Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
OCNUS
Quaderni della Scuola di Specializzazione
in Beni Archeologici
28
2020
ESTRATTO
Direttore Responsabile
Elisabetta Govi
Comitato Scientifico
Andrea Augenti (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna)
Dominique Briquel (Université Paris-Sorbonne - Paris IV)
Pascal Butterlin (Université Paris 1 - Panthéon-Sorbonne)
Paolo Carafa (Università di Roma, La Sapienza)
Andrea Cardarelli (Università di Roma, La Sapienza)
Martin Carver (University of York)
Maurizio Cattani (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna)
Elisabetta Govi (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna)
Anne-Marie Guimier-Sorbets (Université de Paris Ouest-Nanterre)
Nicolò Marchetti (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna)
Emanuele Papi (Scuola Archeologica di Atene)
Mark Pearce (University of Nottingham)
Giuseppe Sassatelli (Alma Mater Studiorum - Università di Bologna)
Frank Vermeulen (University of Ghent)
Il logo di Ocnus si ispira a un bronzetto del VI sec. a.C. dalla fonderia lungo la plateia A, Marzabotto (Museo Nazionale Etrusco
“P. Aria”, disegno di Giacomo Benati).
Editore e abbonamenti
Ante Quem
Via Senzanome 10, 40123 Bologna
tel. e fax + 39 051 4211109
www.antequem.it
Sito web
www.ocnus.unibo.it
Richiesta di scambi
Biblioteca del Dipartimento di Storia Culture Civiltà
Piazza San Giovanni in Monte 2, 40124 Bologna
tel. +39 051 2097700; fax +39 051 2097802
Le sigle utilizzate per i titoli dei periodici sono quelle indicate
nella «Archäologische Bibliographie» edita a cura
del Deutsches Archäologisches Institut.
Autorizzazione tribunale di Bologna nr. 6803 del 17.4.1988
Senza adeguata autorizzazione scritta, è vietata la riproduzione
della presente opera e di ogni sua parte, anche parziale, con qualsiasi
mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.
ISSN 1122-6315
ISBN 978-88-7849-167-0
© 2020 Ante Quem S.r.l.
Ocnus. Quaderni della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici adotta un processo di double blind peer review.
Indice
Elisabetta Govi
Editoriale
7
Massimiliano Carbonari, Francesco Iacono
The Idea of the House: House layout and social change in the Middle to Late Helladic Peloponnese
9
Mario Iozzo
Un eccezionale erotikon “calcidese”: Ninfe e Sileni nell’ebbrezza dionisiaca
35
Gianfranco Paci
Il guerriero di Capestrano: autorappresentazione del defunto e consapevolezza dell’artista
55
Anna Serra
Age groups and funerary space: subadult burials in the Valle Trebba necropolis of Spina (end of 6th-3rd century BC)
65
Enrico Cirelli, Kevin Ferrari, Andrea Tirincanti
Nuovi dati sui rinvenimenti di San Lorenzo in Strada a Riccione
87
Il vasellame bronzeo nell’Italia preromana (VI-IV sec. a.C.): forme, associazioni, servizi
(Atti del Convegno, 13 novembre 2020)
Alessandro Naso, Fernando Gilotta
Introduzione
105
Giulia Morpurgo
Il vasellame in bronzo da banchetto nelle necropoli etrusche di Bologna (560-350 a.C.): forme, uso e produzione
107
Giacomo Bardelli
Il vasellame bronzeo nel Piceno. Linee di sviluppo e casi di studio
127
Martina Zinni
I servizi di vasellame in bronzo dell’agro falisco: appunti su alcuni contesti di Falerii Veteres tra VI e V sec. a.C.
145
Daniela Fardella
Stamnoi dal Sannio frentano
163
Rocco Mitro
Servizi bronzei e coppie funzionali dalle necropoli del “Melfese” in età arcaica
179
Maria Pina Garaguso
Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria
199
R ecensioni
Filippo Coarelli, Statio. I luoghi dell’amministrazione nell’antica Roma; Il Foro romano III. Da Augusto
al tardo impero (Christopher Smith)
215
Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria*
Maria Pina Garaguso
The bronze vessels, mostly produced by Etruscan metallurgical workshops, start to appear in the indigenous
sites of western Basilicata, which corresponds to ancient Enotria, starting from the end of the seventh century
BC. This article will analyse a series of bronze vessels coming from Chiaromonte (PZ). The site yielded some
of the richest and extraordinary funerary contexts of Enotria, the only ones that have returned these precious
items, until now. The most popular shape recovered from these contexts is the basin, followed by open shapes
used for consumption, such as phialai, kotylai, and lastly by Rhodian-type oinochoai. The functional
set oinochoe/phiale is commonly found in the tombs analysed, which seems to point towards an actual use
of these vessels for libation or wine drinking following exotic habits. However, some of the funerary contexts
yielded also much older vessels that may not have been integrated in the assemblage but are rather to be considered as keimelia or agalmata.
L’Enotria è un vasto comparto territoriale che
comprende la parte occidentale dell’odierna Basilicata, la porzione meridionale della Campania
e quella settentrionale della Calabria, situato tra
il Mare Ionio e il Mare Tirreno, e delimitato dalle valli del Cavone e della Salandrella nella parte
nord-est, dal sistema appenninico costituito dai
monti Sirino, La Spina e Alpi e a sud dal Pollino sul versante opposto. A ovest è circoscritto dal
Vallo di Diano e, a est, dalla fascia costiera pianeggiante ionica (Bottini, Setari 1996: 57).
Tra la fine del VII e il VI secolo a.C., dopo
la fondazione delle colonie greche lungo le coste
ionica e tirrenica e con la strutturazione dei centri etruschi della Campania, gli abitati enotri posti a controllo degli itinerari di collegamento tra
i due versanti intrattengono relazioni sempre più
intense con Greci ed Etruschi. Tale fenomeno determina un grande sviluppo economico di questo
*
Colgo l’occasione per ringraziare il prof. A. Naso, ordinario della cattedra di Etruscologia dell’Università degli
Studi di Napoli Federico II, per avermi invitato a partecipare al seminario on line del 13 novembre 2020 sul “Vasellame bronzeo nell’Italia preromana (VI-IV sec. a.C.):
forme, associazioni, servizi”, e la professoressa E. Govi,
ordinario della cattedra di Etruscologia dell’Università di
Bologna, per aver sostenuto la pubblicazione degli Atti
nella rivista Ocnus. Ringrazio inoltre A. Bottini, già direttore MIBAC, per i preziosi consigli.
comprensorio e l’affermazione nei siti principali
di vere e proprie élites dominanti che acquisiscono
beni di prestigio e modelli di comportamento desunti dal mondo greco e da quello etrusco (fig. 1).
In particolare, gli scambi con quest’ultimo si concretizzano nell’adozione di un repertorio vascolare metallico1, certamente da riconnettere a usi specifici, fra cui il consumo regolamentato del vino.
Limitandoci alla zona compresa entro gli attuali confini della Basilicata, su un campione di
228 tombe esaminate per un periodo compreso
fra la fine del VII e la fine del V secolo a.C., solo
il 17% restituisce vasellame bronzeo2 (fig. 20). Il
sito con il maggior numero di attestazioni è Chia-
1
2
I contatti con le compagini greche sono diretti, quelli con
gli etruschi mediati in quanto questi ultimi non si sono
mai spinti oltre i confini dell’attuale Campania. Per riprendere l’incipit di un articolo di A. Bottini sulle importazioni etrusche in area lucana pubblicato negli atti del
Convegno di Taranto del 1993 (Bottini, Tagliente 1993:
487): «Come il Cristo di Carlo Levi, gli Etruschi sembrano essersi fermati a Eboli».
