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Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria

2020, Ocnus

Le sigle utilizzate per i titoli dei periodici sono quelle indicate nella «Archäologische Bibliographie» edita a cura del Deutsches Archäologisches Institut. Autorizzazione tribunale di Bologna nr. 6803 del 17.4.1988 Senza adeguata autorizzazione scritta, è vietata la riproduzione della presente opera e di ogni sua parte, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.

Alma Mater Studiorum - Università di Bologna OCNUS Quaderni della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici 28 2020 ESTRATTO Direttore Responsabile Elisabetta Govi Comitato Scientifico Andrea Augenti (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna) Dominique Briquel (Université Paris-Sorbonne - Paris IV) Pascal Butterlin (Université Paris 1 - Panthéon-Sorbonne) Paolo Carafa (Università di Roma, La Sapienza) Andrea Cardarelli (Università di Roma, La Sapienza) Martin Carver (University of York) Maurizio Cattani (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna) Elisabetta Govi (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna) Anne-Marie Guimier-Sorbets (Université de Paris Ouest-Nanterre) Nicolò Marchetti (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna) Emanuele Papi (Scuola Archeologica di Atene) Mark Pearce (University of Nottingham) Giuseppe Sassatelli (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna) Frank Vermeulen (University of Ghent) Il logo di Ocnus si ispira a un bronzetto del VI sec. a.C. dalla fonderia lungo la plateia A, Marzabotto (Museo Nazionale Etrusco “P. Aria”, disegno di Giacomo Benati). Editore e abbonamenti Ante Quem Via Senzanome 10, 40123 Bologna tel. e fax + 39 051 4211109 www.antequem.it Sito web www.ocnus.unibo.it Richiesta di scambi Biblioteca del Dipartimento di Storia Culture Civiltà Piazza San Giovanni in Monte 2, 40124 Bologna tel. +39 051 2097700; fax +39 051 2097802 Le sigle utilizzate per i titoli dei periodici sono quelle indicate nella «Archäologische Bibliographie» edita a cura del Deutsches Archäologisches Institut. Autorizzazione tribunale di Bologna nr. 6803 del 17.4.1988 Senza adeguata autorizzazione scritta, è vietata la riproduzione della presente opera e di ogni sua parte, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. ISSN 1122-6315 ISBN 978-88-7849-167-0 © 2020 Ante Quem S.r.l. Ocnus. Quaderni della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici adotta un processo di double blind peer review. Indice Elisabetta Govi Editoriale 7 Massimiliano Carbonari, Francesco Iacono The Idea of the House: House layout and social change in the Middle to Late Helladic Peloponnese 9 Mario Iozzo Un eccezionale erotikon “calcidese”: Ninfe e Sileni nell’ebbrezza dionisiaca 35 Gianfranco Paci Il guerriero di Capestrano: autorappresentazione del defunto e consapevolezza dell’artista 55 Anna Serra Age groups and funerary space: subadult burials in the Valle Trebba necropolis of Spina (end of 6th-3rd century BC) 65 Enrico Cirelli, Kevin Ferrari, Andrea Tirincanti Nuovi dati sui rinvenimenti di San Lorenzo in Strada a Riccione 87 Il vasellame bronzeo nell’Italia preromana (VI-IV sec. a.C.): forme, associazioni, servizi (Atti del Convegno, 13 novembre 2020) Alessandro Naso, Fernando Gilotta Introduzione 105 Giulia Morpurgo Il vasellame in bronzo da banchetto nelle necropoli etrusche di Bologna (560-350 a.C.): forme, uso e produzione 107 Giacomo Bardelli Il vasellame bronzeo nel Piceno. Linee di sviluppo e casi di studio 127 Martina Zinni I servizi di vasellame in bronzo dell’agro falisco: appunti su alcuni contesti di Falerii Veteres tra VI e V sec. a.C. 145 Daniela Fardella Stamnoi dal Sannio frentano 163 Rocco Mitro Servizi bronzei e coppie funzionali dalle necropoli del “Melfese” in età arcaica 179 Maria Pina Garaguso Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria 199 R ecensioni Filippo Coarelli, Statio. I luoghi dell’amministrazione nell’antica Roma; Il Foro romano III. Da Augusto al tardo impero (Christopher Smith) 215 Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria* Maria Pina Garaguso The bronze vessels, mostly produced by Etruscan metallurgical workshops, start to appear in the indigenous sites of western Basilicata, which corresponds to ancient Enotria, starting from the end of the seventh century BC. This article will analyse a series of bronze vessels coming from Chiaromonte (PZ). The site yielded some of the richest and extraordinary funerary contexts of Enotria, the only ones that have returned these precious items, until now. The most popular shape recovered from these contexts is the basin, followed by open shapes used for consumption, such as phialai, kotylai, and lastly by Rhodian-type oinochoai. The functional set oinochoe/phiale is commonly found in the tombs analysed, which seems to point towards an actual use of these vessels for libation or wine drinking following exotic habits. However, some of the funerary contexts yielded also much older vessels that may not have been integrated in the assemblage but are rather to be considered as keimelia or agalmata. L’Enotria è un vasto comparto territoriale che comprende la parte occidentale dell’odierna Basilicata, la porzione meridionale della Campania e quella settentrionale della Calabria, situato tra il Mare Ionio e il Mare Tirreno, e delimitato dalle valli del Cavone e della Salandrella nella parte nord-est, dal sistema appenninico costituito dai monti Sirino, La Spina e Alpi e a sud dal Pollino sul versante opposto. A ovest è circoscritto dal Vallo di Diano e, a est, dalla fascia costiera pianeggiante ionica (Bottini, Setari 1996: 57). Tra la fine del VII e il VI secolo a.C., dopo la fondazione delle colonie greche lungo le coste ionica e tirrenica