Viaggiare nell’antica Roma
Giulio Ranaldi
Perché si viaggiava
Nel mondo antico il viaggio non era visto, soprattutto dalle fasce più umili della
popolazione, come uno svago o un passatempo: viaggiare da un luogo all’altro, sia per terra che per mare, era molto faticoso e pericoloso, possibilmente
una cosa da evitare1. Ovviamente i motivi per spostarsi dalla propria città o
villaggio erano numerosi, un po’ come al giorno d’oggi. Si poteva viaggiare,
per esempio, per lavoro; tipica è la figura del mercante che solca i mari a bordo
di navi da trasporto o che viaggia lungo le vie consolari su di un carro pieno di
mercanzia o guidando un corteo di bestie da soma. Ci si metteva in cammino
anche per motivi religiosi, recandosi presso qualche santuario per onorare
una divinità, chiedere un responso o la guarigione in caso di malattia. Famosi i
templi dedicati a Esculapio, divinità greco-romana della medicina, come quelli
di Epidauro e Kos. Si poteva viaggiare anche per andare a trovare una persona
cara in un posto vicino o lontano sebbene non fosse un qualcosa da affrontare
con la leggerezza che potremmo permetterci oggi. Anche lo studio poteva
essere un valido motivo per mettersi in viaggio, come ebbero modo di fare
molti giovani appartenenti alle famiglie più facoltose. Dall’inizio della storia di
Roma, la gioventù aristocratica si recava a Gabii2 o Cerveteri 3 per apprendere
nuove conoscenze, mentre dall’epoca tardo repubblicana in poi erano molto
ambiti i soggiorni culturali nelle città della Koinè culturale ellenistica sedi di famose scuole filosofiche o di retorica (Rodi, Atene, Pergamo). Non per ultimo si
poteva viaggiare anche per interesse turistico, soprattutto nella pars orientalis
dell’Impero4.
1 WEEBER 2003, p. 406.
2 PLUT. VI, 2.
3 LIV. IX, 36.
4 WEEBER 2003, p. 406.
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Fig. 1. Materiale per accendere il fuoco: acciarino, selce, fungo esca (fomes fomentarius) e una lucerna da utilizzare per illuminare luoghi chiusi al buio.
Come si viaggiava
Il viaggio, che fosse per terra o per mare, era di base scomodo e faticoso. L’abbigliamento scelto era dunque funzionale a essere utilizzato in condizioni di disagio
e di eventuali avversità meteorologiche5: doveva essere resistente, comodo, utile e
caldo. Spesso poi si preferiva viaggiare leggeri, portando meno ingombro possibile
poiché il peso del bagaglio avrebbe reso il viaggio ancora più lento e difficile, dato
che il principale mezzo di trasporto erano…i propri piedi.
Solitamente si portavano gli oggetti di valore e il denaro necessario al viaggio all’interno di una piccola borsa (marsupium) legata alla cintura o al collo (crumina). Sacche e borse portate a tracolla, in pelle o tessuto (pera), contenevano i ricambi, una
coperta che facesse da giaciglio, il necessario per mangiare e illuminare il percorso
(Fig. 1), delle scarpe di ricambio o dei capi di abbigliamento più o meno pesanti in
base alle condizioni atmosferiche 6. Non poteva mancare un bastone o un’arma per
difendersi dalle possibili aggressioni di animali feroci o dai malintenzionati, questo
Fig. 2. Tabula Peutingeriana (da Wikipedia: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Tabula_Peutingeriana_
ROMA.JPG)
nello specifico per chi si metteva in viaggio lungo le vie terrestri. Esistevano inoltre,
delle vere e proprie guide stradali, chiamate itineraria che contenevano indicazioni
sulle distanze e sui punti di rifornimento e cambio cavalli.
Ovviamente il bagaglio era più o meno vario e abbondante a seconda della classe
sociale e disponibilità economica del viaggiatore7. I convogli dei ricchi senatori che
viaggiavano lungo le vie consolari potevano essere composti da decine di schiavi,
guardie armate e carri contenenti ogni suppellettile atta a un viaggio comodo: batterie di pentole, mobilia e sicuramente buon cibo e buon vino!
