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Idee per lo sviluppo dell'Irpinia

«Idee per lo sviluppo dell’Irpinia», indagine promossa dal Centro di Ricerca «Guido Dorso», parte dai più recenti dati, illustra la condizione attuale dell’Irpinia e indica alcune traiettorie per il suo sviluppo. Gli effetti della crisi economica si sono fatti sentire in modo particolarmente accentuato nell’intero Mezzogiorno, ma l’Irpinia dispone di risorse da sfruttare per il rilancio dell’area.

IDEE PER LO SVILUPPO DELL’IRPINIA Luigi Fiorentino, attualmente Vice Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è Vice Presidente del Centro di Ricerca «Guido Dorso». A CURA DI LUIGI FIORENTINO «Idee per lo sviluppo dell’Irpinia», indagine promossa dal Centro di Ricerca «Guido Dorso», parte dai più recenti dati, illustra la condizione attuale dell’Irpinia e indica alcune traiettorie per il suo sviluppo. Gli effetti della crisi economica si sono fatti sentire in modo particolarmente accentuato nell’intero Mezzogiorno, ma l’Irpinia dispone di risorse da sfruttare per il rilancio dell’area. IDEE PER LO SVILUPPO DELL’IRPINIA a cura di LUIGI FIORENTINO ISBN 978-88-6342-921-3 euro 30,00 IDEE PER LO SVILUPPO DELL’IRPINIA a cura di LUIGI FIORENTINO Editoriale Scientifica Napoli La ricerca è stata realizzata con il contributo della Fondazione Banco di Napoli. Proprietà letteraria riservata © Copyright 2016 Editoriale Scientifica s.r.l. Via San Biagio dei Librai, 39 Palazzo Marigliano 80138 Napoli ISBN 978-88-6342-921-3 INDICE Elenco abbreviazioni XI Introduzione Luigi Fiorentino 1. 2. 3. 4. 5. Obiettivo della ricerca ed inquadramento generale Intellettuali e politici La politica e lo sviluppo dell’Irpinia L’Irpinia oggi: che cosa emerge dalla ricerca Considerazioni conclusive e alcune proposte per il futuro dell’Irpinia 1 8 9 14 20 Capitolo 1 – L’emigrazione e lo spopolamento Toni Ricciardi 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Premessa Migrare: essenza di un territorio L’entroterra si svuota L’Alta Irpinia prima del sisma del 1980 Il post-terremoto La ripresa dei flussi Desertificazione inarrestabile: l’ultimo quinquennio (20112015) 8. Conclusioni 33 36 37 44 47 48 49 52 Cap. 2 – Giovani e popolazione residente Stefano Molina 1. Premessa 2. Uno sguardo alla popolazione residente 71 72 VI 3. Perché pochi giovani? 4. Conclusioni INDICE 73 75 Cap. 3 – Mercato del lavoro e sistema imprenditoriale Maria Concetta Ambra 1. Premessa 2. Le principali trasformazioni del mercato del lavoro italiano nel periodo 2004-2014 3. Andamento e trasformazioni del mercato del lavoro campano 4. Il mercato del lavoro irpino 5. Il sistema imprenditoriale irpino 6. Conclusioni 79 79 87 93 101 106 Cap. 4 – Il quadro economico Gabriele Mazzantini 1. Scopo e metodologia del lavoro 2. Alcuni dati generali 2.1. La situazione occupazionale 2.2. Il tessuto imprenditoriale 3. Un’analisi settoriale dell’economia irpina 3.1. Alcuni dati generali 3.2. Manifattura 3.3. Agricoltura, commercio, credito e trasporti 4. L’innovazione 5. Il commercio estero 6. I trasporti e le infrastrutture 7. Il sistema creditizio 8. Il distretto di Solofra 9. Conclusioni 113 114 115 118 122 122 126 128 128 130 136 138 139 142 Cap. 5 – Sistemi strutturali e politiche emergenti per l’identificazione di ambiti omogenei Carmela Giannino 1. I sistemi strutturali del territorio 1.1. Il sistema insediativo 153 154 INDICE 2. 3. 4. 5. 6. 1.2. Il sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei servizi alla produzione 1.3. Le aree produttive Le filiere emergenti dell’economia 2.1. Il settore produttivo culturale 2.2. La green economy 2.3. La rete ecologica e il settore agricolo e forestale 2.4. Il turismo Il governo del territorio negli strumenti urbanistici vigenti 3.1. Il PTR 3.2. Il PTCP 3.3. Il DSR 3.4. La proposta di Piano strategico di Avellino 3.5. La proposta di Protocollo di intesa per la creazione dell’area vasta di Avellino La dimensione territoriale della programmazione comunitaria nel POR 2014-2020 e nella strategia per le aree interne 4.1. Il POR Campania 2014-2020 4.2. La strategia per le aree interne Individuazione di ambiti omogenei Un possibile scenario di crescita. Idee per il futuro VII 155 156 158 158 159 160 162 163 163 165 167 168 169 170 170 172 175 177 Cap. 6 – L’agricoltura Ivan Cucco 1. Introduzione 2. Parte I: Caratteri di base dell’agricoltura irpina 2.1. Le strutture produttive 2.2. Lavoro e capitale umano 2.3. Le specializzazioni territoriali 3. Parte II: Multifunzionalità e nuove direttrici di sviluppo 3.1. Agricoltura biologica e denominazioni protette 3.2. Multifunzionalità e diversificazione 3.3. Il quality turn e i nuovi modelli di consumo 4. Conclusioni 181 185 185 193 195 198 199 201 205 206 VIII INDICE Cap. 7 – Il turismo Angela Cresta 1. Lo scenario nazionale e regionale: elementi della domanda e dell’offerta 2. Una lettura del Sistema Irpinia in chiave turistica 2.1. Le dimensioni di un’Irpinia rurale e plurale 2.2. Il movimento turistico 2.3. Le componenti del sistema d’offerta 2.4. Le politiche per il turismo 3. Conclusioni: quale visione per il turismo irpino e delle aree interne? 211 217 217 220 224 229 232 Cap. 8 – Il territorio tra pratiche e rappresentazioni Ornella Albolino e Alfredo Cavaliere 1. Premessa 2. La Programmazione negoziata: alla ricerca del protagonismo dei territori 3. La Progettazione integrata e la rinnovata centralità della regione 4. Le Iniziative comunitarie Leader: un ritorno alle origini 5. Tra integrazione, radicamento territoriale e condivisione: altri progetti di sviluppo 6. La Strategia nazionale per le aree interne: un nuovo inizio? 7. Luci ed ombre di una lunga stagione di interventi 8. Forme e luoghi del cambiamento 9. L’esigenza di una strategia 239 243 248 252 257 261 264 267 272 Cap. 9 – La gestione dei rifiuti Enrica Blasi 1. Premessa 2. Il quadro normativo regionale: dalla prima legge sui rifiuti alla L.R. n. 5/2014 3. La pianificazione regionale 4. L’assetto organizzativo provinciale e la dotazione impiantistica 5. Ricognizione dei dati sulla gestione dei rifiuti in Irpinia 6. Proposte per il futuro 279 280 292 296 300 309 INDICE IX Cap. 10 – Il sistema dei trasporti e della mobilità Maria Teresa Di Mattia e Dario Gentile 1. Premessa 2. La provincia di Avellino: analisi sintetica di contesto 3. La rete dei servizi di TPL: domanda e offerta 3.1. L’offerta 3.2. La domanda 4. Strategia attuale di riprogrammazione della rete di servizi di trasporto: i bacini di traffico 5. Gli interventi infrastrutturali programmati a servizio dell’Irpinia 6. Prospettiva di sviluppo del sistema di trasporti 315 316 317 317 319 320 322 324 Cap. 11 – Sanità Lara Natale e Piergiorgio De Geronimo 1. Premessa 2. Analisi di contesto epidemiologico nazionale, regionale e provinciale 3. Il sistema sanitario irpino 3.1. L’organizzazione sanitaria 3.2. L’Assistenza sanitaria 3.2.1. Dati economici 4. I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) 5. Considerazioni 331 332 337 337 342 342 348 361 Cap. 12 – La criminalità Simona Melorio 1. 2. 3. 4. 5. 6. Isole felici Il terremoto del 1980: imprenditoria, politica e camorra Camorra e «zona grigia» in Irpinia La camorra irpina: specificità Malavita o mala amministrazione? Che fare? 369 371 375 377 384 388 X INDICE Cap. 13 – L’offerta formativa di livello superiore Carlo Cipollone e Giuliana Franciosa 1. Opportunità e tipologia dei percorsi di studio disponibili sul territorio 1.1. L’offerta formativa degli Atenei pubblici campani 1.2. L’offerta formativa delle Università telematiche 1.3. Percorsi formativi offerti da Centri di studio accreditati 1.4. Istituto di Scienze dell'Alimentazione CNR 2. Studenti universitari e laureati negli atenei locali: alcuni dati generali 3. L’andamento delle iscrizioni fuori provincia 4. Breve «profilo» dei laureati, nati e residenti nella provincia di Avellino 5. Il capitale umano nelle prospettive di sviluppo e di riqualificazione della politica di istruzione e formazione 6. Il capitale umano e il livello di istruzione 7. Le prospettive nel settore dell’istruzione e formazione 8. La formazione professionale in Irpinia 8.1 I profili professionali richiesti nella provincia di Avellino 8.2 I corsi di formazione professionale in Irpinia 9. Conclusioni Notizie sugli Autori 395 395 398 398 399 400 405 408 408 414 419 424 428 429 432 441 INTRODUZIONE Luigi Fiorentino 1. Obiettivo della ricerca ed inquadramento generale Guido Dorso non solo amava la sua terra ma ha più volte scritto che per cambiare bisogna conoscere e per conoscere bisogna fare delle indagini1. Questa ricerca, promossa dal Centro di Ricerca «Guido Dorso», è nata con l’obiettivo di interrogarsi su cosa sia l’Irpinia oggi e su quale possa o debba essere lo sviluppo nel suo futuro. Il lavoro è stato pensato, tra l’altro, anche per riportare al centro del dibattito pubblico lo sviluppo dell’Irpinia. Infatti, tale dibattito oggi è sempre meno centrato su obiettivi di lungo periodo e sull’elaborazione di strategie per assicurare un duraturo benessere alla comunità. Prevalgono, sovente, questioni pur importanti ma contingenti. Riteniamo che attraverso la presente ricerca, fondata sull’analisi dei dati e della realtà, possa essere fornito sia un contributo al lettore per comprendere i processi in atto o potenziali sul territorio, sia pure un ventaglio di idee alla politica, affinché questa riesca a dare risposte sempre più adeguate ai problemi del territorio. Le idee nascono attraverso il confronto. I ricercatori impegnati in questo lavoro, che ringrazio per la serietà, l’impegno e la qualità del lavoro svolto, hanno partecipato negli ultimi mesi a vari seminari di studio con attori della società civile e della realtà imprenditoriale, irpina e non solo. L’analisi ha coinvolto una pluralità di competenze per favorire un approccio multidisciplinare ed una lettura quanto più allargata dei dati e della concreta realtà del territorio. Le analisi e le proposte tengono naturalmente conto delle dimensioni e dei caratteri del generale sviluppo economico del paese, entro il quale esse potranno essere lette o attuate, oltre che, naturalmente, del generale contesto normativo ed istituzionale2. 1 Così S. Cassese, Intervento di apertura al seminario organizzato dal Centro di Ricerca Guido Dorso, dal titolo «Il futuro dell’Irpinia: ricerca e internazionalizzazione», tenuto presso la sala consiliare del comune di Avellino il 19 giugno 2015. 2 Cfr. M. Rossi-Doria, La terra dell’osso, a cura di G. Acocella, con Prefazione di G. Marselli, Atripalda, Mephite, 2013, p. 35. 