e con la strutturazione dei centri etruschi della Campania, gli abitati enotri posti a controllo degli itinerari di collegamento tra i due versanti intrattengono relazioni sempre più intense con Greci ed Etruschi. Tale fenomeno determina un grande sviluppo economico di questo * Colgo l’occasione per ringraziare il prof. A. Naso, ordinario della cattedra di Etruscologia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, per avermi invitato a partecipare al seminario on line del 13 novembre 2020 sul “Vasellame bronzeo nell’Italia preromana (VI-IV sec. a.C.): forme, associazioni, servizi”, e la professoressa E. Govi, ordinario della cattedra di Etruscologia dell’Università di Bologna, per aver sostenuto la pubblicazione degli Atti nella rivista Ocnus. Ringrazio inoltre A. Bottini, già direttore MIBAC, per i preziosi consigli. comprensorio e l’affermazione nei siti principali di vere e proprie élites dominanti che acquisiscono beni di prestigio e modelli di comportamento desunti dal mondo greco e da quello etrusco (fig. 1). In particolare, gli scambi con quest’ultimo si concretizzano nell’adozione di un repertorio vascolare metallico1, certamente da riconnettere a usi specifici, fra cui il consumo regolamentato del vino. Limitandoci alla zona compresa entro gli attuali confini della Basilicata, su un campione di 228 tombe esaminate per un periodo compreso fra la fine del VII e la fine del V secolo a.C., solo il 17% restituisce vasellame bronzeo2 (fig. 20). Il sito con il maggior numero di attestazioni è Chia- 1 2 I contatti con le compagini greche sono diretti, quelli con gli etruschi mediati in quanto questi ultimi non si sono mai spinti oltre i confini dell’attuale Campania. Per riprendere l’incipit di un articolo di A. Bottini sulle importazioni etrusche in area lucana pubblicato negli atti del Convegno di Taranto del 1993 (Bottini, Tagliente 1993: 487): «Come il Cristo di Carlo Levi, gli Etruschi sembrano essersi fermati a Eboli». Il comprensorio enotrio soffre di una grandissima lacuna documentaria, in quanto la stragrande maggioranza dei contesti venuti alla luce sono tuttora sostanzialmente inediti. Ciò per sottolineare che la mancanza di un’edizione esaustiva risulti fortemente limitante nel processo di interpretazione dei dati e del carattere preliminare di questo contributo. Ocnus 28 (2020): 199-213; doi: 10.12876/OCNUS2813; www.ocnus.unibo.it 200 Maria Pina Garaguso Fig. 1. Principali contesti enotri in Basilicata nel VI secolo a.C. (rielaborazione dell’Autrice). Fig. 2. Bacile ad orlo perlinato, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Bottini 2020: 151, tav. 3a). romonte, un insediamento d’altura, posto a circa 800 m s.l.m., in posizione dominante le vallate del Sinni, a Sud, e quella del suo affluente Serrapotamo a Nord (Marino, Possidente 2020: 29). La posizione favorevole di questo sito, ubicato esattamente a metà del corso del Sinni, nell’ultimo punto in cui la vallata si presenta ampia e aperta, ne favorisce la comunicazione con la valle dell’Agri da una parte e dall’altra con il mondo tirrenico etrusco, mediato dalle comunità del Vallo di Diano (Barberis 1999: 66). Parallelamente si infittiscono i rapporti verso la costa ionica, il cui referente principale era Sibari, da cui si desume principalmente vasellame fittile utilizzato al medesimo scopo. Negli anni Settanta del XX secolo, grazie a una fiorente espansione edilizia alla periferia del Fig. 3. Bacile su sostegno tripode, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Bianco et alii 1996: 85). centro moderno, sono state condotte numerose e regolari campagne di scavo3. In seguito a queste indagini sono state portate in luce quattro importanti necropoli nelle contrade Serrone, San Pasquale, Spirito Santo e Sotto la Croce. Quest’ultima area è stata esplorata sistematicamente, sebbene sui più di quattrocento corredi recuperati solo una piccola parte risulti edita (Bottini, Costanzo, Preite 2018: 5). Di alcuni dei restanti abbiamo solo notizie preliminari, in attesa di mirati interventi di restauro e di un seguente studio complessivo dei reperti. Nei corredi datati nel corso del VI secolo a.C., per quanto concerne il repertorio metallico, in primo luogo compaiono bacili principalmente di medie dimensioni, ottenuti sagomando lamine di bronzo, raramente decorati a sbalzo o a impressione, privi di anse e di altri elementi ottenuti a fusione. Sono perlopiù esemplari dotati di una caratteristica fila di bugne sul labbro (cd. ad orlo perlinato) (tt. 17, 26, 29, 68, 76, 96, 135, 142, 143, 3 Le indagini scientifiche sul campo sono iniziate nel 1972 e proseguite, quasi ininterrottamente, fino al 2007. Le esplorazioni sono state condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologi della Basilicata con l’equipe tecnicoscientifica del Museo Archeologico Nazionale della Siritide e in collaborazione con archeologi e studenti di diverse Università italiane (Università degli Studi di Lecce, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi di Pisa, Università degli Studi di Torino) (Preite 2020: 60). Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria Fig. 4. Bacile-tripode su piedi con decorazione antropomorfa a bulino, t. 102 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce; (da Bianco et alii 1996: 85). 