufficiale per l’esaltazione alla porpora, dopo esser stato riservato in pectore.12 Infatti, esso, di autore ignoto, è a colori, con l’effige inscritta in un ovale, con sotto l’epigrafe, la quale è identica, virgola più virgola meno, a quella posta sotto all’incisione canonica, anch’essa in ovale, della stamperia camerale, dedicata ad ogni cardinale, eseguita da Carlo Antonini,13 «Fr. Carolus Franciscus Caselli, Alexandrinus, Ord. Servorum/ B. V. M. Archiep. Sidensis, S. R. E. Presb. Card. creatus, et in pectore reservatus / a SS. D. N. Pio PP. VII, in Consistorio secreto Palatii Quirinalis Feria II. / XXIII. Feb. 1801. et in altero Consistorio Feria II. IX Augusti 1802. publicatus // C. Antonini sculp. // Romae in Calcographia R. C. A.». Essi son stati eseguiti nel 1802, appena egli ha avuto la berretta cardinalizia, e quindi fanno ora parte dell’araldica vaticana. Mentre l’iscrizione sotto al dipinto, che si ferma alla parola publicatus è un misto di caratteri cubitali e minuscoli normali, quella dell’incisione è tutta in corsivo. La figura nella versione pittorica è lievemente più eretta, ma assai somigliante a quella dell’incisione. L’unica differenza sono gli scudi con l’arma papale e quella del cardinale, poiché nel dipinto arrivano quasi all’altezza dell’ovale, mentre nell’incisione appaiono alcuni centimetri più in 12 Come già accennato, da fonti autorevoli si ritiene che Caselli fosse stato riservato in pectore sin da Pio VI. 13 Ovale, busto di tre quarti voltato verso sinistra, in alto a sinistra lo stemma di Pio VII e a destra del cardinale, in basso epigrafe in corsivo, fatto da Carlo Antonini, Biblioteca Apostolica Vaticana, Card. Folio 6 (4: 22); Carlo Alberto PETRUCCI, Catalogo generale delle stampe tratte dai rami incisi posseduti dalla Calcografia Nazionale, 1953, n. 1196, p. 232. 12 Stampe colorate, allegoriche della «Firma del Concordato», differenti nelle rispettive scritte in basso. 13 basso. Un’altra osservazione da fare è sulle nappe del cappello cardinalizio, stranamente ridotte di numero, e nell’incisione lievemente più ingrossate. I ritratti eseguiti da Vincenzo Milione Il card. Caselli è raffigurato in un ritratto eseguito dal ritrattista calabrese Vincenzo Milione,14 eseguito nel 1802, è un’opera di sottile psicologia, con scritto nel cartiglio che ha in mano «A Sua Em.za R.ma / Il Sig. Cardinal / Caselli / Per / Vincenzo Milione / pittore al S. / Sudario a Roma» e sul retro della tela, ad inchiostro, «Originale. / Dipinse Vincenzo Milione in Roma al S. Sudario / Agosto 18 1802», lasciato in eredità alla nipote, Luigia Caselli, sposata con il conte Antonio Piola, tuttora di proprietà del discendente. Una copia di esso è stata eseguita dalla loro figlia Maria Teresa Piola Caselli nel 1857 ed è conservata dal ramo francese della famiglia. Un altro ritratto è custodito nella casa di un altro parente ad Alessandria, abbastanza simile peraltro alla posa definita dal Milione. A Foligno è stato ritrovato, in ambito ecclesiastico, un altro ritratto, ricalcante la posa suddetta, eseguito dieci giorni dopo dal medesimo e forse anche con il concorso di un suo allievo, in cui è scritto, nel cartiglio che ha in mano, «A Sua Em.za / R.ma il Sig.re / Cardinal Caselli / Per / Vincenzo Milione / pittore al S. Sudario / Roma Agosto 28 1802». La città di Alessandria gli chiede un ritratto. Dal Museo Civico di Alessandria è stato spostato nel conservatorio “Vivaldi” un grande ritratto dell’alto prelato, in cui egli è raffigurato nel proprio studio, seduto in poltrona davanti ad un tavolo, coperto da un tappeto cremisi (con appoggiato il Concordato rilegato e munito di sigilli, che egli ha tra le mani, dei libri appoggiati sul piano di esso, posti a gradini, e molti altri in due scaffali in alto, ad indicare che era uno studioso di questioni assai elevate), eseguito a Roma e inviato nella sua città d’origine su richiesta della cittadinanza.15 Infatti, dopo poco che Caselli era stato elevato alla dignità cardinalizia, il cittadino sindaco Pio Prati di Rovagnasco, a nome della città, con lettera dell’8 aprile 1803 (dal cardinale riscontrata garbatamente da Roma il 26 dello stesso mese), gli aveva chiesto un ritratto, che egli fatto eseguire, ed infatti l'anno dopo, il 14 marzo 1804 ha risposto, ancora da Roma, al sindaco; i latori della tela e della lettera sono stati il fratello del cardinale, padre Paolo Giuseppe Caselli, dell’ordine soppresso dei Servi di Maria, e il nipote Giuseppe Domenico Caselli. Redatto il processo verbale, il sindaco fatto a loro avere una lettera di ringraziamento per «accuser la récéption de votre magnifique portrait». Non sappiamo chi ne sia stato l’autore; in compenso risulta documentata la spesa per cornice, vernice ed illuminazione (ascesa a 93,10 franchi), essendo accorsa in duomo la popolazione, dove il grande dipinto era stato esposto, ad 14 Beatrice CIRULLI, Vincenzo Milione, Dizionario Biografico degli Italiani, v. 74. Questo ritratto avrebbe bisogno di essere “rintelato”, ma si perderebbe l’autografo dell’autore. 15 Arturo MENSI, Una raccolta d’arte sacra al Museo Civico di Alessandria, in «Alexandria», a. IV, 1936, n. 6; Francesco GASPAROLO, Il Cardinale Carlo Francesco Caselli, «Rivista di Storia, Arte e Archeologia della Provincia di Alessandria», 45, s. II, 1912. Il ritratto, 160 x 250 cm, di pittore attivo a Roma (1803-04), olio su tela, in ottimo stato di conservazione, dapprima era nella pinacoteca annessa alla biblioteca civica, attualmente è stato dato in deposito espositivo al Conservatorio di musica “A. Vivaldi” di Alessandria. 14 Sul retro della tela, ad inchiostro, «Originale. / Dipinse Vincenzo Milione in Roma al S. Sudario / Agosto 18 1802». 15 esprimere la propria devozione all’illustre concittadino ed a genuflettersi in raccoglimento per omaggiare la sua ardita impresa oltr’Alpe.16 Le grandi tele di Jacques-Louis David Passiamo ora a esaminare l’opera di David, di cui si conoscono due versioni: la più nota è quella al Louvre (cm. 979 x 621), il cui titolo, nella targhetta posta sulla cornice, è «Sacre de Napoléon 1er à Notre-Dame de Paris pour le pape Pie VII», anche se, in effetti, non si tratti di un Sacre ma di un’autoincoronazione; l’altra, molto simile, terminata durante l’esilio del pittore a Bruxelles, era collocata nello scalone d’onore della Oldway Mansion di Paignton, nella contea del Devonshire (penisola di Cornovaglia), intitolata «The crowning of Josephine by Napoleon, after David».17 Questa seconda versione, dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stata data alla Francia e quindi traslata nella “Salle du Sacre” a Versailles,18 mentre al suo posto è stata posta una gigantesca fotografia, ennesima dimostrazione del grande successo di questo dipinto. Va menzionato anche un altro grande quadro, oggi al Metropolitan Museum of Art, intitolato «The publish viewing David’s coronation at the Louvre», di Louis-Léopold Boilly,19 del 1810, rappresentante un folto gruppo di persone di tutte le età davanti al dipinto di David, molte delle quali ne discutono vivamente. Il card. Caselli nella vicenda dell’incoronazione di Napoleone Per comprendere i fatti rappresentati occorre ripercorrerne le tappe principali: Bonaparte, il 20 maggio 1804, da Primo Console era stato proclamato Imperatore dei Francesi, ma, per emulare i suoi predecessori sul trono di Francia, aveva invitato il papa a Parigi a consacrarlo (suscitando sgomento nella corte pontificia). Il pontefice, dovendovi andare onde mostrarsi grato per il ristabilimento del cattolicesimo in Francia, era passato così due volte per Parma, sia all’andata che al ritorno. Il 2 novembre il corteo papale si era mosso da Roma e, dopo alcuni giorni di viaggio, alle sette di sera del 9 era arrivato a Parma, salutato dal suono delle campane e dallo strepito delle artiglierie. Il papa era stato accolto da Moreau de Saint Mery ed alloggiato nel palazzo Sanvitale; la mattina seguente si era recato al collegio delle Orsoline, per un riguardo alla principessa Antonia di Borbone, figlia dell’Infante Ferdinando appena defunto, quindi al convento dei benedettini.20 16 F. GASPAROLO, Il Cardinale Carlo Francesco Caselli, p. 133. 17 Nel 1946 l’opera di David era stata restituita alla Francia e collocata a Versailles, poi nel 1995 è stata riprodotta fotograficamente nella Oldway Mansion («The Museums Journal», 1997/6). 18 La “Salle du Sacre”, già seconda cappella del castello di Versailles, venne fatta trasformare da Luigi Filippo allo scopo di completare il progetto di un “Museo della Storia di Francia”, venendo dedicata alla gloria di Napoleone, raggruppandovi alcune delle opere più significative della sua epopea. 19 Louis-Léopold Boilly (La Bassée 1761 – Parigi 1845). 19 Pio VII aveva soggiornato a lungo a Parma, durante la sua carriera ecclesiastica. In una nota si prevedeva che il corteo papale, partendo il 2 novembre ed arrivando a Parigi il 23, dovesse passare il 9 da Paullo (Pavullo nel Frignano) a Parma ed il 10 da Parma a Piacenza. In un altro appunto la partenza era fissata il 3, con 16 Copia, tratta dal dipinto di Vincenzo Milione, conservata da un ramo della famiglia ad Alessandria. l’arrivo a Parigi il 27, passando l’11 da Paullo a Parma ed il 12 da Parma a Piacenza. Itinerario di Sua Santità, Archives de France, F19, 1906/4 (b), mentre in (d), Itineraire modifié de Sa Sainteté, è menzionato solo il Segretario, in 1916/12, 3 Novembre, «Emo Caselli col suo seguito, e Mgr. Speroni Crocifero». Nel Diario del viaggio fatto per l’Italia in Francia da Pio VII Sommo Pontefice per incoronare in Parigi Napoleone Imperatore dei Francesi l’anno 1803 [1804!] con alcune notizie erudite sulle chiese di Francia scritto da Francesco Cancellieri Maestro di Camera dell’E.mo Antonelli e testimonio di vista e copiato dall’autografo, che ora si crede perduto, da Mgr. Fornici Maestro di Ceremonie Pontificie, Biblioteca Angelica, Mss 2191, leggiamo del Papa alla data 9 novembre (f. 19v): «Alle ore 7 della sera del dì 9 Nov. giunse al suono delle Campane e strepito dell’Artiglieria a Parma. Fù ricevuto dal Sig. Moreau de S. Mery Amministratore Gen.le, e Consigliere di Stato con tutti gl’Onori Militari, albergò nel Palazzo S. Vitali, ove Esso ed il suo seguito furono magnificamente trattati dallo stesso Sig.r Amministratore ed ivi ammise al bacio del piede varj distinti Soggetti; Nella seg.e mattina si portò al Collegio delle Orsoline per un distinto riguardo a S.A. Reale la Principessa Antonia Figlia del fù Infante D. Ferdinando di Parma, la quale si è consagrata colà a religiosa monastica vita; e poi recossi alla chiesa di S. Giovanni de’ Benedettini già correligiosi suoi, e del cui monastero fu Lettore di Filosofia e Teologia per molti anni, e ad 1 ora e mezza pomeridiana si accinse di nuovo al suo viaggio». Ciò è in sintonia con quanto scritto nel foglio della Biblioteca Palatina di Parma, F. di docum. Can. 125, “Parma a 10. Novembre 1804”, il quale offre qualche maggior dettaglio, in riferimento al 9 novembre, che si conclude così: «Gli Eminentissimi coviaggianti sono Borgia, De Pietro (Di Pietro), Antonelli, Braschi-Onesti, Boyanne (Bayane), Casselli (Caselli) n[ost]ro Vescovo, il quale dopo Cena passò a visitare, ed a pernottare nella sua Vescovile Abitazione». Caselli viaggiò col suo segretario, il cappellano, un cameriere e due servitori (si veda: Archives de France, Nota delle persone del seguito di Sua Santità). Come leggiamo in una lettera del canonico Vitale Loschi, vicario generale della diocesi di Parma, a Caselli, erano pronti a seguirlo a Parigi sia il sacerdote don Pellard che il dott. Moretti, i quali avrebbero spedito un baule grande o due piccoli con i furgoni pontifici (si veda, Curia di Parma: 1804, Caselli 10/j, 19 ottobre 1804; Pellard nella lettera del 18 dicembre; in quella del 16 ottobre è menzionato, nel seguito papale, anche il cardinal Fesch). Roma, Archivio di Stato, Miscellanea Affari Politici Riservati, b. 33: nota olografa di Caselli, «Preti che seco conduce il Card. Caselli, e che prenderà in Parma, sono il dott. Moretti M.ro di Camera, e D. Vincenzo Pellard Cappellano e Caudatario». Curia di Parma: 1804, Pellard il 27 novembre informava il conte can. Vitale Loschi di esser giunto a Parigi il 23 prima dell’aurora e che Caselli era arrivato «questa notte alle 2 e mezzo» e cinque ore dopo il dott. Moretti; Caselli il 10 dicembre scriveva a Loschi con aggiunte olografe in merito ad un eventuale lascito al Seminario del prevosto Castelli, poi al canonico Luigi Pellegrini, menzionando una lettera del marchese Cesare Ventura, non ancora recapitatagli. 