QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
terzo Gazzettino, per finire al Catalogo delle monete di Milano esposte in Ambrosiana
pubblicato a cura di Quelli del Cordusio.
Teche con le monete della zecca di Milano in Ambrosiana
Di tutto e di più… penso sarà impossibile da replicare, eppure Quelli del Cordusio continua
con questo quarto Gazzettino e altro che arriverà nel tempo con una forma gestionale e
organizzativa più snella, più libera e flessibile che sono sicuro genererà nuove energie
invece che frenarle o ostacolarle.
Credo che una Associazione, un Gruppo ora, debba sempre capire le richieste, gli
accadimenti, le tendenze e sapersi rigenerare e rimodellare, senza rimanere fermi, in una
evoluzione che è vita, energia, creatività, futuro, con un cercare di cogliere e intercettare
quello che gli appassionati vogliono e vorrebbero dalla nostra numismatica.
Mi sembra opportuno allegare infine, per chi volesse compiere questo viaggio insieme a noi,
il Manifesto Programmatico del Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio.
Ci farebbe piacere averVi come testimonial operativi o partecipativi di questo progetto
divulgativo ideale e reale che vuole essere volutamente per tutti quelli che vorranno farne
parte.
A presto
Mario Limido
Portavoce del Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Catalogo dell’esposizione fissa di monete della Zecca di Milano in Ambrosiana
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MANIFESTO PROGRAMMATICO DEL
GRUPPO NUMISMATICO QUELLI DEL CORDUSIO
Gli scopi e le azioni del Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio devono essere dirette
verso ideali divulgativi e promulgativi che interessino tutta la comunità nazionale che
abbia propensioni verso la numismatica, la storia, la cultura in genere, le identità del
territorio nazionale.
Gli obiettivi saranno tesi a cercare persone che possano creare nuove passioni, in
particolare verso i giovani e chi approccia per la prima volta questi interessi, sul
divulgare cosa rappresenti l’oggetto moneta, sul raccontare la storia, sul difendere e
ricordare le nostre identità, i nostri simboli e cercare di creare un futuro su questi valori
nelle nuove generazioni.
Le persone che aderiranno formalmente al Manifesto saranno di fatto dei testimonial di
questi ideali che si impegneranno nei fatti e nella comunicazione su ogni mezzo per
raggiungerli, diffonderli e difenderli senza interessi e scopi di lucro.
I mezzi per raggiungere questi obiettivi dovranno coniugare innovazione, tecnologia,
rapporti umani e virtuali dando la possibilità agli aderenti e ai simpatizzanti al progetto
di poter partecipare a eventi speciali, conferenze, incontri su tutto il territorio nazionale e
di poter avere prodotti editoriali quali il Gazzettino ed altri.
Il Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio si presenta come gruppo aperto, senza
vincoli, non richiede quote annuali o di ingresso agli aderenti, ma solo una dichiarazione
formale di adesione convinta e motivata di intenti e di farsi promotori degli stessi; non
sono previste cariche se non dei Portavoce Ufficiali dello stesso.
Per comunicare col Gruppo, per chiedere di essere inseriti nella newsletter, per
informazioni e proposte potete rivolgervi alla mail del Gruppo
quellidelcordusio.info@gmail.com
Il Gazzettino di Quelli del Cordusio come copia cartacea verrà dato solo agli eventi
organizzati dallo stesso fino ad esaurimento copie e secondo disponibilità,
successivamente sarà fruibile in digitale per tutti sul nostro sito su Academia.edu.
Il Gruppo Numismatico Quelli del Cordusio
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ASTI – VARIANTE INEDITA ED EVOLUZIONE DEL
ROVESCIO DEL TESTONE PER LUDOVICO XII
DUCA D’ORLEANS
di VITO TORRES
Ludovico XII (Blois 27/6/1462 – Parigi 1/1/1500), dalla morte del padre nel 1465 duca
d’Orleans e signore di Asti.
Nel 1494 arriva ad Asti da dove rivendica, essendo nipote di Valentina Visconti, i suoi
diritti sul ducato di Milano. Re di Francia dal 1498, conquista il ducato di Milano nel
1500 imprigionando Ludovico il moro.
Il testone preso in esame è del periodo che lo vede ancora duca d’Orleans. Con questo
articolo vorrei illustrarVi l’evoluzione che ha portato alla composizione del nuovo
rovescio.
Si tratta della versione alla quale hanno dovuto fare ricorso, probabilmente, per ovviare
alla rottura o all'usura del conio precedente. Questo nuovo conio, meno elegante, è
abbastanza evidente che non sia opera dello stesso autore del conio precedente.
Ex Asta VARESI 61
Nella foto qui in alto, vediamo un esemplare di primo tipo. Da notare i segni di
interpunzione, la parte superiore dello scudo quasi piano e sopra la perlinatura una
corona sormontata dalle lettere S . Z .
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Nella foto qui sopra, la variante inedita.
In questa nuova versione, nella zona verde
vediamo la parte dello scudo che è diventata a punta centrale, i segni di interpunzione
più grossi, la N che per mancanza di spazio, non entra per intero e la mancanza della
lettera S. Da notare che DN dovrebbe essere posizionato prima dell’inizio della corona.
Alcune lettere sembrano leggermente più grandi. Il diritto della moneta rimane invariato
come si vede dalla foto che segue.
.
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Nella foto qui a fianco, è interessante
notare
come
rimediare,
l’incisore
stringendo
cerchi
gli
spazi
di
e
riuscendo cosi a spostare la D prima
della corona e ad inserire la S.
Quest’altra variante proviene dalla
coll. Reale CNI 21: la foto, presa dal
web, purtroppo non è chiarissima.
La
freccia
di
destra
indica
l’interpunzione ancora grossa.
CNI 21
Asta VARESI 62
Qui sopra, possiamo osservare la versione definitiva (forse fatta da qualcuno arrivato in
aiuto alla zecca?) con i segni di interpunzione a forma di piccoli pentagoni; inoltre per
aumentare lo spazio destinato alla legenda ha eliminato la lettera I dalla fine della parola
MEDIOLANI e raddrizzato il fiore di destra della corona.
Ai compilatori dei cataloghi decidere se sia utile inserire queste rarissime tre varianti
(estremamente rare, forse uniche, le prime due).
BIBLIOGRAFIA:
AA.VV. 1911 = Corpus Nummorum Italicorum, Vol. II, Piemonte - Sardegna, Roma 1911;
BIAGGI 1978 = Elio Biaggi, Le Antiche Monete Piemontesi, Borgone di Susa 1978;
VARESI 1996 = Monete Italiane Regionali, Piemonte, Sardegna, Liguria, Isola di Corsica, Pavia 1996.
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LA MONETAZIONE MEDIOEVALE PATAVINA
di ANDREA KEBER
Il 16 aprile 1049 Enrico III, imperatore di Germania, concede al vescovo di Padova
Bernardo il diritto di battere moneta. A Padova fino all’ultimo quarto del XIII secolo non
vengono coniate monete, questa zecca, infatti, inizia a funzionare con regolarità a partire
da una data compresa fra il 1256 (cacciata di Ezzelino da Romano e istituzione della
repubblica) ed il 9 maggio 1271, anno a cui risale il più antico documento che cita
l'attività monetaria.
Nel 1276, nella zecca di Padova, si ritiene abbia lavorato alla coniazione di Denari piccoli
Ganfasio da Cremona. Il Denaro, coniato in questo frangente, rimane l'unica moneta
emessa da questa zecca fino al 1319. Su entrambe le facce di questa ... appare un
elemento caratteristico di molta della serie padovana: una stella a sei raggi. Di Jacopo da
Carrara (1318-1324) non sono note emissioni. Dal 1318 al 1320 Padova subisce un
assedio da parte della Signoria Scaligera e nell'estate del 1320 Jacopo cede la signoria al
Ulrico da Walsee, vicario imperiale a nome dell'Imperatore Federico III. In concomitanza
con l'espansione del potere tirolese nell'area padana, si conia una moneta quasi identica
al Grosso aquilino di Merano: tipologia che anche i successivi vicari sfruttano (il vicariato
si prolunga fino al 1328). Secondo A. Saccocci, questi Grossi sono coniati allo scopo di
pagare i soldati tedeschi al seguito dei vicari. La moneta, anche in base alla capillarità
dei ritrovamenti, ha un grande successo. Caratteristica comune alle varie imitazioni è un
piccolo stemma che tutte recano inserito nel giro della legenda.
I tre delegati imperiali al cui nome ci sono note monete sono: il vicario Ulrich von Walsee
(1320-1321) (CNI VI, pp 184-186, nn 1-18), il capitano Ulrich von Pfannberg (1324-1325)
ed il vice capitano Engelmar von Villanders (1323-1328) (CNI VI, pp186-187, nn 1-4). Lo
stemma Walsee è di nero alla fascia d’argento, quello Villanders è di rosso alla fascia
increspata d’Argento, quello Pfannberg è spaccato a losanghe e caprioli sovrapposti.
L'aquilino di Walsee è, probabilmente, coniato anche durante il vicariato del duca Enrico
di Carinzia. Infatti, esemplari con un aquila che presenta le ali arrotondate nella parte
superiore (anche a causa del peso calante), potrebbero essere state coniate durante la
disputa (1324-1325) tra il duca Enrico ed il veronese Cangrande. Alla fine del 1321,
Konrad von Auffestein diventa nuovo reggente.
