Academia.eduAcademia.edu

Gli esuli romeni al Congresso dell'Europa dell'Aja (maggio 1948)

In 1944, it's expressed for the first time the idea that only a federal union can ensure the preservation of freedom and civilization in Europe. In 1947, within the federalist movement, it establishes a committee that promotes the first Congress of Europe, held in The Hague in May, 7-11, 1948, where also partecipates a group of Romanian exilates, led by the former Minister of Foreign Affairs, Grigore Gafencu. His speech seeks to provide freedom of expression to his Country and entire Eastern part of the Continent.

GLI ESULI ROMENI AL CONGRESSO DELL’EUROPA DELL’AJA (MAGGIO 1948) Lector univ. dr. Giordano ALTAROZZI Universitatea „Petru Maior” , Târgu-Mure Abstract In 1944, it’s expressed for the first time the idea that only a federal union can ensure the preservation of freedom and civilization in Europe. In 1947, within the federalist movement, it establishes a committee that promotes the first Congress of Europe, held in The Hague in May, 7-11, 1948, where also partecipates a group of Romanian exilates, led by the former Minister of Foreign Affairs, Grigore Gafencu. His speech seeks to provide freedom of expression to his Country and entire Eastern part of the Continent. Dal punto di vista istituzionale, l’Unione europea sorge alla fine della seconda guerra mondiale dalla diffusa volontà di evitare lo scoppio di un nuovo conflitto continentale. I progetti per la realizzazione dell’Europa unita fanno parte invece di una tradizione culturale più antica, e in qualche modo hanno costituito il retroterra culturale su cui successivamente si è fondata la costruzione comunitaria. Limitando l’analisi ai soli ultimi tre secoli va precisato che, mentre alcuni progetti rivestono un’enorme importanza da un punto di vista filosofico, culturale e morale, estremamente ridotta risulta la loro effettiva capacità di tradursi in qualcosa di concreto1. La nascita delle nuove ideologie nazionalista e marxista nel corso della prima metà del XIX secolo pongono nuovi, insormontabili limiti ai progetti europeisti; anche un adepto della collaborazione internazionale come Giuseppe Mazzini, seppur fondata su base nazionale, deve constatare il fallimento della Giovine Europa, organizzazione da lui fondata a Berna nel 1834 con lo scopo di riunire sotto un’unica guida tutti i popoli che aspirano all’emancipazione dal dominio straniero e a garantire in un secondo momento la convivenza pacifica dei diversi popoli2. Il simbolo più chiaro di tale fallimento è la Grande Guerra, allorché l’idea europeista cede il passo di fronte all’affermazione del nazionalismo3. Il bisogno profondo di unire le diverse nazioni europee ottiene un nuovo slancio soltanto dopo la fine della prima guerra 1 Cfr. F. Chabod, Storia dell’idea d’Europa, Roma – Bari, Laterza, 1998; G. Altarozzi, Ideea despre Europa între Evul mediu i epoca integr rii, in “Revista Bistri ei”, XXI/2, pp. 223-233. 2 Cfr. . Delureanu, Mazzini i români în Risorgimento, Bucure ti, Paideia, 2006; R. Sarti, Giuseppe Mazzini. La politica come religione civile, Roma – Bari, Laterza, 2005; S. Mastellone, Mazzini e Linton. Una democrazia europea. 1845-1855, Firenze, Olschki, 2007. 3 Cfr. E. J. Hobsbawm, Nazioni e nazionalismo dal 1780. Programma, mito, realtà, Torino, Einaudi, 2002; S. Nicoar , Na iunea modern . Mituri, simboluri, ideologii, Cluj-Napoca, Accent, 2002; E. Gentile, Le religioni della politica. Fra democrazie e totalitarismi, Roma – Bari, Laterza, 2007. 988 „Integrarea european între tradi ie i modernitate” – Târgu Mure , 21-22 octombrie 2009 mondiale. Lo shock provocato dal conflitto e la riconfigurazione del sistema internazionale che ne segue, con la crescita di potenze non europee (Unione Sovietica, Stati Uniti e Giappone) e il contestuale declino delle ormai ex grandi potenze (Gran Bretagna e Francia su tutte), fanno sì che in Europa si cominci a pensare a nuove forme di unione pan-europea che consentano al Vecchio Continente di assumere una posizione di equidistanza e di autonomia all’interno dei nuovi equilibri4. In tal senso va, per esempio, l’iniziativa promossa nel corso degli anni Venti dal