17 Vincenzo Milione e allievi, replica, dipinto conservato a Foligno. Facevano parte del seguito pontificio i cardinali Leonardo Antonelli, Stefano Borgia (il quale però è morto strada facendo, a Lione), Michele Di Pietro e Carlo Francesco Caselli.21 Si 21 Caselli durante la sua carriera nell’Ordine dei Servi di Maria si era recato varie volte in questa regione, essendo stato per tre anni maestro di teologia a Montecchio (1767-1770) e poi colà predicatore annuale nel 1771; il 6 maggio era passato per Parma diretto a Torino; era tornato nella regione per il quaresimale a Guastalla nel 1776; nel 1782 aveva accompagnato il padre generale Pier Francesco Costa a Santa Maria di Platea a Piacenza, a San Rocco a Castel San Giovanni, a Santa Maria della Visitazione a Soragna, alla Santissima Annunziata a Guastalla e ancora nel 1785 nella visita alla Beata Vergine dell’Olmo a Montecchio, alla Beata Vergine della Ghiara a Reggio e a Santa Maria della Steccata a Parma. Divenuto a sua volta padre generale nel 1792, ne aveva informato anche il duca di Parma e Piacenza e infante di Spagna, quindi lo aveva ringraziato per avergli concesso come segretario padre Filippo Maria Cerasoli, il quale era stato per vent’anni all’università piacentina. L’anno dopo aveva visitato i conventi di Reggio e di Parma, il 1° giugno era stato ricevuto a Colorno dal duca, potendo così proseguire per Piacenza e rimanendovi un mese. In agosto era andato a Soragna, poi a Guastalla, era ritornato nuovamente a Parma, quindi a Montecchio e a Reggio. Aveva carteggiato con Filippo Bernardi, Giuseppe Canepari, Carlo Maria Bonfichi, Gaetano Angelo Mariani, Camillo Bruschetti, Agostino Casotti, Pellegrino Artusi, Pellegrino Marazzani, Gio Angelo Stabilini, Angelo Picchetti, Luigi Ghersi, Cerasoli (suo successore) ed altri, anche delle cittadine limitrofe. Nel 1793 era in relazione, tramite p. Angelo Mariani, con Cesare Ventura. Con il duca di Parma, durante il suo mandato, aveva avuto l’onore di carteggiare più volte direttamente, latore il p. provinciale Canepari, come vediamo nella lettera del 24 agosto 1796 riguardante la questione parrocchiale di Croara ed altri argomenti; ha inoltre 18 Ritratto del Card. Caselli, donato alla sua città natale, di autore operante a Roma non identificato, già al Museo Civico di Alessandria, ora al Conservatorio “Vivaldi”: una luce illumina il suo volto, in alto due scaffali di libri, simbolo di elevata sapienza. 19 erano aggiunti i cardinali Romualdo Braschi-Onesti e Alfonso Uberto Latier de Bayane. Il 28 il papa era arrivato a Parigi. Il 2 dicembre ha avuto luogo la solenne cerimonia del “Sacre” nella cattedrale parigina di Notre-Dame. Nello svolgimento di essa era previsto che il neo-imperatore incoronasse sua moglie, Josephine de Beauharnais, anche in ossequio al ruolo da essa svolto nell’ascesa politica del marito. A noi pare che Bonaparte avesse voluto coglier l’occasione per far spiccare il ruolo della donna nel Primo Impero, curando attentamente anche la presenza delle damigelle d’onore. Leggiamo come il segretario d’ambasciata francese, cavalier Artaud de Montor, descrisse la cerimonia della consacrazione e dell’incoronazione:22 «Napoleone sentì una viva impazienza, veggendosi sforzato ad abbandonare i costituzionali, e si tenne vinto. Egli decise che dopo la consacrazione s’incoronerebbe da sé stesso. Il due dicembre, a nove ore, sua Santità partì dal palazzo delle Tuileries per recarsi alla metropolitana, e discese dalla carrozza al vestibolo della grande scala appositamente costruita per condurla nelle sale dell’arcivescovado. Il Santo Padre fece poi il suo ingresso nella chiesa; era egli rivestito d’un piviale, colla tiara in testa,23 e fra mezzo ai due cardinali diaconi assistenti, Braschi, nipote di Pio VI, e di Bayane, Francese, i quali sostenevano da una parte e dall’altra i lembi del piviale. Il cardinale Antonelli, cardinale-vescovo assistente, lo precedeva; e lo seguiva il cardinale Caselli, cardinale-diacono dell’evangelo, in dalmatica. Nella grande navata, innanzi al trono dell’imperatore, ed alla destra, vedevasi un personaggio, la cui fisionomia pacata e meditabonda poteva eccitare l’attenzione. Gli occhi del Papa, che inoltravasi sotto il baldacchino portato dai canonici, aveano cercato questo personaggio, l’avevano ravvisato, e si erano per un istante fisi in lui. Questo personaggio era il senatore Cacault. Essendosi il Pontefice seduto sul suo trono, si disse Terza. Napoleone e Giuseppina partirono dalle Tuileries alle ore dieci: appena entrarono nella chiesa, la cerimonia incominciò. Quando il Papa chiese a Napoleone s’egli prometteva di mantenere la pace nella Chiesa di Dio Profiterisne, ec., rispose con ferma voce: Profiteor. Nell’atto della cerimonia della consacrazione, Napoleone e Giuseppina s’inginocchiarono appiè dell’altare su due cuscini. Finita la consacrazione, il Papa recitò l’orazione nella quale si domanda che l’imperadore sia il protettore delle vedove e degli orfani, e che distrugga l’infedeltà che sta celata e quella che fa mostra di sé in odio del nome cristiano. Dopo l’orazione in cui è detto: “Lo scettro del vostro impero è uno scettro di giustizia e di equità”, Napoleone salì sui gradi dell’altare, prese la corona, e se la pose in testa. Quindi dato di piglio a quella dell’imperadrice, tornò a lei, e l’incoronò. L’imperatrice ricevette la corona in ginocchio. La musica imperiale eseguì il Te Deum, il quale egualmente come la Messa, era composizione di Paisiello. L’orchestra componevasi di cinquecento parti. Compiuta la cerimonia, il corteggio imperiale dapprima, e quindi quello di sua Santità, tornarono alle Tuileries». Il cardinal Caselli aveva fatto parte del seguito del papa, avendo soggiornato a Parigi per parecchi mesi, per i complessi negoziati per il Concordato, essendo divenuto esperto delle questioni francesi.24 Ecco perché è raffigurato anche nella grande opera pittorica di David, la trattato del capitolo dell’Ordine tenutosi a Parma nel maggio 1797. Nel 1800 è passato nuovamente per Parma, diretto a Vercelli. 22 Forse, per non urtare la suscettibilità di alcune frange, il Moniteur del 3 aveva scritto molto genericamente, senza specificare di cosa si trattasse: «La grandezza di questa solennità non lascia allo spirito la libertà e la calma necessaria per dipingere in così poco tempo un sì magnifico spettacolo», e solo più tardi si sarebbe pubblicato il Processo verbale della cerimonia della consacrazione e della incoronazione dell’imperatore Napoleone e dell’imperatrice Giuseppina, in-4°, Dalla Stamperia Imperiale, anno XIII (1805). 23 Nella grande tela di David il papa non ha in testa la tiara, ma essa è al suo fianco destro, nelle mani del personaggio posto dietro al cardinal Caprara; in effetti, la tiara papale, fatta fare da Napoleone, al momento del Sacre non era stata ancora realizzata, è infatti arrivata a Roma in giugno e con lettera del 23 di quel mese Pio VII lo ha ringraziato, precisando «ne faremo uso per la prima volta nella prossima festa dei gloriosi apostoli Pietro e Paolo, celebrando il solenne pontificale nella basilica di San Pietro, e così tutta Roma, nel sommo pregio del dono, ammirerà la grandezza del donatore», ARTAUD. 24 Nel lungo periodo in cui Caselli era stato a Parigi, il 21 marzo 1801 la città era stata scossa dal fragore delle 20 Museo del Louvre, grande tela di Jean Louis DAVID, Le Sacre de Napoléon. Oldway Mansion, Paignton, The crowning of Josephine by Napoleon, di DAVID, grande copia fotografica sostitutiva. 21 quale ha uno svolgimento che merita una particolare attenzione: Napoleone desiderò che la cerimonia si svolgesse a Notre-Dame, anziché nella cattedrale di Reims, dove si facevano consacrare i re di Francia, sottintendendo così una rottura con il passato. Inoltre, nell’atto di porsi la corona sul capo, aveva assunto un imponente atteggiamento di sacralità, mentre Giuseppina, inginocchiata davanti a lui, attendeva pazientemente di essere anch’ella incoronata. Se si tracciasse un’ideale linea discendente verso sinistra, dal volto di Cristo del crocifisso sull’altare alla fronte di Napoleone, proiettandola ai lembi del manto di Giuseppina, la scena apparirebbe divisa in due: da una parte il mondo laico, con i molteplici personaggi della corte, e in quello complementare di destra il pontefice con quelli del suo seguito, rappresentanti la religione. Perciò la sua stessa presenza benedicente, in cauto atteggiamento anche di fronte all’iperbolico protagonismo imperiale, non perde di smalto, essendo egli comunque un’emanazione di venerabilità. Nell’opera pittorica di David, Napoleone ha in testa la corona aurea rappresentante serti di lauro intrecciati, a imitazione degli imperatori romani, mentre sta per posarne una più “europea” sul capo prono di Giuseppina, alzando le braccia per conferirle un senso di sublimazione. Anche in questo quadro vi è insinuato del falso storico, poiché vi figurano sicuramente almeno due personaggi rilevanti che in effetti non erano presenti alla cerimonia, ossia Madama Letizia, la madre di Napoleone, nel palchetto in basso (mentre in quello in alto vi è l’artista, intento a tracciare degli schizzi, con la sua famiglia), ed il cardinal Caprara, posto seduto accanto al papa, il quale invece era a Milano. Molte son state e sono ancora le considerazioni sul fatto che Napoleone si fosse posto la corona sul capo da sé, invece di farsi incoronare dal papa, il quale ha avuto, così, in questa fase della cerimonia, un ruolo più testimoniale che attivo. Sfugge a tutti che, aderendo a questo desiderio del neo-imperatore, il