2 LUIGI FIORENTINO La questione dello sviluppo dell’Irpinia3 si inscrive naturalmente in una questione più generale che è la questione meridionale, tema che, sebbene storico, appare essere stato messo da parte negli ultimi anni, nonostante il Sud sia pur sempre rimasto indietro, come ricorda fin dal titolo un libro di grande successo di qualche anno fa4. Riteniamo che la vera priorità di oggi sia quella di rimettere la questione meridionale al centro dell’agenda politica5, anche per consentire un impegno sul campo delle migliori risorse del Sud, quelle giovanili, creando le condizioni perché esse possano realizzare anche nella loro terra, e non necessariamente altrove (in un altrove spesso molto lontano, anche dalle loro aspettative), i loro sogni e le loro speranze6. È noto che c’è chi ritiene che la categoria stessa di Mezzogiorno sia di per sé fuorviante ed ideologica, perché finisce per annullare le molte e profonde articolazioni del territorio meridionale7, ma c’è anche chi evidenzia l’assenza di un’incalzante corrente di pensiero che sappia rappresentare gli interessi autentici del Sud, per superare una condizione di un Mezzogiorno senza meridionalismo8. Tutta l’attenzione del dibattito sul Sud sembra appuntarsi sui fondi strutturali, come se questi fossero l’unico tema di cui valga la pena discutere9. Invece, che la questione sia ancora e sempre attuale è dimostrato dalle approfondite analisi offerte dai diversi Istituti di ricerca, a cominciare dalla Svimez e dall’Istat, nonché dall’esigenza da 3 Cfr. G. Picone, Matria. Avellino e l’Irpinia: un esame di coscienza, Atripalda, Mephite, 2015. Inoltre, cfr. A. Nannariello (a cura di), L’Ofanto dagli impeti di vortici e di creste. Letteratura – Memoria – Paesaggio, Parco Letterario Francesco De Sanctis, 2015; G. Minichiello, La terra di mezzo: luoghi e storie d’Irpinia, Introduzione di C. Meoli, Pratola Serra (AV), Elio Sellino Editore, 2000. 4 Si tratta del volume di E. Felice, Perché il Sud è rimasto indietro, Bologna, il Mulino, 2013. Più recentemente, lo stesso autore ha scritto il volume Ascesa e declino, Storia economica d’Italia (Bologna, il Mulino, 2015), nel quale mostra il ruolo importante delle istituzioni e dell’assetto istituzionale nello sviluppo economico. 5 Cfr. E. Galli della Loggia, Il Governo e il Sud che non c’è, in «Il Corriere della Sera», 21 dicembre 2015, p. 1, laddove si sostiene che «l’addio al Mezzogiorno prima che culturale è stato ideologico e politico». 6 Cfr. R. Prodi, Prefazione, in G. Soriero, Sud, vent’anni di solitudine, Roma, Donzelli, 2015. 7 Cfr. P. Macry, Unità a Mezzogiorno. Come l’Italia ha messo assieme i pezzi, Bologna, il Mulino, 2012, p. 11. Inoltre, G. Minichiello, Meridionalismo, Milano, Editrice Bibliografica, 1997. 8 Cfr. G. Soriero, Sud, vent’anni di solitudine, cit., p. XXI. 9 Cfr. I. Sales, Amnesia Sud e illusione dei fondi Ue, in «Il Mattino», 4 novembre 2014, p. 1. Introduzione 3 più parti manifestata di un piano di primo intervento che affronti l’emergenza e di un disegno di sviluppo che servirebbe a sbloccare, con il salvataggio del Sud, l’intero sistema nazionale10. Ma qual è, oggi, la situazione del Sud? Passiamo in rapida rassegna alcuni dati ed elementi significativi che contribuiscono a fornire una fotografia della condizione attuale del Mezzogiorno. Ad esempio, un dato «strutturale» che segnala un’importante inversione di tendenza – al di là del significato specifico – consiste nella constatazione che le regioni meridionali hanno perso il primato della «fecondità femminile». Le scarse prospettive occupazionali delle donne e gli squilibri del sistema di welfare, che su di esse principalmente ricadono, sono spiegazioni esaustive di questo preoccupante fenomeno. Il risultato è che il numero dei nati nel Mezzogiorno, così come nell’Italia nel suo complesso, ha toccato nel 2014 il valore più basso dall’Unità d’Italia, con una sorta di «rovesciamento» della piramide anagrafica11. Tale dato, secondo uno studio di McKinsey, ci dice in sostanza che, nei prossimi cinquanta anni – anche ipotizzando una produttività costante – il contributo del fattore demografico alla crescita non potrà che essere negativo12. La perdita del record della natalità al Sud è un nuovo equilibrio che mette in discussione anche abusati luoghi comuni. Non si mettono al mondo figli perché le condizioni economiche non lo permettono, rispetto alle generazioni precedenti che decidevano di avere figli a prescindere da tali analoghe condizioni. La famiglia ha storicamente svolto nel Sud Italia un ruolo importante, sebbene essa per tanti studiosi sia stata bollata come l’origine dei mali e delle degenerazioni culturali. Essa, invece, rappresenta nei fatti un perno fondamentale attorno al quale, in particolare nei periodi di crisi, si ricostruisce lo stare insieme della collettività e se ne ridefinisce l’assetto. In secondo luogo, va evidenziata la differenza del PIL pro capite tra le regioni meridionali e le altre macro zone entro cui si usa suddividere l’Italia ai fini statistici. Nel 2013 il PIL per abitante era di 33,5 mila euro nel Nord-Ovest, 31,4 mila nel Nord-Est, 29,4 mila nel Centro. Nel Sud, 10 Cfr. A. Giannola, Sud d’Italia. Una risorsa per la ripresa, Roma, Donzelli, pp. 9 e ss. 11 Cfr. R. Padovani, Presentazione del Rapporto Svimez 2015, in «Quaderni Svimez», 2016, n. 46. 12 Cfr. McKinsey Global Institute, Global growth: can productivity save the day in an aging world?, 2015, citato in P. Bricco, Paesi Anziani nuova produttività, in «Il Sole 24 Ore», 3 febbraio 2015, p. 28. 4 LUIGI FIORENTINO invece, il PIL pro capite scende a 17,2 mila euro. Si tratta, come è stato rilevato, di un livello inferiore del 45,8% rispetto alla media del CentroNord13. L’allargamento del divario di sviluppo tra le due macroaree e il suo aumento durante la crisi degli ultimi anni riflette un aumento dei differenziali negativi di reddito diffuso alla quasi totalità del territorio meridionale. Guardando al dato cumulato dei setti anni di crisi14, la riduzione del PIL per quasi tutte le regioni meridionali è stata rimarcabile15. Anche se le tre regioni interne, quelle che Manlio Rossi-Doria definiva «l’osso» per segnalarne la povertà assoluta, sono andate meglio negli ultimi decenni della cosiddetta «polpa», cioè le aree costiere della Puglia e della Campania, un tempo cuore delle produzioni agricole e industriali del Sud continentale16. Visto in una prospettiva storica, il PIL pro-capite dei meridionali, tra il 1871 e il 2009, è cresciuto di dieci volte, e in età repubblicana è cresciuto di 6,4 volte a fronte di una media italiana del 5,6. Ciò significa che il Mezzogiorno, tra momenti di divergenza e convergenza con il Settentrione, è stato parte dello sviluppo complessivo del paese dall’Unità ad oggi17. Emanuele Felice ha ricostruito con una documentata ricerca statistica il divario Nord-Sud. Nel 1861 il Mezzogiorno era nettamente più povero del Centro-Nord e il divario è andato aumentando fino al 1951, per poi calare negli anni successivi. Il divario di reddito esistente era del 20/25% a favore del Centro-Nord18. La debolezza strutturale italiana tocca oggi il suo picco massimo nel Mezzogiorno, dove ormai sono in crisi interi comparti produttivi, con13 Cfr, R. Prodi, Prefazione, in G. Soriero, Sud, …cit., p. XIV. Per una rappresentazione chiara della crisi del Sud in tutti i suoi aspetti, cfr. «The Economist», Italy’s regional divide. A tale of two economies, May 16th 2015. 15 Cfr. R. Padovani, Presentazione del Rapporto…, cit. pp. 15 e ss. Inoltre cfr. A. Quadrio Curzio, M. Fortis, L’economia reale nel Mezzogiorno, Bologna, il Mulino, 2014. 16 Cfr. I. Sales, Sud, la rivincita dell’osso sulla polpa, in «Il Mattino», 24 febbraio 2015, p. 1. 17 Cfr. S. Lupo, La Questione. Come liberare la storia del Mezzogiorno dagli stereotipi, Roma, Donzelli, 2015, Introduzione, p. IX. Si segnala il volume perché si discosta scientificamente da alcuni classici. In primo luogo, dalla letteratura che sposa l’idea della predisposizione culturale dei meridionali verso comportamenti criminali. Tra tutti, si pensi al testo di G. Bocca, L’inferno. Profondo Sud, male oscuro, Milano, Bruno Mondadori, 1992. In secondo luogo, Lupo non condivide né l’impostazione di E. Banfield, che scrisse Una comunità del Mezzogiorno, il Mulino, Bologna, 1961 (l’edizione in lingua originale è del 1958) né quella di R. Putnam, autore di La tradizione civica nelle regioni italiane, Bruno Mondadori, Milano, 1993. 18 Cfr. E. Felice, Perché il Sud…, cit., pp. 25 e ss. 14 Introduzione 5 dizionando il resto del Paese19. Tra il 2008 e il 2014, nel settore manifatturiero del Sud, si è registrato un calo della produttività del lavoro di oltre il 18% in termini reali20. Negli anni della crisi il Sud con solo il 26% degli occupati ed una popolazione pari al 34% di quella nazionale, subisce circa il 60% della perdita di posti di lavoro. Ancora più preoccupante è il progredire del fenomeno della povertà: a rischio di entrare nella soglia di povertà è oltre il 35% dei residenti meridionali, rispetto al 12% dei residenti Centro-settentrionali21. Dal 2008, la povertà assoluta in Italia è più che raddoppiata. In rapporto alla popolazione, la sua incidenza è aumentata dal 5,2 al 10,6% nel Mezzogiorno, dal 2,7% al 5,6% nel Centro-Nord22. Allo stesso modo, l’esodo di capitale umano è rilevantissimo e con effetti ben diversi da quelli sperimentati negli anni ’50 e ’60 dello scorso secolo. Infatti, cresce sempre di più l’emigrazione di persone con titoli di studio più elevati. Diplomati e laureati rappresentano la componente più consistente sia dell’emigrazione verso l’interno che verso l’estero: oltre il 60% nel primo caso ed il 16% nel secondo23. Le differenze riguardano naturalmente anche altri ambiti quali, ad esempio, l’efficienza del sistema produttivo, la spesa per consumi delle famiglie, il tasso di disoccupazione24 e il sistema della formazione superiore25. 19 Cfr. A. Giannola, Sud d’Italia. Una risorsa per la ripresa, cit., p. 67. Si veda anche: G. La Malfa, Le medie aziende non abitano più qui, in «Il Mattino», 3 Febbraio 2015, p. 9, in particolare dove l’autore, dando conto di un Rapporto della Fondazione Giorgio La Malfa, sostiene che dall’analisi «emerge un quadro grave ed allarmante. Di fatto l’obiettivo centrale delle politiche meridionalistiche dell’intero dopoguerra, che fu quello di determinare nel Mezzogiorno un consistente processo di industrializzazione, può dirsi largamente fallito. In realtà non si può parlare di un settore industriale nel Mezzogiorno». 20 Cfr. R. Padovani, Presentazione del Rapporto …, cit., p. 33. 21 Cfr. C. Carboni, Le virtù dei territori ed i ritardi della politica, in «Il Sole 24 Ore», 21 dicembre 2015, p. 1, in particolare dove si dice che l’indice Gini che misura le disuguaglianze di reddito è circa il 15% più elevato al Sud che al Nord. 22 Cfr. R. Padovani, Presentazione del Rapporto ..., cit., p. 27. 23 I dati riportati sono citati da A. Giannola, op. cit., pp. 67, 72 e 73. 24 I consumi delle famiglie risultano pari a 18,3 mila euro nel Centro-Nord e a 12,5 mila euro nel Centro-Sud. È indicativo un dato sull’efficienza del sistema produttivo: 46,6 mila euro di valore aggiunto per abitante della provincia di Milano e 12 mila di Agrigento. Notevole è il divario anche relativamente al tasso di disoccupazione: ad esempio, nel 2012 è stato del 17% al Sud e dell’8% al Centro-Nord. 25 Cfr. A. Giannola, Gli esami non finiscono mai, in Presentazione del Rapporto Svimez 2015, «Quaderni Svimez», 2016, n. 46. 