Fédération Internationale des Instituts d’Études Médiévales
TEXTES ET ÉTUDES DU MOYEN ÂGE, 88
APPROPRIATION, INTERPRETATION
AND CRITICISM:
PHILOSOPHICAL AND THEOLOGICAL
EXCHANGES BETWEEN THE ARABIC, HEBREW
AND LATIN INTELLECTUAL TRADITIONS
Edited by
Alexander Fidora and Nicola Polloni
Barcelona - Roma
2017
Fédération Internationale des Instituts d’Études Médiévales
TEXTES ET ÉTUDES DU MOYEN ÂGE, 88
APPROPRIATION, INTERPRETATION
AND CRITICISM:
PHILOSOPHICAL AND THEOLOGICAL EXCHANGES
BETWEEN THE ARABIC, HEBREW AND LATIN
INTELLECTUAL TRADITIONS
Edited by
Alexander FIDORA and Nicola POLLONI
Barcelona - Roma
2017
ISBN: 978-2-503-57744-9
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© 2017 Fédération Internationale des Instituts d’Études Médiévales.
Largo Giorgio Manganelli, 3
00142 Roma (Italia)
INDEX
Preface
Sarah PESSIN: Ibn Gabirol’s Emanationism: On the Plotinian (v.
Augustinian) Theology of «Divine Irāda»
Nicola POLLONI: Toledan Ontologies: Gundissalinus, Ibn Daud, and
the Problem of Gabirolian Hylomorphism
Pedro MANTAS-ESPAÑA: Interpreting the New Sciences: Beyond the
Completion of the Traditional Liberal Arts Curriculum
Vincenzo CARLOTTA: La morte e la resurrezione dei corpi nel Dialogo dei filosofi e di Cleopatra e nel Liber de compositione
alchemiae di Morieno
Alexander FIDORA: Albert the Great and the Latin Talmud
Marienza BENEDETTO: Alle origini della controversia medievale sulla
pluralità delle forme sostanziali: il Fons vitae di Avicebron
Therese SCARPELLI CORY: Reditio completa, reditio incompleta:
Aquinas and the Liber de causis, prop. 15, on Reflexivity and
Incorporeality
Chiara CRISCIANI: Il Secretum secretorum in Occidente: tre casi
Mauro ZONTA: Averroes’ Interpretations of Aristotle’s Metaphysics
and Their Different Receptions in the Hebrew Philosophical
Tradition
Aum Alexandre SHISHMANIAN: Bagdad, Paris, Lemberg, Etchmiadzin
(Arménie), la trajectoire inattendue du Livre des causes
Massimo CAMPANINI: Filosofia e Corano: un percorso ermeneutico
tra ontologia e fenomenologia
Index nominum antiquorum et mediaevalium
Index nominum modernorum
VII
1
19
51
93
121
137
185
231
261
279
303
325
329
CHIARA CRISCIANI*
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
Il Secretum secretorum penetra in Occidente1 tra il XII e XIII secolo, e
diventa rapidamente un testo famoso e diffusissimo; con il De consolatione
di Boezio il Secretum è uno dei «bestseller» nella cultura medievale,
secondo la definizione di Lynn Thorndike2 confermata dalla più recente
ricognizione di Steven Williams3: l’opera sopravvive infatti in un numero
maggiore di manoscritti rispetto a qualunque altra opera di Aristotele,
autentica o spuria; il Secretum, inoltre, è presente nelle principali raccolte
librarie e nelle biblioteche delle corti4; infine, nel XIV secolo l’opera è
nota a dotti magistri e a laici, anche perché conosce presto traduzioni in
diversi volgari5. Quasi subito vengono posti argomentati interrogativi sulla
*
Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Pavia, Piazza Botta
6, I-27100 Pavia, chiara.crisciani@gmail.com.
1
Per maggiori dati e approfondimenti su queste notizie cf. S. WILLIAMS, Secret
of Secrets. The Scholarly Career of a pseudo-Aristotelian Text in the Latin Middle
Ages, University of Michigan Press, Ann Arbor 2003; cf. anche R. IMBACH, «Set asini
respuunt propter magnitudinem sapiencie, et propter modum loquendi. Zwei neue
Arbeiten zum pseudo-aristotelischen Secretum secretorum», Freiburger Zeitschrift
für Philosophie und Theologie, 54 (2007) 600-609; e C. GAULLIER-BOUGASSAS
(ed.), Alexandre le Grand à la lumière des manuscrits et des premiers imprimés en
Europe (XIIe-XVIe siècle). Matérialité des textes, contextes et paratextes: des lectures
originales, Brepols, Turnhout, 2015. Riprendo qui (in relazione a Bacone) qualche
considerazione già svolta in C. CRISCIANI, «Ruggero Bacone e l’“Aristotele” del
Secretum secretorum», in L. BIANCHI (ed.), Christian Readings of Aristotle from the
Middle Ages to the Renaissance, Brepols, Turnhout 2011, pp. 37-64.
2
Cf. L. THORNDIKE, A History of Magic and Experimental Science, vol. II,
Columbia University Press, New York – London 1964, pp. 246-278.
3
Cf. i calcoli di WILLIAMS, «Secret of Secrets», pp. 367-417.
4
Cf. per un esaustivo inventario S. WILLIAMS, «Giving Advice and Taking It: The
Reception by Rulers of the Pseudo-Aristotelian Secretum secretorum as a Speculum
principis», in C. CASAGRANDE – C. CRISCIANI – S. VECCHIO (eds.), «Consilium». Teorie
e pratiche del consigliare nella cultura medievale, Sismel – Edizioni del Galluzzo,
Firenze 2004, pp. 139-180, in particolare pp. 157-180.
5
Cf., tra gli altri, S. RAPISARDA, «Appunti sulla circolazione del Secretum
secretorum in Italia», in R. GUALDO (ed.), Le parole della scienza. Scritture tecniche
e scientifiche in volgare (secoli XIII-XV), Congedo, Galatina 2001, pp. 77-97 (con
232
CHIARA CRISCIANI
attribuzione aristotelica del testo6; quest’ultimo, comunque, pur essendo
noto, usato e citato da docenti universitari, non risulta che sia mai stato
inserito in curricula universitari.
Il Secretum7 nel suo complesso si presenta come un insieme di
ammaestramenti, istruzioni e consigli – per lo più molto concreti – che
«Aristotele» – ormai troppo vecchio8 per seguire di persona il pupillo
Alessandro nelle nuove imprese persiane – gli scrive sotto forma di epistola,
su richiesta di Alessandro stesso, e appunto rispondendo ad una specifica
domanda-questione pratica che gli era stata recapitata. «Aristotele» va ben
oltre il contingente problema sottopostogli e istruisce Alessandro sui più
vari temi9. Il Secretum, che non è un testo sistematico, può essere letto
secondo tre angolature.
ampia bibliografia); I. ZAMUNER, «La tradizione romanza del Secretum secretorum
pseudo-aristotelico», Studi medievali, 46/1 (2005) 31-116; M. MANZALAOUI, «Secretum
secretorum». Nine English Versions, Oxford University Press, Oxford 1977.
6
Cf. WILLIAMS, Secret of Secrets, pp. 183-343.
7
Considero solo la tradizione latina del Secretum. Uso qui Secretum secretorum
cum glossis et notulis Rogeri Baconi, ed. R. STEELE, E Typographeo Clarendoniano,
Oxford 1920 (Opera hactenus inedita Rogeri Baconi, 5). Classici al riguardo sono
i vari studi di M. GRIGNASCHI e di M. MAZALAOUI, e i saggi raccolti in W. F. RYAN –
C. B. SCHMITT (eds.), Pseudo-Aristotle, The Secret of Secrets: Sources and Influence,
The Warburg Institute, London 1982; Cf. anche C. B. SCHMITT, «Pseudo-Aristotle in
the Latin Middle Ages», in J. KRAYE – W. F. RYAN – C. B. SCHMITT (eds.), PseudoAristotle in the Middle Ages: The Theology and Other Texts, The Warburg Institute,
London 1986; C. B. SCHMITT – D. KNOX, Pseudo-Aristoteles Latinus, The Warburg
Institute, London 1985; S. WILLIAMS, «Scholastic Awareness of Aristotelian Spuria in
the High Middle Ages», Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, 58 (1995)
29-51.
8
Cf. Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., («prologo anonimo»),
p. 36: «Hunc quidem librum composuit in sua senectute et virtutum corporalium
debilitate, postquam non poterat cotidianos labores et viarum discrimina tollerare,
nec regalia negotia exercere». Cf. anche il prologo del «chierico Filippo», ibid.,
p. 26, e la dichiarazione di apertura di «Aristotele» stesso: «[...] scire debeas quod non
omitto venire ad tuam clemenciam et gloriam clarissimam propter contemptum, set
quia gravitas etatis et debilitas corporis circumvenerunt et reddiderunt me ponderosum
atque inhabile ad eundum» (ibid., p. 40).
9
Per le differenze tra gli insegnamenti di «Aristotele» nel Secretum e gli
ammaestramenti dati al pupillo nel «ciclo di Alessandro» cf. P. DRONKE, «Introduzione»,
in P. BOITANI – C. BOLOGNA – A. CIPOLLA – M. LIBORIO (eds.), Alessandro nel Medioevo
occidentale, vol. IX, Mondadori, Milano 1997, pp. XV-LXXV, in particolare le
pp. XLIII-XLVII.
