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GAZZETTINO QUELLI DEL CORDUSIO 4

Gazzettino Quelli del Cordusio 4

QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL terzo Gazzettino, per finire al Catalogo delle monete di Milano esposte in Ambrosiana pubblicato a cura di Quelli del Cordusio. Teche con le monete della zecca di Milano in Ambrosiana Di tutto e di più… penso sarà impossibile da replicare, eppure Quelli del Cordusio continua con questo quarto Gazzettino e altro che arriverà nel tempo con una forma gestionale e organizzativa più snella, più libera e flessibile che sono sicuro genererà nuove energie invece che frenarle o ostacolarle. Credo che una Associazione, un Gruppo ora, debba sempre capire le richieste, gli accadimenti, le tendenze e sapersi rigenerare e rimodellare, senza rimanere fermi, in una evoluzione che è vita, energia, creatività, futuro, con un cercare di cogliere e intercettare quello che gli appassionati vogliono e vorrebbero dalla nostra numismatica. Mi sembra opportuno allegare infine, per chi volesse compiere questo viaggio insieme a noi, il Manifesto Programmatico del Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio. Ci farebbe piacere averVi come testimonial operativi o partecipativi di questo progetto divulgativo ideale e reale che vuole essere volutamente per tutti quelli che vorranno farne parte. A presto Mario Limido Portavoce del Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio 2 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Catalogo dell’esposizione fissa di monete della Zecca di Milano in Ambrosiana 3 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL MANIFESTO PROGRAMMATICO DEL GRUPPO NUMISMATICO QUELLI DEL CORDUSIO Gli scopi e le azioni del Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio devono essere dirette verso ideali divulgativi e promulgativi che interessino tutta la comunità nazionale che abbia propensioni verso la numismatica, la storia, la cultura in genere, le identità del territorio nazionale. Gli obiettivi saranno tesi a cercare persone che possano creare nuove passioni, in particolare verso i giovani e chi approccia per la prima volta questi interessi, sul divulgare cosa rappresenti l’oggetto moneta, sul raccontare la storia, sul difendere e ricordare le nostre identità, i nostri simboli e cercare di creare un futuro su questi valori nelle nuove generazioni. Le persone che aderiranno formalmente al Manifesto saranno di fatto dei testimonial di questi ideali che si impegneranno nei fatti e nella comunicazione su ogni mezzo per raggiungerli, diffonderli e difenderli senza interessi e scopi di lucro. I mezzi per raggiungere questi obiettivi dovranno coniugare innovazione, tecnologia, rapporti umani e virtuali dando la possibilità agli aderenti e ai simpatizzanti al progetto di poter partecipare a eventi speciali, conferenze, incontri su tutto il territorio nazionale e di poter avere prodotti editoriali quali il Gazzettino ed altri. Il Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio si presenta come gruppo aperto, senza vincoli, non richiede quote annuali o di ingresso agli aderenti, ma solo una dichiarazione formale di adesione convinta e motivata di intenti e di farsi promotori degli stessi; non sono previste cariche se non dei Portavoce Ufficiali dello stesso. Per comunicare col Gruppo, per chiedere di essere inseriti nella newsletter, per informazioni e proposte potete rivolgervi alla mail del Gruppo quellidelcordusio.info@gmail.com Il Gazzettino di Quelli del Cordusio come copia cartacea verrà dato solo agli eventi organizzati dallo stesso fino ad esaurimento copie e secondo disponibilità, successivamente sarà fruibile in digitale per tutti sul nostro sito su Academia.edu. Il Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio 4 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL ASTI – VARIANTE INEDITA ED EVOLUZIONE DEL ROVESCIO DEL TESTONE PER LUDOVICO XII DUCA D’ORLEANS di VITO TORRES Ludovico XII (Blois 27/6/1462 – Parigi 1/1/1500), dalla morte del padre nel 1465 duca d’Orleans e signore di Asti. Nel 1494 arriva ad Asti da dove rivendica, essendo nipote di Valentina Visconti, i suoi diritti sul ducato di Milano. Re di Francia dal 1498, conquista il ducato di Milano nel 1500 imprigionando Ludovico il moro. Il testone preso in esame è del periodo che lo vede ancora duca d’Orleans. Con questo articolo vorrei illustrarVi l’evoluzione che ha portato alla composizione del nuovo rovescio. Si tratta della versione alla quale hanno dovuto fare ricorso, probabilmente, per ovviare alla rottura o all'usura del conio precedente. Questo nuovo conio, meno elegante, è abbastanza evidente che non sia opera dello stesso autore del conio precedente. Ex Asta VARESI 61 Nella foto qui in alto, vediamo un esemplare di primo tipo. Da notare i segni di interpunzione, la parte superiore dello scudo quasi piano e sopra la perlinatura una corona sormontata dalle lettere S . Z . 5 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Nella foto qui sopra, la variante inedita. In questa nuova versione, nella zona verde vediamo la parte dello scudo che è diventata a punta centrale, i segni di interpunzione più grossi, la N che per mancanza di spazio, non entra per intero e la mancanza della lettera S. Da notare che DN dovrebbe essere posizionato prima dell’inizio della corona. Alcune lettere sembrano leggermente più grandi. Il diritto della moneta rimane invariato come si vede dalla foto che segue. . 6 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Nella foto qui a fianco, è interessante notare come rimediare, l’incisore stringendo cerchi gli spazi di e riuscendo cosi a spostare la D prima della corona e ad inserire la S. Quest’altra variante proviene dalla coll. Reale CNI 21: la foto, presa dal web, purtroppo non è chiarissima. La freccia di destra indica l’interpunzione ancora grossa. CNI 21 Asta VARESI 62 Qui sopra, possiamo osservare la versione definitiva (forse fatta da qualcuno arrivato in aiuto alla zecca?) con i segni di interpunzione a forma di piccoli pentagoni; inoltre per aumentare lo spazio destinato alla legenda ha eliminato la lettera I dalla fine della parola MEDIOLANI e raddrizzato il fiore di destra della corona. Ai compilatori dei cataloghi decidere se sia utile inserire queste rarissime tre varianti (estremamente rare, forse uniche, le prime due). BIBLIOGRAFIA: AA.VV. 1911 = Corpus Nummorum Italicorum, Vol. II, Piemonte - Sardegna, Roma 1911; BIAGGI 1978 = Elio Biaggi, Le Antiche Monete Piemontesi, Borgone di Susa 1978; VARESI 1996 = Monete Italiane Regionali, Piemonte, Sardegna, Liguria, Isola di Corsica, Pavia 1996. 7 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL LA MONETAZIONE MEDIOEVALE PATAVINA di ANDREA KEBER Il 16 aprile 1049 Enrico III, imperatore di Germania, concede al vescovo di Padova Bernardo il diritto di battere moneta. A Padova fino all’ultimo quarto del XIII secolo non vengono coniate monete, questa zecca, infatti, inizia a funzionare con regolarità a partire da una data compresa fra il 1256 (cacciata di Ezzelino da Romano e istituzione della repubblica) ed il 9 maggio 1271, anno a cui risale il più antico documento che cita l'attività monetaria. Nel 1276, nella zecca di Padova, si ritiene abbia lavorato alla coniazione di Denari piccoli Ganfasio da Cremona. Il Denaro, coniato in questo frangente, rimane l'unica moneta emessa da questa zecca fino al 1319. Su entrambe le facce di questa ... appare un elemento caratteristico di molta della serie padovana: una stella a sei raggi. Di Jacopo da Carrara (1318-1324) non sono note emissioni. Dal 1318 al 1320 Padova subisce un assedio da parte della Signoria Scaligera e nell'estate del 1320 Jacopo cede la signoria al Ulrico da Walsee, vicario imperiale a nome dell'Imperatore Federico III. In concomitanza con l'espansione del potere tirolese nell'area padana, si conia una moneta quasi identica al Grosso aquilino di Merano: tipologia che anche i successivi vicari sfruttano (il vicariato si prolunga fino al 1328). Secondo A. Saccocci, questi Grossi sono coniati allo scopo di pagare i soldati tedeschi al seguito dei vicari. La moneta, anche in base alla capillarità dei ritrovamenti, ha un grande successo. Caratteristica comune alle varie imitazioni è un piccolo stemma che tutte recano inserito nel giro della legenda. I tre delegati imperiali al cui nome ci sono note monete sono: il vicario Ulrich von Walsee (1320-1321) (CNI VI, pp 184-186, nn 1-18), il capitano Ulrich von Pfannberg (1324-1325) ed il vice capitano Engelmar von Villanders (1323-1328) (CNI VI, pp186-187, nn 1-4). Lo stemma Walsee è di nero alla fascia d’argento, quello Villanders è di rosso alla fascia increspata d’Argento, quello Pfannberg è spaccato a losanghe e caprioli sovrapposti. L'aquilino di Walsee è, probabilmente, coniato anche durante il vicariato del duca Enrico di Carinzia. Infatti, esemplari con un aquila che presenta le ali arrotondate nella parte superiore (anche a causa del peso calante), potrebbero essere state coniate durante la disputa (1324-1325) tra il duca Enrico ed il veronese Cangrande. Alla fine del 1321, Konrad von Auffestein diventa nuovo reggente. 8 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Non si conosce nessuna emissione di Aquilini collegabile a questo periodo, le coniazioni nel periodo 1321-1323 sembrano interrotte forse a causa del trasferimento verso la zecca trevigiana degli zecchieri Pizzacomino. Con Villanders, che governa la città dalla metà del 1323, le coniazioni di Aquilini riprendono. Ulrico di Pfannenberg fu Capitano di Padova e governa in nome di Walsee, motivo che, probabilmente, giustifica l'emissione di moneta a proprio nome. Il successo ottenuto dall'Aquilino padovano è provato da un ripostiglio (ora conservato al museo di Verona) descritto in un articolo di O. Murari: si tratta di tondelli in rame, dallo stile grossolano, che falsificano questa tipologia monetale. Padova nel 1328 si dà agli Scaligeri, che restano al potere fino al 1337, e anche nel periodo della “seconda” signoria di Marsilio da Carrara (1337-1338) la zecca rimane chiusa. Con Ubertino da Carrara continua l'emissione di denari piccoli sostanzialmente simili a quelli comunali, con una variazione del dritto, nel campo appare una "V". Con Jacopo si continuano a coniare Denari (nei quali la sua iniziale «I» , sostituisce la «V» di Ubertino) e viene coniato anche un grosso del valore di due soldi, che prenderà il nome di “Carrarino” con le lettere IA, lo stemma di famiglia e San Prosdocimo. I successori di Jacopo II, Jacopino e Francesco I Da Carrara, nel breve periodo del potere congiunto, coniarono altri due Denari piccoli recanti entrambi l'insegna del Carro ripetuta anche sull'altro verso per uno e sostituita sull'altro da una stella a sei raggi. Con Francesco I la monetazione si arricchisce notevolmente. Continua la produzione del Carrarino d’argento da 2 Soldi e del Denaro piccolo che mantiene la stella e l’iniziale del nome del signore (F). Nel 1378, la guerra contro Venezia, porta Francesco ad allearsi con Ludovico d’Ungheria. I finanziamenti ungheresi permettono a Francesco una nuova serie di emissioni. Vengono coniati: un Ducato d’oro, un pezzo da 4 Soldi d’argento (il Carrarese da 4 Soldi d'argento presenta San Daniele che regge un modellino di castello turrito, a celebrazione del Castello eretto da Ezzelino nel 1237 e da lui ristrutturato nel 1374), un Soldo (sempre d’argento), un Quattrino di mistura e viene cambiata la tipologia del Carrarino da 2 Soldi, dove San Prosdocimo viene sostituito dall’altro patrono, San Daniele. Con queste emissioni, Francesco si pone in concorrenza con le zecche limitrofe ed in particolare con Venezia e le sue monete: il Ducato, il Soldino e il grosso matapan: una “guerra monetaria”... Nel 1378 a Padova, si conia anche il Quattrino con al rovescio Santa Giustina e la cometa, in evidente concorrenza del Quattrino veronese di Bartolomeo e di Antonio della Scala. Nel 1386 si emette una nuova d’argento da 4 Soldi. La monetazione padovana è quella dominante nell’entroterra veneto. Nel 1387 il sistema monetario padovano entra in crisi: il corso forzoso del Carrarese (per il peggioramento di intrinseco) porta ad un aumento eccessivo dei prezzi. 