6 LUIGI FIORENTINO La presenza di gruppi criminali che inquinano società, economia ed istituzioni è ben radicata nel Centro-Sud. La Corte dei conti ha calcolato che la presenza criminale è causa di un mancato sviluppo equivalente al 15/20 % del PIL. Pur essendo diffusa in tutto il Paese, nel Sud la contesa del territorio tra Stato e antistato26 si manifesta in modo diverso rispetto ad altre aree. Nel Mezzogiorno, infatti, in molti casi le mafie coprono spazi e funzioni che lo Stato non copre interamente, con la corruzione a fungere da collante tra sistema mafioso e sistema clientelare27. Le difficoltà dell’economia meridionale sono riconducibili, in estrema sintesi, ai problemi storici propri del Sud, ai problemi del dualismo italiano (mai effettivamente risolti) e, più in generale, alla crisi del Sistema-Paese28. Lo studioso americano Edward C. Banfield, al termine della ricerca effettuata sul campo in un piccolo centro della Basilicata e che portò alla pubblicazione del noto volume The moral basis of a backward society, poi tradotto in Italiano con il titolo Una comunità del Sud d’Italia29 (1961), propose una spiegazione culturale del perdurare dell’arretratezza meridionale. Secondo lo studioso americano, il Sud era in condizioni di ritardo dello sviluppo perché la popolazione non era in grado di formulare strategie collettive per reagire alla povertà estrema. In pratica, la causa dell’arretratezza e dei comportamenti anticollettivi e asociali non era ascrivibile alla miseria, quanto piuttosto a fattori culturali, ovvero di mentalità. Tuttavia, il metodo di ricerca seguito da Banfield è stato nel tempo più volte contestato, in particolare perché esso avrebbe esteso i risultati di una ricerca fatta su una comunità di poche migliaia di abitanti a tutto il Sud. Inoltre, quanto all’assenza di comportamenti collettivi, si è fatto rilevare come solo se si fosse spostato a poca distanza, a Matera, la sua teoria sarebbe stata smentita dal fatto che la popolazione, pur in estrema miseria, viveva in un forte spirito di comunità30. 26 Cfr. G. Soriero, Sud, vent’anni …., cit., p. XXIV. Cfr. I. Sales, Storia dell’Italia mafiosa. Perché le mafie hanno avuto successo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2015, pp. 371 e ss. Il riferimento allo Stato poco temuto e poco amato è di Sabino Cassese, citato da I. Sales, p. 391. 28 Cfr. A. Lepore, Il dualismo economico e sociale: una condanna storica?, in G. Pittella e A. Lepore (a cura di), Scusate il ritardo. Una proposta per il Mezzogiorno d’Europa, Roma, Donzelli, 2015, pp. 46 e ss. 29 Banfield, insieme ad un suo collaboratore, condusse una ricerca in un piccolo paese della Basilicata, Chiaromonte. L’obiettivo era l’analisi delle cause dell’arretratezza economica e sociale del Meridione. 30 Cfr. I. Sales, Storia dell’Italia mafiosa…, cit., p. 217. 27 Introduzione 7 Secondo Emanuele Felice, le cause del ritardo di sviluppo del Sud sono invece in larga misura dovute a motivi interni al Mezzogiorno. «Detto altrimenti, chi ha soffocato il Mezzogiorno sono state le sue stesse classi dirigenti – una minoranza privilegiata di meridionali – che ne hanno orientato le risorse verso la rendita più che verso gli usi produttivi, mantenendo la gran parte della popolazione nell’ignoranza ed in condizioni socio-economiche che favorivano i comportamenti opportunisti»31. Si tratta di un’interpretazione che si ricollega, in ambito internazionale, ad un recente filone di studi, facente capo soprattutto ai lavori di Daron Acemoglu e James Robinson32. Secondo questi ultimi, a fare la differenza è la qualità delle istituzioni politiche ed economiche, che possono essere inclusive, favorendo il coinvolgimento dei cittadini, oppure estrattive, finalizzate cioè ad «estrarre» rendite per una minoranza di privilegiati. Del resto, si è dimostrato, ormai molti anni fa33, che occorra guardare anche ai vincoli di natura non economica per comprendere perché le risorse pubbliche, pur destinate al Mezzogiorno in quantità ingenti, non abbiano prodotto uno sviluppo autonomo, cioè una crescita economica autopropulsiva. In particolare, è stata rilevata soprattutto l’esigenza di una riforma delle istituzioni, quale strumento per accelerare il cambiamento socio-culturale e la crescita della società civile senza i quali non ci possono essere né una buona politica né uno sviluppo endogeno o esogeno34. Altri ancora, invece, sostengono che gli atteggiamenti delle classi dirigenti meridionali potrebbero essere l’effetto di una condizione socioeconomica e politica del Meridione, invece che una causa del malessere del Sud35. 31 Cfr. E. Felice, Perché il Sud…, cit. pp. 12 e ss. Il lavoro di E. Felice ha stimolato un ampio dibattito, si veda su «il Mulino», n. 4/2014, pp. 603 e ss. il commento a più voci (Salvati, D’Antone, Federico, Giannetti e Toninelli) e la replica di Felice, in il Mulino, n. 5/2014, pp. 870 e ss. 32 Cfr. D. Acemoglu e J.A. Robinson, Perché le nazioni falliscono, Milano, 2013. 33 Cfr. C. Trigilia, Sviluppo senza autonomia. Effetti perversi delle politiche nel Mezzogiorno, Bologna, 1994, p. IX. 34 Cfr. C. Trigilia, Sviluppo senza autonomia …, cit., p. XVII. 35 Cfr. O. Romano, Qual è la direzione? Per una critica non moralistica delle classi dirigenti meridionali, in «Italianieuropei», n. 1/2015, pp. 66 e ss. 8 LUIGI FIORENTINO 2. Intellettuali e politici Francesco De Sanctis, Guido Dorso e Manlio Rossi-Doria sono tre personalità molto diverse tra loro. Irpini di nascita i primi due, di adozione l’altro. Dalla lettura delle loro opere possiamo trarre insegnamenti utili per l’oggi e per il domani36. Un viaggio elettorale di Francesco De Sanctis fa emergere una concezione nobile della politica, come dedizione all’interesse pubblico, al di sopra delle parti. L’intento della sua opera era quello di smuovere le coscienze e di stimolarne la consapevolezza, di far uscire, cioè, l’Irpinia dal torpore nel quale era avvolta e che spingeva De Sanctis a prendersela con «quei miei concittadini, i quali non hanno in fondo altro torto, che di essere nati qui! Tutto si trasforma, e qui la trasformazione è lenta» 37. Guido Dorso, dal canto suo, negli articoli pubblicati sul «Corriere dell’Irpinia» poneva il problema della fondamentale questione democratica e morale nell’Italia meridionale, evidenziando la mancanza di una classe di rappresentanti eletti in grado di tutelare gli interessi del popolo nonché l’assenza di un’autentica borghesia produttiva. Riferendosi alla crisi seguita alla prima guerra mondiale, così si esprimeva: «Allora apparve chiaro che il difettoso funzionamento dello Stato storico nelle nostre contrade era conseguenza delle profonde deficienze e tare della classe dirigente del Sud, e che esisteva un compromesso istituzionale meridionale che non era altro che un particolare aspetto del compromesso generale italiano». Si trattava di una classe dirigente che «non aveva alcuna idea dello Stato moderno» e «non mirava ad altro che al 36 Cfr. G. Minichiello, Guido Dorso e la struttura delle rivoluzioni politiche, in L’Irpinia nella società meridionale, t. I, Studi e Fonti, Avellino, Edizioni del Centro Dorso, 1987 (Annali 1985-1986, I), pp. 293-308. Inoltre, G. Picone, Matria… cit., pp. 75 e ss. In particolare, vedasi il riferimento a Guido Dorso, come critico della politica, capace di avere individuato nella dimensione etica dell’agire per la comunità il valore da alimentare e nel trasformismo meridionale il nemico da sconfiggere per poter andare verso quella che chiamava la resurrezione del Mezzogiorno. 37 Cfr. F. De Sanctis, Un viaggio elettorale, a cura di Nino Cortese, Torino, Einaudi, 1968, pp. 33, 56, 57. («…unitevi tutti, rimanga il mio nome alto sulle vostre divisioni locali…Se tutta la mia vita spesa ad illustrare la patria non vale a dare al mio nome tale autorità, che stia fuori delle vostre passioni locali, a chi giova il mio nome? Gittatelo nell’Ofanto e dimenticatemi per sempre», pp. 56 e 57). Introduzione 9 dominio locale […] poco curandosi del modo effettivo come lo Stato veniva organizzato»38. Manlio Rossi-Doria, senatore del collegio di Sant’Angelo dei Lombardi, aveva una profonda conoscenza dell’Irpinia, che aveva visitato da giovane, nei primi anni della sua attività universitaria. Nello stesso periodo aveva lavorato ad una importante indagine sul campo relativa ad una ricerca sulla formazione della proprietà coltivatrice nel dopoguerra, «ovviamente senza immaginare che quarant’anni più tardi vi sarebbe tornato per la campagna elettorale del 1968 per venirvi eletto Senatore di una Repubblica alla quale allora nessuno pensava»39. Gli studi universitari e la proposta per l’Irpinia, presentata durante la prima campagna elettorale, torneranno molto utili nella fase successiva al terremoto che sconvolse il territorio nel 1980. Infatti, Rossi-Doria, nominato coordinatore del comitato tecnico scientifico, istituito come organo consultivo della regione Campania per fornire indirizzi alla politica di ricostruzione e di sviluppo, presentò una proposta, frutto di un lavoro collegiale, alla base di tutta l’opera di ricostruzione e di sviluppo nelle aree terremotate della Campania e della Basilicata. 3. La politica e lo sviluppo dell’Irpinia La definizione di proposte per lo sviluppo economico e sociale dell’Irpinia deve tener conto non solo della realtà attuale e della consapevolezza dei progressi compiuti dal dopoguerra ad oggi, ma anche del ruolo avuto dalle forze politiche operanti sul territorio, in primis la Democrazia Cristiana (DC) ed il Partito Comunista Italiano (PCI). A metà degli anni Cinquanta l’Irpinia diventava una sorta di laboratorio politico di idee e di strategie, come era accaduto tra il 1943 e il 1946 con Guido Dorso40. Nella Democrazia Cristiana emergeva una 38 Cfr. Relazione al Congresso azionista di Cosenza dell’agosto 1944, in «I Quaderni tematici del PdA», vol. II, Il settimo libro, Brindisi, 2014, pp. 107-117. 39 Cfr. M. De Benedictis, in Rossi-Doria ed il Mezzogiorno, Atti della giornata di studio organizzata dal Centro di Specializzazione e Ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno, dall’Università di Napoli e dall’Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno, svoltasi a Portici il 5 Giugno 1989, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1990, p. 28. 40 Per una ricostruzione puntuale delle vicende politiche dell’Irpinia, cfr. F. Biondi, Andata e Ritorno, Viaggio nel P.C.I. di un militante di provincia, 2 volumi, Avellino, Elio Sellino Editore, 2000. In particolare il secondo volume. 