Il comprensorio enotrio soffre di una grandissima lacuna documentaria, in quanto la stragrande maggioranza
dei contesti venuti alla luce sono tuttora sostanzialmente
inediti. Ciò per sottolineare che la mancanza di un’edizione esaustiva risulti fortemente limitante nel processo
di interpretazione dei dati e del carattere preliminare di
questo contributo.
Ocnus 28 (2020): 199-213; doi: 10.12876/OCNUS2813; www.ocnus.unibo.it
200
Maria Pina Garaguso
Fig. 1. Principali contesti enotri in Basilicata nel VI
secolo a.C. (rielaborazione dell’Autrice).
Fig. 2. Bacile ad orlo perlinato, t. 76 Chiaromonte (PZ),
località Sotto La Croce (da Bottini 2020: 151, tav. 3a).
romonte, un insediamento d’altura, posto a circa
800 m s.l.m., in posizione dominante le vallate del
Sinni, a Sud, e quella del suo affluente Serrapotamo a Nord (Marino, Possidente 2020: 29).
La posizione favorevole di questo sito, ubicato
esattamente a metà del corso del Sinni, nell’ultimo punto in cui la vallata si presenta ampia e
aperta, ne favorisce la comunicazione con la valle
dell’Agri da una parte e dall’altra con il mondo
tirrenico etrusco, mediato dalle comunità del Vallo di Diano (Barberis 1999: 66). Parallelamente si
infittiscono i rapporti verso la costa ionica, il cui
referente principale era Sibari, da cui si desume
principalmente vasellame fittile utilizzato al medesimo scopo.
Negli anni Settanta del XX secolo, grazie a
una fiorente espansione edilizia alla periferia del
Fig. 3. Bacile su sostegno tripode, t. 76 Chiaromonte
(PZ), località Sotto La Croce (da Bianco et alii 1996: 85).
centro moderno, sono state condotte numerose e
regolari campagne di scavo3. In seguito a queste
indagini sono state portate in luce quattro importanti necropoli nelle contrade Serrone, San Pasquale, Spirito Santo e Sotto la Croce. Quest’ultima area è stata esplorata sistematicamente, sebbene sui più di quattrocento corredi recuperati solo
una piccola parte risulti edita (Bottini, Costanzo,
Preite 2018: 5). Di alcuni dei restanti abbiamo solo
notizie preliminari, in attesa di mirati interventi di
restauro e di un seguente studio complessivo dei
reperti.
Nei corredi datati nel corso del VI secolo a.C.,
per quanto concerne il repertorio metallico, in
primo luogo compaiono bacili principalmente di
medie dimensioni, ottenuti sagomando lamine di
bronzo, raramente decorati a sbalzo o a impressione, privi di anse e di altri elementi ottenuti a
fusione. Sono perlopiù esemplari dotati di una
caratteristica fila di bugne sul labbro (cd. ad orlo
perlinato) (tt. 17, 26, 29, 68, 76, 96, 135, 142, 143,
3
Le indagini scientifiche sul campo sono iniziate nel 1972
e proseguite, quasi ininterrottamente, fino al 2007. Le
esplorazioni sono state condotte dalla Soprintendenza per
i Beni Archeologi della Basilicata con l’equipe tecnicoscientifica del Museo Archeologico Nazionale della Siritide e in collaborazione con archeologi e studenti di diverse Università italiane (Università degli Studi di Lecce,
Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi di
Pisa, Università degli Studi di Torino) (Preite 2020: 60).
Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria
Fig. 4. Bacile-tripode su piedi con decorazione antropomorfa a bulino, t. 102 Chiaromonte (PZ), località
Sotto La Croce; (da Bianco et alii 1996: 85).
151, 157, 159, 167, 170, 171) (fig. 2), di sicura origine tirrenica (Bottini 2020: 142). Nello specifico
i contenitori delle tt. 76, 142 e 157 rientrano nel
tipo più frequentemente attestato in area enotria,
il tipo C4. Sono presenti anche bacili a tesa semplice5 (tt. 78, 102, 113, 227) ed esemplari privi di
labbro (tt. 26, 110, 142, 144).
Alcuni bacili (tt. 76, 110, 142) sono stati trasformati in vasi-tripode con l’aggiunta di supporti in
ferro (fig. 3). Quello della t. 102, in particolare, è
stato modificato mediante l’applicazione di tre sostegni conformati a teste femminili in bronzo che
ricordano quelli provenienti dal santuario enotrio
del Timpone della Motta di Francavilla Marittima, presso Sibari, da relazionare a prototipi achei,
dall’Heraion di Capo Colonna di Crotone (fig. 4)
(Bottini 2020: 142). Sulla base dei pochi residui
rinvenuti in alcuni di questi contenitori6, è possibile ipotizzare un loro uso in connessione con il
4
5
6
In tutta l’area non sono attestati esemplari del tipo A, un
bacile ad orlo perlinato di tipo B dalla t. 500 di Alianello e
uno del tipo D dalla t. 76 di Chiaromonte, poi riadattato
in tripode (Bottini 1996: 97).
Nella stessa classe possono essere inclusi anche i bacili
delle tt. 309 e 264 di Alianello, il primo di tipo B, il secondo di tipo C variante 1 (Bottini 1996: 97).
Ad esempio, nella phiale della t. 96, che fa sistema con un
bacile, sono stati trovati dei resti di ossa animali (Bottini,
Setari 1996: 66).
201
Fig. 5. Phiale mesomphalos, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Bianco et alii 1996: 86).
consumo di pasti carnei7. In tutti i contesti presentati, infatti, la costante presenza di alari e spiedi
nelle ricche tombe sia maschili che femminili testimonia il consumo di carni arrostite e bollite, probabilmente durante cerimonie collettive. A questo
proposito, occorre ricordare la notizia di Aristotele
(Pol. 7, 1329b) circa l’istituzione presso gli Enotri
dei sissitia, riunioni che prevedevano il consumo di
pasti in comune all’interno di società guerriere.
Fra il vasellame si può notare una netta prevalenza delle forme aperte: la foggia più comune è
la phiale, del tipo baccellato mesomphalos (tt. 26, 68,
110) o semplicemente mesomphalos (tt. 76, 127, 135,
7
Si deve, d’altra parte, tenere in considerazione che nella
tomba “principesca” n. 35 della Località SS. Concezione
di Baragiano, nella vicina area nord-lucana e datata alla
metà del VI secolo a.C., sono stati trovati dei vinaccioli di
vite in un bacile analogo (Russo, Di Lieto 2008: 47, nota
96). Per questo motivo è lecito interrogarsi sulla polifunzionalità di questi contenitori che non consente di definire il loro ruolo nell’ambito di cerimonie comunitarie. Per
le diverse declinazioni d’uso, cui si può aggiungere anche
un qualche ruolo nella gestione delle pratiche propedeutiche alla distribuzione del vino secondo la prassi ellenica,
si vedano i contributi di Valenza Mele 1982; Bartoloni
2003; Albanese Procelli 1985: 192 ss., con bibl.; 2006;
2018: 159-117; Meirano 2004: 213.
202
Maria Pina Garaguso
Fig. 6. Boccaletto, t. 76 Chiaromonte (PZ), località
Sotto La Croce (da Bottini 2020: 150, tav. 2b).
157, 159) (fig. 5); sono adoperate anche le kotylai (tt.