9 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Il circolante viene svalutato una prima volta nel luglio del 1387 (il Carrarese da 4 a 2 Soldi, il Quattrino da 4 a 2 Denari) e una seconda volta nel marzo del 1388 (da 2 a 1 Soldo, il Quattrino da 2 a 1 Denaro). Così A. Saccocci: “Riguardo a tale svalutazione, evidentemente la politica di imposizione di una moneta a corso forzoso, che fino a poco tempo prima aveva garantito il drenaggio delle buone monete presenti nel mercato, non era più sostenibile.” In questa occasione, vengono introdotti (1386/1387) il Quattrino (con al dritto la lettera F e al rovescio una testa di moro) e il Quattrino da 2 Denari con al dritto la lettera A (queste monete nel CNI vengono attribuite a Francesco II). Nel 1388 Padova è occupata da Gian Galeazzo Visconti e Francesco viene fatto prigioniero. Nei due anni di occupazione da parte dei Visconti, non vengono battute monete a Padova, anche se alcuni Denari piccoli, coniati a Milano, portano in legenda il nome della città.Nel 1390, Francesco II, riconquista la città ai Visconti e riapre la zecca, la cui attività è documentata almeno dal 1394. Francesco II non prosegue nella coniazione di esemplari svalutati. Conia un Carrarino. un Soldino, un Quattrino (rivalutato da 4 a 6 Denari, ovvero il Sestino negro, tradizionalmente identificato con il “testa di moro”) e un Denaro piccolo (molto simile a quello del padre in quanto a tipologia, con la “F“ al dritto e stella al rovescio, ma che si caratterizza per aver un tondello privo di scodellatura). Altre monete emesse da Francesco II sono un Grosso Carrarino con l’immagine di Sant’Antonio stante, conosciuto solo da un disegno, e un Soldo con l’immagine di Sant’Antonio [quale la caratteristica di quest'ultimo?], testimoniato da un solo esemplare rinvenuto nei pressi di Cividale (Carrarini e i Soldi con l'effige di Sant'Antonio furono coniati da Francesco Novello, fondendo il tesoro di Sant'Antonio per fare fronte alla guerra con Milano). Il Soldo con Sant'Antonio/aquila, tipologicamente ha caratteristiche simili alle emissioni patriarcali di Aquileia; l'immagine impressa, quindi, rappresenta un tentativo di penetrazione in area friulana delle emissioni padovane. Agli ultimi anni di governo di Francesco II è assegnato un Denaro con al dritto una rosa e al rovescio un globo e un Sestino con la cometa. Del novembre del 1405 è la definitiva conquista di Padova da parte della Repubblica di San Marco. Padova viene assoggettata alla Repubblica di Venezia e tutti i contratti da quell'epoca in poi vengono stipulati in Lire e Ducati di Venezia. La Serenissima mette in circolazione, nella città di Padova, Bagattini in rame con i dogi Agostino Barbarigo (negli anni 1487-1488 e 1498-1500) e Leonardo Loredan (15011521). 10 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL LE MONETE DI PADOVA REPUBBLICA 1271-1328 •Denaro piccolo scodellato Mistura ฀ g. 0,30 D/ + . CIVITAS . Stella a sei raggi R/ + . DE . PADVA . Stella a sei raggi CNI 1/17 - Rizzoli & Perini 1 - Zanetti tav. XX, ¾ ø mm. 13 NC Varianti: interpunzione ULRICH WALSEE 1320-1321 •Grosso aquilino Argento ฀ g. 1,35 ø mm. 20 D/ + ° PADVA : REGIA * Aquila spiegata a sinistra, volta a destra R/ CI VI TA S * * Croce intersecante la leggenda CNI1/18- Rizzoli & Perini 2 11 NC QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL ULRICH von PFANNBERG 1324-1325 •Grosso aquilino Argento ฀ g. 1,45 ø mm. 20 D/ + .PADVA * REGIA Aquila spiegata a sinistra, volta a destra R/ CI VI TA ° S ^ ^ Croce intersecante la leggenda Rizzoli P 9 R5 ENGELMAR VILLANDERS 1323-1328 •Grosso aquilino Argento ฀ g. 1,36 ø mm. 20 D/ + ^PADVA * REGIA ^ Aquila spiegata a sinistra, volta a destra R/ CI VI TA ° S ^ ^ Croce intersecante la leggenda CNI 1/4 - Rizzolli & Perini pag. 66 R2 UBERTINO DA CARRARA 1338-1345 •Denaro piccolo Mistura ฀ g. 0,29 D/ + * CIVITAS * Nel campo V R/ + P A D V A Stella a sei raggi intersecante la leggenda CNI 1/2 - Rizzolli & Perini 3 ø mm. 12 R3 IACOPO II DA CARRARA 1345-1350 •Carrarino da 2 Soldi Argento ฀ g. 1,10 ø mm. 19 NC D/ * CI VI T’ * P AD’ . Croce filettata ed ornata intersecante la leggenda, accantonata ai due angoli superiori da :I: A: e nei due inferiori da due piccoli carri R/ * S * PSDO CIHVS * Santo nimbato e mitrato seduto di prospetto tiene nella destra un edificio turrito e nella sinistra il pastorale. A destra nel campo P o 3 o > CNI 1/20 - Rizzoli & Perini 4 - Zanetti, tav. XX, 12 Varianti: interpunzione ✿; pastorale accantonato o meno da puntini (2 o 3) 12 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL •Denaro piccolo Mistura ฀ g. 0,27 ø mm. 11 D/ + * CIVITAS * Nel campo I ornata R/ + P A D V A Stella a sei raggi intersecante la leggenda CNI 21/23 - Rizzoli & Perini 5 R IACOPINO e FRANCESCO I DA CARRARA 1350-1355 •Denaro piccolo Mistura ฀ g. 0,17 ø mm. 13 D/ + * CIVITAS * Carro R/ + P A D V A Stella a sei raggi intersecante la leggenda CNI 1 - Rizzoli & Perini R5 •Denaro piccolo Mistura ฀ g. 0,17 ø mm. 12 R5 D/ + S . D V A Stella a sei raggi intersecante la leggenda; sul raggio inferiore della stella in un piccolo cerchio vi è un carro R/ CIVITA Nel campo un carro CNI 2 - Rizzoli & Perini 7 FRANCESCO I DA CARRARA 1355-1388 •Ducato Oro ฀ g. 3,55 ø mm. 21 R5 D/ + FRANCISCI ° ° D ° CARRARIA ° Carro in doppia cornice di 4 archi e 2 archi acuti con 6 anelletti agli angoli R/ + CIVITAS ° * PADVA ° San Prosdocimo nimbato e mitrato in piedi di fronte, benedicente con la destra e con il pastorale nella sinistra, in cornice doppia di 4 archi e 4 angoli, accantonata da 8 anelletti CNI 1 •Carrarese da 4 Soldi Argento ฀ g. 1,90 ø mm. 21 R D/ ° F . D . KRARIA . PA ° ° DVE . E ° CETERA ° Carro fra le lettere F F in doppia cornice di 4 archi e 2 archi acuti, anellino nei due angoli centrali esterni R/ . S . DANIE L . MAR ° TIR San Daniele in piedi di fronte con nimbo radiato, tiene nella destra la città e nella sinistra una banderuola con croce. Nel campo a destra N CNI 2/18 - Rizzoli & Perini 9 Varianti: interpunzioni 13 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL •Carrarese da 4 Soldi Argento ฀ g. 1,85 ø mm. 21 R D/ FRA NCIS CI . D’CA RARIA Croce ornata accantonata da carro e croce pomata R/ ° SANTVS ° P ROSDOCIMVS Santo nimbato e mitrato, in piedi di fronte. Vaso nella destra e pastorale nella sinistra CNI 19/27 - Rizzoli & Perini 10 Varianti: interpunzioni •Carrarino da 2 Soldi Argento ฀ g. 0,85 ø mm. 17 R4 D/ FRANCISCI . D’CARARIA Carro R/ S . DANI EL . MARTIR Santo nimbato in piedi di fronte. Città nella destra e banderuola nella sinistra CNI 28/34 - Rizzoli & Perini 11 Varianti: R/ SANTVS DANIEL; MARTIR •Carrarino da 2 Soldi Argento ฀ g. 0,96 ø mm. 18 R D/ . FRANCISCI . DE : CARARIA . Carro fra lettere F F R/ @ : S : PROS DOCIMVS @ Santo nimbato e mitrato, in piedi di fronte, benedicente e con pastorale. Ai lati sigla CNI 35/62 - Rizzoli & Perini 12 zecchieri: N I, Nicolò Compagni; P, Pietro Dall'olio; BZ, Zuanne Dell'Argento •Soldo Argento ฀ g. 0,50 ø mm. 16 D/ + FRAN . DE . ChARARIA . Carro R/ CI VI PAD VA Croce patente intersecante la leggenda CNI 63/66 - Rizzoli & Perini 13 14 R3 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL •Denaro piccolo scodellato Mistura ฀ g. 0,37 ø mm. 13 D/ + * CIVITAS * Nel campo grande F gotica R/ .+. P A D V A Grande stella a sei raggi intersecante la leggenda CNI 67/78 - Rizzoli & Perini 14 NC •Sestino R3 Mistura ฀ g. 0,97 ø mm. 16 D/ + °C°I°V°I°T°A°S° Testa virile con capelli ricci volta a sinistra R/ + * P * A * D * V * A * Nel campo F gotica CNI 37/41 - Rizzoli & Perini 22 Varianti: D/ “T” di CIVITAS di diverso stile ฀ •Quattrino da 2 denari Mistura ฀ g. 0,85 ø mm. 16 D/ + * P * A * D * V * Nel campo A gotica (accantonata o meno da punti) R/ + * CIVITAS * o + * CIVITAS° Croce patente con otto globetti CNI 42/45 - Rizzoli & Perini 24 C Varianti: D/ “T” di CIVITAS di diverso stile •Quattrino da 4 denari Mistura ฀ g. 0,85 ø mm. 17 R2 D/ .FRANCISCI ⓞ D . CARARIA Cometa con croce patente R/ SANTA ⓞ IVSTINA ⓞ Mezza figura della Santa col capo nimbato e coronato tiene il Vangelo ed una palma CNI 31/36 - Rizzoli & Perini 21 Varianti: interpunzione ✶ GALEAZZO VISCONTI 1388-1390 •Denaro Mistura ฀ g. 0,65 ø mm. 17 R2 D/ +• COMES • VIRTVTVM • Croce gigliata R/ +.MELI • PADVE • 3C' o ...MLI...Nel campo G Z sormontato da segno di abbreviazione Rizzoli & Perini 16 15 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL FRANCESCO II DA CARRARA 1390-1405 Argento ฀ g. 0,87 ø mm. 17 R2 D/ . FRANCISCI . DE . CARARIA . Carro fra iniziali F °I° R/ @ S : PROS DOCIMVS Santo nimbato e mitrato, benedicente, in piedi di fronte. Pastorale nella sinistra. Nel campo a destra sigla CNI 1/18 - Rizzoli & Perini 17 •Carrarino da 2 Soldi •zecchieri: I, Jacopo di Zeri; P, Pietro Dall'olio; 3, Zuanne Dell'Argento Varianti: interpunzione ∘ ; ◎ ; : Argento ฀ g. 0,85 ø mm. 19 UNICO D/ . FRANCISCI . DE . CARARIA . Carro fra iniziali F °I° R/ ° SANTVS ° ANTONI ° Santo nimbato, in piedi di fronte, nella destra un giglio e nella sinistra Vangelo. Ai lati .V. .N. CNI 19 - Rizzoli & Perini 18 •Carrarino da 2 Soldi •Soldo Argento ฀ g. 0,45 D/ : FRANCISCI . DE . CARARIA Carro R/ + CIVITAS * PADVE Croce gigliata CNI 20 - Rizzoli & Perini 19 •Soldo Argento ฀ g. 0,45 ø mm. 15 D/ + FRANCISCI D : CARARIA . Aquila spiegata volta a sinistra R/ SANTVS ANTONIV Santo nimbato di fronte con giglio e Vangelo UNICO •Sestino Mistura ฀ g. 0,85 ø mm. 17 D/ . FRANCISCI . D CARARIA o …DE... Cometa con croce patente R/ ✿ CIVITAS : PADVE Croce fiorata o ♠ CNI 22/30 - Rizzoli & Perini 20 R3 ø mm. 15 •Denaro piccolo Mistura ฀ g. 0,45 ø mm. 13 D/ + * CIVITAS * Nel campo F gotica R/ + P A D V A Stella a sei raggi intersecante la leggenda CNI 46/47 - Rizzoli & Perini 23 R5 R •Denaro piccolo Mistura ฀ g. 0,18 ø mm. 10 R2 D/ + CIVITAS ° Rosa a sette foglie R/ + . P . A . D . V . A Scudo rotondo con tre onde CNI 48/50 - Rizzoli & Perini 15 (erroneamente attribuiti a Francesco I da Carrara) Da: "Catalogo delle monete medievali del Triveneto" di Andrea Keber. 16 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL IL BISCIONE DI MILANO CON UNA CORONA CHE VA E VIENE… TRA LEGITTIMAZIONI E RIVENDICAZIONI di MARIO LIMIDO Il biscione nella monetazione dei Visconti lo troviamo in modo evidente nel campo della moneta a partire da Bernabò e Galeazzo II Visconti (1354 -1378), assume e manterrà nel tempo una immobilizzazione simbolica, segno di continuità, tradizione e identità1. Si presenta nei Grossi e nei Sesini con sei spire avvolgenti che tendono ad ampliarsi verso l’alto, nelle fauci è presente la figura di un fanciullo, ai lati sono presenti le iniziali B e G dei Signori, il tutto entro una cornice che la contiene con agli angoli della stessa dei segni identificativi di emissione quali rosette, stellette, tre piccoli cerchietti o un cerchio più grande con punto centrale interno. Bernabò e Galeazzo II Visconti ( 1354 – 1378 ) – grosso da 2 soldi Prov. NAC 68 È a capo scoperto anche se in una serie già con Bernabò e Galeazzo II compare un’aquila ad ali spiegate sulla sua parte superiore che riduce di fatto lo spazio disponibile per la biscia viscontea, un evidente richiamo verso l’autorità imperiale. 