Academia.eduAcademia.edu

Risparmi e talismani: l'uso della moneta nei rituali funerari punici

Risparmi e talismani: l’uso della moneta nei rituali funerari punici Anna Chiara Fariselli Indice Premessa .................................................................................................................. 1 Documenti e contesti ................................................................................................ 4 Conclusioni .............................................................................................................. 18 Premessa Ipse abiit ad Acheruntem sine viaticum: così è descritto il trapasso di uno dei 1 due ricchissimi cugini cartaginesi menzionati nel Prologo del Poenulus di Plauto . L’espressione, che sembrerebbe soltanto voler dipingere il carattere repentino della dipartita del padre del giovane Agorastocles, è in effetti di una certa suggestione per chi si propone di investigare sulla tracce del costume del cosiddetto “obolo di Caronte” nelle pratiche funerarie tardo-puniche. Nulla autorizza a pensare che la frase del Sarsinate fotografi una situazione reale, ossia l’assenza di tale consuetudine presso i Cartaginesi e abbia quindi il fine di sottolineare quella che, nella visuale dell’uomo romano, avrebbe potuto costituire un’effettiva anomalia culturale, quindi un ulteriore motivo di estraneità del “nemico orientale”. Sta di fatto che, da una prima disamina dei dati, la questione del significato della deposizione di monete in tomba per i Punici del pieno Ellenismo non pare di agevole lettura e lascia intuire l’esistenza di una pluralità di varianti escatologiche alla radice del comportamento rituale. Alcune premesse paiono indispensabili. Va detto innanzitutto che, a differenza di quanto accade nell’ambito degli studi classici, affrontare la cosiddetta ‘archeologia della 2 morte’ nel contesto delle indagini sulla civiltà punica propone una serie di ostacoli . Risulta impossibile mettere in atto quella fruttuosa intersecazione fra i dati di cultura materiale e le fonti scritte che è invece una consuetudine metodologica nello studio del cerimoniale funerario greco e romano. Quella punica è, come noto, una cultura 3 “silenziosa”, per la quale si lamenta la perdita radicale di produzioni letterarie proprie , che pure dovettero rappresentare un’importantissima forma di espressione oltre che 4 un imprescindibile strumento della liturgia e della politica cittadina . Questo paiono 1 Plauto, Poenulus, Prologo, verso 71 (Tito Maccio Plauto, Tutte le commedie, a c. di E. Paratore, Roma, Newton Compton, 1978). 2 Sulla questione metodologica si veda ad esempio: A. Spanò Giammellaro, I luoghi della morte: impianti funerari nella Sicilia fenicia e punica, in El mundo funerario, «Actas del III Seminario Internacional sobre Temas Fenicios, (Guardamar del Segura, 3 a 5 de mayo de 2002), Homenaje al Prof. D. Manuel Pellicer Catalán», a c. di A. González Prats, Alicante, Textos i Imatges, 2004, pp. 205-206. 3 G. Garbini, La letteratura dei Fenici, in «Atti del II Congresso di Studi Fenici e Punici, (Roma, 9-14 novembre 1987)», a c. di E. Acquaro et al., Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, 1991, pp. 489-494. 4 Le scarse e non sempre genuine informazioni che è possibile ricavare dalle fonti classiche riguardano soprattutto le esequie di personaggi di spicco, per esempio generali dell’armata cartaginese (S. Ribichini, Sui riti funerari fenici e punici. Tra Archeologia e storia delle religioni, in El mundo funerario... cit., pp. 48-50), mentre dei funerali destinati ai cittadini e, in particolare, della sequenza delle cure a essi rivolte, abbiamo 1 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 suggerire i molteplici indizi affioranti dall’amplissimo repertorio delle immagini, talvolta articolate in complesse scenografie, poste su oggetti di culto e beni di lusso, tenue 5 retaggio di una vivida mitografia radicata nell’età del Bronzo siro-palestinese . La pur ricca documentazione epigrafica disponibile proprio in ambito funerario e votivo, per converso, è strutturata su formulari stereotipati pressoché fissi, in alcuni casi enigmatici, che non contribuiscono in alcun modo a chiarire gli svariati aspetti sociali e ideologici del culto dei morti e della gestione del lutto. Non meno problematico appare, inoltre, lo stato lacunoso delle nostre conoscenze in rapporto alla composizione e segmentazione delle compagine civica e, in generale, agli usi quotidiani che di norma plasmano la pietas funeraria, talora enfatizzandosi. Un ulteriore limite è rappresentato dallo stato di conservazione dei contesti tombali, spesso profanati e irrimediabilmente manomessi, o ancora, indagati con metodiche obsolete, perciò inadeguate alle attuali esigenze di approfondimento della ricerca punicologica. Il contenuto di tali interventi, promossi da prospettive antiquarie e volti al recupero dei singoli materiali, con scarsa attenzione per le associazioni interne al corredo e finanche per la disposizione degli elementi di accompagnamento del defunto rispetto alle sue spoglie, emerge dalle molteplici relazioni redatte all’inizio del secolo scorso a seguito della messa in luce di alcuni fra i complessi sepolcrali più ricchi del Mediterraneo punico. Sebbene relativamente dettagliati, i primi rapporti di scavo sulle necropoli di Cartagine, Tharros, Cagliari, solo per citarne alcuni, si limitano ad annotare sinteticamente la presenza di certi manufatti, omettendo quasi sempre considerazioni su posizionamento e tipologia 6 di questi . Appunto le monete si annoverano fra i pezzi più trascurati del corredo, come si può evincere dalle spesso astruse, nella loro assoluta genericità, segnalazioni 7 della presenza di denaro in tomba da parte dei pionieri della disciplina fenicio-punica . Ma poiché le “zone buie” della ricerca archeologica generano in qualche circostanza spunti di riflessione, nel contesto dello studio di civiltà mute come quella punica può apparire ugualmente proficuo procedere al vaglio dei depositi funerari più significativi, per quanto consapevoli del carattere inevitabilmente antologico di tale ricognizione. Alla luce delle difficoltà enunciate, non esistono infatti gli estremi per produrre una soddisfacente sintesi interpretativa, ma soltanto le condizioni per avanzare qualche ipotesi circoscritta ai singoli ambiti d’indagine. Il nostro livello di informazione per quanto concerne l’assemblaggio dell’equipaggiamento funerario in età tardo-punica, ossia nella fase corrispondente al momento di stabilizzazione dell’esperienza monetale, in cui si deve registrare la partecipazione del documento numismatico al corredo personale, non è affatto omogeneo. Lo squilibrio delle conoscenze riguarda piani diversi: quello, precedentemente evocato, che fa capo a fattori indipendenti e successivi alla fase di costituzione dei corredi, come i saccheggi clandestini responsabili delle alterne fortune dei contesti di scavo; e quello, oggettivo, che ci impone l’obbligo di prevedere vi fosse, nella medesima fase storica, un differente atteggiamento verso la scelta di contezza limitatamente ai singoli documenti archeologici, che vanno tuttavia interpretati e sulla cui reale funzione spesso sussistono molti dubbi. 5 A titolo esemplificativo: A.C. Fariselli, Danze “regali” e danze “popolari” fra Levante fenicio e Occidente punico, in Per una storia dei popoli senza note, «Atti dell’Atelier del Dottorato di ricerca in Musicologia e Beni Musicali (F.A. Gallo), (Ravenna, 15-17 ottobre 2007)», a c. di P. Dessì, Bologna, CLUEB, 2010, pp. 13-28. 6 Cfr. infra. 7 «Monnaies: nombreuses; toujours dans un sac de linge; jamais cent: nombres très différents»: P. Gauckler, Nécropoles puniques de Carthage. Première partie, Paris, Auguste Picard éditeur, 1915, p. 107. 2 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 alcuni materiali di accompagnamento a preferenza di altri e rispetto a quel processo di “individualizzazione” dei corredi che, fatto salvo l’inserimento dei pochi strumenti 8 escatologici in qualche modo formalizzati dalla liturgia, va senz’altro osservato . Ci troviamo, quindi, nell’impossibilità di istituire confronti bilanciati ed equivalenti fra i singoli siti necropolari – appunto perché lo stato di conservazione e di studio dei diversi ambiti non parte dalle medesime basi – e dunque di ricostruire dettagliatamente il “corredo tipo” in uso presso i Punici dall’avvio dell’Ellenismo alla Romanizzazione. Tuttavia, è evidente la capillare ricorrenza di alcuni manufatti particolarmente emblematici della temperie culturale e di specifiche pratiche cerimoniali, come ad 9 esempio è il caso, tra le forme vascolari, degli unguentari e delle lucerne di tipo greco . Inoltre, sia per la fase fenicia che per quella punica sembrerebbe distinguibile una sorta di regionalizzazione dei costumi funerari, ovvero la possibilità di percepire una certa coerenza, là dove si può contare sull’esame di contesti sigillati, all’interno di 10 ben precisi comprensori territoriali . In linea generale, è verosimile che le esigenze di autorappresentazione dei Cartaginesi “fuori sede” fossero più acute rispetto a quelle dei Cartaginesi insediati nella capitale nordafricana, tanto da tradursi nella ripetizione standardizzata, da un corredo all’altro, di associazioni di manufatti impiegati 11 come semata di appartenenza alla comunità detentrice dei diritti civili e politici . Tanto più, ciò sembra valido in un periodo storico nel quale Cartagine impone sistematicamente impalcature dirigenziali proprie, cioè costruite mediante l’apporto diretto della nomenclatura nordafricana, ai territori amministrati nel Mediterraneo centrale; d’altra parte, tale congettura non è sempre verificabile nei dati archeologici. Detto questo, ai fini della nostra ricerca non è meno rilevante chiedersi che percezione Cartaginesi e Punici in genere avessero dell’‘oggetto moneta’, se fosse cioè concepito come semplice strumento per transazioni commerciali, oppure se apparisse piuttosto come un simbolo identitario, proprio in virtù del relativo ritardo della comparsa della moneta rispetto all’organizzazione istituzionale delle colonie occidentali, che per lunghi secoli avevano retto la propria economia sul baratto e sullo smercio di materie prime e 12 manufatti di valore intrinseco , e in ragione delle complesse circostanze di gestazione del veicolo monetale, che sostanzialmente prende forma per impulso e sulla base della concorrenza con l’elemento magno-greco e siceliota. Nonostante la reputazione di Fenici e Punici come avidi mercanti e spregiudicati affaristi rappresenti uno dei più saldi 13 topoi della tradizione letteraria antica , tutto fa ritenere ragionevole la seconda ipotesi. 