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Non si conosce nessuna emissione di Aquilini collegabile a questo periodo, le coniazioni
nel periodo 1321-1323 sembrano interrotte forse a causa del trasferimento verso la zecca
trevigiana degli zecchieri Pizzacomino.
Con
Villanders, che governa la città dalla metà del 1323, le coniazioni di Aquilini
riprendono. Ulrico di Pfannenberg fu Capitano di Padova e governa in nome di Walsee,
motivo che, probabilmente, giustifica l'emissione di moneta a proprio nome.
Il successo ottenuto dall'Aquilino padovano è provato da un ripostiglio (ora conservato al
museo di Verona) descritto in un articolo di O. Murari: si tratta di tondelli in rame, dallo
stile grossolano, che falsificano questa tipologia monetale.
Padova nel 1328 si dà agli Scaligeri, che restano al potere fino al 1337, e anche nel
periodo della “seconda” signoria di Marsilio da Carrara (1337-1338) la zecca rimane
chiusa. Con Ubertino da Carrara continua l'emissione di denari piccoli sostanzialmente
simili a quelli comunali, con una variazione del dritto, nel campo appare una "V".
Con Jacopo si continuano a coniare Denari (nei quali la sua iniziale «I» , sostituisce la «V»
di Ubertino) e viene coniato anche un grosso del valore di due soldi, che prenderà il nome
di “Carrarino” con le lettere IA, lo stemma di famiglia e San Prosdocimo. I successori di
Jacopo II, Jacopino e Francesco I Da Carrara, nel breve periodo del potere congiunto,
coniarono altri due Denari piccoli recanti entrambi l'insegna del Carro ripetuta anche
sull'altro verso per uno e sostituita sull'altro da una stella a sei raggi.
Con Francesco I la monetazione si arricchisce notevolmente. Continua la produzione del
Carrarino d’argento da 2 Soldi e del Denaro piccolo che mantiene la stella e l’iniziale del
nome del signore (F). Nel 1378, la guerra contro Venezia, porta Francesco ad allearsi con
Ludovico d’Ungheria. I finanziamenti ungheresi permettono a Francesco una nuova serie
di emissioni. Vengono coniati: un Ducato d’oro, un pezzo da 4 Soldi d’argento (il
Carrarese da 4 Soldi d'argento presenta San Daniele che regge un modellino di castello
turrito, a celebrazione del Castello eretto da Ezzelino nel 1237 e da lui ristrutturato nel
1374), un Soldo (sempre d’argento), un Quattrino di mistura e viene cambiata la tipologia
del Carrarino da 2 Soldi, dove San Prosdocimo viene sostituito dall’altro patrono, San
Daniele. Con queste emissioni, Francesco si pone in concorrenza con le zecche limitrofe
ed in particolare con Venezia e le sue monete: il Ducato, il Soldino e il grosso matapan:
una “guerra monetaria”... Nel 1378 a Padova, si conia anche il Quattrino con al rovescio
Santa Giustina e la cometa, in evidente concorrenza del Quattrino veronese di
Bartolomeo e di Antonio della Scala. Nel 1386 si emette una nuova d’argento da 4 Soldi.
La monetazione padovana è quella dominante nell’entroterra veneto. Nel 1387 il sistema
monetario padovano entra in crisi: il corso forzoso del Carrarese (per il peggioramento di
intrinseco) porta ad un aumento eccessivo dei prezzi.
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Il circolante viene svalutato una prima volta nel luglio del 1387 (il Carrarese da 4 a 2
Soldi, il Quattrino da 4 a 2 Denari) e una seconda volta nel marzo del 1388 (da 2 a 1
Soldo, il Quattrino da 2 a 1 Denaro). Così A. Saccocci: “Riguardo a tale svalutazione,
evidentemente la politica di imposizione di una moneta a corso forzoso, che fino a poco
tempo prima aveva garantito il drenaggio delle buone monete presenti nel mercato, non era
più sostenibile.” In questa occasione, vengono introdotti (1386/1387) il Quattrino (con al
dritto la lettera F e al rovescio una testa di moro) e il Quattrino da 2 Denari con al
dritto la lettera A (queste monete nel CNI vengono attribuite a Francesco II). Nel 1388
Padova è occupata da Gian Galeazzo Visconti e Francesco viene fatto prigioniero. Nei due
anni di occupazione da parte dei Visconti, non vengono battute monete a Padova, anche
se alcuni Denari piccoli, coniati a Milano, portano in legenda il nome della città.Nel 1390,
Francesco II, riconquista la città ai Visconti e riapre la zecca, la cui attività è
documentata almeno dal 1394. Francesco II non prosegue nella coniazione di esemplari
svalutati. Conia un Carrarino. un Soldino, un Quattrino (rivalutato da 4 a 6 Denari,
ovvero il Sestino negro, tradizionalmente identificato con il “testa di moro”) e un Denaro
piccolo (molto simile a quello del padre in quanto a tipologia, con la “F“ al dritto e stella
al rovescio, ma che si caratterizza per aver un tondello privo di scodellatura). Altre
monete emesse da Francesco II sono un Grosso Carrarino con l’immagine di
Sant’Antonio stante, conosciuto solo da un disegno, e un Soldo con l’immagine di
Sant’Antonio [quale la caratteristica di quest'ultimo?], testimoniato da un solo esemplare
rinvenuto nei pressi di Cividale (Carrarini e i Soldi con l'effige di Sant'Antonio furono
coniati da Francesco Novello, fondendo il tesoro di Sant'Antonio per fare fronte alla
guerra con Milano). Il Soldo con Sant'Antonio/aquila, tipologicamente ha caratteristiche
simili alle emissioni patriarcali di Aquileia; l'immagine impressa, quindi, rappresenta un
tentativo di penetrazione in area friulana delle emissioni padovane. Agli ultimi anni di
governo di Francesco II è assegnato un Denaro con al dritto una rosa e al rovescio un
globo e un Sestino con la cometa.
Del novembre del 1405 è la definitiva conquista di Padova da parte della Repubblica di
San Marco. Padova viene assoggettata alla Repubblica di Venezia e tutti i contratti da
quell'epoca in poi vengono stipulati in Lire e Ducati di Venezia.
La Serenissima mette in circolazione, nella città di Padova, Bagattini
in rame con i
dogi Agostino Barbarigo (negli anni 1487-1488 e 1498-1500) e Leonardo Loredan (15011521).
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LE MONETE DI PADOVA
REPUBBLICA 1271-1328
•Denaro piccolo scodellato
Mistura
g. 0,30
D/ + . CIVITAS . Stella a sei raggi
R/ + . DE . PADVA . Stella a sei raggi
CNI 1/17 - Rizzoli & Perini 1 - Zanetti tav. XX, ¾
ø mm. 13
NC
Varianti: interpunzione
ULRICH WALSEE 1320-1321
•Grosso aquilino
Argento
g. 1,35
ø mm. 20
D/ + ° PADVA : REGIA * Aquila spiegata a sinistra, volta a destra
R/ CI VI TA S * * Croce intersecante la leggenda
CNI1/18- Rizzoli & Perini 2
11
NC
QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
ULRICH von PFANNBERG 1324-1325
•Grosso aquilino
Argento
g. 1,45
ø mm. 20
D/ + .PADVA * REGIA Aquila spiegata a sinistra, volta a destra
R/ CI VI TA ° S ^ ^ Croce intersecante la leggenda
Rizzoli P 9
R5
ENGELMAR VILLANDERS 1323-1328
•Grosso aquilino
Argento
g. 1,36
ø mm. 20
D/ + ^PADVA * REGIA ^ Aquila spiegata a sinistra, volta a destra
R/ CI VI TA ° S ^ ^ Croce intersecante la leggenda
CNI 1/4 - Rizzolli & Perini pag. 66
R2
UBERTINO DA CARRARA 1338-1345
•Denaro piccolo
Mistura
g. 0,29
D/ + * CIVITAS * Nel campo V
R/ + P A D V A Stella a sei raggi intersecante la leggenda
CNI 1/2 - Rizzolli & Perini 3
ø mm. 12
R3
IACOPO II DA CARRARA 1345-1350
•Carrarino da 2 Soldi
Argento
g. 1,10
ø mm. 19
NC
D/ * CI VI T’ * P AD’ . Croce filettata ed ornata intersecante la leggenda, accantonata ai due
angoli
superiori da
:I: A: e nei due inferiori da due piccoli carri