151, 157, 159, 167, 170, 171) (fig. 2), di sicura origine tirrenica (Bottini 2020: 142). Nello specifico i contenitori delle tt. 76, 142 e 157 rientrano nel tipo più frequentemente attestato in area enotria, il tipo C4. Sono presenti anche bacili a tesa semplice5 (tt. 78, 102, 113, 227) ed esemplari privi di labbro (tt. 26, 110, 142, 144). Alcuni bacili (tt. 76, 110, 142) sono stati trasformati in vasi-tripode con l’aggiunta di supporti in ferro (fig. 3). Quello della t. 102, in particolare, è stato modificato mediante l’applicazione di tre sostegni conformati a teste femminili in bronzo che ricordano quelli provenienti dal santuario enotrio del Timpone della Motta di Francavilla Marittima, presso Sibari, da relazionare a prototipi achei, dall’Heraion di Capo Colonna di Crotone (fig. 4) (Bottini 2020: 142). Sulla base dei pochi residui rinvenuti in alcuni di questi contenitori6, è possibile ipotizzare un loro uso in connessione con il 4 5 6 In tutta l’area non sono attestati esemplari del tipo A, un bacile ad orlo perlinato di tipo B dalla t. 500 di Alianello e uno del tipo D dalla t. 76 di Chiaromonte, poi riadattato in tripode (Bottini 1996: 97). Nella stessa classe possono essere inclusi anche i bacili delle tt. 309 e 264 di Alianello, il primo di tipo B, il secondo di tipo C variante 1 (Bottini 1996: 97). Ad esempio, nella phiale della t. 96, che fa sistema con un bacile, sono stati trovati dei resti di ossa animali (Bottini, Setari 1996: 66). 201 Fig. 5. Phiale mesomphalos, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Bianco et alii 1996: 86). consumo di pasti carnei7. In tutti i contesti presentati, infatti, la costante presenza di alari e spiedi nelle ricche tombe sia maschili che femminili testimonia il consumo di carni arrostite e bollite, probabilmente durante cerimonie collettive. A questo proposito, occorre ricordare la notizia di Aristotele (Pol. 7, 1329b) circa l’istituzione presso gli Enotri dei sissitia, riunioni che prevedevano il consumo di pasti in comune all’interno di società guerriere. Fra il vasellame si può notare una netta prevalenza delle forme aperte: la foggia più comune è la phiale, del tipo baccellato mesomphalos (tt. 26, 68, 110) o semplicemente mesomphalos (tt. 76, 127, 135, 7 Si deve, d’altra parte, tenere in considerazione che nella tomba “principesca” n. 35 della Località SS. Concezione di Baragiano, nella vicina area nord-lucana e datata alla metà del VI secolo a.C., sono stati trovati dei vinaccioli di vite in un bacile analogo (Russo, Di Lieto 2008: 47, nota 96). Per questo motivo è lecito interrogarsi sulla polifunzionalità di questi contenitori che non consente di definire il loro ruolo nell’ambito di cerimonie comunitarie. Per le diverse declinazioni d’uso, cui si può aggiungere anche un qualche ruolo nella gestione delle pratiche propedeutiche alla distribuzione del vino secondo la prassi ellenica, si vedano i contributi di Valenza Mele 1982; Bartoloni 2003; Albanese Procelli 1985: 192 ss., con bibl.; 2006; 2018: 159-117; Meirano 2004: 213. 202 Maria Pina Garaguso Fig. 6. Boccaletto, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Bottini 2020: 150, tav. 2b). 157, 159) (fig. 5); sono adoperate anche le kotylai (tt. 26, 102, 110) e coppe del tipo a calotta emisferica (tt. 26, 157, 164). Per alcune di queste J. De La Genière ha ipotizzato una produzione locale (Tagliente 1985: 177), mentre a prototipi corinzi sembrano rimandare le kotylai delle tt. 26, 102 e 110 (Bottini 2020: 142). Per alcune delle phialai baccellate (t. 68) si è pensato a produzioni etrusche (Tagliente 1985: 178). In un caso è presente anche un boccaletto globulare monoansato in ferro (T. 76), provvisto di rotelle sull’ansa che rimandano direttamente alle oinochoai di tipo rodio (Bottini, Graells i Fabregat, Vullo 2019: 131) (fig. 6). Quest’ultime sono le forme privilegiate fra quelle chiuse. Sono provviste di bocca trilobata, breve collo percorso da un collarino che lo distingue dall’orlo, mentre l’ansa, sopraelevata, presenta una palmetta all’attacco superiore e una, di dimensioni maggiori, all’attacco inferiore. L’ansa degli esemplari delle tt. 26 e 76 è formata da tre cordoncini cavi tenuti insieme da una sottile lamina in bronzo, per cui sono stati inclusi in un gruppo di manufatti che rientrano nel Chiaromonte Group di probabile produzione magnogreca (Shefton 2009: 126) (fig. 7), mentre gli esemplari provvisti di un’ansa formata da un semplice nastro sagomato (t. 170), si fanno risalire a produzioni tirreniche (Bottini 2020: 140). L’oinochoe trilobata della t. 157 è il risultato della lavorazione di un’unica lamina bronzea ed è verosimilmente un prodotto degli ateliers tirrenici, seppur rimandi direttamente ai tipi rodii, dai quali si distingue per la struttura dell’ansa, costituita da un solo pezzo fuso decorato con incisioni per tutta la lunghezza (Bottini 1996: 98). Gli esemplari delle tt. 110 e 142, che si caratterizzano per l’imboccatura rotonda, sembrano il risultato di una tecnica analoga, da cui il secondo si distingue per l’applicazione del piede a parte. In tre contesti (tt. 26, 76, 110) troviamo il set funzionale oinochoe o olpe/phiale. Non si è notata un’associazione preferenziale fra i due tipi di brocca, per cui devono essere state impiegate con lo stesso significato e funzione. Fra le forme chiuse non sono, invece, attestati i contenitori da mensa di dimensioni medio-grandi: sono completamente assenti hydriai e crateri. Probabilmente pertinente a un’oggetto di questo tipo, precisamente un cratere a volute oggi al British Museum di Londra (n. inv.: BM 1873.8-20.99) (fig. 8), è un’ansa bronzea con busto di Gorgone, datata al V secolo a.C. e rinvenuta decontestualizzata. Inizialmente segnalata come di provenienza lucana (dal sito enotrio di Armento) è stata recentemente reinterpretata da A.C. Montanaro (2014: 16-19) come pertinente a un cratere rubestino sulla base di alcune lettere di studiosi ottocenteschi (E. Braun, G. Sanchez) che fanno riferimento ai bronzi della collezione del canonico Ficco8. Analizzando nel dettaglio le sepolture che hanno restituito vasellame bronzeo, per verificare i sistemi di associazioni, si può innanzitutto osservare che nessuna tomba restituisce un set potorio completo in metallo, per cui è logico ipotizzare dei sistemi potori “misti” in cui il vasellame metallico