26, 102, 110) e coppe del tipo a calotta emisferica
(tt. 26, 157, 164). Per alcune di queste J. De La Genière ha ipotizzato una produzione locale (Tagliente 1985: 177), mentre a prototipi corinzi sembrano
rimandare le kotylai delle tt. 26, 102 e 110 (Bottini
2020: 142). Per alcune delle phialai baccellate (t. 68)
si è pensato a produzioni etrusche (Tagliente 1985:
178). In un caso è presente anche un boccaletto
globulare monoansato in ferro (T. 76), provvisto di
rotelle sull’ansa che rimandano direttamente alle
oinochoai di tipo rodio (Bottini, Graells i Fabregat,
Vullo 2019: 131) (fig. 6).
Quest’ultime sono le forme privilegiate fra
quelle chiuse. Sono provviste di bocca trilobata,
breve collo percorso da un collarino che lo distingue dall’orlo, mentre l’ansa, sopraelevata, presenta una palmetta all’attacco superiore e una, di
dimensioni maggiori, all’attacco inferiore. L’ansa
degli esemplari delle tt. 26 e 76 è formata da tre
cordoncini cavi tenuti insieme da una sottile lamina in bronzo, per cui sono stati inclusi in un gruppo di manufatti che rientrano nel Chiaromonte Group
di probabile produzione magnogreca (Shefton
2009: 126) (fig. 7), mentre gli esemplari provvisti
di un’ansa formata da un semplice nastro sagomato (t. 170), si fanno risalire a produzioni tirreniche (Bottini 2020: 140). L’oinochoe trilobata della
t. 157 è il risultato della lavorazione di un’unica
lamina bronzea ed è verosimilmente un prodotto
degli ateliers tirrenici, seppur rimandi direttamente
ai tipi rodii, dai quali si distingue per la struttura
dell’ansa, costituita da un solo pezzo fuso decorato
con incisioni per tutta la lunghezza (Bottini 1996:
98). Gli esemplari delle tt. 110 e 142, che si caratterizzano per l’imboccatura rotonda, sembrano il
risultato di una tecnica analoga, da cui il secondo
si distingue per l’applicazione del piede a parte.
In tre contesti (tt. 26, 76, 110) troviamo il set
funzionale oinochoe o olpe/phiale. Non si è notata
un’associazione preferenziale fra i due tipi di brocca, per cui devono essere state impiegate con lo
stesso significato e funzione.
Fra le forme chiuse non sono, invece, attestati i
contenitori da mensa di dimensioni medio-grandi:
sono completamente assenti hydriai e crateri. Probabilmente pertinente a un’oggetto di questo tipo,
precisamente un cratere a volute oggi al British
Museum di Londra (n. inv.: BM 1873.8-20.99)
(fig. 8), è un’ansa bronzea con busto di Gorgone,
datata al V secolo a.C. e rinvenuta decontestualizzata. Inizialmente segnalata come di provenienza
lucana (dal sito enotrio di Armento) è stata recentemente reinterpretata da A.C. Montanaro (2014:
16-19) come pertinente a un cratere rubestino sulla base di alcune lettere di studiosi ottocenteschi
(E. Braun, G. Sanchez) che fanno riferimento ai
bronzi della collezione del canonico Ficco8.
Analizzando nel dettaglio le sepolture che
hanno restituito vasellame bronzeo, per verificare
i sistemi di associazioni, si può innanzitutto osservare che nessuna tomba restituisce un set potorio
completo in metallo, per cui è logico ipotizzare dei
sistemi potori “misti” in cui il vasellame metallico
è integrato con forme fittili.
Una delle sepolture più antiche è la t. 26 (Russo
Tagliente 1992-1993: 382-386), datata al secondo
quarto del VI secolo a.C. Ha restituito un’oinochoe di tipo rodio a bocca trilobata, una kotyle, una
phiale baccellata e una coppa a calotta emisferica
(fig. 9). La coppia funzionale oinochoe/kotyle è stata
ritrovata sul fianco del defunto perché probabilmente usata durante le cerimonie funebri per le
libagioni, oltre che, presumibilmente, impiegata
dal defunto nell’ambito di particolari cerimonie
incentrate su consumo del vino.
Un importante corredo in bronzo è stato recuperato nella t. 102 (Bianco et alii 1996: 157161), una sepoltura femminile particolarmente
ricca datata alla metà del secolo. Il vaso potorio
per eccellenza è costituito da una kotyle bronzea. Il
corredo è completato da tutta una serie di coppe
di tipo ionico, coppe e brocche a bande o a decorazione matt-painted, fra cui compare anche una
8
Sulla base dei confronti con un cratere di analoga provenienza dalle Antikensammlungen di Monaco di Baviera
(n. inv. Br 4262), sebbene quest’ultimo sia più recente
(fine VI-inizi V secolo a.C.). Lo studioso attribuisce questo cratere a una fabbrica laconica (Montanaro 2014: 19).
In realtà, quest’ipotesi è tutt’altro che certa, in quanto
l’esemplare di Monaco è stato attribuito variamente a officine magnogreche (forse tarantine) e laconiche. C. Tarditi (2007: 314), invece, pensa piuttosto a una produzione
di area corinzia.
Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria
203
Fig. 7. Oinochoe di tipo rodio, t. 26 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Russo Tagliente 1992-1993: 296, fig. 39).
forma estranea al repertorio locale, l’holmos. Tipico dell’Etruria, questo manufatto è generalmente
interpretato come un sostegno per olle senz’anse e
lebeti, in relazione alla mescita del vino9, e la sua
presenza rimarca gli stretti rapporti di questo sito
con l’area tirrenica. Nella tomba è, inoltre, attestata una grattugia e ciò sembra avvalorare l’idea che
importanti personaggi femminili partecipassero
attivamente alla prassi cerimoniale del banchetto/consumo del vino, poiché, in Enotria, anche le
donne esibiscono quei medesimi servizi vascolari,
altrove di esclusiva prerogativa maschile.
A tal proposito si cita un’altra sepoltura, la t.
653 della contrada Spirito Santo (Bianco 2010:
130), più recente di circa un secolo. Sebbene non
sia ancora stata pubblicata integralmente, merita
una menzione per il particolare tema raffigurato
sull’anfora da tavola a figure nere, che poco si addice a una donna del suo rango. Sul lato principale è presente Dioniso disteso su una kline, con
in mano un kantharos e ai piedi è una scimmia; sul
lato secondario sono raffigurati satiri in atteggiamenti orgiastici (Bottini 2016: 31) (fig. 10). Il soggetto rimanda esplicitamente alla fase finale del
simposio in Grecia, dove la sessualità si esprimeva in modo indubbiamente più libero rispetto ad
oggi, ed era estesa sia alle pratiche eterosessuali
Micozzi 1994: 51; Sirano 1995: 17-18; Alberici, Varini
1999: 22; Benedettini 1999: 4-5. Il maggior numero di attestazioni di olla su holmos è stato individuato a Cerveteri.
Fig. 8. Ansa di cratere bronzeo, n. inv: BM 1873,0820.99
(https://www.britishmuseum.org/collection/
object/G_1873-0820-99).
9
204
Maria Pina Garaguso
Fig. 9. Servizio bronzeo, t. 26 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Russo Tagliente 1992-1993:
382-386, fig. 121).
che omosessuali. La presenza dell’anfora che sostituisce il cratere sulle tavole e il tema che essa
reca sembrano accostare le donne enotrie a quelle
etrusche o, per meglio dire, alla descrizione che di
queste ricaviamo dai testi greci10.
