Il potere di comunicare Dio
Il discorso religioso gode di prerogative proprie, racchiude una potenza in grado di raggiungere in modi
silenziosi e invisibili il senso del vivere. Questi siluri di energia, marchiati dal nome di Dio, il nome più
potente che c’è, s’incanalano nelle ambiguità e nelle fragilità delle lingue umane, ma soprattutto nelle
articolazioni di uomini e donne, che, mentre comunicano Dio, intrecciano quest’idea alla folla di pensieri,
suggestioni, desideri e ambizioni personali. E talvolta i due elementi, quello umano e quello divino, non
cercano nemmeno di fondersi, sono semplicemente l’uno giustapposto all’altro.
Se poi a parlare di Dio è un’istituzione di rilievo, un capo politico, oltre che religioso, il ventaglio di interessi
e sfumature si amplia a dismisura e racchiude innumerevoli altre preoccupazioni. Le parole possono
costruire e abbattere ponti, possono servire a consolidare come a minare e molto spesso si rivelano utili
come macigni nel colpire gli avversari.
Come però non veicola un oggetto comune, così pure le modalità della comunicazione religiosa dovrebbero
avvenire nel rispetto della precedenza che l’argomento Dio vanta su ogni altro per i credenti di qualunque
denominazione. Questa precedenza e questa eccezionalità non appaiono sempre così evidenti nella
comunicazione dei credenti, dei predicatori più o meno istituiti e dei leader religiosi.
Cristiani di Slavia
Da alcune settimane a questa parte, dalla data tristemente nota del 24 febbraio, inizio del conflitto armato
fra Russia e Ucraina, alla forzosa fiumana di sfollati in fuga dalle zone di guerra, corrisponde il progressivo
trasferimento del nostro immaginario collettivo nei territori contesi. Da allora ci sentiamo tutti un po’
profughi dalle antiche certezze. Queste si sono rivelate gradualmente come illusioni di una pace duratura,
smascherando piuttosto codici di relazioni di forza sfacciata.
I riflettori puntati sull’Europa dell’Est hanno lasciato riaffiorare alla memoria anche le prerogative religiose
delle popolazioni slave, l’organizzazione del cristianesimo e, eventualmente, la sua convivenza con altre
fedi e con la loro programmatica negazione subita in anni di regimi autoritari che miravano a sopprimere la
religione.
E così l’attenzione mondiale non si è rivolta esclusivamente alle questioni di palazzo, alle analogie con la
storia del passato, ai punti di contatto e alle distanze rispetto all’epoca degli zar, al regime di Lenin o a
quello di Stalin. Si è focalizzata sulla chiesa ortodossa russa, si è esercitata nel rappresentarsi una chiesa
cristiana organizzata intorno ai patriarcati, affezionata alle culture nazionali, dichiaratamente sinodale,
sinfonica, eppure afflitta da divisioni e rivalità. Mentre l’azione bellica si spostava sui territori fisici e
rispolverava famigerati vessilli, primo fra tutti il richiamo simbolico al nazismo, a livello ecclesiastico non
mancavano antiche e nuove tensioni.
Si diventa cristiani con il battesimo e i territori slavi vi hanno avuto accesso dalle acque del fiume Dnepr, nel
988, dopo che il principe Vladimir aveva accolto e fatto propria la fede cristiana. Allora lo stato della Rus’
divenne cristiano e adottò il rito bizantino. Da Kiev è iniziata la storia cristiana delle attuali Russia e Ucraina.
La storia religiosa di quell’area non è stata monolitica, come si potrebbe credere. Percepirsi naturalmente
come diversi dagli invasori turco-mongoli dell’Orda d’Oro non cancella importanti differenze interne. Ad
esempio, in occasione del Concilio di Basilea-Ferrara-Firenze (1431-1445) la Rus’ settentrionale, attuale
1
Russia, e la Rus’ meridionale, l’Ucraina, compirono scelte religiose diverse. Il concilio in questione si
proponeva di ricomporre lo scisma fra Chiesa d’Occidente e Chiesa d’Oriente e sulla carta lo realizzò.