8 Cfr. A. Spanò Giammellaro, I luoghi della morte... cit., p. 228. Cfr. H. Bénichou-Safar, Les tombes puniques de Carthage. Topographie, structures, inscriptions et rites funéraires, Paris, Éditions du Centre National de la recherche scientifique, 1982, pp. 310-321. 10 Per esempio si veda: P. Bartoloni, Riti funerari fenici e punici nel Sulcis, in Riti funerari e di olocausto nella Sardegna fenicia e punica, «Atti dell’incontro di studio (Sant’Antioco 3-4 ottobre 1986)», (Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le provincie di Cagliari e Oristano), VI, 1989, suppl., pp. 67-81; A. Spanò Giammellaro, I luoghi della morte... cit. 11 E. Acquaro, Studi di archeologia punica, Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, 1997, pp. 19-21; da ultimo: ID., Archivi, sigilli e la costituzione di Cartagine punica, «Sicilia Antiqua. An International Journal of Archaeology», VII, 2010, p. 119. 12 Sul commercio fenicio cfr. in questa stessa sede: R. Secci, Erodoto (IV, 196), Cartagine e l’oro africano: alcune riflessioni. 13 A.M.G. Capomacchia, L’avidità dei Fenici, in «Atti del II Congresso di Studi Fenici e Punici, (Roma, 9-14 novembre 1987)», a c. di E. Acquaro et al., Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, 1991, pp. 267-269. 9 3 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 Documenti e contesti Per venire ai dati archeologici, muovendo dalla “capitale”, Cartagine, vi si rintracciano situazioni difformi: è indubbia la frequenza di monete fra i materiali di 14 accompagnamento nelle sepolture dalla fine del V sec. a.C. − quindi dal momento dell’inaugurazione stessa della prassi monetale in ambito cartaginese − e soprattutto 15 nel IV-III sec. a.C. . In quella fase, tale tipologia di offerta sembra propagarsi al punto che, per contro, in alcune relazioni scientifiche dei primi del Novecento la scarsità di monete nell’equipaggiamento tombale è utilizzata come argumentum ex silentio per 16 delimitare la cronologia dei contesti . Queste sono associate indifferentemente alle 17 inumazioni e alle incinerazioni e non paiono di per sé connotare corredi di alto livello, 18 proponendosi talora come unici residui della pietas funeraria . In linea di massima erano sistemate in sacchetti di tela o raccolte in “mucchietti” accanto al defunto. 14 H. Bénichou-Safar, Les tombes puniques... cit., pp. 305, 308. Ivi, pp. 310, 312, 314, 353. 16 Cfr. A. Merlin, Note sur des tombeaux puniques découverts à Carthage en 1916, «Bulletin Archéologique du Comité des Travaux Historiques et Scientifiques», 1917, pp. 152-153. 17 H. Bénichou-Safar, Les tombes puniques... cit., pp. 330, 344. 18 Ivi, p. 248. Complessivamente è assai difficile individuare la capacità finanziaria del defunto dall’analisi del corredo, anzi sembra valido il principio sintetizzato da M. Fantar, secondo il quale «la pauvreté [du] mobilier funéraire ne traduit pas la pauvreté du défunt»: M. Fantar, Nécropoles puniques de Tunisie, in L’Afrique du Nord antique et médiévale. Monuments funéraires, institutions autochtones, «Actes du VIe Colloque International sur l’histoire et l’archéologie de l’Afrique du Nord (Pau, octobre 1993)», a c. di P. Trousset, Paris, éditions du CTHS, 1995, p. 67 . 15 4 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 Figura 1. Sarcofagi antropoidi Sarcofagi dalla necropoli di Sainte Monique (da E. Acquaro –P. De Vita, I Fenici. Storia e tesori di un’antica civiltà, Edizioni White Star, s.l., s.d., p. 101). Rappresentano quindi situazioni particolari quelle dei due famosi sarcofagi antropoidi 19 in marmo della necropoli di Sainte Monique , oggi al Musée National de Carthage. Attribuiti a cittadini di rango − specificatamente a operatori del culto, a causa della gestualità dei personaggi riprodotti ad alto rilievo sui coperchi e dell’armamentario liturgico che le sculture ostentano − ospitavano discreti gruzzoli di monete, fortunatamente non intaccati dalla depredazione clandestina, pure subita dal settore necropolare: l’anziana “sacerdotessa”, che la fisionomia isiaca della figura alata resa 20 a rilievo potrebbe far riferire alla cerchia di Tanit , conservava sul petto un accumulo 19 A.L. Delattre, Carthage. Nécropole punique voisine de Sainte-Monique. Le septième et le huitième sarcophage de marbre. Couvercle anthropoïde. Épitaphes de prêrtresses, «Comptes rendus de séances de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres», XLVII, 1, 1903, pp. 11-22; ID., Carthage. Nécropole punique voisine de Sainte-Monique. Deux sarcophages anthropoïdes en marbre blanc, «Comptes rendus de séances de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres», XLVII, 1, 1903, pp. 23-33. 20 L’immagine femminile con veste alata, di chiara matrice egittizzante ma non priva di tratti ellenistici, sul piano stilistico – come del resto si constata nel caso del coperchio di sarcofago con personaggio maschile vestito di una lunga tunica – potrebbe riprodurre una divinità del pantheon egizio o un’accolita consacrata alla dea Tanit, per la quale nel IV sec. a.C. sembra imporsi, in alcune categorie di ex voto e manufatti rituali, la versione antropomorfa alata, forse di ispirazione isiaca: M. López Grande − J. Trello Espada, Pervivencias iconográficas egipcias en las imágenes de damas sagradas del ámbito Fenicio-Púnico, in El mundo púnico. Religión, antropología y cultura material, «Actas del II Congreso Internacional del Mundo Púnico, (Cartagena, 6-9 de abril de 2000)», a c. di A. González Blanco – G. Matilla Séiquer – A. Egea Vivancos, (Estudios Orientales), V-VI, 2001-2001 (2004), pp. 346-349. 5 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 di ventuno monete in bronzo; il “sacerdote” portava invece, appoggiata sullo sterno, 21 una scatolina cilindrica di apparenza metallica, ma internamente “in legno o avorio” , contenente ventiquattro monete in bronzo. In generale, anche gli altri sarcofagi marmorei del settore necropolare, meno raffinati ma tutti attribuiti ai vecchi membri di una casta clericale, contenevano monete, spesso ridotte a un coagulo informe a causa della fusione con la resina utilizzata al fine di preservare i resti corporei, dunque 22 non più riconducibili a uno specifico posizionamento e men che meno identificabili . 23 Con alcune eccezioni , i tipi monetali nelle tombe cartaginesi sono prevalentemente 24 emissioni locali in bronzo : si tratta dunque di denaro di scarso pregio effettivo, adibito 25 alle spese quotidiane . Ancora, la foratura delle monete, che le trasforma in oggetti ‘indossabili’, come gli amuleti, pure testimoniata a Cartagine, è talvolta finalizzata a 26 comporre gioielli complessi . 21 A.L. Delattre, Le septième et le huitième sarcophage... cit., p. 15. A.L. Delattre, Sarcophage en marbre blanc orné de peintures trouvé à Carthage, «Comptes rendus des séances de l’Academie des Inscriptions et Belles Lettres», XLV, 3, 1901, p. 277. 23 Le relazioni di scavo riferiscono del rinvenimento, nelle tombe cartaginesi, di emissioni ibicenche, siceliote, italiote, greche, numidiche, mauritane: cfr. P. Visonà, Carthage. A Numismatic Bibliography, «Studi di Egittologia e di Antichità puniche», XIII, 1994, pp. 124-130. 24 Vedi per esempio: P. Visonà, Carthage... cit., pp. 131-147. 25 Per quanto riguarda i rinvenimenti di monete d’oro cfr. A. Merlin – L. Drappier, La nécropole punique d’Ard el-Kheraïb à Carthage, Paris, Ernest Leroux, Éditeur, 1909, p. 46: l’esemplare citato dagli autori, con protome di cavallo al D/ e palma al R/, è stato successivamente letto come conio cartaginese del 350-270 a.C.: E. Acquaro, Per una lettura antropologica delle necropoli puniche di Cartagine e di Sardegna, in Tuvixeddu la necropoli occidentale di Karales, «Atti della Tavola rotonda internazionale La necropoli antica di Karales nell’ambito mediterraneo, (Cagliari, 30 novembre-1 dicembre 1996)», a c. di Associazione culturale Filippo Nissardi Cagliari, Edizioni Della Torre, 2000, pp. 16-17; per i tipi in argento si veda p. es. A.L. Delattre, La nécropole punique voisine de la colline de Sainte Monique à Carthage. Rapport semestriel (janvier-juin 1900), «Comptes rendus des séances de l’Academie des Inscriptions et Belles Lettres», XLIV, 5, 1900, pp. 503-504; ID., Fouilles executées dans la nécropole punique voisine de Sainte-Monique, à Carthage, «Comptes rendus des séances de l’Academie des Inscriptions et Belles Lettres», XLV, 5, 1901, p. 600 (mostra un profilo quasi illeggibile al D/ e un elefante al R/ che potrebbe identificarla come probabile emissione barcide); P. Gauckler, Nécropoles... cit., p. 223. 26 Ad esempio, nella tomba 6 di Ard el-Kheraïb, in verosimile associazione con vaghi e amuleti, si sono recuperate sei monete enee forate del consueto tipo con testa di Core al D/ e cavallino al R/ (A. Merlin, L.Drappier, La nécropole punique d’Ard el-Kheraïb... cit., p. 24), che la caratteristica modalità di ossidazione ha fatto più tardi leggere come originariamente pertinenti alla stessa collana: E. Acquaro, Per una lettura antropologica... cit., p. 17. 22 6 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 Figura 2. Foratura delle monete Moneta bronzea di Cartagine con perforazione. 