10
Ath., Deipn. XII 517d-f; 518a-c: ‹‹presso gli Etruschi,
anch’essi dediti ai piaceri più sfrenati, le ancelle servono a
tavola gli uomini nude, come attesta Timeo nel primo libro. Ma c’è di più: nel quarantatreesimo libro delle Storie
di Teopompo riferisce che la legge etrusca consente di tenere le donne in comune; queste hanno grandissima cura
del loro corpo, e praticano esercizi fisici spesso con i maschi, ma talvolta anche tra di loro, perché non hanno alcuna vergogna a mostrarsi nude. Ai banchetti non siedono
accanto ai loro mariti, ma al primo che capita dei presenti,
e inviano brindisi agli uomini seguendo il loro capriccio.
Sono inoltre grandi bevitrici, e ostentano la loro bellezza. Gli Etruschi allevano tutti i bambini che nascono,
ignorandone la paternità: anche questi vivono allo stesso
modo di quelli che li hanno allevati, indulgendo spesso al
bere e accoppiandosi liberamente con qualunque donna.
Per gli Etruschi, poi, non solo non è vergognoso compiere
atti di aperta libidine sotto gli occhi di tutti, ma nemmeno
subirli da parte di altri: anzi, questo è un loro costume
nazionale. Sono così lungi dal ritenerlo vergognoso, che
quando il padrone di casa è sul più bello, e qualcuno magari lo cerca, i servi non esitano a rispondere: «Il padrone
sta facendo così e così», chiamando la cosa col suo nome
osceno. Se fanno riunioni tra amici o in famiglia, hanno
queste abitudini: quando finiscono di bere e stanno per
mettersi a dormire, al lume delle lucerne ancora accese i
valletti introducono da loro etère, oppure dei bei ragazzi,
qualche volta anche le loro mogli; finito che abbiano con
costoro, introducono di nuovo dei ragazzi fiorenti, che
fanno anch’essi l’amore con loro. Amoreggiano e si accoppiano talvolta sotto lo sguardo dei presenti, ma per lo
più mettendo intorno ai lettucci simposiali dei séparé fatti
Fig. 10. Lato B, anfora a figure nere (inizi V secolo
a.C.), t. 653 Chiaromonte (PZ), località Spirito Santo
(da Bianco 2020: 127, fig. 25).
La maggiore apertura riscontrata analizzando
la composizione dei corredi femminili enotri si
può porre in relazione alla collocazione topografica di questo comprensorio, più aperto agli scambi
con i siti etruschi della Campania da cui, è lecito pensare, siano stati desunti non solo i preziosi
bronzi ben integrati nel loro repertorio vascolare
ma, anche, il complesso di valori ad essi sotteso.
La t. 110 (Bianco et alii 1996: 134-141), relativa
a un individuo maschile adulto, si data ai primi
decenni del VI secolo a.C. Il nucleo maggiore del
corredo è ai piedi, incentrato su una grande olla
acroma su cui sono riversati tutti gli altri ogget-
di bacchette intrecciate, e ci appendono sopra dei mantelli. Volentieri hanno incontri amorosi con le donne, ma
apprezzano assai di più quelli con ragazzi e adolescenti:
presso di loro infatti sono particolarmente belli, in quanto
vivono nel lusso e i loro corpi sono resi levigati dalla depilazione. Tutti i barbari che vivono a occidente si depilano
mediante strappo o rasatura; presso gli Etruschi sono nate
molte botteghe e ci sono professionisti esperti di quest’attività, come presso di noi ci sono i barbieri. I clienti che
li frequentano si abbandonano alle loro mani senza riserve, e non si vergognano affatto di eventuali spettatori e
passanti. Hanno questa usanza anche molti dei Greci che
vivono in Italia, e l’hanno appresa da Sanniti e Messapi.
Per la loro voluttuosità gli Etruschi, a quanto afferma Alcimo, arrivano a impastare il pane, a battersi a pugilato
e persino a praticare la fustigazione al suono dell’aulo»
(traduzione di L. Canfora).
Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria
ti, compresi gli spiedi e gli alari. Il set da vino è
probabilmente formato dalla kotyle impiegata per
attingere, dall’oinochoe per servire e dalla phiale baccellata per il consumo. La tomba restituisce anche una fiaschetta da pellegrino, con decorazione
ridges and bosses, presumibilmente di produzione
tarquiniense, databile all’incirca un secolo prima
(terzo quarto VIII secolo a.C.) (Bottini 1996: 99)
(fig. 11). Questa forma, di origine orientale o egea,
era impiegata nell’area di adozione per degustare
bevande alcoliche, in quanto associate frequentemente con vasi a breve collo nelle fasi più avanzate del Ferro (Iaia 2006: 166). In questa sepoltura,
invece, è probabilmente da intendere non come
oggetto dall’impiego effettivo, ma come agalma
tesaurizzato in virtù della preziosità del materiale
ma, soprattutto, dell’antichità dell’oggetto.
La sepoltura che ha restituito il maggior numero di oggetti in bronzo di tutta la necropoli è la
straordinaria t. 76 (Bianco et alii 1996: 141-147).
Datata ai decenni centrali del secolo, è pertinente
a un maschio adulto, il cui corredo era in parte
sopra la testa (le armi e qualche vaso in bronzo),
il resto era concentrato verso gli arti inferiori. Per
questa sepoltura è possibile proporre l’esistenza di
due set funzionali in metallo:
- oinochoe di tipo rodio/phiale mesomphalos;
- colum/boccaletto globulare in bronzo e ferro.
Fra tutti gli oggetti spicca la phiale con una ricca decorazione a sbalzo con incisioni di carattere
orientalizzante, importata dalla Grecia (Bottini
2002: 82). Le protomi a forma di grifo riempite
a puntini si possono confrontare con esemplari di
Perachora. Quest’ultimi rimandano a prototipi da
Olimpia in cui le protomi sono intervallate da motivi geometrici (Verger 2014: 257).
Potrebbe essere importata anche la phiale trovata
frammentata nella t. 157 (Bianco et alii 1996: 161162) che, però, mostra sul labbro motivi decorativi
piuttosto semplici11 (Bottini 2020: 153, nota 6).
Il colino, che potrebbe far sistema con il boccaletto, si può confrontare con analoghi esemplari
dalle tt. 104 e 105 del nucleo “principesco” di sepolture rinvenute a Braida di Vaglio (PZ) (Bottini,
Setari 2003: 55, n. 246; 62, n. 272), per la presenza delle anse conformate a Ω.
Degna di nota è la presenza del podanipter,
l’unico finora attestato in tutto il comprensorio: in
11
A una classe analoga potrebbe essere ricondotta la phiale
della t. 316 di Alianello per la quale si è supposta una
derivazione orientale, forse iranica. A. Bottini (1996: 97)
ipotizza un’imitazione probabilmente tirrenica di una
foggia che anticipa quella del tiefe Becher achemenide.
205
numerosi passi dell’Iliade (6, 266-8, 16, 230, 24,
302) si fa riferimento a riti purificatori prima di
cominciare la libagione. L’esemplare, provvisto di
anse mobili e di una base-tripode senza decorazioni, non si può ascrivere al noto gruppo ben atte-
Fig. 11. Oinochoe e fiasca lenticolare con decorazione
a sbalzo, t. 110 Chiaromonte (PZ), località Sotto La
Croce (da Bianco, Preite 2014: fig. 28).
Fig. 12. Barile, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto
La Croce (da Bianco et alii 1996: 88).
206
Maria Pina Garaguso
Fig. 13. Aryballos, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto
La Croce (da Bottini 2020: 150, tav. 2a).
stato in Magna Grecia, ma ne potrebbe costituire
un prototipo (Bottini 1996: 99).
