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LOREDANA CHINES
Um anesim o e m odernità
A
nche se entram bi i vocaboli del titolo necessiterebbero di infiniti distinguo, di continue puntuali contestualizzazioni, di innum erevoli precisazioni, proverò ad ogni
m odo a trarre alcune considerazioni generali, nella speranza di costruire un ponte tra il
m ondo antico oggetto del saggio di Rosa Rita Marchese e quello inerente la situazione
della critica contem poranea offerto da Giancarlo Alfano. Circostanziandole di fatti e
volti letterari, si tenterà qui di tracciare alcune linee di quello che fu il m ovim ento che,
tra Medioevo e Illum inism o, form ò l’identità, la cultura e la civiltà dell'Europa, a cui ancora da tante parti, con differenti prospettive ideologiche e con diversi fini ci si appella 1.
Per parafrasare un grande studioso spagnolo e grande am ico, Francisco Rico 2 , gli
um anisti coltivarono uno straordinario sogno, quello di costruire una nuova cultura,
un nuovo m ondo, nuovi orizzonti di sapere, grazie a un'inedita coscienza della m isura
della realtà, i cui confini sono ridisegnati dalla rinnovata forza della parola acquisita
con gli strum enti della filologia, la scienza che pesa le cose, definisce gli am biti del sapere e le potenzialità dell’uom o. In tal senso aveva aperto la strada la lezione petrarchesca
– che recepita nella prim a m età del Quattrocento soprattutto dalla genialità di LorenzoValla e consegnata alle espressioni più fertili dell’um anesim o successivo – vede nella
parola rifondata lo strum ento di ricostruzione degli orizzonti di tutti i saperi, e nella
correttezza linguistica del latino il potenziale fondam ento per una rinascita della cultura
e della civiltà non solo delle lettere m a di tutte le discipline. Un testo “risanato” con le
arm i filologiche poteva non solo restituire em endate le lezioni degli antichi, m a anche
sovvertire luoghi com uni, interpretazioni distorte, sillogism i stantii, che si insinuavano
tra le righe dei volum i di diritto, di m edicina, e di ogni dottrina tram andata dal passato
che trovasse posto nel sapere consolidato o addirittura concreta e abituale applicazione
nella vita pratica e civile.
In questa “ragione” filologica è la prim a grande espressione della m odernità degli
um anisti, che è ricerca di un "m etodo" che si applichi ai diversi ambiti dell'esperienza,
sia essa la realtà m ateriale e verbale dei testi da em endare, intelligere, explicare, (com e
si propone il filologo-interpres), sia essa la realtà dei fenom eni della natura da esam inare, descrivere e rappresentare, cercando di trarre delle leggi universali. D'altra parte
apparteneva all'um anesim o quella tanto auspicata unità dei saperi a cui ancora oggi
1
Fra i numerosissimi contributi che si potrebbero menzionare in questo senso, si ricordi almeno il recente volume di G.M. Anselmi, L’età dell’Umanesimo e del Rinascimento. Le radici italiane dell’Europa moderna, Roma, Carocci, 2008.
2
F. Rico, Il sogno dell’Umanesimo, Torino, Einaudi, 1998.
1
Chines – Um anesim o e m odernità
continuam ente aneliam o, e il term ine literatura non era confinato agli studiosi o autori
delle discipline di am bito letterario m a di tutti i saperi.
Tale m etodo filologico, applicato all'am bito dei verba o delle res, im plica per gli
um anisti una ricerca incondizionata della veritas, a partire dai piani m icrostrutturali
del sapere che perm ettono tuttavia di rettificare e a volte di sovvertire i m assim i sistem i. Per Giovanni Tortelli3 , prim o bibliotecario della Vaticana e segretario di Niccolò V,
appurare la veritas significa ragionare sulla correttezza ortografica delle parole; per il
Valla delle Elegantie 4 vuol dire esam inare m inuziosam ente la correttezza gram m aticale
dell'uso della lingua latina, e, poniam o, per Leonardo, l'approccio filologico è appurare
con l'esperienza autoptica l'anatom ia um ana 5. È la veritas il principio di onestà intellettuale che il Valla ribadisce anche negli anni difficili seguiti al terrem oto provocato dall'opera sulla donazione di Costantino, com e legge in una lettera scritta al Trevisan da
Napoli il 19 novem bre del 1443:
At cur De Constantini
donatione
com posui? Hoc est quod purgare debeam , ut quod nonnulli
optrectent m ihi et quasi crimen intendant […] Opus meum conditum editum que est, quod em endare
aut supprim ere nec possem si deberem , nec deberem si possem . Ipsa rei veritas se tuebitur aut ipsa
falsitas se coarguet. Alii de illo iudices arbitrique iam sunt, non ego. Si m ale locutus sum , testim onium
perhibebunt de m alo; sin bene, non cedent me virgis equi iudices 6 .
3
Sulla figura del Tortelli si veda M. Regoliosi, Nuove ricerche intorno a Giovanni Tortelli, «Italia Medioevale e
Umanistica», 9, 1966, pp. 123-189 e A. Onorato, Gli amici bolognesi di Giovanni Tortelli, Messina, Centro Interdipartimentale di Studi Umanistici, 2003, a cui si rinvia per altri ragguagli bibliografici.
4
All'infaticabile lavoro di Mariangela Regoliosi e della sua scuola, impegnate nella realizzazione dell'Edizione
Nazionale delle Opere del celebre umanista, si devono i contributi più rilevanti sul Valla e sulle Elegantie, tra i quali
si ricordino almeno M. Regoliosi, Nel cantiere del Valla. Elaborazione e montaggio delle Elegantie, Roma, Bulzoni,
1993 e Linee di metodo, in Pubblicare il Valla, a cura di M. Regoliosi, Firenze, Edizioni Polistampa, 2008, pp. 7-24.
Mentre sono in corso di stampa gli atti dei numerosi convegni internazionali organizzati di recente dalla stessa Regoliosi in occasione del VI Centenario della nascita di Lorenzo Valla. Ancora un imprescindibile punto di riferimento
per gli studi valliani è costituito da Lorenzo Valla e l'Umanesimo italiano, a cura di O. Besomi e M. Regoliosi, Padova, Antenore, 1986.
5
Su tali questioni riflessioni illuminanti si trovano in M. Feo, Umanesimo italiano e umanesimo universale (da
Firenze all'Europa), in Confini dell'Umanesimo letterario. Studi in onore di Francesco Tateo, a cura di M. De Nichilo, G. Distaso, A. Iurilli, Roma, Roma nel Rinascimento, 2003, vol. II, pp. 591-602.