241-221 a.C. (da Hannibal ad portas. Macht und Reichtum Karthagos, Stuttgart, Konrad Theiss Verlag GmbH, 2004, p. 313, n. 85). Nella chora cartaginese e complessivamente nelle aree periferiche della Tunisia punicizzata l’utilizzo della moneta nei corredi sembra affermarsi dal IV sec. a.C., anche se i rapporti di scavo non permettono molte riflessioni oltre la mera attestazione 27 del recupero e talvolta, nelle relazioni antiquarie non è neppure del tutto agevole 28 distinguerne il contesto cronologico . In una circostanza, nella necropoli di Argel-Ghazouani, sul Cap Bon, è segnalata la disposizione di due monete ai lati del 29 bacino di uno degli inumati in una tomba a camera . Forse troppo frettolosamente e senza tener adeguato conto della polisemia della gestualità funeraria punica, gli editori le considerano ‘indicatori sociali’ in quanto, come i rasoi in bronzo cui spesso sono associate anche nella metropoli, parrebbero accompagnare in modo pressoché esclusivo le sepolture in tombe ipogeiche a camera, risultando invece assenti dalle più 27 Cfr. P. Cintas − E.G. Gobert, Les tombes du Jbel Mlezza, «Revue Tunisienne», 1939, pp. 147, 150, 153, 155-156, 167-168; H. Gallet de Santerre – L. Slim, Recherches sur les nécropoles puniques de Kerkouane, Tunis, Institut National d’Archéologie et d’Art, 1983, pp. 28-29, 33, 36-37, nota 42. In generale si veda: M. Fantar, Fouilles à Kerkouane, «Bulletin archéologique du C.T.H.S. nouv. sér. Afrique du Nord», XXIII, 1990-1992, p. 56. 28 Si pensi allo scavo condotto nel 1925 dall’Abbé Moulard nell’area funeraria sottostante l’anfiteatro di Utica, dove sepolture lette come puniche, fra cui appunto alcuni cinerari in terracotta e piombo ospitanti molte monete illeggibili di grande modulo, sono più probabilmente da riferirsi all’età romana: J. Moulard, Fouilles à Utique en 1925, «Bulletin Archéologique du Comité des Travaux Historiques et Scientifiques», 1926, pp. 230-231. 29 Gallet de Santerre-Slim, Recherches... cit., p. 25. 7 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 30 modeste deposizioni in fossa , che peraltro sono decisamente meno numerose degli ipogei. È pur vero che, in qualche modo, la fisionomia della campionatura nordafricana induce a considerare possibile la filiazione cartaginese del rito di offerta, ossia a ipotizzare che la diffusione dell’atto cultuale nelle aree coloniali periferiche faccia capo al magistero culturale della città di Elissa. L’esistenza alla base di esso di una spinta etnico-culturale potrebbe forse essere il fattore che ne motiva la perpetuazione, al fine di distinguere e personalizzare il corredo, nei reimpieghi funerari punici 31 delle strutture preistoriche indigene e nei settori punicizzati della regione numido32 libica . Tuttavia, mancando una mappatura sistematica dei rinvenimenti, per l’appunto anche nel comprensorio di Kerkouane rispetto al quale la tesi è stata espressa, tale inquadramento funzionale non può proporsi come assunto. Monete puniche in bronzo 33 si attestano, ancora, nel Sahel , ma ne sono ignoti l’ambito originario di deposizione e le specifiche associazioni di materiali, mentre appaiono sorprendentemente esigue, considerando la forte incidenza della componente coloniale greca nel popolamento 34 della regione degli Emporia, nella necropoli greco-punica di Leptis Magna . Tra le aree funerarie algerine, dove la deposizione di monete in tomba, pur essendo attestata, non sembra una prassi capillare e sistematica, per lo meno stando ai dati editi, si documentano a Djidjelli due monete forate poste all’altezza della testa e sul torace del 35 defunto, di cui una probabilmente emessa in Magna Grecia . Nella necropoli punicoromana di Tipasa, invece, tra II e I sec. a.C., monete forate, paste vitree e amuleti 36 accompagnano le tombe infantili mentre, a partire dal II sec. d.C., il rituale si configura 37 e uniforma nel posizionamento di una moneta imperiale su una lucerna : Limitatamente alla raccolta dei dati dal Nord Africa, quindi, niente sembrerebbe giustificare il riconoscimento, nel ricorso all’offerta monetale, di una concezione affine a quella che nel mondo greco e romano si esprime con il pagamento del nocchiero 30 Gallet de Santerre-Slim, Recherches...cit., p. 44. La situazione distributiva troverebbe conferma sempre sul Capo Bon, nella necropoli di Jbel Mlezza, sebbene si tratti, in realtà, di monete di ridotto valore intrinseco e amplissima circolazione, quantitativamente poco significative e certo non evocabili, in senso assoluto, come misuratori di status: cfr. supra. Studi recenti hanno anzi posto in evidenza lo spirito sostanzialmente egualitario che affiora dall’analisi delle soluzioni tombali nelle necropoli di servizio alla città di Kerkouane, specchio di una società poco gerarchizzata: F. Prados Martínez, Apuntes sobre democracia, igualitarismo y tolerancia en Cartago à traves de las fuentes arqueológicas y textuales (siglos IV-III a.C.), «SPAL», XV, 2006, pp. 250-251. 31 Con tutte le cautele che servono quando si traggono informazioni da opere dei primi del Novecento, voglio menzionare il caso del rinvenimento di monete enee (del tipo più corrente con testa di Core e cavallino e forse anche della serie sardo-punica con testa maschile diademata e toro, dubitativamente attribuita alla fase della “rivolta di Ampsicora”, oltre a conî numidici e sicelioti), nell’ambito di corredi d’impronta decisamente punica, quindi non riferibili a comunità autoctone, in dolmens riutilizzati del comprensorio di Dougga: F. Icard, Notes sur les dolmens de Dougga, «Bulletin de la Societé Archéologique de Sousse», V, 1905, pp. 253-255. 32 Si veda per esempio: A. Krandel-Ben Younès, La nécropole rurale de Thigibba Bure, in «Actes du IIIe Congrès International des Études Phéniciennes et Puniques, (Tunis, 11-16 novembre 1991)», a c. di M.H. Fantar – M. Ghaki, Tunis, Institut National du Patrimonie, 1995, p. 181. 33 D. Anziani, Nécropoles puniques du Sahel tunisien, «Mélanges d’Archéologie et d’Histoire de l’École française de Rome, Antiquités», XXXII, 1912, p. 282. 34 E. De Miro – G. Fiorentini, La necropoli greco-punica sotto il teatro, «Quaderni di Archeologia della Libia», IX, 1977, pp. 50, 62. 35 M. Astruc, Nouvelles fouilles à Djidjelli (Algérie), «Revue Africaine», XXX, 1937, pp. 209, 225-226. 36 S. Lancel, Tipasitana III: la nécropole préromaine occidentale de Tipasa. Rapport préliminaire (campagnes de 1966 et 1967), «Bulletin d’Archéologie Algérienne», III, 1968, p. 99. 37 S. Lancel, Tipasitana I: fouilles dans la nécropole occidentale de Tipasa. (Rapport sur des travaux réalisés au cours d’un stage archéologique en juillet 1964), «Bulletin d’Archéologie Algérienne», I, 1962-1965, pp. 61, 64, 67, 69. 8 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 infernale Caronte, in relazione al quale, in quelle facies culturali, si registra una non casuale attenzione per la sistemazione del materiale numismatico sul corpo: tradizionalmente, infatti, l’obolo doveva essere collocato in mano o nella bocca del 38 defunto . Figura 3. Bocca del defunto Resa grafica del deposito tombale di Rabat, con indicazione del punto di rinvenimento della moneta in corrispondenza della bocca del defunto (da C. Sagona, The archaeology of Punic Malta, Herent, Peeters N.V., 2002, fig. 155, 2). 38 Cfr. p. es. A.R. Parente, Rinvenimenti tombali di età preromana in Lucania, in Trouvailles monétaires de tombes, «Actes du deuxième colloque international du Groupe suisse pour l’étude des trouvailles monétaires (Neuchatel, 3-4 mars 1995)», a c. di O.F. Dubois – S. Frey-Kupper – G. Perret, Lausanne, Éditions du Zèbre, 1999, p. 144; F. Vicari, Rinvenimenti monetali in tombe dell’Etruria settentrionale, in Trouvailles monétaires... cit., p. 157. D’altronde anche nel mondo greco e romano non è scontato che l’inserimento di monete in tomba abbia sempre questo significato e sia espressione dell’accoglimento universale di tale credenza religiosa, così come non vi è alcuna immediatezza nella lettura unilaterale di questa tipologia di ritrovamenti nelle aree culturali che pure sono protagoniste di forti interazioni con il versante classico, quali ad esempio, l’etruscoitalica e l’italiota. 9 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 Stando ai dati disponibili, al contrario, i settori necropolari nordafricani nei quali effettivamente il modello “classico” di sistemazione delle monete è articolato nel dettaglio sono del tutto episodici, o s’inquadrano nelle fasi di persistenza romana dell’impiego funerario di contesti di età punica. Penso al caso, solitamente richiamato in letteratura, di Sidi-Yahia, presso Ferryville, in cui un esemplare di zecca cartaginese in bronzo con testa di Core al D/ e cavallino al R/ è stato rinvenuto «sur l’emplacement 39 du bout de la langue» del cadavere e dove, in generale, l’inserimento alternativo nella mano destra o sinistra dei defunti di una o tre monete pare una consuetudine del 40 quartiere cimiteriale ; analogamente si può forse ricordare la necropoli di Gouraya, rispetto alla quale le referenze antiquarie fanno riferimento a una tomba con moneta deposta in corrispondenza della testa di un inumato semicombusto nel I sec. a.C. e 41 dove, in generale, le attestazioni non risalgono oltre l’inizio del II sec. a.C. . A poca distanza dalla costa nordafricana lo stato dei ritrovamenti numismatici nelle tombe puniche dell’arcipelago maltese è del tutto differente. Dal III sec. a.C. si documenta, infatti, una contenuta presenza di monete nelle tombe di Gozo e Malta, dove si rintracciano per lo più sparse sul pavimento delle celle sepolcrali o sotto il lastrone d’ingresso, mentre, in una tomba ben conservata di Rabat, un esemplare databile al I sec. a.C. con legenda MELITATION era probabilmente posto, in origine, 42 nella bocca di un inumato adulto . Spostando la nostra attenzione alle regioni