Oltre a forme specificatamente potorie o connesse all’universo simposiaco, la tomba ha restituito anche delle fogge più particolari che si potrebbero relazionare al banchetto ultraterreno, fra
cui un barile con due beccucci ma privo di cavità
centrale: questo dettaglio ha fatto ipotizzare ad A.
Bottini che potesse contenere un fluido e non un
liquido (fig. 12). Il rimando è al “cratere dei morti”
dell’Ifigenia in Tauride di Euripide, in cui sono citati
i diversi tipi di offerte funebri, consistenti in vino
o in una miscela di latte e miele (E., IT 160), analogamente a quanto riportato anche in un passo
dell’Odissea12. Di probabile derivazione da più antichi prototipi lignei o fittili, è certamente un oggetto
di prestigio che si rifà al mondo orientale, come
mostrano in modo esplicito le acconciature delle
protomi femminili dei versatoi (Bottini 2020: 144).
Sono presenti anche due contenitori di probabile produzione magnogreca: un aryballos globulare in ferro e bronzo, incluso nel I gruppo di
F. Bremmer (Bottini 1996: 100), verosimilmente
impiegato per contenere olii profumati (fig. 13), e
un exaleiptron13, provvisto di tre piedi desinenti a
12
13
«La nave, qui giunti, spingemmo a riva, e fuori le bestie
prendemmo; poi lungo il fluire dell’Oceano andavamo,
finché non giungemmo al luogo che indicò Circe. Qui le
vittime Perimède ed Eurìloco tennero: e io la spada acuta
dalla coscia sguainando scavai una fossa d’un cubito, per
lungo e per largo, e intorno ad essa libai la libagione dei
morti, prima di miele e latte, poi di vino soave, la terza d’acqua» (Od. XI, 26-34; traduzione di R. Calzecchi
Onesti).
Rientra nel gruppo dei thymateria di tipo A di C. Tarditi,
Fig. 14. Exaleiptron, t. 76 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (da Bianco et alii 1996: 86).
zampe feline, variamente interpretato, per il quale si è accettata l’ipotesi che possa trattarsi di un
brucia-profumi (fig. 14) (Tarditi 1996: 184).
In alcuni dei contesti presentati, l’associazione
del vasellame con la grattugia (tt. 102, 142, 143,
170) e il colino (tt. 26, 76, 171, 184) fa indubbiamente riferimento all’uso ellenico di insaporire il
vino aggiungendovi delle piccole quantità di formaggio14 e al conseguente filtraggio previo consumo. Ciò sembra attestare che il vino venisse almeno preparato secondo le consuetudini greche,
ma si può lecitamente supporre, sulla base delle
associazioni di vasellame riscontrate nei contesti
presentati, che, almeno presso alcuni gruppi sociali (ricordiamo che le tombe qui analizzate possono
essere riconosciute come contesti eminenti), venisse anche consumato secondo regole ben precise.
Mentre il vasellame da mensa per il valore intrin-
14
per cui la studiosa suppone una fabbrica corinzia (1996:
182-184).
«Dentro questa coppa, la donna simile a una dea mescolava il miele al vino di Pramno, vi grattava sopra del
formaggio caprino con una grattugia di bronzo e vi spargeva sopra bianca farina» (Il. XI, 638-640; traduzione
di R. Calzecchi Onesti). Anche nella scena dell’Iliade in
cui è descritta la coppa di Nestore (XI, 263, ss.), si menziona l’uso di uno strumento in bronzo per addizionare
formaggio al vino. In questo modo degustavano il vino gli
aristocratici di Lefkandi, in Eubea, già nel IX secolo a.C.,
come attesta il rinvenimento di grattugie bronzee nelle
loro tombe (Guzzo 2012: 449). Probabilmente proprio
dall’Eubea quest’usanza viene mutuata anche in Etruria.
Si veda a tal proposito la t. 152 di Castel di Decima del
secondo quarto del VII secolo a.C., in cui è presente l’anfora vinaria fenicia e una grattugia di tradizione euboica
(Botto 2000: 86).
Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria
seco e ideologico può, infatti, essere interpretato
nell’ottica dell’accumulazione e tesaurizzazione
(in particolare se in metallo), lo strumentario dovrebbe aver avuto un valore esclusivamente pratico, e dunque la sua presenza ci fornisce una visione molto precisa sulle modalità di preparazione
della bevanda.
Un’ulteriore riflessione scaturisce dall’analisi
del corredo della t. 170 (Bottini 1994: 71-78) che
restituisce un articolato servizio potorio costituito
da due phialai che fanno servizio con un’oinochoe
e un’olpe, occorrenza che sembra richiamare il
modo greco di consumare il vino, ulteriormente
manifestato dalla presenza della grattugia (fig. 15).
In realtà, nell’oinochoe di tipo rodio sono stati rinvenuti resti di una polvere rosso cupo, costituita
da resti di ocra pura, non fissata da legante: era
quindi stata impiegata per preparare il pigmento
per la cosiddetta “vernice rossa”. Alcuni contenitori, infatti, potevano essere utilizzati per usi del
tutto diversi da quelli qui proposti in relazione alla
fruizione del vino, ma, d’altra parte, ciò che a noi
interessa è lo scopo primario per cui un contenitore veniva adoperato e non le molteplici declinazioni d’uso che poteva conoscere nel corso della
sua vita. Oltretutto il contenuto di quest’oinochoe
potrebbe comunque avere anche un significato
simbolico, in quanto il colore rosso è strettamente
connesso con la figura di Dioniso, per la palese
corrispondenza fra sangue e vino15.
Le nuove possibilità semantiche offerte dai
materiali importati, ben rappresentati nei corredi
funerari, sottolineano la capacità delle élites dominanti dei gruppi sociali autoctoni di appropriarsi
dell’ideologia conviviale delle aristocrazie elleniche ed etrusche, come espressione del loro status
sociale. La presenza della forma potoria in tutte le
tombe presentate è certamente un criterio imprescindibile per la costituzione di un insieme il più
possibile vicino a un “servizio modello” che, però,
a Chiaromonte non sembra ancora codificato.
A sottolineare ulteriormente la centralità che
in questo periodo viene ad assumere il vino è stato
il rinvenimento nella t. 216 di 22 semi di vitis vinifera, collocati presso l’addome dell’inumato, quindi
probabilmente offerti come dono. I semi, parzialmente carbonizzati, sono quasi tutti selvatici, ad
eccezione di uno che potrebbe essere coltivato.
Altrove sono stati offerti amuleti a forma di grap-
Fig. 15. Oinochoe rodia, t. 170 Chiaromonte (PZ), località Sotto La Croce (https://mostre.museogalileo.it/
vinum/oggetto/OinochoeTrilobata.html).
polo16, il cui rimando all’universo simposiaco è
particolarmente evidente in una tomba più recente da Roccanova (PZ), datata alla seconda metà
del IV secolo a.C., per la presenza di un aulòs17 e
di un candelabro vulcente, databile agli inizi del
V secolo a.C. e, dunque, preservato come keimelion
(Bottini 2001: 257). L’allusione allo svolgimento
notturno del simposio in Grecia è palese nella scena di simposio nella tenda da campo di Agamennone che segue alla cena offerta ai capi Achei (Il.