conte Richard Coudenhove-Kalergi e fondata sull’idea di una collaborazione franco-tedesca5, successivamente ripresa da Aristide Briand nel 1929, allorché presenta davanti all’Assemblea della Società delle Nazioni il primo progetto politico di Unione europea6. Le ideologie storiche continuano però a far sentire il loro peso, anche a causa delle deficienze del cosiddetto “sistema di Versailles”, che a causa della volontà eccessivamente punitiva dei trattati di pace ha lasciato molte ferite aperte nella società europea7. Tale realtà si traduce nella moltiplicazione di movimenti e regimi politici fondati su visioni scioviniste, che si diffondono in diversi Paesi europei, non sempre usciti sconfitti dalla guerra, come testimoniano i casi italiano, polacco, jugoslavo e romeno8. Nel contesto della radicalizzazione politica degli anni Trenta9, dunque, movimenti come quello di Coudenhove-Kalergi sono condannati alla scomparsa o a continuare la loro azione oltreoceano. Tali idee però non scompaiono completamente; benché colpite duramente dalla violenza nazista, esse continuano a circolare tra intellettuali e uomini politici di diversi Paesi, e proprio tra le fila della 4 Sulla ristrutturazione del sistema internazionale alla fine della prima guerra mondiale cfr. E. H. Carr, International Relations between the two World Wars: 1919-1939, London – Basingstoke, Macmillan, 1979; E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali 1918-1992, Roma – Bari, Laterza, 1994, pp. 5-112; G. Cip ianu – V. Vesa (coord.), La fin de la Première Guerre Mondiale et la nouvelle architecture géopolitique européenne, Cluj-Napoca, Presses Universitaires de Cluj, 2000. Sul dibattito intorno all’idea di un’unione continentale cfr. J.L. Chabot, L’idée d’Europe unie de 1919 à 1939, Grenoble, PUG, 1978; A.-M. Saint-Gille, La «Pan-Europe». Un débat d’idées dans l’entre-deux-guerres, Paris, Presses de l’Université de Paris-Sorbonne, 2003. 5 Cfr. R. N. Coudenhove-Kalergi, Paneurope, Paris – Wien, Éditions Paneuropéennes, 1927; sul pensiero di Coudenhove-Kalergi cfr. M. Pons, La pensée et l’action de Coudenhove-Kalergi, Lausanne, Fondation Coudenhove-Kalergi, 1979. 6 Cfr. A. Tarantino, La Paneuropa di Aristide Briand, Napoli, L’economia italiana, 1930; J. Hermans, L’evolution de la pensée européenne d’Aristide Briand, Nancy, Saint Nicolas de Port, 1965; A. Fleury – L. Jílek (éds.), Le Plan Briand d’Union fédérale européenne: perspectives nationales et transnationales, avec documents. Actes du colloque international tenu à Genève du 19 au 21 septembre 1991, Berne, Peter Lang, 1998; S. Giustibelli, Europa, paneuropa, antieuropa: il dialogo tra Francia democratica e Italia fascista nell’epoca del memorandum Briand, 1929-1934, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006. 7 Cfr. F. D’Amoja, Declino e prima crisi dell’Europa di Versailles. Studio sulla diplomazia italiana ed europea, 1931-1933, Milano, Giuffré, 1967; G. Altarozzi – A. Vagnini (a cura di), Versailles. Il Sistema degli Stati nazionali, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2008. 8 Cfr. M. Ambri, I falsi fascismi, Ungheria, Jugoslavia, Romania 1919-1945, Roma, Jouvence, 1980; G. Corni, Fascismo e fascismi, Roma, Editori riuniti, 1989; E. Collotti, Fascismo, fascismi, Firenze, Sansoni, 1990. 9 Cfr. K. D. Bracher, Il Novecento. Secolo delle ideologie, Roma – Bari, Laterza, 2006; E. Nolte, La guerra civile europea 1917-1945: nazionalsocialismo e bolscevismo, Milano, BUR, 2008. 989 „Integrarea european între tradi ie i modernitate” – Târgu Mure , 21-22 octombrie 2009 resistenza al nazi-fascismo, nelle prigioni e nella clandestinità, l’idea di un’Europa unita fondata sui principi di uguaglianza tra Stati, giustizia e libertà torna a nuova vita. La comune esperienza del carcere e della clandestinità, l’avvicinamento tra i popoli d’Europa – e non solo – generato dalla lotta al fascismo internazionale che inizia in Spagna e si conclude con la tragedia della seconda guerra mondiale, operano una serie di cambiamenti di grande portata anche nei progetti europeistici. Tali mutazioni “genetiche” nell’idea e nei progetti di Europa unita si ritrovano egregiamente espressi nel manifesto