d’oltremare del Mediterraneo centrale, la Sardegna rappresenta, nella generale incompiutezza dei dati, il contesto di fatto meglio indagato da questo punto di vista. Qui la situazione dei pochi rinvenimenti documentabili è per certi versi affine a quella nordafricana. Ciò non stupisce quando si rammenti la stretta dipendenza amministrativa e prima ancora il saldo legame culturale dell’isola rispetto al Nord Africa punico, soprattutto nel IV sec. a.C. La presenza di monete è rilevabile, infatti, in tutti i maggiori contesti necropolari dell’isola con fasi di occupazione tardo-punica, sebbene l’approssimazione del dato e talvolta il disinteresse per la segnalazione di questo, come già focalizzato in un recente 43 studio sul tema , renda assai complessa una valutazione perspicua del significato dei giacimenti. A ciò si aggiunga la difficoltà di leggere il senso della testimonianza sul piano escatologico quando essa si rintraccia in contesti non sigillati: è questo il caso dei 44 recuperi dal quartiere funerario di Tharros , dove, degli esemplari determinabili si può soltanto indicare la pertinenza alle serie correnti in ambito cartaginese e sardo fra la fine del IV sec. a.C. e la seconda metà del secolo successivo, che è, del resto, l’epoca di maggiore attestazione degli inserimenti di monete in tomba. L’altro importante complesso funerario dell’Oristanese, quello di Othoca/Santa Giusta, offre, invece, 39 A. Merlin, Nécropole punique de Sidi-Yahia, près Ferryville, «Bulletin Archéologique du Comité des Travaux Historiques et Scientifiques», 1919, p. 205. 40 A. Merlin, Nécropole punique... cit., pp. 197-200, 209, 212. 41 F.M. Missonnier, Fouilles dans la nécropole punique de Gouraya (Algérie), «Mélanges d’Archéologie et d’Histoire de l’École française de Rome, Antiquités», L, 1, 1933, pp. 94, 97-98, 115-118. 42 C. Sagona, The archaeology of Punic Malta, Herent, Peeters N.V., 2002, p. 286. 43 E. Acquaro, Per una lettura antropologica...cit., pp. 13-17. 44 G.K. Jenkins, Coins, in Tharros. A Catalogue of Material in the British Museum from Phoenician and Other tombs at Tharros, Sardinia, a c. di R.D. Barnett – C. Mendleson, London, British Museum Publications, 1987, p. 118; A.C. Fariselli, Il “paesaggio” funerario: tipologia tombale e rituali, in Beni culturali e antichità puniche. La necropoli meridionale di Tharros. Tharrhica – I, a c. di E. Acquaro – C. Del Vais – A.C. Fariselli, La Spezia, Agorà Edizioni, 2006, p. 368. 10 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 al momento, indicazioni relative alla presenza di monete in tomba solo per quanto 45 concerne la fase romana . Riguardo a Sulky, mancando ancora un’edizione esaustiva e soddisfacente dei corredi dell’intera area di necropoli indagata in tempi e con metodiche differenti, dobbiamo affidarci per lo più alle vaghe segnalazioni dei rapporti 46 antiquari . Non fornisce molti dettagli in merito alla pratica di accompagnamento lo stato dei ritrovamenti a Monte Sirai, dove le monete bronzee sono presenti sia nelle 47 tombe a camera, sia nelle inumazioni in fossa della necropoli punica . Merita un accenno anche l’indicazione del recupero di una moneta forata del tipo con testa di Core al D/ e protome equina al R/ da un’incinerazione in brocca di III-II sec. a.C., di cui 48 costituisce il solo oggetto di accompagnamento . Un migliore grado di informazione deriva dalle indagini condotte nella necropoli di Monte Luna a Senorbì dove, all’interno di corredi composti dopo la metà del IV sec. a.C., monete ascrivibili prevalentemente alla zecca di Cartagine, ma anche in parte riconducibili alle “serie sardo-puniche”, sono spesso riposte nella mano destra dei defunti, chiuse in scatolette lignee o in sacchetti di tessuto, secondo l’uso cartaginese; in un caso, poi, si registra la presenza di una 49 moneta forata a mo’ di pendente . Nel corso del IV-III sec. a.C. la pratica metropolitana di custodire le monete destinate al corredo personale in involucri di tela o di cuoio, in 50 cofanetti di legno o su patere, ricorre anche a Villamar e nelle necropoli olbiesi di 51 Joanne Canu, Abba Ona e Funtana Noa. Qui, fra le monete puniche , non è casuale 45 Al proposito sono segnalate due monete in inumazioni repubblicane, una delle quali presso il capo del defunto: C. Del Vais, L’abitato fenicio-punico e romano, in La Cattedrale di Santa Giusta. Architettura e arredi dall’XI al XIX secolo, a c. di R. Coroneo, Cagliari, Scuola Sarda Editrice, 2010, p. 45. Una moneta romana si trovava anche in un bustum in associazione a uno strigile, unguentari e un bracciale in bronzo: R. Secci, Lo strigile nel mondo punico. Nota preliminare, «Studi Sardi», 34, 2009, p. 165, nota 75. Va precisato, tuttavia, che la fase punica vi è al momento poco rappresentata, a fronte di un cospicuo sfruttamento dell’area in età fenicia. La generale rarefazione del dato monetale a Othoca è riferita a lacune della ricerca da G. Nieddu – R. Zucca, Othoca. Una città sulla laguna, Oristano, S’Alvure, 1991, p. 175. 46 Per le diverse ma scarne notizie di recuperi monetali fornite dai primi scavatori si veda C. Del Vais, s.v. Sant’Antioco, in Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, XVIII, Pisa-Roma-Napoli, Edizioni ETS, 2010, pp. 188-259. In particolare, si ricordano a titolo paradigmatico cinque monete in bronzo ossidate e illeggibili da un ipogeo in associazione con vaghi in pasta vitrea e “cerchietti” di bronzo: potrebbe trattarsi forse di monete/pendenti non distinte? (A. Taramelli, S. Antioco, Scavi e scoperte di antichità puniche e romane nell’area dell’antica Sulcis, «Notizie degli Scavi di Antichità», 1908, p. 152). 47 F. Barreca, La necropoli, in Monte Sirai – I. Rapporto preliminare della Missione archeologica dell’Università di Roma e della Soprintendenza alle Antichità di Cagliari, Roma, Centro di Studi Semitici, 1964, p. 46; M.G. Amadasi – I. Brancoli, La necropoli, in Monte Sirai – II. Rapporto preliminare della Missione archeologica dell’Università di Roma e della Soprintendenza alle Antichità di Cagliari, Roma, Centro di Studi Semitici, 1965, p. 121; M. Guirguis, Necropoli fenicia e punica di Monte Sirai. Indagini archeologiche 2005-2007, Ortacesus, Sandhi, 2010, pp. 78-79; 83-84; 159: in un caso una moneta enea, illeggibile, si trovava presso l’omero sinistro del defunto. 48 M. Botto − L. Salvadei, Indagini alla necropoli arcaica di Monte Sirai. Relazione preliminare sulla campagna di scavi del 2002, «Rivista di Studi Fenici», XXXIII, 1-2, 2005, pp. 115-117. Un ulteriore esemplare di “moneta pendente” va forse riconosciuto nel manufatto bronzeo dalla T. 161, reso illeggibile dalla corrosione del metallo: Ivi, pp. 119-120, fig. 33. 49 A.M. Costa, Monte Luna: una necropoli punica di età ellenistica, in «Atti del I Congresso Internazionale di Studi Fenici e Punici, (Roma, 5-10 novembre 1979)», a c. di P. Bartoloni et al., Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, 1983, p. 749; Museo Sa Domu Nosta, Cagliari, STEF, 1990, pp. 51, 54-55, 60-63. 50 Qui le monete in gran parte ossidate, dunque illeggibili, sono presenti in tutte le sepolture, di norma sistemate in mano al defunto o accanto a questo in sacchetti di stoffa: M.C. Paderi – G. Ugas – A. Siddu, Ricerche nell’abitato di Mara. Notizia preliminare sull’area della necropoli punica di San Pietro, in Villamar. Una comunità, la sua storia, a c. di G. Murgia, Dolianova, Grafica del Parteolla, 1993, pp. 140-141. 51 Su 84 tombe della necropoli di Joanne Canu 53 contengono monete; 24 ospitano solo monete puniche; 11 hanno restituito monete sia puniche sia romane; 18 solamente monete romane: D. Levi, Le necropoli puniche di Olbia, «Studi Sardi», IX, 1950, p. 19. 11 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 si rilevi la prevalenza di conî di zecca cartaginese presso testa, piedi e petto degli 52 inumati, oltre all’ulteriore coincidenza rituale con la consuetudine delle monete forate . Sempre a Olbia, dall’area necropolare tardo-punica e romana di San Simplicio, il recupero di una moneta illeggibile sotto la mandibola di un inumato deposto nel III-II 53 sec. a.C., in associazione a una seconda moneta accanto al femore , rappresenta un dato troppo isolato per ipotizzarne una qualche connessione con la funzione di “lasciapassare dell’aldilà” usuale in età repubblicana, cui la tomba corrisponde, 54 nonostante il suggestivo posizionamento possa suggerirlo . Si limitano in generale alla mera segnalazione di monete ossidate in numero variabile le notazioni di A. Taramelli per quanto riguarda la necropoli cagliaritana di Predio 55 Ibba a S. Avendrace , rinvenimenti che, pur nella loro incompletezza, sono stati letti 56 come viatico, sulla scorta della non infrequente associazione con resti alimentari . Qualche notizia si trae anche dal più antico rapporto di scavo di F. Elena che, descrivendo con i criteri dell’epoca i tipi monetali trovati nelle tombe della necropoli occidentale di Cagliari, indica per lo più emissioni cartaginesi con testa di Core e 57 cavallino . Puntuali risultano invece le informazioni che possiamo trarre dagli scavi 58 condotti più recentemente : le monete, databili dalla seconda metà del III sec. a.C. fino al I sec. d.C., presenti soprattutto in pezzi singoli, sono state recuperate in tombe di ineguale livello, accanto alla vita o sotto una mano del defunto, con maggior frequenza nelle fosse di inumati ricavate al di sopra degli ipogei punici successivamente alla romanizzazione della città, ma non mancano neppure dai cinerari impostati nel periodo tardo-repubblicano. A questa stessa fase appartiene, in particolare, un piccolo contenitore in piombo messo in luce tra le gambe di un inumato, nel quale dovevano esser riposte sei emissioni romane di fine III inizio II sec. a.C. Una situazione peculiare è quella riscontrabile in complessi necropolari minori del Cagliaritano indagati negli ultimi anni. Dal piccolo insieme sepolcrale di S. Lucia di Gesico va rilevata la presenza di monete bronzee della cosiddetta “serie sardo-punica” insieme a materiali ceramici e strumenti metallici della metà del III sec. a.C. che certificherebbero «l’attenzione verso il rituale del simposio o meglio della 59 commensalità» . Se, tuttavia, l’accompagnamento monetale derivi dal medesimo orientamento ideologico di matrice greca o faccia piuttosto capo all’irradiazione del consolidato costume cartaginese non traspare dalla documentazione di scavo, che tace sulla precisa localizzazione degli oggetti nelle tombe. Rispetto alla necropoli 52 E. Acquaro, Per una lettura antropologica... cit., p. 15. A. Sanciu, Olbia – San Simplicio. Tombe tardo-puniche e romane, in Viaggi per mare viaggi nell’aldilà. Vecchi e nuovi ritrovamenti olbiesi, Olbia, Lions Club Olbia, 2003, p. 15. 