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Terry Riley: in C. A Brief Analysis

1964. Terry Riley composed his masterpiece, In C, that soon will become one of the most important work of all the musical avantgarde of the Sixties. Riley, fascinated by the post-Fluxus compositions of La Monte Young, explores an aspect that seemed still at stage of gestation: repetition. For the full work, contact me: stefano.varotto.8@studenti.unipd.it

TERRY RILEY IN C INTRODUZIONE L’anno è il 1964. Terry Riley compone il suo capolavoro, In C, che subito diventerà uno dei brani di riferimento di tutte le avanguardie musicali degli anni sessanta.1 Riley, affascinato dai metodi compositivi post-Fluxus di La Monte Young, approfondisce e scandaglia un aspetto della musica del maestro che sembrava ancora in una fase di gestazione: la ripetizione. La sperimentazione del compositore statunitense sfocerà proprio nella ricerca di una metodologia compositiva che gli consentirà di incarnarsi in una sorta d’improvvisatore solista che si moltiplica nell’esecuzione attraverso loop di registrazioni, sistemi di delay e apparecchi multitraccia. È dal principio della ripetizione che prende corpo In C, brano di musica minimalista per un qualsiasi numero di musicisti. Questo brano rappresenterà la risposta, personalissima, di Terry Riley alle tecniche compositive dell’indeterminatezza di John Cage e alle tecniche accademiche del serialismo rigoroso di darmstadtiana memoria. In C, non sarebbe potuta essere più diversa e più trasgressiva nei confronti delle norme e dei valori artistici della modernità. Era pulsante e rigorosamente ripetitiva. Era modale, spesso fondata su intervalli non consueti alla diatonicità. La strumentazione e il numero stesso dei suoi interpreti erano liberi. Inoltre l’opera non intratteneva un rapporto feticista con la partitura: la sua estrema semplicità e la sua economia sembravano deridere la complessità compositiva sviluppata dai contemporanei. In C esibiva una forma aperta e un certo grado di aleatorietà, per il suo carattere improvvisato, e rigettava al contempo l’indeterminatezza di Cage; sembrava essere più prossima al mondo del jazz o del rock, piuttosto che agli ambienti della musica colta, proprio per la sua parvenza da jam session. Non erano necessari virtuosismi per riuscire in una buona interpretazione.2 1 2 Cfr. Appendice fotografica, figura 2. ROBERT CARL, Terry Riley’s In C, Oxford, Oxford University Press, 2009, p. 45. TERRY RILEY E IL MINIMALISMO Il minimalismo è forse uno dei movimenti musicali più frainteso della seconda metà del ventesimo secolo. Anche tra i musicisti vi è un sostanziale disaccordo nel definire il significato di “minimalismo” e quali composizioni dovrebbero essere annoverate tra le fila di questo genere. L’avvento della musica minimale si propagò ben presto nel mondo dell’arte, del rock e della cultura in generale e alcuni compositori del gruppo originario (La Monte Young, lo stesso Terry Riley, Steve Reich e Philip Glass) ricevettero una considerevole attenzione da parte dei media. Molti dei loro lavori furono conosciuti anche al di fuori degli ambienti sperimentali. Terry Riley fu uno dei più influenti musicisti di questo movimento e la sua composizione più famosa, In C, contribuì in maniera decisiva nel far conoscere il gruppo ad un vastissimo pubblico. Ma quali sono i caratteri che contraddistinguono la musica minimalista? Molti studiosi hanno cercato di definire in maniera esaustiva il termine. Edward Strickland, Robert Carl, Elaine Broad, Timothy Johnson e H. Wiley Hitchcook hanno approfondito il tema e dalle loro analisi sono emersi dei tratti comuni.3   Semplicità degli elementi costitutivi.  Forme indefinite.  Focalizzazione nella tonalità.  Ripetizioni e note di lunga durata.  Mancanza di connotazioni teleologiche.  Improvvisazione. Influenza di musiche extraeuropee, soprattutto quella indiana. Terry Riley, inoltre, aggiunge a questi elementi le interrelazioni dei motivi e l’innesto di cellule musicali sottoposte a processi di ripetizione estrema. Riley stesso fa delle considerazioni che riflettono molti elementi sopra citati: 3 Cfr. EDWARD STRICKLAND, Minimalism: Origins, Bloomington, Indiana University Press, 1993, p. 18; ROBERT CARL, The politics of definition in new music, The College Music Symposium 29, 1989, p. 110; ELAINE BROAD, A New X? An Examination of the Aesthetic Foundations of Early Minimalism, Music Research Forum 5, 1990, pp. 51-55-61; TIMOTHY A. JOHNSON, Minimalism in Art and Music: Origins and Aesthetics, in Classic Essays on Twentieth-Century