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
233
È infatti innanzitutto un tipo di speculum principis, e come tale sarà
spesso intitolato e interpretato anche in Occidente, affiancandosi perciò
assai frequentemente al De regimine principum di Egidio Romano,
specie nelle biblioteche di principi e signori10. Ma si può legittimamente
leggere anche come una enciclopedia specialistica11, ovvero come una
raccolta di dottrine concernenti un gruppo di scienze, selezionate non
a caso (qui medicina/dietetica, alchimia/farmacologia, fisiognomica,
astrologia, politica-etica) in quanto reputate utili nella pratica di governo,
nelle imprese militari e in genere viste come propizie al benessere, alla
salute, al successo, alla capacità di giudizio e di scelta del sovrano cui
sono destinate. Nell’insieme poi – anche tenendo conto del lessico che
viene usato – il Secretum si presenta anche come una enorme raccolta di
consilia12: «Aristotele» non può certo imporre direttive, non ne ha titolo13 e
non lo pretende: solo può, come autorevole maestro, consigliare il potente
antico discepolo su premesse ed effetti di scelte ed iniziative le più varie14.
Se poi si vuole identificare una struttura, unitaria e unificante profonda,
al di sotto di precetti anche molto puntuali, e al di là delle tre possibili
configurazioni del testo (che per altro si intrecciano) questa va individuata in
due caratteristiche. Innanzitutto le dottrine esposte hanno prevalentemente
10
Cf. qui, nota 4.
Cf. D. LORÉE, «Le statut du ‘Secret des secrets’ dans la diffusion encyclopédique
du Moyen Âge», in B. BAILLAUD – J. DE GRAMONT – D. HÜE (eds.), Encyclopédies
médiévales: Discours et savoirs, Presse universitaire de Rennes, Rennes 1998,
pp. 155-171.
12
Il termine stesso appare assai di frequente nel Secretum secretorum; qui inoltre
una sezione è dedicata alla attenzione che Alessandro dovrà dimostrare nel valutare,
scegliere e usare i consiglieri; nel prologo «cuiusdam doctoris in comendacione
Aristotelis» Aristotele è lodato anche perché «erat vir magni consilii et sani» (Ruggero
Bacone, Secretum secretorum, op. cit., p. 36).
13
Benché in questo stesso prologo si dica che «Alexander constituit eum magister
[sic] et prepositum [sovrintendente?], quem elegerat et dilexerat multum [...]» (ibid.,
p. 36).
14
Secondo la definizione di Tommaso (In Ethicorum libros, ed. R. SPIAZZI, Marietti,
Torino – Roma 1964, III, VIII, 476, p. 134): «Omne autem consilium est quaestio,
id est inquisitio quaedam, etsi non omnis questio, id est inquisitio, sit consilium [...]
Sola enim inquisitio de operabilibus est consilium»; sulla influenza che il consilium
ha su volontà ed atti, cioè solo circa decisioni per «cose non ancora realizzate e da
intraprendere o mettere in pratica» (definizione che giustifica appunto questa qualifica
per l’intero Secretum), cf. C. CASAGRANDE, «Virtù della prudenza e dono del consiglio»,
in CASAGRANDE – CRISCIANI – VECCHIO (eds.), «Consilium», op. cit., pp. 1-14.
11
234
CHIARA CRISCIANI
per oggetto corpi: corpi da curare, da usare, da trasformare, da esibire, da
interpretare, su cui, e con cui, si può comunque intervenire operativamente
con in vista effetti e cambiamenti concreti. In secondo luogo, e soprattutto,
il sapere che Aristotele detiene e consegna ad Alessandro è appunto un
sapere operativo – non però puramente empiricum e perciò casuale –, che
è certo fondato anche teoricamente, ma altrettanto certamente è orientato
alla pratica, intesa in senso lato (dall’intervento salutare-sanitario, alla
predizione astrologica, alla propaganda, all’iniziativa politica e militare,
al comportamento pubblico e privato). Si tratta cioè di un sapere efficace,
in quanto è in grado di operare trasformazioni e ottenere risultati concreti;
la sua consistenza ed eccellenza non sta nella verità puramente speculativa
ma nell’utile efficienza circa determinati fini da conseguire: se però
Alessandro saprà ben usare gli accorti insegnamenti del maestro. Il compito
di «Aristotele», allora, appare più vasto, non puramente deputato a fornire
puntuali precetti, ed è quello di una pedagogia complessiva: non è solo
necessario erudire e ammaestrare l’allievo-re circa determinati contenuti
e circostanze, ma è anche indispensabile orientarne eticamente l’indole, il
comportamento e le scelte di vita oltre che di governo.
Certamente, infine e come si vede, nel Secretum si verifica una inedita
trasformazione della figura e dell’immagine di Aristotele, o almeno un
suo sostanziale arricchimento: il Filosofo della speculazione e della
«felicità mentale», il logico elaboratore di procedure e di metodi, il teorico
metafisico e lo scienziato naturalista, soprattutto il fermo sostenitore
della gratuità della ricerca filosofica15 diventa anche e primariamente il
detentore di un sapere utilissimo perché efficace, un ineguagliato peritus,
un saggio vecchio sapiente che elargisce, con autorevole affabilità,
suggerimenti etici ed operativi dall’alto della sua vetusta prudenza ed
esperienza grande16.
Una simile trasformazione, se può rendere gradito il testo al lettore
meno competente e soprattutto nelle corti europee, non passa certo
inosservata agli occhi degli studiosi occidentali, così come appare loro
evidente la diversità di scrittura tra questo testo ed altre opere aristoteliche:
sono, questi, tra i più diffusi motivi di perplessità che subito vengono
sollevate circa l’inserzione del Secretum nel corpus aristotelico. Varie
15
Cf. ad es. Aristotele, Metaphysica I, 2, 982b 20-28.
Cf. CRISCIANI, «Ruggero Bacone», e soprattutto S. WILLIAMS, «Esotericism,
Marvels, and the Medieval Aristotle», Micrologus, 14 (2006) 171-191.
16
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
235
sono le posizioni al riguardo, anche se fino alla fine del medioevo i fautori
dell’accettazione o della negazione della paternità aristotelica più o meno
si equivalgono numericamente. C’è chi nettamente rifiuta l’attribuzione
aristotelica e parla apertamente di un «falso»: perché lo stile del Secretum
è diverso da quello delle altre opere aristoteliche; perché questo testo
appare alquanto disorganizzato; perché non è possibile che Aristotele
pagano abbia parlato di Dio e degli angeli quasi come un cristiano; perché
– per esempio circa l’eternità del mondo – il Secretum contrasta con le
idee aristoteliche. Altri invece ritiene il testo autentico e anzi apprezza
questo arricchimento delle doti e competenze aristoteliche, e fa di «questo
Aristotele» un modello del vero sapiente – è l’atteggiamento di Ruggero
Bacone. Non mancano casi di riassemblaggio selettivo, operazione cui
l’opera, in un certo senso modulare, si presta: il benedettino Enghelberto
di Admont nel XIII secolo a Padova elimina dal testo le «scienze occulte»
e le parti metafisiche, e trasceglie, basandosi sulla stessa traduzione che
Bacone usa, le sezioni etico-politiche del Secretum, inserendole in una
silloge di copie e compendi dei libri morales di Aristotele17. C’è infine
anche chi, più semplicemente, considera il Secretum almeno come un più
che opportuno «tassello» che in parte colma alcune lacune di cui molti
si lamentano circa l’enciclopedia aristotelica: un esempio evidente di
questa integrazione così necessaria è costituito dalla sezione medicodietetico-farmacologica del Secretum – che infatti circola ampiamente
anche come testo separato. Queste pagine infatti colmano un sentito
vuoto, la mancanza cioè di testi aristotelici, pur evocati dal Filosofo18,
circa la medicina, che appunto necessariamente «dovrebbero esserci»:
molto malauguratamente, secondo alcuni, non si sono finora ritrovati o
non sono ancora tradotti19; e allora questa parte del Secretum li rimpiazza
17
Vedi WILLIAMS, The Secret of Secrets, pp. 257-258, 389; W. BAUM, «Engelbert
von Admont und der padovanische Aristotelismus», Medioevo, 22 (1996) 463-478.
18
Cf. Aristotele, De longitudine, 464b 32-33; Aristotele, De partibus animalium,
653a 9-10.
19
Alcuni tra gli «artisti», nel commentare i libri naturales di Aristotele, specie i
Parva naturalia, lamentano la mancanza di uno o più testi di medicina del Filosofo: così
ad esempio Pietro di Auvergne (cf. M. DUNNE, «The Commentary of Peter of Auvergne
on Aristotle’s On Length and Shortness of Life», Archives d’Histoire Doctrinale et
Littéraire du Moyen Âge, 69 (2002) 153-200, p. 174) secondo cui Aristotele avrebbe
scritto «[...] de sanitate autem et egritudine in libro separato, et similiter de nutrimento
et nutribili, qui libri nondum pervenerunt ad nos».
236
CHIARA CRISCIANI
egregiamente, per di più fornendo titoli di altre opere di medicina pratica
«aristoteliche20», segnalate come utili ai medici.
Mi propongo qui di esaminare tre casi di approccio – tra il XIII e il XV
secolo – al Secretum da parte di autori che sono convinti – hanno necessità
di convincersi e convincerci – che l’opera sia di Aristotele; e di delineare
il rilievo e l’uso che questo scritto assume nelle loro riflessioni: si tratta
ovviamente di Ruggero Bacone nel tredicesimo secolo; e meno ovviamente
del medico Pietro Bono nel quattordicesimo secolo e del medico Michele
Savonarola nel quindicesimo secolo. Non seguirò tanto l’ordine cronologico
quanto il tipo di fruizione del Secretum che questi pensatori presentano.