programmatico Per un’Europa libera e unita – meglio noto come Manifesto di Ventotene – che vede la luce nel 1941 grazie all’azione di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, per essere poi completato nel 1944 da un’introduzione di Eugenio Colorni10. La differenza fondamentale tra questo documento e i tanti progetti proposti in passato sta nella sua natura squisitamente politica; ovviamente gli estensori hanno alle proprie spalle un retroterra culturale da cui attingono, ma il loro progetto oltrepassa i limiti di una semplice speculazione filosofica per trasformarsi in proposta concreta. Il valore del Manifesto risiede nel fatto di individuare in maniera chiara la necessità di creare una forza politica nuova, diversa per obiettivi e struttura dai partiti tradizionali legati alla competizione politica nazionale e dunque incapaci di affrontare in maniera efficace le problematiche aperte dalla sempre crescente internazionalizzazione. Tale nuova forza politica vede la luce nell’agosto 1943, quando viene fondato a Milano il Movimento Federalista Europeo11. Esso si basa sull’idea-cardine del Manifesto di Ventotene secondo cui lo Stato nazionale ha esaurito la sua missione storica – come dimostrano le due guerre mondiali che esso ha generato – e che soltanto il superamento della sovranità assoluta degli Stati e la fondazione di una federazione europea potranno garantire al continente e al mondo un futuro di pace e collaborazione e il mantenimento della libertà e della civiltà. Il movimento federalista si diffonde nell’immediato dopoguerra in diversi Paesi europei, sia occidentali che orientali, e ciò porta alla nascita, nel 1947, dell’Unione Europea dei federalisti (UEF) e del Movimento federalista mondiale (WFM, World Federalist Movement). Il federalismo si pone dunque come forza rivoluzionaria e innovativa rispetto alle ideologie tradizionali; mentre infatti liberalismo, nazionalismo e socialismo sono accomunate – nonostante le enormi differenze – dalla volontà di mantenere l’Europa divisa in Stati nazionali sovrani, il federalismo si propone come prioritaria la nascita di uno Stato continentale. Nonostante il successo che riscuote tra gli intellettuali, però, il Movimento federalista rimane marginale dal punto di vista politico, anche perché il sistema internazionale postbellico si va 10 A. Spinelli – E. Rossi, Il manifesto di Ventotene, Milano, Arnoldo Mondadori, 2006. Movimento Federalista Europeo, Origini scopi caratteri e statuto del Movimento federalista europeo, Milano, s.n., 1947; S. Aronica, Il gruppo di Ventotene, ossia le origini clandestine del Movimento Federalista Europeo, s.l., s.n., 1957. 11 990 „Integrarea european între tradi ie i modernitate” – Târgu Mure , 21-22 octombrie 2009 riorganizzando secondo una logica di contrapposizione bipolare. Gli Stati Uniti, come sottolinea Winston Churchill nel suo famoso Discorso alla gioventù accademica tenuto il 19 settembre 1946 all’Università di Zurigo12, guardano con simpatia al progetto di Unione Europea. Costretta ad accettare la logica della divisione del mondo in zone di influenza contrapposte, infatti, l’amministrazione americana si convince che l’unione degli Stati europei possa costituire un elemento di forza sia politico che ideologico e culturale; per essere funzionale, però, essa deve vedere la luce quanto prima, e la via federalista, con le resistenze che incontra in Europa, non sembra adatta allo scopo, soprattutto se confrontata con l’orientamento funzionalista promosso in quegli anni da un altro illustre personaggio di origine romena, David Mitrany13. In questo clima si costituisce, all’interno del movimento federalista, un comitato che promuove il primo Congresso dell’Europa, convocato per il 7-11 maggio 1948 all’Aja e finalizzato a riunire tutti i gruppi che si pongono come obiettivo la costituzione dell’Unione dell’Europa. Al Congresso prendono parte delegati di diciassette Stati europei – tutti appartenenti al blocco occidentale – cui si aggiungono cinque delegati della regione della Saar14. Accanto ai delegati, poi, prendono parte ai lavori anche gli osservatori di Canada (2 osservatori), Spagna (4 osservatori), Stati Uniti (4 