UN ADDITAMENTO DOCUMENTARIO PER RAFFAELLO
E PRIMI CENNI SULLA COMMITTENZA
DEL CARDINALE FRANCESCO ARMELLINI DE’ MEDICI
BARBARA AGOSTI, MICHELA CORSO*
1. Il monumentale corpus delle fonti sull’attività e la fortuna di
Raffaello raccolto da John Shearman, Raphael in Early Modern
Sources (1483-1600), apparso nel 2003, insostituibile bussola per
le ricerche sul maestro, è per sua natura passibile di accrescimenti.
Si rileva qui l’opportunità di integrarlo, per ora, con una testimonianza di carattere documentario, relativa agli ultimissimi tempi
della vita dell’artista.
Essa consiste in un documento notarile conservato all’Archivio
di Stato di Roma (Collegio Notai Capitolini, 63, ff. 242v-247r),
già segnalato nella bibliografia sulla pittura del tardo Cinquecento
romano, ma mai considerato nella sua interezza e nelle sue implicazioni, e rimasto di fatto totalmente estraneo agli studi raffaelleschi, ovvero l’imbreviatura appartenente al registro del notaio
Stefano De Amannis per gli anni 1519-1527 e nella quale è trascritto il lungo atto del 16 gennaio 1520 (ff. 242v-247r) a cui
Tutto il lavoro al contributo è stato compiuto in comune. Nella stesura i
paragrafi 1 e 3 spettano a Barbara Agosti, il paragrafo 2 a Michela Corso.
*
BARBARA AGOSTI, MICHELA CORSO
presenziò in veste di testimone il maestro urbinate1. Il testo, di
lettura non immediata, contiene i dettagliatissimi accordi matrimoniali stipulati tra Tommaso Della Porta, «barberius in burgo
Sancti Petri», padre della sposa, Giulia Della Porta, e il pittore
romano Giovanni Battista Ippoliti.
La natura del documento, la datazione e i nomi degli attori sono
indicati al principio (f. 242v):
Indictione vigesima die XVI januarii 1520 pontificatus sanctissimi domini pontificis Leonis X anno VII», e a margine: «Institutum dotale
inter dominum Tomasum de la Porta barberium pro Iulia eius filia et
Iohannem Baptistam Dominici Hipolliti pictorem et alia.
La lunga sequenza dei patti dotali, che sarebbe superfluo riportare per esteso, fu formalizzata dal notaio, come appare dalla sottoscrizione a f. 243v, nella chiesa di San Lorenzo in Piscibus, allora già inglobata nel palazzo del cardinale Francesco Armellini
de’ Medici, alla presenza dei testimoni, l’«excellens pictor» Raffaello da Urbino, Pietro Pippi, che è il padre di Giulio Romano,
un «Paulo Sartorio» e un «Bartolomeo de Amelia», in cui è da
riconoscere verosimilmente Bartolomeo Ferratini senior:
Actum in burgo Sancti Petri in ecclesia Sancti Laurentii retro palatium
Reverendissimi domini cardinalis Armellini praesentibus excellenti pictori magistro Raphaeli de Urbino et providis viris Petro Pippi et Paulo
Sartorio et domino Bartolomeo de Amelia romanis civibus de regione
Montis testibus.
2. Fin dal 1512 il potente Armellini (Perugia 1469-Roma 1528),
intrinseca creatura medicea, celebrato dall’Ariosto quale campione di simonia, aveva acquisito il sito su cui sarebbe sorto, incorporando la chiesa già esistente, il nuovo palazzo (dal 1565
proprietà dei Cesi), la cui edificazione fu avviata dopo il conseguimento del titolo cardinalizio nel 1517 e dove la decorazione
La segnalazione del documento si deve a REDÍN MICHAUS 2007, pp. 44-45;
esso è poi riconsiderato da SALVAGNI 2012, pp. 76-77. Ringraziamo il dottor
Angelo Restaino per l’assistenza prestata nella lettura dell’atto notarile.