R/ * S * PSDO CIHVS * Santo nimbato e mitrato seduto di prospetto tiene nella destra un
edificio
turrito e nella sinistra il pastorale. A destra nel campo P o 3 o >
CNI 1/20 - Rizzoli & Perini 4 - Zanetti, tav. XX, 12
Varianti: interpunzione ✿; pastorale accantonato o meno da puntini (2 o 3)
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•Denaro piccolo
Mistura
g. 0,27
ø mm. 11
D/ + * CIVITAS * Nel campo I ornata
R/ + P A D V A Stella a sei raggi intersecante la leggenda
CNI 21/23 - Rizzoli & Perini 5
R
IACOPINO e FRANCESCO I DA CARRARA 1350-1355
•Denaro piccolo
Mistura
g. 0,17
ø mm. 13
D/ + * CIVITAS * Carro
R/ + P A D V A Stella a sei raggi intersecante la leggenda
CNI 1 - Rizzoli & Perini
R5
•Denaro piccolo
Mistura
g. 0,17
ø mm. 12
R5
D/ + S . D V A Stella a sei raggi intersecante la leggenda; sul raggio inferiore della stella in un
piccolo cerchio vi è un carro
R/ CIVITA Nel campo un carro
CNI 2 - Rizzoli & Perini 7
FRANCESCO I DA CARRARA 1355-1388
•Ducato
Oro
g. 3,55
ø mm. 21
R5
D/ + FRANCISCI ° ° D ° CARRARIA ° Carro in doppia cornice di 4 archi e 2 archi acuti con 6
anelletti agli angoli
R/ + CIVITAS ° * PADVA ° San Prosdocimo nimbato e mitrato in piedi di fronte, benedicente
con la
destra e con il pastorale nella sinistra, in cornice doppia di 4 archi e 4
angoli, accantonata da 8
anelletti
CNI 1
•Carrarese da 4 Soldi
Argento
g. 1,90
ø mm. 21
R
D/ ° F . D . KRARIA . PA ° ° DVE . E ° CETERA ° Carro fra le lettere F F in doppia cornice di 4
archi e 2 archi acuti, anellino nei due angoli centrali esterni
R/ . S . DANIE L . MAR ° TIR San Daniele in piedi di fronte con nimbo radiato, tiene nella
destra la
città e nella sinistra una banderuola con croce. Nel campo a destra N
CNI 2/18 - Rizzoli & Perini 9
Varianti: interpunzioni
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•Carrarese da 4 Soldi
Argento
g. 1,85
ø mm. 21
R
D/ FRA NCIS CI . D’CA RARIA Croce ornata accantonata da carro e croce pomata
R/ ° SANTVS ° P ROSDOCIMVS Santo nimbato e mitrato, in piedi di fronte. Vaso nella destra
e pastorale nella sinistra
CNI 19/27 - Rizzoli & Perini 10
Varianti: interpunzioni
•Carrarino da 2 Soldi
Argento
g. 0,85
ø mm. 17
R4
D/ FRANCISCI . D’CARARIA Carro
R/ S . DANI EL . MARTIR Santo nimbato in piedi di fronte. Città nella destra e banderuola nella
sinistra
CNI 28/34 - Rizzoli & Perini 11
Varianti: R/ SANTVS DANIEL; MARTIR
•Carrarino da 2 Soldi
Argento
g. 0,96
ø mm. 18
R
D/ . FRANCISCI . DE : CARARIA . Carro fra lettere F F
R/ @ : S : PROS DOCIMVS @ Santo nimbato e mitrato, in piedi di fronte, benedicente e con
pastorale. Ai lati sigla
CNI 35/62 - Rizzoli & Perini 12
zecchieri: N I, Nicolò Compagni; P, Pietro Dall'olio; BZ, Zuanne Dell'Argento
•Soldo
Argento
g. 0,50
ø mm. 16
D/ + FRAN . DE . ChARARIA . Carro
R/ CI VI PAD VA Croce patente intersecante la leggenda
CNI 63/66 - Rizzoli & Perini 13
14
R3
QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
•Denaro piccolo scodellato
Mistura
g. 0,37
ø mm. 13
D/ + * CIVITAS * Nel campo grande F gotica
R/ .+. P A D V A Grande stella a sei raggi intersecante la leggenda
CNI 67/78 - Rizzoli & Perini 14
NC
•Sestino
R3
Mistura
g. 0,97
ø mm. 16
D/ + °C°I°V°I°T°A°S° Testa virile con capelli ricci volta a sinistra
R/ + * P * A * D * V * A * Nel campo F gotica
CNI 37/41 - Rizzoli & Perini 22
Varianti: D/ “T” di CIVITAS di diverso stile
•Quattrino da 2 denari
Mistura
g. 0,85
ø mm. 16
D/ + * P * A * D * V * Nel campo A gotica (accantonata o meno da punti)
R/ + * CIVITAS * o + * CIVITAS° Croce patente con otto globetti
CNI 42/45 - Rizzoli & Perini 24
C
Varianti: D/ “T” di CIVITAS di diverso stile
•Quattrino da 4 denari
Mistura
g. 0,85
ø mm. 17
R2
D/ .FRANCISCI ⓞ D . CARARIA Cometa con croce patente
R/ SANTA ⓞ IVSTINA ⓞ Mezza figura della Santa col capo nimbato e coronato tiene il
Vangelo ed una palma
CNI 31/36 - Rizzoli & Perini 21
Varianti: interpunzione ✶
GALEAZZO VISCONTI 1388-1390
•Denaro
Mistura
g. 0,65
ø mm. 17
R2
D/ +• COMES • VIRTVTVM • Croce gigliata
R/ +.MELI • PADVE • 3C' o ...MLI...Nel campo G Z sormontato da segno di abbreviazione
Rizzoli & Perini 16
15
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FRANCESCO II DA CARRARA 1390-1405
Argento
g. 0,87
ø mm. 17
R2
D/ . FRANCISCI . DE . CARARIA . Carro fra iniziali F °I°
R/ @ S : PROS DOCIMVS Santo nimbato e mitrato, benedicente, in piedi di fronte. Pastorale
nella
sinistra. Nel campo a destra sigla
CNI 1/18 - Rizzoli & Perini 17
•Carrarino da 2 Soldi
•zecchieri: I, Jacopo di Zeri; P, Pietro Dall'olio; 3, Zuanne Dell'Argento
Varianti: interpunzione ∘ ; ◎ ; :
Argento
g. 0,85
ø mm. 19
UNICO
D/ . FRANCISCI . DE . CARARIA . Carro fra iniziali F °I°
R/ ° SANTVS ° ANTONI ° Santo nimbato, in piedi di fronte, nella destra un giglio e nella sinistra
Vangelo. Ai lati .V. .N.
CNI 19 - Rizzoli & Perini 18
•Carrarino da 2 Soldi
•Soldo
Argento
g. 0,45
D/ : FRANCISCI . DE . CARARIA Carro
R/ + CIVITAS * PADVE Croce gigliata
CNI 20 - Rizzoli & Perini 19
•Soldo
Argento
g. 0,45
ø mm. 15
D/ + FRANCISCI D : CARARIA . Aquila spiegata volta a sinistra
R/ SANTVS ANTONIV Santo nimbato di fronte con giglio e Vangelo
UNICO
•Sestino
Mistura
g. 0,85
ø mm. 17
D/ . FRANCISCI . D CARARIA o …DE... Cometa con croce patente
R/ ✿ CIVITAS : PADVE Croce fiorata o ♠
CNI 22/30 - Rizzoli & Perini 20
R3
ø mm. 15
•Denaro piccolo
Mistura
g. 0,45
ø mm. 13
D/ + * CIVITAS * Nel campo F gotica
R/ + P A D V A Stella a sei raggi intersecante la leggenda
CNI 46/47 - Rizzoli & Perini 23
R5
R
•Denaro piccolo
Mistura
g. 0,18
ø mm. 10
R2
D/ + CIVITAS ° Rosa a sette foglie
R/ + . P . A . D . V . A Scudo rotondo con tre onde
CNI 48/50 - Rizzoli & Perini 15 (erroneamente attribuiti a Francesco I da Carrara)
Da: "Catalogo delle monete medievali del Triveneto" di Andrea Keber.
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
IL BISCIONE DI MILANO CON UNA CORONA CHE
VA E VIENE…
TRA LEGITTIMAZIONI E RIVENDICAZIONI
di MARIO LIMIDO
Il biscione nella monetazione dei Visconti lo troviamo in modo evidente nel campo della
moneta a partire da Bernabò e Galeazzo II Visconti (1354 -1378), assume e manterrà nel
tempo una immobilizzazione simbolica, segno di continuità, tradizione e identità1.
Si presenta nei Grossi e nei Sesini con sei spire avvolgenti che tendono ad ampliarsi
verso l’alto, nelle fauci è presente la figura di un fanciullo, ai lati sono presenti le iniziali
B e G dei Signori, il tutto entro una cornice che la contiene con agli angoli della stessa
dei segni identificativi di emissione quali rosette, stellette, tre piccoli cerchietti o un
cerchio più grande con punto centrale interno.
Bernabò e Galeazzo II Visconti ( 1354 – 1378 ) – grosso da 2 soldi
Prov. NAC 68
È a capo scoperto anche se in una serie già con Bernabò e Galeazzo II compare un’aquila
ad ali spiegate sulla sua parte superiore che riduce di fatto lo spazio disponibile per la
biscia viscontea, un evidente richiamo verso l’autorità imperiale.
1
In realtà, come solo segno di interpunzione, il biscione compare già nei Denari di Azzone Visconti e in un unicum in
legenda di un Fiorino dello stesso Azzone Visconti.
17
QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Bernabò e Galeazzo II Visconti ( 1354 – 1378 ) – pegione o grosso da un soldo e mezzo –
Asta BERTOLAMI 54
Infatti, il 20 dicembre 1354, l’Imperatore Carlo IV scende in Italia, si fa incoronare e
concede il vicariato imperiale ai Signori di Milano.