osservatori) e di sette Stati dell’Europa orientale caduti nel frattempo sotto l’influenza sovietica15. Tra i tanti delegati si trovano anche personalità di primissimo piano nella vita politica e intellettuale europea: Paul van Zeeland per il Belgio, Raymond Aron, Coudenhove-Kalergi, Edouard Daladier, André FrançoisPoncet, François Mitterand e Paul Ramadier per la Francia, Konrad Adenauer per la Germania, Peter Calvocoressi, Winston Churchill, Anthony Eden, Harold Macmillan e Bertrand Russell per la Gran Bretagna, Nicolò Carandini, Aldo Garosci, Adriano Olivetti, Salvatore Quasimodo, Ernesto Rossi, Ignazio Silone, Altiero Spinelli e Giuseppe Ungaretti per l’Italia, Hendrik Brugmans per i Paesi Bassi, Denis De Rougemont ed Ernest Von Schenk per la Svizzera. Personalità di rilievo si trovano però anche tra gli osservatori; tra queste si 12 Cfr. W. Churchill, Speech to the academic Youth, Zurich, 19.9.1946, disponibile on-line all’indirizzo internet http://www.jef.eu/index.php?option=com_content&task=view&id=88&Itemid=52. 13 Cfr. D. Mitrany, A Working Peace System. An Argument for the Functional Development of International Organization, Chicago, Quadrangle Book, 1966; G. Mammarella, Europa-Stati Uniti. Un’alleanza difficile: 1945-1985, Roma – Bari, Laterza, 1996; G. Mammarella – P. Cacace, Storia e politica dell’Unione europea 1926-2001, Roma – Bari, Laterza, 2001; B. Olivi, L’Europa difficile. Storia politica dell’integrazione europea, 1948-2000, Bologna, il Mulino, 2001. 14 Gli Stati rappresentati sono: Austria (12 delegati), Belgio (68 delegati), Danimarca (32 delegati), Eire (5 delegati), Francia (185 delegati), Germania (51 delegati), Gran Bretagna (157 delegati), Islanda (1 delegato), Italia (57 delegati), Liechtenstein (3 delegati), Lussemburgo (8 delegati), Paesi Bassi (59 delegati), Norvegia (12 delegati), Svezia (19 delegati), Svizzera (39 delegati), Turchia (1 delegato) e Grecia (18 delegati). 15 Questi sono: Bulgaria (3 osservatori), Cecoslovacchia (10 osservatori), Finlandia (1 osservatore), Ungheria (4 osservatori), Polonia (5 osservatori), Romania (5 osservatori) e Jugoslavia (3 osservatori). 991 „Integrarea european între tradi ie i modernitate” – Târgu Mure , 21-22 octombrie 2009 segnalano György Apponyi per l’Ungheria, Salvador de Madariaga e Indalecio Prieto per la Spagna, Grigore Gafencu per la Romania. Le personalità riunite all’Aja in occasione del Congresso, benché ugualmente prestigiose, presentano origini culturali ed esperienze assolutamente diverse; è dunque impensabile che l’incontro possa produrre risultati concreti. Nonostante le grandi aspettative generate, il Congresso si conclude con una risoluzione finale che rende evidente il proprio carattere di difficile soluzione di compromesso tra i federalisti, che vorrebbero un’Assemblea europea direttamente eletta dai cittadini e dotata di poteri costituenti, e i confederati o unionisti, secondo i quali tale Assemblea – i cui membri devono essere designati dai Parlamenti nazionali – deve limitarsi a raccomandare le misure necessarie per la graduale realizzazione dell’unità economica e politica del continente, rimandando a un secondo momento la scelta della forma – federale o confederale – da dare alla nuova struttura comunitaria16. Il movimento federalista è però spaccato anche al suo interno; lungi dal costituire un blocco monolitico, infatti, esso è diviso tra un’ala internazionalista favorevole a una federazione tra Stati e un settore più integralista che guarda con simpatia alla regionalizzazione di questi ultimi quale tappa intermedia obbligatoria lungo la strada che porta alla federazione. Ben più importante per i risvolti futuri è però la divisione che si registra tra le posizioni francesi, apertamente europeiste e spesso federaliste, e quelle britanniche, più articolate. Mentre i conservatori vorrebbero che la Gran Bretagna assumesse la guida del movimento europeista per controllarlo e contenerlo, i laburisti si mostrano apertamente scettici e diffidenti, subordinando la politica europea ai rapporti privilegiati che Londra mantiene da una parte con gli Stati Uniti e dall’altra con i Paesi membri del Commonwealth britannico. Da questo