54 È infatti possibile che, in origine, la moneta fosse stata inserita nella bocca del morto. 55 A. Taramelli, La necropoli punica di Predio Ibba a S. Avendrace, Cagliari (scavi del 1908), «Monumenti antichi dei Lincei», XXI, 1912, coll. 45-224, passim. In una circostanza (T. 87) un gruppo di nove monete in forte stato di ossidazione era ammucchiato presso il bacino del morto, possibile indizio dell’originaria raccolta di queste in un unico contenitore: E. Acquaro, Per una lettura antropologica... cit., p. 14. 56 A. Stiglitz, La necropoli punica di Cagliari. Tuvixeddu un colle e la sua memoria, Cagliari, Janus, 1999, pp. 64-66. 57 P.F. Elena, Scavi nella necropoli occidentale di Cagliari, Cagliari, Tip. di A. Timon, 1868, p. 45. 58 Tuvixeddu. Tomba su Tomba. Sepolture dal V secolo a.C. al I secolo d.C. in un nuovo settore della necropoli punico-romana, (Cagliari Museo Archeologico Nazionale 30 marzo/30 settembre 1998), Dolianova, Grafica del Parteolla, 1998, pp. 12, 31, 39, 44. 59 C. Tronchetti, La machaira e la kylix: note su alcune tombe puniche da Santa Lucia di Gesico (CA), in Alle soglie della classicità. Il Mediterraneo tra tradizione e innovazione. Studi in onore di Sabatino Moscati, a c. di E. Acquaro, Pisa Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, 1996, pp. 994-997. 53 12 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 punico-romana di Su Fraigu (Serramanna), ancora, va notata la presenza in fossa terragna di un gruzzolo di sei monete enee con testa di Core al D/ e protome equina al R/ del 300-264 a.C., che i residui di materiale organico prossimi al contesto, accanto all’omero sinistro di un’inumata, fanno immaginare al’interno di un sacchetto di stoffa. Il corredo ceramico della tomba, tuttavia, posiziona la sepoltura alla fine del II sec. a.C., il che potrebbe suggerire, più che un fenomeno di tesaurizzazione o la 60 volontà di predisporre un “obolo di Caronte” , l’attribuzione all’offerta post mortem − ormai deprivata del valore intrinseco trattandosi di denaro fuori corso − di un potere magico/talismanico: va in questa direzione, del resto, il ripristino dell’antica modalità cartaginese di deposizione dell’offerta nel corredo, che sfrutta l’impiego di sacchetti e 61 scatole in materiale deperibile già ben documentata nell’isola . In rapporto all’inventario archeologico sardo, quindi, sembrerebbe in generale possibile leggere l’azione cultuale nell’ottica dell’applicazione o del recupero − quando si tratta di contesti già punici poi romanizzati − di una gestualità rituale prettamente cartaginese che nulla ha a che vedere con il simbolismo legato al traghettatore infernale della mitografia classica. Ciò non esclude, d’altra parte, che in epoca repubblicana e imperiale alcuni cives, tanto a Santa Giusta, come a Cagliari o a Olbia, accogliessero rigorosamente tale credenza e richiedessero di esser posti in condizione di farvi fronte da morti. Passando alla Sicilia punica, la verifica delle attestazioni monetali in tomba produce un quadro assai variegato e per certi versi anomalo rispetto a quel che ci si potrebbe attendere, vista la fortissima partecipazione etnica, politica e culturale dell’elemento siceliota alla formazione e gestione delle comunità puniche della porzione occidentale dell’isola. Sotto questo profilo spicca in special modo la situazione di Palermo, certamente compromessa dai ripetuti saccheggi e da una metodologia di scavo per lungo tempo inadeguata alle moderne esigenze della ricerca, elementi che non contribuiscono a restituire la corretta fisionomia del contesto funerario in età punica. Ciò detto, l’impressione è che la pratica di deporre monete nelle tombe panormite sia rara, nonostante l’influsso greco si concretizzi soprattutto per quanto concerne gli aspetti ostentatori e di determinazione di status; fra l’altro, le sommarie indicazioni in nostro possesso, che non vanno oltre la sola notizia, non consentono 62 alcuna riflessione in merito al significato rituale dei pochi esempi rintracciabili . Vi si percepisce comunque una netta prevalenza delle monete di zecca cartaginese e locale, sebbene non manchino conî siracusani, adibiti a ‘oggetti d’ornamento’ mediante la foratura, ed esemplari di zecca neapolitana, prelevati dal circolante, forse testimoni dell’accresciuto ruolo di Roma e dell’incidenza dei rapporti con il mondo campano nel 63 secondo venticinquennio del III sec. a.C. . Nella necropoli punica di Lilibeo le monete − puniche, ma anche siracusane, campane e romane − compaiono in una percentuale 60 Questa interpretazione è proposta dalle autrici dello scavo: C. Cossu – E. Garau, Complessità rituali e ideologia funeraria punica nella necropoli di Su Fraigu (Serramanna-CA), «Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le provincie di Cagliari e Oristano», XX, 2003, pp. 19, 28-30. 61 Va detto che la prassi che contempla l’impiego di sacchetti di stoffa si attesta in Sardegna fino all’epoca tardo-antica: Luce sul tempo. La necropoli di Pill'' e Matta Quartucciu, a c. di D. Salvi, Cagliari, AM&D Edizioni, 2005, p. 75. 62 A. Cutroni Tusa, La moneta in tomba. La Sicilia, in Caronte un obolo per l’aldilà, «La Parola del Passato», L, 3, 1995, pp. 201-202. 63 L. Gandolfo, Le monete, in Palermo punica. Museo Archeologico Regionale Antonio Salinas, (6 dicembre 1995-30 settembre 1996), Palermo, Sellerio editore, 1998, pp. 351-352. 13 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 64 relativamente contenuta delle tombe , non prima del 320-300 a.C.; si concentrano nella maggior parte dei casi negli ipogei più ricchi, vicini a mani o piedi degli inumati 65 e talora in vasi ceramici . D’altra parte, è stato sottolineato come, pur tenendo conto dell’assenza di riscontri esaustivi sulla circolazione di materiale numismatico nell’abitato corrispondente, sia abbastanza nitida la sensazione che a Lilibeo «tutte le 66 emissioni punico-siceliote siano andate a confluire in massa tra i corredi tombali» , a differenza di quanto invece accade a Selinunte, fulcro della più consistente circolazione di emissioni siculo-puniche e probabilmente sede di una zecca dopo la conquista cartaginese della città. In quel contesto, infatti, l’evidenza di monete puniche in tomba sembra sporadica, nonostante alcuni recuperi siano precisamente localizzati rispetto al contesto deposizionale, come si rileva, ad esempio, a proposito di quattro conî con 67 cavallino e palma stretti tra le falangi della mano sinistra di uno scheletro in fossa . Altrettanto scarsa è la testimonianza di monete nelle incinerazioni della necropoli 68 ericina di Piano delle Forche, dove pure si attestano alcuni esemplari siculo-punici . Certi contesti lilibetani si prestano a congetture più specifiche: la tomba 13 di Via Cattaneo, in particolare, conteneva tredici pezzi siculo-punici tutti precedenti di almeno un cinquantennio la cronologia del rimanente corredo funerario. L’ipotesi avanzata dagli studiosi del contesto si indirizza verso il riconoscimento di una cifra standard, dotata cioè di un significato simbolico ben preciso, nel numero dodici. La tredicesima moneta sarebbe stata aggiunta al complesso delle offerte «pour des raisons de 69 “sécurité”» . La presenza del numero dodici, di suoi divisori e multipli, sembrerebbe ricorrere talvolta anche in altri gruzzoli di ulteriori complessi funerari punici, prima di 70 tutto nella stessa Cartagine , ma non è possibile sapere quanta parte di casualità vi sia in tale circostanza e il coefficiente d’imprecisione dell’inventario complessivo è talmente alto da non permettere di misurare esattamente tale occorrenza. Il fatto poi che il nucleo monetale sia più antico della deposizione, corrisponda cioè a monete fuori corso al momento dell’inumazione, avrebbe un valore “evocativo”, sarebbe quindi funzionale al recupero e all’affermazione dell’identità punica della giovane defunta qui seppellita, che poteva evidentemente vantare e di conseguenza esibire, un’ascendenza prestigiosa rispetto ai fondatori della colonia nata dalla distruzione 71 siracusana di Mozia . Tale tentativo di lettura del dato monetale ben si accorderebbe con il riconoscimento alle offerte di denaro in tomba di un ruolo ben diverso da quello di “obolo”. Parrebbe infatti verosimile conferire alle monete in tombe puniche un senso prevalentemente allegorico, che si sovrappone e si interseca con il più immediato valore utilitaristico che queste posseggono in relazione alle “necessità di spesa” previste nella vita oltremondana. Quelli che vengono inseriti nella sede perpetua potrebbero essere di fatto i risparmi familiari, forse accantonati allo scopo in vita e perciò spesso fuori serie, dotati cioè di un puro valore metaforico e carichi di un 64 Non più del 20-30%: S. Frey-Kupper, La nécropole de Lilybaeum (Marsale) en Sicile: hasard ou exception?, in Trouvailles monétaires... cit., pp. 32-41. Stando al punto di vista di alcuni numismatici, tuttavia, se raffrontata con la situazione dei rinvenimenti nelle necropoli greco-ellenistiche di Sicilia, quella di Lilibeo appare proporzionalmente più ricca: A. Cutroni Tusa, La Sicilia... cit., pp. 196-198. 