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La scuola: un ambiente da (ri)qualificare

2019, Tuttoscuola - Politica scolastica

C'è un evidente squilibrio tra l'abbondanza di iniziative volte a stimolare l'acquisizione di risorse strumentali e, meno spesso, di servizi da parte delle scuole e lo sviluppo di iniziative di ricerca che si propongano, da un lato, di consentire una revisione continua degli stereotipi descrittivi e interpretativi dei soggetti coinvolti nel processo educativo, dall'altro convertano in strumentazioni e in procedure progetti, prodotti, modi d'intervento. È il contrario di quel che ci si attenderebbe dovesse avvenire in un sistema sano, e cioè che prima si definisca il campo d'intervento e le ipotesi che dovrebbero qualificarlo e poi ci si preoccupi di individuare le soluzioni (comprese, ovviamente, quelle strumentali) e di sottoporle a verifica empirica. (I medesimi argomenti, in forma meno estesa, compaiono nell'edizione in linea di Tuttoscuola (8 aprile 2019), all'indirizzo https://www.tuttoscuola.com/meno-fiere-e-piu-biblioteche-e-laboratori-per-vincere-la-sfida-della-qualita/).

La scuola: un ambiente da (ri)qualificare1 Benedetto Vertecchi C’è un evidente squilibrio tra l’abbondanza di iniziative volte a stimolare l’acquisizione di risorse strumentali e, meno spesso, di servizi da parte delle scuole e lo sviluppo di iniziative di ricerca che si propongano, da un lato, di consentire una revisione continua degli stereotipi descrittivi e interpretativi dei soggetti coinvolti nel processo educativo, dall’altro convertano in strumentazioni e in procedure progetti, prodotti, modi d’intervento. È il contrario di quel che ci si attenderebbe dovesse avvenire in un sistema sano, e cioè che prima si definisca il campo d’intervento e le ipotesi che dovrebbero qualificarlo e poi ci si preoccupi di individuare le soluzioni (comprese, ovviamente, quelle strumentali) e di sottoporle a verifica empirica. Quel che sta accadendo nelle nostre scuole conferma l’impressione negativa che si proceda senza essere consapevoli di che cosa si stia facendo e non ci si preoccupi di spiegare ciò che non soddisfa neanche di fronte a risultati che non possono non destare allarme. Avviene che alla conclamata esigenza di innovazione non corrisponda un particolare impegno conoscitivo e una elaborazione originale di ipotesi interpretative, ma si cerchi la scorciatoia dell’acquisizione dal mercato di risorse che offrano suggestioni modernizzanti, anche se, come avviene in troppi casi, si ha solo una pallida idea di quale potrebbe esserne l’uso. In sostanza, si acquisiscono risorse non per il legame funzionale che si è in grado di stabilire con innovazioni che migliorino i processi di insegnamento e di apprendimento, ma per la fascinazione che possono esercitare, prima ancora che sugli allievi (che spesso sulle nuove proposte del mercato ne sanno più degli insegnanti), sulle famiglie e in generale sull’opinione pubblica. Ma proprio il pubblico che dovrebbe essere coinvolto nella fascinazione lascia intendere che l’intento non è educativo, ma ideologico, e che le proposte non sono funzionali a un progresso nell’educazione, ma ad una dilatazione del mercato. Basterebbe considerare il posto che le rassegne merceologiche sono venute assumendo nell’ambito di un quadro culturale collegato all’educazione che è già generoso definire povero. Si succedono grandi rassegne merceologiche, più o meno intrecciate con eventi che le qualifichino come occasioni di aggiornamento professionale per gli insegnanti, e si arriva a indire 1 I medesimi argomenti, in forma meno estesa, compaiono nell’edizione in linea di Tuttoscuola (8 aprile 2019), all’indirizzo https://www.tuttoscuola.com/meno-fiere-epiu-biblioteche-e-laboratori-per-vincere-la-sfida-della-qualita/ celebrazioni su base annua: quando leggo annunci come “anno della scuola digitale” non posso fare a meno di pensare: - che si magnifica qualcosa che non si è capaci di dimostrare; - che in altri paesi, le stesse proposte sono state abbandonate per - - l’impossibilità di conseguire i mirabolanti risultati annunciati dalla promozione commerciale; che il valore patrimoniale dei mezzi si conserva per un periodo che è inferiore a quello che servirebbe, sempre che ne valesse la pena, a consentire un’utilizzazione razionale; che sono sempre più numerose le ricerche che segnalano gli effetti negativi di acquisizioni non originariamente previste per una destinazione didattica; che, inseguendo le fascinazioni del mercato, le scuole stanno diventando sempre più povere, perché i nuovi mezzi assorbono tutte le scarse risorse a disposizione per acquisire prodotti effimeri, mentre si trascura quell’aspetto qualificante del lavoro educativo che consisteva nella progettazione e nella qualificazione dei contesti per il lungo periodo. Le povere scuole della fine del XIX secolo dotavano le classi di erbari e di terrari, che consentivano agli allievi esperienze naturalistiche reali, praticamente senza spesa: oggi, bene che vada, le stesse esperienze possono essere compiute solo in modo virtuale; che il panorama interno delle scuole è sempre più anonimo. Inutilmente si cercherebbero, in troppi casi, quegli spazi specializzati e quelle addizioni percettive che facevano delle scuole ambienti con una dignità che richiamava il pensiero di Campanella, in cui la biblioteca occupava il centro di una rete in cui i luoghi di insegnamento normale si intrecciavano con quelli rivolti al perseguimento di obiettivi specifici: i laboratori di scienze, le collezioni naturalistiche, le raccolte documentarie, le sale da musica e quelle organizzabili per le attività teatrali e via seguitando. Vorrei fare una proposta: si abbandonino per il prossimo quinquennio le fiere destinate a mantenere elevato il livello della fascinazione. Sulla base di una ricognizione attenta di quelle che possono essere le dotazioni che possono sostenere i processi di insegnamento e di apprendimenti per un lungo periodo, si promuovano iniziative centrate sulla qualificazione dei contesti di insegnamento e di apprendimento: se non esiste una biblioteca, la si impianti; se c'è ma è sprovvista di catalogo, si ponga mano alla catalogazione; se ci sono già dei laboratori di scienze naturali, li si aggiorni, ma se non ci sono li si costituisca. In ogni scuola si individuino spazi per le attività musicali e si valorizzi il conto corale. Credo che se si invitassero gli insegnanti a sviluppare le linee di programma che ho appena abbozzato, si sarebbe rapidamente sommersi dalle indicazioni e dai suggerimenti. Oltre tutto sarebbe un modo per rendere attivo l’impegno per l’aggiornamento e per consentire che le professioni educative riacquistino nel pubblico il credito che meritano.