è integrato con forme fittili. Una delle sepolture più antiche è la t. 26 (Russo Tagliente 1992-1993: 382-386), datata al secondo quarto del VI secolo a.C. Ha restituito un’oinochoe di tipo rodio a bocca trilobata, una kotyle, una phiale baccellata e una coppa a calotta emisferica (fig. 9). La coppia funzionale oinochoe/kotyle è stata ritrovata sul fianco del defunto perché probabilmente usata durante le cerimonie funebri per le libagioni, oltre che, presumibilmente, impiegata dal defunto nell’ambito di particolari cerimonie incentrate su consumo del vino. Un importante corredo in bronzo è stato recuperato nella t. 102 (Bianco et alii 1996: 157161), una sepoltura femminile particolarmente ricca datata alla metà del secolo. Il vaso potorio per eccellenza è costituito da una kotyle bronzea. Il corredo è completato da tutta una serie di coppe di tipo ionico, coppe e brocche a bande o a decorazione matt-painted, fra cui compare anche una 8 Sulla base dei confronti con un cratere di analoga provenienza dalle Antikensammlungen di Monaco di Baviera (n. inv. Br 4262), sebbene quest’ultimo sia più recente (fine VI-inizi V secolo a.C.). Lo studioso attribuisce questo cratere a una fabbrica laconica (Montanaro 2014: 19). In realtà, quest’ipotesi è tutt’altro che certa, in quanto l’esemplare di Monaco è stato attribuito variamente a officine magnogreche (forse tarantine) e laconiche. C. Tarditi (2007: 314), invece, pensa piuttosto a una produzione di area corinzia. Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria 203 Fig. 7. Oinochoe di tipo rodio, t. 26 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Russo Tagliente 1992-1993: 296, fig. 39). forma estranea al repertorio locale, l’holmos. Tipico dell’Etruria, questo manufatto è generalmente interpretato come un sostegno per olle senz’anse e lebeti, in relazione alla mescita del vino9, e la sua presenza rimarca gli stretti rapporti di questo sito con l’area tirrenica. Nella tomba è, inoltre, attestata una grattugia e ciò sembra avvalorare l’idea che importanti personaggi femminili partecipassero attivamente alla prassi cerimoniale del banchetto/consumo del vino, poiché, in Enotria, anche le donne esibiscono quei medesimi servizi vascolari, altrove di esclusiva prerogativa maschile. A tal proposito si cita un’altra sepoltura, la t. 653 della contrada Spirito Santo (Bianco 2010: 130), più recente di circa un secolo. Sebbene non sia ancora stata pubblicata integralmente, merita una menzione per il particolare tema raffigurato sull’anfora da tavola a figure nere, che poco si addice a una donna del suo rango. Sul lato principale è presente Dioniso disteso su una kline, con in mano un kantharos e ai piedi è una scimmia; sul lato secondario sono raffigurati satiri in atteggiamenti orgiastici (Bottini 2016: 31) (fig. 10). Il soggetto rimanda esplicitamente alla fase finale del simposio in Grecia, dove la sessualità si esprimeva in modo indubbiamente più libero rispetto ad oggi, ed era estesa sia alle pratiche eterosessuali Micozzi 1994: 51; Sirano 1995: 17-18; Alberici, Varini 1999: 22; Benedettini 1999: 4-5. Il maggior numero di attestazioni di olla su holmos è stato individuato a Cerveteri. Fig. 8. Ansa di cratere bronzeo, n. inv: BM 1873,0820.99 (https://www.britishmuseum.org/collection/ object/G_1873-0820-99). 9 204 Maria Pina Garaguso Fig. 9. Servizio bronzeo, t. 26 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Russo Tagliente 1992-1993: 382-386, fig. 121). che omosessuali. La presenza dell’anfora che sostituisce il cratere sulle tavole e il tema che essa reca sembrano accostare le donne enotrie a quelle etrusche o, per meglio dire, alla descrizione che di queste ricaviamo dai testi greci10. 10 Ath., Deipn. XII 517d-f; 518a-c: ‹‹presso gli Etruschi, anch’essi dediti ai piaceri più sfrenati, le ancelle servono a tavola gli uomini nude, come attesta Timeo nel primo libro. Ma c’è di più: nel quarantatreesimo libro delle Storie di Teopompo riferisce che la legge etrusca consente di tenere le donne in comune; queste hanno grandissima cura del loro corpo, e praticano esercizi fisici spesso con i maschi, ma talvolta anche tra di loro, perché non hanno alcuna vergogna a mostrarsi nude. Ai banchetti non siedono accanto ai loro mariti, ma al primo che capita dei presenti, e inviano brindisi agli uomini seguendo il loro capriccio. Sono inoltre grandi bevitrici, e ostentano la loro bellezza. Gli Etruschi allevano tutti i bambini che nascono, ignorandone la paternità: anche questi vivono allo stesso modo di quelli che li hanno allevati, indulgendo spesso al bere e accoppiandosi liberamente con qualunque donna. Per gli Etruschi, poi, non solo non è vergognoso compiere atti di aperta libidine sotto gli occhi di tutti, ma nemmeno subirli da parte di altri: anzi, questo è un loro costume nazionale. Sono così lungi dal ritenerlo vergognoso, che quando il padrone di casa è sul più bello, e qualcuno magari lo cerca, i servi non esitano a rispondere: «Il padrone sta facendo così e così», chiamando la cosa col suo nome osceno. Se fanno riunioni tra amici o in famiglia, hanno queste abitudini: quando finiscono di bere e stanno per mettersi a dormire, al lume delle lucerne ancora accese i valletti introducono da loro etère, oppure dei bei ragazzi, qualche volta anche le loro mogli; finito che abbiano con costoro, introducono di nuovo dei ragazzi fiorenti, che fanno anch’essi l’amore con loro. Amoreggiano e si accoppiano talvolta sotto lo sguardo dei presenti, ma per lo più mettendo intorno ai lettucci simposiali dei séparé fatti Fig. 10. Lato B, anfora a figure nere (inizi V secolo a.C.), t. 653 Chiaromonte (PZ), località Spirito Santo (da Bianco 2020: 127, fig. 25). La maggiore apertura riscontrata analizzando la composizione dei corredi femminili enotri si può porre in relazione alla