1 In realtà, come solo segno di interpunzione, il biscione compare già nei Denari di Azzone Visconti e in un unicum in legenda di un Fiorino dello stesso Azzone Visconti. 17 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Bernabò e Galeazzo II Visconti ( 1354 – 1378 ) – pegione o grosso da un soldo e mezzo – Asta BERTOLAMI 54 Infatti, il 20 dicembre 1354, l’Imperatore Carlo IV scende in Italia, si fa incoronare e concede il vicariato imperiale ai Signori di Milano. In cambio l’Imperatore riceve centocinquantamila Fiorini ma le concessioni imperiali si estendono dai possedimenti personali dei Visconti stessi fino alle terre dell’Impero rette da essi. L’aquila imperiale posta sul capo del biscione è emblematica e simbolica come segno del potere imperiale e vuole raffigurare i rapporti e i legami esistenti tra l’Impero e i Visconti. Anche nella monetazione col solo Bernabò Visconti abbiamo una moneta che ha sul capo della biscia viscontea l’aquila imperiale. Si tratta del Fiorino, moneta in oro, che probabilmente veniva usata per importanti transazioni e che portava agli utilizzatori un messaggio delle concessioni fatte ai Signori di Milano da parte dell’Imperatore. Nel 1395 avviene un fatto importante e fondamentale che inciderà negli anni successivi sull’iconografia monetale della biscia viscontea. L’11 maggio 1395, dietro il pagamento di centomila fiorini d’oro, l’Imperatore Venceslao concede a Gian Galeazzo Visconti il titolo ducale; il 5 settembre 1395, con una solenne cerimonia, avviene l’incoronazione in Piazza Sant’Ambrogio2. Il titolo permette anche il diritto di trasmissione del privilegio al figlio primogenito e ai suoi eredi e, in mancanza, al figlio secondogenito. Gian Galeazzo ottiene tra l’altro il permesso di inquartare nel suo stemma l’aquila imperiale che si accompagnerà con la biscia viscontea, uno stemma che diventa un mix tra identità, potere e autorità imperiale, un legame tra casa imperiale e il Signore di Milano. 2 Crippa 1986 18 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Gian Galeazzo, già da quel momento, potrebbe utilizzare sulle monete il simbolo della corona e il titolo di DVX in legenda, ma in realtà aspetta… Aspetta perché probabilmente non lo ritiene opportuno e funzionale al momento, in animo c’era il progetto di unificare in un Regno tutti i territori conquistati spingendosi fino a Roma con Milano capitale. Non accade così, anche perché ci sono manovre monetarie in quegli anni che condizionano e non rendono opportuno questo, la corona sopra il biscione viene posticipata ed utilizzata qualche anno dopo da Giovanni Maria Visconti nelle sue monete. Gian Galeazzo non utilizza subito il simbolo della corona, però il capo della biscia incomincia a coprirsi….con tre cerchietti, con un cerchietto grande…. Qualche anno dopo, dal 1402 in avanti, sarà Giovanni Maria Visconti a portare nella sua monetazione la corona sulla testa del biscione. Giovanni è legittimato e la situazione, rispetto a quella che viveva Gian Galeazzo, è cambiata decisamente. Gian Galeazzo pensava ad espandersi, Giovanni Maria pensa a difendere e a non perdere troppi dei suoi territori, è il momento di utilizzare il titolo anche come monito e prestigio acquisito. Giovanni Maria Visconti (1402–1412) – Pegione o Grosso da un Soldo e mezzo Asta RANIERI 12 Giovanni Maria Visconti mette la corona nella serie dei Grossi, nel Soldo, nel Bissolo; da questo momento in avanti, la corona diventa una costante che continuerà nel tempo con qualche eccezione e che verrà utilizzata, passato il periodo degli usurpatori Gian Carlo ed 19 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Estore Visconti che comunque la utilizzeranno anch’essi, anche da Filippo Maria Visconti nel Grosso da 2 Soldi e nel Sesino. D’altronde i Visconti possono e sono legittimati, la corona è un loro diritto acquisito e da mostrare e qual miglior modo se non mostrarlo nelle loro monete, monete che da sempre sono il veicolo migliore e più semplice di propaganda?... Il quadro, passato il periodo della Repubblica Ambrosiana, cambia completamente con l’avvento degli Sforza. Filippo Maria Visconti era morto senza eredi, di fatto viene a cadere la legittimazione imperiale viscontea e il diritto imperiale ritorna all’Imperatore. La situazione politica, militare e finanziaria imperiale è però cambiata, il potere e il diritto è in realtà ormai indebolito, potrebbe l’Imperatore rivendicarlo, opporsi, ma preferisce di fatto non fare grosse resistenze. Gli Sforza incutono timore e rispetto e la situazione non si sbloccherà anche se gli Sforza tentano più volte di ottenere l’effettiva legittimazione. Così sarà fino a quando Ludovico il Moro, nel 1494, avrà la concessione imperiale che sfocerà nella cerimonia ufficiale d’investitura del 1495. Gli Sforza, a partire da Francesco I, giocano con questo contesto, cercano l’investitura, non la ottengono, probabilmente ha un costo reale enorme per loro e anche questo non basterà... ci vogliono diplomazia, accordi, intrecci che solo Ludovico invece metterà in atto… riuscendo poi a ottenerla. E quindi, probabilmente, tutto questo si riflette anche sulle monete, anche quelle col biscione, di fatto gli Sforza non possono mettere la corona sul biscione però su alcune monete lo fanno. Un voler forzare la situazione, un voler sentirsi comunque legittimati per la parentela con l’ultimo Visconti, una situazione che comunque faceva comodo in quel momento particolare al potere imperiale, che di fatto non concede perché probabilmente non ne vede la convenienza, ma poi lascia anche fare… forse un mix di tutto questo, d’altronde anche gli Sforza nello scacchiere dell’epoca, rivestono la loro importanza e vengono comunque considerati. Con gli Sforza è il ritratto a diventare il simbolo monetale per eccellenza, il busto di Francesco I diventa un esempio rinascimentale dove il culto della personalità, del potere, dell’autorità viene esposto sia per apparire che per propaganda per gli altri Stati e per gli utilizzatori. Ma il biscione compare comunque non nelle monete più prestigiose ma nelle monete più di uso corrente, ad uso interno come il Soldo, il Sesino, il Denaro. E il biscione risulta coronato… 20 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Francesco I Sforza (1450–1466) – Soldo – Asta BERTOLAMI 54 Si gioca sull’ambiguità di tutto questo, in un Grosso di Francesco I, le iniziali F S ai lati dello scudo non sono coronate, in altra tipologia lo sono… Altrettanto nel Sesino, normalmente il biscione è coronato, in una varietà no… Galeazzo Maria Sforza e Bianca Maria Visconti (1466–1468) – Sesino Asta BERTOLAMI 54 È emblematico che tutto questo accada in monete da circolazioni interna, spesso moneta spicciola, forse Francesco osa di più dove il controllo è minore e tutto sommato gli interessa forse di più far vedere al suo popolo che ai potentati esterni che potrebbero giustamente eccepire. Si ripete un po’ lo schema anche con la monetazione successiva di Galeazzo Maria Sforza e Bianca Maria Visconti con Soldi, Sesini, Denari. Ma Galeazzo Maria Sforza forza invece di più la situazione, visti i numerosi tentativi mancati di avere la legittimazione imperiale, mette il biscione coronato oltre che in monete come il Grosso da 5 Soldi, il Sesino e il Denaro, anche col Testone, dove il biscio= 21 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL ne è anche coronato e compare entro lo scudetto al rovescio della moneta in una varietà decisamente più rara di quella senza corona. Il Testone è una moneta innovativa e di valore pari a 240 Denari imperiali, lo Sforza tenta di concretizzare con la Lira quella che da Carlo Magno è ritenuta l’unità di conto e a cui le monete si rapportano3. Questo avviene all’interno della riforma monetaria voluta da Galeazzo Maria Sforza nel 1474 che sblocca una situazione di grave crisi finanziaria del ducato. La domanda che ci si pone è perché anche in una varietà di una moneta importante, utilizzata anche in scambi importanti, abbiamo l’uso del biscione coronato? Galeazzo Maria Sforza (1468–1476) – Testone – Asta CNG 103 Potrebbero esserci molte ipotesi, forse una serie post riforma dal 1474 in avanti, forse una idea che viene interrotta dalla sua morte repentina, forse semplicemente un tentativo poi interrotto perché palesemente troppo pericoloso ed evidente se fatto in una moneta di questo tipo. Comunque sia, il biscione coronato lo troveremo anche in una emissione speciale di Galeazzo Maria Sforza con dei Testoni ad alto spessore, che probabilmente non circolarono mai, ma furono emissioni per regalia per personaggi importanti dell’epoca su cui Galeazzo voleva far leva e colpo, diciamo dei doni speciali di pura ostentazione. 3 Cipolla 1975 22 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL D’altronde la storia monetale degli Sforza si basa su ostentazione, stupore, potere, immagine e certamente anche su una certa dose di voler forzare le situazioni appunto tra legittimazioni presunte e rivendicazioni delle stesse… Paradossalmente, quando Ludovico il Moro ottiene la legittimazione imperiale già dal 1494 (anche se la usa solo dal 1495), vengono a mancare monete col biscione coronato tranne che per un rarissimo Denaro conosciuto in soli sei esemplari. Punta molto sul Testone, moneta di forte impatto iconografico, dove si prende per lui tutta la scena col busto dai tratti fieri e autorevoli al diritto. Lo scenario è però mutato ancora, l’officina monetaria milanese è in grave crisi finanziaria e c’è la mancanza di metalli a disposizione. La zecca milanese entra in una fase decisamente involutiva e di decadenza. Nel contempo Ludovico ha a disposizione solo un breve periodo in cui esercita la funzione di Duca a Milano nel quale però lascia indubbiamente, anche se i giudizi saranno poi contrastanti, un segno importante sulla città milanese. Il biscione si configura indubbiamente nel periodo monetale visconteo e sforzesco come uno dei simboli dell’identità, della storia e della zecca milanese, a volte coronato, a volte no. Si distinguono nel tempo tre raffigurazioni principali, una a tutto campo dove il biscione è il protagonista indiscusso della moneta con ai lati le iniziali dei Signori, in questo caso è simbolo dell’identità e del Signore; un’altra dove compare all’interno dello scudo inquartato insieme all’aquila, in questo secondo caso abbiamo i due poteri uniti, quello imperiale e quello cittadino, Impero e Visconti o Sforza insieme; nel terzo caso, quello del Testone, lo troviamo nello scudetto al rovescio e il richiamo all’identità cittadina è sovrastata, però, dall’immagine del busto del Duca. Filippo Maria Visconti (1412–1447) – Grosso da 2 Soldi –Asta RANIERI 7 23 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Quindi tre rappresentazioni distinte, differenti a livello di iconografia, ma anche di simbologia e di messaggio che dovevano dare agli utilizzatori. Come abbiamo visto in tutto questo, giocarono e incisero tanti fattori, storie di legittimazioni e rivendicazioni, storia e monete ancora una volta insieme… come sempre… Si ringrazia per la preziosa collaborazione l’amico numismatico Mario Cigada BIBLIOGRAFIA: CANTU’ 1974 = Cesare Cantù, Storia di Milano e la sua provincia, Bornato in Franciacorta (Brescia) 1974 CHIARAVALLE 1983 = Maila Chiaravalle, La zecca e le monete di Milano, Catalogo della Mostra, Milano 1983 CIPOLLA 1975 = Carlo Maria Cipolla, Le avventure della lira, Bologna 1975 CNI V, AA.VV. 1914 = Corpus Nummorum Italicorum, VOL.V, LOMBARDIA (MILANO), Roma 1914 CRIPPA 1986 = Carlo Crippa, Le monete di Milano dai Visconti agli Sforza dal 1329 al 1535, Milano 1986 LIMIDO 2016 = Mario Limido, Milano raccontata dalle sue monete e medaglie, Leipzig 2016 LOPEZ 2013 = Guido Lopez, I Signori di Milano dai Visconti agli Sforza, Ariccia (Roma) 2013 TOFFANIN 2013 = Alessandro Toffanin, Monete Italiane Regionali, Milano, Pavia 2013 TRAVAINI 2007 = Lucia Travaini, Monete e storia nell’Italia Medievale, Roma 2007 TRAVAINI 2013 = Lucia Travaini, I capelli di Carlo il Calvo. Indagine sul ritratto monetale nell’Europa Medievale, Roma 2013 Ludovico il Moro, ritratto nella Pala Sforzesca, conservata nella Pinacoteca di Brera (MI). 