Gli esuli italiani in Europa
Le quattro carte d’Europa illustrate in questo saggio consentono di delineare la geopolitica continentale dell’esilio di
altrettanti italiani, a partire dal soggiorno di Giordano Bruno
a Ginevra nel 1578 fino agli anni parigini, dal 1634 al 1639,
di un Tommaso Campanella finalmente libero.
Chierici o giuristi, i letterati che dall’ultimo quarto del xvi
secolo perpetuarono la tradizione dell’umanesimo peninsulare si scontrarono violentemente con l’inasprimento delle istituzioni religiose e civili, in un’epoca in cui la quasi totalità dell’Italia si ritrovò sottoposta alla duplice dominazione – più o
meno diretta – della Congregazione del Sant’Uffizio nella sfera spirituale e della corona spagnola nell’ambito temporale.
Spesso, questi dotti furono costretti alla fuga a causa della loro eterodossia religiosa: nel 1578 Giordano Bruno, domenicano apostata che si spinse a contestare persino il dogma trinitario (fig. 1); nel 1579 Alberico Gentili, giurista di origine marchigiana sfuggito, insieme al padre, dalla repressione inquisitoriale per inserirsi entro la comunità protestante (fig. 2). Ma
le ragioni dell’esilio poterono anche essere di ordine politico.
Nel 1612 il carmelitano Giulio Cesare Vanini riparò in Inghilterra per sottrarsi alle minacce del generale del suo ordine religioso, provocate da una contestazione del «papismo» che lo
aveva visto impegnato nell’ambito del circolo veneziano di
Paolo Sarpi (fig. 3). Quanto al frate domenicano Campanella, fuggì in Francia nel 1634, con la protezione dell’ambasciatore François de Noailles, perché nuovamente sospettato di
avere complottato contro la dominazione spagnola nel regno
di Napoli (fig, 4).
Così, per un movente o per l’altro, tutti e quattro furono
costretti a un pellegrinaggio forzato in terre in cui speravano di trovare accoglienza, unitamente alla possibilità di esercitare il loro magistero e di pubblicare le proprie opere. Va
inoltre notato – a smentire una convinzione assai diffusa – come tutti venissero accusati e perseguitati non tanto per i loro
scritti, quanto per le loro parole. Bruno e Campanella erano
frati predicatori dotati di una straordinaria capacità di convinzione, rafforzata da una eccezionale preparazione in ambito filosofico e teologico. Il carmelitano Vanini lasciò l’Italia dopo avere predicato nella basilica di San Marco, ed essersi
pubblicamente schierato in favore di Venezia contro papa Paolo V; neanche trentacinquenne, venne arrestato e condanna-
to al rogo a Tolosa non a causa delle sue opere ma perché, con
lo pseudonimo di Pompeo Usciglio, aveva pronunciato «blasfemie» e «insegnato l’ateismo» alla gioventù aristocratica
della città.
Davanti a questi uomini in fuga, tre sono le aree di rifugio che si delineano come aperte, per quanto garanti di libertà
sovente piuttosto precarie: i regni di Francia e Inghilterra, le
città e gli stati principeschi dell’Impero. Se Parigi e Londra
furono – senza sorprese – le destinazioni principali, i pellegrinaggi dei quattro disegnano comunque una cartina più varia,
articolata intorno a un gran numero di luoghi del sapere, sedi
di università, centri editoriali dell’Europa di fine Cinquecento: Venezia, Padova, Lione, Oxford, Marburgo, Wittenberg,
Tubinga, Helmstedt, Francoforte.
