ARTE-ARTIGIANATO
Cortina da tempio
con storie del Rāmāyana
.
nelle Collezioni Carige
di M. Daniela Lunghi
Su un grande telo di cotone sono dipinti
(con una tecnica che combina tintura e pittura)
35 scene riquadrate da cornici illustranti episodi
tratti dal “Rāmāyana”,
. il grande poema dell’epica
indiana. Si tratta di un frammento di una cortina
da tempio, che, per lo stato e la decorazione degli orli,
si suppone fosse in origine ben più grande
e che la narrazione continuasse.
I tessuti in Indonesia
er secoli l’Arcipelago Indonesiano è stato al centro di intensi scambi commerciali, noti già in epoca romana. Mercanti indiani e arabi vi acquistavano una
merce preziosa soprattutto in Occidente: le spezie. Pepe, chiodi di garofano, noce moscata, erano scambiati con tessuti prodotti in India, appositamente per questo
ampio e variegato territorio ad uso delle classi sociali più ricche.
Lussuose stoffe di seta provenienti dal Gujarat e dal Rajasthan, raffinatissimi cotoni
decorati delle coste del Coromandel, giungono in Indonesia, in Malesya e sino in Cina,
con i loro colori e i loro splendidi disegni diffondendo gusti e tecniche dell’India. Le
Mollucche (chiamate anche Isole delle Spezie) furono visitate dal viaggiatore italiano
Ludovico da Varthema nel 1505. La pubblicazione dei suoi “Itinerari” nel 1510, stimolò un afflusso di avventurieri tra cui i primi furono i Portoghesi e gli Inglesi, seguiti dagli Olandesi che arrivarono nelle acque indonesiane nel 1596 e dopo 30 anni imposero
il loro monopolio.
Fino al 1800 la Compagnia Olandese delle Indie Orientali (VOC) cercò, quasi sempre
con successo, di controllare il flusso di scambi fra spezie e tessuti indiani, nonostante le
ingerenze degli Inglesi e la costante presenza di mercanti indiani e cinesi. Il centro di
smistamento di questo commercio era situato dal 1619 a Batavia (Banten), il maggiore
porto di Java occidentale. Con l’arrivo degli Europei nel XVI sec., il crogiolo di razze,
lingue, religioni del Sud-Est Asiatico divenne ancora più ricco e complesso.
I tessuti avevano qui un ruolo sociale di enorme importanza: erano ostentati in matrimoni e funerali come in ogni altra cerimonia privata e pubblica; scambiati come doni
tra nobili e ambasciatori; considerati magici talismani contro i demoni e le malattie;
spesso utilizzati come moneta1. I tessuti di importazione indiana erano richiesti sia per
l’abbigliamento che per l’arredo; la maggior parte di essi costituiva il “sarong”, ossia
un telo rettangolare che gli abitanti portavano girato intorno alla vita come una gon-
P
A fronte
Cortina da tempio
con storie del
Rāmāyana,
. particolari.
Cotone dipinto,
cm 99 x 156. Indonesia,
secoli XVIII-XIX.
Collezione Banca
Carige.
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L’arcipelago
indonesiano
in un’incisione del XVI
secolo.
na, completato da giacche e specie di pantaloni, secondo l’uso particolare del luogo.
Gli indonesiani prediligono i famosi “patola” in doppio “ikat” di seta, ma anche in seta
broccata, ricamata o tinta. La tipologia dei tessuti di cotone dipinti e stampati è altrettanto varia: chitta, chintz, kalankari, surat, sarasa, palampore, salempore…
I decori delle stoffe sono di una ricchezza straordinaria: motivi floreali, geometrici, animali mitici e reali, figure tratte dai miti e dal pantheon degli dei.
A questi prodotti importati si affiancano i manufatti locali che in parte imitano i modelli indiani e la cui produzione viene incoraggiata dagli stessi Olandesi a partire dal
XVIII sec. Il grande sviluppo della tecnica del Batik indonesiano comincia in questo periodo e vede il suo apogeo durante il XIX secolo2.
Tra i tessuti figurati con temi indù una tipologia comprende soggetti tratti dall’epica del
Rāmāyana.
. Spesso il tema centrale è la scena culminante quando Rāma con l’aiuto dell’armata delle scimmie, si batte contro il demone dalle molte teste Rāvāna
. e le forze di Lanka.
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Sia Rāma che Rāvān.a vestiti solo del dhoti, sono sospesi con i lunghi archi tesi a scoccare le loro magiche frecce.
