Giuda: un iniziato?
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Abstract
Info tratte da Pagine 244-245-246 Che fare del personaggio di Giuda? è il traditore per eccellenza, è un uomo posseduto da Satana, un iniziato...? Sì, può essere stato suggerito che Giuda, "iniziato", entrato negli arcani del disegno divino, avrebbe compreso che bisognava opporsi al Messia per permettergli di compiere la sua missione... [...] Quanto a Giuda "iniziato", la tradizione non ci dice più di quanto ci dice di Gesù, e ci mostra al contrario che questi non sceglieva affatto i suoi discepoli in funzione della loro erudizione o della loro conoscenza spirituale... Arriva persino a rimproverarli per la loro lentezza nel comprendere la profondità delle sue parole! Detto ciò, ci sono cose molto interessanti nel nome di Giuda. Anzitutto significa... "Lode"! E soprattutto Yehuda non è altro che lo
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Uno dei problemi più dibattuti della storia sarda per quanto riguarda gli ultimi secoli del I millennio è quello dell'origine dei giudicati. Neanche lo stretto legame che l'argomento ha con filoni di ricerca a dimensione geografica più ampia ha consentito alle indagini storiche, nel corso dei secoli, di risolvere definitivamente su base documentaria certa, tutti quegli interrogativi che ancora circondano i motivi, i momenti, le modalità che hanno portato alla nascita di questa istituzione; essa risulta tra le forme di governo medioevali più originali, caratteristiche e specifiche di un mondo geograficamente, culturalmente, mentalmente e storicamente distante e differente dal resto dell'Europa mediterranea. Su questo tema, la cui ricostruzione storica è resa difficile dalla mancanza di una consistente ed esauriente documentazione, sono state offerte a più riprese, in diversi momenti, differenti soluzioni, che si sono limitate sempre al livello di ipotesi, sia pure spesso largamente plausibili. Tutte le proposte, comunque, partono da un presupposto ormai assodato: i giudicati si formarono e si svilupparono in corrispondenza di una progressiva crisi della presenza bizantina nel Mediterraneo centrale, in un periodo di vuoto di potere che espose le diverse regioni della Sardegna all'incertezza derivante dall'assenza di un governo centrale e dalla presenza nei mari dell'isola di un pericolo evidente come quello rappresentato dalle flotte saracene 1 . Già alla fine del VII secolo, l'organizzazione imperiale voluta da Giustiniano era entrata in crisi determinando la cessazione della presenza diretta bizantina a Cartagine e nell'esarcato d'Africa ; Corsica e Sardegna avevano iniziato a dipendere, sia pure in forma poco più che nominale, dall'esarcato di Ravenna mentre iniziavano a manifestarsi le prime consistenti minacce arabe nei confronti delle zone litoranee delle isole 2 . Fino ad allora è certa la continuità di legami diretti con Bisanzio. Sono noti documenti che a volte si riferiscono ad un'isola strettamente dipendente sia dal punto di vista religioso che da quello politico dalla prefettura d'Africa 3 ; altre volte parlano del praeses di Sardegna (600-627): è il caso di una lettera dello stesso Gregorio I a Spesindeo , nella quale si chiedeva un diretto interessamento perché gli sforzi compiuti dal vescovo di Fausania (Olbia) "in convertendis baptizandisque barbaris et 1 In generale A. BOSCOLO, la Sardegna dei Giudicati, Sassari, 1979. 2 S. PETRUCCI, Storia politica e istituzionale della Sardegna medioevale (secoli XI-XIV), in Storia dei Sardi e della Sardegna, II, Il Medioevo dai Giudicati agli Aragonesi, Milano, 1987, pp.98 sg. 3 Nell'anno 600 il pontefice Gregorio I raccomandava a Domenico, vescovo di Cartagine e ad Innocenzo, prefetto d'Africa, che facessero di tutto per evitare che "in Sardiniae minores vel pauperes a maioribus opprimantur": Regesta Pontificum Romanorum, a cura di P. F. KEHR, Italia pontificia, Italiae, vol. X, Calabria-Insulae, Turici, 1975, Sardinia, doc. 15, p. 376. Vedi anche R. TURTAS, Rapporti tra Africa e Sardegna nell'epistolario di Gregorio Magno (590-604), in "L'Africa Romana", Atti del IX convegno di studio, Nuoro, 13-15 dicembre 1991, a cura di A. Mastino, e in RSCI, XLI (1987) e Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini al Duemila, Roma, 1999, pp. 99 sgg.