papa aveva messo in atto una delle sue tante astuzie: infatti, di fronte all’Europa e al mondo, non era lui ad incoronare Napoleone, per cui la sua presenza diveniva un atto dovuto, di ringraziamento, come di ospite d’onore, essendo stata restaurata la religione cattolica in Francia dopo la rivoluzione, per forte volere di Bonaparte. I personaggi rappresentati nella grande tela di David (anche se qualcuno non era effettivamente presente alla cerimonia) sono: Napoleone, Giuseppina, Pio VII, il card. legato Giovanni Battista Caprara Montecuccoli, Raphaël de Monachis (monaco melchita, orientalista), il cardinale-vescovo assistente Leonardo Antonelli, card. Carlo Francesco Caselli (diacono del Vangelo, in dalmatica), il card. Alphonse-Hubert de Latier de Bayane, Charles-François Lebrun (già terzo console, con in mano lo scettro da recare a Napoleone), Jean-Jacques Régis de Cambacérès (già secondo console, con la mano di giustizia da recare a Napoleone), Louis Alexandre Berthier (ministro della guerra, regge su un cuscino il globo imperiale, da recare a Napoleone), Charles Maurice de Talleyrand-Périgord (gran ciambellano, con il cesto per raccogliere poi il mantello dell’imperatore),25 Eugenio di Beauharnais, il gen. Caulaincourt (grande scudiero), il gen. Bernadotte, il salve d’artiglieria per festeggiare il trattato d’Aranjuez, con cui i ducati di Parma e Piacenza erano passati sotto l’egida della Francia, mentre a don Lodovico, figlio dell’Infante don Ferdinando, era stata assegnata la Toscana, con il titolo di re d’Etruria: proprio di fronte all’albergo dove Caselli alloggiava, questo re e la regina Maria Luisa (figlia di Carlo IV di Spagna e di Maria Luisa di Parma, quindi cugina del marito), erano stati ospiti del cavalier de Azara, il rappresentante di Spagna a Parigi, per cui il Segretario di Stato Consalvi non aveva mancato di render loro omaggio. Sull’argomento si veda Carlo PIOLA CASELLI, Carlo Francesco Caselli e il Concordato del 1801 tra Bonaparte e Pio VII, «Studi Storici dell’Ordine dei Servi di Maria», 2015, pp. 402 e 409; più ampiamente, Card. Carlo Francesco Caselli, in http://www.piolacaselli.altervista.org/cardinale-caselli/index.html. I fratelli Amoretti avevano dedicato al re l’edizione dei Sonetti sull’armonia del parmigiano Angelo Mazza. Consalvi, in una lettera del 25 giugno 1801 a Doria pro-segretario di Stato, aveva scritto che il 24 il Primo Console lo aveva invitato alla parata e 22 Le Couronnement. Couronnement de Leurs Majestés Impériales, le 2 Décembre 1804. 23 Le Sacre de Napoléon 1er par le pape Pie VII The coronation of Napoleon I 24 card. Joseph Fesch, Martin-Roch-Xavier Estève (tesoriere), il gen. Louis-Auguste Jouvenel des Ursins d'Harville, Gioacchino Murat (generale e marito di Carolina, recante su un cuscino la corona dell’imperatrice), il gen. Jean Mathieu Philibert Sérurier (con un cuscino per ricevere l’anello dell’imperatrice), il gen. Bon Adrien Jeannot de Moncey (con il cesto per raccogliere poi il mantello dell’imperatrice), il gen. Jean Baptiste Bessières, Louis Philippe de Ségur (gran maestro delle cerimonie), card. Jean-Baptiste de Belloy-Morangle (arcivescovo di Parigi), i vicari generali François Antoine Lejéas e Paul-Thérèse-David d'Astros, Adélaïde de La Rochefoucauld (dama d’onore di Giuseppina), Napoléon Louis Charles Bonaparte (figlio di Luigi e di Ortensia di Beauharnais), Giulia Clary (moglie di Giuseppe), Ortensia di Beauharnais (moglie di Luigi), Elisa Bonaparte sposata Baciocchi, Paolina sposata Borghese e Carolina sposata Murat (le tre sorelle di Napoleone, facenti funzione di damigelle d’onore di Giuseppina), Luigi, Giuseppe, il gen. sen. François Christophe Kellermann (recante la corona di Carlo Magno), il gen. François Joseph Lefebvre (recante la spada di Carlo Magno), il gen. Catherine-Dominique de Pérignon (recante lo scettro di Carlo Magno), il gen. Géraud Duroc, il gen. Jean-Andoche Junot, Auguste Laurent de Rémusat (prefetto di palazzo), Maria Letizia Ramolino (madre), madame de Fontanges, i ciambellani di madame mère, de Cossé-Brissac e de la Ville, madame del gen. Soult, ammir. Federico Carlo Gravina Cruyllas dei principi di Montevago (ambasciatore di Spagna), il gen. de Beaumont (gran scudiero di madame mère), il conte Johann Philipp von Cobenzl (ambasciatore d’Austria), John Armstrong Junior (ambasciatore degli Stati Uniti), Marescalchi (min. degli esteri della Repubblica Italiana), Mohammed Sayd-Haler effendi (ambasciatore della Sublime Porta), Wien, Gréty, David (autoritratto).26 Occorre notare che vari personaggi messi in scena recano all’imperatore i simboli del potere, mentre l’aspetto spirituale è nei crocifissi e nelle figure dei religiosi, tutti posti sui gradini dell’altare, compreso Napoleone, poiché ha restituito il culto cattolico alla Francia. Esistono anche delle stampe di questa importante opera, elenchiamo le principali: «Le Couronnement», con le diciture in alto, a caratteri cubitali, «Peint par David», con le successive scritte in linea, in corsivo, sotto la raffigurazione «Dessiné par Marchais. Gravé à l’Eauforte par Quéverdo. Terminé par Pigeot»; «Couronnement / de Leurs Majestés Impériales, le 2 Decembre 1804», con le scritte «À Paris chez Noël Freres M.de d’Estampes, Rue etc.» e «Déposé à la Biliothèque Impériale», sia in incisione in bianco e nero, sia (alla Biblioteca Nazionale di Francia) a colori; «Jacques-Louid David, The Coronation of Napoleon I», ed «In the Louvre, Engraved by Charkes State». poi al pranzo col re d’Etruria, quindi, verso la fine, aveva aggiunto: «vivo una vita circospettissima», sapendo solo che il re d’Etruria sarebbe partito il 2 luglio per Parma. Archivio Segreto Vaticano, AEN, Francia 12, THEINER, «Pièces Justificatives», pp. 45-48 e versione integrale tr. in fr., pp. 178-83. 26 Talleyrand, Berthier, Lebrun e Cambacérès indossanti gli abiti del tempo dell’incoronazione di Enrico IV. Forse era presente anche Émilie de Beauharnais (cugina di Ortensia e di Eugenio). Secondo Artaud, era presente anche Cacault; vi era inoltre mons. Speroni, crocifero. Notasi che i personaggi recano i segni del potere terreno, mentre il potere spirituale appare solo nei crocifissi, nei prelati e nel Papa. 26 Nel dipinto (979 x 621 cm) il card. Caselli è “dietro a Napoleone e secondo a destra del pontefice, con la mitra in testa” in dalmatica: PIOLA CASELLI, Il Card. Carlo Francesco Caselli nel periodo servita, napoleonico e di Maria Luigia, «Rivista Storica Svizzera», 26 (1978), pp. 33-86: 50, ma forse è il quarto (dopo il card. Caprara, il card. Braschi e l’abate Raphaël de Monachis), mentre non pare quello con il crocifisso, come indicano alcuni autori francesi. Nell’elenco, fatto dai francesi, non sono stati menzionati il card. Michele Di Pietro, né il card. Romualdo Braschi-Onesti (forse sostituito nell’immagine da Caprara o confuso con esso). 25 L’incoronazione. 26 Metropolitan Museum of Art, Louis-Léopold BOILLY, The publish viewing David’s coronation at the Louvre. Un francobollo del Cameroun ed una busta filatelica francese. 27 . Composizione di francobolli del «Sacre» di DAVID, conservato a Versailles, (sopra); (di lato e sotto) un Feuillet artistique philatelique, «Le Sacre de Napoléon 1804» su, carta ed un altro, differente, su seta 28 Quattro cartoline del “Sacre”. 29 Francobollo dell’Emirato Ras al Khaimah del 1969 (per posta aerea). Francobollo delle isole di São Tomé et Prìncipe del 2004. 30 Ricordiamo inoltre, tra l’altro, «Le Sacre de Napoléon 1er par le pape Pie VII», e «Prototypie originale d’après un tableau de David, pubblicata nel 1890 da Braun Clement & Cie.». La parte in cui è raffigurato Caselli è anche in un francobollo dell’Emirato Ras al Khaimah del 1969 (per posta aerea), in un francobollo di posta aerea del 1969 della République Federale du Cameroun), in una busta filatelica francese del 1973, in una composizione di francobolli raffiguranti il «Sacre de Napoléon 1er» di Versailles del 1995, in un “Feuillet artistique philatelique”, «Le Sacre de Napoléon 1804», in altri due, composti diversamente, uno dei quali su seta, in un francobollo delle isole di São Tomé et Prìncipe del 2004, oltre che in varie cartoline francesi. Caselli ha fatto anche parte del seguito del papa quando si è recato in visita alla Malmaison per dei colloqui riservati con Napoleone.27 Caselli a Parma Solamente il 1° maggio 1805, al ritorno da Parigi dal “Sacre”, Caselli ha potuto fare il suo ingresso solenne in cattedrale a Parma, per accogliervi, poco dopo, Pio VII. Il motivo della scelta di assegnare a Caselli questa diocesi viene confermato da una lettera di Consalvi al cardinal Caprara a Parigi, trattandosi di un prelato ritenuto gradito a Napoleone per la sua politica concordataria, essendoci delle remore relative ai diritti del papato sui ducati di Parma e Piacenza.28 Come già arcivescovo di Sida e poi vescovo di Parma (con dignità arcivescovile e cardinalizia), dei primi anni della sua attività pastorale vi sono tre ritratti, conservati nel Palazzo Vescovile, uno dei quali proveniente dal seminario, al quale ha lasciato (per testamento) la sua biblioteca (non si sa che fine essa abbia fatto) ed una villa fuori città. Uno dei tre ritratti è stato eseguito da Francesco Callani, ed è forse il primo, poiché in esso l’effigiato si erge in piedi nel suo studio, con un libro nella mano destra su cui si legge un titolo a caratteri cubitali, espressivo della sua politica concordataria attuata coi Francesi, «Romae / cum Gallia / Conventum», trattandosi del Concordato, come si evince dalla bolla allegata, la mano sinistra appoggiata su un tappeto rosso,29 con scritto, in epigrafe, con altrettanti caratteri cubitali: «Fr. Carolus. Francus. Caselli. Card. Ecclesiae. Parm. Antistes. / Purpurae. Suae. Splendorem. Collegio. Theol. Impertiit».30 Questo ritratto, per il Seminario, è stato concepito per celebrare il suo insediamento a Parma (annessa già di fatto alla Francia), a gloria del suo difficilissimo negoziato diplomatico ed a calcare le sue buone relazioni stabilite con Parigi. 27 Carlo PIOLA CASELLI: La visita di Pio VII alla Malmaison, «Rivista Italiana di Studi Napoleonici» a cura del Centro Nazionale di Studi Napoleonici e di Storia dell'Elba, n. 2, a. xxv (nuova serie), 1988, pp. 47-63; La visite de Pie VII à Malmaison, «Société des Amis de Malmaison», Bulletin 1988, pp. 21-26. 28 Archives de France, F19.1916, d. 2, pièce 16, lett. di Consalvi a Caprara, 11 gennaio 1804. 29 Federica DALLASTA, Annetta ROZZI, Francesco Callani pittore parmigiano (1779-1844), «Aurea Parma», 80, 2006, p. 66: lo stesso ritratto è stato riportato in copertina da Achille MEZZADRI, Carlo Francesco Caselli consigliere intimo di Maria Luigia, Parma, 1978. 30 Parma, Palazzo Vescovile, sala del Collegio Teologico, 91,4 x 126,8 cm. 31 Francesco CALLANI, ritratto del card. Caselli, con in mano il Concordato, eseguito, quando si è insediato a Parma, per il Seminario. 