65 S. Frey-Kupper, La nécropole de Lilybaeum...cit., p. 33. 66 A. Cutroni Tusa, La Sicilia...cit., pp. 199-200, nota 24. 67 Ibidem. 68 A. Cutroni Tusa, La Sicilia... cit., p. 201. 69 S. Frey-Kupper, La nécropole de Lilybaeum... cit., p. 35. 70 Cfr. supra. 71 S. Frey-Kupper, La nécropole de Lilybaeum... cit., pp. 33-36. 14 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 preciso potenziale in grado di garantire il mantenimento della condizione economica e sociale dell’individuo nell’aldilà. Figura 4. Salvadanaio in terracotta Salvadanaio in terracotta dalla necropoli del Puig des Molins, Ibiza (da Economiía y finanzas en el mundo fenicio-púnico de Occidente. XX Jornadas de arqueología fenicio-púnica, a c. di B. Costa – J. Fernández, Eivissa, 2005, Eivissa, Imprenta Ibosim, 2006). Corrobora tale ipotesi il ritrovamento, sempre a Lilibeo, nella cella della tomba VIII 72 Giattino, di un vero e proprio salvadanaio in terracotta , cui il preciso confronto con 73 74 un analogo manufatto ebusitano e quello più tenue con uno da Nora, in Sardegna , permettono di attribuire una funzione in tutto identica a quella moderna. Venendo appunto al versante più occidentale del mondo punico, per Penisola Iberica e Baleari disponiamo di un assai puntuale, primo approccio al tema, a firma della 75 compianta C. Alfaro Asins , cui sono seguiti lavori di integrazione e approfondimento, 72 Nella relazione di scavo non si rintraccia alcuna informazione circa l’eventuale contenuto del salvadanaio: A.M. Bisi, Lilibeo (Marsala). − Nuovi scavi nella necropoli punica (1969-1970), in «Atti della Accademia Nazionale dei Lincei. Notizie degli Scavi di Antichità», s. VIII, XXV, (1971), p. 691, fig. 24 b. 73 Cfr. infra. 74 «Vaso salvadenari punico in terracotta [...] destinato a contenere le offerte di monete in un santuario, come le cassette per l’elemosina nelle nostre chiese»: G. Pesce, Sardegna punica, Nuoro, Ilisso Edizioni, 2000 (ried. a c. di R. Zucca), p. 280, fig. 121. 75 C. Alfaro Asins, Uso no monetal de algunas monedas punicas de la Peninsula Iberica, in «Atti del Convegno Internazionale di Studi Numismatici in occasione del centenario della Società Numismatica Italiana (1892-1992)», a c. di V. Cubello – D. Foraboschi – A. Savio, (Rivista Italiana di Numismatica e Scienze affini), XCV, 1993, pp. 261-276. 15 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 76 in specie sui contesti gaditano e ibicenco . Dall’inventario redatto si ricava un quadro abbastanza omogeneo rispetto al Mediterraneo centrale: le monete rappresentano un’offerta costante nelle necropoli puniche attive in Spagna tra il V e il II sec. a.C., con un incremento dei ritrovamenti rispetto al periodo più avanzato dell’intervallo temporale e un fenomeno di persistenza del rito in età imperiale. Sono generalmente in bronzo, di piccolo taglio, sia riferibili a zecche peninsulari che “straniere”, ad 77 esempio cartaginesi, neopuniche e romane . Giungono dalla necropoli di Cadice la maggior parte delle monete attualmente conservate nel Medagliere del Museo cittadino, attestate nelle inumazioni e nelle incinerazioni in urna di fine III sec. a.C., 78 dove compaiono in pezzi singoli sopra o dentro l’ossuario . Malauguratamente, esse hanno tuttavia destato maggior interesse sul piano tipologico, mentre ne rimane 79 spesso in ombra la relazione spaziale rispetto alle più antiche giaciture scheletriche . Un apporto di notevole significato sul piano dell’interpretazione escatologica del rituale giunge invece dalle indagini recenti, che indicano la presenza di monete anche nei contesti rituali accessori allo spazio tombale individuati nella necropoli gaditana, come 80 pozzi e vasche, luoghi di sacrifici animali, libagioni, abluzioni e offerte alimentari La necropoli di Baria (Villaricos-Almería), nonostante le consuete difficoltà di elaborazione dei dati, restituisce monete bronzee di zecca locale, punico-peninsulare, balearica 81 e romana dagli ipogei di inumati e dalle incinerazioni tra III sec. a.C.-I sec. d.C., 82 queste ultime dotate generalmente di una moneta per urna . In un caso, inoltre, vi si registra la pratica cultuale già evidenziata in ambito nordafricano e sardo, ossia 83 l’inserimento della moneta in un lembo di stoffa accanto al corpo di un bambino . Assai curiosa è poi l’ipotesi di lettura applicata al ritrovamento di un’incinerazione corredata, insieme a ceramica inquadrabile fra il II e il I sec. a.C., da un tesoretto di diciannove monete enee, tutte della zecca di Cástulo, eccetto un esemplare gaditano. Queste erano associate a oggetti in metallo e osso, quali astragali, punzoni ed emisfere “a bottone”, interpretati da M.J. Almagro Gorbea come residui dell’armamentario di un giocatore d’azzardo professionale: dall’area castulonense, gruppi di minatori itineranti «pagados con moneda pequeña de Cástulo, habrian podido bajar a divertirse 84 a la antigua ciudad de Baria, centro del comercio minero de la zona» . È chiaro che si tratta di una supposizione totalmente indimostrabile, per quanto di certo carica di fascino, a partire dal fatto che la funzione ludica dei piccoli manufatti 76 M. Campo, Usos rituals i valor religiós de la moneda a l’illa d’Ebusus (segle III aC-inici I dC), in Moneda, cultes i ritus 23 i 24 de novembre de 2006. X Curs d’Història monetària d’Hispània. MNAC Gabinet de Numismàtica de Catalunya, Barcelona, Museu Nacional d’Art de Catalunya, 2006, pp. 47-74; A. Arévalo González, El valor simbólico y el uso cultual de la moneda en la costa gaditana, in Moneda, cultes i ritus... cit, pp. 75-98. 77 C. Alfaro Asins, Consideraciones sobre la moneda púnica foránea en la Península Ibérica y su entorno, «Boletín del Museo Arqueológico Nacional», XVIII, 1-2, 2000, p. 23; Ead., La moneda púnica foránea en la Península Ibérica: nuevos datos, «Atti del V Congresso Internazionale di Studi Fenici e Punici, (MarsalaPalermo, 2-8 ottobre 2000)», a c. di A. Spanò Giammellaro, Palermo, Università degli Studi di Palermo, 2005, pp. 1343-1347. 78 C. Alfaro Asins, Uso no monetal... cit., pp. 272-273. 79 Lamenta questa carenza di dati A. Arévalo González, El valor simbólico..., cit., pp. 77-79. 80 A. Arévalo González, El valor simbólico...cit., pp. 79-84. 81 C. Alfaro Asins, La moneda púnica foránea...cit., p. 1346. 82 Ead., Uso no monetal...cit., pp. 274-275. 83 Ibidem. 84 M.J. Almagro Gorbea, Un tesorillo de monedas ibericas y punicas de la antigua Baria, «Cuadernos de Prehistoria de la Universidad de Granada», XI, 1986, p. 349. L’elaborata ipotesi è accolta da C. Alfaro Asins, Uso no monetal... cit., p. 275. 16 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 ossei che abitualmente si rinvengono nei contesti funerari punici non è ritenuta oggi 85 per nulla sicura . Proseguendo il nostro excursus nel Mediterraneo occidentale va detto, infine, che il lotto più consistente dei rinvenimenti si localizza a Ibiza, nelle necropoli rurali e nel principale quartiere funerario isolano, quello del Puig des Molins, dove le monete sono dislocate dal III sec. a.C. almeno fino all’inizio dell’età imperiale. Purtroppo all’abbondanza numerica dei documenti non equivale la 86 cospicuità dei dati di contesto . Al contrario, il sistematico riutilizzo delle sedi sepolcrali in antico, la lacunosità delle pubblicazioni scientifiche dei depositi funerari, insieme alla devastazione prodotta da saccheggi reiterati condizionano in forma irrimediabile l’indagine. Con tutto questo, a proposito dei tipi documentati nelle sepolture ibicenche, si può comunque ritenere acquisita la prevalenza dei conî ebusitani in bronzo, di piccolo formato e peso, affiancati nel tempo da monete cartaginesi, numidiche e 87 romane . Alcuni esemplari sono forati e impiegati come pendenti di collana, singoli o 88 89 in composizioni più ricercate , di cui talvolta si conservano altri vaghi e il filo . Figura 5. Pendenti di collana Collane ricostruite con pendenti monetali da Ibiza (da M. Campo, Usos rituals i valor religiós de la moneda a l’illa d’Ebusus (segle III aC-inici I dC), in Moneda, cultes i ritus 23 i 24 de novembre de 2006. X Curs d’Història monetària d’Hispània. MNAC Gabinet de Numismàtica de Catalunya, Barcelona, Museu Nacional d’Art de Catalunya, 2006,p. 70, fig. 5, 2). Va rilevato al riguardo che, pur essendo quella della perforazione, in generale, una consuetudine molto diffusa per quanto riguarda le monete di metallo pregiato – soprattutto le emissioni della fine del III sec. a.C. espressione del culto di Eracle/ 90 Melqart – le monete/pendente rinvenute in ambito funerario sono per lo più in bronzo, 85 A.C. Fariselli, Elementi in avorio e osso, in Tharrhica – I... cit., pp. 245-250. M. Campo, Usos rituals... cit., pp. 54-65. 87 C. Alfaro Asins, Uso no monetal...cit., p. 273; M. Campo, Usos rituals... cit., pp. 64-65. 88 M. Campo, Usos rituals... cit., fig. 5, 2. 89 Si pensi alla collana associata al neonato sepolto in anfora, composta da una perla in pasta vitrea e due monete con testa di Core al D/; protome di cavallo al R/: C. Alfaro Asins, La moneda púnica foránea...cit., p. 1345. 