confronto emergeranno negli anni immediatamente successivi le posizioni dei due Paesi: a una Francia decisa a portare avanti una politica europeista si contrapporrà una Gran Bretagna sempre più orientata verso l’isolamento dal resto del continente e la tutela delle relazioni preferenziali con altre realtà extraeuropee17. Il risultato concreto più importante del Congresso dell’Europa del 1948 è senza dubbio costituito dalla nascita, l’anno successivo, del Consiglio d’Europa, di cui inizialmente fanno parte Belgio, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda e Svezia, con l’importante esclusione della Germania, che costituisce il tema più scottante del dibattito politico interno al blocco occidentale, oltre che ovviamente all’intera parte orientale del continente. Il nuovo organismo europeo dimostra però ben presto di non 16 Council of Europe, Congress of Europe / Congrès de l’Europe. The Hague, 7-11 May 1948 / La Haye, 7-11 mai 1948, Strasbourg, Council of Europe Publishing, 1999, p. 412. 17 A. Varsori, Il Congresso dell’Europa dell’Aja (7-10 maggio 1948), in “Storia contemporanea”, (3), 1990, pp. 463-493. 992 „Integrarea european între tradi ie i modernitate” – Târgu Mure , 21-22 octombrie 2009 essere altro che una concessione simbolica alle aspirazioni dei federalisti; il Consiglio d’Europa, così come elaborato dai Paesi firmatari del Trattato di Londra, è un organo consultivo che ha: «lo scopo d’attuare un’unione più stretta fra i Membri per tutelare e promuovere gli ideali e i principi che sono loro comune patrimonio e per favorire il loro progresso economico e sociale»18, da perseguire attraverso: «l’esame delle questioni d’interesse comune, la conclusione di accordi e lo stabilimento di un’opera comune nel campo economico, sociale, culturale, scientifico, giuridico e amministrativo»19. Escluse dal campo d’azione del nuovo organismo comune rimangono invece le questioni attinenti la difesa e la sicurezza nazionali. Il Trattato istitutivo del Consiglio d’Europa segna dunque la sconfitta definitiva del progetto federalista, determinata in gran parte dalle resistenze inglesi all’idea di un’autorità sovranazionale e alla prospettiva di un movimento europeista capace di sfuggire al controllo dei governi. Tale risultato non giunge però inatteso; nei mesi che intercorrono tra il Congresso dell’Europa dell’Aja e la costituzione del Consiglio d’Europa il confronto tra le diverse posizioni si precisa e si approfondisce, e la questione della sovranità emerge come il principale argomento di dissenso. I federalisti, che sulle orme di Spinelli considerano lo Stato nazionale e sovrano come unico responsabile di tutti i mali della società europea, chiedono a quest’ultimo di rinunciare alla sua sovranità in favore di un ente sovranazionale, a una sorta di governo europeo legittimato dalla rappresentatività popolare con cui gli Stati nazionali accettino di federarsi. All’interno del movimento federalista, gli integralisti ritengono tale federazione europea un primo passo verso un futuro governo mondiale; altri, invece, considerano che il nuovo Stato federale debba essere costituito sulla base di comunità regionali piuttosto che su quella degli Stati nazionali, di cui presuppongono la dissoluzione. I fautori dell’idea confederativa, da parte loro, sostengono la necessità della sopravvivenza dello Stato nazionale e della sua sovranità, invocando inoltre il principio dell’unanimità quale fattore decisionale. Nonostante ciò, il Congresso che si svolge all’Aja ha un’enorme importanza; esso rappresenta infatti il primo forum internazionale in cui personalità di diversa estrazione e origine si incontrano per dibattere sull’effettivo futuro organizzativo del continente. A tale assise prende dunque parte anche una delegazione romena, guidata da Gafencu e composta, oltre che dall’ex ministro degli Esteri, Nicolae G. Caranfil, Mihail F rc anu, Emil Ghilezan e Iancu Zissu. Tutte queste personalità fanno parte, insieme ad altri nomi celebri come Jean Constantinescu, George Cior nescu, Mircea Eliade, Emil Cioran, Eugen Ionescu, di una generazione di 18 Statuto del Consiglio d’Europa, Londra, 5 maggio 1949; disponibile on-line all’indirizzo internet http://conventions.coe.int/Treaty/ita/Treaties/Html/001.htm. 19 Ibidem. 