32 Un secondo dipinto è quello eseguito da Antonio Bresciani, con mano benedicente e, nello sfondo, oltre il tendaggio, la cattedrale e il battistero.31 Il terzo ritratto è invece di autore ignoto, recentemente attribuito al pennello di Biagio Martini,32 benché ricalchi moltissimo il suddetto dipinto di Bresciani. Altri ritratti del card. Caselli Nell’ambito di strutture religiose, ne è conservato uno (come già accennato) di Vincenzo Milione a Foligno, del 1802, ed un altro, di autore non precisato, a Sinigallia, mentre sul retro è specificato che era stato fatto eseguire dal priore Filippo Struzziero «per ricordare l’umanità dimostrata per tre volte dal porporato verso i Confratelli».33 Un piccolo ritratto era nel convento di San Giacomo della Vittoria, dei padri serviti, ad Alessandria, però venne poi trasferito in quello di Santo Stefano. Sicuramente ve ne sono anche degli altri che speriamo in seguito vengano in luce. Occorre però considerare che, con la soppressione di vari ordini religiosi (tra cui quello dei Serviti), molti conventi erano entrati in crisi anche economica, Occorre anche ricordarne uno fatto da Pietro Narducci, di proprietà degli Uffizi ed esposto a Palazzo Pitti a Firenze (che presenta identica posa e fattura di un altro conservato da un terzo ramo della famiglia Piola Caselli), 34 proveniente anch’esso dalla collezione di un discendente dei Caselli, il conte Gamba Ghiselli, esposto nel 1975 nella mostra I maestri di Brera. Nella Galleria del santuario di Santa Maria della Steccata a Parma vi è l’arma del cardinal Caselli, essendo egli stato nominato, da Maria Luigia, Gran Priore del S. A. I. Ordine Costantiniano di San Giorgio.35 Difensore della città di Parma Nel suo monumento funebre sarà scolpita una donna che piange, simbolo della città rattristata dal distacco dal suo amatissimo pastore. C'è un’interessante lode relativa anche a 31 Parma, Palazzo Vescovile, databile tra il 1805 ed il 1817, 72,5 x 91,2 cm. 32 Parma, Palazzo Vescovile, salone dei Vescovi, databile tra il 1804 e d il 1828, 46,5 x 60 cm. 33 Nel cartiglio che il cardinale ha in mano vi è scritto unicamente: «A Sua Em(inen)za R.ma / Il Sig. Card.le Caselli / de Servi di Maria / Per». 34 Opere di questo pittore in Vittorio NATALE, Arti figurative a Biella e a Vercelli. L’Ottocento, «Biverbanca», Biella, 2006. Ritratto, 61 x 49 cm. 35 Nei depositi della sacrestia di San Marcello al Corso erano conservate le portiere della carrozza, con dipinto lo scudo della sua arma. Nel Palazzo Vescovile di Parma, come si legge ne Le mostre di Maria Luigia, n. 16, vi sono, del Card. Caselli: un ostensorio, di metallo dorato e argentato, anima in legno, vetro policromo, h 74,8 cm, raggera diam. cm 33,1 e larghezza piede cm 23; una teca eucaristica, ottone dorato cesellato, h. cm 5,8 e diam. cm 10,6; una teca ovale dorata con filigrana in argento, h cm 36,3, larghezza del piede cm 14,7 e profondità cm 9. 33 Palazzo Vescovile di Parma, altri due ritratti: questo (di lato) eseguito da Antonio BRESCIANI, l’altro (sotto) attribuito a Biagio Martini, però si nota una notevole identità di esecuzione, mentre marcata è la somiglianza anche con il ritratto eseguito da Pietro Narducci. questo particolare frangente, dettata da 34 Pietro Contrucci e raccolta nelle sue Epigrafi ai grandi italiani.36 Monsignor Arnaldo Marocchi ha ricostruito l’episodio storico di cui il vescovo di Parma era stato protagonista:37 il vice re Eugenio era intento a difendere il Settentrione, tuttavia gli austriaci, con Murat e Nugent, il 13 febbraio 1814 erano riusciti ad entrare in Parma, accolti festosamente, senonché due settimane e mezzo dopo, il 2 marzo, i francesi ne avevano ripreso la piazza, ricevuti anch’essi nella stessa maniera, per cui la città aveva corso il grave rischio del saccheggio punitivo, con tutte le conseguenze.38 Le famiglie dei francesi rimaste in città erano accorse dal vescovo, unica voce autorevole in tanta confusione, per tenere a bada lo scalpitante generale Paul Grénier e per cercare di interporre un senso di pacificazione degli animi, cosa che Caselli ha fatto valere nella sua lettera al principe Eugenio (definita da Marocchi «di grande abilità e furbizia»), datata 6 marzo ed affidata ad una deputazione cittadina composta dal consigliere di prefettura Ferdinando Cornacchia, nonché dai professori Jacopo Tommasini e Giuseppe Bertani dell’Accademia, in cui ha scritto, fra l’altro: «Io imploro quindi in favore della mia diocesi la vostra umanità e la vostra giustizia», al che egli ha risposto rispettosissimamente, dal suo quartier generale di Mantova, il 9 marzo: «la testimonianza di devozione dei vostri diocesani che voi mi date, è stata nello stesso tempo per me motivo di indulgenza per il passato ed una sicura garanzia di buona condotta per il futuro. Io prego Dio, mons. Card. Caselli, arcivescovo di Parma, che Egli vi abbia nella Sua santa e degna custodia». Senonché contemporaneamente gli avversari sono rientrati in Parma e pochi giorni appresso, il 14 marzo, Napoleone, infuriato del tradimento di Murat, per porgli un diaframma nello scacchiere italiano, ha decretato la restituzione dei dipartimenti del Tevere e del Trasimeno al papa e la consegna della sua sacra persona nelle mani degli austriaci, capeggianti sulle rive del Taro. Quando poi è stato sconfitto sconfitto, l’11 aprile a Fontainebleau le potenze europee hanno deciso di affidare i ducati di Parma e Piacenza a Maria Luigia, figlia dell’imperatore d’Austria e moglie dell’ex imperatore francese. Con la Restaurazione, la tela di Girolamo Paolo Brusco a Savona Con la Restaurazione, inutile dire che Caselli, avendo trovato la difficilissima, pressoché impossibile, soluzione per la stipula del concordato, ed essendo riuscito a sabotare il Concilio nazionale di Parigi del 1811, voluto da Napoleone, all’apice della propria potenza, alla sua 36 Pietro CONTRUCCI, Opere edite ed inedite del Prof., Pistoia, 1841, p. II, «Iscrizioni Italiane», a p. 105, «CARLO CASELLI / OPERATORE CHE TRA FRANCIA E ROMA / SI STABILISSE IL GRAN PATTO / RICONCILIANTE ALLA MADRE PRIMOGENITA; / NOBILISSIMO FRA I CARDINALI; / NEI POLITICI NEGOZII / E NEL SENATO NAPOLEONICO / ARGOMENTO DELLA SAPIENZA ITALIANA; / CONTRO ALLA FEROCIA DI STRANIERE MILIZIE / SCUDO AL POPOLO PARMENSE / ASSICURÒ AL SUO NOME / MEMORIA NON PERITURA», con anche Elogio di Eufrosina Caselli (Eufrosina Fabroni, moglie del conte Damiano Caselli, nipote del cardinale), pp. 172-80, in cui è menzionato il card. Caselli a p. 175. L’autore, nato a Calamecca, fraz. di Piteglio, in prov. di Pistoia, era amico della famiglia Fabroni. 37 Arnaldo MAROCCHI, Un episodio inedito della fine del dominio francese in Parma. Come il Card. Caselli calmò il Principe Eugenio Napoleone, «Gazzetta di Parma», 24 novembre 1969. 38 Lettere riportate per esteso da C. PIOLA CASELLI, Il cardinale Carlo Francesco Caselli, pp. 72-73: episodio descritto da Giovanni Maria Allodi, da Arnaldo Marocchi e da Leny Montagna, riportato nella «Gazzetta di Parma», 15 e 25 agosto, 24 novembre, 29 dicembre 1969, 24 novembre 1970. Un contemporaneo, Francesco CHERBI, Le grandi epoche sacre, cit., 1839, t. III, p. 493, ha sintetizzato incisivamente: «4 marzo, ingresso dei Francesi in Parma. Generale Conte Grenier. Illuminazione. Parma salvata dal Caselli dal sacco. Austro-Britanni, e Napolitani in Parma nuovamente ai 9 detto». 35 epoca era diventato un personaggio talmente importante che il re di Francia, Luigi XVIII, in due sue lettere del 1° febbraio 1817 e del 26 febbraio 1821, controfirmate dai suoi ministri, gli aveva risposto, in ciascuna di esse, con il ripetuto appellativo vocativo onorifico di “mio cugino”.39 Quando nel 1807 Napoleone era giunto nell’Italia del nord, Pio VII gli aveva inviato incontro il card. Caselli insieme al card. Opizzoni; nel luglio 1810 è stato l’imperatore ad inviare i cardinali Caselli e Spina a Savona dal Papa, per dei tentativi che, come essi sapevano, sarebbero stati infruttuosi ed infatti, l’abilità del pontefice era stata proprio quella di dar loro delle direttive, non tanto a voce quanto tacendo, o in un monologo, minuziosamente calcolato, con note acutissime di lamentele apparentemente vane e con sfumature da ritenersi quasi banali, che erano riuscite ad eludere la scaltrezza del prefetto Chabrol de Volvic, il quale aveva predisposto un sistema di spionaggio molto avanzato. L’abilità di Spina e di Caselli era stata proprio nell’interpretare una gamma di ermetici accenti, in un incontro avvenuto dopo averli fatti attendere due giorni prima di essere ammessi all’udienza, quasi a volerli far meditare fino all’esasperata interpretazione sull’importanza di quello che non avrebbe detto loro ma che essi avrebbero dovuto chiaramente intendere.40 Anche in memoria del lungo soggiorno forzato a Savona di Pio VII (dal 17 agosto 1809 alla notte tra il 9 ed il 10 giugno 1812), il pittore Paolo Gerolamo Brusco (detto il Bruschetto) ha dipinto, con vena estemporanea, come era sua abitudine, per la poi demolita chiesa savonese di Santa Croce, dei Servi di Maria di via Untoria (nel rione da lui frequentato), una grande tela, «Pio VII a Savona consegna a Padre Pellegrino Boselli i decreti per la beatificazione della Serva di Maria, Elisabetta Picenardi, e di due Servi di Maria, Girolamo Ranuzzi ed Andrea Dotti»,41 ora di proprietà del Comune di Savona, conservata da oltre un 39 Lettera con regio timbro ceralaccato a secco, «Mon Cousin, J’ai reçu la lettre que vous m’avez écrite à l’occasion des dernières fêtes de Noël. Les assurances que vous me donnez de vos sentimens et les voeux que vous formez pour ma personne et pour l’avantage de ma Couronne m‘ont causé une vive satisfaction. Cette démarche ne peut qu’augmenter la part que vous avez dans mon estime et dans mon affection, et il me sera toujours agréable de vous en renouveller les témoignages. Sur ce Je prie Dieu, Mon Cousin, qu’il vous ait en sa sainte et digne garde. Ecrit à Paris le 1er Février 1817. Louis / Richelieu», la cui controfirma è di Armand Emmanuel de Vignerot du Plessis de Richelieu; lettera con busta, «A Mon Cousin / Le Cardinal Caselli», senza timbro, controfirmata, «Mon Cousin, Je reconnais dans votre empressement à m’assurer des voeux que vous formez pour ma personne et pour ma famille à l’occasion du nouvel an, le zèle qui vous a toujours animé en ma faveur. Cette nouvelle preuve de vos sentiments me fait éprouver beaucoup de satisfaction, et vous devez croire que me sera toujours très agréable de trouver l’occasion de vous faire éprouver les éffets de l’estime qu’ils m’espirent et de la parfaite affection que J’ai pour vous. Sur ce Je prie Dieu, Mon Cousin, qu’il vous ait en sa sainte et digne garde. Ecrit à Paris le 26 Février 1821. Louis /(controfirma illeggibile)» Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Autografi fondo Tordi, altre lettere di Carlo Felice, Carlo IV re di Spagna, Maria Luigia di Parma regina di Spagna, Maria Luisa di Borbone regina d’Etruria, Federico Augusto III re di Sassonia, molte di Maria Luigia arciduchessa di Parma ex imperatrice, Maria Luisa duchessa d’Etruria poi duchessa di Lucca, Vittorio Emanuele I re di Sardegna, Maria Cristina regina di Sardegna, Maria Teresa di Savoia moglie di Carlo II duca di Lucca, di Carlo Emanuele IV re di Sardegna, Ferdinando VII re di Spagna, Francesco Melzi d’Eril. 40 C. PIOLA CASELLI, Le letture diplomatiche del card. Caselli etc., cit., p. 294. 