Mentre, però, la Chiesa di Moscovia rigettò le indicazioni del Concilio, la Rus’ meridionale, vicina al regno di
Polonia, si era espressa a favore dell’unità, collocando Kiev sullo stesso asse di Roma e Costantinopoli. Uno
dei partecipanti alla famosa assise era Isidoro di Kiev, promotore dell’uniatismo, tacciato di apostasia dal
clero ortodosso russo.
Attualmente il patriarcato di Mosca raccoglie 150 milioni di fedeli ortodossi sul totale di 250 milioni nel
mondo. Eppure l’Ucraina conserva il valore simbolico degli inizi e può vantare sul proprio territorio siti di
particolare valore per la fede, quali la Lavra, cioè il Monastero, delle Grotte di Kiev, e il monastero di San
Giobbe di Pochajiv, nei pressi della città di Kolomyja, nella regione più occidentale dell’Ucraina.
Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie
Durante il consueto sermone nella cattedrale moscovita di Cristo Salvatore, la domenica successiva all’inizio
delle operazioni militari, il 27 febbraio 2022, il patriarca Kirill ne ha di fatto sostenuto l’obiettivo, sul piano
religioso, e ne ha offerto un’interpretazione, leggendo il momento storico alla luce del bene e del male. Ha
invitato alla preghiera per la chiesa ortodossa in Ucraina. E per diverse volte ha nominato Sua Beatitudine
Onufrij Berezovskii , metropolita in quanto primate della prestigiosa sede di Kiev e di tutta l’Ucraina. La
porzione di chiesa posta sotto la sua guida è per numero la più estesa dell’Ucraina e appartiene al
patriarcato di Mosca, sebbene goda di ampia autonomia, come stabilito da un preciso statuto concordato
nel 1990 nel concilio episcopale e confermato nel 2009 dal concilio locale della chiesa ortodossa russa. Lo
stesso Kirill consacrò Onufrij, eletto dall’episcopato ucraino nel 2014.
Il 27 febbraio, nel corso di un accorato appello alla preghiera per la Chiesa ortodossa ucraina del
Patriarcato di Mosca, Kirill ha riproposto in questi temi l’ampio tema dell’unità, pregnante tanto per la
storia civile, quanto per quella religiosa:
… Che il Signore custodisca la nostra Chiesa nell’unità. Che il Signore difenda i popoli, che fanno parte dello
spazio unico della Chiesa ortodossa russa, dalla guerra fra loro. Non possiamo permettere alle forze esterne
oscure e ostili di ridere di noi, dobbiamo fare di tutto per mantenere la pace tra i nostri popoli e allo stesso
tempo proteggere la nostra patria storica comune da tutte le azioni esterne che possano distruggere questa
unità.
Oggi la nostra preghiera particolare è per Sua Beatitudine Onufrij, per la nostra Chiesa, per i nostri figli
devoti. Che il Signore custodisca la Terra russa. Quando dico “russa”, adopero l’antica espressione dalla
“Cronaca degli anni passati”: “Donde è cominciata la Terra russa”. La terra di cui fanno parte la Russia,
l’Ucraina e la Bielorussia, e anche altri popoli ed etnie. Che il Signore custodisca la Terra russa dai nemici
esterni… 1
L’unità è individuata chiaramente nell’integrità territoriale così come espressa nella comunione ecclesiale
con il riferimento esplicito alla collettività che fa capo a Onufrij.
Il 2 marzo 2022 il segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese, nonché prete ortodosso, padre
Ioan Sauca, ha chiesto al patriarca Kirill di intervenire sulla scena e di mediare per la pace, soprattutto nel
1
Il testo è riferito da fonte russa, disponibile anche in italiano. In Sua Santità il Patriarca Kirill ha chiamato i fedeli
a pregare per la pace e l’unità della Chiesa (mospat.ru) (ultimo accesso 31 marzo 2022).
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tempo quaresimale di preparazione alla Pasqua per i cristiani di ogni denominazione. Nello stesso giorno
236 fra preti e diaconi hanno chiesto a Onufrij la convocazione di un sinodo, che ufficializzasse la
separazione dal patriarcato di Mosca. Pare che la guerra di Putin, oltre a rinsaldare le relazioni all’interno
della Nato, stia contribuendo alla causa della chiesa nazionale ucraina. E’ probabile che il conflitto induca
molti ortodossi ad abbandonare la tutela di Mosca per confluire nella chiesa autocefala.