90 Da ultimo cfr. p. es.: A.C. Fariselli, Il progetto politico dei Barcidi, in L’Hellénisation en Méditerranée occidentale au temps des guerres puniques (260- 180 av. J.C.), «Actes du Colloque International de 86 17 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 dunque conservano uno scarso valore intrinseco e spesso, anche a Ibiza, si tratta 91 di conî extrapeninsulari , quasi tale caratteristica ne accentuasse l’aspetto “esotico”. Per contro, le monete/ornamento in argento sono frequenti nei contesti santuariali iberici, dove si afferma il loro valore di ex voto a scapito di quello amuletico e religioso/ 92 profilattico, certamente più pregnante nell’ambito della finalità funeraria . Restando nella necropoli del Puig des Molins, è un’acquisizione recente quella di un salvadanaio 93 in terracotta recuperato fra i materiali inediti dei vecchi scavi di J. Mañá de Angulo . Il contenitore, prelevato dal corredo di una tomba a fossa forse destinata a un soggetto infantile, inquadrabile su base ceramologica nel II-I sec. a.C., conteneva infatti due monete punico-ebusitane, l’una battuta alla fine del III sec. a.C. e l’altra durante il II sec. a.C.: visto lo scarto cronologico fra le due emissioni è plausibile ritenere che abbiano avuto un periodo di circolazione relativamente apprezzabile prima di essere inserite, 94 ormai fuori corso, nel corredo tombale . Il dato conferma quella che sembra essere la circostanza più frequente in rapporto alle deposizioni di denaro nel sepolcro, ossia l’accentuazione del valore allegorico dei conî a scapito di quello economico, intrinseco o convenzionale che sia. L’osservazione dell’incidenza degli esemplari ebusitani con Bes al D/ tra le monete riutilizzate a scopi cultuali nei contesti sacri e nello spazio funerario insulare ha, del resto, indotto a focalizzare l’interesse sul ruolo che la divinità egizia svolge nel contesto del pantheon locale e certamente, vista la potenzialità amuletica esercitata dal dio ferino e naniforme nella sfera culturale fenicio-punica, ciò 95 ha senz’altro ricadute non indifferenti sull’ermeneutica dell’offerta monetale in tomba . Conclusioni Nonostante la frammentarietà della documentazione sia scoraggiante si può tentare di tirare qualche somma: la presenza di monete nelle tombe del Mediterraneo punico parrebbe del tutto svincolata dall’influsso della tradizione greca e in nessun caso sembra ricalcare le motivazioni ideologiche che stanno all’origine del mito caronteo, 96 forse ignoto ai Punici Al proposito, non pare trascurabile il fatto che le monete in bronzo rappresentino una componente ricorrente anche nelle tombe del Levante Toulouse, (31 mars-2 avril 2005)», a c. di P. François – P. Moret – S. Péré-Noguès, (Pallas), LXX, 2006, pp. 105-121. 91 C. Alfaro Asins, Uso no monetal...cit., p. 273; M. Campo, Usos rituals...cit., p. 66. 92 C. Alfaro Asins, Uso no monetal...cit. pp. 263-264. 93 B. Costa – J.H. Fernández – A. Mezquida, Ahorros para la otra vida. Una sepultura púnica conteniendo una hucha en la necrópolis del Puig des Molins (Eivissa) y su contexto histórico, in Misceláneas de arqueología ebusitana (II). El Puig des Molins (Eivissa): un siglo de investigaciones, a c. di B. Costa – J.H. Fernández, Eivissa, Imprenta Ibosim, 2003, pp. 277-326. 94 B. Costa – J.H. Fernández – A. Mezquida, Ahorros para la otra vida...cit., p. 294. 95 M. Campo, Usos rituals...cit., pp. 49-50. È invece al momento labile, sul piano del metodo, la proposta di connessione profilattica tra le emissioni con l’immagine del Bes e i seppellimenti infantili: L.I. Manfredi, Monete puniche e neopuniche riutilizzate nei contesti tombali di Ibiza, in Oggetti-simbolo: produzione, uso e significato nel mondo antico, a c. di I. Baldini Lippolis − A.L. Morelli, Bologna, Ante Quem, 2011, in part. pp. 16-17. La campionatura disponibile per una riflessione d’insieme, infatti, è troppo ridotta; inoltre, manca un censimento puntuale dei tipi monetali attestati rispetto ai contesti osteologici e quindi la presunta esclusività della destinazione delle monete con Bes a specifiche fasce di popolazione non è dimostrabile, né supportata a livello documentario. L’ipotesi è tuttavia di notevole suggestione, tenendo anche conto del fatto che una moneta ibicenca con il Bes, sebbene erratile, proviene dal tofet di Sulky, da un’area santuariale, cioè, espressamente deputata ai rituali infantili: a questo proposito ne notava già il possibile valore amuletico E. Acquaro, Una moneta ibicenca dal tofet di Sulcis, «Rivista di Studi Fenici», I, 2, 1973, pp. 205-206, tav. LXIV. 96 Questo stato delle cose per lo meno emerge dal versante archeologico: A. Arévalo González, El valor simbólico...cit., p. 79. 18 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 97 fenicio insieme a scarabei, terrecotte e gioielli , il che dimostra come, al di là della innegabile permeabilità della cultura punica alle influenze esterne che di fatto ne è il connotato peculiare, non si possa a cuor leggero attribuire la prassi a una forma di condizionamento allogeno “bifocale”. D’altra parte, l’ipotesi che vede Cartagine piegarsi all’acculturazione greca a partire dal IV sec. a.C., e che forse giustifica alcune petizioni di principio espresse sul tema della moneta in tomba negli anni Ottanta 98 del secolo scorso , è oramai decisamente superata. Alla prospettiva che postula la superiorità della cultura greca rispetto alla punica si è sostituita, difatti, una più obiettiva e ragionevole posizione concettuale, quella, cioè, che vede l’accoglimento di alcune forme espressive greche, negli usi e nelle produzioni artistiche, innanzitutto come effetto dell’apertura punica alle diverse sollecitazioni esterne. Nondimeno, si tratta del risultato di una scelta pragmatica, eminentemente politica, scaturita dall’esigenza di controllare le basi siciliane e di interloquire alla pari con gli attori presenti sullo scenario mediterraneo all’avvio dell’Ellenismo. Il processo di “ellenizzazione” dei 99 costumi è quindi parziale e sembrerebbe riguardare solo una parte dell’aristocrazia . Diversamente da quanto accade in contesto levantino, l’accoglimento degli apporti 100 greci non è l’evoluzione naturale dell’affermarsi di un vero e proprio dualismo etnico , ma scaturisce da una programmazione istituzionale. Anche l’ingresso nel pantheon cittadino di Demetra e Core, che le fonti dipingono come conseguenza di un vulnus inferto alle due divinità in Sicilia, sarebbe il risultato di un’appropriazione strategica e consapevole di un culto ufficiale, sostanzialmente privo di effetti sulla dimensione 101 privata della religione . Che quindi esista un legame tra la divulgazione del culto demetriaco e l’adozione delle monete in tomba, come in passato sostenuto da alcuni 102 autori , non è oggi più proponibile: non dimentichiamo che la divinità femminile impressa sui tondelli secondo i canoni sicelioti potrebbe incarnare, in realtà, un’altra 103 dea locale, nonostante l’apparenza greca delle sue fattezze . Fra l’altro, la volontà di inserire monete in tomba potrebbe avere teoricamente molteplici motivazioni e il fatto che si tratti in prevalenza di tipi con testa di Core potrebbe semplicemente dipendere dalla disponibilità numerica del circolante, perciò il dato in sé non prova nulla. 97 H. Sader, Panorama du monde funéraire dans l’Orient phénicien, in El mundo funerario...cit, p. 87. È interessante notare come, prima che il tema fosse impostato criticamente in letteratura, pur difettando di una documentazione puntuale in merito ai contesti originari, i rinvenimenti monetali dalle tombe di Tharros siano stati posti in relazione con la credenza greca sulle modalità della traversata del fiume infernale: R.D. Barnett – C. Mendleson, Tharros. A Catalogue...cit., p. 45. 99 A Cartagine senz’altro esiste un’enclave greca cui è demagogicamente concessa la pratica dei propri culti, ma gran parte della classe dirigente rimane saldamente radicata alle antiche tradizioni orientali anche dopo l’avvio della Romanizzazione: cfr. infra nota 101. 100 In Oriente, fra l’altro, la classe più elevata è rappresentata dalla componente greca: J.B. Tsirkin, El problema de la helenización de Cartago, in «Actas del IV Congreso Internacional de Estudios fenicios y púnicos, (Cádiz, 2 al 6 de Octubre de 1995)», a c. di M.E. Aubet – M. Barthélemy, Cádiz, Servicio de Publicaciones de la Universidad de Cádiz, 2000, pp. 1233-1235. 101 Per tutta la questione cfr. C. Bonnet, Identités et alterités religieuses. Á propos de l’hellénisation de Carthage, in L’Hellénisation en Méditerranée occidentale... cit., pp. 365-379; K. Melliti, Religion et hellénisme à Carthage: la politique aristocratique à l’épreuve, in L’Hellénisation en Méditerranée occidentale...cit., pp. 381-394. 102 C. Alfaro Asins , Uso no monetal...cit., p. 275: riferisce un’ipotesi di P. Cintas. 103 Cfr. per le differenti posizioni: C. Bonnet, Identités et alterités...cit., p. 374; E. Acquaro, Kore nella monetazione di Cartagine punica, in Demetra. La divinità, i santuari, il culto, la leggenda, «Atti del I Congresso Internazionale, Enna, 1-4 luglio 2004», a c. di C.A. Di Stefano, Pisa-Roma, Fabrizio Serra editore, 2008, pp. 135-136. 98 19 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 Circa il significato della deposizione dell’oggetto/moneta sembra efficace la lettura ‘amuletica’, o, ancor più precisamente ‘talismanica’: in quanto talismano la moneta potrebbe in effetti aver assolto al ruolo di «esercitare un’influenza straordinaria e 104 positiva» non tanto sul portatore in vita, che ne sfrutta la normale funzione, ma sul defunto nell’aldilà alle cui esigenze i familiari l’adattano. Mi sembra però che questo valore non sia estendibile a tutti i tipi di depositi monetali documentati, né trasversale tutte le fasi di attestazione. Certamente lo è per quanto concerne le monete/pendenti: la perforazione ne comporta l’indossabilità e quindi la vicinanza, taumaturgica e protettiva, all’individuo, sebbene secondo alcune letture la pratica possa corrispondere 105 all’“uccisione” simbolica dei manufatti che hanno accompagnato il deposto in vita , interpretazione che potremmo trasferire alle monete dimezzate presenti, raramente, 106 in alcuni contesti funerari punici . In letteratura il dato relativo agli interventi per la sospensione non è sempre incrociabile con quello relativo alla tipologia monetale, ovvero all’iconografia presente sulle due facce del conio, il che in effetti impedisce una piena valutazione in senso rituale dell’offerta specifica e, ad esempio, la rilevazione statistica della percentuale di conî extra-cartaginesi fra gli esemplari modificati nella funzione. Perciò risulta abbastanza complesso dimostrare che la valenza religiosa del manufatto che l’artigiano rende portabile dipenda dall’iconografia divina presente sulla faccia principale della moneta. D’altro canto, sembrerebbe semplicistico esaltarne il puro senso ornamentale, per quanto l’uso di realizzare “gioielli monetali” sia comune 107 nel mondo preromano sin dal V sec. a.C. , soprattutto tenendo conto, da un lato, del fatto che all’oreficeria fenicia e punica è oramai unanimemente riconosciuta una 108 funzione nella sfera del sacro e della magia ; dall’altro, rammentando che anche gli amuleti venivano indossati. Nella medesima prospettiva, volendo dar credito alla relazione di P. Gauckler, va evidenziato infine il recupero di una moneta in terracotta 109 da una tomba a fossa di Ard Mourali , assai rilevante sul piano rituale se riferito ai ben più consistenti lotti di «ghost money» rinvenuti in contesti funerari e santuariali 110 della Magna Grecia, che oltre ad adombrarne il significato cultuale , sono indirizzati a evocare l’accezione magica dell’oggetto in sé. 104 Vi è infatti una sostanziale differenza fra le potenzialità dell’amuleto e quelle del talismano che, nell’antichità classica in particolare, possono in pari misura esser riconosciute al “manufatto moneta”: R. Pera, La moneta antica come talismano, in Caronte...cit., pp. 347-359. 