collocazione topografica di questo comprensorio, più aperto agli scambi con i siti etruschi della Campania da cui, è lecito pensare, siano stati desunti non solo i preziosi bronzi ben integrati nel loro repertorio vascolare ma, anche, il complesso di valori ad essi sotteso. La t. 110 (Bianco et alii 1996: 134-141), relativa a un individuo maschile adulto, si data ai primi decenni del VI secolo a.C. Il nucleo maggiore del corredo è ai piedi, incentrato su una grande olla acroma su cui sono riversati tutti gli altri ogget- di bacchette intrecciate, e ci appendono sopra dei mantelli. Volentieri hanno incontri amorosi con le donne, ma apprezzano assai di più quelli con ragazzi e adolescenti: presso di loro infatti sono particolarmente belli, in quanto vivono nel lusso e i loro corpi sono resi levigati dalla depilazione. Tutti i barbari che vivono a occidente si depilano mediante strappo o rasatura; presso gli Etruschi sono nate molte botteghe e ci sono professionisti esperti di quest’attività, come presso di noi ci sono i barbieri. I clienti che li frequentano si abbandonano alle loro mani senza riserve, e non si vergognano affatto di eventuali spettatori e passanti. Hanno questa usanza anche molti dei Greci che vivono in Italia, e l’hanno appresa da Sanniti e Messapi. Per la loro voluttuosità gli Etruschi, a quanto afferma Alcimo, arrivano a impastare il pane, a battersi a pugilato e persino a praticare la fustigazione al suono dell’aulo» (traduzione di L. Canfora). Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria ti, compresi gli spiedi e gli alari. Il set da vino è probabilmente formato dalla kotyle impiegata per attingere, dall’oinochoe per servire e dalla phiale baccellata per il consumo. La tomba restituisce anche una fiaschetta da pellegrino, con decorazione ridges and bosses, presumibilmente di produzione tarquiniense, databile all’incirca un secolo prima (terzo quarto VIII secolo a.C.) (Bottini 1996: 99) (fig. 11). Questa forma, di origine orientale o egea, era impiegata nell’area di adozione per degustare bevande alcoliche, in quanto associate frequentemente con vasi a breve collo nelle fasi più avanzate del Ferro (Iaia 2006: 166). In questa sepoltura, invece, è probabilmente da intendere non come oggetto dall’impiego effettivo, ma come agalma tesaurizzato in virtù della preziosità del materiale ma, soprattutto, dell’antichità dell’oggetto. La sepoltura che ha restituito il maggior numero di oggetti in bronzo di tutta la necropoli è la straordinaria t. 76 (Bianco et alii 1996: 141-147). Datata ai decenni centrali del secolo, è pertinente a un maschio adulto, il cui corredo era in parte sopra la testa (le armi e qualche vaso in bronzo), il resto era concentrato verso gli arti inferiori. Per questa sepoltura è possibile proporre l’esistenza di due set funzionali in metallo: - oinochoe di tipo rodio/phiale mesomphalos; - colum/boccaletto globulare in bronzo e ferro. Fra tutti gli oggetti spicca la phiale con una ricca decorazione a sbalzo con incisioni di carattere orientalizzante, importata dalla Grecia (Bottini 2002: 82). Le protomi a forma di grifo riempite a puntini si possono confrontare con esemplari di Perachora. Quest’ultimi rimandano a prototipi da Olimpia in cui le protomi sono intervallate da motivi geometrici (Verger 2014: 257). Potrebbe essere importata anche la phiale trovata frammentata nella t. 157 (Bianco et alii 1996: 161162) che, però, mostra sul labbro motivi decorativi piuttosto semplici11 (Bottini 2020: 153, nota 6). Il colino, che potrebbe far sistema con il boccaletto, si può confrontare con analoghi esemplari dalle tt. 104 e 105 del nucleo “principesco” di sepolture rinvenute a Braida di Vaglio (PZ) (Bottini, Setari 2003: 55, n. 246; 62, n. 272), per la presenza delle anse conformate a Ω. Degna di nota è la presenza del podanipter, l’unico finora attestato in tutto il comprensorio: in 11 A una classe analoga potrebbe essere ricondotta la phiale della t. 316 di Alianello per la quale si è supposta una derivazione orientale, forse iranica. A. Bottini (1996: 97) ipotizza un’imitazione probabilmente tirrenica di una foggia che anticipa quella del tiefe Becher achemenide. 205 numerosi passi dell’Iliade (6, 266-8, 16, 230, 24, 302) si fa riferimento a riti purificatori prima di cominciare la libagione. L’esemplare, provvisto di anse mobili e di una base-tripode senza decorazioni, non si può ascrivere al noto gruppo ben atte- Fig. 11. Oinochoe e fiasca lenticolare con decorazione a sbalzo, t. 110 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Bianco, Preite 2014: fig. 28). Fig. 12. Barile, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Bianco et alii 1996: 88). 206 Maria Pina Garaguso Fig. 13. Aryballos, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Bottini 2020: 150, tav. 2a). stato in Magna Grecia, ma ne potrebbe costituire un prototipo (Bottini 1996: 99). Oltre a forme specificatamente potorie o connesse all’universo simposiaco, la tomba ha restituito anche delle fogge più particolari che si potrebbero relazionare al banchetto ultraterreno, fra cui un barile con due beccucci ma privo di cavità centrale: questo dettaglio ha fatto ipotizzare ad A. Bottini che potesse contenere un fluido e non un liquido (fig. 12). Il rimando è al “cratere dei morti” dell’Ifigenia in Tauride di Euripide, in cui sono citati i diversi tipi di offerte funebri, consistenti in vino o in una miscela di latte e miele (E., IT 160), analogamente a quanto riportato anche in un passo dell’Odissea12. Di probabile derivazione da più antichi prototipi lignei o fittili, è certamente un oggetto di prestigio che si rifà al mondo orientale, come mostrano in modo esplicito le acconciature delle protomi femminili dei versatoi (Bottini 2020: 144). Sono presenti anche due contenitori di probabile produzione