L’omelia del 6 marzo 2022, domenica del perdono, ha rappresentato per Kirill l’occasione propizia per
esporre il proprio punto di vista, rispondendo così all’appello di Sauca e ai vescovi, che da ogni angolo del
mondo sollecitavano la sua opera di mediazione. Come nell’omelia del 27 febbraio Kirill offriva
un’interpretazione di unità, applicandola al tempo presente, pur senza essere completamente esplicito,
così il discorso della domenica del perdono diventa una trasposizione filosofica e persino mistica delle forze
in campo. Afferma, tra l’altro:
… La Grande Quaresima è definita da molti asceti di pietà primavera spirituale. … Ma sappiamo che questa
primavera è stata offuscata da gravi eventi legati al deterioramento della situazione politica nel Donbass…
E nel Donbass c’è il rifiuto, un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori … Oggi c’è un tale test …, una sorta
di passaggio a quel mondo “felice”, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della “libertà” visibile. … Il
test … è una parata gay… se le persone o i paesi rifiutano …, allora non entrano in quel mondo, ne diventano
estranei.
… Questo è un peccato che è condannato dalla Parola di Dio, sia l’Antico che il Nuovo Testamento. Inoltre, il
Signore, condannando il peccato, non condanna il peccatore. Lo chiama solo al pentimento, ma non a
garantire che attraverso una persona peccatrice e il suo comportamento, il peccato diventi uno standard di
vita, una variazione del comportamento umano …
Ciò che sta accadendo oggi nell’ambito delle relazioni internazionali, quindi, non ha solo un significato
politico.
… Si tratta della salvezza umana…
Tutto ciò che dico non ha solo un significato teorico e non solo un significato spirituale. Intorno a questo
argomento oggi c’è una vera guerra.
… nel Donbass…i nostri fratelli e sorelle stanno davvero soffrendo…per la loro fedeltà alla Chiesa. E così
oggi, nella domenica del perdono, … come … pastore, invito tutti a perdonare …Ma il perdono senza
giustizia è capitolazione e debolezza… deve essere accompagnato dall’indispensabile conservazione del
diritto di stare dalla parte del mondo, dalla parte della verità di Dio, dalla parte dei comandamenti.
Tutto quanto sopra indica che siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico.
Avvicinati alla tua vita con un’analisi molto profonda e imparziale, chiediti cosa è bene e cosa è male, e in
nessun caso giustificati ... Bisogna sempre chiedere davanti a Dio: Signore, cosa ho fatto di male? …
Il Signore ci aiuti tutti in questo modo, e non altrimenti, ad entrare nel campo della Santa Grande
Quaresima, per salvare le nostre anime e contribuire alla moltiplicazione del bene nel nostro mondo
peccaminoso e spesso terribilmente errato, affinché la verità della mano di Dio regni, domini e guidi il
genere umano. Amen2.
2
Il testo dell’omelia è tradotto e disponibile all’indirizzo Omelia del Patriarca Kirill – Mosca, 6 marzo, domenica del
Perdono (nelfuturo.com) (ultimo accesso 31 marzo 2022).
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Quella che i mezzi di comunicazione definiscono tutti i giorni come invasione russa dell’Ucraina è riproposta
dal sermone di Kirill come un’azione difensiva dalla sostanza metafisica, che basta ad ammantarla di
giustizia, in quanto la riconosce baluardo della tradizione sigillata dalla Bibbia e minacciata da modi di
intendere la libertà estranei alla tradizione russa e veri e propri peccati per i cristiani. L’esercito russo
diventa così martire insieme alla popolazione del Donbass, che, a quanto afferma il Patriarca, soffre a causa
della propria fede.
Le parate gay nel discorso svolgono una funzione retorica di parte per il tutto, sorta di metonimia simbolica
di sicuro effetto, per indicare comportamenti largamente accettati in certi ambienti. In questo caso il
riferimento generico al mondo delle libertà è al cosiddetto Occidente, cioè il mondo altro rispetto a quello
di cui Kirill si dimostra garante e rappresentante. La mediazione da più parti invocata, così come le
riflessioni sul perdono, non possono scendere a patti o fondarsi su qualcosa che non sia riconoscibile come
giustizia, che egli radica direttamente nella Parola di Dio contenuta nella Bibbia, nell’Antico e nel Nuovo
Testamento, come precisa in un passaggio.