***
Pietro Bono da Ferrara si serve ampiamente del Secretum: non però
in ambito medico, ma nel contesto del suo amplissimo trattato21 circa la
legittimità dell’alchimia, la Pretiosa Margarita Novella, steso tra il 1323
e il 1330. Bono è medico dottorato, e come tale è assunto ed esercita
quale medico condotto in due città della Dalmazia – Pola e Trogir –
culturalmente povere e isolate rispetto ai dibattiti dottrinali del tempo:
interlocutori di Bono non sono altri studiosi o operatori, sono i libri. La sua
opera è la più esaustiva, argomentata e vasta tra gli scritti che articolano
– tra metà del dodicesimo secolo e il quindicesimo – la cosiddetta
«quaestio de alchimia», cioè il dibattito che nella cultura occidentale
scolastica si sviluppa per valutare la legittimità come scienza e i risultati
operativi dell’alchimia, questa ars che si è presentata come così nuova per
i Latini22. Bono è decisamente favorevole all’alchimia, anzi, intensamente
20
Cf. Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., p. 98, dove «Aristotele»
rinvia ad un suo De aquis e un suo De medicinis compositis, oltre che (ibid., p. 114) al
De lapidibus e al De plantis, anch’essi importanti per i medici; cf. anche ibid., p. 90,
per un De pulmentis et medicinis.
21
Allo stato attuale della ricerca è questo l’unico scritto di Pietro Bono (forse
preceduto da una trattazione meno ampia) che ci è pervenuto: cf. Pietro Bono da Ferrara,
Pretiosa Margarita Novella, ed. J.-J. MANGET, in ID., Bibliotheca Chemica Curiosa, 2
vols., Chouet, Genève 1702, vol. I, pp. 1-70; cf. C. VASOLI, «Pietro Bono da Ferrara», in
Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XII, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma
1971, s.v.; C. CRISCIANI, «The Conception of Alchemy as Expressed in the Pretiosa
Margarita Novella of Petrus Bonus of Ferrara», Ambix, 20 (1973) 165-181.
22
Cf. C. CRISCIANI, «La quaestio de alchimia fra Duecento e Trecento», Medioevo,
2 (1976) 119-168; W. NEWMAN, «Technology and Alchemical Debate in the Late
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
237
desidererebbe praticarla. Dichiara però onestamente di non essere ancora
riuscito nella fase decisiva della pratica dell’opus: purtroppo infatti non sa
ancora fare il lapis philosophorum, e molto se ne rammarica. In compenso,
ha a sua disposizione numerosi testi, sui quali e coi quali lavora a fondo
appunto con l’intento di garantire la scientificità e la correttezza del
progetto alchemico da un punto di vista dottrinale, e di fondarne le pretese
operative. In particolare Bono conosce bene varie opere alchemiche di
base e padroneggia a fondo numerosi testi di Aristotele. In questo quadro
usa certo la sezione alchemica del Secretum, così utile ai suoi fini, utile
anche perché essa riporta il testo di una versione della Tabula smaragdina,
opuscolo fondamentale nella tradizione alchemica23; ma deve innanzitutto
ammettere con inquieto imbarazzo un contrasto, che può scuotere il peso
di autorevolezza di importanti pensatori. Bono infatti si scontra con una
netta e grave contraddizione di vedute circa l’alchimia sia in Avicenna che
in Aristotele. Per limitarsi ora solo a quest’ultimo, Bono riscontra che nel
Secretum il Filosofo ha fortemente sostenuto la validità dell’alchimia, l’ha
esaltata come sapere tra i più nobili e l’ha incrementata con specifiche
dottrine; ne ha drasticamente negato invece il valore e le pretese alla fine
del quarto libro delle Meteore24.
Con quella che si potrebbe definire una buona operazione di
«critica testuale», e tramite un’interpretazione evolutiva del pensiero di
Middle Ages», Isis, 80 (1989) 423-445; cf. anche M. C. DÉPREZ-MASSON, «L’alchimie
dans les encyclopédies du XIIIe: Vincent de Beauvais et ses confrères», in BAILLAUD –
DE GRAMONT – HÜE (eds.), Encyclopédies médiévales, pp. 117-142.
23
La Tabula è un breve, famoso testo attribuito a Ermete, fondativo nelle
tradizioni alchemiche e influente per secoli; di tono ispirato e sapienziale, di contenuto
cosmologico-alchemico, il testo definisce in pochi aforismi i rapporti di corrispondenza
tra macro e microcosmo e di circolarità tra «alto» e «basso» nel cosmo e nell’opus
alchemico.
24
Si tratta dell’ultima parte del testo, da attribuirsi in realtà ad Avicenna: cf.
G. C. ANAWATI, «Avicenne et l’alchimie», in Oriente e Occidente nel Medioevo: filosofia
e scienze, Accademia nazionale dei Lincei, Roma 1971, pp. 285-341; S. MOUREAU,
«Some Considerations Concerning the Alchemy of the De anima in arte alchemiae
of Pseudo-Avicenna», Ambix, 56 (2009) 49-56; ID., «Elixir atque fermentum. New
Investigations About the Link Between Pseudo-Avicenna’s Alchemical De anima
and Roger Bacon: Alchemical and Medical Doctrines», Traditio, 68 (2013) 278-325.
Trascuro qui il trattamento di Bono nei confronti dell’autorità di Avicenna, dove egli
comunque trova modo di confermare la paternità di Aristotele anche dell’ultima parte
delle Meteore.
238
CHIARA CRISCIANI
Aristotele, Bono riesce a «salvare» la paternità di Aristotele – come gli
è necessario – per le due opere (entrambe e intere). Rileva, innanzitutto,
che la differenza di stile – innegabile infatti è l’inusuale modus scribendi
del Secretum, così diverso da altre opere del Filosofo (aspetto su cui
molti scettici insistono) – va ascritta alle esigenze dell’argomento
trattato: la «materia libri magis est narratoria quam inquisitiva, ita quod
stylus facilis fuit utilior»25. Più arduo è il problema della diversità di
opinione di Aristotele sull’alchimia, che però tale non è più, alla fine, agli
occhi Bono: si tratta solo di un’evoluzione, ben comprensibile. Infatti
il contrasto indubbiamente c’è tra ciò che si dice circa l’alchimia nel
Secretum e nelle Meteore, e tale contrasto non va negato. Ma Aristotele
scrisse le Meteore quando
iuvenis erat et intentus inquisitioni scientiae Philosophiae [...]. Et
quia prudentia non est in iuventute, ut dicitur sexto Ethicorum, sed
in senectute, cum ipsa in longa experientia versetur temporis [...].
Ideo Philosophus, tunc iuvenis et sicut universalis, et cognitione
huiusmodi experientiae carens, sola ratione motus, probavit hanc
artem non esse veram26.
Ma nella sua vecchiaia (quella stessa età, debole nel fisico ma consistente
nel sapere, con cui «Aristotele» si presenta all’inizio del Secretum), il
Filosofo, «effectus senex, eam subtilissime inquisivit [...] et ipsam cum
ratione possibili perpendit. Naturam et ipsam experientiam habuit, et oculis
vidit, et manibus tetigit»27. Forte di esperienza e di prudenza, capace ora
di muoversi tra universale e particolare con l’opportuna accortezza, ritornò
egli pertanto sull’erroneo giudizio giovanile, lo corresse e anzi lo ripudiò,
e scrisse allora non solo il Secretum per Alessandro (così importante in
alchimia), ma anche un altro testo alchemico (dedicato a un discepolo),
purtroppo – per Bono e per noi – perduto28.
25
Pietro Bono, Pretiosa Margarita, op. cit., pp. 14, 32.
Ibid.
27
Ibid.
28
Cf. ibid., 79d-80a. Per l’intera valutazione sul Secretum; cf. C. CRISCIANI,
«Aristotele, Avicenna e Meteore nella Pretiosa Margarita di Pietro Bono», in
C. VIANO (ed.), Aristoteles Chemicus. Il IV libro dei ‘Meteorologica’ nella tradizione
antica e medievale, Academia Verlag, Sankt Augustin 2002, pp. 165-182; cf. anche
M. MANZALAOUI, «John Dastin and the Pseudo-Aristotelian Secretum secretorum»,
Ambix, 9 (1961) 166-167.
26
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
239
Mentre così Pietro Bono risolve il suo problema, circoscritto ma
per lui inquietante, del conflitto di opinioni opposte espresse da un così
prestigioso autore sul tema che gli sta a cuore (e rispetto a cui comunque
alcune dottrine sulla materia di Aristotele sono irrinunciabili), ci informa
sinteticamente anche circa il carattere e il valore operativo, esperienziale,
non «universale» e speculativo ma articolato in sperimentati, utili precetti,
verificati da un vecchio sapiente, che il Secretum doveva rivestire per
alcuni dei suoi lettori. Del resto, è proprio Aristotele ad aver sostenuto
in più luoghi che la vecchiaia comporta – almeno – i vantaggi indubbi di
accumulo di esperienza e saggezza, il che appunto è quanto il Secretum nel
suo complesso ampiamente conferma.