magnogreca: un aryballos globulare in ferro e bronzo, incluso nel I gruppo di F. Bremmer (Bottini 1996: 100), verosimilmente impiegato per contenere olii profumati (fig. 13), e un exaleiptron13, provvisto di tre piedi desinenti a 12 13 «La nave, qui giunti, spingemmo a riva, e fuori le bestie prendemmo; poi lungo il fluire dell’Oceano andavamo, finché non giungemmo al luogo che indicò Circe. Qui le vittime Perimède ed Eurìloco tennero: e io la spada acuta dalla coscia sguainando scavai una fossa d’un cubito, per lungo e per largo, e intorno ad essa libai la libagione dei morti, prima di miele e latte, poi di vino soave, la terza d’acqua» (Od. XI, 26-34; traduzione di R. Calzecchi Onesti). Rientra nel gruppo dei thymateria di tipo A di C. Tarditi, Fig. 14. Exaleiptron, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Bianco et alii 1996: 86). zampe feline, variamente interpretato, per il quale si è accettata l’ipotesi che possa trattarsi di un brucia-profumi (fig. 14) (Tarditi 1996: 184). In alcuni dei contesti presentati, l’associazione del vasellame con la grattugia (tt. 102, 142, 143, 170) e il colino (tt. 26, 76, 171, 184) fa indubbiamente riferimento all’uso ellenico di insaporire il vino aggiungendovi delle piccole quantità di formaggio14 e al conseguente filtraggio previo consumo. Ciò sembra attestare che il vino venisse almeno preparato secondo le consuetudini greche, ma si può lecitamente supporre, sulla base delle associazioni di vasellame riscontrate nei contesti presentati, che, almeno presso alcuni gruppi sociali (ricordiamo che le tombe qui analizzate possono essere riconosciute come contesti eminenti), venisse anche consumato secondo regole ben precise. Mentre il vasellame da mensa per il valore intrin- 14 per cui la studiosa suppone una fabbrica corinzia (1996: 182-184). «Dentro questa coppa, la donna simile a una dea mescolava il miele al vino di Pramno, vi grattava sopra del formaggio caprino con una grattugia di bronzo e vi spargeva sopra bianca farina» (Il. XI, 638-640; traduzione di R. Calzecchi Onesti). Anche nella scena dell’Iliade in cui è descritta la coppa di Nestore (XI, 263, ss.), si menziona l’uso di uno strumento in bronzo per addizionare formaggio al vino. In questo modo degustavano il vino gli aristocratici di Lefkandi, in Eubea, già nel IX secolo a.C., come attesta il rinvenimento di grattugie bronzee nelle loro tombe (Guzzo 2012: 449). Probabilmente proprio dall’Eubea quest’usanza viene mutuata anche in Etruria. Si veda a tal proposito la t. 152 di Castel di Decima del secondo quarto del VII secolo a.C., in cui è presente l’anfora vinaria fenicia e una grattugia di tradizione euboica (Botto 2000: 86). Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria seco e ideologico può, infatti, essere interpretato nell’ottica dell’accumulazione e tesaurizzazione (in particolare se in metallo), lo strumentario dovrebbe aver avuto un valore esclusivamente pratico, e dunque la sua presenza ci fornisce una visione molto precisa sulle modalità di preparazione della bevanda. Un’ulteriore riflessione scaturisce dall’analisi del corredo della t. 170 (Bottini 1994: 71-78) che restituisce un articolato servizio potorio costituito da due phialai che fanno servizio con un’oinochoe e un’olpe, occorrenza che sembra richiamare il modo greco di consumare il vino, ulteriormente manifestato dalla presenza della grattugia (fig. 15). In realtà, nell’oinochoe di tipo rodio sono stati rinvenuti resti di una polvere rosso cupo, costituita da resti di ocra pura, non fissata da legante: era quindi stata impiegata per preparare il pigmento per la cosiddetta “vernice rossa”. Alcuni contenitori, infatti, potevano essere utilizzati per usi del tutto diversi da quelli qui proposti in relazione alla fruizione del vino, ma, d’altra parte, ciò che a noi interessa è lo scopo primario per cui un contenitore veniva adoperato e non le molteplici declinazioni d’uso che poteva conoscere nel corso della sua vita. Oltretutto il contenuto di quest’oinochoe potrebbe comunque avere anche un significato simbolico, in quanto il colore rosso è strettamente connesso con la figura di Dioniso, per la palese corrispondenza fra sangue e vino15. Le nuove possibilità semantiche offerte dai materiali importati, ben rappresentati nei corredi funerari, sottolineano la capacità delle élites dominanti dei gruppi sociali autoctoni di appropriarsi dell’ideologia conviviale delle aristocrazie elleniche ed etrusche, come espressione del loro status sociale. La presenza della forma potoria in tutte le tombe presentate è certamente un criterio imprescindibile per la costituzione di un insieme il più possibile vicino a un “servizio modello” che, però, a Chiaromonte non sembra ancora codificato. A sottolineare ulteriormente la centralità che in questo periodo viene ad assumere il vino è stato il rinvenimento nella t. 216 di 22 semi di vitis vinifera, collocati presso l’addome dell’inumato, quindi probabilmente offerti come dono. I semi, parzialmente carbonizzati, sono quasi tutti selvatici, ad eccezione di uno che potrebbe essere coltivato. Altrove sono stati offerti amuleti a forma di grap- Fig. 15. Oinochoe rodia, t. 170 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (https://mostre.museogalileo.it/ vinum/oggetto/OinochoeTrilobata.html). polo16, il cui rimando all’universo simposiaco è particolarmente evidente in una tomba più recente da Roccanova (PZ), datata alla seconda metà del IV secolo a.C., per la presenza di un aulòs17 e di un candelabro vulcente, databile agli inizi del V secolo a.C. e, dunque, preservato come keimelion (Bottini 2001: 257). L’allusione allo svolgimento notturno del simposio in Grecia è palese nella scena di simposio nella tenda da campo di Agamennone che segue alla cena offerta ai capi Achei (Il. 9, 174-7); anche il simposio dei Feaci celebrato da Alcinoo nel suo megaron si svolge dopo il tramonto (Od. 7, 182-4). È singolare, a tal proposito, che in nessuna delle tombe presentate per questo periodo sia presente il candelabro, mentre una lucerna proviene dal vicino nucleo di sepolture di contrada Serrone, la t. 23 (Tagliente 1985: 172). Datata 16 15 Poux, Dietler 2004: 13. S. Ferri (1928: 22) sottolinea che: «l’anima risiede nelle parti del corpo, in particolare nel sangue, il sangue restituisce anima alle ossa, il vino può costituire un sostituto del sangue». 