24 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL I BRONZI 1861 DI MILANO di APOSTOLO NUMISMATICO I centesimi della zecca di Milano - collezione privata Se l'Unità d'Italia ebbe politicamente un processo turbolento, non da meno fu l'unificazione del sistema monetario. Dal 1859 fino alla metà del 1861 si dovette mediare fra gli entusiasmi e le necessità nati dall'annessione al Regno di Sardegna di altri Stati della penisola italiana con le consolidate consuetudini monetarie locali. In un paese che non aveva più trovato una continuità geografica fin dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, era pressante la necessità di superare la presenza di sistemi monetari con una circolazione metallica a base diversa. La morte del conte di Cavour (6 giugno 1861), complicò, se possibile, ancor più il passaggio ad un sistema monetario univoco. Tuttavia, il nuovo parlamento - finalmente italiano - con legge n°73 del 30 giugno 1861 dispose il ritiro delle monete ancora circolanti sostituite con le monete piemontesi e quelle del Re eletto, dapprima in Emilia, Marche e Umbria e poi in tutte le province del Regno. A partire dal 16 agosto cessavano di avere corso legale anche le vecchie monete del Regno lombardo-veneto, mentre qualche giorno prima (1° agosto) erano state immesse in circolazione le nuove monete di bronzo del Regno d'Italia nelle tre le pezze da 5, 2 ed 1 centesimo coniate nella zecca di Milano per un totale di 102.484.3351 esemplari. Sempre in questa zecca, l'anno successivo con ancora millesimo 1861, furono approntati altri 171.735.665 di pezzi. Nelle pagine seguenti, una delle tante copie distribuite alla popolazione per far conoscere il Regio Decreto che stabiliva l'introduzione dei nuovi Bronzi di Milano. ________________________________________________________________________________ 1 a Montenegro 2015 30 edizione. 25 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL 26 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL 27 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL 28 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL 29 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL IL BOLOGNINO DI TAGLIACOZZO di REALINO SANTONE Oggetto del presente articolo è una delle monete più rare coniate in Abruzzo nel XV secolo. Tagliacozzo anticamente abitata dai Marsi, divenne un centro importante nel medioevo. Nel 1239 era feudo dei De Pontibus, si ricorda la celebre battaglia di Tagliacozzo 23 agosto 1268 (750 anni fa) combattuta nella zona dei Piani Palentini, tra Corradino di Svevia e Carlo I D'Angiò. La morte di Corradino segna infatti la caduta degli Hohenstaufen dal trono imperiale e dal regno di Sicilia, aprendo alla nuova dominazione angioina. Il feudo passò alla famiglia Orsini con il matrimonio tra una De Pontibus e Napoleone Orsini. Asta numismatica ARS CLASSICA 90 D/ ° ALEXADR PP ° V ° ; busto del pontefice con giglio sul petto. R/ + ° TALIACOZO ° * ° ; lettere TALC a croce intorno a globetto. argento epoca : 1409 - 1410 rarità : RRR C.N.I. 1 ; D.A. 1 ; G.F. 119 ; M.I.R. 797. 30 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Nel 1409 Papa Alessandro V sancì, con una bolla pontificia, che il feudo passasse dal Regno di Napoli allo Stato Pontificio, confermandone la titolarità al Conte Giacomo Orsini. Proprio in questo periodo vennero coniati i bolognini in argento, ad oggi non si conosco documenti sulla concessione di zecca. La città rimase sotto il controllo della famiglia Orsini fino al 1497 quando venne assegnata dal Papa ai Colonna. BIBLIOGRAFIA : CNI vol. XVIII - Corpus Nummorum Italicorum, Italia continentale, Zecche minori, vol. XVIII , Roma 1939 . Chimienti e Rapposelli - M. Chimienti e F. Rapposelli, Monete Italiane Regionali,Edizioni Numismatica Varesi, Pavia 2013. D'Andrea e Andreani - A. D'Andrea e C. Andreani, Le monete dell'Abruzzo e del Molise, Mosciano 2007. Giuliani e Fabrizi - A. Giuliani e D. Fabrizi , Le monete degli angioini in Italia meridionale, catalogo monetario, Acquaviva Picena 2015 . BRICIOLE NUMISMATICHE 31 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL I CONFINI DELLA NUMISMATICA di VINICIO TRAMONTI Questo piccolo spazio divulgativo ha l’intento di provare ad esplorare quegli ambiti nei quali l’occuparsi in modo leggero – e tuttavia non banale – di monete significa, contemporaneamente, andare a toccare i settori dell’arte, della lingua e della letteratura, della religione, del cinema, dell’antropologia, della storia (ovviamente) e di volta in volta di tanti altri. È chiaro che, in questo contesto, si può fare solo a livello di accenni e senza un approfondimento particolare; pertanto, destinatari ideali di questa piccola rubrica sono soprattutto i neofiti, coloro cioè che muovono i primi passi nel mondo affascinante di monete, medaglie, banconote. Tuttavia, si sa che per alimentare o per tener vivo il fuoco della passione occorrono non solo i grossi ceppi, ma anche i piccoli legnetti. È con tale spirito, allora, che si consegnano queste righe a tutti i lettori del Gazzettino, con l’auspicio di incuriosire i più inesperti, così magari da spingerli a volerne sapere di più e sperando di gratificare, in ogni caso, anche i più "navigati". In omaggio al nome di questa Rivista, per la sezione Numismatica e parole di tutti i giorni, si è partiti col ricordo del legame tra le Gazzette veneziane e il nome di molti giornali. Per quella di Numismatica e proverbi si è poi riportato un detto che cita lo stesso nominale. Per concludere, si è rimasti in tema ‘Venezia’ anche con l’argomento Curiosità e numismatica amena. NUMISMATICA E PAROLE DI TUTTI I GIORNI Gazzetta Alcuni giornali conservano nel loro titolo la parola Gazzetta: gli sportivi italiani, ad esempio, possono leggere quella dello Sport; i pugliesi sono affezionati lettori di quella del Mezzogiorno; tutti noi possiamo prendere visione di leggi, decreti, altre norme, concorsi, ecc... sulla G. Ufficiale e così via. Fino al XVIII secolo, il termine Gazzetta era preferito genericamente a quello di "giornale"(l’uso di quest’ultimo è invece prevalso successivamente) proprio per definire un foglio periodico informativo con notizie di vario genere. Ma da dove deriva il nome Gazzetta, il cui diminutivo è… Gazzettino? Non tutti sanno che un giornale stampato a Venezia nel XVII secolo si chiamava Gazeta dele novità il quale, a sua volta, prendeva il nome dal proprio… costo: 2 Soldi. 32 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Sempre a Venezia, infatti, nel 1539 (durante il dogato di Pietro Lando) era stata emessa per la prima volta una moneta del valore di 2 Soldi, detta appunto Gazzetta: era in bassa lega e raffigurava i tipi del Leone al dritto, con legenda SANCTVS MARCVS VENETVS, e della Giustizia seduta al rovescio, col motto DILIGITE IVSTITIAM. Motivo principale dell’emissione fu quello di supplire alla scarsità di moneta spicciola per le transazioni minute. Furono poi successivamente coniati anche multipli da 2, 3, 4 (detto Grossetto) e da 10 (Lirone o Lirazza). Delle Gazzette così scrive Nicolò Papadopoli: «Il pezzo da 2 Soldi non può essere se non quello anonimo con la figura della Giustizia, il quale, col nome di Gazzetta, continuò ad essere battuto dalla Zecca veneziana per oltre un secolo e di cui si conoscono infiniti esemplari variati, dove lo stesso tipo è riprodotto con diverso stile e carattere secondo le epoche».4 Le Gazzette, battute anche con tipi diversi, e i loro multipli rimasero in circolazione fino al 1722. Venezia, monetazione anonima per i domini, sec. XVI. Gazzetta o 2 Soldi. Mi gr. 0,74 Leone di S. Marco nimbato. Rv. La Giustizia seduta tra due leoni. Ex Asta RANIERI 6, Lotto 930 (ingr.). NUMISMATICA E PROVERBI Tutto si fa colle gazzette (come a dire: niente è impossibile se hai denaro a sufficienza per provvedere; oppure: per far qualsiasi cosa occorre denaro) 4 Le monete di Venezia descritte ed illustrate da Nicolò Papadopoli Aldobrandini coi disegni di C. Kunz. Parte II: Da Nicolò Tron a Marino Grimani 1472-1605, Venezia, Tipografia Libreria Emiliana, 1907 (cit. da p. 176). 33 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL CURIOSITÀ E NUMISMATICA AMENA Quando il Ponte di Rialto si chiamava "Ponte della… moneta" Il nome del primo ponte vero e proprio costruito a Rialto, realizzato tutto in legno, era "Ponte della Moneta". Il motivo ce lo spiega Andrea Dandolo, 54° Doge dal 1343 al 1354, che nel suo Chronicon data l’evento della costruzione al 1264 – durante il dogato di Reniero Zeno (1253-1268) – ricordandolo con queste parole: «Civitas quoque Rivoaltina, quæ mediatione Canalis hactenus divisa fuerat, nunc ex lignei pontis constructione unita est, et appellatus est Pons ille de Moneta, quia priusquam factus esset, transeuntes monetam unam vocatam Quartarolum valoris quartæ partis unius denarii veneti nautis exolvebant» (La città Rivoaltina, fino a quel tempo divisa nel mezzo dal canale, fu allora unita dalla costruzione di un ponte di legno, ponte che fu detto quello della Moneta perché, prima che fosse costruito, coloro che attraversavano pagavano ai traghettatori una moneta chiamata Quartarolo del valore della quarta parte di un Denaro veneto). Il Quartarolo era una piccola moneta del valore appunto di un quarto di Denaro; fu coniata in mistura, per primo dal Doge Enrico Dandolo (1192-1205) e pesava meno di 1 grammo. Nelle immagini il disegno di un Quartarolo di Enrico Dandolo tratto dal vol.1 del Papadopoli5 e la foto di un esemplare battuto al tempo della costruzione del ponte, quindi sotto Reniero Zeno. A sin.: Enrico Dandolo doge XLI, 1192-1205. Quartarolo, Mi gr. 0,776 + E D ADVLO DVX. Nel campo lettere V N C E disposte a croce. Rv. + S MARCVS Croce accantonata da 4 gigli A destra: Ranieri Zeno doge XLV, 1253-1268. Quartarolo, Mi gr.0,72 + RA GЄNO DVX. Nel campo lettere V N C E disposte a croce. Rv. + S MARCVS Croce patente accantonata da gigli. Ex Asta NAC 108, Lotto 39 (ingr.). Le monete di Venezia…, cit., (Parte I), Venezia, Ferdinando Ongania Editore, 1893, tav. V, n. 10. Descrizione moneta a p. 87. 