6
Laurentii Valle epistole, ediderunt O. Besomi M. Regoliosi, Padova, Antenore, 1984, p. 247. L'opera fu pubblicata nella primavera del 1440, ma edita solo nel 1506 a Strasburgo: cfr. M. Rossi, Il censimento delle edizioni a
stampa, in Pubblicare il Valla cit., p. 173. Fra i contributi rilevanti relativi alla celebre opera valliana si vedano almeno V. De Caprio, Retorica e ideologia nella Declamatio di Lorenzo Valla sulla donazione di Costantino, «ParagoneLetteratura», 29, fasc. 338, aprile 1978, pp. 36-56; R. Fubini, Contestazioni quattrocentesche della Donazione di Costantino: Niccolò Cusano, Lorenzo Valla, in Costantino il Grande: dall'antichità all'umanesimo: colloquio sul cristianesimo nel mondo antico (Macerata 18-20 dicembre 1990), a cura di G. Bonamente e F. Fusco, Macerata, Università degli Studi, 1992-1993, vol. I, pp. 385-431. In anni più recenti di grande interesse è la prospettiva critica espressa
da Carlo Ginzburg nel suo Lorenzo Valla sulla donazione di Costantino in Id., Rapporti di forza. Storia, retorica,
prova, Milano, Feltrinelli, 2000, pp. 69-84; sempre a Ginzburg si deve la Préface a L. Valla, La donation de Constantin, traduit et commenté par J. B. Giard, Paris, Les Belles Lettres, 1993, pp. X-XXI. Sulla fortuna europea della Donatio ancora imprescindibile è A. Sottili, Notizie sul “Nachleben” di Valla tra Umanesimo e Riforma, in Lorenzo
Valla e l'Umanesimo italiano cit., pp. 329-364.
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L'opera di cui qui si parla è il più celebre esem pio della ricerca della veritas
dell’ingenium valliano, volto a dim ostrare la falsità di un docum ento su cui la chiesa
fondava suoi privilegi tem porali, alla luce di un serrato esam e giuridico, storico, m a soprattutto squisitam ente linguistico (e anche in questo, ancora una volta, acuto anticipatore era stato il Petrarca della Senile XVI 5, dove si dim ostra infondata l’autenticità di
presunti diplom i attribuiti a Cesare e a Nerone) e va letto com e applicazione alla realtà
storica di un testo di quelle osservazioni m inute di cui è intessuto quel m onum ento del
sapere gram m aticale e letterario che sono le Elegantie, architettura eretta a solido baluardo contro la forza barbarica e devastatrice delle tenebre dell’età di m ezzo.
L’acum e filologico del Valla, infatti, sposta l’attenzione sull’evidenza delle cose,
m ette in crisi l’astratto nom inalism o m edievale concentrandosi sulla realtà oggettuale e
sensibile che si im pone e richiede un nom e appropriato e conform e alla propria autentica e intriseca identità.
E in fondo la m olteplicità e la m ultiform ità dei fenom eni siano essi, com e si è detto,
nella form a dei testi degli auctores o aspetti della realtà da osservare perm ette agli um anisti una certa libertà dagli schem i interpretativi troppo rigidi e li pone di fronte alla
necessità di rivedere e m odificare di continuo le proprie griglie interpretative (altro elem ento di m odernità).
Ma, d'altra parte, la veritas filogica, il lavoro di collazione ed em endazione critica
porta dalla tecnica del testo alla tecnica dei singoli saperi. E se è vero che dalle Castigationes plinianae di Erm olao Barbaro 7 e dalla grande attenzione filologica che il Poliziano soprattutto della seconda Centuria dei Miscellanea 8 (o, più in sordina, il Beroaldo
delle Annotationes centum 9 ) pongono alla N aturalis Historia di Plinio prende avvio in
qualche m odo il cam m ino autonom o delle scienze m oderne, è vero anche che il pensiero politico di Machiavelli e di m olti successivi pensatori europei si esercita su quel testo
7
Le Castigationes alla Naturalis Historia di Plinio furono pubblicate tra il 1492 e il 1493. Per il rapporto tra
quest'opera del Barbaro e la stesura del Corollarium si veda F. Rico, Il sogno dell'Umanesimo, cit., pp. 79-84. Per
l'edizione moderna del testo cfr. Hermolai Barbari castigationes Plinianae et in Pomponium Melam, editit G. Pozzi,
Patavii, in aedibus Antenoreis, 1973.
8
Cfr. V. Branca, La incompiuta seconda centuria dei "Miscellanea" di Angelo Poliziano, «Lettere Italiane», 13, fasc.
1, 1961, pp. 137-177. Per l'edizione critica: Angelo Poliziano, Miscellaneorum centuria secunda, ed. critica per cura
di V. Branca e M. Pastori Stocchi, Firenze, Fratelli Alinari, Istituto di edizioni artistiche, 1972. Sul metodo filologico
del Poliziano si vedano inoltre A. Mancini, Il Poliziano filologo, in Poliziano e il suo tempo, Atti del 4° Convegno
internazionale di studi sul Rinascimento, (Firenze, Palazzo Strozzi 23-26 settembre 1954), Firenze, Sansoni, 1957, pp.
57-67; C. Dionisotti, Discorso sull’umanesimo italiano, Verona, Stamperia Valdonega, 1956, poi in Id., Geografia e
storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1967, pp. 179-199; G. Zappacosta, Poliziano filologo, «Cultura e
scuola», 12, 1973, pp. 5-21; V. Branca, Il metodo filologico di Poliziano, in Tra latino e volgare per Carlo Dionisotti,
I, Padova, Antenore, 1974, pp. 211-243. Per una prospettiva complessiva sulla figura del Poliziano cfr. inoltre: V.
Branca, Poliziano e l’umanesimo della parola, Torino, Einaudi, 1983; Agnolo Poliziano poeta scrittore e filologo,
Atti del convegno internazionale di studi, (Montepulciano, 3-6 novembre 1994), a cura di V. Fera e M. Martelli, Firenze, Le Lettere, 1998.
9
Filippo Beroaldo the Elder, Annotationes centum, edited with introduction and commentary by L.A. Ciapponi,
Binghamton, Medieval & Renaissance texts & studies, 1995.
3
Chines – Um anesim o e m odernità
di Livio – com e ci ha insegnato Billanovich 10 – che ancora oggi nel m anoscritto londinese Harley 2493 conserva le annotazioni filologiche del Petrarca e del Valla e che aveva
dato vita ai sogni rivoluzionari di Cola e del poeta di Laura.
Il corretto apprendim ento della gram m atica, lo studio filologico del lessico e della
sintassi latina – su cui tanto insistono le Elegantie del Valla o i sistem i pedagogici di
grandi m aestri, quali Guarino Veronese, Gasparino Barzizza, e Vittorino da Feltre –
non sono solo i capricci di gram m atici pedanti, m a celano la volontà di additare, nella
lezione degli antichi, grandi m odelli di civiltà, di correttezza e di ordine da em ulare e
possibilm ente riprodurre nei com portam enti individuali e collettivi della cultura e della
società 11.
Tutta m oderna è anche l’attenzione che gli um anisti pongono all’atto della lettura.
