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Trascrizione

Parole chiave: trascrizione Autore. francesco bellomi (per n° 117 di MusicaDomani – consegnare entro il 10 sett.2000) Chi ha avuto la fortuna di avere qualche nonno o qualche vecchia zia, appassionati di musica, si sarà inevitabilmente incontrato con certi vecchi libri, dalla carta giallina e pelosetta, un po’ consumati vicino all’angolo della voltata di pagina, nei quali sinfonie, opere liriche, quartetti, concerti, quadriglie e valzer viennesi, aspettano pazientemente il momento di risuonare sotto le mani di un improvvisato duo pianistico. Si, sono le famose trascrizioni per pianoforte a quattro mani: all’apice della gloria un secolo fa, cadute nel dimenticatoio quarant’anni fa, ristampate in prestigiose edizioni di grande tiratura da qualche tempo a questa parte. Chi ha avuto la fortuna di avvicinarsi alle grandi opere musicali del passato attraverso queste trascrizioni ha, di solito provato, emozioni indelebili e ha imparato sulla propria pelle in modo altrettanto indelebile la meravigliosa architettura delle musiche suonate. Erano spesso umili trascrizioni, opera di sconosciuti musicisti, che non chiedevano l’esecuzione pubblica ma che regalavano immense gioie ai lettori. Chi poi, per scelta o per caso, si è trovato a dover trascrivere musica, ha capito che trascrivere è un mezzo straordinario per imparare. Lo dovevano di certo sapere gli ammanuensi medievali che trascrivevano e trascrivevano per mestiere, ma lo sapeva bene anche Arnold Schoemberg quando consigliava ai giovani compositori di imparare l’armonia, il senso della forma, l’orchestrazione e quant’altro, semplicemente trascrivendo per pianoforte (a due o quattro mani) i grandi lavori orchestrali del passato. Del resto, ancora oggi come cento anni fa, gli studenti di composizione imparano ad orchestrare trascrivendo: si prende un pezzo pianistico o un quartetto o un pezzo cameristico, e lo si trascrive per orchestra. Qualche volta, se si sceglie bene, a lavoro finito si può confrontare la propria orchestrazione con quella di un grande musicista che ha già fatto questo lavoro prima di noi, e non c’è niente di più istruttivo che vedere come si possono risolvere in altro modo gli stessi problemi. Esistono poi quelle che potremmo chiamare le trascrizioni d’arte, quelle trascrizioni cioè che sono delle vere e proprie reinvenzioni del testo base. J.S. Bach che trascrive Vivaldi è spesso un vero e proprio co-autore: tante e tali sono le sue varianti, le sue aggiunte e le trasformazioni ornamentali e contrappuntistiche che mette in atto. Ci deve essere qualcosa di predestinato nella vita dei trascrittori visto che proprio Bach, il grande trascrittore di se stesso e di altri, è fino a oggi uno degli autori più trascritti della storia della musica. Trascrivere la musica di un altro musicista è per un compositore una sorta di antropofagia rituale: si ama talmente quella musica da volerla quasi mangiare, attraverso la trascrizione, per possederne lo spirito e le qualità. Quasi tutte le trascrizioni d’arte sono però delle trascrizioni che moltiplicano le difficoltà esecutive dell’originale: Liszt che trascrive Schubert ad esempio, o Busoni che trascrive Bach. Non poteva mancare, in questa sede, una tappa sulla trascrizione che va nella direzione opposta, quella facile, per il diletto dei principianti oppure ad uso didattico. Guardata con aria di sufficienza e superiorità dagli acrobati della tecnica, la trascrizione facile è una delle cose più difficili da fare. Già, perché per facilitare bisogna lavorare di lima e di bisturi, e certi tagli possono essere molto dolorosi. E’ facile scrivere e trascrivere musica difficile, è difficile scrivere (buona) musica facile e ancora più difficile fare buone trascrizioni facili. Forse proprio per questo molti grandi autori hanno evitato di avventurarsi nella trascrizione facile, lasciando campo aperto ad ogni sorta di trascrittori della mutua. Trascrittori che hanno usato la didattica come un comodo paravento capace di nascondere le più abominevoli operazioni. Al contrario il caso di Bela Bartok è forse l’esempio più alto di uno straordinario rispetto e di una meravigliosa attenzione nel lavoro di trascrizione funzionale che egli compie come etnomusicologo sulle melodie popolari e al tempo stesso di una genialità creativa e di una ineffabile poesia quando trascrive le stesse melodie in arrangiamenti facili per due violini o per pianoforte. Si può chiedere di più? Ma Bartok, come sappiamo, era ben poco incline ai compromessi commerciali. Forse anche Strawinsky aveva fiutato la cosa quando gli era arrivato da Hollywood il seguente telegramma: «Esecuzione in anteprima dei Four Norwegian Moods ottenuto grande successo stop Successo sarebbe straordinario se acconsentisse far orchestrare pezzo ai nostri arrangiatori stop» Risposta di Strawinsky: «Mi accontento di grande successo stop»