***
Quello di Pietro Bono è un buon esempio di approccio «filologico»
ed esegetico al problema di autenticità del testo, che apre anche ad un
legittimo utilizzo del Secretum in ambito alchemico, cioè in un contesto
molto specialistico e determinato. Ben più consistente e di ampio respiro
è l’attenzione che Ruggero Bacone riserva al Secretum. Bacone non
accenna minimamente a questioni di autenticità, egli è sicuro che l’opera
sia di Aristotele; né si cura di proporre interpretazioni del suo pensiero
per giustificare diversità di stile e contenuto tra questo e altri scritti del
Filosofo. Del resto, anche se la lettura del Secretum può non essere
stata così dirompente per Bacone come Charles Easton29 aveva ritenuto,
non stupisce30 comunque che, in una determinata fase del suo impegno
per la riforma degli studi e per la renovatio della Cristianità, Ruggero
si sia entusiasmato per i contenuti, o, meglio e soprattutto, per lo stile
complessivo di sapere che il Secretum veicola, fino a fare un’edizione del
testo con introduzione e glosse31. Bacone avrebbe conosciuto abbastanza
29
C. EASTON, Roger Bacon and His Search for Universal Science, Basil
Blackwood, Oxford 1952.
30
Cf. F. ALESSIO, Mito e scienza in Ruggero Bacone, Ceschina, Milano 1957,
passim; ID., Introduzione a Ruggero Bacone, Laterza, Bari – Roma 1985; J. HACKETT
(ed.), Roger Bacon and the Sciences: Commemorative Essays, Brill, Leiden – New
York 1997; A. POWER, Roger Bacon and the Defense of Christendom, Cambridge
University Press, Cambridge 2013.
31
Cf., oltre ai suoi saggi già citati, S. WILLIAMS, «Roger Bacon and His Edition
of the Pseudo-Aristotelian Secretum Secretorum», Speculum, 69 (1994) 57-73; ID.,
240
CHIARA CRISCIANI
presto il Secretum32 e l’avrebbe subito apprezzato; ne avrebbe tratto
la conferma autorevole circa alcune linee di fondo che animano il suo
progetto riformatore esposto negli Opus. Il Secretum quindi, che figura
di certo tra le fonti di Bacone, e tra le più citate, è anche uno dei rilevanti
punti di riferimento delle riflessioni di Ruggero nel corso di diversi anni,
ed è stato comunque tenuto ben presente nella sua intensa attività nel
periodo 1266-68, durante la stesura degli Opus.
Oltre ad essere un ricco serbatoio di consilia, di precetti ma anche
di exempla particolari, il Secretum in sé appare nel complesso a Bacone
come un grande exemplum, che egli intende imitare e proporre al popolo
dei fedeli per il tramite dell’intervento papale. Fondamentalmente, infatti,
sembra essere «questo Aristotele» l’esempio, anzi il prototipo e il modello
che un vero sapiente deve seguire. Più volte infatti Bacone paragona la
propria missione presso Clemente IV a quella di Aristotele nei confronti di
Alessandro33: egli si condurrà con il papa con quella stessa autorevolezza
consiliare che è stata propria del sapiente filosofo nei confronti del potente
re; sarà un consigliere a fianco del pontefice, per convincere e orientare
papa Clemente, che appunto gli ha chiesto, anch’egli, suggerimenti per
un programma da attuare. È dunque la consapevolezza di una missione
simile – pur nella diversità di tempi, di fini e di situazione storica – che
rendono Bacone uno dei più attivi e attenti fruitori non solo degli obiettivi
del Secretum, ma anche di molti suoi puntuali contenuti.
Innanzitutto però Bacone, nell’edizione e nelle glosse, «sistema»
meglio il Secretum. Ricorda i molti testimoni visti, in Francia e Inghilterra,
alcuni dei quali stoltamente erasi da ignoranti censori proprio per le parti
(ad esempio quella sui talismani) più significative ed utili:
Set asini respuunt propter magnitudinem sapiencie, et propter
modum loquendi quia translator nomina aliqua ponit quibus utuntur
magici [...]. Et multa exemplaria non habent illam doctrinam quia
«Roger Bacon and the Secret of Secrets», in HACKETT, Roger Bacon and the Sciences,
pp. 365-393.
32
Secondo T. MALONEY («Introduzione» alla sua ed. di Ruggero Bacone,
Compendium of the Study of Theology, Brill, Leiden 1988, p. 125) la lettura e le glosse
sarebbero da collocare tra il 1250 e il 1257, cioè durante il periodo di ritorno di Bacone
ad Oxford. Tuttavia, il problema della datazione è tutt’altro che risolto (o risolvibile).
33
Per passi in questo senso in altre opere di Bacone cf. WILLIAMS, «Roger Bacon
and the Secret of Secrets», p. 379, nota 73.
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
241
stulti non voluerunt scribere, set abraserunt a libris suis, sicut
exemplaria quatuor que nunc inveni Oxonie non habuerunt illam,
nec similiter multa alia, set Parisius habui exemplaria perfecta34.
Ruggero provvede poi a consolidare un indice ragionevolmente
compatto e sistematico al testo; nel prologo, ancora, rende esplicita,
argomentata e fondante la funzione dell’astrologia, fondazione che
circola ampiamente nel testo pseudo-aristotelico35, ma che lì non viene
sistematicamente tematizzata, mentre Bacone ne tratta invece con una
disamina approfondita e polemica (contro i falsi mathematici), e con
diretta conoscenza: rileva anzi, in una glossa, che, a suo avviso, la parte
sistematica astrologica del testo esiste ma non è stata ancora tradotta36.
Infine, Bacone subito anticipa nel prologo le competenze e le difficoltà che
la lettura del testo richiede, ma annuncia anche i vantaggi inestimabili che
ne derivano:
[...] si sapiens intueatur et bene omnia discuciat [...] inveniet ultima
nature secreta ad que homo sive humana invencio in hac vita poterit
pervenire, ad que quiscunque posset pertingere, vere princeps mundi
poterit nominari. Nec desperet quis propter difficultatem, quoniam
si naturas rerum cognoverit, scienciam perspective, et astronomiam,
ista secreta non poterunt eum latere37.
Assai rare, e quasi irrilevanti, sono le glosse di Bacone alle sezioni
specificamente etico-politiche del trattato, che evidentemente egli
condivide e non trova ambigue o incomprensibili. Molte glosse baconiane
sono poi di spiegazione della lettera del Secretum, e di molti termini arabi
(su cui per altro egli non ha sempre le idee chiare38) – operazione certo
necessaria specie nelle sezioni mediche e alchemiche, dove il gergo tecnico
è ovviamente frequente e gli sforzi interpretativi di Bacone si infittiscono.
Non mancano nel Secretum secretorum sezioni più propriamente teoricospeculative (su origine/creazione del mondo, struttura dell’anima, moti
34
Cf. Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., glossa di Bacone, p. 39, e
pp. 84, 105.
35
Ibid., pp. 119-121, 128-129, 136, 157, 159-162.
36
Ibid., glossa di Bacone, p. 62.
37
Ibid., p. 1 (inizio del prologo baconiano «Tractatus brevis et utilis ad
declarandum quedam obscure dicta in libro Secreti Secretorum [...]»).
38
Cf. ad es. ibid., glosse di Bacone, pp. 84, 94, 105.
242
CHIARA CRISCIANI
e numero dei cieli39), anche se non sono di ampio rilievo quantitativo
nell’economia del testo; Bacone le glossa accuratamente, interpretandole
in modo da evitare letture in chiave di necessitarismo emanazionista,
e comunque implicazioni sospette; ma il suo più vivo interesse di
glossatore è dedicato sia a puntuali spiegazioni della littera sia alle sezioni
«scientifiche» dell’opera. Nelle glosse più ampie, relative appunto alle
sezioni «scientifiche», Bacone si sofferma particolarmente su due aspetti
intrecciati, epistemologico e teologico, cui evidentemente tiene molto.
Da un lato, e sotto il profilo epistemologico, viene del tutto accettata
e valorizzata40 la figura di Aristotele come peritissimus princeps
philosophorum41 che emerge nel Secretum: dove lo stereotipo «princeps»
si accompagna all’aggettivo peritus, certo meno usuale di sapiens; a lui
–vecchio e per questo saggio, ricco di sapere e di molte esperienze, che si
dichiara inserito nella genealogia di Ermete42 – vanno ascritti «multa [...]
prodigia et magna miracula et extranea opera», che – glossa Bacone – si
trovano descritti nei suoi libri43. L’eccezionalità di questi risultati ha indotto
alcuni a considerare Aristotele quasi un angelo inviato da Dio e a mitizzare
la sua sorte dopo la morte44: egli sarebbe salito in cielo in una colonna di
fuoco45. Come che sia, il sapere che nel Secretum egli dispensa non è un
sapere speculativo in cui siano in gioco solo verità ed errori teorici, validi
o confutabili con argomentazioni razionali, ma è un sapere forte, reso
evidente e garantito dalle realizzazioni concrete che sa conseguire: è una
39
Cf. ad es. ibid., pp. 13-14, 127-128, 130-131.
Bacone però certo non scorda che Aristotele è dedito alla speculazione
contemplativa: cf. ad es. Ruggero Bacone, Opus maius, ed. J. H. BRIDGES, 3 vols., ripr.
an. Minerva, Frankfurt am Main 1964, vol. II, p. 244: «Et ideo ipse Aristoteles omnium
philosophorum excellentissimus, omnibus renuntiavit quatenus contemplationi vacaret
sapientiali, quia haec vita est simillima vitae divinae».