Petrarca, non anim ato da particolare spirito pedagogico, aveva raccontato in una celeberrim a lettera, la Fam . XXII 2, 12-14quello che rappresentava per lui, nella prospettiva
individuale di lettore-scrittore, questa avventura intellettuale, rivelando quello che fu
per, per dirla con Harold Bloom 12 , l’angoscia dell’influenza:
Legi sem el apud Ennium , apud Plautum , apud Felicem Capellam , apud Apuleium , et legi raptim , propere, nullam nisi ut alienis in finibus m oram trahens. Sic pretereunti, m ulta contigit ut viderem , pauca
decerperem , pauciora reponerem […] Legi apud Virgilium apud Flaccum apud Severinum apud Tullium ; nec semel legi sed m ilies, nec cucurri sed incubui, et totis ingenii nisibus im m oratus sum ; m ane
com edi quod sero digererem , hausi puer quod senior rum inarem . Hec se m ichi tam fam iliariter ingessere […] ut etsi per om nem vitam am plius non legantur, ipsa quidem hereant, actis in intim a animi
parte radicibus, sed interdum obliviscar auctorem , quippe qui longo usu et possessione continua quasi
illa prescripserim diuque pro m eis habuerim , et turba talium obsessus, nec cuius sint certe nec aliena
m em inerim .13
Io ho letto una volta sola Ennio, Plauto, Felice Capella, Apuleio, e li ho letti in fretta, in essi sofferm andom i com e in un territorio altrui. Così scorrendo m olte cose vidi, poche notai, pochissim e ritenni [...].
Ho letto Virgilo, Orazio, Boezio, Cicerone, non una volta m a m ille, né li ho scorsi, m a m editati e studiati con gran cura; li divorai la m attina per digerirli la sera, li inghiottii da giovane per rum inarli da vecchio. Ed essi entrarono in m e con tanta fam iliarità [...] che se anche in avvenire più non li leggessi, resterebbero in m e, avendo gettato le radici nella parte più intim a dell'anim a m ia, m a talvolta io dim entico l'autore, poiché per il lungo uso e il continuo possesso quasi per prescrizione essi sono divenuti
com e m iei, e da così gran turba circondato io non ricordo più di chi sono e se sono m iei o d'altri14 .
10
G. Billanovich, La tradizione del testo di Livio e le origini dell'Umanesimo. II. Il Livio del Petrarca e del Valla British Library, Harleian 2493 riprodotto integralmente, Padova, Antenore, 1981.
11
Contributi fondamentali in tale direzione sono offerti da E. Garin (a cura di), Il pensiero pedagogico dell'Umanesimo, Firenze, Coedizioni Giuntine Sansoni, 1958; Id., Educazione umanistica In Italia, Bari, Laterza, 1975; C.
Vasoli, Tra «maestri», umanisti e teologi : studi quattrocenteschi, Firenze, Le Lettere, 1991.
12
H. Bloom, L’angoscia dell’influenza: una teoria della poesia, Milano, Feltrinelli, 1983.
13
F. Petrarca, Le Familiari, edizione critica a cura di Vittorio Rossi, 4° vol. a cura di U. Bosco, Firenze, Sansoni,
1933-1942, IV, p. 106.
14
F. Petrarca, Familiari, traduzione a cura di E. Bianchi, in F. Petrarca, Opere, a cura di M. Martelli, Firenze,
Sansoni, 1975, pp. 1139-40.
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Gli um anisti successivi, m aggiorm ente sensibili alla prospettiva pedagogica, si preoccuparono di fissare un “canone”, di selezionare gli auctores che fossero m odelli form ativi in senso am pio. Così Leonardo Bruni nel De studiis et litterisi, com posto tra il
1422 e il 1429, illustra un nuovo concetto dell’educazione intellettuale, basata essenzialm ente sui classici e sui poeti antichi che non solo consentono l’apprendim ento di
tutte le potenzialità espressive del linguaggio, m a educano la coscienza m orale e civile
dei m oderni, com e capita di riscontrare di continuo anche fra le pagine dei Libri della
fam iglia dell’Alberti:
[Lectio] Est enim veluti pabulum anim i, quo m ens im buitur atque nutritur. Quam ob rem , ut ii, qui
stom achi curam habent, non quem vis cibum illi infundunt, ita, qui sinceritatem anim i conservare
volet, non quam vis lectionem illi perm ittet. Erit igitur prim a diligentia, ut nihil nisi optim um
probatissim umque legam us; secunda vero, ut hec ipsa optim a probatissim aque nobis acri indicio
asciscam us.
[La lettura] è una specie di cibo spirituale, dal quale viene im bevuta e nutrita la nostra m ente. Perciò
com e coloro che hanno cura del loro stom aco, non gli danno qualunque cibo, così chi vuol conservare
un anim o sano, non gli perm etterà qualunque lettura. La prim a attenzione sarà quindi quella di leggere esclusivam ente gli scritti m igliori e più stim ati; la seconda quella di recepirli con acuto giudizio.15
Dal m om ento che dagli autori letti si contrae un’“abitudine” la selezione riguarda
necessariam ente il doppio piano, quello form ale (della lingua e dello stile) e quello dei
contenuti, che devono essere lontani dalla m ediocrità per form are alla grandezza e alla
nobiltà. Com e si vede, non siam o lontani dagli attuali dibattiti sul canone, o dei quesiti
relativi al Perché leggere i classici.
Agli um anisti, a partire dal Petrarca, si deve d'altra parte quell’ideale di otium letterario non più m onastico m a laico, che trova form a nei nuovi spazi architettonici della
biblioteca dell’intellettuale o del principe (da Petrarca a Bessarione o a Malatesta Novello 16 ) tante volte presente nell’iconografia quattrocentesca, o dello studiolo (si pensi a
quelli celeberrim i di Leonello d’Este o di Federico da Montefeltro a Urbino) .
La lettura degli um anisti è dunque una lettura consapevole, o – per usare
un’espressione di George Steiner – Una lettura ben fatta 17, com e m ostrano le postille, i
m arginalia, i “nota” o i vari segni di attenzione grafica che affollano gli spazi bianchi dei
codici, che sono reazioni dialogiche a quanto si legge, e che entra in relazione con
15
Testo e traduzione sono in L. Bruni, Opere letterarie e politiche, a cura di P. Viti, Torino, UTET, 1996, pp.
252-253.
16
Sulla biblioteca di Malatesta Novello si vedano, ad esempio, i contributi in Libraria Domini. I manoscritti
della Biblioteca Malatestiana: testi e decorazioni. Atti del Convegno (Cesena, 1989), a cura di F. Lollini e P. Lucchi,
Bologna, Grafis 1995 e Il dono di Malatesta Novello. Atti del Convegno (Cesena, 21-23 marzo 2003), a cura di L.
Righetti e D. Savoia, Cesena, Il ponte vecchio, [2006].
17
G. Steiner, Una lettura ben fatta, in Id., Nessuna passione spenta, Milano, Garzanti, 2001, pp. 7-27.
5
Chines – Um anesim o e m odernità
l’enciclopedia personale del lettore a volte d’eccezione (da Petrarca al Valla, al Poliziano, e m olti altri se ne potrebbero m enzionare) o dal volto sconosciuto 18 . Ma spesso, com e avviene anche fra i lettori m oderni, il libro è anche oggetto m ateriale con cui si instaura un rapporto affettivo, fisico, di confidenza e dialogo intim o, com e avviene per il
Petrarca che annota la dolorosa perdita di Laura e dei suoi più cari am ici sulle carte del
Virgilio Am brosiano 19 , o in m odo ancor più sorprendente per l’Alberti che con disinvoltura da non bibliofilo e non bibliom ane quale fu, traccia oroscopi e quadri astrali (tra i
quali il suo) su un codice del De legibus ciceroniano di suo possesso 20 annota date di ricorrenze fam iliari e addirittura una ricetta di un «oleum contra verm es puerorum » una
pozione contro i verm i dei bam bini, su un altro suo codice del Brutus di Cicerone 21,
quasi la m em oria privata, le vicende della prosa del quotidiano m eritassero di rincantucciarsi accanto alle nobili parole degli antichi.