1
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UN ADDITAMENTO DOCUMENTARIO PER RAFFAELLO
pittorica fu compiuta a partire dal 1519 per mano di una composita squadra di pittori, di cui almeno tre nomi sono noti fin dalla
fine dell’Ottocento, ma solo di recente sono stati ricondotti a più
precise identità2. Mentre continua a sfuggire il profilo di «Andrea
di Giovanni Martino da Parma» – eccezion fatta per la partecipazione nel 1514 agli apparati organizzati per il carnevale romano
da Tommaso Inghirami e per il coinvolgimento cinque anni dopo
in una causa legale in cui fu implicato anche Giulio Romano3 –
«Victorio Anderlino da Montone» è stato infatti identificato con
Vittorio di Anderlino Cirelli, attestato nel 1516 a Montone, suo
paese natale, dove l’anno prima Luca Signorelli aveva eseguito la
pala oggi alla National Gallery di Londra, e che risulta poi ben
documentato, con un piccolo corpus di opere, quale collaboratore
del maestro cortonese e di Tommaso Bernabei detto il Papacello,
altro allievo di Signorelli e di Giulio Romano4; e «Iuvenale di Serafino da Narnia» è il Giovenale da Narni che nel 1518 è documentato a Macerata, insieme allo Spagna, per decorazioni connesse all’ingresso in città del legato pontificio, Francesco
2 Memorie di pagamento 1875, p. 116. Su palazzo Armellini-Cesi: GIGLI 1992, pp.
108-124; LERZA 2002, pp. 161-163. Nel maggio 1520 Filippo Adimari prese
in affitto dall’Armellini il terreno su cui sarebbe sorto il palazzo di via della
Lungara, prima architettura autonoma di Giulio Romano: FROMMEL 1989, p.
300.
3 Il programma iconografico ideato per la festa in Agone prevedeva l’allestimento di diciotto carri allegorici raffiguranti le virtù, eseguiti da un gruppo
eterogeneo di artisti, tra cui appunto Andrea da Parma, autore di due carri. La
descrizione della festa si deve all’erudito Evangelista Maddaleni Capodiferro,
nel 1514 uno dei conservatori di Roma: CLEMENTI 1939, p. 182; MORELLO
1986, p. 88, cat. 98; FARINELLA 1992, p. 64 L’altro referto documentario riguardante Andrea da Parma risale al 1 novembre 1519 e lo vede a Roma coinvolto in una controversia con il suo confinante Andrea Greco, in cui compare
come perito «Iulio de Pipi»: FERRARI 1992, pp. 4-5. Per la frequente collaborazione tra pittori provenienti dall’Emilia e artisti umbri nel contesto romano
di questi anni: FELICETTI 2002, p. 36, che considera in quest’ottica il caso di
Andrea da Parma.
4 SAPORI 1997, pp. 21-22, 112-113. Definitivi riscontri sono stati forniti da
RICCI VITIANI 2013, pp. 134-141. Per i recenti tentativi di ricostruzione del
pittore: SIMONELLI 2014, pp. 29-40.
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BARBARA AGOSTI, MICHELA CORSO
Armellini5. Di lì a poco il cardinale lo avrebbe chiamato a Roma
per i lavori pittorici del proprio palazzo, ed è in quel cantiere che
esordì, come «garzone» di Giovenale, Luzio Luzi da Todi, destinato ad incrociare poi le strade di Perino del Vaga e ad affermarsi
come grande specialista della decorazione6.
Nel registro delle spese di casa dell’Armellini sono attestati i nomi
di altri pittori che presero parte ai lavori di decorazione del palazzo: un Giovanni Domenico, che già nel luglio del 1519 subentra ad Andrea da Parma7, mentre nell’agosto del 1520 vengono
corrisposti pagamenti ad un Giovanni Antonio «pentor in Sancto
Salvatore» per lavori da farsi in una camera del palazzo8.
Più avanti, tra gli anni 1520 e 1521, sono registrati diversi pagamenti ad un Giuliano e garzoni «per la camera facta» e per «pengere la saletta dove sta lo camino» e «la salla nova del camino»9, e
nello stesso momento sono annotate diverse somme di denaro
spese per l’acquisto di «pavonazo di grano per tutte le stanze da
pingere»10. Nelle annotazioni contabili relative a questi anni, in
effetti, la maggior parte delle spese segnate per la realizzazione
dell’apparato decorativo del palazzo sono a nome di «mastro
NESI 2004, p. 107 e p. 122 nota 13.
ASR, Appendice Camerale I, Registro 15, f. 130r. Questa notizia sugli esordi
di Luzio è stata individuata da M. Corso, Pittori, scultori e architetti per il cardinale
Francesco Armellini de’ Medici (1470-1528), tesi di laurea specialistica, a.a. 20082009 (discussa nel maggio 2010, Università degli Studi Roma Tre); CORSO
2013 (2018), nota 44; e riproposta da SAPORI 2017, p. 46 nota 41 (dove tuttavia
è erroneamente indicato il nome del pittore parmense attivo in palazzo Armellini).