9, 174-7); anche il simposio dei Feaci celebrato da
Alcinoo nel suo megaron si svolge dopo il tramonto
(Od. 7, 182-4). È singolare, a tal proposito, che in
nessuna delle tombe presentate per questo periodo sia presente il candelabro, mentre una lucerna
proviene dal vicino nucleo di sepolture di contrada Serrone, la t. 23 (Tagliente 1985: 172). Datata
16
15
Poux, Dietler 2004: 13. S. Ferri (1928: 22) sottolinea che:
«l’anima risiede nelle parti del corpo, in particolare nel
sangue, il sangue restituisce anima alle ossa, il vino può
costituire un sostituto del sangue».
207
17
Il grappolo diventa anche un simbolo identitario quando, sulle monetazioni coniate sotto l’egida economica di
Sibari, in cui si riconosce l’etnico dei Serdaioi attraverso
la sigla SERD, compare Dioniso sul recto e sul verso un
tralcio di vite (Bianco, Preite 2014: 6).
Sulle rappresentazioni musicali durante il simposio si
veda Bessi 1997.
208
Maria Pina Garaguso
Fig. 17. Principali contesti enotri in Basilicata nel V
secolo a.C. (rielaborazione dell’Autrice).
Fig. 16. Lucerna configurata, t. 23 Chiaromonte (PZ),
località Serrone (da Bianco et alii 2020: 425, fig. 6).
intorno ai decenni centrali del VI secolo a.C. è
ottenuta sovrapponendo a una lampada di probabile produzione magnogreca un fusto con una statuetta di tipo etrusco (Bottini 2020: 144) (fig. 16).
Dagli esordi del V secolo a.C. si registra una
netta diminuzione delle tombe in tutto il comprensorio enotrio, probabile conseguenza della
disgregazione del sistema sibarita, che comporta
una lenta ma costante crisi che culminerà nell’arresto quasi totale dei siti entrati nell’orbita della
colonia achea (Bottini 2016: 28) (fig. 17). In tutta
l’area, infatti, è possibile notare notevoli trasformazioni che comportano uno iato fra la fase di
frequentazione arcaica e un processo di riorganizzazione a partire dalla fine del V secolo a.C.
Nonostante l’evidente carenza documentaria
per quest’orizzonte cronologico, si deve tuttavia
menzionare un contesto del tutto eccezionale, la t.
227 della Contrada San Pasquale di Chiaromonte
(Preite, Mancinelli 2020: 377-410; Bottini, Lecce 2020: 359), attribuita, secondo la definizione
di S. Bianco (Bianco 2020: 128), all’“ultimo dei
capoclan” del sito. Il corredo si compone di un
vasto repertorio fittile, costituito da vasellame da
mensa, e di un ricco strumentario metallico da riconnettere al consumo del vino. Fra i recipienti
in ceramica spicca il cratere a pseudo-colonnette,
non decorato, ad eccezione dell’orlo verniciato in
nero, collocato presso gli arti inferiori del defunto. Sull’imboccatura del cratere erano il colum e il
simpulum, desinenti a protome di cigno e pertanto
ricondotti a fabbriche etrusche (Bottini 1996: 99)
(fig. 18) e una graticola. Lo strumentario da banchetto risulta limitato a quest’utensile, sono assenti
gli spiedi e gli alari. Tale mancanza è probabilmente da relazionare a un processo “evolutivo”
del rituale del banchetto italico, sempre più affine
a quello ellenico, pertanto non più incentrato sul
consumo di pasti carnei, ma sul momento della
degustazione di bevande alcoliche. Nella tomba,
infatti, è presente una nutrita serie di coppe fra cui
la kylix tipo Bloesch C, i boccali figurati, gli skyphoi
e un pregevole esemplare di kantharos gianiforme
sul cui impiego effettivo è lecito interrogarsi. Si
tratta, infatti, del vaso simbolo di Dioniso, dunque
presumibilmente da collocare simbolicamente al
centro delle mense. All’altezza della spalla sinistra
del defunto era posizionata un’anfora “nolana”
attica coperta da un bacile in posizione capovolta.
Si tratta di un esemplare molto diverso rispetto a
quelli attestati un secolo prima, provvisto di manico applicato che termina a protome di cigno con
un motivo decorativo a incisione di tipo fitomorfo
che ricorda i temi tipici di alcuni ganci di cinturoni italici (Bottini 1994: 38) (fig. 19).
Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria
209
Fig. 19. Bacile, t. 227 Chiaromonte (PZ), località San
Pasquale - comparto Santa Maria, proprietà Luigi
Viola (da Preite, Mancinelli 2020: 407, tav. 8, n. 32).
Fig. 18. Colum e simpulum, t. 227 Chiaromonte (PZ),
località San Pasquale - comparto Santa Maria, proprietà Luigi Viola (da Preite, Mancinelli 2020: 407,
tav. 8, nn. 33-34).
L’articolazione di questo corredo funerario
non lascia dubbi sull’adozione del rituale simposiaco ellenico, che sembra aver raggiunto in
questa tomba la sua più completa affermazione:
è presente tutto il servizio fittile per la preparazione, la presentazione, il servizio e il consumo della
bevanda per un gruppo nutrito di persone, lo stru-
mentario per l’apprestamento secondo le consuetudini greche e gli strumenti pertinenti alla sfera
ideologica, ossia il kottabos e la lucerna che alludono allo svolgimento notturno delle cerimonie simposiache. Quest’ultimo oggetto, associato anche al
sostegno per lucerne, costituisce una rarità nelle
sepolture italiche e sembra riprodurre in metallo
una foggia tipica delle produzioni fittili attiche del
periodo tardo-arcaico, ma di probabile fabbrica
magnogreca (Bottini 1996: 99).
Tutti questi elementi collocano la sepoltura in
una nuova dimensione: seppur in stretta connessione con il vino e il suo consumo, quest’ultimo
può essere ora inteso in modo più rituale, principalmente per via dei temi figurati del vasellame
ceramico che conquista un ruolo preminente nel
corredo (Bottini, Lecce 2020: 364). La figura di
Dioniso risulta la protagonista indiscussa, facendo pendere l’ago dell’interesse più verso la prospettiva religiosa che sul momento conviviale del
banchetto/simposio. È in questa prospettiva che
deve essere interpretato anche il già citato kantharos gianiforme provvisto di protome da Satiro e da
Menade, che costituiscono il corteggio del dio e
ben si accordano con tutta la complessa ideologia
religiosa che in questo periodo stava trovando larga diffusione nell’hinterland metapontino.
Sembra che gli ultimi decenni del V secolo a.C.
siano caratterizzati da una più ampia diffusione di
ideologie sottese al rituale del simposio ellenico,
non incentrato esclusivamente sul consumo del
vino, ma su tutte le credenze che il rituale stesso
veicolava. L’espediente mediante cui ciò sembra
attuarsi è il grande successo che riscontrano i vasi
figurati, che diventano una costante nelle sepolture indigene di questo orizzonte cronologico.
210
Maria Pina Garaguso
INSTRUMENTA VASELLAME
SITO
DATAZIONE
Aliano-Alianello-Cazzaiola
T. 264
fine VII secolo a.C.
Aliano-Alianello-Cazzaiola
T. 309
fine VII-inizi VI
secolo a.C.
bacile ad orlo teso
Aliano-Alianello-Cazzaiola
T. 316
fine VII-inizi VI
secolo a.C.
phiale mesomphalos
Aliano-Alianello-Cazzaiola
T. 500
inizi VI secolo a.C.
Aliano-Alianello-Cazzaiola
T. A
VI secolo a.C.