In cambio l’Imperatore riceve centocinquantamila Fiorini ma le concessioni imperiali si
estendono dai possedimenti personali dei Visconti stessi fino alle terre dell’Impero rette
da essi. L’aquila imperiale posta sul capo del biscione è emblematica e simbolica come
segno del potere imperiale e vuole raffigurare i rapporti e i legami esistenti tra l’Impero e i
Visconti. Anche nella monetazione col solo Bernabò Visconti abbiamo una moneta che ha
sul capo della biscia viscontea l’aquila imperiale.
Si tratta del Fiorino, moneta in oro, che probabilmente veniva usata per importanti
transazioni e che portava agli utilizzatori un messaggio delle concessioni fatte ai Signori
di Milano da parte dell’Imperatore.
Nel 1395 avviene un fatto importante e fondamentale che inciderà negli anni successivi
sull’iconografia monetale della biscia viscontea.
L’11 maggio 1395, dietro il pagamento di centomila fiorini d’oro, l’Imperatore Venceslao
concede a Gian Galeazzo Visconti il titolo ducale; il 5 settembre 1395, con una solenne
cerimonia, avviene l’incoronazione in Piazza Sant’Ambrogio2.
Il titolo permette anche il diritto di trasmissione del privilegio al figlio primogenito e ai
suoi eredi e, in mancanza, al figlio secondogenito.
Gian Galeazzo ottiene tra l’altro il permesso di inquartare nel suo stemma l’aquila
imperiale che si accompagnerà con la biscia viscontea, uno stemma che diventa un mix
tra identità, potere e autorità imperiale, un legame tra casa imperiale e il Signore di
Milano.
2
Crippa 1986
18
QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Gian Galeazzo, già da quel momento, potrebbe utilizzare sulle monete il simbolo della
corona e il titolo di DVX in legenda, ma in realtà aspetta…
Aspetta perché probabilmente non lo ritiene opportuno e funzionale al momento, in
animo c’era il progetto di unificare in un Regno tutti i territori conquistati spingendosi
fino a Roma con Milano capitale.
Non accade così, anche perché ci sono manovre monetarie in quegli anni che
condizionano e non rendono opportuno questo,
la corona sopra il biscione viene
posticipata ed utilizzata qualche anno dopo da Giovanni Maria Visconti nelle sue monete.
Gian Galeazzo non utilizza subito il simbolo della corona, però il capo della biscia
incomincia a coprirsi….con tre cerchietti, con un cerchietto grande….
Qualche anno dopo, dal 1402 in avanti, sarà Giovanni Maria Visconti a portare nella sua
monetazione la corona sulla testa del biscione.
Giovanni è legittimato e la situazione, rispetto a quella che viveva Gian Galeazzo, è
cambiata decisamente.
Gian Galeazzo pensava ad espandersi, Giovanni Maria pensa a difendere e a non perdere
troppi dei suoi territori, è il momento di utilizzare il titolo anche come monito e prestigio
acquisito.
Giovanni Maria Visconti (1402–1412) – Pegione o Grosso da un Soldo e mezzo
Asta RANIERI 12
Giovanni Maria Visconti mette la corona nella serie dei Grossi, nel Soldo, nel Bissolo; da
questo momento in avanti, la corona diventa una costante che continuerà nel tempo con
qualche eccezione e che verrà utilizzata, passato il periodo degli usurpatori Gian Carlo ed
19
QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Estore Visconti che comunque la utilizzeranno anch’essi, anche da Filippo Maria Visconti
nel Grosso da 2 Soldi e nel Sesino.
D’altronde i Visconti possono e sono legittimati, la corona è un loro diritto acquisito e da
mostrare e qual miglior modo se non mostrarlo nelle loro monete, monete che da sempre
sono il veicolo migliore e più semplice di propaganda?...
Il quadro, passato il periodo della Repubblica Ambrosiana, cambia completamente con
l’avvento degli Sforza.
Filippo Maria Visconti era morto senza eredi, di fatto viene a cadere la legittimazione
imperiale viscontea e il diritto imperiale ritorna all’Imperatore.
La situazione politica, militare e finanziaria imperiale è però cambiata, il potere e il diritto
è in realtà ormai indebolito, potrebbe l’Imperatore rivendicarlo, opporsi, ma preferisce di
fatto non fare grosse resistenze. Gli Sforza incutono timore e rispetto e la situazione non
si sbloccherà anche se gli Sforza tentano più volte di ottenere l’effettiva legittimazione.
Così sarà fino a quando Ludovico il Moro, nel 1494, avrà la concessione imperiale che
sfocerà nella cerimonia ufficiale d’investitura del 1495.
Gli Sforza, a partire da Francesco I, giocano con questo contesto, cercano l’investitura,
non la ottengono, probabilmente ha un costo reale enorme per loro e anche questo non
basterà... ci vogliono diplomazia, accordi, intrecci che solo Ludovico invece metterà in
atto… riuscendo poi a ottenerla.
E quindi, probabilmente, tutto questo si riflette anche sulle monete, anche quelle col
biscione, di fatto gli Sforza non possono mettere la corona sul biscione però su alcune
monete lo fanno.
Un voler forzare la situazione, un voler sentirsi comunque legittimati per la parentela con
l’ultimo Visconti, una situazione che comunque faceva comodo in quel momento
particolare al potere imperiale, che di fatto non concede perché probabilmente non ne
vede la convenienza, ma poi lascia anche fare… forse un mix di tutto questo, d’altronde
anche gli Sforza nello scacchiere dell’epoca, rivestono la loro importanza e vengono
comunque considerati.
Con gli Sforza è il ritratto a diventare il simbolo monetale per eccellenza, il busto di
Francesco I diventa un esempio rinascimentale dove il culto della personalità, del potere,
dell’autorità viene esposto sia per apparire che per propaganda per gli altri Stati e per gli
utilizzatori.
Ma il biscione compare comunque non nelle monete più prestigiose ma nelle monete più
di uso corrente, ad uso interno come il Soldo, il Sesino, il Denaro.
E il biscione risulta coronato…
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Francesco I Sforza (1450–1466) – Soldo – Asta BERTOLAMI 54
Si gioca sull’ambiguità di tutto questo, in un Grosso di Francesco I, le iniziali F S ai lati
dello scudo non sono coronate, in altra tipologia lo sono…
Altrettanto nel Sesino, normalmente il biscione è coronato, in una varietà no…
Galeazzo Maria Sforza e Bianca Maria Visconti (1466–1468) – Sesino
Asta BERTOLAMI 54
È emblematico che tutto questo accada in monete da circolazioni interna, spesso moneta
spicciola, forse Francesco osa di più dove il controllo è minore e tutto sommato gli
interessa forse di più far vedere al suo popolo che ai potentati esterni che potrebbero
giustamente eccepire.
Si ripete un po’ lo schema anche con la monetazione successiva di Galeazzo Maria Sforza
e Bianca Maria Visconti con Soldi, Sesini, Denari.
Ma Galeazzo Maria Sforza forza invece di più la situazione, visti i numerosi tentativi
mancati di avere la legittimazione imperiale, mette il biscione coronato oltre che in
monete come il Grosso da 5 Soldi, il Sesino e il Denaro, anche col Testone, dove il biscio=
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
ne è anche coronato e compare entro lo scudetto al rovescio della moneta in una varietà
decisamente più rara di quella senza corona.
Il Testone è una moneta innovativa e di valore pari a 240 Denari imperiali, lo Sforza tenta
di concretizzare con la Lira quella che da Carlo Magno è ritenuta l’unità di conto e a cui
le monete si rapportano3.
Questo avviene all’interno della riforma monetaria voluta da Galeazzo Maria Sforza nel
1474 che sblocca una situazione di grave crisi finanziaria del ducato.
La domanda che ci si pone è perché anche in una varietà di una moneta importante,
utilizzata anche in scambi importanti, abbiamo l’uso del biscione coronato?
Galeazzo Maria Sforza (1468–1476) – Testone – Asta CNG 103
Potrebbero esserci molte ipotesi, forse una serie post riforma dal 1474 in avanti, forse
una idea che viene interrotta dalla sua morte repentina, forse semplicemente un
tentativo poi interrotto perché palesemente troppo pericoloso ed evidente se fatto in una
moneta di questo tipo.
Comunque sia, il biscione coronato lo troveremo anche in una
emissione speciale di
Galeazzo Maria Sforza con dei Testoni ad alto spessore, che probabilmente non
circolarono mai, ma furono emissioni per regalia per personaggi importanti dell’epoca su
cui Galeazzo voleva far leva e colpo, diciamo dei doni speciali di pura ostentazione.
3
Cipolla 1975
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
D’altronde la storia monetale degli Sforza si basa su ostentazione, stupore, potere,
immagine e certamente anche su una certa dose di voler forzare le situazioni appunto tra
legittimazioni presunte e rivendicazioni delle stesse…
Paradossalmente, quando Ludovico il Moro ottiene la legittimazione imperiale già dal
1494 (anche se la usa solo dal 1495), vengono a mancare monete col biscione coronato
tranne che per un rarissimo Denaro conosciuto in soli sei esemplari.
Punta molto sul Testone, moneta di forte impatto iconografico, dove si prende per lui
tutta la scena col busto dai tratti fieri e autorevoli al diritto.
Lo scenario è però mutato ancora, l’officina monetaria milanese è in grave crisi
finanziaria e c’è la mancanza di metalli a disposizione.
La zecca milanese entra in una fase decisamente involutiva e di decadenza.