41 Si riteneva erroneamente che il titolo del quadro potesse essere «Pio VII consegna a Padre Boselli i decreti per i Beati Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria», invece questa più approfondita indagine, nell’Archivio generalizio dei Servi di Maria, ci ha consentito, grazie anche al valente archivista Odir Dias, di formularlo in modo esatto, potendo così rettificare quanto accennato da: Carlo PIOLA CASELLI, Il cardinale Carlo Francesco Caselli nel periodo servita, napoleonico e di Maria Luigia, «Schweizerische Zeitschrift für Geschichte», 1976, p. 58; Sarah PAGANO, La compagnia di Nostra Signora Addolorata di Savona. Documenti per la storia e il patrimonio artistico, «Atti della Società Ligure di Storia Patria», 2018, pp. 153, 36 Paolo Gerolamo BRUSCO, Pio VII a Savona consegna a Padre Pellegrino Boselli i decreti per la beatificazione della Serva di Maria, Elisabetta Picenardi, e di due Servi di Maria, Girolamo Ranuzzi ed Andrea Dotti. Nel dipinto, del 1818, il primo a sinistra, è il card. Caselli. 37 secolo in un locale dell’Associazione «A Campanassa»,42 nella quale è raffigurato anche Caselli. La realizzazione di questo dipinto è infatti da ascriversi al periodo degli inizi della Restaurazione, in ricordo di quando, per evitare un imbarazzante incontro e quindi qualsiasi ipotesi di compromesso politico con Murat, Pio VII nel 1815 era fuggito da Roma verso il Nord dell’Italia, arrivando a Genova e quindi facendo una puntata a Savona, dove era stato costretto a sostare qualche anno prima da Napoleone. Infatti non è un’opera da datare al periodo della “cattività savonese”, ossia al periodo napoleonico in cui il papa era stato relegato a Savona, anche perché sul baldacchino del trono papale è posto lo stemma papale con sopra il triregno, simbolo di sovranità terrena e celeste. A Roma, nell’archivio della curia generalizia dell’Ordine dei Servi di Maria è stata rinvenuta una lettera, datata Savona, «Santa Croce, 20 ottobre 1818», di Padre Pellegrino Boselli al suo superiore,43 il Padre Generale Stefano Antonmarchi,44 che riportiamo integralmente, la cui seconda parte ci offre delucidazioni sull’opera oggetto del nostro esame: «Sino dal dì 12 del corrente ho ricevuto la desiderata dispensa in tutto e per tutto conforme ai desiderii del M[olt]° R[everend]° P[adre]Pirattoni,45 onde non posso, se non che rendere grazie infinite alla premura avuta dalla P.V.R.ssma come pure alla attività del R.mo P. Procuratore G[e]n[er]ale, quale prego per mezzo di queste due righe, che avendo occasione di mandare danari al Convento di Genova trattenga appresso di se scudi Romani sei; quali io da Savona subito farò avere ai Padri di Genova; e questi se non in tutto, almeno in parte per le spese occorse; sperando di poter vieppiù compensare in altra occasione. Per l’amicizia antica e costante, che godo col M.° R.° P. Preposito Carlo Bartoli Domenicano latore per sua bontà della presente, Le rimetto le copie e il concordato fatto colla Curia Arcivescovile di Genova per l’accettazione della Parrocchia di S. Andrea in chiesa nostra, come V.P.R.ssma mi ha ordinato, come pure le presento il desiderio che avrebbero alcuni benefattori, cioè che essendosi fatto per ornamento laterale di S. Sanctorum un Quadro rapresentante il Sommo Pontefice Pio papa VII in atto di porgere alla E.V.R.ma assieme con altri Religiosi a suoi piedi prostrata i decreti de nostri B. Girolamo Ranuzzi,46 B. 164; la descrizione che ne ha fatta Adolfo Lorenzo GAIBISSI, Pio VII nei pittori savonesi, 1938, pp. 7-8 con ill.: «Il Brusco per sua parte intese a tramandare anche questo episodio della dimora tra noi del Pontefice. In una grande tela per la chiesa dei Serviti in via Untoria, attigua alla sua dimora, ritrasse la consegna al servita Padre Boselli dei decreti per i Beati Fondatori dell’Ordine [son queste parole che hanno tratto in inganno, poiché effettivamente il Papa ha emesso anche degli altri decreti riguardanti i Beati Fondatori]. Il Papa è seduto in trono ed ha ai lati il Cardinale Caselli dei Servi di Maria ed altro dignitario. Il quadro trovasi ora nel salone della “Campanassa”, ed ispirò un periodo della sua lirica prosa al venerando statista savonese [Paolo Boselli], imparentato con il religioso riprodotto nel dipinto, quando ne ricevette una riproduzione fotografica: “È augurio, che luce e tocca / fede, che conforta / arte, che solleva / Savona sacra, che ispira / senso famigliare, che muove l’animo nei ricordi”». 42 Savona, Associazione «A Campanassa», Complesso del Brandale, sala dell’Anziania. 43 Pellegrino Boselli, in Gabriele ROSCHINI, Galleria servitana, Roma, 1976, a p. 521; la lettera è conservata nell’«Archivium Generale Fratrum Servorum Sanctae Mariae, R.mo Antommarchi», 1818, f. 42 r-v. 44 Stefano Antonmarchi [Antommarchi], Vicario Generale Apostolico O(rdine) S(ervi) M(aria) ossia Padre Generale: Pio VII lo nominò vicario Apostolico dell’Ordine dei Servi di Maria, per recuperare i conventi che erano stati soppressi. G. ROSCHINI, Ibidem, p. 521-22. 45 Vittorio Amedeo Maria Pirattoni, Padre Provinciale, con facoltà datagli dalla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari di allontanarsi da Roma per recuperare, nel Regno di Sardegna, quindi anche in Liguria, i conventi, dopo le soppressioni napoleoniche. G. ROSCHINI, Ibidem, pp. 522-23. 46 Girolamo Ranuzzi, di Sant’Angelo in Vado. 38 Opera postuma, pubblicata come «Araldica Vaticana», evidenzia gli anni «1792-1798», senza precisare trattarsi del periodo in cui è stato Padre Generale dell’Ordine dei Servi di Maria, mentre solamente in alto, in piccolo, previo attenta lettura, son scritti gli anni del cardinalato, 1802-1828. Raffinata esecuzione, di artista non identificato, conservata a Sinigallia. 39 Ritratto conservato da un ramo della famiglia, attribuibile ad allievo di Pietro NARDUCCI. Pietro NARDUCCI, ritratto del Card. Caselli, proprietà degli Uffizi, esposto a palazzo Pitti. 40 Andrea Doti (Dotti),47 B. Elisabetta Picinardi (Picenardi)48 i quali in gloria sono assieme con Maria SS.ma Addolorata rappresentati in detto quadro. Fra i due Cardinali assistenti al Soglio Pontificio vi è il nostro Caselli con la porpora nera o sia del nostro Ordine. Il desiderio come dicevo sarebbe di volere incidere in marmo l’inscrizione lapidaria che qui le accludo, pregando la P.V.R.ssma a degnarsi di legerla, corregerla, rinovarla e se si degna poi la sua approvazione per poterla mettere sotto il mentovato quadro in tutto e per tutto come meglio mi verrà spedita dalla P.V.R.ssma per mezzo del mio Car.mo Amico, quale per quanto posso, e per quanto la bontà della P.V.(R.)ssma mi permette, di cuore le raccomando supplicandola a presentarlo per mezzo d’alcuno al P.R.ssmo Bentivegni, affine possa riuscire nei communi voti di questa città come dal medesimo intenderà, sperando adunque sulla protezione di V.P.R.ssma infinite le rendo, e radopio le grazie in atto che colla più umile riverenza, Le bacio il S. Abito». La realizzazione di questo dipinto, riferentesi ad un evento storico del 1815, è quindi da ascriversi al 1818. Si tratta di un elaborato molto interessante e di fine qualità: a dominare la scena vediamo il papa, tra i personaggi di questo mondo, posto più in alto, seduto, in atteggiamento trepidante, aulicamente in trono sotto ad un baldacchino, colto di tre quarti, rivolto verso la nostra destra, in atto benedicente con la mano e con quella sinistra sui decreti, riuniti in fascicolo, sulla cui copertina è scritto, a mano, a caratteri cubitali, «Decreta Pro Beatis etc.»; non lo porge, ma appoggia tutto il palmo su di esso, come per imprimervi la sacralità confirmatoria di una promessa fatta, documento sorretto da padre Boselli, inginocchiato sul gradino; alla sinistra di Pio VII (quindi sulla destra del dipinto) è raffigurato il cardinal Giuseppe Spina,49 arcivescovo di Genova (che è stato sempre al suo fianco in questi giorni) a lui rivolto e con una mano indicante verso l’alto, come una piccola antenna, per connettere a Sua Santità l’entità “celeste” (la graziosa Vergine Maria, sovrastante tutti, con tre figure inginocchiate ai suoi piedi, intenta particolarmente verso la beata e avendo affiancati gli altri due beati colti in sacra conversazione tra di loro, uno col palmo della mano verso la scena terrena); alla destra del papa (quindi alla sinistra estrema della scena) si trova Caselli, anch’egli in posizione eretta, ai piedi degli scalini del trono (riconoscibile dallo zucchetto rosso e dalla sobria porpora cardinalizia, essendo vestito di nero, in quanto servita); sotto la mano alzata di Spina si vede la testa del Padre Boselli, il quale è con un seguito di quattro altri confratelli ancora in piedi, tutti sotto la nuvola paradisiaca; Caselli, di profilo, ravviva anch’egli garbatamente la scena con cenni delle mani, la sinistra verso il papa e la destra verso gli altri. I due cardinali hanno un aspetto ringiovanito, sottintendendo forse la nuova era della restaurazione.50 47 Andrea Dotti, di Sansepolcro. Costantino BATTINI, Memorie della vita del Beato Andrea Dotti di Sansepolcro dell’Ordine dei Servi di M.V., Firenze, 1807, con dedica a mons. Costaguti, in cui sono menzionati anche l’altro beato e l’altra beata. 48 Sulla beata Elisabetta Picenardi, di Cremona, notizie in Archivio di Stato di Cremona, Archivio Sommi Picenardi, b. 49. 49 Si può raffrontare il volto del Card. Giuseppe Spina con il disegno in A. COMANDINI, II, p. 102. 