5 34 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL IL RECENTE CAMBIO DI DRITTO NELLE MONETE DI SAN MARINO E DEL VATICANO di MIRCO TROMBINI Nel 2017 sono avvenuti due importanti cambi di lato nazionale – vale a dire, il dritto – delle monete per la circolazione ordinaria di due piccoli Stati dell’euro: la Repubblica di San Marino e lo Stato della Città del Vaticano. Nell’area italiana, sono stati i primi ad usufruire di questa possibilità offerta dalla normativa comunitaria, che consente ciò ogni quindici anni. Saranno esaminate nel dettaglio le scelte effettuate dai due Stati. La Repubblica di San Marino, dall’anno 2002, ha mantenuto sempre le medesime raffigurazioni sulle monete per la circolazione da 1 centesimo a 2 euro. Per tale Stato, infatti, non è stato possibile avvalersi delle disposizioni europee che consentono “aggiornamenti” di effigie nel caso di cambio dell’Autorità regnante, in quanto sulle monete sammarinesi – per la vigente forma di governo – non sono raffigurate queste personalità. Dall’anno citato, sulle monete della piccola Repubblica erano rappresentate: sulla moneta da 1 centesimo, la terza Torre (detta Montale); sulla moneta da 2 centesimi, la Statua della Libertà sammarinese; sulla moneta da 5 centesimi, la prima Torre; sulla moneta da 10 centesimi, la Basilica di San Marino; sulla moneta da 20 centesimi, la raffigurazione di San Marino; sulla moneta da 50 centesimi, un panorama delle tre Torri; sulla moneta da 1 euro, lo stemma della Repubblica e sulla moneta da 2 euro, il Palazzo Pubblico. Si tratta soprattutto di monumenti, immediatamente visibili da chi si reca sul posto, tanto da essere i simboli del territorio. Dopo quindici anni, nel 2017, si è deciso di utilizzare la possibilità offerta dalla normativa europea, che consente – trascorso il suddetto lasso di tempo – una modifica del dritto di tutte le monete per la circolazione ordinaria, indipendentemente da qualsiasi evento. La Repubblica di San Marino ha quindi intrapreso questo iter, con il Comitato tecnico artistico, organo della Repubblica istituito con la Legge 5 dicembre 2011 n. 188, il quale, in base al Decreto Delegato 25 aprile 2014 n. 64 è «composto da tre membri scelti fra soggetti aventi una comprovata preparazione culturale, una conoscenza delle dinamiche di mercato e del mondo del collezionismo e comunque competenze o esperienze funzionali al raggiungimento di buoni risultati di vendita e del rafforzamento del prestigio delle tradizioni filatelica e numismatica sammarinese a livello internazionale». Esso «[…] ha il compito di selezionare i temi oggetto delle emissioni filateliche e numismatiche». Dopo l’approvazione dei temi selezionati da parte del Congresso di Stato, è stato scelto il bozzettista maggiormente idoneo; in tal caso l’Artista tedesco Arno Ludwig. La Dirigente dell’UFN sammarinese, Dott.ssa Gioia Giardi, racconta che si è potuto ovviare all’inconveniente della lingua diversa (il Sig. Ludwig non parla italiano) grazie ad una loro funzionaria in grado di parlare tedesco. All’Artista sono state poi mostrate le im= 35 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL magini dalle quali ricavare i bozzetti, fotografie di monumenti sammarinesi meno conosciuti di quelli rappresentati in precedenza, allo scopo di maggior valorizzazione e promozione del territorio. Sono stati così rappresentati: sulla moneta da 1 centesimo, lo stemma della Repubblica; sulla moneta da 2 centesimi, la Porta di San Francesco; sulla moneta da 5 centesimi, la Chiesa dei Cappuccini; sulla moneta da 10 centesimi, la Chiesa di San Francesco; sulla moneta da 20 centesimi, un panorama delle tre Torri; sulla moneta da 50 centesimi, un ritratto di San Marino; sulla moneta da 1 euro, la seconda Torre, detta Cesta e sulla moneta da 2 euro, un ritratto di San Marino nell’atto di sostenere il Monte Titano. Le immagini delle nuove monete sammarinesi (per gentile concessione UFN San Marino) 36 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Per quanto riguarda la Città del Vaticano, oltre a cambi effettuati nel passato, si era recentemente verificato – con l’elezione di Papa Francesco – un cambio di faccia nell’anno successivo all’evento, il 2014, in quanto per il 2013 erano già state coniate le monete con Papa Benedetto XVI. Tali monete del 2014 recavano ovviamente l’effigie del Papa di recente elezione e sono state coniate fino al 2016. Per l’anno successivo, appunto il medesimo in cui anche la Repubblica di San Marino ha cambiato il proprio lato nazionale delle monete per la normale circolazione, Papa Francesco ha espresso il desiderio – reso noto ed ufficiale mediante una comunicazione della Segreteria di Stato – di non comparire più con il volto in qualsiasi emissione su tondello. La scelta è stata dettata da motivi connessi alla morale religiosa; l’immagine del Pontefice mal si concilierebbe con il mero denaro o con un materiale prezioso. Il soggetto sostitutivo scelto, quindi, è stato il suo stemma, il cui modello in gesso è stato realizzato dall’Artista Daniela Longo. Nonostante la già citata normativa europea che consente un cambio di dritto solamente trascorso il periodo di quindici anni, si è ugualmente proceduto alla coniazione delle nuove monete vaticane; è stato così possibile esaudire, grazie anche agli organi comunitari, il desiderio di Papa Francesco, realmente pieno di significato. Per quanto riguarda il lato artistico delle nuove monete vaticane, si deve innanzitutto ricordare che Daniela Longo è da tempo collaboratrice con il Vaticano ed ha realizzato – non solo nella monetazione in euro – opere molto apprezzate dai collezionisti; il suo rapporto con la Numismatica ha radici profonde e connesse ad un fatto emozionante. Racconta che «nel 2005, durante le esequie di San Giovanni Paolo II, il Maestro di cerimonie depositò nel feretro del Santo Padre alcune monete e medaglie emesse durante il suo Pontificato, tra le quali anche la mia prima moneta realizzata nel 2000 per commemorare il “bimillenario della Nascita di Gesù Cristo”. Contemporaneamente, sulla rivista specializzata Cronaca Numismatica, uscì un articolo che titolava “È Daniela Longo la mamma del bambinello in argento” e sempre negli stessi giorni venni a conoscenza di essere in attesa di mio figlio». Sul rapporto professionale con l’UFN del Vaticano, Daniela Longo riferisce: «gli artisti dell'UFN lavorano in stretta collaborazione con il Direttore Mauro Olivieri. Questo rapporto è fonte di scambio di idee, di informazioni, di passione. L'obiettivo è sempre quello di realizzare lavori di qualità, spaziando tra i vari temi, quelli classici o quelli specifici, oggetto della produzione filatelica e numismatica dell'Ufficio. Ogni volta affronto delle sfide per realizzare bozzetti che trasmettano contemporaneamente originalità, bellezza e immediatezza del messaggio. Il tutto concentrato nella piccola dimensione di un tondello. È un viaggio continuamente vivo e nuovo pur trattandosi sempre di monete». Durante la realizzazione della nuova divisionale, non vi sono particolari aneddoti, essendosi svolto il tutto in maniera ordinaria, ma sicuramente è stato come sempre un grande lavoro dell’Artista. Alcuni tagli delle nuove monete di San Marino e del Vaticano sono stati immessi nella circolazione ordinaria; oltre all’acquisto presso i rispettivi Uffici o tramite i commercianti delle serie complete, è stato e sarà quindi possibile ritrovarli – con grande stupore di collezionisti ed appassionati – nelle monete che quotidianamente ci possono capitare in mano. 37 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Il bozzetto della nuova moneta da 2 euro della Città del Vaticano (immagine gentilmente concessa da Daniela Longo) Si ringraziano: Dott.ssa Gioia Giardi (UFN San Marino), Dott. Mauro Olivieri (UFN Vaticano) e l’Artista Daniela Longo. 38 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL L'ARGENTO DEL NUOVO MONDO I Reali Maltagliati ribattuti in Sardegna da Filippo II e dai suoi successori di BENEDETTO MURA Dopo la scoperta del Nuovo Mondo da parte di Colombo nel 1492, la Spagna optò per una politica espansionistica nel continente Americano, i Conquistadores Hernàn Cortéz (1485-1547) e Francisco Pizarro (1475-1541) presero Tenocticlan (1521) e Cuzco (1533). Essi sottomisero le popolazioni degli Aztechi e degli Inca rispettivamente. Nel 1546, ci fu la capitolazione dei Maya, Il Regno di Spagna s'impadronì così di un vasto territorio che va dall'attuale Messico fin a buona parte del Sud America, con l'esclusione del Brasile di proprietà del Portogallo dopo il trattato di Tordesillas (1494), che sancì la spartizione del Mondo tra i due Imperi. Tutto questo diede il via ad un periodo di depredazione totale delle ricchezze di questi popoli, oro, argento e pietre preziose ed ogni altra tipologia di merci che potesse avere un valore commerciale. Queste risorse vennero subito accaparrate dagli Spagnoli ed inviate in Patria, ma tutto questo non sarebbe potuto durare a lungo, per il semplice motivo che prima o poi anche le ricchezze di questi popoli sarebbero finite e, soprattutto, l'oro e l'argento - che all'inizio affluivano copiosi - sarebbero terminati. Inoltre, questi ultimi, non sarebbero stati sufficienti a far diventare la Spagna quella superpotenza coloniale che poi divenne nei secoli successivi, infatti i primi quantitativi di oro e argento delle Americhe vennero usati sicuramente per le numerose guerre che Carlo V (1516-1556) dovette sostenere nello scenario Europeo e Mediterraneo nella prima metà del XVI secolo. Tutto cambiò con la scoperta di vari giacimenti d'argento, tra i quali quelli più importanti e ricchi furono a Potosì (1545) e Zacatecas (1546). questi avvenimenti fecero sì che il quantitativo d'argento che arrivò in Spagna aumentasse esponenzialmente. Nel 1556 Carlo V abdicò ed il suo immenso Impero fu diviso tra suo fratello Ferdinando I (15561564) che ereditò l'Austria ed il titolo del Sacro Romano Impero e suo figlio Filippo II (1556-1598) che ereditò la Spagna con tutti gli altri possedimenti Europei compreso il Regno di Sardegna ed il Ducato di Milano. Durante il regno di Filippo II l'argento che venne estratto dalle colonie arrivava nel porto di Siviglia, l'unico ad essere autorizzato a ricevere tutte le merci provenienti dalle Americhe, in due modi: 1) come moneta coniata nei due Vicereami, quello della Nuova Spagna e quello del Perù dove vennero aperte le Zecche di Città del Messico (1535) e di Potosì (1574-1575) oltre ad altre minori come Santo Domingo e Lima. 2) sotto forma di pani, per essere poi coniati in Spagna nelle varie Zecche, come a Segovia, Siviglia, Granada e Valladolid. Dopo la scoperta di alcuni ricchi giacimenti argentiferi nelle Alpi e nel nord Europa, si iniziarono a coniare le prime monete di grande spessore. Iniziò Venezia con la Lira Tron nel 1472 e poi Milano nel 1474 con il Testone di Galeazzo Maria Sforza. L'arciduca Sigismondo nel 1477 fece coniare due monete di grandi dimensioni, il Guldiner e l'Haldguldiner dal peso di circa 31,93 g. la prima e 15,96 g. la seconda. 