Vie di comunicazione
Si è soliti immaginare il mondo antico, nella fattispecie quello di epoca romana, come
una ragnatela di strade pavimentate, monumentali nella loro eterna bellezza. In realtà la situazione era leggermente differente. Uno degli obiettivi principali ricercati
dai Romani nella realizzazione di una qualsiasi struttura viaria era quello di poterla
5 PISANI SARTORIO 1994, p. 9.
6 CASSON 1978, pp. 142-143.
30
7 CASSON 1978, p. 145.
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utilizzare con qualsiasi tempo e in qualsiasi stagione8 e per fare questo adattavano
la struttura della strada al luogo in cui dovevano costruirla e alla quantità di “traffico”
che avrebbe dovuto sostenere. C’erano varie tipologie di vie e quelle pavimentate
con basoli di pietra (che nell’immaginario collettivo vengono immediatamente collegate alla civiltà romana) non ne costituivano l’interezza. Le vie sterrate (via terrena)
e le strade ricoperte di ghiaia (via glarea strata) giocavano un ruolo fondamentale
all’interno degli assetti viari del mondo antico. Le strade pavimentate con basoli
(via munita o via silice strata), realizzati di solito con la tipologia di pietra disponibile
localmente, andavano a costituire l’ossatura principale dell’intero sistema viario, ma
erano realizzate solo lungo determinati percorsi e con delle funzioni ben specifiche.
Nei luoghi ricchi di corsi d’acqua erano fondamentali anche gli spostamenti lungo
i fiumi, più veloci e comodi soprattutto per il trasporto delle merci, come possiamo
comprendere dall’analisi dei ritrovamenti di molte imbarcazioni e chiatte dedicate
proprio a questa tipologia di trasporto (Fig. 2).
Mezzi di trasporto
Per il trasporto terrestre si utilizzavano diverse tipologie di carri9 a due o quattro ruote. Tra quelli a due ruote ricordiamo l’essedum. Di origine gallica, nasce come carro
da guerra per poi diventare uno dei mezzi di trasporto preferiti dai romani, soprattutto per i viaggi veloci. Trainato da una pariglia di due cavalli (o muli) poteva ospitare
comodamente un cocchiere e due passeggeri.
Uno dei mezzi più utilizzati, soprattutto dalle persone facoltose, era la carruca, un
carro a quattro ruote con alto cassone che poteva ospitare sia passeggeri che bagaglio. Poteva essere impiegato per lunghi viaggi (carruca dormitoria coperta da
tendone in pelle), trasportare merci (anfore di vino e olio) o compiere rapidamente
lunghi percorsi al servizio del cursus publicus. C’erano poi un’altra infinità di mezzi,
come la rheda (largamente utilizzato per il cursus publicus, rheda fiscalis o corsualis)10 o il plaustrum, carro a due ruote piene munite di cerchioni di ferro. Costituito
da un pianale e un lungo asse - che fungeva da timone - a cui aggiogare gli animali
da traino, buoi, muli o asini, era un carro agricolo, utilizzato prevalentemente per il
trasporto di derrate alimentari.
Il sarracum invece era dotato di un pianale allungato e di ruote piene più solide adatte al trasporto di merci più ingombranti e pesanti, come materiale edilizio e legname.
Entrambi sono citati da Giovenale che lamenta il frastuono e la pericolosità di questi
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trasporti all’interno della città: longa coruscat serraco ueniente abies, atque altera
pinum plaustra uehunt, nutant alte popoloque minantur. (Ma ecco un lungo abete
arrivare traballante su di un carro, e poi un altro con un pino; ondeggiano alti sulla
gente e da un momento all’altro minacciano di cadere.)11
Relativamente ai trasporti su mare, va detto che principalmente si viaggiava su navi
adibite ad altro scopo, come le navi mercantili 12 o navi utilizzate per la pesca. Le
grandi navi onerarie, lunghe 60 m larghe 15 m e alte 14, con carico medio di ca.