Non m eno m oderna, d’altra parte, e m olto vicina al concetto di link dei contem poranei ipertesti, è la dinam ica distributiva e interrelazionale tra testo, note, glosse, nello
specchio della pagina – m anoscritta e a stam pa – dei com m enti um anistici, in un gioco
di rim andi e rinvii – sem pre carico di significati – che riguarda anche aspetti grafici,
com e il corpo dei caratteri delle varie sezioni, o i rapporti fra gli elem enti paratestuali.
I numerosi scolii esplicativi e le fitte glosse esegetiche di cui si affollano i margini
dei volumi degli auctores mirano del resto a fornire paradigmi utili per il presente; i testi letti, emendati, trascritti e tradotti non si limitano ad offrire belle favole da ricordare,
ma possono incidere, con il loro esempio, sulla realtà concreta, sullo sviluppo della cultura, sulla vita politica e civile. I paradigmi teorici che gli umanisti assimilano dalla profonda e capillare lettura degli antichi si traducono sempre in concrete forme di vita e in
precisi modelli di comportamento22 . Per Poggio Bracciolini, che pone anche, anticipato
18
Molti e affascinanti spunti sono contenuti in tal senso nei volumi Talking to the text: marginalia from papyri
to print. Proceedings of a conference held at Erice, 26 September-3 October 1998, as the XII course of International
school for the study of written records, edited by V. Fera, G. Ferraù, S. Rizzo, Messina, Centro Interdipartimentale di
Studi Umanistici, 2002 e Testimoni del vero: su alcuni libri in biblioteche d'autore, a cura di E. Russo, Roma, Università degli Studi di Roma La Sapienza, 2000.
19
Le postille sono oggi finalmente disponibili in F. Petrarca, Le postille del Virgilio Ambrosiano, a cura di M.
Baglio, A. Testa e M. Petoletti, presentazione di G. Velli, Roma-Padova, Editrice Antenore, 2006 (Studi sul Petrarca
promossi dall’Ente Nazionale Francesco Petrarca, 33), 2 voll. Inutile qui ricordare i numerosissimi contributi che si
sono susseguiti sul Petrarca in occasioni delle Celebrazioni del Centenario: si menzioni qui almeno, a titolo esemplare, M. Feo (a cura di), Petrarca nel tempo. Tradizione lettori e immagini delle opere, Catalogo della mostra (Arezzo,
Sottochiesa di San Francesco, 22 novembre 2003 – 27 gennaio 2004), Roma-Firenze, VII Centenario della nascita di
Francesco Petrarca (Pontedera Bandecchi & Vivaldi), 2003.
20
Il codice è a Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppressi I 9 3. Gli oroscopi autografi si trovano alla c. Ir: cfr. Leon Battista Alberti. La biblioteca di un umanista. Catalogo della Mostra (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana 8 ottobre 2005 - 7 gennaio 2006), a cura di R. Cardini, con la collaborazione di L. Bertolini e M.
Regoliosi, Firenze, Mandragora, 2005, p. 396.
21
Il manoscritto è a Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Lat. XI, 67 (3859): cfr. Leon Battista Alberti. La
biblioteca di un umanista, cit. p. 404.
22
Tali termini si riconducono alla nomenclatura titolatoria dei capitoli di F. Rico, Il sogno dell'umanesimo, cit.
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in questo senso dal Petrarca, il problema della chiarezza della scrittura23 alla base di ogni buona logica comunicativa, potere restaurare il testo di Quintiliano (tante volte pianto da Petrarca come scorretto e lacunoso) significa non solo esercitare il proprio talento
filologico, ma, ancor di più, acquisire nuovi fondamenti conoscitivi che additino nuovi
modelli e aiutino concretamente la vita del singolo e della collettività, ragionare sulla
necessaria forma educativa dell'enkyklos paideia, di un’educazione circolare, completa,
come ben sanno anche il Valla e Poliziano che concentrano sul medesimo autore la loro
acribia ecdotica24 . Del resto è proprio la nuova prospettiva storica e filologica con cui si
leggono ed emendano i classici a conferire agli umanisti questa forte volontà di azione e
di incidenza sulla realtà. Ogni testo è infatti calato, come l’uomo che lo ha prodotto, nel
fluire della storia. Ogni opera e ogni autore sono voci esemplari, irrepetibili, espressioni
di una loro specifica individualità (come rivelano la filologia e la critica del testo, attente a cogliere l’unicità del singolo evento).
I più importanti responsabili della cancelleria fiorentina, Coluccio Salutati, Leonardo
Bruni, Carlo Marsuppini e Poggio Bracciolini25 mostrano, già a partire dalla fine del secolo XIV, il volto di quell’umanesimo civile che vede gli intellettuali fortemente impegnati nella vita comunale e nelle istituzioni della repubblica, evidenziando così il forte
nesso fra letteratura e società, fra cultura e impegno politico che sarà anche della generazione successiva dei Machiavelli e dei Guicciardini e che tanto affascinerà Antonio
Gramsci.
La difesa dell’im pegno m ondano costituisce un Leitm otiv del pensiero di Coluccio
Salutati26 , sulla base della convinzione, di origine ciceroniana, che gli studia hum anitatis vadano costantem ente correlati all’attività di governo. L’elogio della vita attiva è il
23
Per la rivoluzione della scrittura umanistica si ricordino almeno L.B. Ullman, The Origin and Development of
Humanistic Script, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1960 e A. Petrucci, Libri, scrittura e pubblico nel Rinascimento, Bari, Laterza, 1975.
24
Le postille petrarchesche a Quintiliano sono state pubblicate da M. Accame Lanzillotta, Le postille del Petrarca a Quintiliano (Cod. Parigino lat. 7720 ), «Quaderni petrarcheschi», 5, 1988; le postille autografe del Valla a Quintiliano sono contenute nel Parigino latino 7223 e hanno avuto ben due edizioni (anche se non complete) la prima dovuta al diligente lavoro di Lucia Cesarini Martinelli e di Alessandro Perosa, Padova, Antenore, 1996 (ma anticipata
da un celebre saggio apparso nel 1986 negli Atti del Convegno su Lorenzo Valla e l'umanesimo italiano, cit.); la seconda uscita in Spagna a cura di Jorge Fernánd López in un volume di ampio respiro dal titolo Retórica, Humanismo
y Filología: Quintiliano y Lorenzo Valla, pubblicato a Logroño nel 1999. Sulle postille del Poliziano redatte su
un’edizione a stampa si veda A. Daneloni, Poliziano e il testo dell’Institutio oratoria, Messina, Centro Interdipartimentale di Studi Umanistici, 2001. Per la centralità di Quintiliano nella ricezione umanistica, mi permetto di rinviare
anche a L. Chines, La parola degli antichi. Umanesimo emiliano tra scuola e poesia, Roma, Carocci, 1998, pp. 207210.