Riflessioni e osservazioni sull'avvio dello Zibaldone di Giacomo Leopardi in relazione al resto dell'opera e del pensiero.
Archivio Teologico Torinese, 2025
De sacrificio missae. La teologia eucaristica e il sacrificio Marco Gallo .
La figura di Giuda è diventata col tempo sinonimo o simbolo di tante cose, tutte negative, che alludono agli albori dell'Umanità fino ai tempi ultimi. Se dopo venti secoli se ne parla ancora in modi tanto contrastanti lo si deve anche alla povertà di notizie che si trovano nei Vangeli. Oggi con la pubblicazione degli scritti valtortiani veniamo a conoscere tantissimi particolari inediti, ma il " mistero Giuda " può dirsi risolto?
Il riparto di giurisdizione 1. Inquadramento storico dei criteri di riparto. Il tema del riparto di giurisdizione viene alla ribalta all'indomani della creazione da parte delle legge n. 59892/1889 della IV sezione del Consiglio di Stato, provvedimento legislativo attraverso cui il nostro ordinamento abbandona il previgente sistema di giurisdizione unica, fondato sulla legge n. 2248/1865. In presenza, infatti, di un solo plesso giurisdizionale rappresentato dal giudice ordinario la tematica del riparto non ha ragione di svilupparsi. Sicché l'attenzione, dapprima del Consiglio di Stato, quindi, a partire dalla l. 3761/1877 della Corte di Cassazione, nella veste di Giudice dei conflitti, viene calamitata dalla differente, benché prossima, questione dell'individuazione di un valido criterio di riparto di attribuzione (non di giurisdizione) tra la giurisdizione ordinaria e le competenze attribuite all'autorità amministrativa. All'indomani dell'istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato, non si percepì subito il passaggio dal riparto di attribuzioni al riparto di giurisdizione. Ancora forte, per qualche tempo, rimase l'idea di non essere in presenza di un nuovo ramo giurisdizionale, risultando in principio prevalente la tesi che il Consiglio di Stato fosse un organo amministrativo. Il dubbio venne fugato con la l. 62/1907 istitutiva della V sezione del Consiglio di Stato, che ne affermò chiaramente la natura giurisdizionale. A seguito di ciò la diatriba sull'individuazione del criterio di riparto si articolò lungo due direttrici, quella del petitum
Toscana ebraica, 33, 6, 2020
Davvero strano il destino di Giuditta, la donna coraggiosa che con il suo gesto liberò il suo popolo dalle forze nemiche. La storia è nota: Oloferne, generale di Nabucodonosor, assedia da più di un mese la città di Betulia; ormai allo stremo, i capi degli ebrei chiedono di resistere ancora cinque giorni, in attesa dell'aiuto divino. Giuditta, vedova di Manasse, li rimprovera di non avere fiducia in Do e chiede di potere uscire dalla città per pregare, assicurando che la salvezza sarebbe arrivata in breve tempo. Entrata invece nel campo nemico, dopo essersi adornata, viene accolta nella tenda di Oloferne, che l'ammira e la desidera, e fattolo addormentare, ebro di vino, durante un banchetto, lo decapita con una spada e ne porta la testa in città. Terrorizzati per la morte del proprio capo, i soldati nemici fuggono e gli ebrei li sconfiggono. Giuditta è dunque un'eroina, come altre donne ebree nella lunga storia d'Israele, al pari di Debora, di Giaele o di 'Ester: come 'Ester anche lei ha operato per la salvezza del proprio popolo, anche lei ha compiuto un atto di grande coraggio: eppure, nonostante le evidenti affinità, il libro di 'Ester è inserito tra