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Dio è comunicazione per eccellenza

Giuseppe De Carli, un professionista al servizio della verità

DIO È COMUNICAZIONE PER ECCELLENZA Giuseppe De Carli professionista al servizio della verità a cura di ELISABETTA LO IACONO GIOVANNI TRIDENTE In appendice “I viaggi dei Papi: tra diplomazia e comunicazione” con interventi di SER. Mons. Georg Gänswein e Marco Tosatti EDUSC Via Cosimo Tornabuoni, 14/A 00166 ROMA Cod. Fisc. 97680930589 www.associazionedecarli.it ATTI CERIMONIA DI PREMIAZIONE Premio “Giuseppe De Carli” - 1ª edizione 5 dicembre 2013 Aula Álvaro del Portillo Pontiicia Università della Santa Croce GIORNATA DI STUDIO I viaggi dei Papi: tra diplomazia e comunicazione 5 giugno 2014 Aula Álvaro del Portillo Pontiicia Università della Santa Croce Partner accademici VN S AN PONTIFICIA UNIVERSITÀ D E L L A S A N TA C R O C E IS P O N TI FI ITA ERS S IV C IA Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura - Seraphicum C TA E CRV C Impaginazione e graica: Co.Art srl - www.co-art.it Immagine di copertina: da un ilmato di Pier Luigi Lodi (RAI) Foto: Gianni Proietti (Pontiicia Università della Santa Croce) © Copyright 2014 - ESC s.c.a.r.l. Via dei Pianellari, 41 - 00186 Roma Tel. 0645493637 - Fax 0645493641 E-mail: info@edusc.it ISBN 978-88-8333-355-2 Ai giovani che si affacciano alla professione giornalistica, perché possano sperimentare lo stesso entusiasmo di Giuseppe prefazione Lucio BruneLLi Direttore Tv2000 Vincitore della 1ª edizione del Premio “Giuseppe De Carli” (2013) L’ultima immagine che conservo di Giuseppe De Carli è del marzo 2010. Vulcanico, entusiasta come sempre, una rafica di idee. Non riusciva a stare fermo un attimo su quella poltrona. Ci aveva convocato nel suo studio di Borgo Sant’Angelo, voleva coinvolgere i colleghi del Tg2 nel progetto di uno speciale su Papa Wojtyla che fu trasmesso poi il 18 maggio 2010. Fu l’ultima sua produzione, morì due mesi dopo. Era già malato, un segreto che per pudore conservava per sé. Anche noi ignoravamo la gravità del male, e nulla nei suoi modi e nel suo volto lo faceva presagire. Lo intricava come tutte le cose nuove e un po’ audaci l’idea di collaborare con giornalisti di una testata diversa e storicamente “competitiva” rispetto al suo Tg1, in cui aveva profuso tante energie prima di impegnarsi come responsabile della struttura Rai Vaticano. Collaborazione inedita, già sperimentata giusto un anno prima, in occasione del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa (maggio 2009). Indimenticabile la telecronaca che facemmo insieme della preghiera del Papa sul Monte Nebo in Giordania (da dove Mosè vide da lontano la Terra Promessa, senza poterla mai raggiungere). E la 5 dio è comunicazione per eccellenza Messa a Nazareth, sul Monte del precipizio, sveglia alle tre e mezza della notte, perché le ragioni della sicurezza, imposte dalle autorità israeliane, obbligavano a raggiungere i varchi d’accesso alle postazioni tv prima che sorgesse il sole. Lui felice come un bambino, mai un lamento per i disagi; tutto il tempo, fra un posto di blocco e l’altro, a discutere del controverso viaggio di Benedetto (preceduto dai peggiori auspici, per l’esplodere del caso Williamson, il Vescovo lefebvriano che negava l’esistenza delle camere a gas nei campi di sterminio). E poi il commento in diretta dell’evento, la solita professionalità, pagine e pagine di appunti preparati con pignoleria su ogni aspetto storico e liturgico della Messa in Galilea. Aveva convinto il Cardinale Carlo Maria Martini, già malato di Parkinson, a registrare un breve commento biblico su ognuna delle tappe del pellegrinaggio. Era così, puntava sempre al massimo. Professionale, ne aveva viste tante, eppure sapeva stupirsi ogni volta. “L’informazione è una questione di sguardo”. Mi piace molto la citazione di Giuseppe che l’Associazione De Carli ha posto a manifesto delle sue inalità. Chissà con quale sguardo, stupito, appassionato, avrebbe commentato prima le dimissioni di Ratzinger e poi l’elezione di Bergoglio. Sta bene lassù, Giuseppe. Ma certo, cosa non avrebbe dato per ottenere un “permesso” e riscendere un attimo quaggiù per commentare da giornalista, in diretta, quegli eventi imperdibili. “I concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce”, scriveva Gregorio di Nissa, grande autore cristiano dei primi secoli. Se un giornalista, ma vale per ogni attività umana, cerca nei fatti solo la conferma di una propria idea non fa bene il suo mestiere. Comunica solo un