L’esemplarità di queste cartine è in parte legata al fatto
che consentono di precisare due figure diverse di esiliato: il
nomade e il sedentario. Alcune forme di eterodossia radicale
comportarono un nomadismo costante, entrando in contrasto
non soltanto con i dogmi cattolici, ma con ogni altra forma di
istituzione ecclesiastica. Così, l’ampiezza geografica del percorso di Bruno è legata alle scomuniche promulgate contro di
lui – una dopo l’altra – dalle tre principali confessioni cristiane dell’Europa occidentale (nel 1576 dai suoi superiori domenicani a Napoli, nel 1579 dal concistoro calvinista di Ginevra, dieci anni più tardi dal sovrintendente della Chiesa luterana di Helmstedt); è legata, inoltre, agli strascichi lasciati
dalle violente polemiche dottrinarie che Bruno ingaggiò nei
luoghi in cui godeva di alte protezioni (ad esempio, fu costretto ad abbandonare Parigi nel 1586 nonostante le sue strette
relazioni con l’ambiente dei politiques). Neppure Vanini, nel
1612, beneficiò dello spirito di tolleranza che aveva confidato di trovare presso i suoi ospiti londinesi; e in seguito egli sovrastimò il potere dei suoi protettori a Parigi, che pure dovette lasciare dopo la condanna da parte della Sorbona del suo
De admirandis naturae arcanis nell’autunno 1616, proprio quando in Francia si riaccendevano l’ultramontanismo religioso e
l’odio politico per gli italiani. Nel caso di entrambi questi eretici conclamati, solo la morte sul rogo mise fine alla loro perpetua erranza europea (anche se, a differenza di Bruno, fu un
tribunale civile a condannare Vanini al supplizio dopo averlo
riconosciuto colpevole di ateismo).
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L’età di Roma
Giordano Bruno (1548-1600)
Nola
1548
Napoli
1562
Roma
febbraio 1576
Genova, Noli 1576 - inizio 1577
Savona, Torino, Venezia, Padova, Bergamo,
Milano
1577
Chambéry
1578
Ginevra
1578-79
Lione
settembre - ottobre 1579
Tolosa
fine 1579 - estate 1581
Parigi
1581 - primavera 1583
Londra
aprile 1583
Oxford
estate 1583
Parigi
ottobre 1585
Magonza
giugno 1586
Wiesbaden
1586
Marburgo
25 luglio 1586
Wittenberg estate 1586 - marzo 1588
Praga
primavera - autunno 1588
Helmstedt
autunno 1588 - aprile 1590
Francoforte giugno 1590 - febbraio 1591
Zurigo
1591
Francoforte 1591
Venezia
agosto 1591
Padova
fine 1591 - inizio 1592
Venezia
inizio 1592 - 19 febbraio 1593
Roma
27 febbraio 1593 - 17 febbraio 1600
Oxford
Helmstedt
Londra
Wittenberg
Marburgo
Francoforte
Wiesbaden
Magonza
Parigi
Praga
Zurigo
Ginevra
Bergamo
Lione
Milano
Chambéry
Torino
Noli
Padova
Venezia
Genova
Savona
Tolosa
Roma
Nola
Napoli
Figura 1. Gli itinerari di Giordano Bruno (1548-1600). In scuro le aree protestanti attorno all’anno 1600.
Invece, il protestantesimo eclettico di Alberico Gentili,
segnato da posizioni moderate e tolleranti, gli consentì di risiedere stabilmente nello spazio confessionale anglicano durante i regni di Elisabetta e di Giacomo I; consacrata da una
cattedra di regius professor di diritto civile all’Università di
Oxford, tutta la sua carriera fu dedicata ad affilare le armi giuridiche e politiche necessarie alla corona inglese per contrastare le pretese della sfera religiosa nella giurisdizione temporale. Quanto a Campanella, il quale rivendicò sempre una per-
fetta ortodossia dogmatica, l’ubicazione esclusivamente parigina del suo esilio non rappresentò solo la reazione speculare
all’immobilità forzata che aveva segnato i ventisette anni da
lui trascorsi nelle carceri napoletane (1599-1626): il domenicano si installò nella Francia di Luigi XIII perché vi trovò ammiratori e solidi protettori. Egli non aveva dunque ragione alcuna di lasciare Parigi e proseguire altrove il suo cammino d’esilio, che lo aveva condotto, grazie a quello che gli parve un
«fato prodigioso», nella «patria della libertà» di cui fu il can-
Gli esuli italiani in Europa
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Alberico Gentili (1552-1608)
San Ginesio
Perugia
Ascoli
San Ginesio
Lubiana
Tubinga
Heidelberg, Neustadt
Colonia, Anversa
Londra
Wittenberg
Oxford, Londra
1552
1569-72
1573-75
novembre 1575-79
1579
fine 1579
maggio 1580
giugno 1580
agosto 1580 - primavera 1586
autunno 1586
1587 - 19 giugno 1608
Oxford
Londra
Colonia
Wittenberg
Anversa
Heidelberg
Tubinga
Neustadt
Lubiana
Perugia
San Ginesio
Ascoli
Figura 2. Gli itinerari di Alberico Gentili (1552-1608). In scuro le aree protestanti attorno all’anno 1600.