le cinque meghillòt (rotoli), si legge ogni anno la sua storia, si festeggia ogni anno Purim, la festa delle Sorti, a ricordo del suo gesto, ma il libro che racconta la coraggiosa azione con la quale Giuditta restituì la vittoria agli ebrei rinchiusi in Betulia, pur inserito nelle letture bibliche cattoliche, non è stato accolto nel canone ebraico, né in quello protestante: gli antichi lo ritenevano un testo non ispirato, ma solo storico. In realtà, anche in questa prospettiva, molte sono le contraddizioni di ordine topografico e cronologico ed è sempre rimasta incerta la sua collocazione temporale: alcuni lo attribuiscono infatti all'epoca del re Menashé, altri all'età persiana, alcuni parlano dell'epoca degli Asmonei; addirittura qualcuno lo colloca nel tempo di Traiano o di Adriano. Tra le tante discussioni, permane un solo punto concorde: tutti sostengono che lo scopo del testo deuterocanonico, a noi giunto attraverso la versione greca dei LXX e in quella latina della Vulgata di Girolamo, è stato quello di incoraggiare il popolo nel momento della difficoltà e di invitarlo ad avere sempre fiducia in Do nell'osservanza dei suoi precetti. Di fatto, c'è lo stesso spirito che ha animato 'Ester e Mordekhày, c'è la stessa volontà che ha sorretto Giaele: eppure, pur nelle evidenti affinità, tutto questo non è bastato, né è apparso sufficiente per una positiva inclusione del libro di Giuditta nelle letture ebraiche, magari accanto alle note cinque meghillòt. Nonostante l'esclusione dal canone biblico ebraico, tuttavia, è stata forse proprio la riconosciuta dimensione etica e religiosa del testo che ha portato a caricare di un profondo valore simbolico il gesto di Giuditta, il cui mancato riconoscimento tra i libri canonici sembra allora sia stato ampiamente compensato dalla fortuna che, nel corso del tempo, il nome dell'eroina ha avuto, dapprima nella cultura medievale, poi presso poeti, pittori, musicisti, che, di volta in volta, hanno attribuito molteplici significati alla vicenda della vedova di Betulia. Dante la ricorda nel Paradiso, accanto a Sara e Rebecca (XXXII, 10); Petrarca la descrive nella sua azione liberatrice nella visione descritta nei suoi Trionfi (Triumphus cupidinis III): […] una vedovetta con bel parlar, con sue polite guance vince Oloferne; e lei tornar soletta con una ancilla e con l'orribil teschio, Dio ringraziando, a mezza notte, in fretta (vv. 53-57)
Neuman e Jung
Studi Ogliastrini, 2022
In questo ampio saggio, Tonino Loddo si sofferma sulla figura di un testimone della storia ecclesiastica e civile d’Ogliastra vissuto nella prima parte del Novecento, l’avv. Antonio Giua di cui è ricostruita, con abbondanza di documenti inediti, la vicenda relativa al periodo in cui fu (suo malgrado!) proprietario della tipografia cagliaritana che stampava il quotidiano cattolico sardo “Il Corriere dell’Isola”, vicende narrate finora per sommi capi ma mai esplorate nei loro più intimi e tormentati risvolti che consentono ora di mostrare la sua fedeltà alla Chiesa nonostante tutto e la sua fede che emerge gigantesca anche in mezzo ai soprusi e alle malversazioni subite proprio da parte di chi avrebbe dovuto difenderne la limpidezza degli ideali e l’intemerata onestà. Il saggio ricostruisca anche, con ampiezza di approfondimenti, le vicende del quotidiano cattolico per tutto il periodo in cui fu pubblicato (1907-1913) e le vicende che ne scaturirono a seguito della sua chiusura fino al 1917.