500-600 tonnellate, erano dotate di 1 o 2 alberi muniti di vele, mentre i remi utilizzati
per manovre nel porto. Solcavano il Mediterraneo secondo un calendario preciso
basato sulle stagioni: la navigazione era considerata sicura tra il 27 maggio e il 14
settembre; rischiosa tra il 10 marzo e la di fine maggio e tra metà settembre e il 10
novembre, mentre era assolutamente da evitare tra novembre e marzo.
Strutture per il viaggio
Fino all’utilizzo dei moderni mezzi di locomozione spinti da motori, i viaggi prevedevano sempre delle tappe fisse lungo la strada, dove potersi rifocillare, riparare dalle
intemperie o far riposare gli animali stanchi o sostituirli, come avveniva nelle mutationes, realizzate proprio a questo scopo. C’erano varie tipologie di strutture preposte a
questi bisogni: dalle semplici taverne/locande di campagna - che hanno anche finito
per dare il nome a determinate località (come vediamo in alcuni toponimi europei
tipo, Saverne, Tavers, Tavernières, Tavernolles, Zabern etc13) - a delle strutture più
imponenti che potevano offrire altri servizi oltre al cibo e a un posto dove dormire.
Mansiones14, mutationes e stationes15 erano i nomi di queste strutture, ognuna delle
quali con una determinata peculiarità. Erano dislocate sempre a delle distanze contenute (tra le 12 e le 18 miglia romane, approssimativamente una giornata di viaggio)
e spesso in posizioni strategiche come quella in cima al passo del Piccolo S. Bernardo 16 o nei pressi del passo alpino dove passava la strada che portava da Aquileia ai
Balcani. Nelle strutture più grandi era possibile - oltre che il cambio dei cavalli - trovare anche delle officine per la riparazione dei carri, delle fucine, delle stalle (stabula)
e degli alberghi (hospitia) dove poter alloggiare.
11 GIOV. Sat., III, 255.
12 PETR. 100.
13 CASSON 1978, p 163.
8 CASSON 1978, p. 134.
14 CASSON 1978, p 149.
9 CASSON 1978, p. 145; PISANI SARTORIO 1994, p. 48.
15 RAMIERI 2003, p 99.
10 PISANI SARTORIO 1994, p. 58.
16 CASSON 1978, p 164.
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Tempi di percorrenza
Stupisce ancora oggi la capacità dei Romani di coprire lunghe distanze in tempi relativamente brevi, come possiamo vedere da questo breve elenco di seguito.
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Cesare percorse a cavallo 800 miglia (1.184 km ca.) da Roma al Rodano in otto
giorni (ca. 150 km al giorno);
Catone nel 191 a.C. da Brindisi a Roma impiegò 5 giorni (80 miglia/120 km al
giorno);
Mecenate nel 37 a.C. da Roma a Brindisi 15 giorni (24 miglia/36 km al giorno);
Tiberio, alla morte di Druso, raggiunse la Germania da Pavia in 24 ore percorrendo 200 miglia/ca. 300 km;
Il messo che annunciò a Galba la morte di Nerone percorse 540 km in 36 ore.
Rotte marittime17:
Ostia – Africa = 2 giorni (270 miglia nautiche, 6 nodi);
Ostia – Gallia Narbonense = 3 giorni (380 miglia, 5,3 nodi);
Ostia – Spagna = 4 giorni (510 miglia, 5 nodi);
Pozzuoli – Alessandria = 9 giorni (1000 m, 4,6 nodi).
Giulio Ranaldi
Riferimenti bibliografici
DECIMUS IUNIUS IUVENALIS, Satire.
GAIUS PETRONIUS ARBITER, Satyricon.
Πλούταρχος (PLUTARCHOS), Βίοι Παράλληλοι (Bìoi Paràlleloi, Vite parallele).
TITUS LIVIUS, Ab Urbe condita.
CASSON L., Viaggi e viaggiatori dell’antichità, Milano, 1978.
LEVRERO R., Vie commerciali marittime e terrestri - il commercio internazionale dei Romani, Roma,
2014.
PISANI SARTORIO G., Mezzi di trasporto e traffico, Roma, 1994.
RAMIERI A.M., I servizi pubblici, Roma, 2003.
WEEBER K.W., Vita quotidiana nell’antica Roma, Roma, 2003.
17 LEVRERO 2014, p. 91.
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