Music, New York, Schrimer Books, 1996, p. 318. Mi piace ascoltare le stratificazioni sonore. Se le stratificazioni sono interessanti, mi piace ascoltarle profondamente per verificare ciò che accade. Quando cominci ad ascoltare veramente a fondo, puoi cominciare a sentire tutti i tipi di connessioni che prima erano inudibili.4 Un altro aspetto importante della sua musica è l’implementazione di una pulsazione regolare.5 Egli affronta il materiale sonoro accertandosi che tale pulsazione sia sempre presente. Per i solisti questa metodologia può essere applicata utilizzando entrambe le mani sulla tastiera oppure tramite loop di nastri; in una performance d’insieme, con vari musicisti che utilizzano strumenti a tastiera, risulta più facile sostenere questo ostinato e il risultato che se ne ottiene risulta quello di un’ulteriore riduzione dei cambiamenti apportati dalle ripetizioni delle altezze. La multiripetizione conferisce a ogni cellula un carattere indipendente, sia nel senso ritmico che melodico, creando una sorta di universo a strati: riprendendo alcuni concetti della moderna astrofisica, secondo i quali non risulta possibile osservare le galassie situate ad una distanza maggiore di tredici miliardi di anni luce a causa della radiazione cosmica di fondo, non può essere escluso il fatto che una civiltà, situata a tale distanza, possa osservare ciò che si dispiega in avanti per altri tredici miliardi di anni luce, dove per i nostri scienziati sarebbe impossibile compiere delle osservazioni o delle misurazioni.6 Si va a costituire così un modello di universo a sfere concentriche in cui ogni sfera è delimitata dalla radiazione di fondo. 7 Ed è proprio questa concentricità che la multiripetizione di Riley provoca alle cellule melodiche: una sorta di continuo spostamento in avanti della prospettiva. All’interno di un ambiente sonoro statico si crea così il moto perpetuo. Lo stesso compositore definiva le costanti pulsazioni ritmiche come: […] la tecnica orientale per poter andare lontano. Arrivi lontano quanto vuoi se ti rapporti a una costante. Lavorando in questa maniera con il tempo conosci sul serio la costante e ti ritrovi in un’area completamente nuova. Trovare la velocità 4 Cfr. JOEL ROTHSTEIN, Terry Riley, «Down Beat», n. 5, 1981, p. 63. Cfr. STRICKLAND, Minimalism: Origins, p. 133; MICHAEL NYMAN, La Musica Sperimentale, Milano, Shake Edizioni, 2011, pp. 169-173. 6 Cfr. Appendice fotografica, figura 5. 7 Ivi, figura 6. 5 giusta della pulsazione è come trovare l’accordo perfetto. Scoprivamo sempre che, se cominciavamo un tantino troppo adagio, automaticamente tutti si sincronizzavano perché a una certa velocità tutto funziona alla perfezione. Trovarla così all’inizio, questa sintonizzazione con il tempo, porta via certe volte una mezz’ora.8 Il minimalismo musicale, per Riley, si concretizza in suoni e sonorità esentate da qualsiasi connotazione individuale ed estraniate da qualsiasi tipologia di funzionalismo tonale. Egli apporta al movimento uno stato di euforia fisica e sembra innestare nella musica quel primo principio della termo-dinamica, la legge di conservazione dell’energia, secondo cui nulla si crea e nulla si distrugge: il materiale sonoro trattato è sempre presente; le cellule melodiche cambiano con l’incedere della composizione ma l’informazione, perpetrata dalla pulsazione ritmica, è sempre viva. La sua concezione compositiva abolisce di fatto quell’entropia sonora attuata dalle precedenti avanguardie, dalla seconda scuola di Vienna alla scuola di Darmstadt e alla scuola americana di Cage. BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA JOHAN GIRARD, Répetitions, l’esthétique musicale de Terry Riley, Steve Reich et Philip Glass, Parigi, Sorbonne, 2010. EDWARD STRICKLAND, Minimalism: Origins, Bloomington, Indiana University Press, 1993. MICHAEL NYMAN, La Musica Sperimentale, Milano, Shake Edizioni, 2011. ROBERT CARL, Terry Riley’s In C, Oxford, Oxford University Press, 2009. TABLA, in Wikipedia, l’enciclopedia libera, en.wikipedia.org/wiki/tabla. TAMBURA, in Wikipedia, l’enciclopedia libera, en.wikipedia.org/wiki/Tanpura. 8 Ivi, pp. 171-172. TERRY RILEY, in DOMINIQUE e JEAN-YVES BOSSEUR, Révolutions musicales, la musique contemporaine depuis 1945, Parigi, Minerve, 1986. TERRY RILEY, in Wikipedia, l’enciclopedia libera, en.wikipedia.org/wiki/Terry_Riley. TIMOTHY A. JOHNSON, Minimalism in Art and Music: Origins and Aesthetics, in Classic Essays on Twentieth-Century Music, New York, Schrimer Books, 1996. WALTER BENJAMIN, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 2000.