Nel contempo Ludovico ha a disposizione solo un breve periodo in cui esercita la funzione
di Duca a Milano nel quale però lascia indubbiamente, anche se i giudizi saranno poi
contrastanti, un segno importante sulla città milanese.
Il biscione si configura indubbiamente nel periodo monetale visconteo e sforzesco come
uno dei simboli dell’identità, della storia e della zecca milanese, a volte coronato, a volte
no. Si distinguono nel tempo tre raffigurazioni principali, una a tutto campo dove il
biscione è il protagonista indiscusso della moneta con ai lati le iniziali dei Signori, in
questo caso è simbolo dell’identità e del Signore; un’altra dove compare all’interno dello
scudo inquartato insieme all’aquila, in questo secondo caso abbiamo i due poteri uniti,
quello imperiale e quello cittadino, Impero e Visconti o Sforza insieme; nel terzo caso,
quello del Testone, lo troviamo
nello scudetto al rovescio e il richiamo all’identità
cittadina è sovrastata, però, dall’immagine del busto del Duca.
Filippo Maria Visconti (1412–1447) – Grosso da 2 Soldi –Asta RANIERI 7
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Quindi tre rappresentazioni distinte, differenti a livello di iconografia, ma anche di
simbologia e di messaggio che dovevano dare agli utilizzatori. Come abbiamo visto in
tutto questo, giocarono e incisero tanti fattori, storie di legittimazioni e rivendicazioni,
storia e monete ancora una volta insieme… come sempre…
Si ringrazia per la preziosa collaborazione l’amico numismatico Mario Cigada
BIBLIOGRAFIA:
CANTU’ 1974 = Cesare Cantù, Storia di Milano e la sua provincia, Bornato in Franciacorta (Brescia) 1974
CHIARAVALLE 1983 = Maila Chiaravalle, La zecca e le monete di Milano, Catalogo della Mostra, Milano 1983
CIPOLLA 1975 = Carlo Maria Cipolla, Le avventure della lira, Bologna 1975
CNI V, AA.VV. 1914 = Corpus Nummorum Italicorum, VOL.V, LOMBARDIA (MILANO), Roma 1914
CRIPPA 1986 = Carlo Crippa, Le monete di Milano dai Visconti agli Sforza dal 1329 al 1535, Milano 1986
LIMIDO 2016 = Mario Limido, Milano raccontata dalle sue monete e medaglie, Leipzig 2016
LOPEZ 2013 = Guido Lopez, I Signori di Milano dai Visconti agli Sforza, Ariccia (Roma) 2013
TOFFANIN 2013 = Alessandro Toffanin, Monete Italiane Regionali, Milano, Pavia 2013
TRAVAINI 2007 = Lucia Travaini, Monete e storia nell’Italia Medievale, Roma 2007
TRAVAINI 2013 = Lucia Travaini, I capelli di Carlo il Calvo. Indagine sul ritratto monetale nell’Europa
Medievale, Roma 2013
Ludovico il Moro, ritratto nella Pala Sforzesca, conservata nella Pinacoteca di Brera (MI).
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I BRONZI 1861 DI MILANO
di APOSTOLO NUMISMATICO
I centesimi della zecca di Milano - collezione privata
Se l'Unità d'Italia ebbe politicamente un processo turbolento, non da meno fu
l'unificazione del sistema monetario. Dal 1859 fino alla metà del 1861 si dovette mediare
fra gli entusiasmi e le necessità nati dall'annessione al Regno di Sardegna di altri Stati
della penisola italiana con le consolidate consuetudini monetarie locali.
In un paese che non aveva più trovato una continuità geografica fin dalla caduta
dell'Impero Romano d'Occidente, era pressante la necessità di superare la presenza di
sistemi monetari con una circolazione metallica a base diversa. La morte del conte di
Cavour (6 giugno 1861), complicò, se possibile, ancor più il passaggio ad un sistema
monetario univoco.
Tuttavia, il nuovo parlamento - finalmente italiano - con legge n°73 del 30 giugno 1861
dispose il ritiro delle monete ancora circolanti sostituite con le monete piemontesi e
quelle del Re eletto, dapprima in Emilia, Marche e Umbria e poi in tutte le province del
Regno. A partire dal 16 agosto cessavano di avere corso legale anche le vecchie monete
del Regno lombardo-veneto, mentre qualche giorno prima (1° agosto) erano state
immesse in circolazione le nuove monete di bronzo del Regno d'Italia nelle tre le pezze da
5, 2 ed 1 centesimo coniate nella zecca di Milano per un totale di 102.484.3351
esemplari. Sempre in questa zecca, l'anno successivo con ancora millesimo 1861, furono
approntati altri 171.735.665 di pezzi. Nelle pagine seguenti, una delle tante copie
distribuite alla popolazione per far conoscere il Regio Decreto che stabiliva l'introduzione
dei nuovi Bronzi di Milano.
________________________________________________________________________________
1
a
Montenegro 2015 30 edizione.
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IL BOLOGNINO DI TAGLIACOZZO
di REALINO SANTONE
Oggetto del presente articolo è una delle monete più rare coniate in Abruzzo nel XV
secolo.
Tagliacozzo anticamente abitata dai Marsi, divenne un centro importante nel medioevo.
Nel 1239 era feudo dei De Pontibus, si ricorda la celebre battaglia di Tagliacozzo 23
agosto 1268 (750 anni fa) combattuta nella zona dei Piani Palentini, tra Corradino di
Svevia e Carlo I D'Angiò.
La morte di Corradino segna infatti la caduta degli Hohenstaufen dal trono imperiale e
dal regno di Sicilia, aprendo alla nuova dominazione angioina.
Il feudo passò alla famiglia Orsini con il matrimonio tra una De Pontibus e Napoleone
Orsini.
Asta numismatica ARS CLASSICA 90
D/ ° ALEXADR PP ° V ° ; busto del pontefice con giglio sul petto.
R/ + ° TALIACOZO ° * ° ; lettere TALC a croce intorno a globetto.
argento
epoca : 1409 - 1410
rarità : RRR
C.N.I. 1 ; D.A. 1 ; G.F. 119 ; M.I.R. 797.
30
QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Nel 1409 Papa Alessandro V sancì, con una bolla pontificia, che il feudo passasse dal
Regno di Napoli allo Stato Pontificio, confermandone la titolarità al Conte Giacomo
Orsini. Proprio in questo periodo vennero coniati i bolognini in argento, ad oggi non si
conosco documenti sulla concessione di zecca.
La città rimase sotto il controllo della famiglia Orsini fino al 1497 quando venne
assegnata dal Papa ai Colonna.
BIBLIOGRAFIA :
CNI vol. XVIII - Corpus Nummorum Italicorum, Italia continentale, Zecche minori, vol. XVIII , Roma 1939 .
Chimienti e Rapposelli - M. Chimienti e F. Rapposelli, Monete Italiane Regionali,Edizioni Numismatica
Varesi, Pavia 2013.
D'Andrea e Andreani - A. D'Andrea e C. Andreani, Le monete dell'Abruzzo e del Molise, Mosciano 2007.
Giuliani e Fabrizi - A. Giuliani e D. Fabrizi , Le monete degli angioini in Italia meridionale, catalogo
monetario, Acquaviva Picena 2015 .
BRICIOLE NUMISMATICHE
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
I CONFINI DELLA NUMISMATICA
di VINICIO TRAMONTI
Questo piccolo spazio divulgativo ha l’intento di provare ad esplorare quegli ambiti nei
quali l’occuparsi in modo leggero – e tuttavia non banale – di monete significa,
contemporaneamente, andare a toccare i settori dell’arte, della lingua e della letteratura,
della religione, del cinema, dell’antropologia, della storia (ovviamente) e di volta in volta di
tanti altri. È chiaro che, in questo contesto, si può fare solo a livello di accenni e senza
un approfondimento particolare; pertanto, destinatari ideali di questa piccola rubrica
sono soprattutto i neofiti, coloro cioè che muovono i primi passi nel mondo affascinante
di monete, medaglie, banconote. Tuttavia, si sa che per alimentare o per tener vivo il
fuoco della passione occorrono non solo i grossi ceppi, ma anche i piccoli legnetti. È con
tale spirito, allora, che si consegnano queste righe a tutti i lettori del Gazzettino, con
l’auspicio di incuriosire i più inesperti, così magari da spingerli a volerne sapere di più e
sperando di gratificare, in ogni caso, anche i più "navigati".
In omaggio al nome di questa Rivista, per la sezione Numismatica e parole di tutti i giorni,
si è partiti col ricordo del legame tra le Gazzette veneziane e il nome di molti giornali. Per
quella di Numismatica e proverbi si è poi riportato un detto che cita lo stesso nominale.
Per concludere, si è rimasti in tema ‘Venezia’ anche con l’argomento Curiosità e
numismatica amena.
NUMISMATICA E PAROLE DI TUTTI I GIORNI
Gazzetta
Alcuni giornali conservano nel loro titolo la parola Gazzetta: gli sportivi italiani, ad
esempio, possono leggere quella dello Sport; i pugliesi sono affezionati lettori di quella del
Mezzogiorno; tutti noi possiamo prendere visione di leggi, decreti, altre norme, concorsi,
ecc... sulla G. Ufficiale e così via. Fino al XVIII secolo, il termine Gazzetta era preferito
genericamente
a
quello
di
"giornale"(l’uso
di
quest’ultimo
è
invece
prevalso
successivamente) proprio per definire un foglio periodico informativo con notizie di vario
genere. Ma da dove deriva il nome Gazzetta, il cui diminutivo è… Gazzettino?