SFERA
SIMPOSIACA
bacile ad orlo teso
grattugia
bacile ad orlo perlinato tipo
Pürgen
bacile
Armento-Serra Lustrante
T. A
secondo quarto VI
secolo a.C.
oinochoe trilobata “rodia”+phiale
ombelicata+coppa
apoda+bacile-tripode+bacile
ad orlo perlinato tipo Vulci
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 17
secondo quarto VI
secolo a.C.
olpe+phiale+2 bacili ad orlo
perlinato
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 26
secondo quarto VI
secolo a.C.
oinochoe+phiale
baccellata+kotyle+coppa a
calotta emisferica+baciletripode+bacile ad orlo perlinato tipo Brolio
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 29
primo quarto VI
secolo a.C.
bacile ad orlo perlinato tipo
Campovalano varietà A
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 68
metà VI secolo a.C.
phiale baccellata+bacile ad
orlo perlinato
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 76
metà VI secolo a.C.
oinochoe+phiale
mesomphalos+boccaletto globulare bronzo e ferro+baciletripode ad orlo perlinato tipo
Bisenzio, varietà B+2 bacili
ad orlo perlinato, uno di tipo
Vulci
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 78
VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 96
prima metà VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 102
prima metà
VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 110
prima metà
VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 113
VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 127
VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 135
metà VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 142
metà VI secolo a.C.
grattugia
oinochoe+bacile ad orlo
perlinato+bacile
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 143
metà
VI secolo a.C.
grattugia
oinochoe+bacile ad orlo perlinato
colum
colum
coppa+bacile ad orlo teso
phiale+bacile ad orlo perlinato
grattugia
kotyle+bacile ad orlo teso
oinochoe a bocca
rotonda+kotyle+phiale
baccellata+bacile
phiale+bacile ad orlo teso
phiale mesomphalos
phiale mesomphalos+2 bacili
ad orlo perlinato
podanipter
Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 144
VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 149
VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 151
VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 154
prima metà VI secolo a.C.
phiale
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 156
metà
VI secolo a.C.
bacile ad orlo perlinato
211
kotyle+bacile
bacile ad orlo perlinato
bacile ad orlo perlinato
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 157
metà VI secolo a.C.
oinochoe+phiale
mesomphalos+coppetta+bacile
ad orlo perlinato tipo C
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 159
metà VI secolo a.C.
phiale mesomphalos+bacile
ad orlo perlinato
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 164
metà VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 167
metà VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 170
metà VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 171
metà VI secolo a.C.
Chiaromonte-Sotto la Croce
T. 184
metà VI secolo a.C.
Chiaromonte-Serrone T. 23
metà VI secolo a.C.
Chiaromonte-San Pasquale
T. 227
fine V secolo a.C.
oinochoe+coppa emisferica
bacile ad orlo perlinato
grattugia
oinochoe (pigmento ocra
pura)+bacile ad orlo perlinato
colum
olpe+phiale+2 bacili ad orlo
perlinato
colum
oinochoe “rodia” B
lucerna
colum+simpulum
bacile
Guardia Perticara-San Vito
T. 502
inizi VI secolo a.C.
Guardia Perticara-San Vito
T. 554
VI secolo a.C.
Guardia Perticara-San Vito
T. 583
prima metà
VI secolo a.C.
grattugia
phiale mesomphalos
Guardia Perticara-San Vito
T. 192
prima metà V secolo a.C.
grattugia+ colum
+simpulum
situla+oinochoe+phiale
Guardia Perticara-San Vito
T. 210
prima metà V secolo a.C.
grattugia
situla+phiale
Guardia Perticara-San Vito
T. 218
prima metà V secolo a.C.
grattugia+colum
+simpulum
situla+phiale
Guardia Perticara-San Vito
T. 596
metà V secolo a.C.
grattugia
oinochoe+griff-phiale
Marsico Nuovo-Agri
seconda metà VI
secolo a.C.
2 bacili
Rivello-Masseria Pandolfi
T. 2
seconda metà VI
secolo a.C.
bacile
bacile
bacile
Fig. 20. Tabella dei contesti enotri che restituiscono vasellame e instrumenta in bronzo.
sostegno per
lucerna
+lucerna
+kottabos ferro
212
Maria Pina Garaguso
Bibliografia
Albanese Procelli, R.M., 1985. Considerazioni sulla distribuzione dei bacini bronzei in area
tirrenica e in Sicilia, in Il commercio etrusco arcaico
(Atti dell’Incontro di Studi, Roma, 5-7 dicembre
1983), Roma: Consiglio Nazionale delle Ricerche:
179-206.
Albanese Procelli, R.M., 2006. I recipienti in
bronzo a labbro perlato, in Gli Etruschi da Genova
ad Ampurias (Atti del XXIV Convegno di Studi
Etruschi e Italici, Marseille-Lattes, 26 settembre-1
ottobre 2002), Pisa-Roma: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali: 307-318.
Albanese Procelli, R.M., 2018. Recipienti in bronzo a labbro perlato. Produzione, circolazione e destinazione
(Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici, Biblioteca di «Studi Etruschi» 60), Roma: Giorgio
Bretschneider Editore.
Alberici Varini, C., 1999. Corredi funerari dalla
necropoli ceretana della Banditaccia-Laghetto I; tombe 64,
65, 68 (Rassegna di Studi del Civico Museo Archeologico e del Civico Gabinetto Numismatico
di Milano, suppl. vol. 19), Milano: Civiche raccolte archeologiche e numismatiche.
Barberis, V., 1999. I siti tra Sinni e Bradano
dall’età arcaica all’età ellenistica: schede, in M.
Barra Bagnasco, E. De Miro, A. Pinzone (a cura
di), Magna Grecia e Sicilia, Messina: Di.Sc.A.M:
59-106.
Bartoloni G., 2003. Le società dell’Italia primitiva. Lo studio delle necropoli e la nascita delle aristocrazie,
Roma: Carocci.
Benedettini, M.G., 1999. Note sulla produzione
dei sostegni fittili dell’agro falisco, StEtr 63: 3-73.
Bessi, B., 1997. La musica del simposio: fonti
letterarie e rappresentazioni vascolari, AIONArch 4:
137-152.
Bianco, S. (a cura di), 1996. I Greci in Occidente.
Greci, Enotri e Lucani nella Basilicata meridionale, Policoro, Museo Nazionale della Siritide 4 maggio 1996,
Napoli: Electa.
Bianco, S., 2010. Vino e simposio nelle comunità dell’Enotria, in G. Di Pasquale (a cura di), Vinum nostrum. Arte, Scienza e miti del vino nelle civiltà del
Mediterraneo antico, Firenze: Giunti: 129-131.
Bianco, S., 2020. L’acropoli di Chiaromonte:
la facies enotria tra X/IX e V secolo a.C., in S.
Bianco, A. De Siena, D. Mancinelli, A. Preite (a
cura di), Chiaromonte. Un centro italico tra archeologia
e antropologia storica. Studi in memoria di Luigi Viola,
Venosa: Osanna: 91-132.
Bianco, S., Preite, A. 2014. Identificazione degli Enotri. Fonti e metodi interpretativi, MEFRA
126: 1-49.
Bottini, A. (a cura di), 1994. Armi. Gli strumenti
della guerra in Lucania, Bari: Edipuglia.
Bottini, A., 1996. Il vasellame metallico, in
Bianco 1996: 98-101.
Bottini, A., 2001. Gli Etruschi in Lucania, in
G. Camporeale (a cura di), Gli Etruschi fuori d’Etruria, San Giovanni Lupatoto: Arsenale: 252-259.
Bottini, A., 2002. Tra Oriente ed Occidente: un gruppo di recipienti metallici da Lavello,
Ostraka 11, 2: 81-91.