7 ASR, Appendice Camerale I, Registro 15, f. 130r.
8 ASR, Appendice Camerale I, Registro 15, f. 131r. Benché l’identificazione
degli artisti citati, in assenza di ulteriori qualifiche, risulti impraticabile, si consideri che nel censimento della fine del 1526 sono in effetti registrati un
«Ioanne Dominico depintore» abitante nel rione Ponte (vicino ad un «Lutio
dal Bago») e un «Antonio Io[anne] pintor» abitante in Parione: GNOLI 1894,
pp. 429 e 463.
9 ASR, Appendice Camerale I, Registro 15, f. 131r-v.
10 ASR, Appendice Camerale I, Registro 15, f. 131r.
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Juliano»11: anche in questo caso la mancanza di altri riferimenti
non consente di riconoscerlo; tuttavia, alcune indicazioni suggeriscono che avesse una posizione importante all’interno del cantiere in Borgo Vecchio vista la frequente citazione del nome suo
accanto ai «compari pentori» che egli coordinava12.
Infine, dal 1521 (e almeno fino al 1524) vengono acquistati colori
per «don Matteo nostro pentore»13 e ancora tra il 1521 e il 1522
per il «prete pentore don Marco» e il suo compagno Cristofano14.
Non è da escludere che a orientare le scelte del cardinale per le
maestranze da reclutare per la decorazione del palazzo romano
fosse stato Giovanni Battista Caporali, che a quelle date si stava
occupando del progetto della cappella funebre commissionata
dall’Armellini per sé e per il proprio padre Benvegnate, come dimostra una lettera indirizzata dal Caporali al cardinale a proposito dell’opportunità di ospitare uno dei due monumenti a Perugia15. La commissione dei due monumenti inizialmente previsti,
l’uno per Roma e l’altro, appunto, per la sua città natale, fu avviata nel 1521 e indirizzata in prima battuta allo scultore milanese
Antonio Elia e, quali responsabili dell’esecuzione, ai senesi Angelo e Ludovico de’ Marrini. Alla morte di Elia, il progetto passò
alla regia di Baldassarre Peruzzi che, sempre valendosi dei
Vedi anche ASR, Appendice Camerale I, Registro 18, f. 125v.
Ad esempio: «pagati a mastro Juliano e compari per parte di ducati 25 di
carlini per pacto facto per pengere la saletta dove sta lo camino»: ASR, Appendice Camerale I, Registro 15, f. 131r. In via del tutto ipotetica, si potrebbe
supporne l’identificazione con il pittore Giuliano Presutti (o Presciutti), attivo
nelle Marche nel secondo decennio del Cinquecento. Cfr. CLERI 2007; CLERI
2016.
13 ASR, Appendice Camerale I, Registro 18, ff. 131v, 135r; altri pagamenti gli
sono corrisposti nel Registro 17, ff. 85r, 92r, 95v, 100v.
14 ASR, Appendice Camerale I, Registro 18, f. 125v.
15 Il ruolo del Caporali per la cappella perugina dell’Armellini è stato acclarato
da GÖTZMANN 2005, p. 243 nota 7; GÖTZMANN 2010, pp. 151-189 e pp. 275276 n. 3.3. Del Caporali, poi, si rammenti la collaborazione con il Papacello
avviata tra il 1519 e il 1523 in occasione della realizzazione del palazzo del
cardinale Silvio Passerini a Cortona, ricordata anche da VASARI 1568, vol. III,
p. 639.
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Marrini quali esecutori, mise in opera il doppio monumento parietale allestito in Santa Maria in Trastevere nel 152416.
Varie sono le indicazioni sul profilo dell’Armellini come committente e collezionista nell’età dei papi medicei, di cui vale la pena
di richiamare qui solo qualche caso utile ad inquadrarne la statura.
Per esempio, nel 1522 commissionava a Fra Mattia Della Robbia
la grandiosa pala d’altare in terracotta policroma destinata alla
chiesa ‘intra moenia’ di San Lorenzo in Piscibus, perduta e nota
soltanto dalla descrizione contenuta nel contratto17. È del tutto
verosimile che la preferenza del cardinale sia ricaduta su Mattia
della Robbia come conseguenza della sua intrinseca familiarità
con i palazzi Vaticani: nel 1518, infatti, Mattia è documentato con
il fratello Luca il giovane, al quale era stata richiesta la realizzazione del pavimento di alcune stanze nei palazzi pontifici e, soprattutto, del pavimento delle Logge su disegno di Raffaello,
come ricorda anche Vasari18.