Le armate dei combattenti sono impegnate in un combattimento mortale e il paesaggio
è disseminato di corpi smembrati. Membri dell’armata di scimmie di Rāma portano rocce per costruire il ponte tra India e Lanka.
In India i tessuti narrativi sono ampiamente usati come sfondo per rappresentazioni
drammatiche di scene dell’epica religiosa. La pittura tessile didattica Javanese e la pittura della corte Klungkung Balinese ebbero una lunga storia autonoma e l’intento narrativo dei tessuti importati fu sempre apprezzato. Nell’Indonesia dell’est il soggetto doveva essere spiegato e adattato all’interno del sistema di credenze locali.
Queste pitture tessili narrative possono essere messe in relazione con la tradizione kalankari medievale della costa del sud Coromandel, specialmente i tessuti dipinti da tempio che illustrano scene sequenziali dall’epica Indù.
Cortina da tempio
con storie del
Rāmāyana.
. Cotone
dipinto, cm 99 x 156.
Indonesia, secoli
XVIII-XIX. Collezione
Banca Carige.
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Sia per funzioni che per tecnica i tessuti Rāmāyana
. non hanno stretti paralleli nel sud est
dell’India. Piuttosto essi sembrano essere stati fatti espressamente per l’Indonesia.
Resta da chiarire quando e come i tessuti Rāmāyana
. cominciarono ad essere prodotti. È
significativo che essi non sono riconoscibili in liste di tessuti ordinati dalle Compagnie
Europee per il commercio con l’Indonesia, benché un pezzo del Tropen Museum di Amsterdam porti il timbro del VOC.
Il più antico esemplare pervenuto entrò a far parte della Collezione del Museo della Stampa su Stoffa di Mulhouse nel 1829, tre decenni dopo la chiusura del VOC.3.
L’intento narrativo nel manufatto in oggetto è sottolineato dalla presenza in ogni scena di
scritte inserite in una forma ovale e raggiata che ricordano addirittura i fumetti.
Il Rāmāyana
.
Il “Rāmāyana”
. è un poema epico di 24.000 versi, suddivisi in sette libri. Ne esistono più versioni ma, fino all’epoca moderna, era stato in genere considerato come opera di un singolo
autore: Vālmīki. Oggi sappiamo che il testo è passato attraverso vari stadi di sviluppo e che
contiene molte interpolazioni. Il “Rāmāyana”
. è l’epopea più antica dell’India ed è antecedente al “Mahābhārata”. Il nucleo centrale è fatto risalire ad un periodo fra il 500 e il 300
a.C., mentre le varie aggiunte in diversi momenti storici fra il 300 a.C. e il 200 d.C.
Rāma era il maggiore dei quattro figli di Dasaratha, re di Kosala, il cui palazzo si trova nella
capitale Ayodhya. Rāmachandra (così chiamato per il suo splendido aspetto, simile a quello
della luna) o Rāma è destinato ad essere l’erede al trono del padre, ma gli intrighi di una delle mogli, Kaikeyi, inducono il re a proclamare in sua vece il figlio Bhārata. Rāma è esiliato nella selva Dandaka per quattordici anni. Segue obbediente il volere del padre e parte per le oscure foreste in compagnia della moglie Sitā e del fratellastro Lakshmana. Sitā è la bellissima figlia del re Janaka andata in sposa a Rāma quando egli aveva vinto l’eroica tenzone spezzando il magico arco che il dio Śiva aveva donato al padre di lei.
I successivi avventurosi episodi vedono i tre oltrepassare laghi e fiumi, incontrare comunità
di asceti, combattere e sconfiggere demoni e mostri, sciogliere incantesimi, in un interminabile viaggio nel sud dell’India, il Deccan, dominato da popolazioni autoctone, di pelle scura
e di razza non aryana, come è invece quella del protagonista. Viaggio interpretato dagli storici come allusione del cammino della civiltà del Nord, già in possesso di una lingua, di rituali e leggi ben definite, verso il Sud, rimasto ancora selvaggio. Gli dei affidano a Rāma il terribile compito di sconfiggere il demone Rāvāna,
. re di Lanka (Ceylon) dalle dieci teste e venti braccia. È stato uno degli dei, Brahma, obbligato dai suoi sacrifici, a promettergli che non
verrà mai ucciso né da un dio né da nessun semidio. Occorre quindi un eroe, anzi il più splendido e fulgido degli eroi e Rāma viene dotato di archi e faretre magiche. Nel viaggio Rāvāna
.
rapisce Sitā e la porta nel suo regno popolato da scuri demoni ed esseri antropofagi. Rāma
ha quindi due ottimi motivi per sconfiggere Rāvāna.