10 LUIGI FIORENTINO nuova classe dirigente. Un allora giovane Ciriaco De Mita ebbe a scrivere: «In una provincia depressa come la nostra è possibile fare politica in termini diversi da quelli tradizionali […] superando una prassi di malcostume e di intrighi vari, instaurando un nuovo metodo di lotta politica più moderno, meglio rispondente alle esigenze vere e reali della popolazione e perché no, più civile?»41. Anche i rappresentanti del Partito Comunista Italiano, pur in un quadro complessivo da guerra fredda, svolgevano una funzione importante nelle istituzioni con un approccio riformista, confrontandosi sui problemi centrali per lo sviluppo della città e della provincia di Avellino, senza chiudersi aprioristicamente ed ideologicamente. A tal proposito, si ricorda un «Progetto di legge speciale per il risanamento di Avellino» predisposto con il contributo di professionisti ed intellettuali di ogni area politica, presentato in Parlamento dall’onorevole Pietro Grifone (1908-1983; deputato dalla prima alla terza legislatura) ma mai approvata42. In quegli anni si avviava, altresì, il dibattito sull’industrializzazione, individuando, in particolare, l’area di Pianodardine come la più adatta ad accogliere eventuali insediamenti industriali43. Allo stesso tempo, si discuteva anche di infrastrutture, soprattutto grazie alle proposte e all’attività di Fiorentino Sullo44. La discussione sui temi legati allo sviluppo vide una contrapposizione tra i due partiti maggiori. Nello specifico, la DC di De Mita evidenziava, secondo quanto poi descritto da Federico Biondi, l’incapacità del PCI di «comprendere che la condizione di un reale sviluppo dell’Irpinia stava nell’avvio di un programma di industrializzazione affidato ad imprese con prevalente capitale pubbli- 41 Cfr. C. De Mita, Cronache irpine 20 dicembre 1956, in Gli scritti su Cronache irpine - settimanale del lunedì: 1954-1960, curati e raccolti da A. Pergola, Avellino, Pergola, 1990. 42 Cfr. F. Biondi, Andata…, cit., pp. 560-561. 43 Ibid., p. 563. 44 In particolare si discusse di iniziative che vedranno poi la luce negli anni successivi, quali la variante della Serra, la superstrada Avellino-Salerno e il tracciato dell’autostrada Napoli-Bari, in grado di favorire la provincia ed il suo capoluogo. Su impulso del PCI, si parlò anche dell’ampliamento delle reti dell’acquedotto dell’Alta Irpinia e del Consorzio Alto Calore. Su Fiorentino Sullo cfr. N. Lanzetta, Fiorentino Sullo, una biografia politica, Introduzione di G. Rotondi, Elio Sellino Editore, 2010, e P. Totaro, Modernizzazione e potere locale. L’azione politica di Fiorentino Sullo in Irpinia 1943-1958, Università degli Studi di Napoli «Federico II», Dipartimento di Discipline Storiche «Ettore Lepore», ClioPress, 2012. Introduzione 11 co»45. Per Biondi, «il problema di una integrazione dell’economia agricola con attività di tipo industriale non era certamente ignoto (al PCI) e sapevamo bene che soltanto mettendo mano a nuove risorse l’economia della provincia avrebbe potuto cominciare a decollare»46. E ancora: «Tuttavia, nella critica di cui De Mita, su questo punto, ci faceva bersaglio […] c’era anche del vero, ma che non riguardava tanto la nostra azione pratica, quanto piuttosto il nostro modo di essere e la nostra storia, che sono fattori che spiegano la grande determinazione con cui affrontammo tutte le grandi lotte contadine, per la terra, per la riforma dei patti agrari, per l’abolizione dei censi»47. Più avanti, con l’istituzione delle regioni, si avviò una discussione sull’esigenza di riequilibrio tra l’area metropolitana di Napoli, la fascia costiera e le zone interne. Il Governo regionale promosse diverse occasioni di riflessione con gli enti locali e le forze politiche e sociali per discutere sia di pianificazione territoriale sia di progetti speciali. In particolare, si discusse il progetto concernente le aree interne (il cosiddetto «Progetto 21»), che trovò poi sbocco in una nota metodologica e in uno schema di sviluppo regionale. Quanto alle localizzazioni industriali, si individuarono per le aree interne quelle che riguardano materie prime prodotte in agricoltura, mentre nell’area metropolitana le industrie che producono beni impiegabili nell’agricoltura e nel mondo rurale48. Nello stesso periodo, Manlio Rossi-Doria delineava gli obiettivi di un piano di sviluppo per l’Irpinia con cinque idee di fondo: 1) rompere definitivamente l’isolamento; 2) avviare una consistente industrializzazione; 3) valorizzare le risorse turistiche; 4) trasformare l’agricoltura; 5) integrare l’occupazione e i redditi agricoli con altre attività49. Oggi, a distanza di quasi cinquanta anni, l’Irpinia è anche ciò che Rossi-Doria aveva immaginato. Le iniziative di industrializzazione ipo45 Cfr. F. Biondi, Andata…, cit., p. 573. Ibid., p. 574. 47 Ibid., p. 574. 48 Cfr. G. Acocella, Notabili, Istituzioni e Partiti in Irpinia. Quarant’anni di vita democratica, Napoli, Alfredo Guida editore, 1989, pp. 78 e ss. Il «Progetto 21» era uno dei tanti progetti frutto della programmazione nazionale nei primi anni settanta. In quel periodo, Giorgio Ruffolo fu protagonista del lancio di un’idea di programmazione nazionale, di cui i programmi di promozione e i progetti speciali sarebbero state le due modalità principali. Per approfondimenti su questi aspetti, cfr. F. Biondi, Andata..., cit., pp. 809 e ss.; sulla stagione della programmazione, cfr. G. Ruffolo, Rapporto sulla programmazione, Bari, Laterza Editore, 1973. 49 Cfr. M. Rossi-Doria, La terra dell’osso, cit., p. 47. 46 12 LUIGI FIORENTINO tizzate in quel periodo e poi realizzate successivamente, costituiscono la premessa indispensabile per l’emergere di una borghesia produttiva, capace di essere contemporaneamente motore dell’economia e classe dirigente. Nel periodo 1970-1980 vi fu in Irpinia un forte ampliamento della base occupazionale. L’area di sviluppo industriale, immaginata sin dagli anni Sessanta, iniziò a delineare un quadro di insediamenti che negli anni successivi avrebbe occupato oltre 2000 persone50. Gli insediamenti industriali si sono sviluppati, da un lato, a ridosso dell’autostrada Napoli-Bari, a Pianodardine, a Grottaminarda, nella Valle dell’Ufita (dove si localizzò lo stabilimento Fiat Iveco) e a Pratola Serra con l’Alfa Romeo (localizzazione logisticamente idonea sia per la vicinanza all’autostrada, sia per la vicinanza ai porti di Napoli e Salerno), dall’altro lungo, la dorsale Nord-Sud nell’area tra Avellino e Salerno51. Come è tristemente noto, il 23 novembre 1980 l’Irpinia fu colpita da un violento sisma. L’epicentro, localizzato «nelle profondità sottostanti al complesso montano del Cervialto», investì «per primo e più violentemente il cuore dell’Appenino campano e lucano, ossia le alte e medie valli dell’Ofanto e del Sele con le annesse terre del bacino del Tanagro, coinvolgendo gravemente, verso Sud le zone montane del potentino e verso Nord il contiguo complesso del mondo Terminio e, al di là di questo, da un lato l’alta Valle del Calore e, dall’altro, l’alta valle del Sabato»52. Subito ci si rese conto che nulla sarebbe stato più come prima. Tuttavia, si comprese che quel tragico evento poteva essere non soltanto l’occasione per la doverosa ricostruzione delle abitazioni distrutte, ma anche un’opportunità di riscatto se la mano dell’uomo fosse stata guidata da un razionale piano di sviluppo economico e civile. «Certo era questa dovunque alla vigilia del terremoto una società in transizione: le vec50 Cfr. N. Castiello, L’industria in Irpinia negli anni dal 1960 al 1990, fascicolo monografico di «Economia Irpina», anno XXXI, n. 1, 1993, p. 10; inoltre, F. Biondi, Andata…, cit., pp. 795 e ss. In particolare a p. 797 si segnala quanto riportato circa le «diatribe che si accendevano nelle riunioni sindacali e politiche […] circa il costo dai due ai trecento milioni per un solo posto di lavoro, una cifra superiore a quella che poteva richiedere la coltivazione di diversi ettari di nocelleto, a sua volta premiata con un reddito sicuro». 51 Cfr. G. Acocella, Notabili, Istituzioni…, cit., p. 87. 52 Cfr. Università degli Studi di Napoli, Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno, Portici, Situazione, problemi e prospettive dell’area più colpita dal terremoto del 23 novembre 1980, Torino, Einaudi, 1981, pp. 9 e ss. Introduzione 13 chie strutture tradizionali erano in gran parte decadute, le nuove per una vita economica diversa erano ancora debolissime; le istituzioni civili e amministrative erano ancora inadeguate al rinnovamento in corso e purtroppo asservite a una deleteria concezione clientelare e assistenzialistica dell’intervento pubblico e – quel che più conta – la struttura della popolazione era stata indubbiamente indebolita dall’emorragia troppo larga e rapida dell’emigrazione. Tuttavia era questa una economia e una società in attesa di un diverso, possibile sviluppo economico promesso da tempo, ma poi di fatto non perseguito dalla politica dei passati decenni»53. Alcune linee di sviluppo elaborate a livello scientifico da Manlio Rossi-Doria sarebbero divenute poi oggetto di dibattito politico: esse prevedevano l’integrazione tra agricoltura ed industria attraverso la creazione di nuclei industriali54. Fu la legge n. 219 del 1981, in materia di ricostruzione dell’area metropolitana di Napoli e del cratere, che obbligò la regione a redigere un piano territoriale sia per l’area metropolitana di Napoli che per l’epicentro. Due importanti decisioni, con conseguenze rilevantissime sulla politica urbanistica nelle aree interessate, erano strettamente connesse al piano. La prima concerneva le aree da industrializzare, l’altra la definizione delle grandi reti di servizio e di collegamento esterno55. L’idea di 53 Cfr. Università degli Studi di Napoli, Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno, Portici, Situazione…, cit., p. 19. 54 Cfr. M. Rossi-Doria, La terra dell’osso, cit., pp. 62-63, in particolare il passaggio riguardante l’integrazione di attività extragricole: «Grazie ai possibili sviluppi industriali e turistici e agli sviluppi agricoli nelle aree a sviluppo più intenso, in un considerevole numero dei nostri comuni accanto alla comunità di agricoltori potranno sorgere cospicui nuclei di imprenditori extragricoli, consentendo la piena ripresa degli stessi centri abitati». Su questo concetto Rossi Doria tornerà più volte, per ribadire che tra le condizioni che avrebbero favorito lo lo sviluppo dell’Irpinia si sarebbe dovuto pensare ad un’economia mista agricola-industriale-turistica (M. Rossi-Doria, La terra dell’osso, cit., p. 76). 55 Nel periodo post-terremoto si segnala l’attività di Salverino De Vito, senatore, Ministro del Mezzogiorno nel sesto Governo Fanfani, che fu tra gli autori della legge di ricostruzione e sviluppo e ideatore della normativa sull’imprenditorialità giovanile. Cfr. l’art. 32 della legge n. 219/1981. Su questi aspetti si veda: G. Acocella, Notabili, Istituzioni e Partiti…, cit., pp. 88 e ss.; Centro Studi Investimenti Sociali (CENSIS), Riattivare lo sviluppo in provincia di Avellino, Rapporto Finale, Roma, 1995; G. Minichiello, Irpinia 19452005: una rivoluzione socio antropologica. Cambiamento istituzionale, sviluppo economico e mutamento dei valori comuni. Una analisi multifattoriale: sistema politico/istituzioni/etica pubblica, Report conclusivo della ricerca «Prospettiva di analisi e sviluppo del territorio», promossa dal Centro di ricerca «Guido Dorso», con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per il Programma di Governo, 2011. 