50 Il 10 aprile 1815 Pio VII è tornato volontariamente per qualche giorno a Savona, per incoronare la Madonna della Misericordia nel santuario a lei dedicato a pochi chilometri dalla città, seguito dal re di Sardegna Vittorio Emanuele I, dal principe di Carignano (il futuro re Carlo Alberto), dalla duchessa Beatrice di Modena (figlia di Vittorio Emanuele), dalla regina d’Etruria con il figlio Infante di Spagna (poi principe di Lucca), da cardinali e prelati. Come mi precisò A. Clementi (un sacerdote savonese), il Padre Boselli presenta a Pio VII «un memoriale di grazia», ecco perché il palmo della mano del pontefice sul documento, come un particolarissimo imprimatur, avendo avuto questo religioso un ruolo tanto importante quanto pericolosamente segreto nel lungo periodo in cui Pio VII era stato costretto a Savona, in momenti così complessi e delicati, nel fare anche da tramite con Caselli, inviato da Napoleone in missione con Spina presso il papa, Carlo PIOLA CASELLI: Le letture diplomatiche del Card. Caselli consigliere di Maria Luigia nella corrispondenza con il Conte di Neipperg, «Archivio Storico per le Province Parmensi», 1978, p. 294; Il Card. Carlo Francesco Caselli etc., cit., pp. 60-61; Caselli ha seguito il papa in Liguria nel 1815, come attestano i F.lli Angelo e Marcello REMONDINI, Pio VII in Genova e nella Liguria l’anno 1815, Genova, 1872, a p. 27. Sul soggiorno di Pio VII a Savona: Storia ecclesiastica di Genova e della Liguria dai tempi 41 Caselli in un’acquaforte acquarellata: la benedizione per il Ponte sul Taro Pochi anni dopo, ossia nel periodo in cui Caselli è stato consigliere di Maria Luigia, egli è stato raffigurato in un’acquaforte acquerellata, catalogata come «Cerimonia della posa della prima pietra del Ponte sul Taro», conservata al Museo Glauco Lombardi di Parma.51 Questo ponte, progettato dall’ingegner Antonio Cocconcelli, è uno degli atti del buon governo della sovrana, poiché con tale costruzione ella ha dato lavoro a molti sudditi nei periodi di minor impegno per l’agricoltura, facendo nello stesso tempo realizzare un’opera pubblica di grande importanza.52 Leggiamo la didascalia, in bel corsivo, di tre lunghe righe, in epigrafe alla stampa: «Sua Maestà la Principessa Imperiale Maria Luigia Arciduchessa d’Austria Duchessa di Parma, Piacenza & Guastalla si è degnata di solennizzare la Cerimonia di porre la Pietra e Medaglie / nelle fondamenta della nuova fabbrica del ponte sul Taro, corteggiata da S.A.I. l’Arciduca Raineri Vice Re del Regno Lombardo Veneto, da S. Em.za il Cardinale Caselli / Arcivescovo Vescovo di Parma, S.E. il Sig. Generale Conte di Neipperg Cavaliere d’Onore della prelodata Maestà Sua, come pure dalle Nobilissime Dame, e dal Clero il giorno 10. Ottobre dell’Anno 1819». Dobbiamo però osservare che, se l’autore ha voluto indicare aulicamente Caselli nel corteo, ciò non risulti storicamente esatto, poiché, dalla cronaca della giornata emerge che egli non fu uno spettatore (come l’arciduca Raineri, ospite d’onore, il quale si limitò a firmare la pergamena, e il conte di Neipperg, attivo solo nell’organizzazione dell’evento), desumendo dagli atti l'incontro convergente di due cortei abbinati, uno religioso, capeggiato dal cardinalevescovo, e l’altro civile, capeggiato da Maria Luigia.53 apostolici sino all’anno 1838, Torino, 1838, pp. 473-79; F.lli Domenico e Francesco MARTINENGO, Pio VII in Savona, 1936. 51 Parma, Museo Glauco Lombardi, n. 1035 (ex 551), detta anche «Cerimonia di posa della pietra augurale del Ponte sul Taro» Sala Maria Luigia: «Sua Maestà la Principessa Imperiale Maria Luigia Arciduchessa d’Austria e Duchessa di Parma Piacenza & Guastalla si è degnata di solennizzare la Cerimonia di porre la pietra e medaglie nelle fondamenta della nuova fabbrica del ponte sul Taro», 50 x 35 cm, ill. in Anna MAVILLA, Maria Luigia, Parma, 2007, pp. 86-87. Marianna PRAMPOLINI, La Duchessa Maria Luigia, Bergamo, 1942. 52 Come ha annotato l’ing. COCCONCELLI (il quale già aveva realizzato alcuni tratti della strada tra Ajaccio e Bastia, riscuotendo le lodi di Napoleone), nel suo diario: «Ella fece sorgere sì gran monumento con tanta maggior lode perché volle, togliendo a se stessa senza gravitare con nuovi tributi sulle genti a Lei soggette, ed il volle nella calamitosa circostanza di crudele biennale carestia, impiegando numerosi affamati, con duplice avvedutissimo consiglio di provvedere alla loro sussistenza, e di volgerne l’opera a pubblico vantaggio». Nella realizzazione (1816-1821) era stato coadiuvato da Giambattista Ferrari e dall'imprenditore Amedeo Rosazza; esso (lungo 565,5 m, largo 8 m, su 19 pile e 20 arcate), preventivato per 1,2 milioni di lire, ne costò più di 2. Antonio SPINOSA, Maria Luisa d'Austria, la donna che tradì Napoleone. La gloria, le passioni, il tormento, Mondadori, 2004, p. 257; AA.VV., Parma 1816, dal ministro Magawly alla duchessa Maria Luigia, Museo Glauco Lombardi, Quaderni del, §. Francesca SANDRINI, 20 aprile 1816: cronaca del giorno più bello, pp. 165-93, con a p. 190 l'acquaforte e l'epitaffio, composto dalla contessa Chiara Mazzucchini per il marito, conte Filippo Magawly Cerati, che recita così: «Il ponte sul Taro / Gloria immortale di Maria Luigia / Arduo benefizio sospirato da questi Ducati / Miracolo d'arte allo straniero d'ogni gente / Starà vanto perpetuo al ministerio di Lui», Parma, Museo Glauco Lombardi, Archivio Magawly Cerati, cont. 4. Ricordiamo inoltre l'epigrafe dedicatoria di Ramiro Tonani, in-folio, Parma, Archivio di Stato, Governatorato, b. 477. Nel 1828 questo ponte verrà adornato da 4 statue di Giuseppe Carra, raffiguranti i fiumi del Ducato: Parma, Enza, Taro e Stirone. 53 Francesca CAMPANINI, §. L'arte della propaganda, in AA.VV., Le mostre di Maria Luigia, 16, I monumenti, 25° Fondazione Cariparma, Grafiche Step editrice, 2016, a p. 13; in questo catalogo Caselli è menzionato anche alle pp. 82-83 da Alessandro MALINVERNI, §. Gli oggetti liturgici. Un'evocazione; S. E. [Sua Eminenza], cerimoniale proposto e quindi concordato; Valentina BOCCHI, Gabriele NORI, Fabio STOCCHI, La montagna e la Duchessa. Le valli del Ceno e del Taro nei viaggi di Maria Luigia, Parma, Archivio di Stato, 6 ottobre 2018 – 6 gennaio 2019. 42 «Sua Maestà la Principessa Imperiale Maria Luigia Arciduchessa d’Austria Duchessa di Parma, Piacenza & Guastalla si è degnata di solennizzare la Cerimonia di porre la Pietra e Medaglie / nelle fondamenta della nuova fabbrica del ponte sul Taro, corteggiata da S.A.I. l’Arciduca Raineri Vice Re del Regno Lombardo Veneto, da S. Em.za il Cardinale Caselli / Arcivescovo Vescovo di Parma, S.E. il Sig. Generale Conte di Neipperg Cavaliere d’Onore della prelodata Maestà Sua, come pure dalle Nobilissime Dame, e dal Clero il giorno 10. Ottobre dell’Anno 1819». Parma, proprietà del Museo Glauco Lombardi, inv. 1035, gentile concessione della direttrice Francesca Sandrini. La medaglia d’oro di Maria Luigia del ponte sul Taro. 43 La solenne benedizione doveva essere fatta in estate, ma era stata differita in autunno, come leggiamo in una lettera di Neipperg a Caselli. Dal carteggio si evince l'origine estemporanea dell'idea di essa, con la promessa fattasi fare dalla duchessa dal cardinale, cui ella ha ripetutamente mostrato di tenere moltissimo, per imprimere una maggior sacralità all'evento, anche perché inizialmente prevedeva che avrebbe assistito al rito suo padre l'imperatore (poi così non è stato, a causa di un contrattempo),54 essendosi guadagnata la massima benevolenza da parte dell'anziano porporato, il quale non si era piegato al cerimoniale di corte nell'insediamento di lei,55 cosicché questa volta la sovrana, capita l’antifona, anche tramite Neipperg, aveva “concordato” nei minimi particolari la liturgia da seguire.56 Bisogna inoltre tener conto che, nella politica del suo governo, pesasse anche il fatto che il porporato fosse molto amato dal popolo, al cui beneficio il ponte era stato progettato. Nell’acquaforte, in primo piano a sinistra, sono raffigurate alcune persone con dei ragazzi, a destra un cavaliere con due soldati, evidentemente per il duplice uso civile e militare che avrebbe svolto il ponte. In alto, a sinistra, una casa con dei parati alle tre finestre; a destra in basso un drappello che spara a salve. Nella base della “spalla”, in costruzione, al centro, un 54 Parma, Archivio di Stato, Corrispondenza varia. Copialettere, b. 464: Neipperg, Colorno, 11 giugno 1819, n. 1161 a S. E. il Cardinale Caselli, «V. E mi obbligherà infinitamente facendomi pervenire a suo comodo per mezzo del suo Maestro di Ceremonie il Cerimoniale che si osserverà allorquando V. Em. (come l’ha promesso a Sua Maestà) benedirà il Ponte del Taro in presenza degli Aug. Sovrani. Essendo mio desiderio di far preparare l’occorrente tostocche mi sara da V.E. fatto conoscere. Colgo &c»; Caselli, il 12, a Neipperg, «solo ieri mattina dopo il mio ritorno da Colorno ho potuto vedere il mio Maestro di Cerimonie»; il 14, «ciò che si richiede per la nota solenne funzione. Il vescovo. Tre canonici per assisterlo e due cappellani per il libro. Due cerimonieri. Almeno sei chierici per servire. Quattro cantori. Due mense, una per la pietra da benedirsi, e l’altra per i Ceroferari, ed altre cose di servizio. Un altare, con Croce e sei Candelieri. Una cappella, o Padiglione capace di tutto ciò con il dovuto decente spazio», cui seguono varie considerazioni, salmi, litanie, movimenti verso il fiume e ritorno al Padiglione; Neipperg, Colorno, 30 giugno, n. 1186, a S.E. il Cardinale Caselli, «Nello stesso tempo Essa mi ha ordinato di comunicare a V.Em. copia del Ceremoniale da osservarsi in occasione della funzione al Ponte del Taro, perché qualora V. E. trovasse opportuno aggiungere qualche articolo, ovvero far al medesimo qualche cambiamento possasi essere in tempo ad eseguirlo»; il 2 luglio, «Sta benissimo, che finita la funzione della Benedizione del Ponte, le loro Maestà con il Card. Vescovo, ed il loro Corteggio ritornino al Padiglione», frase che conferma il ruolo attivo di Caselli, non di corteggio; Neipperg, Sala, 14 luglio, n. 1206, al Cardinale Caselli, «S. M. mi dà l’onorevole incarico di annunciare a V. Eminenza il dispiacevole incontro che toglie a questa Sovrana il bene di vedere in Parma gli Augusti suoi Genitori S. M. l’Imperatore atteso la lunga malattia di S.A.I. l’Arciduch. Carolina che l’ha obbligato di trattenersi più settimane a Perugia avendo portato del ritardo in tutti gli impegni ha preso la risoluzione di recarsi tosto a Vienna ove sarà il 2 d’Agosto senza passare per Parma, e Milano. S.M. l’Arciduchessa avendo per questo motivo ritardato ad una stagione meno incomoda l’inaugurazione del Ponte del Taro, conta sempre sulla promessa fattale da V.Em. di voler assistere all’adempimento di questo Atto Religioso si interessante per questi Stati allorché Essa sarà decisa di porlo in esecuzione. Colgo con vero piacere &c.»; C. PIOLA CASELLI, Le letture diplomatiche, cit., pp. 313-16 e 322-23 risposta di Caselli, Parma, 16 luglio, rammarico per la malattia dell'arciduchessa Carolina e conferma della propria disponibilità. 55 F. SANDRINI, cit., pp. 165-93. 56 Parma, Archivio di Stato, Corrispondenza varia. Copialettere, b. 464: Neipperg, Sala, 4 ottobre 1819, n. 1323, al Cardinale Caselli, «Sua Maestà contando sulla promessa fatta da V.Em. di celebrare la sacra funzione per la Benedizione della pietra primaria del Ponte del Taro, m’incarica di aver l’onore di prevenirla che desiderando porre a profitto il Soggiorno dell’Aug. Zio l’Arciduca Ranieri questa Cerimonia avrà luogo Domenica prossima 10 corrente all’ore che S.M. si propone di fissare più tardi, e che in tempo farò conoscere a V. Em. Profitto di quest’occasione &c»; Caselli il 6 riscontra, avendo così tempo di «passarne l’invito a questi Si.ri Canonici della mia Cattedrale, che nell’incontro di questa Sacra Cerimonia meco secondo il Rito concorreranno a la medesima»; Neipperg, Sala, l'8, n. 1329, al Card. Caselli, «Per ordine di Sua Maestà ho l’onore di comunicare a Vostra Eminenza che sono stati dati gli ordini opportuni perché un Equipaggio della Corte a Sei Cavalli sia posto domani alla disposizione di V. Em. all’ore che le piacerà far indicare alle Scuderie Ducali a Parma all’oggetto di recarsi al Taro», in cui forse deve intendersi “dopodomani”. 