207 17 Il grappolo diventa anche un simbolo identitario quando, sulle monetazioni coniate sotto l’egida economica di Sibari, in cui si riconosce l’etnico dei Serdaioi attraverso la sigla SERD, compare Dioniso sul recto e sul verso un tralcio di vite (Bianco, Preite 2014: 6). Sulle rappresentazioni musicali durante il simposio si veda Bessi 1997. 208 Maria Pina Garaguso Fig. 17. Principali contesti enotri in Basilicata nel V secolo a.C. (rielaborazione dell’Autrice). Fig. 16. Lucerna configurata, t. 23 Chiaromonte (PZ), località Serrone (da Bianco et alii 2020: 425, fig. 6). intorno ai decenni centrali del VI secolo a.C. è ottenuta sovrapponendo a una lampada di probabile produzione magnogreca un fusto con una statuetta di tipo etrusco (Bottini 2020: 144) (fig. 16). Dagli esordi del V secolo a.C. si registra una netta diminuzione delle tombe in tutto il comprensorio enotrio, probabile conseguenza della disgregazione del sistema sibarita, che comporta una lenta ma costante crisi che culminerà nell’arresto quasi totale dei siti entrati nell’orbita della colonia achea (Bottini 2016: 28) (fig. 17). In tutta l’area, infatti, è possibile notare notevoli trasformazioni che comportano uno iato fra la fase di frequentazione arcaica e un processo di riorganizzazione a partire dalla fine del V secolo a.C. Nonostante l’evidente carenza documentaria per quest’orizzonte cronologico, si deve tuttavia menzionare un contesto del tutto eccezionale, la t. 227 della Contrada San Pasquale di Chiaromonte (Preite, Mancinelli 2020: 377-410; Bottini, Lecce 2020: 359), attribuita, secondo la definizione di S. Bianco (Bianco 2020: 128), all’“ultimo dei capoclan” del sito. Il corredo si compone di un vasto repertorio fittile, costituito da vasellame da mensa, e di un ricco strumentario metallico da riconnettere al consumo del vino. Fra i recipienti in ceramica spicca il cratere a pseudo-colonnette, non decorato, ad eccezione dell’orlo verniciato in nero, collocato presso gli arti inferiori del defunto. Sull’imboccatura del cratere erano il colum e il simpulum, desinenti a protome di cigno e pertanto ricondotti a fabbriche etrusche (Bottini 1996: 99) (fig. 18) e una graticola. Lo strumentario da banchetto risulta limitato a quest’utensile, sono assenti gli spiedi e gli alari. Tale mancanza è probabilmente da relazionare a un processo “evolutivo” del rituale del banchetto italico, sempre più affine a quello ellenico, pertanto non più incentrato sul consumo di pasti carnei, ma sul momento della degustazione di bevande alcoliche. Nella tomba, infatti, è presente una nutrita serie di coppe fra cui la kylix tipo Bloesch C, i boccali figurati, gli skyphoi e un pregevole esemplare di kantharos gianiforme sul cui impiego effettivo è lecito interrogarsi. Si tratta, infatti, del vaso simbolo di Dioniso, dunque presumibilmente da collocare simbolicamente al centro delle mense. All’altezza della spalla sinistra del defunto era posizionata un’anfora “nolana” attica coperta da un bacile in posizione capovolta. Si tratta di un esemplare molto diverso rispetto a quelli attestati un secolo prima, provvisto di manico applicato che termina a protome di cigno con un motivo decorativo a incisione di tipo fitomorfo che ricorda i temi tipici di alcuni ganci di cinturoni italici (Bottini 1994: 38) (fig. 19). Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria 209 Fig. 19. Bacile, t. 227 Chiaromonte (PZ), località San Pasquale - comparto Santa Maria, proprietà Luigi Viola (da Preite, Mancinelli 2020: 407, tav. 8, n. 32). Fig. 18. Colum e simpulum, t. 227 Chiaromonte (PZ), località San Pasquale - comparto Santa Maria, proprietà Luigi Viola (da Preite, Mancinelli 2020: 407, tav. 8, nn. 33-34). L’articolazione di questo corredo funerario non lascia dubbi sull’adozione del rituale simposiaco ellenico, che sembra aver raggiunto in questa tomba la sua più completa affermazione: è presente tutto il servizio fittile per la preparazione, la presentazione, il servizio e il consumo della bevanda per un gruppo nutrito di persone, lo stru- mentario per l’apprestamento secondo le consuetudini greche e gli strumenti pertinenti alla sfera ideologica, ossia il kottabos e la lucerna che alludono allo svolgimento notturno delle cerimonie simposiache. Quest’ultimo oggetto, associato anche al sostegno per lucerne, costituisce una rarità nelle sepolture italiche e sembra riprodurre in metallo una foggia tipica delle produzioni fittili attiche del periodo tardo-arcaico, ma di probabile fabbrica magnogreca (Bottini 1996: 99). Tutti questi elementi collocano la sepoltura in una nuova dimensione: seppur in stretta connessione con il vino e il suo consumo, quest’ultimo può essere ora inteso in modo più rituale, principalmente per via dei temi figurati del vasellame ceramico che conquista un ruolo preminente nel corredo (Bottini, Lecce 2020: 364). La figura di Dioniso risulta la protagonista indiscussa, facendo pendere l’ago dell’interesse più verso la prospettiva religiosa che sul momento conviviale del banchetto/simposio. È in questa prospettiva che deve essere interpretato anche il già citato kantharos gianiforme provvisto di protome da Satiro e da Menade, che costituiscono il corteggio del dio e ben si accordano con tutta la complessa ideologia religiosa che in questo periodo stava trovando larga diffusione nell’hinterland metapontino. Sembra che gli ultimi decenni del V secolo a.C. siano caratterizzati da una più ampia diffusione di ideologie sottese al rituale del simposio ellenico, non incentrato esclusivamente sul consumo del vino, ma su tutte le credenze che il rituale stesso veicolava. L’espediente mediante cui ciò sembra attuarsi è il grande successo che riscontrano i vasi figurati, che diventano una costante nelle sepolture indigene di questo orizzonte cronologico. 