25
Su queste figure di umanisti e per un relativo e aggiornato quadro bibliografico si rinvia a I cancellieri aretini
della Repubblica di Firenze. Catalogo della Mostra tenuta a Arezzo nel 2003, a cura di R. Cardini e P. Viti, Firenze,
Pagliai Polistampa, 2003.
26
Si vedano Coluccio Salutati e l'invenzione dell'Umanesimo (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 2 novembre 2008- 30 gennaio 2009), a cura di T. De Robertis, G. Tanturli, S. Zamponi, Firenze, Mandragora, 2008 e Coluccio Salutati e Firenze. Ideologia e formazione dello stato (Firenze, Archivio di Stato 9 ottobre 2008-14 marzo
2009), a cura di R. Cardini e P. Viti, Firenze, Edizioni Polistampa, 2008; Le radici umanistiche dell'Europa. Coluccio
Salutati cancelliere e politico, a cura di R. Cardini e P. Viti, Firenze, Pagliai Polistampa, 2012.
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Chines – Um anesim o e m odernità
presupposto da cui gli um anisti ricavano la necessità di un im pegno civile da parte dei
dotti. Un’esistenza condotta a contatto con gli altri uom ini, nel cuore di una collettività
laboriosa e feconda, è scelta più integralm ente um ana di quella degli erem iti e dei solitari. In tutta la sua opera Coluccio ribadisce l’obbligo che il saggio si dedichi all’azione,
all’interno della società, rim arcandone il valore politico. Né lontano da questi principi è
Leonardo Bruni, traduttore in latino delle opere di Platone e della Politica di Aristotele,
che stim olano il desiderio di operare concretam ente nella realtà politica e sociale del
proprio tem po, ispirandosi alle norm e etiche lasciate in eredità dagli antichi (né m eno
m oderno, fra le altre cose, è il problem a teorico che il Bruni si pone nel De interpretatione recta di fronte al lavoro di traduzione da una lingua all’altra, della versione ad
verbum o ad sententiam , che gli um anisti si trovano ad affrontare nell’operazione del
vertere le opere degli autori greci in latino) 27. Il Bruni traduttore della Politica aristotelica, al pari del Salutati assertore convinto del prim ato della vita attiva su quella contem plativa, sa bene che l’uom o riceve dalla società civile quella com piutezza e perfezione che non ha da sé. L’individuo, dunque, realizza se stesso e la sua vocazione alla felicità non in solitudine, m a nell’am bito delle istituzioni sociali e civili (la città, lo stato).
Perciò la scienza politica deve avere un ruolo di prim ’ordine nella form azione
dell’uom o, com e strum ento di prom ozione delle sue virtù civili.
Ogni atteggiam ento politico, ogni evento sensibile che incidesse sulla realtà poteva
scaturire da m odelli teorici assunti dalla lettura di classici, e per i príncipi e i regnanti
che ne intuissero abilm ente le grandi potenzialità – com e fu Alfonso il Magnanim o – la
filologia, lo studio della classicità e la presenza dei più prestigiosi intellettuali del tem po
si tram utarono in strum enti intelligenti di dom inio e di stabilità. D'altra parte gli um anisti offrono ai signori la possibilità della costruzione del m ito personale, attraverso operazioni di dedica di opere encom iastiche, di versioni o edizioni di autori di biografie
esem plari, quali fu il Plutarco delle Vite che costituisce una vera e propria ossessione
per dom ini com m ittenti e per um anisti traduttori, com e ben rivela la febbrile attività
dell'officina scrittoria di Vespasiano da Bisticci28 .
La parola degli um anisti, dunque, si trasform ò in atto non solo nel ridisegnare i confini delle conoscenze, nella prassi politica, nella fondazione o ri-fondazione delle discipline, m a anche nell’aprire nuovi spazi, nell’incentivare nuovi itinerari di ricerca. Lo
spazio degli antichi (da Vitruvio a Tolom eo) diventa allora lo spazio del presente
nell’architettura e negli interessi geografici. Già in fondo era in nuce nella curiositas
del Petrarca (e del Boccaccio del De m ontibus), così attento, il prim o, ad affollare i m argini dei suoi codici di tutti i nom i di luoghi noti e ignoti, e ad esem pio, di trovare la cor-
27
Di quest'opera bruniana, collocabile nel 1420, si veda ora l'impeccabile edizione L. Bruni, Sulla perfetta traduzione, a cura di P. Viti, Napoli, Liguori, 2004.
28
Cfr. a questo proposito L. Chines, Tra libri ed erudizione: la varietas del gusto letterario di Malatesta Novello,
in Libraria Domini, cit. pp. 95-102.
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retta ubicazione della m itica isola di Thyle 29 . Così accade più tardi che la pubblicazione
della Geografia di Tolom eo contribuisca a incentivare lo sm anioso spirito pionieristico
dei grandi viaggiatori e che um anisti esperti dell’opera tolem aica (com e lo spagnolo Antonio de Nebrija), avessero, di contro, grandi intuizioni di verità scientifiche. Insom m a,
la letteratura andava verso l’esperienza e l’esperienza verso la letteratura. E di questo
andare dai verba alle res e viceversa indiscusso m aestro fu l'Alberti, la cui figura e opera sono state da poco notevolm ente arricchite grazie ai num erosi contributi riuniti nei
volum i dei vari Convegni del VI Centenario della nascita nel 20 0 4 di recente pubblicazione 30 . Il volto dell'Alberti è un m osaico com posito (per utilizzare un term ine caro a
Roberto Cardini31) che ha tutti i tratti della m odernità 32 : da una parte il volto costruttivo
e solare dell’architetto e del teorico dell’architettura (nel De re edificatoria), della pittura e della scultura (De pictura e De statua), del prim o autore di una gram m atichetta
della lingua volgare, e dell’ingegnere di testi concepiti sem pre com e “m osaici”; alla sua
pars construens si riconduce anche la curiosità insaziabile di archeologo e di urbanista
(si pensi alla Descriptio urbis Rom ae) che non sfocia m ai nella pedanteria erudita, m a
che anzi utilizza i m odelli testuali (ad am pio raggio dai classici ai m edievali) com e stim olo per la sua opera creativa; di contro, invece, il volto um bratile e chiaroscurale, occultato per lungo tem po anche dal trionfante dom inio della dignitas hom inis del neoplatonism o di Pico e di Ficino, m a riscoperto dalla tenace genialità di Eugenio Garin 33 ;
questo è il profilo dell’Alberti vicino alla nostra sensibilità di m oderni, nel carattere
chiaroscurale della “m aschera” che dà vita alle pagine delle Intercenales 34 e del Mo29
Cfr. V. Pacca, De Thile insula (Fam. III 1), in Motivi e forme delle Familiari di Francesco Petrarca. (Gargnano del Garda 2-5 ottobre 2002), a cura di C. Berra, Milano, Cisalpino, 2003, pp. 592-610 e L. Chines, Per Petrarca e
Claudiano, in Verso il Centenario. Atti del Seminario di Bologna 24-25 settembre 2001, «Quaderni petrarcheschi»,
11, a cura di L. Chines e P. Vecchi Galli, Firenze, Le Lettere 2004, pp. 43-71.
