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From Stars to Stalagmites

2012

RECENSIONI PAUL S. BRATERMAN FROM STARS TO STALAGMITES HOW EVERYTHING CONNECTS World Scientific, Singapore, 2012 pp. XI + 315; $ 26,00 ISBN 9789814324977 Sono lieto d’avere finalmente ricevuto e letto questo emozionante libro di Paul Braterman, pubblicato nell’aprile 2012 e dato per disperso, forse nelle poste. Nulla da aggiungere alle eccellenti reviews, in particolare quella di Roald Hoffmann, che definisce il libro una superba combinazione di storia e spiegazione scientifica. Braterman ripercorre la lunga e tormentata storia che ci ha portati a conoscere gli atomi, le molecole e il loro moto e a spiegare in modo utile e soddisfacente la natura delle cose. Il faticoso e paziente lavoro compiuto attraverso i secoli per giungere all’attuale conoscenza della natura e alle utili applicazioni di questa conoscenza è stato reso ancora più difficile da superstizioni e pregiudizi, per lo più ideologici e religiosi, e oggi, nelle società democratiche, anche politici. Pure molta attuale pseudo-scienza ci mette del suo, ricevendo gli ironici commenti dell’autore (non servirebbe di più). Il titolo del libro è giustificato dal capitolo introduttivo che spiega come si è giunti a stabilire l’antichità della Terra e poi dell’universo. Già per questo Braterman, assai attivo nel British Centre for Science Education che lotta efficacemente contro il tentativo di introdurre il creazionismo nelle classi di scienze del Regno Unito, colleziona, accanto alle lodi del mondo scientifico, feroci critiche dai finanziatissimi movimenti creazionisti. Però l’esposizione è, né puó essere altrimenti, quella narrata nel bellissimo libro di Pascal Richet, Una storia naturale del tempo, di cui ho parlato tempo fa in questa sede. Braterman lo fa, se possibile, con ancor più spirito e lieve umorismo. Da eccellente chimico e divulgatore qual’è, ci conduce poi da Democrito a Rutherford e Bohr, attraverso Lavoisier, Dalton, Avogadro, Cannizzaro, Lord Rayleigh, Ramsay, Haber, etc., spiegando come si giunge (uso il presente perché l’operazione é sempre in corso) a sapere la costituzione della cose e il loro funzionamento, dalle stelle alla vita. In molti esempi l’azione degli scienziati è posta in rapporto alla società e ai poteri del tempo, talvolta violenti come fu il nazismo, altre volte contrastanti come avviene quando in gioco sono grandi interessi economici. Sono proprio i capitoli dedicati alla vicenda del buco dell’ozono e a quella attuale sul riscaldamento globale e alla sua natura antropogenica che consigliano oggi una (ri) lettura di questo libro e lo rendono sempre attuale, specialmente dopo la Conferenza di Parigi e, per quanto ci riguarda, le assurde polemiche sulla posizione della nostra Società. Il capitolo 15 del libro “The Sun, the Earth, the Greenhouse” discute sedici argomenti che provano l’origine antropica del cambio climatico, naturalmente con il linguaggio probabilistico cui siamo avvezzi. D’altra parte la schermaglia linguistica su termini quali “altamente probabile”, “inoppugnabile”, “incontrovertibile” e quant’altro riguarda solo i destinatari. La scienza ha fatto salti in avanti ogniqualvolta sono stati rovesciati paradigmi “incontrovertibili”. Ma non è questo il caso. Qui non è in gioco il progresso scientifico, più che sufficiente per giustificare l’allarme di 176 governi, quanto la buona politica. Noi fisici capiamo bene che un aumento stimato della temperatura di 2 ± 1 oC, quindi con una grande incertezza, può essere paradossalmente più allarmante di un aumento precisamente previsto di 2.0 ± 0.1 oC, dal momento che 1 o 2 gradi centigradi in più sarebbero (forse) gestibili, mentre 3 sarebbero il disastro. Non si sono attese, non dico impossibili certezze, ma neppure altissime probabilità che il cancro alle vie respiratorie fosse causato dal fumo per prendere seri provvedimenti legislativi. Per questo Braterman conclude dichiarandosi almeno una volta d’accordo con la Thatcher quando disse: “The need for more research should not be an excuse for delaying much needed action now. There is already a clear case for precautionary action at an international level”. Ed era il 1990! Giorgio Benedek Università di Milano