44 muretto di mattoni a guisa di altarino per il contenitore (mentre l’altare, non visibile, è in alto, nel padiglione); il cardinale con mitra in testa e bastone pastorale, alla sua destra il clero con il crocifero, ossia il simbolo del potere spirituale, alla sua sinistra il potere temporale, l’arciduchessa Maria Luigia con due dame d’onore, suo zio l’arciduca Raineri, il conte di Neipperg; nello sfondo soldati che sparano a salve in aria e la corte che scende la scala; verso l’alto, a destra, un palco con gli invitati, lassù nella prospettiva verso sinistra un padiglione, da cui sono discesi prima il card. Caselli con il clero e poi Sua Maestà. Si tratta di una benedizione pontificale, come leggiamo nel «Cerimoniale per la collocazione della Pietra Primaria del Ponte sul Taro fatta l’Anno MDCCCXIX da Sua Maestà la Principessa Imperiale Maria Luigia Arciduchessa d’Austria Duchessa di Parma Piacenza e Guastalla ecc. ecc. ecc.».57 Segue il «Ritus benedicendi ed imponendi Primarii Lapidis pro Ponte supra Tarum construendo».58 57 Parma, Dalla Tipografia Ducale, MDCCCXIX, «Cerimoniale», pp. III-VI; «Ritus», pp. 3-19. Vediamone lo svolgimento, nell’«Ordine delle Cerimonie civili ed ecclesiastiche», previsto in nove punti: 1°. [cassetta che deve contenere …] Atto dell’Inaugurazione scritto sopra Pergamena; Medaglie in oro, in argento, ed in rame; Monete, e Medaglie coniate dall’epoca dell’ingresso di Sua Maestà ne’ suoi Stati fino al dì d’oggi; il Metro in argento; e le Lamine di metallo, sulle quali saranno incise le Iscrizioni analoghe alla Funzione. 2°. [Sua Maestà e corteggio, ricevuta dalle autorità, presentazione di un cesto degli oggetti subito riposti nella cassetta]. 3°. Ciò fatto si incominciano le Benedizioni, e le Sacre Preghiere da S.E., secondo il cerimoniale da Essa proposto, le quali continuano sino finite le litanie, e l’orazione «Actiones nostras &c». 4°. Benedetta la Pietra Augurale è questa trasportata […]: e frattanto Sua Maestà si alza dal Sua Padiglione, e, preceduta dal Cardinal Vescovo, dal Clero, e da due persone destinate a portare […] s’invia al luogo […]. 5°. Discesi al fissato luogo, mentre si cala la Pietra con la grua, S.E. intona l’Antifona «Deus &c», ed il Clero prosegue col Salmo «Viderunt te aquae &c», finito il quale si ripete dal Clero la suddetta Antifona. 6°. [Nel frattempo, si compie l’opera]. 7°. Collocata a suo luogo la Pietra Sua Maestà la tocca, ed il Cardinale Vescovo dice la Preghiera «In fide Jesu Christi &c» come nel Cerimoniale, dappoi asperge coll’Acqua benedetta la Pietra dicendo l’Antifona «Asperges me &c», ed il Clero intona il Salmo «Miserere», il quale si continua sino alfine, e frattanto S.E. sparge sopra tutto il fondamento l’Acqua benedetta. 8°. Terminato il Salmo, e ripresa l’Antifona dal Clero, il Cardinale Vescovo dice l’orazione «Deus, qui in omni loco &c»; dopo la quale col medesimo ordine di prima Sua Maestà ritorna al Padiglione preceduta dal Cardinale Vescovo, che in rendimento di grazie a Dio intona l’inno «Te Deum», proseguito in Canto dal Clero, e terminato avanti all’Altare. Dopo l’Inno il Cardinal Vescovo dice le Preci, e le Orazioni prescritte dal Cerimoniale, indi dà la solenne Benedizione. 9°. Il Cardinale Vescovo è spogliato dei Sacri Paramenti. Segue in appresso l’estrazione delle Doti destinate alle Zitelle scelte nelle Comuni dello Stato. 58 I passaggi fondamentali sono i seguenti: a) […] a quo Episcopo sit benedictus […]. In loco, ubi benedicendus est Lapis, proeparetur Altare cum Cruce et Candelabris: ante Altare sternatur Tapetum, et Faldistorium cum suo integumento albi coloris; a latere paretur Credentia, in qua sint due Ceroferaria, Vas pro Aqua benedicenda, et Aspersorium, Pelvicula cum Sale, Culter ad insculpendam Crucem in Lapidem, Vas ad abluendas manus, et mantilia ad tergendas, Pontificale et Candela pro Episcopo. Super Altare parentur Paramenta Episcopi, videlicet Amictus, Alba, Cingulus, Stola, et Pluviale albi coloris, cum Mitra simplici, et Baculo Pastorali. b) Tum acceptis Mitra et Baculo Pastorali, super Aquam, absolute dicit: Exorcizo te, creatura Aqua, in nomine Dei Patris omnipotentis &c. c) Deinde, depositis Baculo Pastorali et Mitra, junctis manibus dicit: Domine exaudi orationem meam &c. d) Post haec stans adhuc sine Mitra Pontifex benedicit Primarium Lapidem, dicens: Adjutorium nostrum in Nomine Domini &c. e) Tunc Pontifex aspergit Lapidem ipsum Aqua benedicta, et accepto Cultro, in parte superiori sculpit in eo signum Crucis, dicens: In nomine Patris &c. f) Quo facto dicit: Oremus &c. g) Deinde Pontifex, accepta Mitra, accumbit super Faldistorium; tum dicantur Litaniae usque ad finem, ut in Pontificali: quibus finitis, Pontifex, deposita Mitra, surgit, et stans versus ad primarium Lapidem, dicit: Oremus. Actiones nostras &c. h) Deinde parato coemento, et Coementario assistente, Pontifex cum Mitra inhoat, Cantoribus prosequentibus, Antiphonam sequentem: Ton. 8. Antiphona […]. Psalmus 76. Viderunt te aquae Deus &c. i) Quo dicto, et repetita Antiphona, Pontefix stans cum Mitra tangit ispsum Lapidem, et tradit ei, qui ipsum ponat in fundamento, dicens: In fide Jesu Christi collocamus Lapidem &c. l) Cum Coementarius locaverit […], Pontifex spargit supre Lapidem Aquam benedictam, dicens: Asperges me, Domine, hyssopo, et mundabor: lavabis me, et super nivem dealbabor. m) Deinde dicitur Psalm. Miserere mei Deus &c. n) Que dicto, Pontifex spargit Aquam benedictam per omnia fundamenta, et postea dicit: Oremus, Deus, qui in omni loco &c. o) Tandem Pontifex reversus ad Altare 45 La «Gazzetta di Parma» ci offre un “affresco” di questa memorabile domenica,59 poiché si ritiene che il ponte, quando sarà costruito, «sarà annoverato fra i più insigni monumenti dell'Italia. Ad un'ora dopo mezzogiorno Sua Maestà la nostra Sovrana accompagnata dall'Augusto suo Zio l'Arciduca Ranieri d'Austria Vice Re del Regno Lombardo-Veneto recossi al padiglione eretto in faccia del Ponte in una carrozza a otto cavalli, e seguita da altre sei carrozze a sei cavalli, nelle quali trovavansi le Dame, i Gran Dignitarj, e Cavalieri della sua Corte, e preceduta da un distaccamento della sua Guardia d'onore e di Dragoni. S.M. fu colà ricevuta da S. Em. il Cardinale Caselli nostro Vescovo, e da tutte le autorità Civili, che intervennero a questa funzione. L'atto d'inaugurazione scritto in pergamena fu tosto presentato alla sottoscrizione di S.M. e di S.A.I. l'Arciduca Ranieri dall'Illustrissimo Signor Presidente dell'Interno che ne fece lettura. Fu poi sottoscritto da Sua Em., dai Gran Dignitari della Corte, e da diverse primarie Autorità nominate da S.M. In una cassetta coperta di piombo furono posti l'atto d'inaugurazione, un ritratto di S.M. chiuso entro cristallo, la medaglia del ponte del Taro in oro, tutte le monete e medaglie coniate dall'epoca della presa di possesso di S.M. de' suoi Stati sino al giorno d'oggi, una lamina di metallo sulla quale era incisa una iscrizione analoga alla funzione, ed il metro in argento. Ciò fatto si cominciarono le benedizioni e le sacre preghiere da Sua Em. il Cardinale Caselli secondo il Cerimoniale da essa proposto, e che si legge stampato. Benedetta che fu da Sua Em. la Pietra augurale fu questa calata colla grua e posta quindi nelle fondamenta. Frattanto S.M. e S.A.I. l'Arciduca Ranieri col loro seguito uscirono dal Padiglione, e, preceduti dal Cardinal Vescovo, dal Clero, e dagl'Ingegneri destinati a portare la cassetta contenente i preziosi oggetti su indicati, la conca e la cazzuola, s'avviarono al luogo destinato al collocamento della Pietra». La cronaca della giornata aggiungeva altri interessanti particolari, ossia che «Mentre S. Em. continuava il rito prescritto e dopo calata la Pietra augurale» la dama d'onore diede un candido pannolino a Maria Luigia la quale, toccata la pietra, ripose alquanta calce che il capomuratore completò, tutto venne coperto sovrapponendovi una pietra che ella toccò, «mentre il Card. terminava le sue preci aspergendo la suddetta Pietra e tutto il fondamento di acqua benedetta. Terminata la cerimonia, S.M. e S.A.I. col loro seguito ritornarono collo stesso ordine di prima al padiglione, precedute da Sua Em. che in rendimento di grazie all'Altissimo intonò il Te Deum proseguito in canto dal Clero e terminato davanti l'altare erettosi alla destra del padiglione». È concorsa molta popolazione ed il Reggimento Maria-Luigia, schierato in ordine di battaglia sulle sponde del fiume, durante la cerimonia ha fatto tre salve generali di moschetteria, ripetute dall'artiglieria dei bastioni. C’è poi stata l'estrazione a sorte delle doti di 250 lire a ciascuna delle povere ragazze, seguita «sotto il padiglione in presenza della prefata M.S., di S.A.I. l'Arciduca Ranieri, di S. Em. il Card. Vescovo, e di tutta la corte, la quale rientrò in città collo stesso ordine»; la sera gran pranzo a corte ed il Teatro Ducale illuminato a giorno, dove è intervenuta la duchessa con lo zio. intonat Hymnum Te Deum, Cantoribus prosequentibus; Quo finito dicit: Confirma hoc, Deus, quod operatus es in nobis &c. p) In fine, accepta Mitra pretiosa, dat Benedictionem solemnem, et signans se cum pollice dexterae manus ante pectus, dicit: Sit nomen Domini benedictum &c. q) Deinde faciens signum crucis a fronte ad pectus, dicit: Adjutorium nostrum in nomine Domini &c. r) Tum elevans, ac jugens manus, et caput inclinans, dicit: Benedicat vos omnipotens Deus. s) Et cum dixerit Deus, accepto Baculo Pastorali, vertit se ad astantes, et benedicit, dicens: Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. 59 Sullo svolgimento della cerimonia, «Gazzetta di Parma», Num. 82, (Martedì 12 Ottobre 1819), Parma 11 Ottobre. 46 Non sappiamo se Caselli abbia preso parte anche a questa serata, poiché era molto schivo dalla vita mondana ed oltretutto doveva essere piuttosto stanco, data l'età. Però, evidentemente, Maria Luigia è stata molto soddisfatta dello svolgimento della cerimonia liturgica, poiché gli ha fatto inviare da Neipperg, in anteprima, le apposite medaglie che ha fatto coniare, dandole per il momento solamente a lui ed allo zio, l’arciduca Ranieri, poiché tutti gli altri dignitari ne sarebbero stati omaggiati soltanto alla fine dell'opera architettonica.60 Il cenotafio nella cattedrale di Parma Pochi giorni prima di morire, il cardinale aveva ricevuto la visita di ringraziamento di Maria Luigia, accorsa al capezzale del suo consigliere. In seguito alla morte, avvenuta il 20 aprile 1828, il nipote, conte Damiano Caselli, ha provveduto a far erigere nella cattedrale di Parma un grande monumento funerario o cenotafio61, nella seconda cappella di sinistra (detta di San Severo o del Crocefisso), dal giovane scultore Tommaso Bandini, allievo di Lorenzo Bartolini, svettante verso il cielo:62 il suo ritratto a busto è assai in alto, mentre nella parte inferiore si trova un bassorilievo con una donna raffigurante la città di Parma che piange il suo salvatore. Sulla stele vi è la scritta latina che può esser tradotta così:63 60 Parma, Archivio di Stato, Corrispondenza varia. Copialettere, b. 464: Ramiro TONANI, epigrafe dedicatoria, foglio a stampa (cm 49,5 x 34,5), 1819, Archivio di Stato di Parma, Governatorato di Parma, b. 477; Neipperg, Sala, 13 ottobre, n. 1332, al Cardinale Caselli, «Le medaglie coniate per la confezione del Ponte del Taro non saranno distribuite che terminata che sarà interamente quest’Opera: S. M. l’Aug. Nostra Sovrana desiderando però che S.A.I. l’Arc. Ranieri, e V. Em. sieno i primi a possederle mi ha dato l’onorevole incarico di trasmetterne a V. E. una serie completa, il che mi faccio premuroso di accluderla qui compiegata. Pongo a profitto &c»; questa anticipazione è sfuggita ne La “Storia metallica” di Maria Luigia duchessa di Parma; si tratta della medaglia di Giovanni Antonio Santarelli, di mm 41, distribuita a dignitari e personalità, coniata in oro, argento e bronzo, sul recto profilo di Maria Luigia con capelli raccolti sulla nuca, diadema, orecchino e collana, con scritta in cerchio «M. LVDOV. ARCH. AVSTR. D. G. PARM. PLAC. ET. VAST. DUX. Santarelli F.», sul verso il ponte sul fiume che scorre e scritta «TARO. FIRMIVS / DENIQVE. REPRESSO / M.DCCC.XVIII». 