. Ci riuscirà con l’aiuto di Sugriva, re delle scimmie, e del fido attendente Hanumat. Le scimmie oltre a condurre Rāma e Laksamana
per il giusto cammino costruiranno un ponte fra l’India e l’isola di Ceylon e appoggeranno
i due principi nella furibonda battaglia finale che vede Rama vincitore assoluto.
Nella versione più antica Rāma è un principe di grande coraggio, fedele e virtuoso come il
suo antenato Raghu, meritandosi così l’epiteto di Raghava. Nelle stesure successive Rāma è
innalzato a rango divino come incarnazione (“avatara”) del dio Visnu4.
L’opera nell’edizione
parigina della
Stamperia Reale,
1843-1858, conservata
presso la Biblioteca
Civica Berio, B.S.XIX.C.I..
Il Rāmāyana
. nella letteratura e nell’arte dell’Indonesia
Nel complesso panorama (per il numero di lingue e molteplicità degli influssi stranieri) della
letteratura indonesiana il giavanese ha un ruolo centrale, non solo perché è parlato dalla maggioranza degli abitanti, ma anche perché è l’unica lingua che possiede un’importante letteratura scritta, risalente a tempi anteriori all’arrivo dell’Islam e degli Europei nell’Arcipelago.
Nella letteratura antica giavanese preislamica l’influsso hindù è tale che una parte di essa
è designata come indo-giavanese, scritta con un alfabeto di origine indiana e in una lingua
piena di prestiti dal sanscrito. Tra le opere che trattano argomenti derivati dalla letteratura sanscrita si annoverano adattamenti della materia del Mahabharata e del R āmāyana.
.
Queste composizioni sono trattate in metri sanscriti chiamati “Kakawin” che si adattano
A fronte
Tela dipinta conservato
in un museo di Bali e,
in basso, danzatori
negli sgargianti costumi
di Bali.
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Motivi architettonici
che decorano i templi
indonesiani.
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al diverso sistema fonologico giavanese. Il più antico adattamento in indo-giavanese del Rāmāyana
. è un voluminoso poema da annoverare fra le opere più belle della letteratura giavanese. Esso è un degno pendant del celebre
poema di Vālmīki, che ricalca sostanzialmente nel contenuto5. Un tempo datato al X sec., è attualmente ritenuto del XV6.
Storie su Rāma si trovano anche nella letteratura neo-giavanese e in versioni malesi del Rāmāyana
. probabilmente
basate su leggende indiane di Rāma più recenti.
Nell’arte indonesiana raffigurazioni tratte dal Rāmāyana
.
sono frequenti sui bassorilievi dei templi. Si vedano ad
esempio quelli del complesso Sivaita di Panataran datati
al XIV-XV sec.
Personaggi del “Rāmāyana”
. sono effigiati nelle marionette in cuoio, legno o pergamena del famoso Teatro delle
Ombre o Wayang7 e sui tessuti a figure.
La versione a cui si ispira il tessuto oggetto di questo
studio è il già citato “Rāmāyana
. Kakawin” o una delle altre versioni locali.
Non è possibile dare una descrizione perfettamente sequenziale degli avvenimenti descritti. Tentiamo di fare un
quadro generale del contenuto del telo per descrivere più dettagliatamente l’episodio che dà il senso alla composizione.
I protagonisti del nostro tessuto sono due uomini simili
tra loro, seminudi e vestiti solo del dhoti, i due fratelli Rama e Lakshmana; una donna,
Sitā; e altri personaggi tra i quali Rāvāna
. e Hanumat. I due fratelli con Sitā, abbandonato il regno e le vesti regali stanno vagando come asceti nella selva Dandaca, di cui possiamo vedere vari animali (uccelli, pesci, cervi, antilopi), padiglioni delle varie comu-
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nità di risci che incontrano, un altare sacrificale con le
sue fiamme…
In alto, nella quarta scena a destra, Sitā è avvicinata da Rāvāna
.
travestito da mendicante, che dopo averla inutilmente blandita la rapirà portandola a Lanka, nel suo gineceo.
I due fratelli sono raffigurati mentre parlano con animali e
personaggi, mentre brandiscono una delle frecce magiche,
mentre trasportano legna per un sacrificio, mentre salgono
su una barca per attraversare uno dei tanti fiumi e laghi che
incontrano nel lungo e impervio cammino, diretti al regno
di Rāvāna
. per annientare il demone e salvare Sitā.