tore, tanto più che aveva investito quella monarchia della missione universale e imperiale che stava al cuore del suo profetismo politico e religioso.
Alla mitizzazione eroica che la storiografia ha spesso proposto dei tragitti di questi “liberi pensatori” d’eccezione, va
dunque opposta la natura tutta diplomatica delle loro tribolazioni. Bruno fu ospite a Londra dell’ambasciatore di Francia
Michel de Castelnau (1583-85) e, probabilmente, partecipò
alle trattative tra i politiques francesi e inglesi nel quadro di
un progetto di distensione politico-religiosa su scala europea.
La scelta dell’Inghilterra di Vanini si spiega anzitutto con l’alleanza tra i nemici veneziani di Roma e l’ambasciatore inglese Dudley Carleton, e in seguito con l’ostilità virulenta del re
Giacomo I nei confronti del papato, che spinse il sovrano ad
accogliere a braccia aperte i transfughi di origine cattolica. E
Vanini lasciò un’Inghilterra divenutagli presto insopportabile approfittando della rivincita che le diplomazie romana e spagnola vollero prendersi sugli inglesi nel 1614, riammettendo
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L’età di Roma
Giulio Cesare Vanini (1585-1619)
Taurisano
1585
Napoli
1600
Boemia, Strasburgo,
Francoforte
1606-1608?
Padova e Venezia
1608?
Raggiunge l’Inghilterra via Bologna, Venezia,
Milano, Chiavenna, Grigioni, Berna,
valle del Reno, Strasburgo, Amsterdam,
Anversa, Flessinga 1608-12
Londra
giugno 1612
Oxford
dicembre 1613
Cambridge
gennaio 1614
Bruxelles (via Anversa) primavera 1614
Parigi
giugno-ottobre 1614
Genova
fine 1614 - inizio 1615
Lione
1615
Parigi
agosto 1615 - autunno 1616
Tolosa
novembre 1617? - 9 febbraio 1619
Cambridge
Oxford
Amsterdam
Flessinga
Londra
Anversa
Praga
Bruxelles
Francoforte
Parigi
Strasburgo
grigioni
Berna
Lione
Chiavenna
Milano
Padova
Venezia
Bologna
Genova
Tolosa
Napoli
Taurisano
Figura 3. Gli itinerari di Giulio Cesare Vanini (1585-1619). In scuro le aree protestanti attorno all’anno 1600.
nel gregge cattolico una pecorella smarrita. Dal canto loro, agli
inglesi non dispiacque che Vanini fuggisse dal loro territorio
come un ladro: poterono così evitare di comminargli la pena
della deportazione prevista per gli apostati dall’anglicanesimo, condanna che sarebbe stata imbarazzante in un momento di riavvicinamento fra Inghilterra e Spagna.