30
Leon Battista Alberi umanista e scrittore. Filologia, esegesi, tradizione. Atti del Convegno internazionale del Comitato Nazionale VI Centenario della nascita di Leon Battista Alberti (Arezzo, 24-26 giugno 2004), a cura di R. Cardini e M. Regoliosi, Firenze, Edizioni Polistampa, 2007, tt. 2; Alberti e la tradizione. Per lo "smontaggio" dei "mosaici" albertiani. Atti del Convegno internazionale del Comitato Nazionale VI Centenario della nascita di Leon Battista Alberti (Arezzo, 23-25 settembre 2004), a cura di R. Cardini e M. Regoliosi, Firenze, Edizioni Polistampa, 2007,
tt. 2; Alberti e la cultura del Quattrocento. Atti del Convegno internazionale del Comitato Nazionale VI Centenario
della nascita di Leon Battista Alberti (Firenze, 16-18 dicembre 2004), a cura di R. Cardini e M. Regoliosi, Firenze,
Edizioni Polistampa, 2007, tt.. 2.
31
R. Cardini, Mosaici. Il "nemico" dell'Alberti, Roma, Bulzoni, 1990, 20042.
32
Sull'importanza dell'Alberti come fondatore del pensiero umoristico moderno europeo che giunge fino a Leopardi e Pirandello, esemplari sono i contributi di R. Cardini, Alberti o della nascita dell'umorismo moderno, «Schede umanistiche», n.s. 1, 1993, pp. 31-85; Id., Paralipomeni all'Alberti umorista , «Moderni e antichi», 1, 2003, pp.
73-86; Id., Alberti oggi, «Moderni e antichi», cit. pp. 61-72.
33
Cfr. E. Garin, Venticinque intercenali inedite e sconosciute di Leon Battista Alberti, «Belfagor», 19, 1964, pp.
377-396 (poi in E. Garin, L’età nuova. Ricerche di storia della cultura dal XII al XVI secolo, Napoli, Morano, 1969,
pp. 217-234); la scoperta portò a un’edizione provvisoria dell’opera: L.B. Alberti, Intercenali inedite, a cura di E.
Garin, «Rinascimento», s. II, 4, 1964, pp. 125-258 (in seguito ristampato in «Quaderni del Rinascimento», Firenze,
1965).
34
Cfr. L. Battista Alberti, Intercenales, a cura di F. Bacchelli e L. D’Ascia, Bologna, Pendragon, 2003. Per il
quadro della situazione testuale ed editorale e sui lavori preparatori a una nuova edizione critica delle Intercenales si
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Chines – Um anesim o e m odernità
m us 35 e alle folgoranti sentenze corrosive degli Apologi centum 36 . Se Petrarca am m etteva persino nel m onum ento calligrafico della Posteritati la sua inquietudine, il suo stare
nescius, l’Alberti, spingendosi ben oltre, e non confidando in nessun porto di quiete, sa
che l’uom o è naufragus inserito in un fluxus che è l’esistenza, sottoposto a continua vicissitudo. L’uom o è costretto ad assum ere una m aschera nel perenne fluire
dell’esistenza. Non a caso nel M om us si fa strada proprio un lessico tecnico teatrale,
m aturato soprattutto alla lettura dei com ici, Terenzio e soprattutto Plauto, divenuti paradigm i erm eneutici profondi, com e rivelano le form ule «sum pta persona» (Proem io) e
«desum pta persona» (I libro) (m ettersi e togliersi la m aschera) o subsellium , il term ine
che si usa beffardam ente sia per gli scranni dei tribuni che per le seggiole degli spettatori a teatro 37. E questo evoca tante riflessioni sulla teatralità del potere, che fu già, prim a che nostro, problem a degli um anisti, su cu, già m olti anni addietro, Ezio Raim ondi
scriveva pagine fondam entali38 . A giusta ragione dunque è stato detto, che in tal senso
l'Alberti è il fondatore di quel pensiero um oristico m oderno che passando per Leopardi
arriva a Pirandello. L’Alberti, com e e forse di più di altri um anisti, sa far vibrare la viva
m odernità della voce degli antichi, sa dialogare con Vitruvio e altri classici nei suoi
scritti, m a sa donare accezioni sem pre nuove ai singoli tasselli dei m osaici delle opere
degli auctores, recuperati e genialm ente ricom posti in caleidoscopici e m ai casuali giochi com binatori. Si pensi, ad esem pio, com e nell’incipit dell’intercenale N aufragus il
protagonista afferm a che non intende più affidare le proprie sorti alle perfidie di Nettuno, ricalcando le parole della M ostellaria plautina 431-37, m a con una nuova vertigine
di senso di chi si sente in balia della forza incessante e ineludibile del fluxus. Ancora nel
Plauto della Mostellaria 1110 si trova la battuta del vecchio Teopropide, che, gabbato e
depredato dei suoi beni, dice: «[…] etiam cerebrum quoque om ne e capite em unxti m eo». Nella intercenale Som nium tale battuta si inquadra nella straordinaria invenzione
narrativa del m ondo onirico, il paese dei sogni (che ha dietro anche il m odello del M enippo lucianeo), in cui Libripeta ritrova una parte non piccola del suo cervello (64-65:
«partem non m inim am m ei cerebri offendi») e aggiunge: «eam quidem quam vetula
quedam a m e am ata em unxerat» 39 . L'invenzione albertiana che affascinerà, com ’è noto,
l'Ariosto dell'episodio di Astolfo sulla luna porta dunque l'eco lontana di una battuta
plautina, tessera m usiva a cui l’um anista conferisce una nuova straordinaria originalità,
con quel m eccanism o, che in term ini m oderni, chiam iam o dell’intertestualità 40 . D’altra
veda R. Cardini, Le Intercenales di Leon Battista Alberti. Preliminari all’edizione critica, «Moderni e Antichi», 1,
2003, pp. 98-142. Per una recente sintesi antologica dell’opera albertiana con traduzione e commento cfr. L.B. Alberti, Autobiografia e altre opere latine, a cura di L. Chines e A. Severi, Milano, Bur, 2012.
35
Per una recente ed. dell’opera cfr. L.B. Alberti, Momo, a cura di F. Furlan, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2007.
36
Cfr., tra le ultime edizioni, L.B. Alberti, Apologhi, a cura di M. Ciccuto, Torino, Aragno Editore, 2003.
37
Sul rapporto fra l'Alberti e la commedia latina si veda L. Chines, Plauto e Terenzio nell’opera albertiana, in
Alberti e la tradizione, cit. pp. 141-55.
38
E. Raimondi, Politica e commedia. Dal Beroaldo al Machiavelli, Bologna, il Mulino, 1972.
39
Cfr. L.B. Alberti, Intercenales, cit. p. 234.
40
Cfr. L. Chines, Plauto e Terenzio nell’opera albertiana, cit. pp. 152-153.