14 LUIGI FIORENTINO sviluppo sottesa aveva come obiettivo «sia il potenziamento dell’agricoltura, sia la creazione di nuclei industriali localizzati in modo da poter essere facilmente raggiungibili da un certo numero di comuni, la cui popolazione potrebbe così trovare sul posto quella integrazione ai redditi agricoli, che sinora è stata costretta a cercare lontano con l’emigrazione»56. Le scelte compiute negli anni successivi al terremoto condizionarono le vicende dei decenni successivi. Gli equilibri precedenti lasciarono il posto a un nuovo assetto e a una lenta ma continua evoluzione dell’economia e della società irpina. 4. L’Irpinia oggi: che cosa emerge dalla ricerca La provincia di Avellino è la provincia campana col più alto tasso di incidenza della emigrazione. Ormai non si può più parlare soltanto di inarrestabile processo migratorio ma di vera e propria desertificazione, soprattutto per quanto concerne l’alta Irpinia. I dati, illustrati nel capitolo curato da Toni Ricciardi in questo volume, mostrano come, nel decennio trascorso, non vi siano state variazioni della popolazione residente in termini complessivi. Quest’ultima si attesta, come nel decennio precedente, poco sopra le 430 mila unità, con una presenza di stranieri regolari che supera di poco le 12 mila unità, pari a circa il 2,6 % della popolazione totale. Stefano Molina nella sua analisi evidenzia l’elevato grado di femminilizzazione della terza e soprattutto della quarta età, la persistente ferita nel profilo demografico inferta dal calo delle nascite avvenuto durante la seconda guerra mondiale, il rigonfiamento prodotto dalle generazioni folte del baby boom e la progressiva rarefazione dei giovani (che diventa particolarmente rilevante con riferimento ai più piccoli). Attualmente la provincia di Avellino non risulta interessata da forme macroscopiche di mobilità, come invece accaduto in epoche storiche più o meno lontane. La diminuzione presente e futura del numero di giovanissimi pone sfide inedite ad un territorio che fino a pochi decenni fa doveva affrontare problemi di segno opposto. Maria Concetta Ambra esamina, nella parte della ricerca da lei curata, l’andamento del mercato del lavoro e del sistema imprenditoriale e 56 Cfr. Università degli studi di Napoli, Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno, Portici, Situazione…, cit., p. 20. Introduzione 15 produttivo. Nella provincia di Avellino l’andamento dell’occupazione nel periodo 2004-2014 denota una maggiore variabilità rispetto al contesto nazionale e regionale. Il tasso di attività totale si è ridotto nella regione Campania ma è aumentato nella provincia di Avellino. I tassi di attività femminili, pur cresciuti, rimangono notevolmente al di sotto dei livelli riferiti ai maschi. L’andamento dell’occupazione degli ultimi anni non ha riguardato allo stesso modo tutti i settori: vi è stata una forte contrazione nel settore industriale e nei servizi, mentre invece l’occupazione è cresciuta nel settore agricolo. La crisi economica non ha risparmiato alcun settore, spingendo nei momenti più drammatici verso un ritorno alle occupazioni più tradizionali (agricoltura, edilizia e commercio). Gli effetti della crisi economica in Irpinia si manifestano in modo più intenso ma in un arco di tempo più breve. Il tasso di disoccupazione maschile raggiunge il suo livello minimo nel 2008 (7,1%) e il livello massimo nel 2014 (14,3%). Il tasso di disoccupazione giovanile maschile si attesta al 41,7% nel 2014, mentre quello femminile raggiunge il 69%. Gabriele Mazzantini ha elaborato il quadro economico generale e settoriale. Nella provincia di Avellino la quota delle imprese agricole è pari al 30% del totale delle imprese esistenti, di gran lunga superiore rispetto a quella nazionale (15%) e regionale (13%). Al contrario, la percentuale di imprese che operano nel terziario è la più bassa (49% contro il 60% in Italia e il 66% in Campania). In Irpinia il comparto industriale ha tenuto più di quello agricolo, che negli ultimi cinque anni ha perso circa 1.400 imprese, anche se il numero di aziende attive è diminuito (-380 imprese nel periodo 2009-2014), dovuto ad un tasso di mortalità superiore a quello di natalità. La riduzione del numero di imprese si è accompagnata ad una riduzione dei residenti. L’economia irpina si caratterizza, da un lato, per una maggiore industrializzazione rispetto a quella del resto della Campania e, dall’altro, per una maggiore specializzazione nei settori manifatturieri tradizionali, a basso contenuto di ricerca e sviluppo e maggiormente esposti alla concorrenza dei paesi emergenti, mentre risultano residuali i settori in cui si fa più ricerca, anche se in crescita. La domanda nei mercati esteri ha contribuito a limitare la riduzione della produzione nei settori tradizionali, confermando anche in Irpinia un «trend» nazionale, cioè il tentativo di intercettare una fetta sempre crescente di domanda estera. Comunque, va evidenziato che l’«export» irpino è ancora troppo dipen- 16 LUIGI FIORENTINO dente dai mercati europei rispetto ai mercati extra-UE. L’ammontare delle risorse economiche riversate dal sistema creditizio nel tessuto economico locale si è ridotto, probabilmente a causa delle sofferenze creditizie che nel 2013 hanno raggiunto il 14,2% del totale degli impieghi57. In particolare, le sofferenze bancarie dal 2012 al 2013 sono aumentate più che nel resto della regione e del Paese, facendo scendere la provincia di Avellino alla novantunesima posizione fra le province italiane. Anche il numero di protesti (nel 2012, 2.765 ogni 100.000 abitanti) denota le difficoltà attraversate negli ultimi anni dal sistema economico irpino. Infine, è piuttosto elevato anche il numero di imprese oggetto di procedure concorsuali, pari al 2,7% del totale delle imprese registrate. Ivan Cucco esamina l’andamento del settore agricolo. La provincia di Avellino è la seconda in Campania sia per il numero di aziende agricole (25.862 nel 2010) che per superfice agricola utilizzata (124.617 ettari). L’incidenza di questa superfice sulla superfice totale provinciale (44,6%) è maggiore sia della media nazionale (42,7%) che del valore regionale (40,4%). Anche nella provincia di Avellino, come nel resto d’Italia, si è registrata una contrazione della superfice agricola totale e di quella utilizzata. La classe dimensionale più dinamica in Irpinia è quella compresa tra i 10 e i 50 ettari. L’utilizzo della manodopera aziendale appare ancora fortemente legato al modello di agricoltura familiare: infatti, il ricorso a manodopera esterna al nucleo familiare – sia con impiego regolare che occasionale – è inferiore rispetto alla media nazionale. Le competenze professionali in campo agrario sono rare nel panorama italiano e ancora di più in quello irpino. Ciò non toglie che numerosi prodotti irpini siano presenti, in numero notevole, nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali campani. Numerosi sono i prodotti a denominazione protetta, ma la superfice utilizzata per tali produzioni (8,5%) è inferiore al dato nazionale. Quanto alle attività complementari, significativo è il dato relativo all’agriturismo, che viene esercitato solo dallo 0,4% delle aziende irpine contro l’1,2% a livello nazionale. Angela Cresta ha analizzato il settore turistico. Nel 2013, la regione Campania ha intercettato il 4,2% degli arrivi e il 4,7% delle presenze. In particolare, il movimento di turisti ed escursionisti italiani e stranieri si concentra intorno alle grandi attrazioni di Napoli e Salerno. Le altre province della Campania riescono a captare soltanto il 9,8% degli arrivi ed il 6% delle presenze. La provincia di Avellino ha il dato peggiore 57 Tali impieghi si sono ridotti per sportello del 5,2% nel periodo 2011-2013. Introduzione 17 riuscendo ad attrarre soltanto l’1,8% degli arrivi in regione, nonostante l’Irpinia offra una pluralità di alternative: l’area «classica» rappresentata dalle zone archeologiche e dalle testimonianze preromane, romane e longobarde, l’area «religiosa» (Montevergine, Materdomini, il Goleto, Santa Maria dell’Assunta a Pago del Vallo di Lauro ed il complesso di edifici religiosi di Sant’Andrea di Conza), l’area «militare» (Montefusco, Monteverde, Bisaccia, Lacedonia, Lauro, Candriano: tutte località con castelli), l’area della «cultura materiale irpina» (i centri storici e le testimonianze diffuse di Calitri, Nusco, Taurasi, ecc.), l’area della «memoria urbana» (soprattutto i centri abitati abbandonati dopo gli eventi sismici: Conza della Campania, Aquilonia, Melito, ecc.). Si evidenzia, tra l’altro, che l’offerta ricettiva della provincia di Avellino sul totale regionale è il 7,6%. Ornella Albolino ed Alfredo Cavaliere nel capitolo da loro curato mettono in rilievo le peculiarità dell’Irpinia – ponte tra Est ed Ovest, tra Adriatico e Tirreno –, a lungo trascurate e solo recentemente tenute nella dovuta considerazione nei documenti ufficiali di programmazione. Nelle esperienze sin qui avviate vi sono luci ed ombre. Sul territorio provinciale sono state poste in essere varie forme di programmazione negoziata e diversi strumenti integrati di sviluppo locale, dal momento che l’area rientrava, come tutto il Mezzogiorno, nell’ambito definito dall’Unione europea obiettivo 1, aree in ritardo di sviluppo. Tra le diverse forme di programmazione si ricordano: il Progetto per l’Irpinia, realizzato negli anni ottanta, e la stagione della Programmazione Negoziata con i diversi Patti territoriali, che hanno coperto gran parte del territorio provinciale, oltre al Contratto d’area per le aree industriali della provincia di Avellino, avente l’obiettivo di completare le infrastrutture e l’insediamento di attività produttive nelle aree industriali costruite nella fase successiva al sisma del 1980. Alla fine del XX secolo si pose l’accento sull’esigenza di governare un processo caratterizzato anche per l’eccessiva parcellizzazione delle iniziative. Si iniziò a dibattere su un tema quale l’integrazione di risorse e strumenti. La regione Campania elaborò una strategia orientata a tale integrazione, successivamente ripresa anche nel Piano Territoriale Regionale, e si svilupparono numerose iniziative di «progettazione integrata territoriale» regionali e locali, oltre a programmi di iniziativa comunitaria quali i cosiddetti progetti «Leader». Più di recente, le aree interne sono tornate al centro dell’agenda politica nazionale. L’obiettivo principale consiste nel promuovere politiche relative all’attivazione o alla rior- 18 LUIGI FIORENTINO ganizzazione di sevizi essenziali per la collettività che rendano attrattivi