Se da un lato la sua prospettiva, completamente rovesciata rispetto alle attese dei più, rimane quale fulgido
esempio di una guerra che dimostra di giorno in giorno le infinite labilità e falsità di cui la comunicazione
può diventare veicolo, dall’altro forse sarà utile a liberare altri credenti dall’ingiusta e troppo facile
etichetta di esclusivisti del fondamentalismo e detentori di guerra santa.
Kirill in una comunicazione autorevole, nel pieno svolgimento della sua funzione carismatica e istituzionale,
offre l’opportunità di riflettere su come i termini della questione possano cambiare di molto posizione,
riflettendo un quadro complessivo di volta in volta diverso. E, inoltre, sfrutta l’occasione per marcare
l’identità propria e della chiesa che guida, fedele testimone di certa tradizione, valido supporto al
nazionalismo e all’imperialismo russo.
Come tutti i gruppi conservatori, che la storia ha conosciuto e continua a nutrire, il patriarca russo palesa
una gerarchia di priorità, per cui i primi a meritare la sua premura pastorale sono i fedeli della sua chiesa,
nel caso specifico i fedeli sofferenti del Donbass, dei quali il resto del mondo, invece, non si occupa, a
quanto afferma. Egli è, dunque, dalla parte degli ultimi.
E’ triste che si facciano sofismi e che addirittura si scomodi la metafisica, perdendo di vista il gorilla in
mezzo alla stanza, e cioè lo scempio umano, ambientale, culturale che sta avvenendo in tutta l’Ucraina da
settimane. Ed è ancora più penoso che lo si giustifichi come una difesa del bene, affermato dalla Bibbia,
contro il male.
Sassolini nella scarpa
Dopo la Russia e l’Etiopia l’Ucraina accoglie la comunità ortodossa più numerosa al mondo. Sul suo suolo,
però, ne ospita diverse rappresentanze. Di queste la più imponente numericamente è la chiesa annessa al
patriarcato di Mosca, denominata Chiesa Ortodossa Ucraina.
Nel 2018 Bartolomeo, il patriarca di Costantinopoli, cui spetta un primato d’onore nel mondo ortodosso, ha
concesso l’autocefalia alla Chiesa Ortodossa dell’Ucraina e nel gennaio del 2019 ha intronizzato il proprio
primate, il metropolita Epifanio Dumenko. Le cerimonie religiose di questa chiesa si svolgono in ucraino e
non in slavo antico come quelle della chiesa ortodossa russa. Inoltre la chiesa autocefala di Ucraina mostra
un atteggiamento ecumenico diverso, coltivando maggiormente le relazioni con la chiesa greco-cattolica
ucraina e con la chiesa latina.
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La presa di posizione del patriarcato ecumenico è stata subita come un’indebita ingerenza da parte del
patriarcato di Mosca, che ha definito scismatica la neonata chiesa ortodossa ucraina e ha interrotto le
relazioni con il patriarcato di Costantinopoli. D’altro canto la ferita si aggiungeva a un corpo di relazioni già
abbastanza compromesso, poiché nel 2014 l’Ucraina viveva un clima di notevole instabilità, che aveva
facilitato l’annessione della Crimea alla Russia. Il destino dei popoli è difficilmente separabile dalla storia
delle chiese, specie quando queste si caratterizzano deliberatamente anche sulla base della propria etnia. A
riprova di questo legame, la nascita della chiesa ortodossa dell’Ucraina fu salutata dall’allora presidente
Petro Poroshenko come il giorno in cui finalmente riceviamo la nostra indipendenza dalla Russia 3.
La nascita di questo nuovo soggetto religioso rappresentava per Kirill una perdita ingente di fedeli, di
risorse, di territorio, di autorità a livello internazionale. L’unità cui fa riferimento nel sermone del 27
febbraio bada a ripristinare l’integrità perduta, non meno di quanto lo desideri il presidente Putin sul piano
politico. Il sostegno imperialistico, che i due si scambiano, sostiene ciascuno nei propri obiettivi. Anche per
Kirill può essere un’opportuna rivalsa per il sostegno di Costantinopoli alla chiesa autocefala di Ucraina.