Quanto alla fuga di Campanella – che lasciò Roma travestito da frate dei minimi la notte del 21 ottobre 1634, e si
imbarcò a Livorno per Marsiglia –, essa costituì un caso sin-
golare. Organizzata dall’ambasciatore francese François de
Noailles, la fuga di Campanella fu forse incoraggiata dallo stesso papa Urbano VIII. A lungo perseguitato dal Sant’Uffizio,
che pretendeva di disputare agli spagnoli il privilegio della sua
incarcerazione, il filosofo raggiunse il paese che gli garantì libertà di pensiero e azione con il tacito assenso del sovrano pontefice, in un momento di riavvicinamento strategico della Santa Sede alla Francia. In fondo, Campanella si era sempre presentato come il migliore interprete – per quanto incompreso –
Gli esuli italiani in Europa
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Tommaso Campanella (1568-1639)
Stilo
Stignano
San Giorgio Morgeto
Nicastro
Cosenza
Altomonte
Napoli
Napoli
Roma
Firenze
Bologna
Padova, Venezia
Padova
Roma
Napoli
Stilo
Castelvetere
Napoli
Roma
Fugge in Francia,
salpando da Livorno
Marsiglia
Aix-en-Provence
Lione
Parigi
5 settembre 1568
1581
1583
1586
1588
fine 1588
1589
maggio-agosto 1592
settembre 1592
ottobre 1592
ottobre 1592
inizio 1593
1594
ottobre 1594-97
1598
agosto 1598
settembre 1599
novembre 1599 - 23 maggio 1626
giugno 1626 - gennaio 1629
ottobre 1634
28 ottobre 1634
1° novembre 1634
15 novembre 1634
1° dicembre 1634 - 21 maggio 1639
Parigi
Lione
Padova
Aix-en-Provence
Marsiglia
Venezia
Bologna
Firenze
Livorno
Roma
Castelvetere
Napoli
Altomonte
Cosenza
Nicastro
Stilo
Stignano
San Giorgio
Morgeto
Figura 4. Gli itinerari di Tommaso Campanella (1568-1639). In scuro le aree protestanti attorno all’anno 1600.
degli interessi di Roma; lasciandolo fuggire allorché si prospettava una nuova prigionia napoletana, il papa correva il rischio di urtare gli interessi spagnoli.
Tutti questi percorsi giocarono un ruolo decisivo nella maturazione delle opere e delle idee dei fuoriusciti. La lotta accanita di Giordano Bruno contro la pedanteria universitaria,
in favore di una riforma dell’intero ordine del sapere, venne
stimolata dalle aspre dispute che lo opposero ai professori di
Oxford. E fu durante i due anni inglesi, 1584-85, che il No-
lano diede corpo ai suoi capolavori, i dialoghi filosofici italiani: in particolare La cena de le ceneri, Spaccio de la bestia trionfante e De gl’Heroici furori. Così pure, se Alberico Gentili diventò uno dei fondatori del diritto internazionale moderno,
ciò accadde principalmente grazie al suo esilio inglese. Eminente rappresentante della tradizione romanistica in un ordinamento giuridico dominato dalla common law, e in un’epoca in cui la rottura anglicana aveva escluso il diritto canonico
– che per tradizione regolava le questioni diplomatiche e in-
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L’età di Roma
ternazionali – dal novero delle discipline accademiche formalmente riconosciute, Gentili finì per ricoprire oltre Manica una posizione atipica: quella di un giurista in grado di occuparsi delle questioni più scottanti che la monarchia inglese
dovette affrontare per almeno un quarto di secolo (guerra con
la Spagna, offensiva spagnola contro le Province Unite, colonizzazione delle nuove terre, ecc.).
Diverso, certamente, il caso di Tommaso Campanella. Non
fu perché questi si stabilì in Francia che, alla fine della sua vita, egli diventò un sostenitore dell’egemonia francese sullo
scacchiere europeo: semmai potrebbe essere vero il contrario.
Tuttavia, proprio la libertà di cui Campanella godette a Parigi gli permise di varare un programma sistematico di edizione delle sue opere maggiori. L’impegno del domenicano in favore dell’entrata della Francia nella guerra dei Trent’anni illustra la sua proposta di definizione degli equilibri politici della nuova Europa, quella del «secolo di Luigi XIV», segnata
dal declino della Spagna.
romain descendre
v. spampanato, Vita di Giordano Bruno con documenti editi ed inediti, Principato, Messina 1921 (ristampa anastatica Gela, Roma 1988);
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Italiani, vol. XIV, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1972,
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