41
Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., p. 26.
42
Cf. CRISCIANI, «Ruggero Bacone», pp. 52-55.
43
Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., glossa di Bacone, p. 36.
44
Cf. ibid., p. 36: «[...] de morte sua diverse sunt opiniones. Quedam enim secta
que dicitur peripathetica asserit ipsum ascendisse ad empireum celum in columpna
ignis»; si prosegue così: «Invenitur etiam in antiquis codicibus Grecorum quod Deus
excelsus suum angelum destinavit ad eum dicens: Pocius nominabo te angelum quam
hominem».
45
Ruggero Bacone, benché fervido ammiratore dell’opera, non ammette come
cristiano questa replica del rapimento in cielo di Elia: cf. ibid., pp. 36-37.
40
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
243
perizia pratico-operativa. Ed è con questa sapienza esperta46 che Aristotele
è stato in grado di consegnare il mondo intero ad Alessandro.
Il ruolo della perizia – un insieme di prudenza, esperienza e dottrina
che porta a efficaci risultati – è messo in evidenza in innumerevoli pagine
di Bacone, e specie nell’Epistola de secretis operibus e nella trattazione
della scientia experimentalis negli Opus. Basta inoltre ricordare le lodi più
volte dedicate a Pietro Peregrino di Maricourt47, costruttore di strumenti
che potenziano i sensi e di utili congegni, grande uomo di esperienza
(dominus experimentorum), capace di attuare ciò che col suo sapere teorico
progetta, abile e competente in opere manuum: in lui l’industria manuum si
coniuga all’imperium rationis; per tutto ciò è definito da Bacone magister
non solo sapientissimus ma anche peritissimus48 tra i Latini. In alcune
glosse al Secretum dunque il termine peritus ricorre più volte, a qualificare
la competenza di Aristotele49, e anche però di altri: prevalentemente medici
e astrologi, cui il lettore dovrà ricorrere per spiegazioni più puntuali di
termini e dottrine. Così è per medici periti, i medici magni et sapientes et
multum periti et experti e apothecari fideles et periti evocati da Bacone per
chiarimenti lessicali e dottrinali, nonché per l’abilità dei loro interventi50;
46
Cf. Ruggero Bacone, Opus tertium, ed. A. G. LITTLE, Part of the Opus Tertium of
Roger Bacon, Aberdeen University Press, Aberdeeen 1912, p. 53 (Bacone sta parlando
di Aristotele come studioso esperto di scientia experimentalis): «Et hac scientia
[experimentali] usus est Aristoteles quando tradidit mundum Alexandro». Cf. anche
ibid., p. 117, a proposito di specchi ustori: «Quia non solum possunt haec specula
fieri, sed multo longe majora, quibus Alexander, de consilio Aristotelis, mundum non
armorum potentia sed operibus sapientae prostravit».
47
Cf. S. NAGEL, «Pietro Peregrino, il sapiens-simplex eccellente di Ruggero
Bacone», in I Francescani e le scienze, CISAM, Spoleto 2012, pp. 21-47; R. HALLEUX,
«Entre philosophie naturelle et savoir d’ingénieur: l’Epistola de Magnete de Pierre de
Maricourt», Archives Internationales d’Histoire des Sciences, 56 (2006) 7-13; ID., Le
savoir de la main: savants et artisans dans l’Europe pré-industrielle, Armand Colin,
Paris 2009; più in generale vedi i contributi in T. BÉNATOUIL – I. DRAELANTS (eds.),
‘Expertus sum’. L’expérience par les sens dans la philosophie naturelle médiévale,
Sismel – Edizioni del Galluzzo, Firenze 2011 (tra cui cf. i saggi di J. HACKETT e di S.
WILLIAMS su Bacone).
48
Ruggero Bacone, Opus maius, op. cit., vol. I, p. 116; Ruggero Bacone, Opus
tertium, op. cit., p. 113.
49
Anche nei prologhi precenti a quello di Ruggero il termine peritus ricorre tanto
da essere quasi un topos: cf. Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., pp. 2527, 39.
50
Ibid., glosse di Bacone, pp. 84, 87, 105.
244
CHIARA CRISCIANI
così è anche per quell’eventuale peritus medicus et expertus che sarà in
grado – a differenza di suoi colleghi che scioccamente e con grave danno
non si curano di queste ricerche – di comporre e utilizzare il farmaco
alchemico di complessa fattura; o di quel medicus peritissimus, al servizio
di principi in Francia, visto all’opera da Bacone stesso, che è stato in
grado di curare con questo mirabile farmaco i vizi tanto del corpo come
dell’anima del suo paziente (forse Alfonso di Poitiers), trasformandone
a fondo l’indole debole e malinconica (con le deviazioni morali che tale
carattere comporta) tramite terapie e farmaci destinati al corpo e capaci di
mutarne la complexio (e quindi, almeno in parte, i mores).
D’altro lato, e sotto il profilo religioso-teologico, Bacone insiste molto
nel sottolineare in vario modo la «religiosità» di Aristotele, come di altri
antichi sapienti51. Le glosse del Secretum al riguardo sono assai pregnanti,
ma in buona misura risultano consonanti con opinioni espresse, più volte
e con più ampio respiro teorico, da Bacone in altre sue opere. Mi riferisco
alla tematica dei filosofi-profeti e dei profeti-filosofi, e alla concezione
baconiana di un’unica rivelazione – insieme religiosa e sapienziale
(e anche specificamente scientifica), vera e piena ma da «esplicare»
indefinitamente – data da Dio all’inizio dei tempi52. Tale concezione è
fondata dal radicalismo teologico, unitario e universalistico, di Bacone, per
cui la Sacra Scrittura contiene tutte le verità, di ogni tipo; e rinvia dunque
ad una «filosofia della storia» in cui la verità è già data da sempre – perché
indispensabile a tutti53 –, ma è per sempre in progress, perché gli uomini
viatores non saranno mai in grado54, nella loro singola breve vita e nella
51
Rinvio per questo tema a CRISCIANI, «Ruggero Bacone», specie pp. 37-39, 5964 e alla vasta bibliografia lì richiamata; cf. oltre ai suoi numerosi precedenti saggi
al riguardo, J. MARENBON, Pagans and Philosophers. The Problem of Paganism from
Augustine to Leibniz, Princeton University Press, Princeton 2015.
52
Cf. Ruggero Bacone, Opus maius, op. cit., vol. II, p. 33: la sapienza «[...] in
sacra scriptura totaliter continetur, per ius canonicum et philosophiam explicanda, et
expositio veritatis divinae per illas scientias habetur [...]. Quoniam ab uno Deo data est
tota sapientia et uni mundi, et propter unum finem».
53
Ibid., vol. III, p. 45: «[...] huiusmodi veritates sunt necessarie humano generi et
non est salus homini nisi per notitiam istarum veritatum. Et ideo oportuit quod omnibus
salvandis a principio mundi essent huiusmodi veritates notae, quantum sufficit saluti».
54
Per questo anche Ruggero più volte e in varie opere (glosse al Secretum secretorum comprese) raccomanda l’utilità della collaborazione tra ricercatori, i benefici
del lavoro di equipe, e ritiene che anche alle opere dei filosofi più illustri (Aristotele
compreso) sia doveroso portare aggiunte e correzioni quando siano necessarie.
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
245
loro pur lunga storia, di dispiegare pienamente e padroneggiare a fondo
tale verità.
In questo contesto di «storia della filosofia» come ricerca perenne e
di continuo «progresso all’indietro», che ruolo assume il ricco patrimonio
di sapere di chi è vissuto prima della Incarnazione? Certamente, e
agostinianamente, questi contributi non sono da rigettare e da considerare
vani: vanno invece pienamente utilizzati e valorizzati, ben più anzi –
ribadisce spesso Ruggero – di quanto non sia stato finora fatto. Anche
perché, a giudizio di Bacone, gli antichi sono giunti a risultati scientifici
e religiosi sorprendenti molto spesso «per revelationem magis quam per
rationem». Tale rivelazione si dispiega direttamente, ma anche secondo
particolari movenze storiche: «Deus enim illis revelavit, sed magis
patriarchis et prophetis, de quibus constat quod revelationem habuerunt,
a quibus philosophi omnia didicerunt [...]. Nam patriarche et prophete
non solum divina tractabant theologice et prophetice, sed phylosophice
[...]»55. E dunque quasi tutti i philosophi infideles ebbero notizia
– contemporaneamente – sia di magnalia sapiencie sia di preambula
fidei56. Il che spiega l’ampiezza e la profondità del loro sapere, da un lato;
e fornisce elementi, dall’altro, in consolacionem fidei nostre; ricevettero
tali nozioni o per diretta rivelazione o, storicamente, dagli insegnamenti
degli Ebrei, patriarchi santi e profeti57, a loro volta gratificati di
rivelazioni. «Aristotele» non fa eccezione; e anzi personalmente conferma
nel Secretum – quasi a segnalare un suo specifico «etnico» privilegio –
questa divina genealogia (qui propriamente scientifica) che ha reso i Greci
particolarmente entusiasti per ricerche naturalistiche58. Dunque anche e
55
Cf. Ruggero Bacone, Moralis philosophia, ed. E. MASSA, In Aedibus Thesauri
Mundi, Verona – Zürich 1953, p. 10; per il Secretum secretorum, cf. le glosse di
Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., pp. 36-37, 62-63.