105 H. Bénichou-Safar, Les tombes puniques...cit., p. 278, nota 274. 106 Il fatto poi che in molti dei casi attestati, soprattutto in Sicilia occidentale (A. Cutroni Tusa, La Sicilia...cit., pp. 196-197, nota 18 ), quelle spezzate a metà siano monete “straniere”, cioè non puniche, va certamente focalizzato, sebbene allo stato attuale, la scarsezza dei repertori fruibili vieti di elaborare una spiegazione in grado di annullare la casualità del dato. 107 Tale costume potrebbe trovare motivazione nel valore intrinseco delle monete o nel fatto che si tratta di oggetti decorati «già pronti», supporti di immagini dai più vari significati e valori: P. Serafin Petrillo, La moneta come ornamento: gioielli monetali antichi e moderni, in Caronte...cit., p. 363. Nel caso dei rinvenimenti cartaginesi e punici in genere, tuttavia, è indispensabile tener presente che anche gli amuleti sono normalmente impiegati per la composizione di collane, il che non ne abolisce di certo la pregnanza protettiva a fronte di una poco credibile motivazione estetica. Che le monete forate venissero effettivamente portate e dunque non si trattasse di amuleti realizzati dopo l’uscita dalla circolazione della moneta stessa è ipotizzato sin dai primi studi sulle necropoli di Cartagine, ma non ne siamo affatto certi: A. Delattre, Lettre du R.P. Delattre, correspondant de l’Académie, sur les fouilles de la nécropole voisine de Sainte Monique, à Carthage, «Comptes rendus des séances de l’Academie des Inscriptions et Belles Lettres», 1900, p. 503, nota 1. 108 H. Bénichou-Safar, De la fonction des bijoux phénico-puniques, in Alle soglie...cit., pp. 523-534. 109 P. Gauckler, Nécropoles...cit., p. 210. 110 R. Parente, Rinvenimenti tombali....cit,. p. 143, nota 7. 20 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 Diverso ruolo hanno invece, probabilmente, i “gruzzoli” e le monete singole affiancate in vari modi al defunto. In questa operazione cultuale non paiono intervenire questioni 111 censitarie o quelle aspettative ostentatorie che vanno invece presupposte all’origine dell’inserimento nelle tombe di piena età punica dei sigilli a scarabeo, da intendersi verosimilmente come contrassegni della classe dirigente cartaginese. Per quanto riguarda le monete se ne documenta la presenza in corredi disomogenei per tipologia del proprietario, composizione e livello di prestigio, sia in Nord Africa sia nei territori “provinciali”. Fra l’altro, pare che spesso il “denaro funerario” fosse già consunto prima della deposizione, vale a dire già totalmente spogliato del valore finanziario, il che parrebbe orientare verso la lettura simbolica del lascito tombale. Il quadro generale dei dati non consente neppure di ammettere che nel mondo punico l’associazione di monete alla fornitura funeraria avesse un significato sostitutivo, in 112 quanto emblematico della ricchezza del defunto in senso lato . Anzi, il recupero di una moneta come solo oggetto del corredo rappresenta la fattispecie meno frequente nel totale delle attestazioni considerate, il che, già di per sé, impedisce l’accoglimento acritico dell’ipotesi e invita a cercare altre spiegazioni, quali ad esempio, la generale semplificazione del cerimoniale funerario che sembra di fatto percepirsi al tramonto della storia punica. Ciò non toglie che se ne debba ipotizzare, in 113 parallelo, una non marginale accezione identitaria : la moneta è di certo uno dei manifesti della “punicità”, ma, a mio parere, nel passaggio al corredo funerario va riconosciuta piuttosto un’azione premurosa, fortemente connessa alla sfera privata e alla dimensione individuale, che ne modifica la semantica. In definitiva, riterrei di poter azzardare l’inquadramento dei lasciti monetali nell’ambito del ‘corredo personale’, piuttosto che tra i ‘simboli di status’ scelti sulla base di una direttiva ufficiale, pur riconoscendone la rappresentatività ‘politica’, nel senso etimologico del termine, sul piano delle relazioni economico-sociali e del confronto con elementi allogeni. Il fatto che si tratti per lo più di monete in bronzo è certamente connesso alla maggior abbondanza del numerario eneo rispetto a quello in metallo prezioso, ma credo anche possibile che questa scelta si leghi alla specifica destinazione del denaro, ovvero al conseguente valore traslato che questo assume una volta inserito fra le assegnazioni post mortem: per le impellenze che si sarebbero presentate nella “seconda vita” la moneta di scarso pregio intrinseco era forse considerata adeguata e sufficiente. Del resto, ciò non stupisce quando si consideri che fra le poche indicazioni epigrafiche dirette fruibili ai fini della ricostruzione dell’escatologia fenicia e punica compare un’iscrizione maltese databile al IV-III sec. a.C. che denomina il locale del sepolcro 114 come «stanza della dimora eterna» , prova di quanto la dimensione oltremondana fosse concepita su un piano, certo differente, ma speculare a quello terreno. Per questo il morto doveva essere rifornito di tutti gli strumenti e i mezzi, denaro compreso, per condurre serenamente la sua “seconda vita”. Ciò giustificherebbe anche il fatto che, laddove la cronologia del contesto è correttamente verificabile, si registri l’associazione al corredo personale di denaro non più circolante e parimenti impone prudenza − tenuto anche conto della ridotta percentuale di campioni intatti fra i depositi funerari punici esaminati − nell’utilizzare i documenti numismatici come materiali diagnostici ai fini della datazione delle tombe o allo scopo di ricostruire il flusso del numerario in un 111 E. Acquaro, Per una lettura antropologica...cit., p. 17. M. Botto – L. Salvadei, Indagini alla necropoli...cit., p. 117. 113 R. Secci, Lo strigile...cit., p. 176. 114 S. Ribichini, Sui riti funerari...cit., p. 44. 112 21 Anna Chiara Fariselli, Risparmi e talismani - GriseldaOnLine 2011 determinato ambito territoriale. Tale procedura infatti, quando ci si attiene soltanto ai recuperi monetali di ambito funerario e si prescinde dal sistematico raffronto di questi con il panorama della distribuzione nei contesti di abitato, non può che risultare falsata. Resta quindi valida l’ipotesi che sulla scelta di dotare o meno di monete il “caro 115 estinto” influiscano le credenze dei singoli gruppi sociali o dei clan familiari punici . La proposta interpretativa converge parzialmente con quella già elaborata ed espressa da alcuni studiosi spagnoli che, tuttavia, tendono a porre l’accento sulla componente del ‘transito’ nell’aldilà. Il denaro risparmiato e immesso nel contesto 116 tombale sarebbe cioè funzionale ad «asegurarse el acceso a la otra vita» , in sostanza qualcosa di non molto diverso, se si eccettua il sottofondo mitografico che nel caso punico ci è sconosciuto, dal concetto di viatico proprio dell’“obolo di Caronte”. Ma si ha l’impressione che, in quel caso, vi sarebbe probabilmente la possibilità di riscontrare, per lo meno all’interno dei medesimi periodi storici, una qualche “prescrizione ideologica”, ovvero la ricorrenza sistematica di un numero o di un criterio standard di associazione delle monete al defunto che, al contrario, le necropoli puniche non sembrano restituire. Troppo evanescenti risultano, infine, le possibilità di verifica quantitativa dei depositi monetali in tomba rispetto a eventuali 117 riflessioni numerologiche, come adombrato da alcuni autori . La sola suggestione che si potrebbe richiamare al riguardo, anche per la coerenza cronologica dei riferimenti, si appunta sulla presenza di dodici entità divine nel famoso “Giuramento 118 di Annibale” riportato da Polibio . La formula impiegata nel testo, tuttavia, non pare avere alcun legame con la morte e il mondo ultraterreno, quanto piuttosto con la consuetudine greca di giurare per triadi o con il fatto che, nella religione ellenica, gli dèi principali dell’Olimpo fossero appunto dodici. La libertà di inserimento delle monete in tomba nell’ambito della gestualità funeraria punica, quale sembra rilevabile nei dati, presuppone, invece, una scelta privata, svincolata da regole liturgiche e compiuta quasi si trattasse di un gesto precauzionale, legato forse a una forma di superstizione e alla natura prodigiosa dell’offerta. 115 A. Cutroni Tusa, La Sicilia...cit., p. 213. B. Costa – J.H. Fernández – A. Mezquida, Ahorros para la otra vida...cit., p. 310. 117 Vedi supra, a proposito di Lilibeo. 118 Con le indicazioni testuali cfr.: F. Barreca, Il giuramento di Annibale (considerazioni storico-religiose), in Studi in onore di Giovanni Lilliu per il suo settantesimo compleanno, a c. di G. Sotgiu, Cagliari, STEF, 1985, p. 77. 116 22