993 „Integrarea european între tradi ie i modernitate” – Târgu Mure , 21-22 octombrie 2009 intellettuali e uomini politici di diversa matrice politica costretti dalla comunistizzazione in corso ad abbandonare il Paese e a trovare rifugio all’estero20. Qui, essi non abbandonano la lotta politica, ma tentano di mantenere in vita le tradizioni di libertà e democrazia del Paese d’origine. Al contempo, inoltre, alcuni di loro si fanno promotori di progetti inerenti la costruzione di una struttura politica continentale. Gafencu è uno dei primi a comprendere che la tutela più efficace degli interessi della Romania, ormai sul punto di cadere completamente sotto il controllo sovietico, può venire soltanto da un patto associativo con gli altri popoli europei. Isolati, i romeni sono condannati a cadere sotto il controllo di Mosca; collegati con il resto del continente, essi hanno una seppur piccola possibilità di resistere alla sovietizzazione del Paese e al suo destino di satellite dell’Unione Sovietica. Per questo motivo l’ex ministro degli Esteri romeno condanna senza mezzi termini, dal suo esilio svizzero, la complicità occidentale con i sovietici e denuncia le formule puramente propagandistiche di “coesistenza pacifica” e “distensione” che, di fatto, condannano i popoli dell’Europa orientale alla sottomissione al potere sovietico21. Tale visione porta Gafencu ad avvicinarsi al movimento federalista europeo e a condannare in maniera recisa la divisione del continente in due zone di influenza uscita dalle Conferenze interalleate della seconda guerra mondiale. Nonostante ciò, però, egli non aderisce in pieno agli ideali federalisti, prediligendo piuttosto una soluzione confederale. In un volume pubblicato a Friburgo e Parigi nel 1944, egli propone dunque, per la riorganizzazione dell’Europa postbellica, una serie di confederazioni macro-regionali: la Confederazione settentrionale, la Confederazione scandinava, comprendente la Finlandia, la Confederazione orientale, la Confederazione centrale – comprendente Polonia e Cecoslovacchia – e la Confederazione sud-orientale mirante a raggruppare gli Stati dell’Intesa balcanica – Romania, Turchia, Grecia e Jugoslavia – con l’aggiunta della Bulgaria22. La visione di Gafencu circa le motivazioni che suggeriscono l’opportunità di un’unione degli Stati europei in una struttura comune si collega a quella degli altri europeisti suoi contemporanei. L’Europa, uscita distrutta da due guerre che sostanzialmente sono una la continuazione dell’altra, ha bisogno di pace per riprendere il suo cammino verso la civiltà; come già sottolineato da Spinelli, però, anche secondo Gafencu ciò non sarà possibile fintantoché il continente rimarrà diviso, né tale bisogno di pace e di sicurezza sarà soddisfatto 20 Cfr. M. Toader, “Exila ii români i construc ia european ”, in I. Bolovan – S. P. Bolovan (coord.), Schimbare i devenire în istoria României. Lucr rile Conferin ei Interna ionale „Modernizarea în România în secolele XIX-XXI, Cluj-Napoca, 21-24 mai 2007, Cluj-Napoca, Academia Român – Centrul de Studii Transilvane, 2008, pp. 705-713. 21 C. Chinezu (ed. de), Provocarea Europei. Exilul elve ian al lui Grigore Gafencu 1941-1957, Bucure ti, Pro Historia, 2004, p. 105. 22 Citato in M. Toader, op. cit., p. 706. 994 „Integrarea european între tradi ie i modernitate” – Târgu Mure , 21-22 octombrie 2009 se soltanto una parte dell’Europa parteciperà allo sforzo comune. L’integrazione dei Paesi dell’Est europeo nelle future strutture comunitarie è secondo lui tanto più necessario perché soltanto così sarà possibile resistere all’aggressività del totalitarismo sovietico. Partendo da queste premesse, Gafencu prende parte fin dai primi momenti alle attività promosse dai vari movimenti europeisti nel corso degli anni Quaranta. Come rappresentante di spicco della comunità non solo romena, ma dell’intera Europa orientale, egli è invitato a prendere la parola nella sessione inaugurale del Congresso dell’Europa23. Lo spessore europeo di Gafencu è testimoniato dalla grandezza delle personalità che lo affiancano; prima di lui prendono infatti