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Internet plus: un progetto strategico per lo sviluppo tecnologico

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della Lega Nord, Davide Boni, che denuncia “un gap elevatissimo tra nascite e decessi, questi ultimi praticamente inesistenti”, ribadendo che “è arrivato il momento di avviare controlli seri ed identiicare e censire in maniera certa coloro che vivono a Milano e soprattutto chi lavora nelle attività gestite da cinesi”. Ora, è noto da tempo che questa dei cinesi che non muoiono mai è una leggenda metropolitana4: la sua prima menzione in Europa risale a un articolo relativo all’alusso di centomila rifugiati d’Indocina in Francia a partire dalla seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso e al loro insediamento nel XIII Arrondissement di Parigi, scritto dalla sinologa Marie Holzman, che metteva in relazione il basso numero di decessi con presunte pratiche di cessioni di documenti dai morti ai vivi5. In Italia, la leggenda è introdotta per la prima volta da un articolo del Corriere della Sera del 2 settembre 1991, in cui si ipotizza la mancata denuncia di decesso per addirittura 500 (!) cinesi iorentini6. La leggenda fa leva su un dato reale (l’uso estemporaneo del documento d’identità di un immigrato che ha regolarizzato il proprio soggiorno sul territorio da parte di un immigrato irregolare è una prassi difusa tra tutti gli immigrati, di tutte le nazionalità, in ogni epoca storica) per poi interpretare in modo errato e tendenziosa un altro dato reale (il basso numero di decessi, anche questo comune a tutte le popolazioni immigrate presenti in Italia) al ine di costruirvi sopra una storia suggestiva, ma falsa. Come si evince dalle tabelle allegate, non esiste alcuna 4 Due seri giornalisti italiani vi si sono perino ispirati per il titolo della loro indagine sull’immigrazione cinese in Italia: Rafaele Oriani e Riccardo Staglianò, I cinesi non muoiono mai (Milano: Chiarelettere, 2008). 5 Marie Holzman e René Giudicelli, L’Asie à Paris (Paris: Rochevignes, 1983), 156. 6 Paolo Fallai, “Mistero: cinesi immortali? Scomparsi nel nulla 500 immigrati a Firenze, la Procura apre un’inchiesta. La comunità toscana non denuncia i decessi per “riciclare” i documenti d’identità. Questo traico permetterebbe agli ultimi orientali arrivati di inserirsi in Italia”, Il Corriere della Sera, 2 settembre 1991. “speciicità cinese” sul piano della mortalità: mettendo a confronto i dati assoluti e i tassi di mortalità per mille abitanti, si nota chiaramente che il dato cinese è di poco inferiore al numero medio dei decessi in termini assoluti, mentre il tasso di mortalità degli immigrati cinesi è del tutto comparabile a quello di altre popolazioni immigrate che svolgono lavori poco pericolosi e hanno un proilo demograico fortemente sbilanciato sulle età più giovani. Se la mortalità dei cinesi, sul piano statistico, non fa notizia più di quella dei ilippini, degli srilankesi o degli ecuadoriani, se cioè non esiste alcun merito statistico di cui discutere in proposito, perché se ne parla con tanta tenacia, al punto da invocare interrogazioni parlamentari e indagini di polizia? Il problema è nell’occhio di chi guarda. In questi mesi la Lega Nord si è opposta in modo netto alla approvazione in Senato del ddl 2092 sullo ius soli, un decreto legislativo che rappresenta un importante primo passo nella direzione giusta per le centinaia di migliaia di giovani di nazionalità straniera nati e cresciuti in Italia che si sentono italiani e che desiderano avere voce in capitolo in merito alle politiche del paese che ha dato loro i natali. Il senatore Calderoli ha spiegato che questa opposizione mira a evitare che, “regalando” la cittadinanza italiana a giovani stranieri, si alimentino fenomeni