Dissidenze, dissonanze, appartenenze
Espressioni di dissidenza, dissonanze varie rispetto al pensiero dominante e condizionate dalle dure
repressioni poste in atto, non mancano. Un gruppo di oltre duecento teologi russi, preti e diaconi,
appartenenti alla chiesa ortodossa russa, ha firmato un appello indirizzato a Kirill, invocando la fine delle
ostilità e la ripresa del dialogo. In molte parrocchie durante i servizi liturgici il nome del Patriarca Kirill è
omesso.
Un’iniziativa analoga è stata promossa da un gruppo di pastori battisti e pentecostali russi e da voci del
mondo cattolico, non soltanto da parte di papa Francesco, che ha incontrato Kirill in una videochiamata il
16 marzo 2022 e ha inviato in Ucraina due cardinali per manifestare vicinanza alla popolazione locale.
Con impeto e in un tempo breve il conflitto in Ucraina ha portato alla luce quanto relativi siano gli equilibri,
che mantengono in essere le relazioni, le appartenenze, le identità. E quanto è complesso il legame del
presente con il passato, in quanti modi diversi possa essere analizzato.
Il fattore religioso è intrecciato alla radice con tutte queste e altre variabili.
Il discorso religioso, però, dovrebbe custodire dentro di sé quello che i musulmani chiamano qibla, la
bussola, che trova in Dio il centro, non in sé, non negli interessi passeggeri, ma in vista del regno che è e che
sarà. Il discorso è sempre, in un certo senso, dissonante e smuove da ogni appartenenza umana, storica,
culturale.
Il fatto stesso di dedicare a Dio la comunicazione, come avviene nell’opera di diffusione o di testimonianza
personale di ciascun credo, delinea dei confini di appartenenza precedenti a tutto il resto, dei principi
intoccabili.
In queste settimane più volte è stato fatto riferimento ai personaggi biblici di Caino e Abele, tragico
paradigma della guerra fratricida in corso. Ed è anche probabile che in ogni Caino ci sia un po’ di Abele, che
in ogni Abele ci sia stato qualche Caino, in fondo sono fratelli! Ciò che resta sembra la ripetizione continua
della stessa storia, terre intrise di sangue, superstiti destinati a vagabondare. Dopo migliaia di anni la cifra
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In La militarizzazione delle coscienze: la guerra santa di Putin e Kirill (micromega.net) (ultimo accesso 31 marzo
2022).
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dominante delle esistenze è ancora quella dell’avere, nonostante le spiritualità, le religioni, i tanti martiri da
tutte le parti. Continuiamo a vederci gli uni contrapposti agli altri, persino in nome di Dio, delle fedi. E per
quanto attiene alla storia, si può rinvenire qualunque tipo di giustificazione. La storia è un fenomeno
umano, sottoposto al vaglio degli esseri umani.
La comunicazione su Dio, però, almeno da parte di chi crede e di chi ha autorità, deve manifestare la
propria diversità, l’autentica alterità, la costante dissonanza, l’unica valida appartenenza. Alterità non è
sinonimo di distanza, incomunicabilità. Il parlare su Dio è usato più spesso come arma, affermazione di
potere, definizione della propria identità, bella mostra di sé. Che differenza c’è, dunque, fra un sermone e
un comizio?
E’ auspicabile, ma è anche molto probabile, che dal silenzio dell’Ucraina in macerie sorgerà una parola di
riconciliazione, un ecumenismo del quotidiano espresso da ortodossi già riconciliati, cattolici-greci, cattolici
latini, protestanti battisti, pentecostali e di ogni denominazione. Il dolore affratella spesso più dei proclami
sbandierati. E così il seme caduto in terra e morto rinascerà sotto forma di comunione nelle diversità
confessionali, ma nell’unità della vita e della fede slanciate nell’impegno di costruire non la propria Babele,
ma il futuro di una terra giovane e troppo tristemente concimata.
Ada Prisco
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