56
Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., p. 37.
57
Ibid., glossa di Bacone, p. 62: «[...] infideles philosophi non invenerunt hanc
scientiam [scl. astronomiam] [...], set Deus dedit eas suis sanctis et justis Hebreis,
a quibus omnes philosophi infideles habuerunt omnium scientiarum principia».
L’itinerario, qui come in altri luoghi baconiani, è storicamente scandito così (seguendo
in parte Flavio Giuseppe): da Dio agli Ebrei, da essi agli Egiziani (tramite Abramo,
Mosè e Salomone in particolare), e di qui ai Greci (tramite anche Ermete).
58
Ibid., p. 64: secondo «Aristotele» infatti «[...] Deus excelsus et gloriosus
ordinavit modum et remedium ad temperanciam humorum et conservanciam sanitatis
[...] et revelavit ea sanctis prophetis servis suis et iustis prophetis suis, et quibusdam
aliis quos preelegit et illustravit spiritu divine sapiencie, et dotavit eos dotibus sciencie.
246
CHIARA CRISCIANI
specialmente «Aristotele»59 ha avuto non solo speciales revelationes,
ma esibisce vere credenze e ha istituito validi culti divini «secundum
graciam datam philosophis». Certo non si può asserire «quod philosophi
habuerunt gratiam gratum facientem, quia nescimus secundum hoc quid
fecerit eis Deus, tamen scimus quod habuerunt magnam graciam gratis
datam, scilicet sapiencie magnalia et mirabiles virtutes quas utinam
nos omnes Christiani haberemus»60. Che ciò sia avvenuto senz’altro, e
provvidenzialmente, in consolacionem fidei nostre, affinché anche tramite
questo testimonium si preparasse un terreno propizio alla ricezione della
rivelazione e della fede cristiana61; e che sia accaduto certo per la nostra
salvezza o forse anche per quella dei virtuosi sapienti pagani, la grazia di
Dio è sicuramente scesa comunque abbondante su di loro e li ha gratificati,
e tra essi Aristotele primeggia62: anche se Bacone contesta la sua presunta
Ab istis sequentes viri philosophi philosophie principatum et originem habuerunt: Indi
et Perses et Greci et Latini ab istis hauserunt, et scripserunt artium et scientiarum
principia et secreta...Scire tamen debes quod Deus excelsus inter ceteros philosophos
Grecos magis inflammavit ad sciencias inquirendas et rerum naturalium genera
cognoscenda».
59
Ibid., Tractatus introductorius, p. 8; cf. anche ibid., «Philosophi magni, ut
Plato, Aristoteles et Avicenna et huiusmodi non coluerunt ydola, sed despexerunt ea, et
Deum verum more suo coluerunt secundum graciam eis datam».
60
Ibid. (Tractatus introductorius).
61
Nella prima parte della Moralis philosophia vengono elencati vari elementi della
fede cristiana di cui i filosofi ebbero intuizione, rivelazione, illuminazione. Spiace, ed
è sconveniente – rileva Bacone– che «aliqui nituntur aliquando obfuscare sententias
catholicas in libris philosophorum repertas; sed gaudenter debemus eas recipere in
testimonium nostre fidei, et quia certum est eos hec habuisse per revelationem factam
eis et sanctis patriarchis et phylosophis [...]» (Ruggero Bacone, Moralis philosophia,
op. cit., p. 20).
62
Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., Tractatus introductorius:
Aristotele va infatti molto oltre Platone anche per lo speciale culto della Trinità che
gli è proprio ed è, secondo Bacone, ben testimoniato: Secretum secretorum, op. cit.,
glossa di Bacone, p. 37: «Aristoteles vero, discipulus Platonis set longe trasgrediens
magistrum suum, dicit in principio Celi et mundi sic: “Magnificamus adorare deum
unum et trinum eminentem proprietatibus eorum que sunt creata. Nam hunc numerum
trinitatis extraximus a natura rerum: omne enim et totum et perfectum ponimus in
tribus, scilicet in principio, medio et fine”. Pater est principium, filius est medium,
Spiritus sanctus finis. Set licet hec tria nomina – Pater et Filus et Spiritus Sanctus – non
expressit hic, tamen in lege sua vel alibi presumendum est quod hec percepit quia in
lege sua habuit tres oraciones et tria sacrificia ad honorem Trinitatis. Et Plato expressit
patrem et paternam mentem et utriusque amorem mutuum, ut sancti docent. Multo
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
247
ascesa al cielo63 – novello Elia –, perché – molto tradizionalmente – «nisi
habuisset fidem Christi revelatam ei, aut fuisset instructus a prophetis,
salvari non potuit»64.
Ma, appunto tutto il Secretum mostra – e Bacone nelle glosse lo ha
riconosciuto e sottolineato spesso – quanto «questo Aristotele» fosse anche
profeta e istruito da profeti65; gli pare evidente che egli abbia letto, tramite
i profeti Ebrei, il Vecchio Testamento; di più: egli ha avuto consapevolezza
di molte verità cristiane (i preambula fidei, che tanto preambula non sono66)
e di dogmi di fede, tra cui spicca la sua credenza nella Trinità67:
Considerandum est quod Aristotiles et ceteri magni philosophi
legerunt Vetus Testamentum et edocti sunt a prophetis et ceteris
sapientis Hebreis [...]. Unde non est mirum quod hic accipit
auctoritatem Isaie et alibi in hoc libro, et in morali philosophia
accepit documenta Salomonis et aliorum. Sic enim Plato usus est
illo Exodi “Ego sum qui sum”, et Avicenna in X. Methaphisice
accepit auctoritates Scripture68.
Questi ammirevoli sapienti antichi, pagani ma così ricchi di conoscenze e virtù69 (che i cristiani dovrebbero imitare); così pii e gratificati
ergo magis Aristotiles, ejus sectator in omnibus veris et ad majora perveniens, credidit
beatam Trinitate».
63
Vedi qui nota 45.
64
Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., glossa di Bacone, p. 37.
65
Cf. ibid., pp. 37, 42, 62, 64, 117; cf. CRISCIANI, «Ruggero Bacone», specie
pp. 55-58.
66
Impressionante e sconcertante è l’elenco di credenze circa dati di fede già ben
radicati in filosofi pagani stilato e documentato da Bacone nella Moralis philosophia
e nell’Opus maius: Dio e sua natura, Trinità, Creazione, Incarnazione, Concezione
verginale, Passione, Giudizio, resurrezione, immortalità dell’anima, punizione e
meriti nell’Aldilà, Angeli e Anticristo. Insomma i sapienti Ebrei «non solum in
Sacra scriptura fecerunt mentionem de veritate fidei, sed in suis libris philosophicis,
et preanuntiaverunt omnia antequam philosophi fuerunt; et ab his tunc philosophi
habuerunt omnem sapientiam, sicut Aristoteles, dominus philosophorum, confitetur in
libro Secretorum» (Ruggero Bacone, Opus tertium, op. cit., p. 81).
67
Cf. qui nota 62.
68
Cf. Ruggero Bacone, Secretum secretorum, op. cit., glossa di Bacone, p. 56.
69
Essi sono quei «viri tam boni et tam sapientes, sicut Pytagoras, et Socrates, et
Plato et Aristoteles et alii zelatores maximi sapientiae», che «receperunt a Deo speciales
illuminationes, quibus intellexerunt multa de Deo, et salute animae» (Ruggero Bacone,
Opus tertium, op. cit., pp. 80-81).
248
CHIARA CRISCIANI
da rivelazioni e speciali illuminazioni; tanto colmi di una religiosità
pressocchè cristiana oltre che di scienza, si sono salvati70? Bacone se lo
chiede espressamente in alcune delle più ampie glosse al Secretum e non
dà, a differenza di altri, una risposta netta, nonostante le molte «prove»
fornite circa la loro virtù e fede, e lascia all’imperscrutabile scelta e
bontà divina il loro destino finale, e quello di Aristotele. Certo però per
lui Aristotele entra come figura di spicco nella baconiana «storia» della
sapientia. Anzi, e meglio: il Filosofo entra di diritto e provvidenzialmente
nella costruzione di un progetto escatologico, quale è appunto quello di
Bacone. Anche per questo Aristotele merita di essere imitato e Ruggero
intende farlo, anche e proprio valorizzando questo suo speciale libro, il
Secretum, testo provvidenziale e prezioso e «reso cristiano»: tramite
appunto le glosse, e soprattutto per l’uso che Bacone intende farne.
Ruggero se ne serve ampiamente, non senza però averne universalizzato
la portata: destinatario del messaggio, del vero «tesoro» che il Secretum
contiene – cioè il rapporto tra sapere, fare e potere al fine di trasformare –
non è più infatti un solo individuo, il principe macedone, ma la Cristianità
intera e la sua missione totale, che consiste nell’allargamento definitivo e
nella salvezza finale dell’unica res publica fidelium.
***
Siamo ricondotti a coordinate più circoscritte e apparentemente
modeste quando consideriamo i rapporti tra il Secretum e l’opera di Michele
Savonarola71. Medico illustre del ‘400, che si forma nell’Università di
Padova dove poi insegna medicina pratica, autore tra l’altro di un diffuso
70
Su questo quesito cf. CRISCIANI, «Ruggero Bacone», specie note 6, 7, 108, 109,
con rinvii alla letteratura critica sul tema; e MARENBON, Pagans and Philosophers.