Non tutti sanno che un giornale stampato a Venezia nel XVII secolo si chiamava Gazeta
dele novità il quale, a sua volta, prendeva il nome dal proprio… costo: 2 Soldi.
32
QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Sempre a Venezia, infatti, nel 1539 (durante il dogato di Pietro Lando) era stata emessa
per la prima volta una moneta del valore di 2 Soldi, detta appunto Gazzetta: era in bassa
lega e raffigurava i tipi del Leone al dritto, con legenda SANCTVS MARCVS VENETVS, e della
Giustizia seduta al rovescio, col motto DILIGITE IVSTITIAM. Motivo principale dell’emissione
fu quello di supplire alla scarsità di moneta spicciola per le transazioni minute. Furono
poi successivamente coniati anche multipli da 2, 3, 4 (detto Grossetto) e da 10 (Lirone o
Lirazza). Delle Gazzette così scrive Nicolò Papadopoli:
«Il pezzo da 2 Soldi non può essere se non quello anonimo con la figura della
Giustizia, il quale, col nome di Gazzetta, continuò ad essere battuto dalla Zecca
veneziana per oltre un secolo e di cui si conoscono infiniti esemplari variati, dove lo
stesso tipo è riprodotto con diverso stile e carattere secondo le epoche».4
Le Gazzette, battute anche con tipi diversi, e i loro multipli rimasero in circolazione fino
al 1722.
Venezia, monetazione anonima per i domini, sec. XVI. Gazzetta o 2 Soldi. Mi gr. 0,74 Leone
di S. Marco nimbato. Rv. La Giustizia seduta tra due leoni.
Ex Asta RANIERI 6, Lotto 930 (ingr.).
NUMISMATICA E PROVERBI
Tutto si fa colle gazzette
(come a dire: niente è impossibile se hai denaro a sufficienza per provvedere; oppure: per
far qualsiasi cosa occorre denaro)
4
Le monete di Venezia descritte ed illustrate da Nicolò Papadopoli Aldobrandini coi disegni di C. Kunz. Parte II: Da
Nicolò Tron a Marino Grimani 1472-1605, Venezia, Tipografia Libreria Emiliana, 1907 (cit. da p. 176).
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
CURIOSITÀ E NUMISMATICA AMENA
Quando il Ponte di Rialto si chiamava "Ponte della… moneta"
Il nome del primo ponte vero e proprio costruito a Rialto, realizzato tutto in legno, era
"Ponte della Moneta". Il motivo ce lo spiega Andrea Dandolo, 54° Doge dal 1343 al 1354,
che nel suo Chronicon data l’evento della costruzione al 1264 – durante il dogato di
Reniero Zeno (1253-1268) – ricordandolo con queste parole: «Civitas quoque Rivoaltina,
quæ mediatione Canalis hactenus divisa fuerat, nunc ex lignei pontis constructione unita
est, et appellatus est Pons ille de Moneta, quia priusquam factus esset, transeuntes
monetam unam vocatam Quartarolum valoris quartæ partis unius denarii veneti nautis
exolvebant» (La città Rivoaltina, fino a quel tempo divisa nel mezzo dal canale, fu allora
unita dalla costruzione di un ponte di legno, ponte che fu detto quello della Moneta
perché, prima che fosse costruito, coloro che attraversavano pagavano ai traghettatori
una moneta chiamata Quartarolo del valore della quarta parte di un Denaro veneto).
Il Quartarolo era una piccola moneta del valore appunto di un quarto di Denaro; fu
coniata in mistura, per primo dal Doge Enrico Dandolo (1192-1205) e pesava meno di 1
grammo. Nelle immagini il disegno di un Quartarolo di Enrico Dandolo tratto dal vol.1
del Papadopoli5 e la foto di un esemplare battuto al tempo della costruzione del ponte,
quindi sotto Reniero Zeno.
A sin.: Enrico Dandolo doge XLI, 1192-1205. Quartarolo, Mi gr. 0,776 + E D ADVLO DVX.
Nel campo lettere V N C E disposte a croce. Rv. + S MARCVS Croce accantonata da 4 gigli
A destra: Ranieri Zeno doge XLV, 1253-1268. Quartarolo, Mi gr.0,72 + RA GЄNO DVX.
Nel campo lettere V N C E disposte a croce. Rv. + S MARCVS Croce patente accantonata da
gigli. Ex Asta NAC 108, Lotto 39 (ingr.).
Le monete di Venezia…, cit., (Parte I), Venezia, Ferdinando Ongania Editore, 1893, tav. V, n. 10. Descrizione moneta a
p. 87.
5
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
IL RECENTE CAMBIO DI DRITTO NELLE MONETE
DI SAN MARINO E DEL VATICANO
di MIRCO TROMBINI
Nel 2017 sono avvenuti due importanti cambi di lato nazionale – vale a dire, il dritto –
delle monete per la circolazione ordinaria di due piccoli Stati dell’euro: la Repubblica di
San Marino e lo Stato della Città del Vaticano.
Nell’area italiana, sono stati i primi ad usufruire di questa possibilità offerta dalla
normativa comunitaria, che consente ciò ogni quindici anni.
Saranno esaminate nel dettaglio le scelte effettuate dai due Stati.
La Repubblica di San Marino, dall’anno 2002, ha mantenuto sempre le medesime
raffigurazioni sulle monete per la circolazione da 1 centesimo a 2 euro. Per tale Stato,
infatti, non è stato possibile avvalersi delle disposizioni europee che consentono
“aggiornamenti” di effigie nel caso di cambio dell’Autorità regnante, in quanto sulle
monete sammarinesi – per la vigente forma di governo – non sono raffigurate queste
personalità.
Dall’anno citato, sulle monete della piccola Repubblica erano rappresentate: sulla
moneta da 1 centesimo, la terza Torre (detta Montale); sulla moneta da 2 centesimi, la
Statua della Libertà sammarinese; sulla moneta da 5 centesimi, la prima Torre; sulla
moneta da 10 centesimi, la Basilica di San Marino; sulla moneta da 20 centesimi, la
raffigurazione di San Marino; sulla moneta da 50 centesimi, un panorama delle tre Torri;
sulla moneta da 1 euro, lo stemma della Repubblica e sulla moneta da 2 euro, il Palazzo
Pubblico. Si tratta soprattutto di monumenti, immediatamente visibili da chi si reca sul
posto, tanto da essere i simboli del territorio.
Dopo quindici anni, nel 2017, si è deciso di utilizzare la possibilità offerta dalla
normativa europea, che consente – trascorso il suddetto lasso di tempo – una modifica
del dritto di tutte le monete per la circolazione ordinaria, indipendentemente da qualsiasi
evento.
La Repubblica di San Marino ha quindi intrapreso questo iter, con il Comitato tecnico
artistico, organo della Repubblica istituito con la Legge 5 dicembre 2011 n. 188, il quale,
in base al Decreto Delegato 25 aprile 2014 n. 64 è «composto da tre membri scelti fra
soggetti aventi una comprovata preparazione culturale, una conoscenza delle dinamiche
di mercato e del mondo del collezionismo e comunque competenze o esperienze
funzionali al raggiungimento di buoni risultati di vendita e del rafforzamento del prestigio
delle tradizioni filatelica e numismatica sammarinese a livello internazionale». Esso «[…]
ha il compito di selezionare i temi oggetto delle emissioni filateliche e numismatiche».
Dopo l’approvazione dei temi selezionati da parte del Congresso di Stato, è stato scelto il
bozzettista maggiormente idoneo; in tal caso l’Artista tedesco Arno Ludwig.
La Dirigente dell’UFN sammarinese, Dott.ssa Gioia Giardi, racconta che si è potuto
ovviare all’inconveniente della lingua diversa (il Sig. Ludwig non parla italiano) grazie ad
una loro funzionaria in grado di parlare tedesco. All’Artista sono state poi mostrate le im=
35
QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
magini dalle quali ricavare i bozzetti, fotografie di monumenti sammarinesi meno
conosciuti di quelli rappresentati in precedenza, allo scopo di maggior valorizzazione e
promozione del territorio. Sono stati così rappresentati: sulla moneta da 1 centesimo, lo
stemma della Repubblica; sulla moneta da 2 centesimi, la Porta di San Francesco; sulla
moneta da 5 centesimi, la Chiesa dei Cappuccini; sulla moneta da 10 centesimi, la
Chiesa di San Francesco; sulla moneta da 20 centesimi, un panorama delle tre Torri;
sulla moneta da 50 centesimi, un ritratto di San Marino; sulla moneta da 1 euro, la
seconda Torre, detta Cesta e sulla moneta da 2 euro, un ritratto di San Marino nell’atto
di sostenere il Monte Titano.
Le immagini delle nuove monete sammarinesi
(per gentile concessione UFN San Marino)
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Per quanto riguarda la Città del Vaticano, oltre a cambi effettuati nel passato, si era
recentemente verificato – con l’elezione di Papa Francesco – un cambio di faccia nell’anno
successivo all’evento, il 2014, in quanto per il 2013 erano già state coniate le monete con
Papa Benedetto XVI.