la parola Churchill, Ramadier, Coudenhove-Kalergi, Carandini e Brugmans, mentre subito dopo è il turno di Van Zeeland. Fin dall’apertura del suo discorso, egli sottolinea la necessità di tornare a dare libertà di espressione ai popoli dell’Europa orientale caduti sotto il dominio sovietico24. Ciò lo porta a denunciare la disparità di trattamento riservato al Congresso a coloro: «la cui patria si trova, loro malgrado, al di là della cortina di ferro» e a rifiutare il ruolo di osservatore; è infatti sua convinzione che sia ormai passato il tempo delle differenziazioni, delle formule generatrici di malintesi e conflittualità25. Ciò d’altra parte è dimostrato dai fatti; non esistono più, infatti, diversi tipi di europei, ma un solo popolo che abita, con tutte le sue differenze, l’intero continente, e questo popolo unico è stato forgiato dalle distruzioni e dalle sofferenze generate dalle due guerre mondiali. Per questo non è soltanto ingiusto, ma dannoso per l’intera causa europeista generare simili divisioni che non fanno altro che privare i popoli più bisognosi della loro ultima speranza, rappresentata dall’idea di un’Europa unita26. Egli denuncia anche, in tale assise, il sostanziale abbandono dei Paesi dell’Est da parte di quelli occidentali. L’ex ministro degli Esteri romeno rammenta infatti come, in occasione di diversi incontri europei e pan-europei, i rappresentanti degli Stati appartenenti alla parte orientale del continente siano stati rassicurati che l’Occidente lascerà «la porta aperta per permettere a tutti i Paesi di aderire alla Carta europea»; la risposta di Gafencu è secca: «non basta – dice il Nostro all’Aja – lasciare la porta aperta; i Paesi dell’Est, qualsiasi sia la loro volontà di rimanere europei, non potranno oltrepassare questa porta fin quando peserà su di loro la terribile costrizione imposta da un regime totalitario», che persegue l’annientamento dell’ideale europeo più che quello nazionale27. 23 G. Altarozzi – A. Carteny, “Modernizarea culturii politice dup al doilea r zboi mondial: federalismul european printre români la Congresul Europei (mai 1948)”, in I. Bolovan – S. P. Bolovan, op. cit., pp. 693-703. 24 Council of Europe, op. cit., p. 23. 25 Ibidem. 26 Ibidem. 27 Ibidem, p. 26. 995 „Integrarea european între tradi ie i modernitate” – Târgu Mure , 21-22 octombrie 2009 Con grande lucidità egli identifica le tre motivazioni fondamentali che hanno favorito l’avvio di un movimento europeista finalmente concreto. Esse sono di tre ordini, ossia economiche, internazionali e di sicurezza. Da un punto di vista economico, egli sottolinea come la ripresa post-bellica dei Paesi europei, indifferentemente dalla loro grandezza e dal loro potenziale, non è possibile senza uno sforzo collettivo. Dal punto di vista internazionale, la crescita della potenza sovietica costituisce una minaccia per tutti gli Stati del continente, a cui possono sperare di resistere soltanto unendo le loro forze. Lo Stato nazionale tradizionale, infine, non è più idoneo a garantire l’uso consapevole e responsabile delle nuove armi di distruzione di massa, che possono essere gestite nel modo più sicuro soltanto da organismi politici sempre più allargati e dai connotati universalistici. Ma, ancora una volta, il raggiungimento di tali risultati non sarà perseguibile se rimarrà al di fuori del progetto comune la parte orientale del continente28, né ciò sarà possibile seguendo una via diversa da quella proposta dai federalisti29. Come visto, le idee sostenute ad alta voce da Gafencu, la sua difesa del principio federalista e dell’unità tra le parti occidentale e orientale del continente europeo, rimarranno lettera morta. Il federalismo cederà il passo di fronte al funzionalismo di Jean Monnet, che propone di mettere insieme quanto possibile anziché quanto auspicabile. Quello che rimane è un’importante testimonianza storica, la visione europeista, lucida e appassionata, di un esponente dell’Europa orientale in un momento in cui la cristallizzazione della divisione del sistema internazionale in blocchi contrapposti annulla ogni effettiva possibilità di un continente autonomo e indipendente. 28 29 Ibidem, p. 24. Ibidem, p. 26. 996