i territori e ne fermino l’emorragia demografica. Sono stati proposti «tre distinti ma interconnessi obiettivi generali: tutelare il territorio e la sicurezza degli abitanti; promuovere la diversità naturale e culturale e il policentrismo; concorrere al rilancio dello sviluppo»58. In Campania, l’area pilota è stata individuata proprio nella provincia di Avellino, riunendo 25 comuni dell’area orientale dell’Irpinia che, il 9 febbraio 2015, hanno costituito «La città dell’Alta Irpinia», un organismo decisionale che rappresenterà gli enti locali coinvolti nei confronti della regione e del Comitato Nazionale per le Aree Interne. Gli ambiti di intervento sono istruzione, trasporti, infrastrutture digitali, ciclo integrato dei rifiuti, sanità e servizi socio-assistenziali, settori nei quali promuovere servizi in forma associata. Numerosi sono gli esempi concreti di un progressivo cambiamento che ha interessato il comparto produttivo in Irpinia negli ultimi anni, un processo di modernizzazione ancora in corso e con non pochi casi di eccellenza. Lo stabilimento Ferrero a Sant’Angelo dei Lombardi, il pastificio De Matteis in Valle Ufita, il gruppo Bruno di Grottaminarda, le numerose aziende del vitivinicolo (le cui esportazioni segnalano un trend di crescita costante), gli importanti insediamenti di ricerca del Centro Biogem ad Ariano Irpino e dell’Istituto sulle Scienze dell’Alimentazione del Cnr di Avellino, gli investimenti, tra gli altri, della Rolls Royce-Ema e della Altergon a Morra De Sanctis sono alcuni dei numerosi esempi di un’Irpinia proiettata verso una produzione di qualità ed una dimensione operativa globale. Anche la vita culturale è interessata da numerosi fermenti (si pensi, ad esempio, al Laboratorio permanente di drammaturgia e al Festival di cortometraggi teatrali a Cairano o allo SponzFest a Calitri ideato e curato da Vinicio Capossela, celebre figlio di emigranti irpini). Secondo stime effettuate dalla Camera di commercio, nel 2012 la provincia di Avellino è tra le province della Campania quella ad avere una percentuale maggiore di prodotto culturale (pari al 6%), superando anche la media nazionale (5,4%). Enrica Blasi, nel capitolo sulla gestione dei rifiuti, evidenzia aspetti positivi, soprattutto con riguardo ai risultati raggiunti in termini di raccolta differenziata, ed aspetti negativi, relativamente all’assetto organizzativo, con un’ancora incompleta attuazione della legge regionale e alla 58 Cfr. Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica – DPS (a cura di), Un progetto per le «aree interne» dell’Italia. Note per la discussione, Roma, ottobre 2012. Introduzione 19 combinazione delle differenti forme di gestione del servizio. In particolare, la carenza impiantistica, soprattutto con riferimento alla frazione organica, produce modalità di trattamento meno efficienti e sostenibili, con spreco di risorse naturali ed economiche. Maria Teresa Di Mattia e Dario Gentile esaminano il sistema dei trasporti e della mobilità. Il loro lavoro evidenzia la non uniformità dell’offerta del servizio ferroviario sul territorio, anche in considerazione del deficit di infrastrutturazione. La quota di infrastrutture di trasporto ferroviario presente sul territorio provinciale, rispetto all’intera rete regionale, è pari al 2,1%. In particolare risultano attive soltanto 29 stazioni in 26 comuni e soltanto il 45% della popolazione è servita da una stazione. L’Irpinia sarà interessata dalla realizzazione della più importante infrastruttura del Centro-Sud, la direttrice ferroviaria alta velocità/alta capacità Napoli-Bari. In particolare, a Grottaminarda è prevista la realizzazione della Stazione Irpinia. Il polo di Grottaminarda, insieme a quello di Benevento, sarà nodo strategico di interconnessione tra la rete ferroviaria ad alta capacità e l’attuale rete ordinaria sia ferroviaria che autostradale. Lara Natale e Piergiorgio De Geronimo esaminano il sistema sanitario. Nonostante le problematiche connesse alla particolare conformazione del territorio, l’offerta di servizi sanitari è in linea con gli standard nazionali, avendo una buona dotazione di strutture pubbliche, posti letto per l’emergenza e strutture private accreditate. Anche a livello qualitativo, l’assistenza sanitaria ha punte di eccellenza. L’azienda ospedaliera Moscati di Avellino ha ottenuto la certificazione di qualità per la gestione del rischio clinico, soprattutto grazie all’efficiente organizzazione del pronto soccorso. Carlo Cipollone e Giuliana Franciosa, con il loro contributo, esaminano l’offerta formativa post diploma. Il loro lavoro mette in rilievo, in primo luogo, l’assenza di sedi universitarie in provincia, essendo presenti solo corsi che fanno capo ad alcune università campane. Gli studenti irpini frequentano prevalentemente università della Campania (70%) e del Lazio (circa il 12%), preferendo facoltà dell’area sociale. Un terzo dei giovani tra i 15-29 anni fa parte della fascia Neet (Not in education, employment or training), in linea con i dati regionali. In Irpinia si prefigurano esigenze formative del tutto nuove, determinate dall’andamento demografico e dalla presenza di cittadini stranieri. Simona Melorio affronta il tema della criminalità organizzata. Dopo il terremoto del 1980, la camorra napoletana ed irpina passa «alle stanze 20 LUIGI FIORENTINO dei bottoni», partecipa agli accordi per la ricostruzione e spesso li gestisce direttamente. Ancora oggi sono presenti legami della camorra con politica ed imprenditoria. Si tratta di una criminalità non ben definita e non facilmente identificabile, perché frutto di compromessi tra il mondo dell’illegalità e quello legale, tra criminali e imprenditori. Si tratta per lo più di una criminalità di relazione, che induce persone senza precedenti penali ad agire illegalmente. L’indice di presenza mafiosa vede Avellino al trentesimo posto con il 6,53%, contro Napoli al primo posto con 101,57%. Sicuramente vi è un rischio di infiltrazione camorristica, oggi particolarmente legato a settori quali le fonti rinnovabili. Carmela Giannino individua nella sua analisi i «sistemi strutturali di area vasta» che concorrono ad identificare ambiti omogenei per un possibile scenario di crescita del territorio. Questi sistemi sono riconducibili alla mobilità, alle infrastrutture, ai servizi e alle filiere emergenti dell’economia quali il turismo e la green economy. La possibilità di raggruppare il territorio in ambiti omogenei collegati alle filiere emergenti dell’economia rappresenta un’opportunità per il ridisegno degli ambiti territoriali in funzione di sviluppo. 5. Considerazioni conclusive e alcune proposte per il futuro dell’Irpinia I dati socio-economici della provincia di Avellino mostrano un tessuto economico compromesso, con dati negativi relativi sia al tasso di occupazione e disoccupazione, sia a quello di nascita e mortalità delle imprese. A ciò si aggiunga la riduzione costante della popolazione residente e il continuo invecchiamento, che ha, a sua volta, un effetto deprimente sulla domanda locale di beni e servizi. Per questo motivo l’economia locale è in una spirale negativa che può essere controbilanciata solo dall’aumento della domanda dei mercati esterni (non solo alla provincia, ma all’Italia, viste le difficoltà in cui si trova la stessa economia nazionale). Peraltro, una recente analisi ha evidenziato, in termini generali, come i settori più colpiti dalla crisi economica sono quelli che contavano principalmente sulla domanda interna. Per il futuro i settori trainanti sono quelli che potranno contare principalmente sulla domanda estera59. 59 Cfr. Aspen Institute Italia, Ascesa e declino dei tradizionali driver dello sviluppo: nuovi scenari futuri. Documento presentato in occasione degli Aspen Seminars for leaders, Venezia 22-24 Maggio 2015. Introduzione 21 I dati esaminati sembrano mostrare, infatti, una situazione per cui le forze di mercato da sole difficilmente saranno in grado di invertire i «trend» negativi degli ultimi anni. In uno scenario di questo tipo, appare necessario un intervento di politica economica che introduca nuove risorse nel sistema economico e contribuisca alla crescita di settori ad alto potenziale di sviluppo. Di conseguenza, è auspicabile che la politica e le istituzioni individuino gli ambiti di intervento su cui concentrare sforzi e risorse. Ma occorre che vi siano alcune pre-condizioni. In primo luogo, va riscoperto il valore della comunità, intesa come «magia, superstizione e cultura»60 e come «recupero della dimensione dentro la quale la persona vive e agisce»61, puntando più sui valori che sugli strumenti, in un’ottica di condivisione tra e con le persone e non, invece, con un approccio burocratico. Occorre, inoltre, guardare ai bisogni della comunità per costruire modelli coerenti di servizi alla persona62. Risulta necessario ritrovare la comunità attraverso il recupero di tradizioni e valori senza chiudersi, riuscendo a recupere le radici senza le quali si ha solo la morte della passione e dell’umano63, soprattutto in una terra come l’Irpinia dove, dopo il terremoto64 del 23 novembre 1980, «restano le terre ma mancano i cristiani65». In tutto questo, svolge un ruolo importante anche la funzione di accoglienza ed integrazione dei migranti66 dei quali vi è bisogno, come indicano anche i dati demo- 60 Cfr. C. De Mita, intervento alla cerimonia di chiusura della Scuola di Alti Studi politici, Napoli, Istituto universitario Suor Orsola Benincasa, Cerimonia di chiusura dell’anno accademico 2014-2015, in «Il Mattino», 21 novembre 2015. 61 Cfr. C. De Mita, Presentazione della quinta edizione della Scuola di Alti Studi Politici, Nusco, 23 gennaio 2015, in «Il Mattino», 24 gennaio 2015. 62 In tal senso va il Progetto pilota aree interne, che non è una proposta di mero accorpamento di comuni. 63 Cfr. V. Capossela, Il paese dei coppoloni, Milano, Feltrinelli, 2015. La frase a cui mi riferisco nel testo è di Ernesto De Martino ed è riportata dall’autore nella terza pagina di copertina. 64 Per una riflessione sul terremoto e l’Irpinia, Cfr. F. Genzale, L’Irpinia nel cuore. In principio fu il terremoto. Poi arrivò la crisi. Come rialzarsi? Intervista con R. Repole e E. D’Amelio, Primativvu-D’Agostino Editore, 2014. 65 Cfr. V. Capossela, Il paese dei coppoloni, cit. 66 L’esigenza di un’educazione dell’Irpinia all’accoglienza è stata recentemente evidenziata durante un convegno organizzato a Monteforte dall’associazione socio culturale «Fenestrelle», dalla CGIL e dal comitato «Il diritto ad avere diritti». Si è, inoltre, sottolineato come la presenza dei migranti possa essere una vera opportunità per le comunità. 