In basso, a sinistra la scena più curiosa e inquietante.
Rāma è rappresentato a fianco di un mostruoso personaggio, scuro di pelle, senza la testa e con i tratti del
volto incisi sul torace. Si tratta di Kabandha: “un tronco
informe, spaventoso, grosso e altissimo, senza capo e senza collo e colla bocca nel mezzo del ventre; era coperto
di ispidi peli ed alto come un monte, orribile a vedersi,
simile a negra nuvola e strepitante con fragor di tuono:
avea nel petto un occhio solo, grande, ampio, lungo e fulvo e di vista acuta e denti smisurati; robusto, immane e
di corpo enorme ei divorava orridi orsi ed elefanti, ed allungando due braccia orribili, lunghe un yog’ano, egli
ghermiva colle mani augelli e belve d’ogni sorta; ei stava fermo ingombrando la via e traendo a sé dalla selva
elefantii e belve diverse”8.
I due fratelli vengono ghermiti dalle lunghe braccia, ma prima di finire in bocca al mostro riescono a tagliargli di netto le braccia. Prima di morire la strana creatura racconta loro di essere stato un tempo un uomo bellissimo di nome Danu, figlio della dea
Lakshmi. Egli aveva ottenuto dal dio Indra, con grandi sacrifici, la promessa di una vita longeva. Inorgoglito aveva provocato Indra in battaglia e il dio con un gran fulmine
gli aveva ricacciato la testa e le gambe nel corpo. Lasciato vivo, alle sue suppliche gli aveva aperto nel petto un’ampia bocca con denti aguzzi e l’aveva dotato di lunghe braccia
per trarre a sé il cibo. Il dio gli aveva anche promesso che quando Rāma e Lakshmana
gliele avessero mozzate, avrebbe potuto tornare in cielo. Kabandha chiede di essere arso sulla pira funebre e, prima di salire, ripreso il suo antico aspetto, su un carro d’oro
trainato da cigni, consiglia Rāma la visita e l’alleanza con Sugrīva, il re delle scimmie che
“ha virtù di mutar forma a suo talento”. Egli è figlio del Sole ed è l’unico a conoscere le
terre dei Rākshasa (i demoni di cui è re Rāvāna)
. e a poter trovare Sitā. Presso il fiume
Pampa, ricco di alberi con fiori, frutta e uccelli di ogni tipo, che i due fratelli raggiungono su consiglio di Kabandha, incontrano Sugrīva. Il re delle scimmie insieme al fido
Hanumat li accoglie e, sentita la loro storia, restituisce loro gli ornamenti e le vesti che
Sitā ha lasciato cadere di nascosto al momento del suo rapimento.
In un riquadro in basso a destra del tessuto vediamo un personaggio dai tratti scimmieschi con copricapo a cono, e tra le mani un gioiello e delle stoffe.
Gli abiti e i gioielli erano stati donati a Sitā dalla moglie di uno degli asceti incontrati
nella prima parte del viaggio, commossa dalla bellezza e dalla grazia della principessa
costretta a vestirsi di corteccia come gli altri abitanti delle selve.
Il viaggio e le avventure dei nostri protagonisti proseguono.
Noi ci fermiamo qui dove si interrompe la descrizione dell’ignoto artista che ha dipinto questa stoffa, con tratti popolareschi e colti allo stesso tempo. Una storia piena di misteri, di dei, di battaglie, di drammi e di colpi di scena che ancora oggi affascina.
Note
J. GUY, Woven Cargoes, Indian
Textiles in the East, New York-Singapore 1998, p. 86
2
J. GUY, op. cit., p.87 - 117
3
J. GUY, op. cit., p.115
4
M. STUTLEY, J. STUTLEY, Dizionario dell’Induismo, Roma
1980.
5
F. S. ERINGA, Letteratura dell’Indonesia e della penisola malese, in Le Civiltà dell’Oriente, a cura di G.TUCCI, Firenze - Roma
1970, vol. II, p. 838, 851, 853-854.
6
J. GUY, op.cit., p. 179, n. 54
7
J. E. VAN LOHUIZEN - DE
LEEUW, M. TADDEI, L’arte dell’Indonesia, in Le Civiltà dell’Oriente, op.cit, vol.IV, p.1001-1002
8
cfr.“Il Ramayana”, traduzione di
Gaspare Gorresio Parigi 1848-68,
1876-1870; ristampa per i Fratelli Melita Ed., Genova 1988, vol. II,
p. 168-176.
1
Ringrazio Lotika Varadarajan.
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