Nel 1525, Armellini, grande estimatore del genere degli arazzi,
concedeva munificamente quelli che aveva rilevato alla morte del
cardinale Raffaele Riario al potente duca di Sessa, Luis Fernández
de Cordoba: questi, che rappresentava a Roma il governo imperiale, già in quel momento, rimasto vedovo della moglie Elvira
(figlia del Gran Capitano Consalvo di Cordoba), meditava la costruzione di un doppio monumento sepolcrale, per il quale, dopo
una prima fantasia su Michelangelo, si rivolse alla bottega di Raffaello, come testimonia il progetto attribuito a Giulio Romano e
16 Oltre alla bibliografia citata alla nota precedente, resta fondamentale sul monumento ANGELINI 1998, pp. 127-138.
17 MARQUAND 1928, vol. II, pp. 17-18, n. 12; GENTILINI 1992, vol. II, p. 375.
18 VASARI 1568, vol. III, p. 57: «Fece di sua mano, oltre a molte altre opere, i
pavimenti delle logge papali, che fece fare in Roma con ordine di Raffaello,
papa Leone X, e quelli ancora di molte camere ove fece l’imprese di quel pontefice». E nella vita di Raffaello: «fece egli finire con tanta perfezzione [le
logge] che sino da Fiorenza fece condurre il pavimento da Luca della Robbia».
I documenti sono citati da TESORONE 1891, p. 19. Vedi GIOVANNONI 1959,
p. 180; REDIG DE CAMPOS 1967, p. 116.
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UN ADDITAMENTO DOCUMENTARIO PER RAFFAELLO
noto oggi grazie ad un disegno a Chatsworth (inv. 125)19. Nello
stesso anno il cardinale acquisì un set di arazzi formato da sette
pezzi, tessuto da una bottega di Bruxelles e dedicato ai Trionfi del
Petrarca20. E come provano le lettere inviate dagli agenti mantovani al marchese Federico Gonzaga, è in un terreno posseduto
dall’Armellini presso Porta del Popolo che fu rinvenuto nel 1525
il celebre Giove, subito acquisito da Clemente VII e passato a Villa
Madama, definito da Vasari «cosa rara» nella redazione giuntina
della Vita di Giulio, e oggi al Louvre21.
Un altro episodio nel quale il cardinale Armellini dovette ricoprire un ruolo di un certo peso riguarda la commissione ad Antonio da Sangallo il giovane della facciata della Zecca in Banchi,
officina monetaria gestita in appalto dalla banca dei Függer22. La
famiglia del cardinale, nella persona del padre Benvegnate, già dal
1501 era concessionaria di un’enfiteusi perpetua su un quarto del
palazzo, e l’Armellini, particolarmente attivo nell’ambito del mercato immobiliare cittadino, affittò l’edificio «ad usum zecche»
dietro pagamento di una pensione annua da parte della Camera
Apostolica. Un disegno di Maarten van Heemskerck (Berlino,
Staatliche Museen, Kupferstichkabinett, Skizzenbuch I, f. 68) riproduce parte della facciata della Zecca e parte di quella del palazzo di Jacopo da Brescia in Borgo: accanto allo stemma del
papa ne è presente un altro più piccolo, identificato con quello
La notizia risulta dalla lettera indirizzata all’Armellini il 17 giugno 1525, dove
si spiega che il cardinale perugino per compiacere il duca di Sessa «li concesse
quelli panni d’arazzo che quella haveva comperato delle masserizie della buona
memoria del R.mo cardinale di S.To Georgio» (PARRONCHI 1975, vol. II, pp.
275-278); sul disegno di Chatsworth vedi SHEARMAN 1994, pp. 364-372;
JAFFÉ 1994, vol. II, p. 162, cat. 285 (con attribuzione a Penni); GNANN 1999,
p. 215, cat. 147 (con attribuzione dubitativa a Raffaello). Ulteriori indicazioni
sul progetto del monumento sepolcrale voluto dal duca di Sessa sono fornite
da NALDI 2001, p. 59 e p. 74 nota 66. Il dato va ad aggiungersi alla recente
ricostruzione del mecenatismo del Riario: PEZZUTO 2017.
20 PARRONCHI 1975, vol. II, pp. 275-278. La notizia si può aggiungere agli altri
casi noti riguardo alla diffusione di questo tema nell’ambito della produzione
di arazzi. Si veda Smit, in CAMPBELL 2002, pp. 151-156.