proprio preconcetto. Ma questo non vale solo per i colleghi “laici”, a cui i media cattolici rimproverano spesso, e a volte con ragione, di leggere gli eventi ecclesiali con le lenti deformate da un 6 Prefazione pregiudizio ideologico o con l’approccio efimero delle notizie curiose o di colore. Lo stesso richiamo vale anche per noi “credenti”. Quanti blog ipercattolici, fogli e foglietti, si accostano alla igura di Francesco cercando nelle sue parole solo la conferma delle proprie quattro idee. Questo Papa va bene, allora, solo se rientra nello schema di un cattolicesimo di lotta, perennemente arrabbiato con il mondo. Solo se strilla tutti i giorni contro l’aborto, l’eutanasia e i matrimoni gay. Come se tuonare tutti i giorni servisse veramente a qualcosa... E non avesse più eficacia, nel trasmettere il valore della vita, la predicazione silenziosa del Papa fatta di gesti di tenerezza, con i bambini appena nati, con gli anziani, i disabili, i deformi. Come non vedere questo, come non rallegrarsi di questo? Certi cattolici duri e puri sembrano infastiditi dalla simpatia che Francesco suscita tra le persone lontane dalla Chiesa e perché no, anche in alcuni organi di informazione secolari, in passato mai teneri con la Chiesa. “Cristianisti”, militanti che fanno del cristianesimo un vessillo ideologico. Ma i primi che hanno seguito Gesù, duemila anni fa, da cosa erano attratti? Dall’ideologia del Messia o piuttosto dal suo sguardo mite, dal fascino della sua umanità che scandalizzava i benpensanti, da quel passare fra la gente senza stancarsi di fare del bene? Lo stupore, appunto. “Un imprevisto è la sola speranza”, scriveva il laico Eugenio Montale in una delle sue poesie più belle. Essere aperti a qualcosa che trascende la stagnazione dei propri pensieri è il vertice dell’intelligenza. La preghiera umana più onesta e vera che si possa fare. Ho la fortuna, facendo il mestiere di vaticanista, di potermi immergere nella folla che assiste alle cerimonie e alle udienze di Francesco in Piazza san Pietro. Di vedere il Papa con i loro occhi. Gente semplice, magari che non sa elaborare grandi discorsi, ma percepisce di istinto una positività, una familiarità 7 dio è comunicazione per eccellenza profonda tra ciò che vede, ciò che ascolta, e le ragioni del proprio cuore. Come i primi che seguivano Gesù. Per questo, certo, mi indigno per la supericialità della grande stampa, cartacea e on line. Il Papa ogni mercoledì tiene catechesi meravigliose, che incantano la gente, e sulle pagine dei giornali inisce solo la Papalina che vola via per il vento. Va in parrocchia, dedica ore a incontrare i fedeli, pronuncia omelie che toccano i cuori e le menti di migliaia di persone, e sui grandi media resta solo la foto curiosa di Francesco che batte il cinque con il bambino di periferia. Un’informazione che mette tristezza. Perché tratta così il Papa ma anche tutto il resto. La politica, la cronaca, gli esteri… Privi di fantasia e ancora, di... stupore. Però poi uno si domanda: ma in una società non più cristiana, che ha perso da tempo ogni nozione del vocabolario cristiano perché non fa più l’esperienza del cristianesimo, come posso pretendere che un giornalista “laico” possa considerare notizia una bella catechesi sulla confessione o il commento alle letture della Messa? Normale. Meglio, quasi normale, che puntino tutto sul colore, sulla curiosità. La scelta più facile. Più conformista. Apri le home page dei maggiori quotidiani e trovi le stesse foto, la stessa collocazione. Tutto scontato e cinicamente prevedibile. È il paganesimo, bellezza. Un mondo post-cristiano. Tempo sprecato stare lì a inveire contro i “mala tempora” e i media secolari e secolarizzati. Non è l’elogio della passività. Della “ignavia spirituale”. È realismo. Più sensato farne piuttosto una battaglia più generale, contro il degrado gossipparo e conformista (verso il basso) dell’informazione tout court. 8 Ma si deve imparare sempre da Gesù. Che perdeva la pazienza più spesso e volentieri con i suoi che con le persone lontane. Con la casta sacerdotale che aveva il suo centro a Gerusalemme, nella Giudea, piuttosto che con i samaritani e gli abitanti della periferica e spuria Galilea. 