Tali monete del 2014 recavano ovviamente l’effigie del Papa di recente elezione e sono
state coniate fino al 2016. Per l’anno successivo, appunto il medesimo in cui anche la
Repubblica di San Marino ha cambiato il proprio lato nazionale delle monete per la
normale circolazione, Papa Francesco ha espresso il desiderio – reso noto ed ufficiale
mediante una comunicazione della Segreteria di Stato – di non comparire più con il volto
in qualsiasi emissione su tondello. La scelta è stata dettata da motivi connessi alla
morale religiosa; l’immagine del Pontefice mal si concilierebbe con il mero denaro o con
un materiale prezioso. Il soggetto sostitutivo scelto, quindi, è stato il suo stemma, il cui
modello in gesso è stato realizzato dall’Artista Daniela Longo.
Nonostante la già citata normativa europea che consente un cambio di dritto solamente
trascorso il periodo di quindici anni, si è ugualmente proceduto alla coniazione delle
nuove monete vaticane; è stato così possibile esaudire, grazie anche agli organi
comunitari, il desiderio di Papa Francesco, realmente pieno di significato.
Per quanto riguarda il lato artistico delle nuove monete vaticane, si deve innanzitutto
ricordare che Daniela Longo è da tempo collaboratrice con il Vaticano ed ha realizzato –
non solo nella monetazione in euro – opere molto apprezzate dai collezionisti; il suo
rapporto con la Numismatica ha radici profonde e connesse ad un fatto emozionante.
Racconta che «nel 2005, durante le esequie di San Giovanni Paolo II, il Maestro di
cerimonie depositò nel feretro del Santo Padre alcune monete e medaglie emesse durante
il suo Pontificato, tra le quali anche la mia prima moneta realizzata nel 2000 per
commemorare il “bimillenario della Nascita di Gesù Cristo”. Contemporaneamente, sulla
rivista specializzata Cronaca Numismatica, uscì un articolo che titolava “È Daniela Longo
la mamma del bambinello in argento” e sempre negli stessi giorni venni a conoscenza di
essere in attesa di mio figlio».
Sul rapporto professionale con l’UFN del Vaticano, Daniela Longo riferisce: «gli artisti
dell'UFN lavorano in stretta collaborazione con il Direttore Mauro Olivieri. Questo
rapporto è fonte di scambio di idee, di informazioni, di passione. L'obiettivo è sempre
quello di realizzare lavori di qualità, spaziando tra i vari temi, quelli classici o quelli
specifici, oggetto della produzione filatelica e numismatica dell'Ufficio. Ogni volta affronto
delle sfide per realizzare bozzetti che trasmettano contemporaneamente originalità,
bellezza e immediatezza del messaggio. Il tutto concentrato nella piccola dimensione di
un tondello. È un viaggio continuamente vivo e nuovo pur trattandosi sempre di monete».
Durante la realizzazione della nuova divisionale, non vi sono particolari aneddoti,
essendosi svolto il tutto in maniera ordinaria, ma sicuramente è stato come sempre un
grande lavoro dell’Artista.
Alcuni tagli delle nuove monete di San Marino e del Vaticano sono stati immessi nella
circolazione ordinaria; oltre all’acquisto presso i rispettivi Uffici o tramite i commercianti
delle serie complete, è stato e sarà quindi possibile ritrovarli – con grande stupore di
collezionisti ed appassionati – nelle monete che quotidianamente ci possono capitare in
mano.
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Il bozzetto della nuova moneta da 2 euro della Città del Vaticano
(immagine gentilmente concessa da Daniela Longo)
Si ringraziano: Dott.ssa Gioia Giardi (UFN San Marino), Dott. Mauro Olivieri (UFN
Vaticano) e l’Artista Daniela Longo.
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
L'ARGENTO DEL NUOVO MONDO
I Reali Maltagliati ribattuti in Sardegna da Filippo II e dai suoi successori
di BENEDETTO MURA
Dopo la scoperta del Nuovo Mondo da parte di Colombo nel 1492, la Spagna optò per
una politica espansionistica nel continente Americano, i Conquistadores Hernàn Cortéz
(1485-1547) e Francisco Pizarro (1475-1541) presero Tenocticlan (1521) e Cuzco (1533).
Essi sottomisero le popolazioni degli Aztechi e degli Inca rispettivamente. Nel 1546, ci fu
la capitolazione dei Maya, Il Regno di Spagna s'impadronì così di un vasto territorio che
va dall'attuale Messico fin a buona parte del Sud America, con l'esclusione del Brasile di
proprietà del Portogallo dopo il trattato di Tordesillas (1494), che sancì la spartizione del
Mondo tra i due Imperi. Tutto questo diede il via ad un periodo di depredazione totale
delle ricchezze di questi popoli, oro, argento e pietre preziose ed ogni altra tipologia di
merci che potesse avere un valore commerciale.
Queste risorse vennero subito accaparrate dagli Spagnoli ed inviate in Patria, ma tutto
questo non sarebbe potuto durare a lungo, per il semplice motivo che prima o poi anche
le ricchezze di questi popoli sarebbero finite e, soprattutto, l'oro e l'argento - che all'inizio
affluivano copiosi - sarebbero terminati. Inoltre, questi ultimi, non sarebbero stati
sufficienti a far diventare la Spagna quella superpotenza coloniale che poi divenne nei
secoli successivi, infatti i primi quantitativi di oro e argento delle Americhe vennero usati
sicuramente per le numerose guerre che Carlo V (1516-1556) dovette sostenere nello
scenario Europeo e Mediterraneo nella prima metà del XVI secolo.
Tutto cambiò con la scoperta di vari giacimenti d'argento, tra i quali quelli più importanti
e ricchi furono a Potosì (1545) e Zacatecas (1546). questi avvenimenti fecero sì che il
quantitativo d'argento che arrivò in Spagna aumentasse esponenzialmente. Nel 1556
Carlo V abdicò ed il suo immenso Impero fu diviso tra suo fratello Ferdinando I (15561564) che ereditò l'Austria ed il titolo del Sacro Romano Impero e suo figlio Filippo II
(1556-1598) che ereditò la Spagna con tutti gli altri possedimenti Europei compreso il
Regno di Sardegna ed il Ducato di Milano. Durante il regno di Filippo II l'argento che
venne estratto dalle colonie arrivava nel porto di Siviglia, l'unico ad essere autorizzato a
ricevere tutte le merci provenienti dalle Americhe, in due modi:
1) come moneta coniata nei due Vicereami, quello della Nuova Spagna e quello del Perù
dove vennero aperte le Zecche di Città del Messico (1535) e di Potosì (1574-1575) oltre ad
altre minori come Santo Domingo e Lima.
2) sotto forma di pani, per essere poi coniati in Spagna nelle varie Zecche, come a
Segovia, Siviglia, Granada e Valladolid.
Dopo la scoperta di alcuni ricchi giacimenti argentiferi nelle Alpi e nel nord Europa, si
iniziarono a coniare le prime monete di grande spessore. Iniziò Venezia con la Lira Tron
nel 1472 e poi Milano nel 1474 con il Testone di Galeazzo Maria Sforza. L'arciduca
Sigismondo nel 1477 fece coniare due monete di grandi dimensioni, il Guldiner e
l'Haldguldiner dal peso di circa 31,93 g. la prima e 15,96 g. la seconda.
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Nel 1528 Ferdinando d'Austria coniò una moneta di circa 26,39 g. chiamata
Joachimsthaler, in seguito chiamata più comunemente Taler (Tallero). Tutte queste
monete, presto riscossero un grande apprezzamento internazionale ed una straordinaria
diffusione, differenziandosi da quelle medievali antecedenti che venivano battute su dei
tondelli molto sottili.
Ferdinando II d'Aragona (1479–1516) e Isabella di Castiglia (1474-1504), con due riforme
monetarie nel 1475 e nel 1497, misero un po' di ordine nella caotica situazione
monetaria Spagnola, ma la moneta rimaneva sempre di stampo medievale.
Successivamente con real cedula del 1537 si iniziò la coniazione nella Zecca di Città del
Messico di monete da 8, 4, 2, 1 e ½ Real. La moneta da 8 all'inizio non era ben vista, ma
poi fu accettata e richiesta dai mercati per il suo conveniente peso, anch'essa di grosso
modulo dal diametro irregolare del peso di circa 27,5 g. e si diffuse ben presto in tutto il
mondo, accettata anche in Cina come unico mezzo di pagamento.
Filippo II (1590) - Maltagliato da 8 Real in Argento 27,38 g. della zecca di Siviglia.
D/Stemma coronato; R/Croce con le armi di Castiglia e Leon.
Numismatica Ranieri S.r.l. - Asta 7 del 16 Novembre 2014
Queste monete, sotto Filippo II (1556-1598), arrivarono anche nel Regno di Sardegna.
Rozze, mal coniate, tosate e quindi calanti di peso, non venivano ben accettate nelle varie
transazioni a danno dell'economia isolana. Il Regio Consiglio, con deliberazioni del 15621563, decise che tali monete fossero accettate a peso: questa soluzione non poteva
durare a lungo perché comportava la sensibile diminuzione del numerario circolante e
praticamente riduceva la moneta al solo metallo, dato che la monetazione di tutte le
zecche della Corona Spagnola dovevano avere la stessa lega argentea si decise di ritirarle
e rifonderle per coniarne di nuove, di bell'aspetto e di buona lega, al taglio di Reali 10, 5,
3, 2 e 1.