di disafezione e simpatie per il terrorismo islamico come quelli che hanno insanguinato la Francia negli ultimi anni. È una logica davvero diicile da comprendere: le simpatie jihadiste dei giovani francesi delle banlieue sono piuttosto la conseguenza dell’esclusione sociale, di una cittadinanza formale che non ha saputo suicientemente tradursi in cittadinanza sociale e culturale. In Italia abbiamo giovani igli di immigrati che dichiarano a piena voce di sentirsi italiani e di volerlo essere attivamente, responsabilmente. A sbarragli il passo è un partito che da trent’anni si fa portabandiera della xenofobia e che, sdoganando sentimenti e prese di posizione discriminatorie e razziste, semina rabbia tra i “vecchi italiani” e fabbrica risentimento tra quelli nuovi. z CHINA MEDIA OBSERVATORY Internet plus: un progetto strategico per lo sviluppo tecnologico di Gianluigi Negro T ra i più recenti progetti del Partito comunista cinese legati allo sviluppo tecnologico spicca Internet plus (Huliangwang +, 互联网+), presentato il 5 marzo 2015 durante l’inaugurazione della sessione annuale dell’Assemblea nazionale del popolo. Nel suo discorso uiciale il premier Li Keqiang ebbe modo di sottolineare come il programma in questione sia pensato per costituire un importante volano per l’economia cinese, accelerando lo svi- ORIZZONTECINA | VOL. 7, N. 5 | SETTEMBRE_OTTOBRE 2016 luppo di quattro aree: internet mobile, cloud, big data e internet of things. I settori economici che beneiceranno maggiormente di questo piano saranno la produzione, la inanza, la medicina, l’amministrazione e l’agricoltura. L’attenzione scientiica verso questo argomento è confermata dall’impressionante crescita di pubblicazioni inerenti al tema. Una ricerca efettuata sul database accademico China National Knowledge Infrastructure (Cnki) indi- 13 ca che dal 2014 al 2015 il numero di pubblicazioni scientiiche in merito è quasi raddoppiato, passando da 43.338 a 71.793. Q1 2015 / Valore accordi commerciali per settore in dollari Usa. Internet plus è in evidente continuità con le scelte costitutive della rete internet in Cina: già nel settembre 2000, durante il XVI World Computer Congress tenutosi a Pechino, l’allora presidente Jiang Zemin sottolineò come “l’unione dell’economia tradizionale e dell’informazione tecnologica sarà il motore per lo sviluppo dell’economia e della società nel XXI secolo”. Internet plus ofre inoltre una conferma importante in merito alle politiche già avviate dalla precedente leadership guidata da Hu Jintao e Wen Jiabao e inalizzate al passaggio da un’economia di produzione a una maggiormente incentrata sui servizi. La promozione di Internet plus non è infatti un fenomeno isolato. Un ulteriore programma a sostegno di Internet plus e di uno sviluppo nel settore della produzione è il progetto Made in China 2025, promosso dal Consiglio per gli afari di Stato nel 2013 e formulato dal Ministero dell’Industria e della tecnologia dell’informazione, il cui obiettivo è di fare della Repubblica popolare cinese una “potenza industriale mondiale” rispettosa dell’ambiente e con una carica fortemente innovativa entro il 2025. Q2 2015 / Valore accordi commerciali per settore in dollari Usa. I primissimi segnali in merito alla buona implementazione del programma Internet plus sono forniti da un rapporto di PricewaterhouseCoopers pubblicato nel 2015, che ha messo in evidenza come aziende tecnologiche e del web abbiano ottenuto 1.126 investimenti suddivisi in quatto settori: telecomunicazione e mobile, internet, tecnologia, intrattenimento e media, per un valore totale di 15,56 miliardi di dollari. Nonostante il rallentamento dell’economia nazionale, è particolarmente interessante notare la solidità del settore tecnologico, e soprattutto il contributo del settore