39 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Nel 1528 Ferdinando d'Austria coniò una moneta di circa 26,39 g. chiamata Joachimsthaler, in seguito chiamata più comunemente Taler (Tallero). Tutte queste monete, presto riscossero un grande apprezzamento internazionale ed una straordinaria diffusione, differenziandosi da quelle medievali antecedenti che venivano battute su dei tondelli molto sottili. Ferdinando II d'Aragona (1479–1516) e Isabella di Castiglia (1474-1504), con due riforme monetarie nel 1475 e nel 1497, misero un po' di ordine nella caotica situazione monetaria Spagnola, ma la moneta rimaneva sempre di stampo medievale. Successivamente con real cedula del 1537 si iniziò la coniazione nella Zecca di Città del Messico di monete da 8, 4, 2, 1 e ½ Real. La moneta da 8 all'inizio non era ben vista, ma poi fu accettata e richiesta dai mercati per il suo conveniente peso, anch'essa di grosso modulo dal diametro irregolare del peso di circa 27,5 g. e si diffuse ben presto in tutto il mondo, accettata anche in Cina come unico mezzo di pagamento. Filippo II (1590) - Maltagliato da 8 Real in Argento 27,38 g. della zecca di Siviglia. D/Stemma coronato; R/Croce con le armi di Castiglia e Leon. Numismatica Ranieri S.r.l. - Asta 7 del 16 Novembre 2014 Queste monete, sotto Filippo II (1556-1598), arrivarono anche nel Regno di Sardegna. Rozze, mal coniate, tosate e quindi calanti di peso, non venivano ben accettate nelle varie transazioni a danno dell'economia isolana. Il Regio Consiglio, con deliberazioni del 15621563, decise che tali monete fossero accettate a peso: questa soluzione non poteva durare a lungo perché comportava la sensibile diminuzione del numerario circolante e praticamente riduceva la moneta al solo metallo, dato che la monetazione di tutte le zecche della Corona Spagnola dovevano avere la stessa lega argentea si decise di ritirarle e rifonderle per coniarne di nuove, di bell'aspetto e di buona lega, al taglio di Reali 10, 5, 3, 2 e 1. Questo fece sì che in circolazione si trovassero sia le nuove monete che quelle rozze e di bassa lega provenienti dai territori Spagnoli. Le prime furono tesaurizzate o esportate e le seconde rimasero in circolazione creando un danno all'economia del Regno Sardo. Il Regio Consiglio dovette cercare una soluzione che impedisse questa situazione, trovando il modo di ristabilire il numerario circolante, evitare la tesaurizzazione o l'esportazione ed allo stesso tempo doveva mantenere invariati i valori delle monete con quelli del resto della Corona Spagnola. L'unica soluzione a questi problemi, era quella di coniare nuove monete abbassando il loro valore intrinseco ma mantenendo le caratteristiche precedenti, 40 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL questo avrebbe comportato tutta una serie di provvedimenti che non avrebbero soddisfatto l'urgenza del momento, oltre ad una sensibile spesa per le nuove coniazioni. Il modo più pratico ed economico quindi, fu quello di procedere alla ribattitura dei pezzi da 8, 4 e 2 Reali per ottenere nominali da 10, 5 e 2½ di conio Sardo da poter immettere immediatamente in circolazione. Fu così che fecero la loro comparsa in Sardegna queste particolari monete chiamate "Patacconi", oggi conosciute come "Maltagliati" e che continuarono poi ad essere emesse anche negli anni avvenire. La coniazione di Maltagliati non si interruppe ed anche Filippo III (1598-1621) coniò questa tipologia di monete, nei nominali da 10 e 5 Reali. Per quanto riguarda il pezzo da 10 Reali, fino ad oggi sconosciuto, illustrato nell'articolo di Panorama Numismatico dell'Ottobre del 2017 da Adelaide Mura e Riccardo Rossi, è una moneta da 8 Reali di Filippo III con impronte di ribattitura dei 10 reali Sardi di Filippo II. La suddetta, alquanto inaspettata, infatti si sarebbe potuta immaginare più comunemente come una moneta da 8 Reali di Filippo III ribattuta con le impronte dello stesso sovrano mentre il pezzo originale è di Filippo III e la ribattitura è fatta con le impronte di Filippo II, la ragione di questo non è conosciuta, forse perché nella zecca di Cagliari non furono mai approntati conii per questa tipologia di moneta di Filippo III. Sta di fatto che viene trovata per la prima volta una moneta da 10 Reali Maltagliati ribattuta durante il Regno di Filippo III, colmando un vuoto nella serie coniata da questo sovrano. Filippo IV - 10 Reali Maltagliati - Argento g 27,09 - mm 45 - Zecca di Cagliari. D/: Busto coronato a destra – R/: Croce e quattro globetti. www.numisbids.com - Bertolami Fine Arts - auction 7 20-21 may 2013 Anche Filippo IV (1621-1665) continuò la coniazione di Maltagliati nei tagli da 10, 5, 2½ e 1 Reale: quello da 1 venne coniato per la prima volta. Durante il suo regno, nella zecca di Potosi tra il 1630 ed il 1650, con la complicità del personale operante nella stessa si ebbe una massiccia opera di "falsificazione" di monete (per falsificazione, qui si intende "coniare monete con una minore percentuale di argento") che ben presto si diffusero in tutti i mercati, tanto che in molte piazze vennero rifiutate. Per questo motivo, a Milano, con l'editto del 1648 si proibiva la circolazione dei Crosoni o Reali da 8 coniati in Perù e a Siviglia, che venivano introdotti da Genova. 41 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL L'ultimo a coniare maltagliati fu Carlo II (1665-1700) con i pezzi da 10 e 2 ½. Ormai, la maggior parte delle monete in circolazione erano tosate o comunque calanti di peso, per questo non accettate e si dovette intervenire; così, nel 1671, si decise la coniazione di nuove monete da 10 e 2 ½ con contorno regolare e con buone impronte, tramite l'uso di una pressa acquistata dalla zecca di Cagliari nel 1668. I Maltagliati Sardi, emessi inizialmente alla fine del Regno di Filippo II, fecero la loro comparsa per questioni pratiche ed economiche. Con l'avvicendamento dei Sovrani le cose non migliorarono e le coniazioni di questa tipologia di moneta continuarono nei vari tagli, aggravando la situazione dell'economia del Regno Sardo, finché - sempre per motivi economici - si ritenne necessario sostituirli. Queste monete non perfette, rozze, mal coniate e poi ribattute, nonostante non siano apprezzabili per la loro bellezza esteriore, hanno una loro affascinante storia che le rende particolari agli occhi di un appassionato di numismatica. Dedico questo mio articolo alla mia compagna Alessandra ed alla memoria di mia sorella Antonella Bibliografia Adelaide Mura, con la collaborazione di Riccardo Rossi - Una moneta inedita: 10 reali di Filippo II battuti sotto Filippo III – Pag. 29 – Panorama Numismatico Ottobre 2017 Antonio Lenza – Storia della moneta in Sardegna – Edizioni della Torre 2008 Carlo M. Cipolla – Conquistadores, pirati, mercatanti – il Mulino 2011 Enrico Piras – Le monete della Sardegna dal IV secolo A.C. Al 1842 – Stampacolor 1996 Enrico Piras – Manuale delle Monete medievali e moderne coniate in Sardegna – LSI 1980 Enrico Piras – Monete della Sardegna – Amministrazione Provinciale Sassari 1985 José Manuel Olivares – Acunaciones a martillo de dominio Espanol – 2015 Juan Montaner – Las monedas Espanolas a travers del tiempo – Expo Galeria 2007 Mariano Sollai – Monete coniate in Sardegna nel Medioevo e nell'evo moderno (1289-1813) – Ed. Gallazzi 1977 Mario Limido – Milano raccontata dalle sue monete e medaglie - 2016 Siti internet – www.lamoneta.it e www.Wikipedia.org BRICIOLE NUMISMATICHE 42 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL TOLLERO "LA FORTEZZA" - MONETAZIONE PER LIVORNO di RODOLFO CANTINI La prima raffigurazione iconografica della Fortezza Medicea di Livorno, apparve nel rovescio del Quarto di Tollero sotto la monetazione di Cosimo III nel 1683. Indicato come R2 in argento 920 e del peso di 6,2/6,9 grammi per un diametro di 25/26 mm. Nella raffigurazione del rovescio sopra la torre sinistra la bandiera e in alto centrale "FIDES". Al diritto il busto di Cosimo III coronato. Jan Frans van Douven (1656 –1727): ritratto di Cosimo III ( 1642 -  1723) L'altra espressione, definitiva, della Fortezza Medicea avvenne dal 1707 sino al 1726 sul Tollero in argento. Sotto Cosimo III: 1707 1708 1711 1717 1720 1723 R R R RR RR RRRR Cosimo III (1670-1723): Tollero d'argento del 1717 – ASTA VARESI 69, lotto 1501 43 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Al Diritto, il busto a testa nuda, con lunga capigliatura e data in basso. Al Rovescio, la Fortezza vecchia di Livorno, in alto grande la corona chiusa in basso "FIDES". Legenda al D/: COSMUS.III.D.G.MAG.DUX.ETRURIA EVI Legenda al R/: ET PATET ET FAVET L'iconografia al Rovescio raffigura la fortezza vecchia di Livorno sormontata da corona chiusa a distanza variabile dalle due torri con il motto ET PATET ET FAVET dove compare, sotto la terra della fortezza, fra due punti "FIDES". Stava a significare "favorisce ed è aperto" in palese riferimento al porto di Livorno. Nella monetazione di Cosimo III si osserva al diritto il Granduca senza la corona reale sul capo, bensì, sopra nel rovescio, la veduta dell'ingresso della fortezza vecchia di Livorno, che è l'arme della detta città con lettere FIDES e il motto intorno ET PATET ET FAVET del diametro di 41/42 mm e del peso di 26,2/27,70 in argento 920. Questo tollero per il Levante venne coniato a Firenze. Sotto Gian Gastone: 1723 1724 1725 1726 RRR RRRR RRRR RRRRR Gian Gastone (1723-1737): Tollero d'argento – HERITAGE AUCTIONS, lotto 32285 Al Diritto, il busto grande del Granduca a testa nuda con lunga capigliatura corazza liscia e data in basso. 44 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Al Rovescio, la fortezza vecchia di Livorno sormontata da corona che è a distanza variabile dalle due torri ET PATET ET FAVET ed in basso "FIDES". Legenda al D/: IOAN.GASTO.I.D.G.MAG.DUX.ETRUR .VII. Legenda al R/: ET PATET ET FAVET e anche qui dove compare, sotto la terra della fortezza, fra due punti "FIDES". Nel 1723, il Granduca, è raffigurato senza la maschera di Pan sul petto. Nel 1726, data più rara (R5), la testa è più piccola e l'intera composizione è come inclusa in un triangolo il cui vertice superiore risulta molto acuto; la data in basso. Nota di riferimento storico: Economicamente il Granducato continuava a sopravvivere solo grazie ai traffici sempre attivi dei mercanti che determinavano, con la loro richiesta, l'attività della zecca. Intensa la coniazione soprattutto nel campo delle monete per i mercati esteri, i conii molto probabilmente erano da attribuire a Massimiliano Soldani Benzi e altri Zecchieri; dal 1722 incomincia a lavorare, al fianco del Benzi come apprendista, anche Lorenzo Maria Weber. Il Tollero d'argento con l’impronta col porto rimase immutata nel tempo e continuò a diffondersi attraverso i commerci fino al 1706; dal 1707 invece, pur rimanendo inalterato nel peso e nella valuta, il Tollero cambia nell’iconografia raffigurando sul rovescio la fortezza di Livorno sormontata da corona regale chiusa in quanto Cosimo III nel 1691 aveva ottenuto dall'imperatore il "trattamento regio". " Il Granduca si rese al buono col fare limosine infinite ed altre opere pie sia in Firenze e per lo stato quanto in varie parti d'Europa, dell'Asia e dell'Africa e fino alle Indie, tutte cose sante e buone se tali limosine fatte l'avesse col suo denaro, ma facendole con quello dei poveri suoi sudditi, quali fino che visse taglieggiò di tale sorte, che gli premè affatto il sangue, con rovina irreparabile della negoziazione, che affatto è restata depressa e incagliata e tutti i suoi sudditi rovinati." [tratto da un manoscritto dell’epoca in “Dalla monetazione medicea. Le monete d’argento di grande modulo battute nelle zecche del Granducato di Toscana sotto la Signoria dei Medici“ di Gustavo Di Giulio] Nel 1723 Cosimo III morì dopo 53 anni di governo debole e tirannico e le sorti del suo regno sembravano ormaì già segnate e delineate da mire ambiziose di numerosi regnanti europeì. La Toscana, già fin dal 1735 (vivente ancora Gian Gastone) veniva concessa al Duca dei Lorena Francesco Stefano dal trattato di Vienna. Così avvenne il passaggio del Granducato non più alla Spagna, come doveva essere, ma alla casa dei Lorena. Con Gian Gastone, il Tollero d'argento con l'immagine della fortezza vecchia di Livorno sul rovescio introdotta nel 1706 da Cosimo III, raggiunse il suo massimo livello qualitativo per la ricchezza barocca e finezza d'incisione e continuò ad essere accolto con favore e a diffondersi sia nei mercati forestieri che nell'uso locale fin quando il suo corso venne abolito con i "Restritti Sovrani" il 26 Dicembre 1836 e il 17 Gennaio 1837. 