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parte, Plauto diviene per gli um anisti oggetto privilegiato di indagine filologica, affascinante paradigm a linguistico, m a anche, in senso più profondo, paradigm a erm eneutico,
che riproduce, nella proteiform ità lessicale, nel cosm o dei verba, la com plessa m ultiform ità delle res. Da questo gioco, che prende avvio dall’approccio filologico e finisce
con il plasm are la visione del m ondo, rim angono “sedotti” m olti um anisti, dal Panorm ita dell’Herm aprhoditus al Pontano del De serm one, e da qui prende avvio
quell’attenzione al genere com ico che contribuirà alla rinascita del genere nel Cinquecento con Ariosto e Machiavelli, senza dim enticare il grande insegnam ento che i sales
assum ono nella form azione e nella prospettiva erm eneutica e pedagogica degli um anisti
com e nuovo m odus, m isura di una nuova elegantia 41. Questa allora è la lezione di elegantia che corre parallela e com plem entare a quella valliana, il giusto e m isurato adeguarsi e rapportarsi dei verba alla m utevolezza delle res e dei gesta, di fronte alla varietà delle indoli e delle circostanze um ane, com e bene sapeva Erasm o – editore anch’egli,
non lo si dim entichi, di Plauto 42 – ; ed è questa l'elegantia che sa appunto eligere, scegliere le parole nelle diverse situazioni com unicative – e il pensiero corre ancora ad Erasm o e ai suoi Colloquia – e che apre gradatam ente la strada ai m odelli di com portam ento del Cortigiano cinquecentesco.
Ancora il volto della m odernità, o per m eglio dire di una costante antropologica e
culturale dell'uom o, ha, d'altra parte, il fervore polem ico che anim ò gli um anisti l'un
contro l'altro arm ati, e diede vita a una ricca fioritura del genere dell'Invectiva o addirittura – se pensiam o al Valla – dell'Antidotum . Fu di natura politica la polem ica tra
Coluccio Salutati e Antonio Loschi che vide il cancelliere della Repubblica fiorentina difendere la florentina libertas contro il regim e signorile e le volontà egem oniche di Gian
Galeazzo Visconti; m a ancor più agguerriti sono i toni delle polem iche filologiche (dietro cui si giocano la credibilità e il prestigio dell’intellettuale) quali furono quella fra
Poggio Bracciolini e Lorenzo Valla, tra il Valla e il Facio e il Panorm ita o, più tardi quella fra il Poliziano e il Merula. E per capire la spregiudicatezza del lessico e dei toni, che
nulla hanno da invidiare a certe battute di pam phlet o di m oderno giornalism o, si pensi
ai tratti della penna corrosiva del Bracciolini nelle Invective contro il Valla, m a ancora
più graffiante nelle pagine del suo splendido epistolario, anche questo vero m onum ento
di m odernità per l’invenzione linguistica, la capacità di osservazione del reale e dei
com portam enti individuali e sociali e anche per l’espressione viva e um orale dei propri
caratteri di uom o. Scrivendo a Giovanni Tortelli a proposito del Valla, già celebrato per
la genialità delle sue Elegantie, che aveva osato – a suo dire – criticare il latino delle sue
epistole, Poggio afferm a: «Quoad Laurentium vero attinet, efferas illum atque extollas
41
Per la portata ermeneutica che la filologia sui testi della commedia plautina ebbe nell'umanesimo cfr. L. Chines, La parola degli antichi, cit. pp. 116-124.
42
È l'edizione delle commedie plautine che esce a Venezia, per i tipi di Aldo Manuzio, nel 1522.
11
Chines – Um anesim o e m odernità
quantum libet; scio enim illum m ore sim ie, quo altius ascenderit, eo apertius nates et
pudende aspicientibus ostensurum » 43 .
Agli um anisti si deve inoltre quella curiositas che cerca di leggere e interpretare i
segni della storia e della civiltà visibili nel paesaggio urbano. Avevano sotto gli occhi i
resti im ponenti degli antichi splendori ed erano queste le testim onianze m onum entali,
tangibili che soprattutto in Italia facevano avvertire il legam e om belicale che univa generazioni tanto lontane vissute in un identico scenario. Soltanto qui gli um anisti potevano fino in fondo avvertire il senso delle loro radici e rispondere a tali stim oli in m odo
diverso (dalla riflessione di Poggio che, cam m inando fra le rovine di Rom a, m edita sullle alterne vicende degli im peri nel De varietate fortune, alle opere erudite di Biondo
Flavio (la Rom a Trium phans, la Rom a instaurata e l'Italia illustrata – e prim a si è ricordata anche la Descriptio urbis Rom ae dell'Alberti) opere che com piono anche una
straordinaria operazione di invenzione linguistica che sappia esprim ere con precisi
tecnicism i la novitas rerum , da cui prendono avvio i m oderni studi di archeologia e di
antiquaria e che condizionano nel com plesso le prospettive estetiche dell'arte um anistica e rinascim entale – si pensi solo a Mantegna.
Il lavoro filologico sulla parola degli auctores avviato dal Petrarca e dal Boccaccio, e
proseguito dalle successive generazioni di um anisti, pone le fabulae testuali al centro di
un sapere specifico che è quello dell'intellettuale e del letterato; alla ricerca della definizione di un'autonom ia del sapere letterario da afferm are a fatica contro i saperi "forti"
quali quello m edico o giuridico – anche questo tratto indiscutibile di m odernità – m irano i num erosi strali polem ici del Petrarca o le difese della sapienza poetica che anim ano le Genealogie boccacciane o il De laboribus Herculis del Salutati. E di qui, anche,
il forte senso di sé com e auctores che il Petrarca e il Boccaccio ci consegnano rispettivam ente nel prim o libro dell'io lirico e nel prim o libro di novelle della nostra tradizione,
m aterialm ente rivelato dai prim i autografi della nostra storia letteraria. E se ai Rerum
vulgarium fragm enta e al Decam eron si deve la fondazione dei m odelli del genere lirico e novellistico in lingua volgare, di cui non occorre ricordare l'evoluzione e la fortuna,
nell'Um anesim o latino e volgare affonda le proprie radici la ricca proliferazione di generi letterari (dal dialogo all'epistolario, dall'apologo alla facezia o al proverbio – si
pensi ad Alberti, a Cornazzano, allo stesso Poggio, o alle num erose ed eterogenee form e
della narrazione e della storiografia um anistica, e m olto altro ancora) che per strade diverse sono giunti ai confini della m odernità. Per non parlare di quella che potrem m o
chiam are la pluralità polifonica delle voci letterarie dell'um anesim o, si pensi a un Pulci
che nel Morgante anticipa quel gioco com ico del doppio che è costante della sensibilità
m oderna, o alla ricchezza del pastiche linguistico del Folengo che precorre certe istanze
novecentesche 44 .
43
Cfr. P. Bracciolini, Epistolarum familiarium libri, a cura di H. Harth, Firenze, Olschki, 1987, t. III, p. 215.
Si veda, fra i numerosi contributi in questo senso, G. Folena, Il linguaggio del «Caos», in Cultura letteraria e
tradizione popolare in Teofilo Folengo, Atti del convegno di studi promosso dall'Accademia virgiliana e dal
44
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Ma accanto alla centralità dei testi e degli autori e all'autonomia della letteratura, gli
umanisti scoprono anche l'importanza dell'interpres e del suo ingenium che media tra il
testo e il lettore. Prima con il Valla, e poi, soprattutto, nel secondo Quattrocento, con il
Poliziano dei Miscellanea, il valore dell'interprete si manifesta soprattutto nei suoi interventi ope ingenii e la filologia diviene inscindibile dalla critica testuale, o dalla contestualizzazione storica del testo (si pensi, a titolo esemplificativo, all'interpretazione polizianea del celebre carme catulliano del passero di Lesbia45, o alla ricostruzione della figura storica di Saffo a proposito della epistola delle Heroides ovidiane46 ).