22 LUIGI FIORENTINO grafici67. Integrare i migranti significa scommettere sul futuro, definire le esigenze e le capacità di assorbimento da parte della società e dell’economia, progettare attività formative ad essi destinate, reinventare figure professionali oggi scomparse. Non penso solo alle figure tipiche dell’artigianato ma anche a quelle che occorrono alle filiere economiche emergenti68. Occorre, in sintesi, «tornare al territorio, riscoprendo la lezione di Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, al suo racconto delle comunità locali, usandolo nell’ipermodernità dell’oggi, nel rapporto tra i fondi, intesi allora come elementi naturali e culturali e i flussi, intesi non come flussi globali ma come decisioni sociali ed istituzionali che accompagnano i luoghi evitando lo sfarinamento»69. In secondo luogo, occorre favorire la partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche70 e saper guardare avanti, investendo sul futuro71. La politica deve contribuire ad affermare una cultura dei diritti, superando, invece, una visione ancorata al rapporto individuale tra esponenti politici e cittadini, che può sfociare in clientelismo. Il clientelismo72 mortifica le intelligenze e contribuisce all’esodo dei più giovani73. 67 Cfr. A. Rosina, L’implosione demografica del Sud, in «Italianieuropei», n. 1/2015, pp. 52 e ss. Cfr. anche Istat, Bilancio demografico nazionale, 2015. In particolare, occorre ringiovanire la popolazione dal basso della piramide dell’età: sono necessarie almeno 250 mila nascite aggiuntive all’anno per mantenere il Paese stabile sui 60 milioni. 68 Si pensi alle figure dell’artigianato tradizionale: falegnami, calzolai, lavoratori del ferro, ma anche ai lavoratori della filiera agroalimentare. 69 Cfr. A. Bonomi, Tornare ai territori per ritrovare estro e competitività, in «Il Sole 24 Ore», 28 febbraio 2016, p. 15. Interessante è quanto affermato dallo stesso A. Bonomi, in G. Picone, Matria…, cit. pp. 87-90, laddove esprime l’esigenza di una leadership del territorio: «All’Irpinia manca un Carlin Petrini, nel senso di un personaggio in grado di saper declinare sul territorio questa formula magica che è la green economy…». 70 L’importanza della partecipazione alle scelte pubbliche è un modo per rimettere al centro dei processi decisionali la politica. Questa esigenza è espressa da G. Di Iorio, Dalla parte delle cause perse. Il Meridione, l’Irpina, l’Irisbus, Grottaminarda, Delta 3 edizioni, pp. 17-18. Inoltre, G. Picone, Matria…, cit., p. 84. 71 Fondamentale è avere la capacità di guardare avanti. Ad esempio, perché non investire in formazione per i giovani degli ultimi due anni delle scuole superiori per assicurargli formazione integrativa? Sarebbe importante aumentare il loro know-how attraverso moduli integrativi di eccellenza. Ma per pensare a progetti di questo tipo, occorre una classe politica che guardi oltre l’oggi. 72 Cfr. U. Morelli, Lettera sull’Irpinia, in G. Picone, Matria…, cit., pp. 7-19, laddove si dice: «L’effetto del promettere è l’assuefazione a chiedere e aspettarsi assistenza e favori è l’effetto delle promesse. Il consenso è figlio dei favori e essere in grado di farsi raccomandare o di essere raccomandati è uno dei valori principali, uno dei più impor- Introduzione 23 In terzo luogo, occorre guardare ai problemi delle amministrazioni locali nel loro agire quotidiano. La complessità del sistema amministrativo richiede sempre di più amministratori competenti, in particolare sotto il profilo tecnico. Il ruolo dello Stato centrale è molto ridimensionato, la globalizzazione limita le capacità redistributive del centro e contribuisce ad accrescere la necessità di un ruolo più attivo dei governi decentrati74. È necessario riuscire ad interloquire con i vari livelli di Governo. Oggi, quindi, serve una classe dirigente locale (parlamentari, sindaci, presidenti della provincia) che sappia creare le connessioni tra le varie istituzioni, in una logica multilivello. Le opportunità per lo sviluppo del territorio, infatti, esistono ma occorre saperle cercare e soprattutto progettare soluzioni, tecnicamente e amministrativamente fattibili. Per questo vi è bisogno di un’amministrazione moderna e preparata e di amministratori competenti. In quarto luogo, occorre pensare ad un’Irpinia «connessa» ed alla realizzazione di importanti infrastrutture, nonché al rilancio di imprese in crisi75. Quanto all’esigenza di «connessione», perché ciò accada è necessario puntare decisamente sulla banda larga di ultima generazione. Ad oggi sono stati posati 341 Km di fibra ottica76. Il piano nazionale per tanti motivi di prestigio. Se la convinzione di avere diritti impropri non ammette almeno un dubbio, quella convinzione diviene tacitamente la regola dominante». 73 L’avvio a Nusco della Scuola di Alti Studi Politici può contribuire a costruire una nuova generazione di esponenti politici con una visione di progetto ed una idea di comunità. L’obiettivo dei promotori è quello di «aprire un laboratorio di democrazia dove si possa ripensare la politica e formare alla politica una classe di decisori» (così M.V. Del Tufo, Pro-Rettore «Suor Orsola Benincasa», Intervento al Seminario organizzato dal Centro di ricerca Guido Dorso su Il Futuro dell’Irpinia: ricerca e internazionalizzazione, tenuto presso la sala consiliare del comune di Avellino il 19 Giugno 2015). Cfr. gli ultimi risultati derivanti dalla più grande indagine europea condotta dall'Ue sulla qualità della Pubblica Amministrazione a livello territoriale, esaminati dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre: le regioni del Sud d’Italia compaiono 7 volte nel rank delle peggiori trenta, con la Campania che si classifica addirittura al 202° posto. Inoltre, cfr. C. Trigilia, Sviluppo senza autonomia, Effetti perversi delle politiche nel Mezzogiorno, Bologna, 1994, pp. X e ss. e C. Trigilia e G. Viesti, La crisi del Mezzogiorno e gli effetti perversi delle politiche, in «il Mulino», n. 1/2016, pp. 52 e ss. 74 Cfr. C. Trigilia, Sviluppo Locale. Un progetto per l’Italia, Roma-Bari, 2005, pp. 15 e ss. Inoltre, Formez, Rapporto d’Area del Laboratorio Territoriale dello Sviluppo Locale Alta Irpinia, a cura di Analisi e Ricerche Territoriali Srl,15 dicembre 2006. 75 Mi riferisco alla lunga crisi di Irisbus e all’incertezza della ripresa. Su questo punto cfr. G. Di Iorio, Dalla parte delle cause perse, cit., pp. 80-102. 76 Cfr. EY, Building a better working world, Italia Smart - Rapporto Smart City Index 2016. Avellino, nel ranking nazionale dei 116 comuni capoluogo, è al 105° posto. 24 LUIGI FIORENTINO l’intera provincia stima un ulteriore fabbisogno di banda ultra larga per raggiungere gli obiettivi di Europa 2020 (50% della popolazione a 30 mega e 50% a 1000 mega): occorrono, per questo, investimenti pari a circa 73 milioni di euro. Quanto, invece, alle infrastrutture già progettate, saranno centrali per lo sviluppo e per una connessione fisica la linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità Napoli/Bari, con la Stazione Irpinia a Grottaminarda, che potrà essere il cuore di una piattaforma logistica. In quinto luogo, per la costruzione di un vero e proprio piano strategico, che guardi al 2030 e ponga le basi di un cambiamento reale, occorrono sia una leadership plurale e aperta, sia un sistema di governance ben definito, con una visione politica dello sviluppo. Bisogna coinvolgere i sindaci, favorire le aggregazioni di comuni, valorizzare l’area vasta77, costruire partnership con imprese, sistema bancario78, associazioni ed organizzazioni sindacali. Vanno coinvolti enti di ricerca ed università. Solo così si potrà superare la frammentazione degli interventi e l’incapacità diffusa presente nei nostri territori di guardare oltre i confini del proprio comune, di fare squadra, puntando alla promozione unitaria del territorio, ad un brand riconosciuto a livello internazionale, consapevoli che nessuna corsa solitaria potrà mai dare risposte in termini di sviluppo79. Infatti, un progetto80 solido deve tener conto delle peculiarità 77 Occorre sfruttare le potenzialità offerte dalla cosiddetta «Legge Del Rio» (legge n. 56/2014) quanto alle funzioni di programmazione ed organizzazione del territorio. 78 Fondamentale è un patto con il sistema bancario per garantire la finanziabilità dei progetti. Oggi l’accesso al credito è molto complicato in Irpinia quanto e più che nel resto del Paese. 79 Occorre guardare molto positivamente al progetto pilota aree interne e all’aggregazione di 25 comuni dell’Alta Irpinia. Anzi, il progetto pilota può essere il punto di partenza per una reale riorganizzazione del territorio in aree omogenee. Inoltre, non si può pensare allo sviluppo dell’Irpinia fermandosi ai 118 comuni della provincia, senza guardare al contesto economico generale e, in tale ambito, a ciò che accade nella fascia costiera, nell’area metropolitana di Napoli e nel beneventano. Quest’ultimo territorio, peraltro, è molto simile all’Irpinia e con esso andrebbe, comunque, costruita una sinergia in un’ottica di smart specialization. 80 Un piano strategico e piani operativi dovranno impedire un utilizzo casuale e non coordinato delle risorse comunitarie destinate alla provincia. In tal senso è importante il patto per lo sviluppo della Regione Campania, sottoscritto tra il Governo e la Regione. La metodologia di coordinamento potrebbe essere utilizzata anche in sede provinciale. Perché il passato sia da insegnamento, significativi sono i dati relativi al periodo di programmazione 2007-2013. La provincia di Avellino ha avuto complessivamente 1.508.456.907 euro (dati Opencoesione, aggiornati al 31 Ottobre 2015). I progetti che Introduzione 25 dell’area nel suo insieme, deve saper guardare al contesto regionale e cercare sinergie anche con altri territori, guardare al mondo. Non vi sarà futuro senza un processo di internazionalizzazione del sistema d’impresa. I risultati della ricerca consentono di dire che l’Irpinia ha la vocazione per essere terra di eccellenza nel settore agroalimentare, in particolare del vino81. L’Irpinia è terra ospitale, naturalisticamente bella, con un ambiente sano, un paesaggio non comune82: ideale per un turismo di qualità83 e come sede di un sistema residenziale per la terza età, con servizi di supporto comuni, gestiti attraverso soggetti privati specializzati. Altri pilastri dell’economia irpina dovranno essere: tutela dell’ambiente84, green economy, biodiversità, agricoltura biologica. L’Irpinia è non hanno interessato la provincia di Avellino sono stati 3.687. Si segnala la ridotta capacità di spesa del sistema amministrativo locale: su 1.027.862.099 di euro destinate alle infrastrutture la spesa è stata soltanto di 281.166.441 euro. Nello stesso periodo sono stati programmati interventi alle imprese per 298.280.293 euro, di cui ne sono stati spesi soltanto 153.766.752. Nell’ambito del programma «Ricerca e Innovazione» sono stati destinati e spesi: 17 milioni di euro per il settore aerospaziale, 15 milioni di euro per il settore automotive, 12 milioni di euro per il settore farmaceutico e 11 milioni di euro nel settore della meccatronica ed automotive. Cfr. C. Trigilia e G. Viesti, La crisi del Mezzogiorno…, cit., pp. 52-61, laddove si evidenzia la scarsa efficacia nell’utilizzo dei fondi europei. Le nostre difficoltà, secondo gli autori, dipendono sia dal modello di offerta a livello di Unione europea (gli obiettivi perseguibili sono troppo ampi), sia dalla scelta nazionale di appoggiarsi molto sulle regioni, anziché prevedere un rafforzamento del centro. Ciò favorisce una frammentazione delle risorse ed una difficoltà di spendere dovuta alla intermediazione politico-burocratica. 