45 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Particolare fortezza vecchia di Livorno – Collezione privata. BIBLIOGRAFIA: Gustavo Di Giulio - Dalla monetazione medicea. Le monete d’argento di grande modulo battute nelle zecche del Granducato di Toscana sotto la Signoria dei Medici - Milano 1984 Arrigo Galeotti - Le monete del Granducato di Toscana - Livorno 1929 Attilio Manzoni - Granducato di Toscana, Villa Fornaci - Milano 2001 Alessio Montagano - Monete Italiane Regionali, Toscana, zecche minori, Pavia Andrea Pucci - Le monete della Zecca di Firenze epoca Medicea, Cosimo III – Gian Gastone (1670 – 1737) 2008 46 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL LO STATERE DELLA RIFONDAZIONE di FEDERICO DE LUCA Sibari fu fondata tra il 720 e il 708 a.C. da Achei del Peloponneso guidati da Is di Elice, come riferisce Strabone (Strab. VI, 1, 13) e provenienti per lo più delle zone di Elice, Bura ed Ege. La zona prescelta per il nuovo insediamento fu un’ampia e fertile pianura compresa tra il fiume Crati e il fiume Sibari (attuale Coscile) affacciata sul golfo di Taranto. La colonia di Sibari, in breve tempo, divenne la meta di migranti provenienti anche da altre aree dell’Ellade, a cominciare dalla città di Trezene, antico centro dell’Argolide orientale. La popolazione che in precedenza viveva in quella zona (i Coni dalle origini greche) fu rapidamente integrata nel nuovo insediamento che divenne presto una grande e ricca polis. Tanto splendore era dovuto in massima parte alla ricchezza del territorio: una pianura fertilissima che produceva cereali in abbondanza, colline che si prestavano alla coltivazione della vite e montagne che fornivano legname, argento ed altri metalli, miele e lana. Pur non possedendo un buon porto, la città era situata accanto alla foce dei fiumi Sibari e Crati che all’epoca dovevano essere navigabili e ciò le permetteva i commerci per mare. Sibari divenne presto sinonimo di ricchezza, abbondanza e lusso ed era conosciuta anche come la città della tryphè (“lusso”, “mollezza”) in cui si tenevano interminabili banchetti, giochi in onore degli dei ed in cui vi era un vero e proprio culto della tranquillità: si pensi che proprio per garantire la tranquillità dei cittadini erano vietati i lavori rumorosi e perfino l’allevamento dei galli all’interno delle mura di Sibari. La potenza e l’opulenza raggiunta da Sibari è ben rappresentata da un episodio. Erodoto narra che Clistene, tiranno di Sicione (605-575 a.C. ca.), indisse una sorta di concorso per dare alla figlia Agariste un marito di rango adeguato a quello della città istmica che era una delle polis più potenti dell’epoca. Tra i pretendenti si presentarono anche il sibarita Smindiride, figlio di Ippocrate, “l’uomo che aveva raggiunto il massimo dell’opulenza (Sibari era a quei tempi al suo apogeo) e Damaso di Siri, figlio di Amiride detto il saggio” (Hdt. VI 127). Questa partecipazione non sfuggì a tutti gli scrittori che trattarono di Sibari e dei suoi logoi, racconti in chiave romanzata, perché il primo pretendente sibarita aveva al suo seguito uno stuolo di inservienti e schiavi di ogni genere (cuochi, uccellatori, pescatori, artigiani) tanto che avrebbe superato per magnificenza lo stesso potente tiranno di Sicione (Athen. XII, 7; Tim. FGrHist 566 F9; Aelian., v.h. IX 24; Seneca, de ira, II 25; Diod. VIII 19). Nel racconto degli autori antichi il ricco Smindiride diviene quasi il simbolo negativo dell’opulenza di una tra le città più potenti dell’epoca: il lusso sfrenato dei sibariti viene condannato come eccessivo e diventerà la causa della stessa distruzione di Sibari (Diod. XII 9; Strab. VI 1, 13, 263 c), come vedremo meglio in seguito. Gli altri Greci, oltre che dal lusso, erano impressionati anche dal suo carattere multirazziale di Sibari che continuò sempre ad accogliere migranti, prevalentemente italici, favorendone l’integrazione. 47 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Questa commistione di popoli a molte altre poleis risultava essere inammissibile e inconcepibile (Xen., Hell. V 2,12; Isoc. XIV 8); in particolare suscitava forte perplessità la concessione della cittadinanza a tutti i nuovi venuti, anche se privi di meriti particolari (Xen., Hell. V 2,12; Isoc. XIV 8). Questo ampliamento demografico indiscriminato e l’azzeramento di ogni differenza tra cittadini a pieno diritto e meteci, greci di madrepatria e indigeni ‘barbari’, tra città e chora, tra ceto commerciale-artigianale e ceto contadino, tra coloni e popolazione autoctona, scandalizzava gli uomini di cultura e i politici delle altre poleis e veniva giudicato come una vera e propria barbarizzazione. Ma questa politica di integrazione aveva per la società sibarita effetti assolutamente benefici perché assicurava una popolazione crescente, un continuo aumento del benessere sociale e un esercito potente e motivato. Questa apertura culturale verso l’altro era stata importata dalla regione d’origine dei coloni sibariti e fu ben compresa da Polibio secondo cui gli achei “non riservano privilegio alcuno ai suoi fondatori, ma concedendo assoluta parità di diritti a quanti di mano in mano si associavano, la lega achea ben presto raggiunse lo scopo prefisso con l’appoggio di due validissimi alleati: l’uguaglianza e la liberalità” (Pol. II 38, 8). Fig. 1: Le città della Magna Grecia rientranti nell’orbita di Sibari nel periodo del suo massimo splendore (VI secolo a.C.). L’esperienza politica sibarita, così, anticipò in tutto e per tutto la convivenza tra popoli diversissimi tra loro che si verificò sotto l’Impero Romano, come chiarito icasticamente nel trattato (riportato su una tavoletta bronzea rinvenuta ad Olimpia: cfr J. L. Lambole,yLes Grecs d'Occident, pag. 143))tra i Serdaioi, popolazione ancora da identifi= care e i Sibariti, in cui questi ultimi firmano non semplicemente come “i Sibariti”, ma come “i Sibariti ed i loro alleati (symmachoi)”. 48 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Oltre al trattato con i Serdaioi, un altro passo decisivo per conoscere quale fu la potenza raggiunta nel VI secolo a.C. da Sibari ce lo fornisce Strabone. Scrive, infatti, lo storico e geografo: «La città raggiunse anticamente tanta fortuna che esercitò il suo potere su quattro popoli vicini; ebbe assoggettate 25 città; inoltre con le sue abitazioni, riempiva tutt’intorno lungo il fiume Crati un cerchio di 50 stadi (= circa 9 km)» (Strab. VI 1, 13, 263C). Oltre all’inserimento dei Serdaioi tra i quattro popoli assoggettati o alleati, gli studiosi hanno tentato anche l’identificazione delle città rifacendosi ai celebri frammenti di Ecateo di Mileto (Ecat., FGrHist 1 FF 64-71), riportati in Stefano di Bisanzio, in cui sono enumerate alcuni pagi dell’Enotria (tra quelli identificati: Arinthe, Artemision, Erimon, Ixias, Menekine, Ninaia, Kyterion, Kossa, Melanios, Syberene), che si suppone egli conoscesse bene, visti gli stretti rapporti tra Sibari e Mileto. Ispirandosi a realtà orientali ad essa coeve e al patrimonio culturale eroico-omerico, Sibari aveva dato vita ad una sorta di impero con una struttura di potere di tipo piramidale che ad essa faceva capo, e con una organizzazione territoriale per “distretti”: la polis arrivò così a controllare un territorio che si estendeva a sud fino alla foce del fiume Traente, al confine con Crotone, e a nord fino alla piana del fiume Sinni e alla città di Metaponto; sul versante tirrenico, invece, la sua influenza arrivò fino a Temesa e Terina, tra le attuali Amantea e Lamezia Terme a Sud e fino a Poseidonia a Nord (vedi figura n.1). E per poter sostenere un volume così alto di traffici, la città italiota si dotò di una moneta propria che presenta al dritto un toro retrospiciente e al rovescio l’incuso del dritto (figura n.2); la legenda è quasi sempre riportata al dritto ed è  [MV]. Figura n.2: statere in argento (8.02 g) coniato a Sibari nel 540-520 a.C. circa. D: toro a sinistra con la testa girata a destra; in esergo MV = (). R.: incuso del diritto (Leu Numismatik AG (1991-2007), Auction 81, lot 25, 16/05/2001). 49 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Il sistema ponderale era basato sul piede acheo-corinzio. La prima attestazione delle monete di Sibari si ha nel tesoretto di Sambiase (CZ) che comprendeva una barretta di argento, 56 stateri sibariti (Classe A) e due monete corinzie (I periodo Ravel). Le monete di Corinto del tesoretto di Sambiase sono datate in un periodo compreso tra il 570/560 e il 515 a.C. e per il loro ottimo stato di conservazione, sono databili al 540 a.C. circa, per cui si può ipotizzare che la data del seppellimento risalga al 520 a.C. circa. 1 2 Figura n.3: N.1: statere in argento (7.48 g, 28 mm) coniato a Poseidonia nel 530-500 a.C. D: Poseidone che avanza verso destra brandendo un tridente con una clamide appoggiata sulle braccia: legenda: (). R: incuso del diritto (Roma Numismatics Limited, Auction 2, lot 27, 2/10/2011). N.2: statere in argento (7.78 g) coniato a Metaponto nel VI secolo a.C. D: spiga di grano; legenda META(). R.: incuso del diritto (UBS Gold & Numismatics, Auction 59, lot 4020, 27/01/2004). Questo rappresenta attualmente il dato più attendibile per la datazione della nascita della monetazione sibarita anche se basato su mere ipotesi. Ma monete che recavano al rovescio l’incuso del diritto furono coniate anche nelle altre città sottoposte al controllo di Sibari, come Poseidonia e Metaponto (figura n.3): l’adozione del sistema di coniazione incuso (negativo) da parte di tutte le città italiote è proprio la prova del carattere di lega o confederazione con tutte le città controllate della forma di potere instaurata da Sibari. Fu proprio per la sua politica espansionistica, evidentemente, che Sibari intorno al 520 a.C. entrò in conflitto con Crotone. La goccia che fece traboccare il vaso fu poi l’evoluzione “democratica” del regime sibarita, ad opera di Telys, l’ultimo tiranno di Sibari e del suo impero. Telys era un tiranno di stampo o estrazione democratica giunto al potere prima del 524 a.C. con una vera e propria rivoluzione, un sommovimento popolare, e quindi seguendo un percorso ben diverso da quello che in genere caratterizzava gli strategòi autokràtores (dictatores), che ottenevano il potere con un colpo di stato basato sul controllo militare, dopo aver ottenuto la carica. Il tiranno sibarita raggiunse il potere con l’appoggio del popolo e la sua avversione al potere oligarchico fu talmente accentuata che scacciò dalla città 500 ricchi aristocratici confiscandone i beni, instaurando così un regime fortemente ‘antiplutocratico’ nell’ambito di una vera e propria rivoluzione sociale. Gli esuli trovarono rifugio nell’oligarchica Crotone che allora era guidata da Pitagora e questo fu il casus belli che fece esplodere il conflitto tra le due città. 