intrattenimento e media, quasi allo stesso livello dell’intero settore internet. Partendo proprio da quest’ultimo dato, è opportuno rilettere sulla concreta sostenibilità del progetto Internet plus nel lungo periodo. Leggendo il documento uiciale difuso dal Consiglio degli afari di Stato nel luglio 2015 è infatti possibile notare come il ruolo dell’intrattenimento sia citato ma solo in maniera approssimativa al paragrafo 6: “Internet plus servizi welfare”. Nel dettaglio, si fa riferimento alla “necessità di sviluppare nuovi modelli di integrazione oline-online in aree come cibo e bevande, intrattenimento, gestione domestica, etc.” L’eccessiva crescita nel settore dell’intrattenimento pone due criticità: la prima è legata alla capacità del settore in questione di crescere agli stessi livelli anche nei prossimi anni. La seconda criticità consta invece nella modesta crescita di altri settori chiave, in particolar modo quello relativo alla telecomunicazione mobile. Seppur con i dovuti distinguo, il programma Internet plus presenta tratti di somiglianza con la promozione delle “autostrade dell’informazione” sostenuta negli anni Novanta dagli Stati Uniti a livello nazionale ma anche e soprattutto fuori dai conini nazionali dall’amministrazione Clinton. Come il programma Internet plus anche la creazione delle autostrade dell’informazione è stata resa possibile grazie a un notevole investimento statale nei servizi di comunicazione, inalizzato all’integrazione di internet, telefonia, commercio e istruzione. Tra gli obiettivi primari delle autostrade dell’informazione vi era inoltre quello di raforzare l’egemonia economica e culturale statunitense a livello mondiale. Nel caso cinese, nonostante i notevoli investimenti economici e una linea politica ben definita, il programma Internet plus dovrà fronteggiare alcune criticità su tutti e quatto i temi portanti del programma. Mobile. Le ultime stime del China Internet Network Information Center pubblicate nel luglio 2016 confermano che oltre il 90% degli utenti internet in Cina si connette attraverso un dispositivo mobile. Il successo di alcune applicazioni come Wechat ha permesso al ORIZZONTECINA | VOL. 7, N. 5 | SETTEMBRE_OTTOBRE 2016 Figura 1 Figura 2 Fonte: dati rielaborati da PricewaterhouseCooper, Money Tree China TMT Report Q1/Q2 2015. mobile di sviluppare connessioni concrete con diversi settori oline, che vanno dal pagamento elettronico all’e-travel ino alla gestione di assicurazioni sanitarie. Si tratta sicuramente di temi in linea con quanto auspicato dal programma Internet plus, ma che allo stato attuale rischiano di ridurre alla sola Tencent, azienda sviluppatrice della stessa Wechat, una buona parte dell’intero programma Internet plus. È interessante notare a tal proposito che uno dei primi ideatori dell’Internet plus fu proprio l’amministratore delegato di Tencent, Ma Huateng, che nel 2013 iniziò a promuovere alcuni concetti chiave del concetto durante la Tencent We Conference. L’impressione è che lo sviluppo di gran parte del programma rischi di essere gestito principalmente da una sola azienda, almeno nel contesto del mobile. Big data. L’euforia nei confronti di questo nuovo settore di studi, almeno a livello scientiico, non è circoscritta alla realtà cinese. Sebbene gli articoli più citati in materia descrivano i big data come “la nuova frontiera per l’innovazione, la competizione e la produttività” o una vera e propria “rivoluzione che trasformerà il modo in cui viviamo, lavoriamo e pensiamo”1, rimangono ancora seri dubbi di carattere scientiico e metodologico che portano a interrogativi in merito al rispetto della privacy2. Se il governo cinese deciderà di investire 1 Viktor Mayer-Schönberger e Kenneth Cukier, Big data. A revolution that will transform how we live, work, and think (Boston: Houghton Milin Harcourt, 2013). 