21 VASARI 1550-1568, vol. V, p. 38; BROWN 1979, pp. 57-58.
22 Sul palazzo si veda da ultimo ANTONUCCI 2008.
19
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BARBARA AGOSTI, MICHELA CORSO
del cardinale Francesco Armellini23, il quale, grazie a Leone X,
aveva potuto aggiungere le palle medicee al proprio emblema.
Nella fattispecie, Frommel attribuiva al cardinale stesso la responsabilità della commissione della facciata ad Antonio da Sangallo, anche con lo scopo di aumentare il valore economico
dell’immobile. Lo studioso, inoltre, faceva riferimento alla taxa
viarum del 1524-1525, i cui proventi furono convogliati nella costruzione della facciata della Zecca proprio per volere del cardinale Armellini24.
La connessione tra quest’ultimo e il palazzo della Zecca è testimoniata anche dai summenzionati libri contabili e da altri documenti noti agli studi25 ed è corroborata dalla accertata prossimità
tra il cardinale e i Sangallo. Il nome di Giovanni Francesco da
Sangallo, cugino di Antonio, ad esempio, è annotato frequentemente tra le carte dell’Armellini, spesso come perito di stime fatte
in rapporto ai lavori per il palazzo in Borgo. Lo stesso Giovanni
Francesco fu incaricato dal cardinale di procedere ai rilievi del
palazzo di Bartolomeo Scala a Firenze in previsione delle trattative d’acquisto26. Nel 1523, inoltre, Antonio da Sangallo realizzò
il progetto per l’edicola ad imaginem pontis per il notaio Alberto
Serra, legatissimo all’Armellini, commissione cui il cardinale non
dovette essere estraneo, data la presenza del suo stemma in cima
all’edicola27, e sempre ad Antonio nello stesso anno il cardinale
indirizzò la richiesta di progettare un collegio per studenti nella
MONACO 1962, pp. 32-35; FROMMEL 1985, pp. 106-107.
FROMMEL 1985, pp. 106-107; ANTONUCCI 2008, pp. 9-11.
25 Ad esempio, nel registro del 1521-1522, all’interno della sezione dedicata ai
censi degli immobili: «Febraro 1521. Per la Casa, fondaco e scoperti che al
presente habitano li Foccari in Banchi in Roma in nome del car.le»: ASR, Appendice Camerale I, Registro 18, f. 120r. Vedi anche FROMMEL 1973, p. 30;
ANTONUCCI 2008, pp. 115-118.
26 BELLINAZZI 1998, pp. 133-134.
27 PIETRANGELI 1972.
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UN ADDITAMENTO DOCUMENTARIO PER RAFFAELLO
sua città natale, per il quale esiste un disegno agli Uffizi (inv. 1033
A) su cui si legge «per Perugia per lo Ermellino»28.
Ancora, si consideri il caso dell’Antiquae Urbis Romae cum regionibus
simulachrum, dato alle stampe nel 1527 da Marco Fabio Calvo ravennate grazie al sostegno del cardinale perugino. Al foglio 5r
dell’edizione, infatti, dopo la citazione di Fabio Calvo quale autore dell’opera e di Ludovico degli Arrighi vicentino come stampatore29, è celebrato il nome dell’Armellini Medici, grazie al quale
si era resa possibile l’impresa editoriale, derivata dal progetto di
realizzare una pianta di Roma antica accarezzato da Raffaello, per
cui Fabio Calvo aveva tradotto il De Architectura di Vitruvio30.
Questi riferimenti possono bastare a capire come la committenza
dell’Armellini, ancora in attesa di adeguate esplorazioni, incarni
una facies della cultura artistica romana di età leonina altra da
quella di Raffaello ma che pure con questa fu a stretto contatto31.
Ciò è ulteriormente comprovato dal caso di Giovanni da Lione,
pittore che Vasari ricorda come il più stretto aiuto di Giulio Romano, insieme a Raffaellino del Colle, menzionando la loro collaborazione nella sala di Costantino e nelle altre opere eseguite a
Roma dal Pippi prima della partenza per Mantova32, e artista documentato per il 1520 tra gli affittuari che l’Armellini teneva nelle
proprietà immobiliari circostanti il palazzo, dove usava
Cfr. GIOVANNONI 1959, vol. I, pp. 300-301. Vedi anche CORSO 2018, pp.
137-138.
29 Non è escluso che al lavoro del Simulachrum partecipasse anche l’orafo perugino Lautizio Rotelli, aiuto frequentissimo del vicentino e autore di alcuni
sigilli commissionati dal cardinale nel 1518 e nel 1522: ASR, Appendice Camerale I, Registro 15, fol. 182v; Registro 18, fol. 113r, quest’ultimo pubblicato
da BERTOLOTTI [1886] 1962, p. 95.