71
Cf. E. GARIN, «Motivi della cultura filosofica ferrarese del Rinascimento», in
ID., La cultura filosofica del Rinascimento italiano. Ricerche e documenti, Sansoni,
Firenze 1961, pp. 402-431; Y. VIOLÉ O’NEILL, «Giovanni Michele Savonarola:
An Atypical Renaissance Practitioner», Clio Medica, 10/2 (1975) 77-93. Per la
biografia e l’attività padovana e accademica di Michele cf. T. PESENTI, «Michele
Savonarola a Padova. L’ambiente, le opere, la cultura medica», Quaderni per la storia
dell’Università di Padova, 9-10 (1977) 45-102, e anche A. SEGARIZZI, Della vita e delle
opere di Michele Savonarola, Fratelli Gallina, Padova 1900; cf. anche C. CRISCIANI –
G. ZUCCOLIN (eds.), Michele Savonarola. Medicina e cultura di corte, Sismel – Edizioni del Galluzzo, Firenze 2011.
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
249
manuale accademico (la Practica major72), Michele lascia una produzione
assai abbondante, divisa nettamente in due fasi. Ai testi (una Summa e
scritti specialistici) prettamente accademico-universitari e scritti in latino,
prodotti durante il suo insegnamento padovano, succede una fitta serie di
opere – in latino, in volgare o in doppia redazione – su argomenti medici,
etici, politici e religiosi che Michele scrive dopo il 1440 a Ferrara, dove si
è trasferito prima per insegnare e poi essenzialmente per esercitare come
medico di corte, e come consigliere, presso la casa d’Este.
Il cambiamento di obiettivi professionali e di audience provoca
sostanziali differenze nella scelta dei temi da trattare nonché nella modalità
di scrittura73. I testi ferraresi si fondano certo sulla accreditata perizia e
fama di Michele come medico, ma questa base – in relazione anche alle
molte e varie competenze che al sapere del medico ora vengono ascritte74 –,
costituisce una solida piattaforma per un’attività consiliare a vastissimo
raggio75 che va molto oltre la precettistica sanitaria. Savonarola infatti
supporta, esalta il governo di Borso d’Este e consiglia sulla conduzione
della cosa pubblica; contribuisce, con la storia, magistra vitae, cioè con
72
Cf. oltre al saggio di Pesenti, D. JACQUART, «En feuilletant la Practica maior
de Michel Savonarole: quelques échos d’une pratique», in CRISCIANI – ZUCCOLIN (eds.),
Michele Savonarola, pp. 59-81; D. JACQUART, «Theory, Everyday Practice and Three
Fifteenth-Century Physicians», Osiris, 6 (1990) 140-160.
73
Oltre agli studi più specialistici di Riccardo Gualdo, cf. C. CRISCIANI, «Michele
Savonarola medico: tra Università e corte, tra latino e volgare», in N. BRAY –
L. STURLESE (eds.), Filosofia in volgare nel medioevo, FIDEM, Louvain-la-Neuve
2003, pp. 433-449 (Textes et Études du Moyen Âge, 21); G. ZUCCOLIN, «Nascere in
latino e in volgare. Tra la Practica maior e il De regimine pregnantium», in CRISCIANI –
ZUCCOLIN (eds.), Michele Savonarola, pp. 137-209.
74
Oltre al volume già segnalato su Savonarola e la cultura di corte (e la esauriente
bibliografia lì richiamata), cf. G. ZUCCOLIN, «Medicina, filosofia e cultura di corte
(XV secolo, Italia settentrionale)», I castelli di Yale, 9 (2007-2008) 57-81; G. ZUCCOLIN,
«Medici a corte e formazione del signore», in M. FERRARI (ed.), Costumi educativi
nelle corti di antico regime, Franco Angeli, Milano 2010, pp. 77-102; M. NICOUD, Le
prince et les médecins. Pensée et pratiques médicales à Milan (1402-1476), École
française de Rome, Roma 2014; M. FERRARI – P. MAZZARELLO (eds.), Formare alle
professioni. Figure della sanità, Franco Angeli, Milano 2010; C. CRISCIANI, «Medicine
and Philosophy in the Middle Ages. Sisters, Companions, Rivals», in M. GADEBUSCH
BONDIO (ed.), Medical Ethics, Steiner Verlag, Stuttgart, 2014, pp. 29-46.
75
Cf. oltre ai saggi citati nella nota precedente, C. CRISCIANI, «Consilia, responsi,
consulti: i pareri del medico tra insegnamento e professione», in CASAGRANDE –
CRISCIANI – VECCHIO (eds.), «Consilium», pp. 259-278.
250
CHIARA CRISCIANI
esempi classici e moderni, al rafforzamento del prestigio e della fama
dei signori, cui rammenta però anche impegni e doveri, come i classici
insegnano; dà suggerimenti pedagogici sull’indole, sull’educazione e
sugli studi dei giovani principi; stigmatizza e corregge comportamenti
frivoli o viziosi di cortigiani76; fornisce, con lo Speculum physionomie,
criteri scientifici con cui il signore possa valutare i membri della corte e i
consiglieri; incita a pratiche religiose, e si fa anzi precettore spirituale, con
due manuali di confessione, di laici e religiosi.
Sotto il profilo medico, poi, gli scritti ferraresi sono quasi tutti ascrivibili
al genere dei regimina: un trattato (De regimine pregnantium) sulla buona
gestione della sessualità e gravidanza e sull’educazione dei bambini fino ai
sette anni, dedicato alle madri ferraresi ma che si rivolge anche a levatrici,
balie e al marito-padre di famiglia (cioè un regimen specialistico per una
particolare condizione, e classe di età); un trattato sulla peste per la città
di Ferrara (un regimen preventivo); un testo di dietetica per il signore e
i cortigiani (un regimen circa la res cibo); un opuscolo sulla gotta di cui
soffre Borso, a cui è dedicato, con adeguato regimen e opportuni consigli;
un ampio testo di balneoterapia (un regimen relativo alla res «esercizio
fisico»), un trattatello sull’acquavite e i sui vantaggi nutritivi e terapeutici,
sulla sua preparazione e sui modi adeguati di utilizzo.
L’aver selezionato questo genere letterario (i regimina)77 non è una
scelta casuale. Mostra certo l’orientamento pratico che la medicina del ‘400
sempre più va assumendo, ma sottolinea anche un deciso ampliamento del
ruolo del medico. Infatti i regimina sono un genere letterario ed epistemico
per definizione pratico, destinato cioè a situazioni in fieri e modificabili,
volto al buon uso delle sei res non naturales. Queste sono le uniche res
– non la malattia di cui si è preda (res contra naturam), non l’organismo
e la sua complexio, che abbiamo in sorte dalla nascita (res naturalis) –
su cui l’individuo può effettuare una vera, consapevole scelta, relativa al
suo rapporto con l’ambiente e con il suo stesso corpo, e all’uso che ne
fa. Trattando queste res dunque il medico dotto, accorto e autorevole – e
perciò gratificato dalla fiducia del paziente – può fornire direttive circa
76
S. CRACOLICI, «Michele Savonarola e le bizzarie di corte», in CRISCIANI –
ZUCCOLIN, Michele Savonarola, pp. 23-58.
77
Si veda, oltre ai suoi molti saggi particolari sul tema, M. NICOUD, Les régimes
de santé au Moyen Âge, 2 vols., École française de Rome, Roma 2007; P. GIL SOTRES,
«Le regole della salute», in M. GRMEK (ed.), Storia del pensiero medico occidentale,
3 vols., Laterza, Roma – Bari 1993, vol. I, pp. 399-438.
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
251
uno stile di vita complessivo, consigli che possano preservare la sua salute
e prestanza. Queste direttive e consigli – per il nesso che lega organismo
e ambiente naturale e sociale; fisiologia e decisioni/scelte; struttura fisica,
stati mentali, tratti caratteriali e comportamenti: insomma, natura e cultura
– sovente slittano dal piano organico – fisiologico o patologico – al livello
dei costumi e dell’etica: salute dell’organismo, comportamenti corretti,
indole ben orientata, cura del bene comune78, tensione al bene morale
(cui Savonarola aggiunge l’attenzione anche per la salute spirituale) si
condizionano a vicenda in un circolo virtuoso.
Non può stupire allora che in questo quadro il modello del Secretum
sia presente di fatto. Michele non utilizza i contenuti dottrinari specifici
del Secretum: certo ci sono suggerimenti ovvi che vengono ripetuti, ma le
competenze scientifiche sono molto diverse e certo più ampie. Inoltre, per
utenti, come Savonarola, medici bensì dotti e partecipi anche degli impegni
del movimento umanistico ma non filologi, a questa altezza cronologica
il problema così discusso a suo tempo dell’autenticità del testo ormai
importa relativamente poco: di chiunque sia, il Secretum resta un’opera
esemplare per molti aspetti, e soprattutto sembra proporsi come emblema
di un proficuo rapporto di servizio e patronage cortigiani. Importa assai di
più la struttura del testo, l’organizzazione del sapere che presenta e lo stile
di razionalità efficace che viene convogliato, mentre sono del tutto consone
ai gusti del tempo – e di Savonarola – la forma dialogica, confidenziale ma
autorevole dell’«epistola» al discepolo, la cifra stilistica piana e la retorica
curiale affabile di «Aristotele»: il Secretum è ora un ottimo esempio di
comunicazione cortigiana e di diffusione, nella forma di «divulgazione
controllata», di sapere.