50 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL Telys, infatti, inviò ambasciatori ai Crotoniati a cui intimò la restituzione degli esuli, pena la guerra. L’arrivo, almeno vent’anni prima di Pitagora, in un lasso temporale compreso tra il 540 e il 530 a.C. ca., aveva impedito che Crotone, già sotto l’influenza della rivale, cadesse totalmente nell’agio e nel lusso propri dei Sibariti: il filosofo, matematico, consigliere unico della città stava portando avanti ormai da almeno un paio di decenni una sorta di rinascita morale e materiale: una sorta di opposizione imprevista alla tryphè sibarita, che divenne prima tensione e poi scontro aperto quando Crotone affrontò la guerra, rifiutandosi di riconsegnare gli aristocratici sibariti riparati nell’agorà della città (Diod. XII 9 3-4; Jam. VP, 177). La battaglia finale avvenne nel 510 a.C., dopo 70 giorni d’assedio, in un’area compresa tra la città di Lacinia e l’attuale Piana di Sibari, nei pressi del fiume Traente. Crotone, nonostante l’inferiorità numerica, si impose con le sue armate guidate da Milone, l’atleta olimpionico plurivittorioso divenuto stratega dell’esercito. La città venne distrutta e cancellata definitivamente dai Crotoniati che deviarono il corso del fiume Crati sull’abitato. Decisivo per gli esiti della battaglia fu l’intervento di Dorieo, re di Sparta, che giunse con le sue truppe in soccorso dei Crotoniati da cui era stato chiamato. Secondo Erodoto i Sibariti scampati alla distruzione della città si rifugiarono nelle cittadine di Lao e Scidro, sul Tirreno. Si era così concluso con la distruzione di Sibari, un lungo e strisciante confronto fatto di invidie e gelosie tra due città e due culture molto diverse tra loro: Crotone, ancora legata ad una economia agricola e pastorale da una parte, Sibari dall’altra che, emulando Corinto, anticipando Atene e affiancandosi a Mileto aveva istituito un’arte commerciale di ampio respiro, alimentando gli scambi e costituendosi tramite unico tra l’Asia Minore e l’Etruria. Per comprendere i reali motivi di un simile epilogo della storia di Sibari bisogna leggere il passo di Erodoto in cui parla dell’enorme ricchezza di Sibari (Hdt. VI 127, 1): non si tratta di semplice benessere ma di ricchezza smodata e piena di sé tanto da condurre Sibari, incapace di raggiungere il livello agonistico dei crotoniati, a disertare le competizioni sportive a Olimpia e a mettere su delle vere e proprie Olimpiadi ‘private’, per evitare appositamente il confronto con i Crotoniati, vincitori praticamente perenni ed incontrastati dei giochi olimpici per tutto il VI secolo. L’istituzione di Olimpiadi proprie sconcertò gli autori antichi perché Crotone seguì a sua volta l’esempio sibarita, causando in tal modo un regresso nelle relazioni fra tutti i Greci, e poi perché a Sibari i premi non erano corone simboliche come ad Olimpia ma premi in danaro o in ricchezze come negli agoni epici (Tim. Fr. 45; Heracl. Pont. fr.49 WEHRLI apud Athen. XII 522; Timeo FGrHist 566 F45). Questo episodio ha chiaramente contribuito nell’immaginario collettivo alla condanna definitiva del modello etico-sociale sibarita e all’accusa di tryphé smodata dei Sibariti (Timeo fr. 51 Jac.; Aristot. Fr. 584 R; Strab. VI 1,13,263 c) che porta inevitabilmente alla hybris (“superbia”, “tracotanza”) ed alla rovina della città stessa (Just. XX 4, 5; Jam., v.p., 171). Negli anni susseguenti alla disfatta di Sibari, l’oligarchia crotoniate di ispirazione pitagorica uscita vincitrice dalla guerra riorganizzò il territorio sibarita per “distretti” e il governo dell’area in cui sorgeva Sibari venne affidata all’exarchos Cilone; Crotone control 51 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL lava direttamente Temesa e solo indirettamente l’area interna di Pandosia e quella tirrenica di Laos. Ma i Sibariti, dispersi nelle cittadine dell’ex impero e solo in piccola parte ancora residenti nel luogo in cui in precedenza sorgeva Sibari, non si diedero per vinti e rifondarono Sibari nel 476/5 a.C. durante un momento critico per Crotone, successivo agli eventi della battaglia di Himera. Tuttavia Crotone reagì prontamente ponendo Sibari sotto assedio. A questo punto i Sibariti chiesero aiuto a Siracusa, già attiva in Italia a favore di Locri e contro Reggio. Ma i Siracusani, impegnati nella crisi dinastica del dopo-Gelone riuscirono ad assicurare ai Sibariti solo la loro salvezza ma non anche l’autonomia rivendicata. Questa rifondazione dovette essere di poca entità e di breve durata poiché le testimonianze letterarie ricordano l’evento in maniera contraddittoria ο lo tacciono del tutto. Ben diversa è l’entità della rifondazione nel 453/2 a.C. Per quest’ultima rifondazione fu necessario raccogliere i superstiti e solo dopo si poté dar vita all’insediamento. La preventiva raccolta dei Sibariti fa connotare la rifondazione in termini di coabitazione dei superstiti prima dispersi: infatti, la rifondazione nel 453/2 a.C. partì dal territorio col supporto di Poseidonia e Laos da cui ritornarono i Sibariti che ivi si erano rifugiati. Figura n.4: statere in argento (8.12 g) coniato a Sibari nel 453-448 a.C. D/: Poseidone nudo che avanza verso destra brandendo un tridente; nel campo a destra un uccello. R/: toro a destra; in esergo MYB = ). Kraay, NC 1958, pl. III, 9 (Gemini LLC, Auction III, lot 39, 9/01/2007). Forse dopo il fallimento della prima rifondazione Crotone impose ai Sibariti di disperdersi sul territorio. Tutto procedeva per il meglio e in pochissimo tempo la città venne in gran parte ricostruita e ripopolata e, grazie all’eccezionale fertilità del terreno, rinacque la ricca agricoltura sibarita e rifiorirono i commerci e la nuova comunità comin 52 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL ciò ad accarezzare il sogno di poter ripristinare presto l’antico splendore. Per sostenere la sua giovane economia, la ricostituita entità politica si dotò anche di una nuova monetazione che suggellò la sua voglia di futuro e celebrò le tre anime che la componevano: i coloni provenienti da Poseidonia, quelli riparati a Laos e quelli rimasti nella zona di Sibari, ora ritornati nella città ricostruita. Infatti, sugli Stateri coniati dalla nuova Sibari (figura n.4), che potremmo chiamare “gli Stateri della rifondazione”, al diritto ritroviamo la raffigurazione di Poseidone che brandisce il tridente, tipica della monetazione di Poseidonia, e nel campo a destra un uccello che vola; al rovescio, invece, abbiamo il toro che aveva caratterizzato le monete di Sibari. E non manca il richiamo a Laos. Kraay, infatti, mette in evidenza che l’uccello raffigurato davanti a Poseidone è in realtà un tordo, chiamato in greco laios: raffigurando un laios, quindi, con un sottile gioco di parole si richiamava la città di Laos e la si omaggiava per il contributo dato alla rinascita di Sibari (cfr. C. M. Kraay, ‘The Coinage of Sybaris after 510’, in Numismatic Chronicle, Londra, Royal Numismatic Society, 1958, pag.23). Sugli Oboli e sui Trioboli, invece, sono raffigurati Poseidone al diritto e un uccello al rovescio. Ma nonostante tutto l’ottimismo e le speranze per il futuro che sprizzavano le nuove monete coniate a Sibari, la vita della città rifondata per la seconda volta durò appena cinque anni! La rifondazione di Sibari del 453/2 a.C., infatti, avvenne quando Crotone fu colpita dai disordini conseguenti alla sommossa anti-pitagorica e all’incendio dei sinedrî; ma dopo cinque anni Crotone si riscattò e, divenuta ormai una polis democratica, superò i problemi interni e pose ancora una volta Sibari sotto il suo controllo compiendo nuove distruzioni. Una terza rifondazione, ancora, di Sibari si ebbe nell’inverno del 446/5 a.C. quando ambasciatori da Sibari chiesero aiuti a Sparta e ad Atene, al fine di poter rioccupare il sito di Sibari e poter procedere poi al ripopolamento di tutto il territorio. Atene accontentò immediatamente la prima richiesta, inviando dieci navi in Italia, il cui contingente fu utile per la riconquista di Sibari, nella primavera dell’anno solare 445 a.C. Nel successivo anno 445/4 a.C. da Atene arrivò a Sibari rifondata una spedizione ateniese-peloponnesiaca per il ripopolamento. Ma convivenza e interazione durarono poco. I Sibariti cominciarono a fare discriminazioni nei confronti dei nuovi arrivati e il malcontento portò alla guerra civile, che si rivelò dannosissima per gli stessi Sibariti, poiché nel luglio del 444 a.C. quasi tutti furono uccisi e i sopravvissuti dovettero andarsene da Sibari e stabilirsi vicino al Traente. Nel corso del 444/3 a.C., dovette arrivare, su richiesta dei Greci stanziatisi di recente nella Sibaritide, il terzo contingente di coloni in conseguenza della precedente secessione e forse in sostituzione dei Sibariti. Divenuti padroni della Sibaratide, i nuovi coloni greci si divisero le terre e fondarono la città di Thurii in un sito non coincidente con quello dell’antica polis di Sibari (secondo altri la quarta Sibari fu fondata direttamente in altro sito e il nome fu successivamente cambiato in Thurii). Thurii inizialmente si mostra ateniese e panellenica, ma un decennio dopo, nel 434/3 a.C., la polis appare già del tutto emancipata dall’Atene di Pericle, quando si tratta di scegliere il corso politico estero da intraprendere nei confronti degli accadimenti che in quel tempo, in Grecia, si andavano delineando: il ridimensionamento del ruolo di Atene a favore di quello di Sparta. Col passar degli anni Thurii, attestata ormai su posizioni autonome, ruppe i legami con Atene e con Sibari rifondata. 53 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL L’impero di Sibari era così definitivamente finito e della splendida ed opulenta città che fu non se ne conservò nemmeno il nome. BIBLIOGRAFIA L. Breglia, ‘Le monete delle quattro Sibari’, in Annuali dell'Istituto Italiano di Numismatica, II, 1955, pagg. 9 ss. M. Bugno, Da Sibari a Thurii. La fine di un impero, Napoli, Publications du Centre Jean Bérard, 1999. G. Cadicamo, La necropoli monumentale di Sibari, Cosenza, 1990. R. Cannonero, Dell'antica città di Sibari e dei costumi dei sibariti, Cosenza, 1991. F. Catalli, Monete dell'Italia antica, Roma, IPZS, 1995. P. Garofalo, Intorno Sibari e Turio, Cosenza, 1990. G. Gorini, La monetazione incusa della Magna Grecia, Bellinzona, Edizioni Arte e Moneta, 1975, pagg. 103– 113. K. Fabricius, ‘Sybaris, Its history and Coinage’, in Actes du Congrès Numism., 1953, Parigi 1957, pagg. 65 ss. B. V. Head, ‘Lucania (Sybaris)’, in Historia Numorum: a Manual of Greek Numismatics, 2ª ed., Londra, Oxford, 1911 [1887], pagg. 84-85. C. M. Kraay, ‘The Coinage of Sybaris after 510’, in Numismatic Chronicle, Londra, Royal Numismatic Society, 1958, pagg. 13–37. S. Mariotti, Ricerche storiche sulla città di Sibari, Cosenza, 1990. F. Panvini Rosati, ‘Monetazione preromana in Italia’, in Franco Panvini Rosati (a cura di), La moneta greca e romana, Roma, "L'Erma" di Bretschneider, 2000, pagg. 79-84. K. N. Rutter, Greek coinages of Southern Italy and Sicily, Londra, Spink, 1997. K. N. Rutter, et al., Historia Nummorum - Italy, Londra, British Museum Press, 2001. BRICIOLE NUMISMATICHE 54 QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL INDICE DEGLI ARTICOLI pag. Mario Limido: EDITORIALE: E SIAMO A QUATTRO... " 1 " 5 Andrea Keber: LA MONETAZIONE MEDIOEVALE PATAVINA " 8 LE MONETE DI PADOVA " 11 Mario Limido: IL BISCIONE DI MILANO CON UNA CORONA CHE VA E VIENE… TRA LEGITTIMAZIONI E RIVENDICAZIONI " 17 Apostolo Numismatico: I BRONZI 1861 DI MILANO " 25 Realino Santone: IL BOLOGNINO DI TAGLIACOZZO " 30 Vinicio Tramonti: I CONFINI DELLA NUMISMATICA " 32 Mirco Trombini: IL RECENTE CAMBIO DI DRITTO NELLE MONETE DI SAN MARINO E DEL VATICANO " 35 Benedetto Mura L'ARGENTO DEL NUOVO MONDO I Reali Maltagliati ribattuti in Sardegna da Filippo II e dai suoi successori " 39 Rodolfo Cantini TOLLERO "LA FORTEZZA" - MONETAZIONE PER LIVORNO " 43 Federico De Luca LO STATERE DELLA RIFONDAZIONE " 47 Vito Torres: ASTI – VARIANTE INEDITA ED EVOLUZIONE DEL ROVESCIO DEL TESTONE PER LUDOVICO XII DUCA D’ORLEANS 55