Bottini, A., 2016. Popoli anellenici in Basilicata, mezzo secolo dopo, in M.L. Marchi (a cura di),
Identità e conflitti tra Daunia e Lucania preromane, Pisa:
Edizioni ETS: 7-50.
Bottini, A., 2020. Vasi, strumenti e armi in metallo, in S. Bianco, A. De Siena, D. Mancinelli, A.
Preite (a cura di), Chiaromonte. Un centro italico tra archeologia e antropologia storica. Studi in memoria di Luigi
Viola, Venosa: Osanna: 139-154.
Bottini, A., Costanzo, D., Preite A., 2018.
Chiaromonte: spazio funerario e struttura sociale
di una comunità enotria, Ostraka 27: 5-22.
Bottini, A., Graells I Fabregat, R., Vullo, M.,
2019. Metaponto: tombe arcaiche della necropoli nordoccidentale, Venosa: Osanna.
Bottini, A., Lecce, L., 2020. La tomba n. 227
di Località San Pasquale, proprietà Luigi Viola, in
S. Bianco, A. De Siena, D. Mancinelli, A. Preite (a
cura di), Chiaromonte. Un centro italico tra archeologia
e antropologia storica. Studi in memoria di Luigi Viola,
Venosa: Osanna: 359-376.
Bottini, A., Setari, E., 1996. Il mondo enotrio
tra Greci ed Etruschi, in Bianco 1996: 57-67.
Bottini, A., Setari, E., 2003. La necropoli italica
di Braida di Vaglio in Basilicata. Materiali dello scavo
del 1994 (MonAnt 17), Roma: L’Erma di Bretschneider.
Bottini, A., Tagliente, M., 1993. Osservazioni
sulle importazioni etrusche in area lucana, CMGr
33: 487-527.
Botto, M., 2000, Tripodi siriani e tripodi fenici
dal Latium Vetus e dall’Etruria meridionale, in P.
Bartoloni, L. Campanella (a cura di), Atti del Primo
Congresso Internazionale Sulcitano “La Ceramica Fenicia
di Sardegna. Dati, Problematiche, Confronti”, Roma:
Consiglio Nazionale delle Ricerche: 63-98.
Ferri, S., 1928. Divinità ignote. Nuovi documenti
di arte e di culto funerario nelle colonie greche, Firenze:
Vallecchi.
Guzzo, P.G., 2012. Indigeni in Calabria settentrionale nell’VIII secolo a.C. (Aristonothos. Scritti per il
Mediterraneo antico. Convivenze etniche, scontri
e contatti di culture in Sicilia e Magna Grecia 7),
Trento: Tangram Edizioni Scientifiche: 445-464.
Iaia, C., 2006. Servizi cerimoniali e da “sim-
Vasellame bronzeo e instrumentum da banchetto in Enotria
posio” in bronzo del primo Ferro in Italia centrosettentrionale, in P. von Eles (a cura di), La ritualità
funeraria tra età del Ferro e orientalizzante in Italia (Atti
del Convegno, Verucchio, 26-27 giugno 2002),
Pisa-Roma: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali: 103-110.
Marino, M.F., Possidente, L. 2020. Chiaromonte: aspetti geologici e geomorfologici, in S.
Bianco, A. De Siena, D. Mancinelli, A. Preite (a
cura di), Chiaromonte. Un centro italico tra archeologia
e antropologia storica. Studi in memoria di Luigi Viola,
Venosa: Osanna: 29-37.
Meirano, V., 2004. Bacili ad orlo perlinato:
nuovi dati dai contesti sacri della Calabria meridionale, in C. Museţeanu (ed.), The antique bronzes:
typology, chronology authenticity (The Acta of the 16ʰ
International Congress of Antique Bronzes, The
Romanian National History Museum, Bucharest,
may 26-31 2003), Bucharest: Editura Cetatea de
Scaun: 305-317.
Micozzi, L., 1994. «White on red». Una produzione
vascolare dell’orientalizzante, Roma: Gruppo Editoriale Internazionale.
Montanaro, A.C., 2014. Un gruppo di bronzi
preromani da Ruvo di Puglia al British Museum
di Londra, in C. Bucci (a cura di), Studi rubastini.
I luoghi, la storia, l’arte, l’architettura di Ruvo di Puglia,
Ruvo di Puglia: Associazione Turistica Pro Loco:
11-80.
Poux, M., Dietler, M., 2004. Du vin, pourquoi
faire?, in J.-P. Brun, M. Poux, A. Tchernia (éds.),
Le vin, Nectar des Dieux, Génie des hommes, Gollion:
Infolio: 9-26.
Preite, A., 2020. Chiaromonte: storia delle ricerche e dinamiche di antropizzazione pre-protostorica, in S. Bianco, A. De Siena, D. Mancinelli,
A. Preite (a cura di), Chiaromonte. Un centro italico
tra archeologia e antropologia storica. Studi in memoria di
Luigi Viola, Venosa: Osanna: 57-90.
Preite, A., Mancinelli, D., 2020. La tomba n.
227: dati strutturali, antropologici e archeologici,
in S. Bianco, A. De Siena, D. Mancinelli, A. Preite
(a cura di), Chiaromonte. Un centro italico tra archeologia
213
e antropologia storica. Studi in memoria di Luigi Viola,
Venosa: Osanna: 377-410.
Russo, A., Di Lieto, M., 2008. Il territorio del
Marmo-Platano, in A. Russo, H. Di Giuseppe (a
cura di), Felicitas temporum: dalla terra alle genti: la
Basilicata settentrionale tra archeologia e storia, Potenza: Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Basilicata: 29-87.
Russo Tagliente, A., 1992-1993. Chiaromonte (Potenza). La necropoli arcaica in loc. Sotto la
Croce, scavi 1973, NSc 9(3/4): 233-409.
Shefton, B.B., 2009. Oinochoai and Other
Etruscan, Italic, and Greek Vessels in Bronze from
Trestina, in F. Lo Schiavo, A. Romualdi (a cura
di), I complessi archeologici di Trestina e di Fabbrecce nel
Museo Archeologico di Firenze (MonAnt 12), Roma:
L’Erma di Bretschneider: 107-138.
Sirano, F., 1995. Il sostegno bronzeo della tomba 104 del Fondo Artiaco di Cuma e il problema
dell’origine dell’holmos, in M. Cristofani, F. Zevi,
(a cura di), Studi sulla Campania preromana (Pubblicazioni scientifiche del Centro di studi della Magna Grecia dell’Università degli studi di Napoli
Federico II, Terza serie, vol. 2), Roma: L’Erma di
Bretschneider: 1-50.
Tagliente, M., 1985. Elementi del banchetto in
un centro arcaico della Basilicata (Chiaromonte),
MEFRA 97:159-191.
Tarditi, C., 1996. Vasi di bronzo in area apula. Produzioni greche ed italiche di età arcaica e classica (Dipartimento di Beni Culturali, settore storico archeologico 8), Galatina: Congedo Editore.
Valenza Mele, N., 1982. Da Micene a Omero:
dalla phiale al lebete, AIONArch 4: 97-133.
Verger, S., 2014. Cratères à volutes et manifestation du rang dans la nécropole aristocratique de
Trebenište (FYROM), in J. De La Genière (éd.),
Le cratère à volutes. Destinations d’un vase de prestige entre
Grecs et non-Grecs. Du Corpus Vasorum Antiquorum du
Musée Pouchkine aux fouilles de Panticapée (Actes du
Colloque International du Corpus Vasorum Antiquorum, Paris, 26-27 octobre 2012), Paris: De
Boccard: 253-278.