Certo Savonarola conosce il Secretum. Sappiamo che una copia
è inventariata tra i libri di casa d’Este79, fatto non certo strano. Già Pier
Andrea de’ Bassi, letterato ferrarese attivo alla corte estense nel primo
‘400, nel suo commento alla Teseida aveva fatto riferimento alla coppia
78
Non a caso, riprendendo una relazione tra medicina e politica di stampo
platonico, Michele istituisce una stretta analogia tra i compiti del principe e del
medico, entrambi salutari per la collettività e il singolo, e complementari (cf. Michele
Savonarola, Del felice progresso di Borso d’Este, ed. M. A. MASTRONARDI, Palomar,
Bari 1966, pp. 208, 213).
79
Cf. WILLIAMS, «Giving Advice»; A. TISSONI BENVENUTI, «I libri di scienza
negli inventari estensi del Quattrocento», in CRISCIANI – ZUCCOLIN (eds.), Michele
Savonarola, pp. 211-231.
252
CHIARA CRISCIANI
Aristotele-Alessandro per illustrare il rapporto tra Guarino, il pedagogo
umanista, e il signore Leonello d’Este80; Savonarola a sua volta cita
esplicitamente il Secretum nello Speculum physionomie, e, più in generale,
si rifà al rapporto tra Aristotele ed Alessandro, evidentemente esemplare
della sua stessa funzione presso gli Estensi: «E vogli, pregotte, signuor
mio, a la memoria rivocare quanto splendore e quanta gloria ricevuto ha e
tutavia riceve Alexandro Magno per haver havuto sempre appresso di se
Aristotile e per havere la doctrina di quello con gran diligentia observata»81.
Che il legame tra Alessandro e Aristotele sia ormai paradigmatico – in
una situazione cortigiana – di un rapporto di patronage scientifico82, da un
lato, e di devoto ma autorevole «servizio» dall’altro, è segnalato dal fatto
che Michele interpreta in questo senso anche il vincolo che avrebbe legato
Pietro d’Abano alla casata mantovana dei Bonacossi per quanto riguarda
insegnamenti fisiognomici83.
Ancor più rilevante di queste forse più superficiali occorrenze e dati
estrinseci è un’influenza profonda – individuata per prima da Jole Agrimi84 –
che si coglie se si considera nel suo insieme l’intera produzione ferrarese di
Michele, etico-politica e medico-scientifica. È’ possibile infatti interpretare
– lo suggerisce del resto, si è visto, lo stesso Savonarola – lo sfaccettato
ma unitario ruolo di medico di corte e pedagogo-consigliere che Michele
svolge come modellato su di un archetipo antico e famoso: quello appunto
dei rapporti tra il sapiente Aristotele e il potente discepolo Alessandro, che
tale è anche e proprio in virtù dei consigli e ammaestramenti del primo; e
disporre quindi i vari trattati ferraresi di Savonarola come facenti parte di un
nuovo speculum principis, molto dilatato ma strutturato secondo un ideale
indice che ricalca quello del Secretum, che Michele in parte amplia con
80
Cf. A. TISSONI BENVENUTI, «L’antico a corte: da Guarino a Boiardo», in
M. BERTOZZI (ed.), Alla corte degli Estensi. Filosofia, arte e cultura a Ferrara nei secoli XV e XVI, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara 1994, pp. 389-404, pp. 392, 402.
81
Michele Savonarola, Del felice progresso di Borso d’Este, op. cit., p. 84.
82
Cf. al riguardo vari saggi in Micrologus, 16 (2008): I saperi nelle corti, e vedi
qui, nota 81.
83
Michele Savonarola, Speculum physionomie, ms. Venezia, Biblioteca
Marciana, Lat. VI 156 (2672), f. 41ra: «[...] Nam et Aristotelem Alexandro et Petrum
Abbanensem concivem meum Bardaloni Bonacosso principi mantuano multa antea
phisionomie precepta detulisse legimus».
84
Cf. J. AGRIMI, recensione a «J. NYSTEDT (ed.), Libreto de tute le cosse che se
manzano», Aevum, 58 (1984) 358-365.
IL SECRETUM SECRETORUM IN OCCIDENTE: TRE CASI
253
specifiche istruzioni relative alla salute dell’anima. Appaiono così evidenti
gli intenti etico-pedagogici che innervano tutto il programma di scrittura
ferrarese del medico Michele, che – come fa Aristotele con Alessandro – si
pronuncia e consiglia su cibi adatti e su consiglieri fidati, su malanni e su
stili di vita, sulla pratica sessuale e sull’etichetta cortigiana, su forme di
buon governo e di efficace propaganda, sulle letture più appropriate per il
principe, su direttive sanitarie utili anche per i suoi sudditi.
È così che, da un utilizzo del Secretum in un programma salvifico ed
escatologico, la fruizione del testo si ridimensiona: si torna alle origini di
un programma di consigli di un sapiente per un potente «laico», si torna ad
una corte e si produce un nuovo speculum principis: uno speculum, però, per
una determinata signoria e non per la Cristianità. Questo nuovo Speculum,
così limitato nei suoi obiettivi finali rispetto all’universalismo di Ruggero
Bacone, risulta molto più ampio e dettagliato circa i contenuti rispetto
all’archetipo pseudo-aristotelico, è inserito nella nuova dimensione della
corte signorile italiana (che è insieme familia e struttura funzionariale), ed
è tradotto nella forma di patronage85 e di servizio curiale.
***
Per diversi che siano – una analisi dell’autenticità del testo effettuata
tramite anche l’esame dell’evoluzione del suo autore; la valutazione di un
modello di vero sapere; l’uso di un paradigma illustre circa i compiti propri
dell’intellettuale-medico di corte –, queste tre forme di apprezzamento e
di utilizzo del Secretum condividono due concezioni comuni e correlate.
Innanzitutto è in gioco una comune concezione circa la natura della filosofia:
per Pietro Bono, per Ruggero Bacone e per Michele Savonarola la filosofia
è anche un sapere che trasforma, e in due ambiti: quello caratteriale e
85
Se molto è stato scritto sul patronage artistico, e anche su quello scientifico
(però nell’età moderna), meno indagato appare lo specifico patronage-mecenatismo
scientifico in epoca medievale e premoderna: per indicazioni bibliografiche e messe
a punto al riguardo cf. S. WILLIAMS, «Public Stage and Private Space. The Court as
a Venue for Discussion, Display, and Demonstration of Science and Technology in
the Later Middle Ages», Micrologus, 16 (2008) 459-486; C. CRISCIANI, «Alchimia,
alchimisti e corti nel tardo medioevo: documenti e racconti», Micrologus, 16 (2008)
433-457, specie pp. 454-457; T. PESENTI, Marsilio Santasofia tra corti e università.
La carriera di un «monarcha medicinae» del Trecento, Antilia, Treviso 2003, specie
pp. 270-77.
254
CHIARA CRISCIANI
morale, relativo al comportamento e ai costumi; quello tecnico, operativo,
concernente trasformazioni artificiali, siano esse mediche o alchemiche.
Si tratta quindi di una filosofia incisiva. Che tanto più lo sarà se il filosofo
saprà entrare in una relazione proficua col potere. Almeno nei casi di
Ruggero Bacone e di Michele Savonarola il rapporto tra filosofo e potere
è chiaramente delineato: non si tratta di un nesso di identità (non è il
filosofo stesso che si propone di governare); né di estraneità (quasi che il
filosofo punti a collocarsi in una situazione disincarnata e disinteressata);
né di neutralità nei confronti di qualunque tipo di potere; né infine viene
proposto un rapporto di subordinazione di uno all’altro: che nei fatti per
lo più si dà, ovviamente, ma viene trasvalutato – nella rappresentazione,
e proprio anche tramite il rinvio al Secretum pseudo-aristotelico – in un
vincolo paritario nella diversità di funzioni e competenze.
Ci si orienta quindi – specie nelle corti del nord Italia – verso
l’ideale di una stretta collaborazione, fatta anche di affetto, di emotività
amichevole e garantita da scopi dichiarati condivisi tra regnum e studium;
tale collaborazione meglio si installa in un’atmosfera connettiva che fa
appello sia a forme di religiosità rigorosa ma al tempo stesso «larga» e
affabile (Savonarola combina al meglio queste istanze), sia e soprattutto
(in Savonarola anche questo dato appare evidente) al ruolo del piacere e
del «solazo» con cui i vari suggerimenti vanno presentati al signore perché
trovino ascolto e attuazione.
Certo l’emblematicità del rapporto tra Aristotele e Alessandro
perdura (nonostante la assai mutata fisionomia degli Specula principis
nel Quattrocento italiano86), anche se forse sempre più come uno
stereotipo quasi spento. Quanto però (e in che forme) il modello forte di
patronage scientifico, e anzi questo paradigma di un rapporto profondo
tra sapere e potere efficaci, che il testo «aristotelico» veicola abbia avuto
incidenza effettiva anche nella prima età moderna, da Ficino in poi ed
eventualmente con specifico rinvio al Secretum, resta ancora da indagare
più finemente.
86
Cf. ad es. M. L. PICASCIA, «Forme di sapere etico-politico per il comportamento
del principe», in CRISCIANI – ZUCCOLIN (eds.), Michele Savonarola, pp. 233-250;
G. ZUCCOLIN, «Sapere medico e istruzioni etico-politiche: Michele Savonarola alla
corte Estense», Micrologus, 16 (2008) 313-326.
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