9 introduzione L’Associazione Culturale “Giuseppe De Carli – Per l’informazione religiosa” nasce con una volontà dinamica: non tanto una commemorazione ine a se stessa, bensì il desiderio di mantenere vivi, nella quotidianità, la igura e l’insegnamento di De Carli, attualizzandone la testimonianza nelle diverse side delle quali l’informazione religiosa è chiamata a farsi carico. Le direttrici di questo impegno le ha lasciate lo stesso Giuseppe De Carli: è suficiente mettersi sui suoi passi per comprendere la ricchezza di questa professione e per viverla come una vera e propria missione al servizio della verità. Proprio questa immagine ha suggerito il sottotitolo della presente pubblicazione: “Giuseppe De Carli. Professionista al servizio della verità” dove questo abusato sostantivo viene inteso nella duplice accezione di verità dei fatti e di Verità come Parola. In in dei conti, un giornalista ha un imprescindibile punto di riferimento: il dovere della verità come maggiore approssimazione possibile al fatto che si racconta (richiamandosi ai concetti di obiettività e buona fede) cui si aggiunge, per il vaticanista e il giornalista cattolico, la necessità di servire la verità con la “v” maiuscola, per favorire la diffusione di un’informazione chiara ed eficace sugli aspetti inerenti l’ambito della fede. Un terreno che richiede studio, sensibilità ed esperienza – come rimarcò Papa Francesco il 16 marzo del 2013, nel corso dell’udienza 11 dio è comunicazione per eccellenza ai rappresentanti dei media – per saper interpretare e comunicare gli avvenimenti attraverso quella particolare ermeneutica che non è propria delle vicende mondane e che, proprio per questo, richiede un ulteriore impegno e una particolare sensibilità. La caratterizzazione missionaria della professione è un punto chiave di questa Associazione che, già nella scelta della denominazione, non ha voluto rinunciare al nome “Giuseppe De Carli”, facendo seguire la speciicazione “per l’informazione religiosa”, quasi fosse sottinteso che si è trattato di una vita al servizio dell’informazione religiosa e oggi, molto umilmente, della volontà di un gruppo di colleghi e amici, di mantenere accesa quella luce. Una luce che, se alimentata, potrà illuminare i passi dei giovani che si affacciano oggi alla professione e che tra qualche anno, per evidenti motivi biograici, non avrebbero molte possibilità di conoscere questo grande maestro. Ma crediamo anche che quella stessa luce possa illuminare i passi di chi questa strada la percorre con la sicurezza data dalla lunga frequentazione, con il rischio di non scorgere più i piccoli dettagli, quelli capaci di sorprendere, che si incontrano lungo il percorso. Ripensare costantemente la propria professione e mettersi in gioco, anche attraverso la partecipazione a un premio giornalistico, è un chiaro segnale di una maturità professionale che non si dà mai per scontata ma che interpreta la professione, al pari della vita, come un cammino. Proprio il Premio “Giuseppe De Carli”, del quale trovate nella presente pubblicazione la cronaca della prima edizione, rappresenta il principale appuntamento della nostra Associazione. Un’iniziativa che, a cadenza annuale, intende raccogliere e premiare i lavori più meritevoli, prodotti sia da giornalisti di “lungo corso” sia dagli under 30 impegnati nelle diverse tipologie dei media. 12 Introduzione La giornata di premiazione rappresenta anche un’opportunità di incontro e di rilessione, per confrontarsi su temi che toccano da vicino l’informazione nella sua quotidianità, il rapporto con la Chiesa, con le altre religioni, con la società, le implicazioni sul piano della deontologia professionale. Con la volontà di creare, nel corso dell’anno, ulteriori occasioni di dibattito e di formazione per contribuire al perseguimento di quegli obiettivi così importanti nella visione di Giuseppe De Carli come la qualiicazione della professione e l’attenzione ai giovani che intendono intraprendere questo mestiere. A tale proposito, la pubblicazione presenta in appendice anche le relazioni della giornata di studio sul tema I viaggi dei papi. Tra diplomazia e comunicazione alla quale hanno partecipato, in veste di relatori, SER. Mons. Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontiicia e già segretario particolare di Papa Benedetto XVI, e Marco Tosatti, vaticanista de La Stampa-Vatican Insider. Tanti stimoli per vedere la realtà con occhi privi di pregiudizi, con umiltà e con quella profondità spirituale dello sguardo che – ricordava De Carli – deve connotare la vera informazione. Limitandosi a leggere gli eventi così come si presentano e a donare la propria esperienza di testimoni e narratori della verità, senza inventarsi niente di nuovo, senza forzare i meccanismi dell’informazione e dell’interpretazione in quanto già lo stesso “Dio è comunicazione per eccellenza”. 13