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2017, Leggerò Leggero

Cosa serve “Il Giorno della Memoria”? Una volta che ho ricordato? Cosa me ne viene in tasca? Forza, parlatemi dei benefici che ne traggo!

E’ da poco più di 10 anni che la nostra quotidianità, con la nascita e diffusione dei Social network e dei Blog, ha subito uno tsunami mediatico. Tsunami è un termine in lingua giapponese per definire il maremoto che ha letteralmente inondato di informazioni, dati conoscenze e quant’altro, le nostre vite. Voglio far notare che il termine tsunami ha iniziato a far parte del nostro lessico pressoché nello stesso periodo. In questo contesto parlare di memoria, e quindi di Giorno della Memoria, potrebbe apparire anacronistico, obsoleto, insomma: che noia! Quando voglio e dove voglio, posso tranquillamente accedere a qualsiasi informazione. Posso anche crearla, se volessimo essere precisi. Cosa serve “Il Giorno della Memoria”? Una volta che ho ricordato? Cosa me ne viene in tasca? Forza, parlatemi dei benefici che ne traggo! Prima di rispondere a questa domanda vorrei portare alla vostra attenzione due fatti. Il primo è che “Il Giorno della Memoria” è stato istituito ufficialmente, per la prima volta nel mondo, in Italia il 20 luglio 2000. Ben 55 anni dopo la data scelta per tale ricorrenza. Il secondo è che le Nazioni Unite lo hanno fatto cinque anni dopo, nel novembre 2005. Prima non si ricordava ufficialmente. Per sessanta anni se ne è parlato, sicuramente, se ne è discusso, altrettanto sicuramente, ma di ricorrenze nulla. Poi si è deciso di istituzionalizzarne il ricordo. Si è creata una ricorrenza, scegliendo tra le date di maggiore rilevanza del periodo che intercorre tra il 1933 e il 1945, periodo nel quale è iniziato e si è perpetrato da parte della Germania nazista e dei suoi alleati ciò che comunemente è definito olocausto. Devo precisare ulteriormente che per le popolazioni di religione ebraica questo termine non è ritenuto corretto, perché veniva utilizzato come definizione di sacrificio nella sua accezione più positiva; è per tali ragioni definiscono il periodo in questione con il termine ebraico “Shoah”, letteralmente “distruzione”. La data scelta, prima in Italia e successivamente anche dalle Nazioni Unite, corrisponde all’entrata ad Auschwitz delle truppe dell’Armata Rossa dell’allora U.R.S.S., come rappresentazione della rivelazione al mondo intero, per la prima volta, senza possibilità di confutazione, dell’orrore perpetrato fino ad allora. Ora vorrei tornare alla domanda iniziale. Definire un giorno prestabilito per ricordare, non solo in casi come questi ma anche momenti felici e ricorrenze, è da sempre utilizzato dai popoli, dalle comunità, dai gruppi, dalle famiglie, per rinsaldare i legami sociali. Avviene tanto per i nuclei familiari quanto per la più ampia comunità internazionale. Il ricordare periodicamente come momento istituzionalizzato è una sorta di “minuto di silenzio” prima di un’attività quotidiana, in cui tutti noi ci stringiamo attorno a noi stessi. Una sorta di abbraccio collettivo per ricordarci che siamo un tutt’uno. Malgrado la vita ci porti a essere individui separati, con vite separate, con obiettivi separati, il ricordo, stimolato dalla ricorrenza, ci rammenta che non siamo soli. Questa ricorrenza, nello specifico, che ci racconta di un’umanità negata a se stessa; di quanto possa esistere insito l’abominio nell’essere umano; di quanto l’ignoranza, intesa come non conoscenza, possa portare un individuo a perpetrare le peggiori nefandezze nei confronti di un altro essere umano; e che, a una prima e superficiale lettura, rivela l’impossibilità di un futuro degno di essere chiamato tale. Rivela tutto ciò, ma non solo. Molto di più di ciò che può essere umanamente espresso; ma anche altro. Qualcosa di realmente profondo. Qualcosa che trasmette una reale speranza, concreta, e questa, sì, degna di essere narrata. Per esempio è degna di essere narrata la storia dei “Giusti tra le nazioni”. 26.120 persone sono insigniti di questa onorificenza. Queste persone sono coloro che, durante quel periodo nefasto, malgrado i rischi e nonostante non traessero beneficio personale, attuarono attività capaci di salvaguardare l’incolumità dei perseguitati dal regime nazista. Si può stimare che altre persone abbiano svolto queste attività, senza poter essere certificata da dati storici. Poi ci sono i partigiani. Senza entrare in polemiche sterili, possiamo parlare genericamente di migliaia di persone che lottarono contro il regime e tutto ciò che ne concerneva. Insomma il Giorno della Memoria ci può insegnare molto, più di quello che potremmo immaginare. Sicuramente ci serve anche a ricordare ciò che è avvenuto appena dopo, al palesamento alla comunità internazionale, dell’orrore. La vendetta sterile conseguente. All’occhio per occhio conseguente alla liberazione. “Occhio per occhio e il mondo diventa cieco” disse Mohandas Karamchand Gandhi. Come comunità internazionale, sia istituzionale, sia umana, il Giorno della Memoria, ci insegna che l’odio, la prevaricazione, la diseguaglianza siano valori non degni di essere perseguiti dall’umanità. Il segno tangibile di ciò è che nel 1948, ossia appena dopo la presa di coscienza dell’orrore perpetrato da ideologie ridicole e insignificanti come quella della purezza della razza, si sono prodotti i documenti più importanti e lucidi della storia dell’umanità. Il primo in ordine di tempo è stata la Costituzione italiana. Il secondo documento è stato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Sono documenti ancora inespressi e inapplicati, in larga parte, anche nelle più evolute democrazie del globo. Ma rappresentano il concetto di “mondo migliore possibile”. Sta a ogni singolo cittadino prodigarsi per far valere i propri Diritti. Non si può fare in altro modo, se non unirsi in comunità. Il “Giorno della Memoria” ci insegna soprattutto questo. Ovunque ci siano state persone capaci di unirsi nel contrastare il potere cieco e abbietto, si sono vissute storie di grande umanità. Fonti: Legge 20 luglio 2000, n. 211 Resolution adopted by the General Assembly on the Holocaust Remembrance (A/RES/60/7, 1 November 2005)