Gli umanisti non hanno inventato solo un lessico filologico, come bene ci ha insegnato Silvia Rizzo47, in grandissima parte recuperato dalla moderna filologia lachmanniana, ma hanno saputo creare anche un ricchissimo lessico metaforico della filologia,
(si può redigere in questo senso un vero e proprio glossario delle aree semantiche: le acque, gli anim ali, le arti, l’agricoltura, il corpo, il cibo, la guerra, luce e oscurità, le m acchie, il nodo, il tesoro, ecc.) che in parte si presenta com e una rielaborazione della tradizione classica e m edievale, in parte com e una creazione originale, ed è destinato a
lunga fortuna se pensiam o all’“albero” di Lachm ann – m ostrando il nesso inscindibile
tra filologia, poesia, retorica e diversi cam pi delle scienze e dell’esperienza 48 . Nei M iscellanea di Poliziano, nelle Annotationes di Beroaldo il vecchio, nei Serm ones di Codro 49 , e in m olti altri luoghi si trovano am pie aree m etaforiche in cui viene trasposto il
lavoro del filologo.
Ma forse l’area m etaforica più suggestiva, perché giunge alla sensibilità m oderna e
unisce i volti e le m odalità di due poeti e filologi quali furono Petrarca e Poliziano è
quella del recolligere; che nel Petrarca riguarda tanto i «fram m enti dell’anim a» nella
voce dell’io lirico, quanto la ricom posizione dei lacerta dei testi degli antichi; ed è in
fondo la m edesim a im m agine a cui ricorre il Poliziano nel prim o capitolo della seconda
centuria dei Miscellanea, intitolato De divinatione, che si presenta com e un vero e proprio m anifesto della nuova filologia. Qui, l’Am brogini racconta, a proposito del secondo
libro del De natura deorum di Cicerone che si presentava lacer tanto nei vecchi quanto
nei recenti esem plari, com e la sua im presa fosse la stessa di Esculapio che, m osso da
profonda pietas, raccolse le m em bra straziate e disperse di Ippolito e diede loro nuova
Comitato Mantova-Padania 77, Mantova 15-16-17 ottobre 1977, a cura di E. Bonora e M. Chiesa, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 230-248.
45
Nel capitolo VI della I centuria dei Miscellanea: «Quo intellectu Catullianus passer accipiendus […]», in
Omnia Opera Angeli Politiani, Roma, Bibliopola, 1968 (ed. anast. Venetiis, 1498).
46
Cfr. A. Poliziano, Commento inedito all'epistola ovidiana di Saffo a Faone, a cura di E. Lazzeri, Firenze, Sansoni, 1971.
47
S. Rizzo, Il lessico filologico degli umanisti, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1973.
48
È in stato di elaborazione un mio contributo che indaga proprio questo rapporto tra lessico filologico e lessico
metaforico dell’Umanesimo.
49
Su cui si vedano E. Raimondi, Codro e l'umanesimo a Bologna, Bologna, Zuffi, 1951, rist. Bologna, il Mulino,
1987, a cui mi permetto di aggiungere L. Chines, La parola degli antichi, cit. pp. 125-139.
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Chines – Um anesim o e m odernità
vita e nuovo splendore grazie alla propria arte divina 50 . Il recolligere i m em bra disiecta
del testo, tanto per Petrarca quanto per Poliziano, è dunque ricom porre l’unità di una
voce, svelando com e la “ricostruzione” filologica della parola porti con sé anche la legittim a fondazione di un io poetico.
Molto altro ci sarebbe da dire ancora e m olto è stato inevitabilm ente tralasciato, in
questo excursus sulla m odernità dell’um anesim o, com e il peso delle ri-scoperte di certi
classici per il pensiero occidentale – si pensi soltanto a Lucrezio – o l’accenno tanto ovvio quanto dovuto all’invenzione della stam pa, sul finire del secolo XV, che m utò nel
profondo le m odalità di trasm issione e di circolazione del sapere, fenom eno in certa m isura paragonabile alla nostra rivoluzione telem atica, con certi atteggiam enti degli um anisti (com e cam biare il destinatario o il dedicatario di un’opera, qualora se ne presentasse l’opportunità) che ricordano alcune usuali tecniche contem poranee del “copia e
incolla”.
Ma si ricordi infine com e un aspetto di indubbia m odernità della sensibilità um anistica fu nel suo sentirsi spesso inattuale, nella m ancanza di intim a adesione ad un’età
che non incarnava quei valori di cultura e civiltà che solo un corretto dialogo con gli antichi poteva far rivivere. Nei suoi Appunti filosofici redatti tra il 1867 e il 1869 Nietzsche
scriveva: «Non per il sem plice fatto che sia accaduta si ha il diritto di fare ricerche su
una cosa, m a perché questo passato era m igliore del presente e quindi funge da m odello» 51.
In queste parole del filosofo tedesco sem brano risuonare certe riflessioni del padre
dell’Um anesim o. Alla straordinaria statura degli antichi, dice il Petrarca in un passo dei
Rerum m em orandarum , corrisponde la m ediocre m isura dei contem poranei, e ai grandi auctores del passato corrispondono i m iserevoli pudores del presente. La sua età, dice ancora il Petrarca sem bra curiosissim a – il term ine latino è petrarchesco – di tutto
ciò che è superfluo e non ha valore, e incuriosa invece delle oneste discipline, dei grandi
valori della cultura, dell’etica e della m orale 52 ; e forse, qualche volta, da m oderni, potrem m o condividere queste lam entele.
loredana.chines@unibo.it
(Università di Bologna)
50
«Ciceronis liber secundus de deorum natura non minus lacer in omnibus novis, vetustis etiam exemplaribus
reperitur quam olim fuerit Hyppolitus turbatis distractus equis; cuius deinde avulsa passim membra, sicuti fabulae
ferunt, Aesculapius ille collegit, reposuit, vitae reddidit; qui tamen deinde fulmine ictus ob invidiam deorum narratur.
Me vero quae nam deterrebit invidia, quod fulmen, quo minus restituere ipsum sibi coner romanae vel linguae vel
philosophiae parentem, nescio equidem a quo rursus Antonio truncatum capite e manibus? Fecimus idem antea in ipsius epistolis, eaque nostra quasi dixerim redintegratio iam recepita est, quantum intellego, videlicet excusis passim
voluminibus in eam formam quam nos de vetustis exemplaribus praescripseramus»: cfr. A. Poliziano, Miscellaneorum centuria secunda, cit. II 1, p. 3.
51
F. Nietzsche, Appunti filosofici, Milano, Adelphi, 1993, p. 131.
52
Rer. mem. I 19, 2-3: «Sed quot preclaros vetustatis auctores, tot posteritatis pudores ac delicta commemoro
[…] dolorem meum potius effundens et etati, curiosissime in quibus non oportet, rerum tamen honestarum prorsus
incuriose»: cfr. F. Petrarca, Rerum memorandarum libri, ed. critica per cura di G. Billanovich, Firenze, Sansoni,
1943, p. 19.
14