30 JACKS 1990. La ricostruzione biografica del ravennate si deve a PAGLIARA
2012.
31 Un contributo sull’argomento è in corso di preparazione da parte di Michela
Corso.
32 VASARI 1550-1568, vol. V, p. 63.
28
Horti Hesperidum, VIII, 2018, I
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BARBARA AGOSTI, MICHELA CORSO
all’occorrenza fare risiedere anche le maestranze operose al suo
servizio33. Inoltre, un «Mathurino» è menzionato tra gli affittuari
del cardinale tra il 1523 e il 152434, ed è possibile che si tratti di
Maturino da Firenze, collaboratore di Polidoro da Caravaggio,
con il quale proprio in quel momento decorava la facciata del
palazzo del notaio Serra, a sua volta, come si è detto, vicinissimo
all’Armellini35.
Anche l’architetto milanese Giovanni Antonio Pallavicino detto
il Foglietta era tra gli inquilini del cardinale e con ogni probabilità
ricoprì un ruolo di coordinatore dei lavori per la fabbrica del palazzo Armellini, come suggerisce la frequentissima citazione del
suo nome nei registri contabili sin dal 151736. Come è noto, il
Foglietta fu collaboratore abituale di molti architetti dell’epoca,
da Giuliano da Sangallo a Bramante – al seguito del quale fu operoso presso la Fabbrica di San Pietro dal 1506 – e Raffaello durante il suo incarico di soprintendente ai lavori della basilica37.
Inoltre, il cardinale Armellini compare nell’atto notarile di commissione al Foglietta di vari lavori nella Villa alla Lungara di Agostino Chigi, stipulato nel 1518, in cui come autore delle stime è
registrato anche Giovanni Francesco da Sangallo38.
ASR, Appendice Camerale I, Registro 15, f. 52r. Anche questo pittore è
registrato nel censimento stilato alla fine del 1526, come residente nel rione
Ponte: GNOLI 1894, p. 444.
34 ASR, Appendice Camerale I, Registro 17, f. 59r.
35 Così Vasari (1550-1568, vol. IV, p. 459: «[Polidoro] Fece poi un’altra facciata
di quella casa stessa, dove è la imagine che si dice di Ponte, ove con l’ordine
senatorio vestito nell’abito antico romano più storie da loro figurate si veggono». Cfr. WOLK-SIMON 2005, p. 265.
36 ASR, Camerale I, Registri 16, 15, 17, 18, passim.
37 Essendo stato dimostrato che è un falso la lettera del Sanzio a Giuliano Leni
del 15 gennaio 1515 che comprovava tra l’altro i rapporti tra Raffaello e il
Foglietta (CAMESASCA 1956, p. 195, cfr. SHEARMAN 2003, vol. II, pp. 15011503, n. F40), questi sono comunque attestati da un documento del 1516:
SHEARMAN 2003, vol. I, pp. 259-260). Vedi anche GIOVANNONI 1941, p. 219.
38 CUGNONI 1878, pp. 89-90. Giovanni Francesco da Sangallo, figura ancora
in parte da delineare, insieme a Nanni di Baccio Bigio compare in numerosi
documenti come misuratore di fabbriche raffaellesche (PAGLIARA 2004, pp.
33
372
UN ADDITAMENTO DOCUMENTARIO PER RAFFAELLO
Nei libri di spese del cardinal Armellini è registrato pure il nome
dell’architetto Perino da Caravaggio, personaggio che ricorre
nella documentazione relativa a Raffaello, al quale nel 1515 vendette una casa in via Sistina, attraverso un atto in cui il Sanzio,
assente, era rappresentato dal Baviera, e a fare da testimoni erano
Marcantonio Raimondi e Giovanni Francesco da Sangallo, anche
lui, come si è detto, di lì a poco al servizio dell’Armellini39. Tra i
compiti di Perino da Caravaggio vi era quello di stimare i lavori
svolti dagli scalpellini attivi nel palazzo del cardinale perugino, tra
cui spicca il nome di «Francesco da Como», con ogni probabilità
coincidente con il Francesco di Peregrino da Como documentato
nel cantiere della fabbrica di San Pietro al tempo di Giulio II, e
in rapporto con Antonio da Sangallo fin da allora40.