81 Cfr. N. Di Iorio, Rosso dalla terra. Il Taurasi e l’Irpinia legati da un unico futuro, Grottaminarda, Delta 3 edizioni, 2015. Si veda la storia inquietante sul Consorzio di tutela dei vini d’Irpinia, pp. 124 e ss. Inoltre, Cfr. A. Bonomi, cit., in G. Picone, Matria …, cit., p. 89, laddove alla domanda se basta il vino per assicurare sviluppo risponde: «Non sono un ingenuo. So bene che non basta il vino a risollevare una terra a prefigurare una prospettiva di sviluppo. Ma il vino, e cioè gli imprenditori della green economy possono costruire una rete e fare sistema. Hanno dalla loro la grande arma dell’identità del luogo: con questa si può circondare il mostro». Mostro è considerata l’area metropolitana. 82 Cfr. E. Finzi, Se un milanese, e non uno qualunque, prende casa a Cairano, Intervista, «Orticalab.it», 25 gennaio 2016. 83 Cfr. F. Arminio, Vento forte tra Lacedonia e Candela. Esercizi di paesologia, Roma-Bari, Laterza, 2008. Emerge un ritratto unico ed affascinante dell’Irpinia. Dello stesso autore, cfr. Geografia commossa dell’Italia interna, Milano, Bruno Mondadori, 2013. 84 In Irpinia si è molto discusso di come siano prevalsi più gli interessi delle aziende energetiche che quelli ad un ambiente totalmente incontaminato. Molti sono, infatti, gli elettrodotti ed i parchi eolici. Invece, sull’agricoltura innovativa cfr. C. Petrini, Voler 26 LUIGI FIORENTINO solo agricoltura e turismo: è anche sede di imprese in settori strategici ad alto contenuto di know-how, quali, ad esempio, l’aerospazio, l’automotive e la farmaceutica. In connessione con queste attività economiche si dovranno sviluppare attività di ricerca, finalizzate a migliorare processi e prodotti85. Oggi, nell’era della competizione globale, abbiamo sempre di più bisogno di riempire di contenuto, di innovazione, ma anche di conoscenza la produzione che si vuole collocare sui mercati internazionali. Tutto ciò conduce ad un vero e proprio rinascimento industriale, ad un cambiamento totale di paradigma86. bene alla Terra, Firenze, 2014, in particolare dove, nella conversazione con Enzo Bianchi, Piccolo mondo antico, quest’ultimo sostiene che esiste «un altro problema importante accanto alla mera contrapposizione tra scienza e saperi tradizionali: il problema di come alcuni dati della scienza possano oggi ridiventare sapienza agricola». Inoltre, nella conversazione con Edgar Morin, Carlo Petrini evidenzia come «dietro ai prodotti ci sono miti, culture, economie, strutture sociali molto differenti.». 85 Proprio perché l’agricoltura può essere uno dei settori strategici trainanti dell’economia locale, il sistema della ricerca, non solo locale e regionale, dovrà costituire un motore di innovazione. Occorre arrivare al contadino che, accanto ai saperi tradizionali, sappia utilizzare i risultati della ricerca scientifica. 86 Cfr. L. Nicolais, L’innovazione che serve al Sud, Rinascimento Industriale, in «Corriere del Mezzogiorno», 18 dicembre 2014, p. 1, in particolare dove sostiene che «[…] è impossibile continuare a mantenere posizioni di riferimento sui mercati senza investire in servizi avanzati e di qualità o essere competitivi se si interviene solo sui costi delle produzioni, restando piccoli, delocalizzando, ridimensionando salari e occupazione, o utilizzando incentivi fiscali. […] Di conseguenza il baricentro della catena del valore e della competitività poggia, e sempre più poggerà, sulla qualità e quantità di conoscenze sviluppate, adottate e immesse nei circuiti produttivi, ovvero sulla capacità delle persone di sapere immaginare, prevenire, orientare e governare idee, processi, tecnologie». Sull’esigenza di un ruolo nuovo dello Stato cfr. M. Mazzucato, The Entrepreneurial State, Debunking Public vs Private Sector Myth, Anthem Press, London-New YorkDelhi, 2013. Introduzione 27 Abstract La questione dello sviluppo dell’Irpinia si inscrive naturalmente in una questione più generale che è la questione meridionale, un tema che negli ultimi anni è stato derubricato dalle agende politiche o, quanto meno, messo – erroneamente – in secondo piano: lo sviluppo del Meridione è infatti strettamente connesso allo sviluppo dell’Italia intera, mentre i dati economici più recenti mostrano come la crisi degli ultimi anni abbia accentuato le differenze esistenti fra nord e sud. Se tale processo di crescita a due velocità non verrà almeno mitigato, però, in futuro sarà sempre più difficile anche solo ipotizzare politiche economiche «nazionali» che siano in grado di interrompere l’emorragia di risorse e capacità che sta investendo il Mezzogiorno, di cui la fuga dei giovani rappresenta la punta dell’iceberg. Il Rapporto «Idee per lo sviluppo dell’Irpinia» si inserisce pertanto in una tradizione di eccellenti studiosi, come Francesco De Sanctis, Guido Dorso e Manlio Rossi Doria, i quali partendo dallo studio della questione meridionale, sono arrivati a denunciare i problemi dell’Irpinia ma anche a mettere in risalto i punti di forza su cui puntare per ripartire. Allo stesso modo, questo Rapporto intende fotografare la condizione (economica, sociale, demografica, ecc.) in cui si trova oggi l’Irpinia per individuare possibili traiettorie di sviluppo e di valorizzazione delle risorse di cui dispone il territorio. The issue of Irpinia’s economic development is part of more general issue of Southern Italy («the Southern Question»), a topic that in the last years has disappeared from the government's top priorities or, at any rate, has wrongly moved to the background; in effect, the development of South of Italy is strictly linked to development of Italy as a whole, but the most recent data show us that the last economic crisis has accentuated the differences among the North and the South. If this «two-speed» pattern of development is not mitigated at least, in the future it will always be more difficult even just conceive some «national» economic policies able to interrupt the drain of capabilities and resources that hit the Southern Italy; in this sense, the brain drain is only the tip of the iceberg. Therefore, this book «Idee per lo sviluppo dell’Irpinia» yearn for continuing a pattern of eminent researchers as Francesco De Sanctis, Guido Dorso e Manlio Rossi Doria, who studied the Southern Question not only to denounce the problems of Irpinia, but also to highlight its strenghts from which it can take further steps forward. In the same way, this book means to describe the (economic, social, demographic, etc.) current status of Irpinia to identify some feasible pattern of development and some chances to take advantage of its resources. 28 LUIGI FIORENTINO Bibliografia Acemoglu D. e Robinson J.A., Perché le nazioni falliscono, Milano, il Saggiatore, 2013. Acocella G., Notabili, Istituzioni e Partiti in Irpinia. Quarant’anni di vita democratica, Napoli, Alfredo Guida editore, 1989. Arminio F., Vento forte tra Lacedonia e Candela, Esercizi di paesologia, RomaBari, Laterza, 2008. Arminio F., Geografia commossa dell’Italia interna, Milano, Bruno Mondadori, 2013. 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Da diversi anni è impegnata in ricerche che riguardano principalmente temi relativi al Mezzogiorno d’Italia, alle aree interne, alle politiche e ai progetti di sviluppo territoriale. Maria Concetta Ambra, sociologa, ha conseguito il dottorato di ricerca in Sistemi Sociali, Organizzazione e analisi delle politiche pubbliche presso l’Università di Roma Sapienza. È attualmente PhD presso l’Institut TELEMME, “Temps Espace Langage Europe Meridionale Mediterranee” di Aix-enProvence. Enrica Blasi, dottore di ricerca in diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Roma Tre. È avvocato del Foro di Roma e consulente del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Alfredo Cavaliere, dottore di ricerca in Geografia dello sviluppo, redattore di Editrice Socialmente, ha svolto attività di ricerca in particolare su politiche urbane e culturali e teoria dello sviluppo. Carlo Cipollone, Direttore della Scuola per l’Europa di Parma. Già docente e autore di testi scolastici di Geografia Economica, con esperienza ventennale nella direzione scolastica. Angela Cresta, ricercatrice confermata di Geografia economico-politica presso il Dipartimento DEMM e docente di Geografia economica presso il Corso di Laurea di Economia aziendale dell'Università degli Studi del Sannio. Ivan Cucco, PhD in Economics, Macquarie University, Adjunct Professor per il Masters in Food Studies, The American University of Rome, e Senior Researcher presso T6 Ecosystems, Roma. Pier Giorgio De Geronimo, PhD in diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Attualmente è Dirigente presso la Regione Campania. Maria Teresa Di Mattia, libera professionista, ingegnere civile trasporti, esperta di pianificazione delle reti di trasporto e di investimenti pubblici, attualmente si occupa di pianificazione degli investimenti presso l’ACAM ed è Consigliere del CDA dell’EAV. 442 NOTIZIE SUGLI AUTORI Giuliana Franciosa, ricercatrice ISFOL per la Struttura Garanzia Giovani, si occupa di dinamiche del mercato del lavoro riguardanti i giovani. In precedenza, per l’Osservatorio sull’Inclusione Sociale, ha lavorato sull’inserimento lavorativo di persone con disabilità psichica, a rischio di esclusione. Dario Gentile, dirigente presso l’ACaM (Agenzia Campana per la mobilità sostenibile), responsabile dell’Unità «Servizi tpl e Osservatorio» e membro dell’Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale. Carmela Giannino, urbanista, architetto progettista ed esperta di politiche urbane, lavora presso il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Membro del Consiglio direttivo nazionale dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. Gabriele Mazzantini, funzionario presso l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, economista, dottore di ricerca in Economia e Gestione delle Imprese e dei Sistemi Locali. Simona Melorio, dottore di ricerca in criminologia, ricercatrice Centro R.E.S. Incorrupta, Università Suor Orsola Benincasa-Napoli, borsista presso Università degli Studi del Molise. Stefano Molina, dirigente di ricerca presso la Fondazione Giovanni Agnelli di Torino. Lara Natale, Avvocato, Dirigente di Staff del Dipartimento Salute e Risorse Naturali della Regione Campania, componente del Nucleo di supporto del Commissario di governo per il Piano di rientro sanitario, esperta in politiche sanitarie cofinanziate. Toni Ricciardi, storico delle migrazioni presso l’Università di Ginevra. Da un decennio si occupa di fenomeni migratori.