2 Danah Boyd e Kate Crawford, “Critical questions for big data” Information, Communication & Society 15 (2012) 5: 662-679, http://dx.doi.org/10.1080/136911 8X.2012.678878. 14 concretamente anche su questo settore dovrà sicuramente confrontarsi maggiormente a livello scientiico in ambito internazionale. Cloud. Il tema del cloud è probabilmente uno dei più delicati per quanto concerne la sicurezza dei dati ma anche per eventuali implicazioni di tipo militare, come è stato sottolineato dal rapporto Red cloud rising: cloud computing in China del Center for Intelligence Research and Analysis. Conseguenze di natura militare sono state confermate anche da alcuni esponenti dell’Esercito popolare di liberazione, che hanno sottolineato non solo l’importanza di gestire dati e server sul suolo cinese ma anche di sviluppare una tecnologia indipendente da quella statunitense. La gestione del cloud inine rischia di palesare una criticità di natura ambientale, considerato l’elevato consumo di risorse idriche dei vari server utilizzati per gestire il sistema cloud, secondo quanto denunciato da Greenpeace nel suo studio Clicking clean del 2014, con particolare riferimento al contesto cinese. Internet of things. Quest’ultimo tema si propone come quello economicamente più rischioso fra quelli analizzati. In un suo recente saggio, Vincent Mosco ha infatti screditato le proiezioni di McKinsey, che prevedono un impatto dell’internet of things del 10% sull’economia mondiale entro il 2025. Richiamando un altro rapporto pubblicato da Cisco, Mosco mette in evidenza come allo stato attuale solo l’1% degli oggetti al mondo è connesso. Sebbene Mosco individui nella Cina l’unico vero competitor degli Stati Uniti in questa sida di settore, visti gli impressionanti investimenti di Alibaba, Tencent, Huawei e Baidu, rimangono comunque dubbi sulle efettive prospettive di successo dell’intero progetto. Le criticità cui è esposto il programma Internet plus non sono dunque poche, ma un coinvolgimento statale così imponente trova somiglianze con altre precedenti politiche industriali come quelle relative allo sviluppo delle autostrade dell’informazione negli anni Novanta o del complesso industriale automobile-petroliogomma-autostrade sviluppatosi nella prima metà del XX secolo. Come fa notare Castells, sebbene l’efettiva forma tecnologica iniziale sia incerta, “chiunque controlli i suoi primi stadi di sviluppo potrebbe inluenzarne in modo decisivo l’evoluzione futura, garantendosi così un vantaggio competitivo strutturale”3. Per la Cina si tratta senza dubbio di una partita strategica. z 3 Manuel Castells, La nascita della società in rete (Milano: Egea/Università Bocconi, 2002), 421. Dal 2010 a oggi hanno contribuito a OrizzonteCina , tra gli altri, Edoardo Agamennone (SOAS), Alessia Amighini (UNCTAD), Giovanni Andornino (Università di Torino e T.wai), Eleonora Ardemagni (analista indipendente), Alessandro Arduino (Shanghai Academy of Social Sciences), Gabriele Battaglia (China Files), Sara Beretta (Università degli studi di Milano Bicocca), Alberto Bradanini (Ambasciata d’Italia presso la Rpc), Daniele Brigadoi Cologna (Università dell’Insubria e Codici), Daniele Brombal (Università Ca’ Foscari di Venezia), Eugenio Buzzetti (AGI e AGIChina24), Andrea Canapa (Ministero degli Afari Esteri), Nicola Casarini (European Union Institute for Security Studies), Larry Catá Backer (Pennsylvania State University), Chen Chunhua (George Washington University), Vannarith Chheang (Cambodian Institute for Cooperation and Peace), Sonia Cordera (T.wai), Andrea Critto (Università Ca’ Foscari di Venezia), Da Wei (CICIR), Simone Dossi (Università degli Studi di Milano e T.wai), Ceren Ergenç (Middle East Technical University), Fang Kecheng (Southern