3. Nei patti nuziali di Giovanni Battista Ippoliti, l’altro testimone
implicato, insieme a Raffaello, è Bartolomeo Ferratini senior
(Amelia c. 1475- Roma 1534), uomo di fiducia di Giulio II, che
gli affidò la responsabilità della gestione finanziaria della costruzione della nuova basilica bramantesca41. Oltre all’ attività svolta
nell’ambito della Fabbrica di San Pietro, del Ferratini è nota anche la richiesta rivolta ad Antonio da Sangallo alla fine degli anni
241-267). Inoltre, fu attivo alla Fabbrica di San Pietro tra il 1521 e il 1538:
PAGLIARA 1983.
39 Ad esempio nel 1519 Armellini acquistò diverse case poste in Borgo Vecchio adiacenti alla sua proprietà: nell’atto di acquisto sono chiamati a stimare
gli immobili Perino da Caravaggio e Giovanni Francesco da Sangallo come
periti «in arte murandi» (ASR, Notai della RCA, Protocollo notarile 1839, f.
194; Appendice Camerale I, Registro 15, f. 71r). Perino da Caravaggio inoltre
fu attivo per la Camera Apostolica: sono documentati infatti diversi pagamenti
a lui corrisposti tra il 1509 e il 1519 per opere di manutenzione in diversi ponti
della città: BERTOLOTTI 1881, p. 39. Sul documento del 1515 vedi SHEARMAN
2003, vol. I, p. 194 e pp. 213-215.
40 FROMMEL 1996, p. 83 nn. 392-394 (documenti del 3 gennaio 1511). Non è
da escludere che sia lo stesso attivo come scultore delle porte di San Petronio,
insieme ad altri artisti, nel 1520-1524 e 1527-1528 (GIANNOTTI 2015).
41 La documentazione sul ruolo del Ferratini senior al tempo di Giulio II è
raccolta da FROMMEL 1996, pp. 42-43, 69-70 n. 216, 78 n. 357, 78 n. 354, 79
n. 360, 81 n. 383. Sul Ferratini vedi anche BUSOLINI 1996, pp. 774-775.
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Venti per il progetto di un palazzo ad Amelia «per comodità di
sé e beneficio degli amici, et ancora per lasciare memoria onorata
e perpetua»42, a dimostrazione dell’appartenenza di queste personalità ad un medesimo entourage.
All’interno del documento in esame il nome di Raffaello compare
una seconda volta, nel passo successivo dell’atto (f. 244v) in cui
si spiega che Tommaso Della Porta, per maggiore garanzia dello
sposo, si impegnava a devolvere in favore di lui, insieme ad altri
beni, e con il consenso dei fratelli di Giulia, una casa che il Della
Porta aveva in enfiteusi dall’Ospedale di Santo Spirito in Sassia,
sita in Borgo Vecchio («in via veteri, quae dicitur sancta») e confinante da uno dei lati con proprietà «magistri Raphaelis de Urbino excellentissimi pictoris»:
Et pro maiori cautela dicti Iohannis Baptistae praefatus magister Tomasius obligavit et hipotecavit cum consensu praesentia et voluntate
Antonii et Petri Pauli eius filiorum prosecuta cum iuramento consentientium dicto Iohanne Baptista praesenti et stipulandi ut supra pro
dictis quadringentis florenis restantibus se et omnia sua bona et
praesertim quandam eius domum emphiteoticam quam retinet ad tertiam ipsius generationem masculinam et femininam a venerabili archiospitali et preceptori Sancti Spiritus in Saxia positam in burgo Sancti
Petri in via veteri quae dicitur via sancta cui ab uno latere sunt res magistri Rafaelis de Urbino excellentissimi pictoris, ab alio latere res dominae Pauline uxoris magistri Philippi aromatarii, ab alio res domini
Jacobi de la Ruera ante est via publica vel si qui alii et sitam sub dicta
proprietate Sancti Spiritus in Saxia ad respondendum eidem ecclesiae
seu Hospitalis et preceptori illius ducatos sexaginta de || 245r carlinis
X pro ducato ad computum monetae veteris librarum ab omni alio
onere responsionis et cum omnibus iuribus […].
Questa proprietà corrisponde a palazzo Caprini, l’edificio costruito da Bramante per il protonotario apostolico Adriano Caprini, che il Sanzio aveva comprato nel 1517, e la contiguità con
la casa di Tommaso Della Porta è comprovata da altri referti,
come il documento del gennaio 1518 dove sono rubricate le
42
VASARI 1550-1568, vol. V, p. 32; BUSOLINI 1996, p. 774.
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UN ADDITAMENTO DOCUMENTARIO PER RAFFAELLO
imposte richieste dai Maestri delle Strade a Raffaello e ai suoi vicini, tra cui risulta appunto «Tomasso barbieri»43.