61 La sepoltura è stata fatta nella cappella del Santissimo, anch'essa nella navata di sinistra, come attesta una lapide. 62 Monumento definito un po’ sbrigativamente da Silla ZAMBONI, Dizionario Biografico degli Italiani, v. 5, «Tommaso Bandini», opera meno brillante, insieme al simmetrico, posto di fronte, del vescovo Vitale Loschi, suo vicario e poi suo successore (dopo Remigio Crescini). 63 Laudedeo TESTI, La cattedrale di Parma. Nuova edizione ordinata e aggiornata da Marco PELLEGRI, Parma, 2005, p. 114, «Si riporta per intero, tradotta dal latino, data l’importanza della sua personalità e per quanto operò nella cattedrale, parte dell’epigrafe del monumento eretto a memoria del cardinale Carlo Francesco Caselli». L’epigrafe, dettata da Ramiro Tonani, per la sua sepoltura, nella cappella del SS. Sacramento della cattedrale di Parma, riportata da Francesco CHERBI, Le grandi epoche sacre, diplomatiche, cronologiche, critiche della chiesa vescovile di Parma, Parma, 1835, a p. 500-01 (e da Giovanni Maria ALLODI, Serie Cronologica dei Vescovi di Parma, Parma, 1840, a p. 497, con qualche minima variante): «Cineres / Karoli Francisci Caselli / Domo Alexandria Statiell. / Ex summo magistro ordinis / Mariae D. N. perdolentis / Presbiter Card. Titulo Marcello / Pontificis Parmensium / Vi et magnitudine animi praestanti / Auctoritate et apud omnes ordines / gratia conspicuus / qui vixit ann. 47 Cattedrale di Parma, cenotafio del card. Carlo Francesco Caselli, nella cappella Sansevero, detta anche del Crocifisso, eseguito da Tommaso BANDINI, allievo di Lorenzo Bartolini. In alto, il particolare del busto scultoreo. 48 Particolare del cenotafio del card. Caselli, nella Cappella Sansevero, detta anche del Crocifisso, nella cattedrale di Parma, rappresentante la città dolente per la perdita del suo pastore; sotto, la lastra pavimentale e tombale del medesimo, posta nella Cappella del Santissimo. 49 «A memoria ed onore di Carlo Francesco Caselli prete cardinale col titolo della confraternita di San Marcello sommo dell’Ordine della Genitrice di Dio dolorosa, per il mondo cristiano in grandissimi incarichi, onestissimo e pieno di saggezza, in Roma, e nella nostra chiesa vescovo ammirevole sicurissimo difensore nei pericoli per anni 24, soprattutto tutti i bisognosi reverenti sperimentarono quale munifico soccorritore. Visse anni 87 mesi 6, decorato del collare e del priorato dell’Ordine Costantiniano, del titolo di Consigliere Segreto dell’Augusta nostra Sovrana, morì il 20 aprile dell’anno 1828». Nella «Necrologia in morte di Sua Eminenza il Cardinale Carlo Francesco Caselli Arcivescovo Vescovo di Parma» è scritto: «Sovra la Porta maggiore del Tempio e nelle faccie de’ diversi Gradi del Catafalco leggevansi le seguenti Note, ricordanti le Virtù, e Gesta principali del Defunto, e alcuni de’ molti beneficj onde il Nome di Lui rimarrà presso i presenti, ed i posteri in perenne Benedizione». Le parole delle iscrizioni erano state dettate da Ramiro Tonani e quelle brevi tratte dalle Sacre Scritture; ci limitiamo ad attirare l'attenzione su una di esse, la n. 6, a ricordo del suo operato per la salvezza della città:64 «defensori urbis n. / qui principib. ducibusq. exerc. / auctoritate et gratia lenitatem / suasit / non semel in discrimine / gregem sibi creditum / tutatus / conservatori disciplinae / qui ad ministros dei declarandos / cautus austerus procedere / studuit / magnae sententiae memor / manus cito nemini / imposueris». L'iscrizione nella cappella del cimitero della Villetta Da una ricognizione sulle iscrizioni del cimitero nella cappella della Villetta di Parma, a guisa di famedio, è emerso che quella del card. Caselli, voluta da Maria Luigia, è la 17ª delle 44 presenti; purtroppo le lettere in bronzo sono quasi tutte cadute, ma la restauratrice Alice LXXXVII m. VI / decimo kal.maj. a. MDCCCXXVIII. / In hoc sepulchro jam ab Se parato / Testamenti curatores / Inter bonorum luctum et lacrymas / Condidere». Remo CATELLANI, Opuscolo su Tommaso Bandini, Parma, 1956. 64 Questo foglio riporta le 12 seguenti: 1) «Karolo Francisco Casellio / a delectu ipso / ob merita / in principem et ecc. rom. cardinalem / antistiti sacrorum urbis nostrae / renunciato / equiti torquato et magno priori / ord. georgiani a Costantino i / quem sod. a Maria sancta perdolente / omnia pietatis et laborum stadia / praestanter emensum / magistrum ordinis / res christiana pub altius evectum / exemplo doctrina prudentia / utilissimum sensere / haec civitas patrem amantissimum / tanta in longaevitate / vix unquam amitiendum rata / lubens iamdiu colebat / Damianus ex fr. pron. heres ex asse / iusta funerea»; 2) «Quot o antistes pientissime / apud nos beneficia collocasti / ipsum quod nunc te abeunte / aes maximum e turri proxima / tristem merito ciet sonum / repente haud pridem diffractum/ tua mox largitate instauratum est»; 3) «heu senex optime venerande / fient te amissum pauperes tui / tuos nempe quo latentius / eo utilius iuvans agnovisti / te merita promissaque / coeli beata in requie / actutum tenes x faciat»; 4) «bonum factum vir o religiosissime / quum viridis iuventae illecebras / temnens sancta dedisti te in septa / Virgo septeni luctus conscia / cui vota in aevum nuncupasti / te sibi sacratum hactenus tuita / Iesu Deo nato suo sistet»; 5) «quomodo te carebimus posthac / o qui solo nos recrebas aspectu / tu summis pariter et imis / sereno vultu tuo prodiens / dignitate iuxta et suavitate / placendo cunctos adliciebas / ut bonus per te placeret pastor»; 6) «defensori urbis n. / qui principib. ducibusq. exerc. / auctoritate et gratia lenitatem / suasit / non semel in discrimine / gregem sibi creditum / tutatus / conservatori disciplinae / qui ad ministros dei declarandos / cautus austerus procedere / studuit / magnae sententiae memor / manus cito nemini / imposueris»; 7) «firmatori pacis / qui pacta conventa p. maximum / cum imp. Gall. conciliatura / scientiae prudentiaeque luminib. / rectam ad normam adduxit / theologi nomen et decus / gerens»; 8) «vindici unitatis / qui ea in synodo parisiensi / opportunissime pronunciavit / queis parti optimae animi additi / technae hostiles disiectae / coetusque quod optandum erat / dissolutus»; 9) «in corde prudentis requiescit sapientia / Prov. X. 27»; 10) «timor domini opponet dies / Prov. XIII. 33»; 11) «vir aetate provectus et vultu decorus / II Macab. VI 18»; 12) «non victus a malo vicit in bono malum / Rom. XII 21». 50 Le due litografie, eseguite a Parma, nell’anno della sua morte, in suo ricordo. 51 Setti è riuscita a ricostruirla fedelmente,65 aiutandosi anche con quella a stampa, dettata dall’ab. Ramiro Tonani, suo confessore, riportata dallo storiografo Francesco Cherbi.66 «A X Ω / Karolo Francisco Casellio V(ir) E(gregius) / In sodalitate a Maria Dolorum Conscia / Doctori Theologo Magistro summo / Presbytero Cardinali S.E.R. / Antistiti maiori antistiti urbis n. / Legationib(us) graviss(imis) pro Re Christ(iana) / Integre strenueque functo / Eq. Torquato Senatori Priori Magno / Sacri Ordinis Costantiniani / A concilio intimo Ducis n. Augustae / Viro Consilii Beneficentiae Comitatis / Laude Ubique commendato / Qui per omnes temporum conversiones / Ecclesiae Parm. et Civitati / In longa viridi placidaq. senectute / ad extremum usque utilissimus / Vixit ann. LXXXVII. Mens VI / Decess(it) XII Kal. Mai a(nno) MDCCCXXVIII. / Iussi et Auct(oritate) Princ(ipis) ejusd(em) Nostrae / Titulus insigniter decoratus / Ob honorem et merita». Le due litografie Tra i ritratti a stampa vi sono due litografie: una con busto di tre quarti a destra, con l’iscrizione «G(iuseppe) Bacchini litografo» – «Lit. Vigotti in Parma»,67 e un’altra, tratta dal ritratto di Pietro Narducci (ma con il volto più scavato, la croce pettorale e la croce costantiniana in evidenza verso la sua spalla sinistra),68 riportata nell’Enciclopedia Svizzera. Un’altra litografia è derivata da un disegno tratto dal ritratto conservato dai Servi di Maria di Alessandria, in cui il soggetto è di tre quarti a sinistra.69 65 Alice SETTI, Le iscrizioni latine moderne del cimitero della Villetta di Parma, alle pp. 11, 29-30, 75 x 137 cm, lettere cm 2, la traduce così: «Carlo Francesco Caselli uomo egregio / nell’ordine dei Serviti (di Maria Addolorata) / dottore teologo e sommo maestro / sacerdote cardinale S. E. R. / vescovo della nostra città / negli incarichi più difficili a vantaggio della Chiesa / operatore onesto e strenuo / senatore di gran croce gran priore / del Sacro Ordine Costantiniano / nel consiglio intimo della nostra sovrana augusta / uomo per decisioni saggezza beneficenza (e) fedeltà / ovunque lodato / che sempre (fu) per le riforme / (rivolte all’istruzione) del clero di Parma e dei cittadini / nella lunga vigorosa e tranquilla vecchiaia / fino all’ultimo prezioso / visse 87 anni 6 mesi / morì il 20 aprile dell’anno 1828. / Per volere e ordine della nostra stessa Principessa / onorato in modo insigne con (questo) epitaffio / per le cariche (svolte) e i meriti (acquisiti)». 66 F. CHERBI, a p. 500-01. Secondo G.M. ALLODI, a p. 496, il catafalco era fregiato da 62 iscrizioni dell’ab. Tonani, i paramenti liturgici furono prestati dalla sacrestia della cappella reale; Maria Luigia ordinò ai musici di corte di cantare in cattedrale e somministrò 20 livree per seguire il feretro nel giro del borgo, processione funeraria in cui per ordine di mons. Vitale Loschi i parroci urbani cedettero il posto ai cappellani della Steccata. 67 Riportata anche da Luigi PONCINI, Effemeridi storiche di Parma ordinate da, marzo, Parma, 1883, ristampa 1994, fig. a p. 63. In epigrafe: «Carlo Francesco Caselli / Cardinale e Vescovo di Parma / morto li 20 Aprile 1828. / Parma presso – Giac. Donati». 68 In epigrafe: «Carlo Francesco Caselli / Cardinale e Vescovo di Parma / nato in Alessandria il 20 ottobre 1740, nominato il 28 maggio 1804, / morto il 20 aprile 1828. / G. Bacchini litografo – Lit. Vigotti in Parma»; nella raccolta Angelo Davoli, a Reggio Emilia, incisione di Filippo Vighi, stampa acquaforte e bulino. 69 A. COMANDINI, II, p. 80. 52 Cattedrale di Parma, cappella Sansevero, detta anche del Crocifisso: oltre la cancellata, sulla parete destra, campeggia il cenotafio del card. Carlo Francesco Caselli. 53