Weekly - 南方周末), Paolo Farah (Edge Hill University), Enrico Fardella (Peking University e T.wai), Rita Fatiguso (Il Sole 24 Ore), Feng Zhongping (CICIR), Susan Finder (University of Hong Kong), Ivan Franceschini (Università Ca’ Foscari di Venezia), Fu Chenggang (International Finance Forum), Giuseppe Gabusi (Università di Torino e T.wai), Gao Mobo (University of Adelaide), Michele Geraci (London Metropolitan University), Andrea Ghiselli (Fudan University e T.wai), Gabriele Giovannini (Northumbria University), Elisa Giubilato (Università Ca’ Foscari di Venezia), Andrea Goldstein (UNESCAP), Simona A. Grano (Università di Zurigo), Ray Hervandi (T.wai), Huang Jing (CICIR), Massimo Iannucci (Ministero degli Afari Esteri), Kairat Kelimbetov (Banca centrale della Repubblica del Kazakistan), Andrey Kortunov (Russian International Afairs Council), Liang Zhiping (Accademia nazionale cinese delle arti), Liang Yabin (Scuola centrale del Pcc), Lin Zhongjie (University of North Carolina e WWICS), Shahriman Lockman (Institute of Strategic and International Studies, Malaysia), Antonio Marcomini (Università Ca’ Foscari di Venezia), Maurizio Marinelli (Goldsmiths University of London), Daniele Massaccesi (Università di Macerata), Silvia Menegazzi (LUISS), Dragana Mitrović (Centre for Asian and Far Eastern Studies, Università di Belgrado), Lara Momesso (University of Portsmouth), Sonia Montrella (AGIChina24), Angela Moriggi (Università Ca’ Foscari di Venezia), Gianluigi Negro (USI), Elisa Nesossi (Centre on China in the World, Australian National University), Giovanni Nicotera (UNODC), Niu Xinchun (CICIR), Paola Paderni (Università di Napoli “L’Orientale”), Rafaello Pantucci (RUSI), Peng Jingchao (SIPRI), Andrea Perugini (Ministero degli Afari Esteri), Lisa Pizzol (Università Ca’ Foscari di Venezia), Giorgio Prodi (Università di Ferrara), Anna Paola Quaglia (T.wai), Chiara Radini (T.wai), Ming-yeh T. Rawnsley (University of Nottingham), Alessandro Rippa (University of Aberdeen), Giulia C. Romano (Sciences Po), Stefano Ruzza (Università di Torino e T.wai), Marco Sanilippo (Robert Schuman Centre for Advanced Studies, Istituto Universitario Europeo), Flora Sapio (Centre on China in the World, Australian National University), Dini Sejko (Chinese University of Hong Kong), Francesco Silvestri (Scuola Superiore Sant’Anna e T.wai), Alessandra Spalletta (AGIChina 24), Francesca Spigarelli (Università di Macerata), Jonathan Sullivan (University of Nottingham), Sun Hongzhe (Peking University), Justyna Szczudlik-Tatar (Polish Institute of International Afairs), Antonio Talia (AGI e AGIChina24), Matteo Tarantino (Università di Ginevra), Patricia Thornton (University of Oxford), Vasilis Trigkas (Tsinghua University e CSIS), Alexander Van de Putte (IE Business School), Anastas Vangeli (Accademia polacca delle scienze), Alessandro Varaldo (Intesa Sanpaolo e Penghua Fund Management), Wang Jinyan (Tsinghua University), Wang Ming (Tsinghua University), Wang Tao (Beijing Energy Network), Wang Zheng (Seton Hall University e WWICS), Christopher Weidacher Hsiung (Norwegian Institute for Defense Studies e University of Oslo), Chloe Wong (Foreign Service Institute of the Philippines), Xu Xiaojie (CASS), Yu Hongjun (Dipartimento per gli Afari Internazionali del Pcc), Zhang Jian (Peking University), Zhao Minghao (China Center for Contemporary World Studies), Zhu Feng (Peking University), Zhu Shaoming (Pennsylvania State University), Zhu Zhongbo (CIIS). * Le ailiazioni qui riportate sono riferite al momento in cui gli autori hanno contribuito a OrizzonteCina. LETTURE DEL MESE t Ocse, G20 innovation report 2016. Report prepared for the G20 science, technology and innovation ministers meeting (Paris: Oecd Publishing, 2016). ORIZZONTECINA | VOL. 7, N. 5 | SETTEMBRE_OTTOBRE 2016 15