Rispetto allo stato degli studi, qualche precisazione si può tentare
poi sullo sposo, Giovanni Battista Ippoliti, figura che, almeno
stando alle molte occorrenze documentarie che lo riguardano,
bene incarna, pur da una posizione marginale, la continuità tra la
cultura artistica romana dell’età leonina e la stagione farnesiana.
Il pittore, per il quale si può presumere un contatto con la bottega
raffaellesca, è infatti largamente attestato nei successivi decenni,
in primis per la sua partecipazione almeno dal 1534 in avanti
all’Università dei pittori di San Luca, di cui fu console nei bienni
1541-1542, 1547-1548, e camerlengo nel 1551-1553. Sono poi
note le sue relazioni con Roviale Spagnuolo, che fece da testimone alle seconde nozze di Giovanni Battista nel 1541, e con
Domenico Zaga, che nel 1560 risulta nominato dall’Ippoliti come
proprio esecutore testamentario44. Ma è ancora nell’Ippoliti che
possiamo riconoscere il maestro Battista che, dall’estate 1542,
partecipò con pitture e stucchi alla decorazione del palazzo di
Paolo III sul Campidoglio, a fianco di Michele Grechi da Lucca,
una delle tante imprese della Roma farnesiana supervisionate da
Perino del Vaga e messe in opera dalla cerchia dei suoi collaboratori45.
Dieci anni dopo, nel 1552, cedeva un terreno a Giulio III «posto
sul fiume e dalla banda del prato al porto che va alla vigna di Sua
SHEARMAN 2003, vol. I, pp. 318-319. La casa di Tommaso è riconoscibile
già nella «domus que dicitur Barberii» menzionata nel documento del 7 ottobre 1517 (SHEARMAN 2003, vol. I, pp. 301-303) collegato all’acquisto compiuto poco prima da Raffaello delle proprietà di Adriano Caprini, e nel versamento (SHEARMAN 2003, vol. I, p. 305) con cui l’artista estinse i propri debiti
con l’Ospedale di Santo Spirito concernenti quelle proprietà, dove è citata la
«domus magistri Thomae della Porta barbitonsoris». Per la documentazione
su palazzo Caprini e il suo passaggio a Raffaello: ROSSI 1888, pp. 1-6; GNOLI
1888, pp. 7-13; FROMMEL 1973, vol. II, pp. 80-84; BORSI 1989, pp. 322-325,
n. 34; SPAGNESI 2010, pp. 25-46, in particolare pp. 28-29.
44 Tutti questi dati si devono a REDÍN MICHAUS 2007 e SALVAGNI 2012.
45 Per la documentazione relativa BRANCIA D’APRICENA 1997-1998, pp. 433435; e su questo cantiere decorativo cfr pure PICARDI 2012, p. 24 (ma senza
proposte di identificazione per questo artista).
43
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Beatitudine», utile quindi a comporre le proprietà della villa pontificia allora in costruzione46. Le sue tracce si possono forse seguire ancora nel cantiere per la costruzione della Porta del Popolo, la monumentale struttura architettonica promossa da Pio
IV su progetto di Nanni di Baccio Bigio (1562-1563) e concepita
come accesso all’Urbe per i pellegrini provenienti dalla via Flaminia, dotata di ornamenti scultorei di mano dello scalpellino
Nardo De Rossi e di una imponente iscrizione celebrativa intagliata sulla base di modelli grafici elaborati dal famoso calligrafo
Giovanni Battista Palatino e con caratteri all’antica la cui indoratura (perduta), come attestano i documenti, fu realizzata da un
maestro «Battista Romano» nel quale è verosimile riconoscerlo47.
Era certamente ancora vivo il 5 ottobre 1569, quando chiedeva
di essere esentato per indigenza dal pagamento della selciatura
davanti alla sua casa di Tor di Nona, nella quale risiedeva fin dal
153048.
Pensando al tempo che dovette richiedere l’estensione degli atti
vergati dal notaio De Amannis a cui Raffaello assistette nel gennaio 1520, fa impressione che ore della sua vita così straordinariamente produttiva se ne siano andate in pro delle minute questione matrimoniali di questo modesto artista.
LANCIANI 1907, vol. III, p. 16; FALK 1971, p. 149 n. 308.
WARDROP 1952, p. 25.
48 Per questi riferimenti documentari: MASETTI ZANNINI 1974, p. 51; GENOVESE, SINISI 2010, p. 31.
46
47
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UN ADDITAMENTO DOCUMENTARIO PER RAFFAELLO
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