210 Maria Pina Garaguso INSTRUMENTA VASELLAME SITO DATAZIONE Aliano-Alianello-Cazzaiola T. 264 fine VII secolo a.C. Aliano-Alianello-Cazzaiola T. 309 fine VII-inizi VI secolo a.C. bacile ad orlo teso Aliano-Alianello-Cazzaiola T. 316 fine VII-inizi VI secolo a.C. phiale mesomphalos Aliano-Alianello-Cazzaiola T. 500 inizi VI secolo a.C. Aliano-Alianello-Cazzaiola T. A VI secolo a.C. SFERA SIMPOSIACA bacile ad orlo teso grattugia bacile ad orlo perlinato tipo Pürgen bacile Armento-Serra Lustrante T. A secondo quarto VI secolo a.C. oinochoe trilobata “rodia”+phiale ombelicata+coppa apoda+bacile-tripode+bacile ad orlo perlinato tipo Vulci Chiaromonte-Sotto la Croce T. 17 secondo quarto VI secolo a.C. olpe+phiale+2 bacili ad orlo perlinato Chiaromonte-Sotto la Croce T. 26 secondo quarto VI secolo a.C. oinochoe+phiale baccellata+kotyle+coppa a calotta emisferica+baciletripode+bacile ad orlo perlinato tipo Brolio Chiaromonte-Sotto la Croce T. 29 primo quarto VI secolo a.C. bacile ad orlo perlinato tipo Campovalano varietà A Chiaromonte-Sotto la Croce T. 68 metà VI secolo a.C. phiale baccellata+bacile ad orlo perlinato Chiaromonte-Sotto la Croce T. 76 metà VI secolo a.C. oinochoe+phiale mesomphalos+boccaletto globulare bronzo e ferro+baciletripode ad orlo perlinato tipo Bisenzio, varietà B+2 bacili ad orlo perlinato, uno di tipo Vulci Chiaromonte-Sotto la Croce T. 78 VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 96 prima metà VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 102 prima metà VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 110 prima metà VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 113 VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 127 VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 135 metà VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 142 metà VI secolo a.C. grattugia oinochoe+bacile ad orlo perlinato+bacile Chiaromonte-Sotto la Croce T. 143 metà VI secolo a.C. grattugia oinochoe+bacile ad orlo perlinato colum colum coppa+bacile ad orlo teso phiale+bacile ad orlo perlinato grattugia kotyle+bacile ad orlo teso oinochoe a bocca rotonda+kotyle+phiale baccellata+bacile phiale+bacile ad orlo teso phiale mesomphalos phiale mesomphalos+2 bacili ad orlo perlinato podanipter Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria Chiaromonte-Sotto la Croce T. 144 VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 149 VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 151 VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 154 prima metà VI secolo a.C. phiale Chiaromonte-Sotto la Croce T. 156 metà VI secolo a.C. bacile ad orlo perlinato 211 kotyle+bacile bacile ad orlo perlinato bacile ad orlo perlinato Chiaromonte-Sotto la Croce T. 157 metà VI secolo a.C. oinochoe+phiale mesomphalos+coppetta+bacile ad orlo perlinato tipo C Chiaromonte-Sotto la Croce T. 159 metà VI secolo a.C. phiale mesomphalos+bacile ad orlo perlinato Chiaromonte-Sotto la Croce T. 164 metà VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 167 metà VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 170 metà VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 171 metà VI secolo a.C. Chiaromonte-Sotto la Croce T. 184 metà VI secolo a.C. Chiaromonte-Serrone T. 23 metà VI secolo a.C. Chiaromonte-San Pasquale T. 227 fine V secolo a.C. oinochoe+coppa emisferica bacile ad orlo perlinato grattugia oinochoe (pigmento ocra pura)+bacile ad orlo perlinato colum olpe+phiale+2 bacili ad orlo perlinato colum oinochoe “rodia” B lucerna colum+simpulum bacile Guardia Perticara-San Vito T. 502 inizi VI secolo a.C. Guardia Perticara-San Vito T. 554 VI secolo a.C. Guardia Perticara-San Vito T. 583 prima metà VI secolo a.C. grattugia phiale mesomphalos Guardia Perticara-San Vito T. 192 prima metà V secolo a.C. grattugia+ colum +simpulum situla+oinochoe+phiale Guardia Perticara-San Vito T. 210 prima metà V secolo a.C. grattugia situla+phiale Guardia Perticara-San Vito T. 218 prima metà V secolo a.C. grattugia+colum +simpulum situla+phiale Guardia Perticara-San Vito T. 596 metà V secolo a.C. grattugia oinochoe+griff-phiale Marsico Nuovo-Agri seconda metà VI secolo a.C. 2 bacili Rivello-Masseria Pandolfi T. 2 seconda metà VI secolo a.C. bacile bacile bacile Fig. 20. Tabella dei contesti enotri che restituiscono vasellame e instrumenta in bronzo. sostegno per lucerna +lucerna +kottabos ferro 212 Maria Pina Garaguso Bibliografia Albanese Procelli, R.M., 1985. Considerazioni sulla distribuzione dei bacini bronzei in area tirrenica e in Sicilia, in Il commercio etrusco arcaico (Atti dell’Incontro di Studi, Roma, 5-7 dicembre 1983), Roma: Consiglio Nazionale delle Ricerche: 179-206. Albanese Procelli, R.M., 2006. I recipienti in bronzo a labbro perlato, in Gli Etruschi da Genova ad Ampurias (Atti del XXIV Convegno di Studi Etruschi e Italici, Marseille-Lattes, 26 settembre-1 ottobre 2002), Pisa-Roma: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali: 307-318. Albanese Procelli, R.M., 2018. Recipienti in bronzo a labbro perlato. Produzione, circolazione e destinazione (Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici, Biblioteca di «Studi Etruschi» 60), Roma: Giorgio Bretschneider Editore. Alberici Varini, C., 1999. 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