Questo fece sì che in circolazione si trovassero sia le nuove monete che quelle rozze e di
bassa lega provenienti dai territori Spagnoli. Le prime furono tesaurizzate o esportate e le
seconde rimasero in circolazione creando un danno all'economia del Regno Sardo. Il
Regio Consiglio dovette cercare una soluzione che impedisse questa situazione, trovando
il modo di ristabilire il numerario circolante, evitare la tesaurizzazione o l'esportazione ed
allo stesso tempo doveva mantenere invariati i valori delle monete con quelli del resto
della Corona Spagnola. L'unica soluzione a questi problemi, era quella di coniare nuove
monete abbassando il loro valore intrinseco ma mantenendo le caratteristiche precedenti,
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
questo avrebbe comportato tutta una serie di provvedimenti che non avrebbero
soddisfatto l'urgenza del momento, oltre ad una sensibile spesa per le nuove coniazioni.
Il modo più pratico ed economico quindi, fu quello di procedere alla ribattitura dei pezzi
da 8, 4 e 2 Reali per ottenere nominali da 10, 5 e 2½ di conio Sardo da poter immettere
immediatamente in circolazione.
Fu così che fecero la loro comparsa in Sardegna queste particolari monete chiamate
"Patacconi", oggi conosciute come "Maltagliati" e che continuarono poi ad essere emesse
anche negli anni avvenire.
La coniazione di Maltagliati non si interruppe ed anche Filippo III (1598-1621) coniò
questa tipologia di monete, nei nominali da 10 e 5 Reali. Per quanto riguarda il pezzo da
10 Reali, fino ad oggi sconosciuto, illustrato nell'articolo di Panorama Numismatico
dell'Ottobre del 2017 da Adelaide Mura e Riccardo Rossi, è una moneta da 8 Reali di
Filippo III con impronte di ribattitura dei 10 reali Sardi di Filippo II. La suddetta,
alquanto inaspettata, infatti si sarebbe potuta immaginare più comunemente come una
moneta da 8 Reali di Filippo III ribattuta con le impronte dello stesso sovrano mentre il
pezzo originale è di Filippo III e la ribattitura è fatta con le impronte di Filippo II, la
ragione di questo non è conosciuta, forse perché nella zecca di Cagliari non furono mai
approntati conii per questa tipologia di moneta di Filippo III. Sta di fatto che viene
trovata per la prima volta una moneta da 10 Reali Maltagliati ribattuta durante il Regno
di Filippo III, colmando un vuoto nella serie coniata da questo sovrano.
Filippo IV - 10 Reali Maltagliati - Argento g 27,09 - mm 45 - Zecca di Cagliari.
D/: Busto coronato a destra – R/: Croce e quattro globetti.
www.numisbids.com - Bertolami Fine Arts - auction 7 20-21 may 2013
Anche Filippo IV (1621-1665) continuò la coniazione di Maltagliati nei tagli da 10, 5, 2½
e 1 Reale: quello da 1 venne coniato per la prima volta. Durante il suo regno, nella zecca
di Potosi tra il 1630 ed il 1650, con la complicità del personale operante nella stessa si
ebbe una massiccia opera di "falsificazione" di monete (per falsificazione, qui si intende
"coniare monete con una minore percentuale di argento") che ben presto si diffusero in
tutti i mercati, tanto che in molte piazze vennero rifiutate. Per questo motivo, a Milano,
con l'editto del 1648 si proibiva la circolazione dei Crosoni o Reali da 8 coniati in Perù e a
Siviglia, che venivano introdotti da Genova.
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
L'ultimo a coniare maltagliati fu Carlo II (1665-1700) con i pezzi da 10 e 2 ½. Ormai, la
maggior parte delle monete in circolazione erano tosate o comunque calanti di peso, per
questo non accettate e si dovette intervenire; così, nel 1671, si decise la coniazione di
nuove monete da 10 e 2 ½ con contorno regolare e con buone impronte, tramite l'uso di
una pressa acquistata dalla zecca di Cagliari nel 1668.
I Maltagliati Sardi, emessi inizialmente alla fine del Regno di Filippo II, fecero la loro
comparsa per questioni pratiche ed economiche. Con l'avvicendamento dei Sovrani le
cose non migliorarono e le coniazioni di questa tipologia di moneta continuarono nei vari
tagli, aggravando la situazione dell'economia del Regno Sardo, finché - sempre per motivi
economici - si ritenne necessario sostituirli. Queste monete non perfette, rozze, mal
coniate e poi ribattute, nonostante non siano apprezzabili per la loro bellezza esteriore,
hanno una loro affascinante storia che le rende particolari agli occhi di un appassionato
di numismatica.
Dedico questo mio articolo alla mia compagna Alessandra ed alla memoria di mia sorella
Antonella
Bibliografia
Adelaide Mura, con la collaborazione di Riccardo Rossi - Una moneta inedita: 10 reali di Filippo II battuti
sotto Filippo III – Pag. 29 – Panorama Numismatico Ottobre 2017
Antonio Lenza – Storia della moneta in Sardegna – Edizioni della Torre 2008
Carlo M. Cipolla – Conquistadores, pirati, mercatanti – il Mulino 2011
Enrico Piras – Le monete della Sardegna dal IV secolo A.C. Al 1842 – Stampacolor 1996
Enrico Piras – Manuale delle Monete medievali e moderne coniate in Sardegna – LSI 1980
Enrico Piras – Monete della Sardegna – Amministrazione Provinciale Sassari 1985
José Manuel Olivares – Acunaciones a martillo de dominio Espanol – 2015
Juan Montaner – Las monedas Espanolas a travers del tiempo – Expo Galeria 2007
Mariano Sollai – Monete coniate in Sardegna nel Medioevo e nell'evo moderno (1289-1813) – Ed. Gallazzi 1977
Mario Limido – Milano raccontata dalle sue monete e medaglie - 2016
Siti internet – www.lamoneta.it e www.Wikipedia.org
BRICIOLE NUMISMATICHE
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
TOLLERO "LA FORTEZZA" - MONETAZIONE PER LIVORNO
di RODOLFO CANTINI
La prima raffigurazione iconografica della
Fortezza Medicea di Livorno, apparve nel
rovescio del Quarto di Tollero sotto la
monetazione
di
Cosimo
III
nel
1683.
Indicato come R2 in argento 920 e del peso di
6,2/6,9 grammi per un diametro di 25/26 mm.
Nella raffigurazione del rovescio sopra la torre
sinistra la bandiera e in alto centrale "FIDES".
Al diritto il busto di Cosimo III coronato.
Jan Frans van Douven (1656 –1727):
ritratto di Cosimo III ( 1642 - 1723)
L'altra espressione, definitiva, della Fortezza
Medicea avvenne dal 1707 sino al 1726 sul
Tollero in argento.
Sotto Cosimo III:
1707
1708
1711
1717
1720
1723
R
R
R
RR
RR
RRRR
Cosimo III (1670-1723): Tollero d'argento del 1717 – ASTA VARESI 69, lotto 1501
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Al Diritto, il busto a testa nuda, con lunga capigliatura e data in basso.
Al Rovescio, la Fortezza vecchia di Livorno, in alto grande la corona chiusa in basso
"FIDES".
Legenda al D/: COSMUS.III.D.G.MAG.DUX.ETRURIA EVI
Legenda al R/: ET PATET ET FAVET
L'iconografia al Rovescio raffigura la fortezza vecchia di Livorno sormontata da corona
chiusa a distanza variabile dalle due torri con il motto ET PATET ET FAVET
dove compare, sotto la terra della fortezza, fra due punti "FIDES".
Stava a significare "favorisce ed è aperto" in palese riferimento al porto di Livorno.
Nella monetazione di Cosimo III si osserva al diritto il Granduca senza la corona reale sul
capo, bensì, sopra nel rovescio, la veduta dell'ingresso della fortezza vecchia di Livorno,
che è l'arme della detta città con lettere FIDES e il motto intorno ET PATET ET FAVET
del diametro di 41/42 mm e del peso di 26,2/27,70 in argento 920.
Questo tollero per il Levante venne coniato a Firenze.
Sotto Gian Gastone:
1723
1724
1725
1726
RRR
RRRR
RRRR
RRRRR
Gian Gastone (1723-1737): Tollero d'argento – HERITAGE AUCTIONS, lotto 32285
Al Diritto, il busto grande del Granduca a testa nuda con lunga capigliatura corazza
liscia e data in basso.
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Al Rovescio, la fortezza vecchia di Livorno sormontata da corona che è a distanza
variabile dalle due torri ET PATET ET FAVET ed in basso "FIDES".
Legenda al D/: IOAN.GASTO.I.D.G.MAG.DUX.ETRUR .VII.
Legenda al R/: ET PATET ET FAVET e anche qui dove compare, sotto la terra della
fortezza, fra due punti "FIDES".
Nel 1723, il Granduca, è raffigurato senza la maschera di Pan sul petto.
Nel 1726, data più rara (R5), la testa è più piccola e l'intera composizione è come inclusa
in un triangolo il cui vertice superiore risulta molto acuto; la data in basso.
Nota di riferimento storico:
Economicamente il Granducato continuava a sopravvivere solo grazie ai traffici sempre
attivi dei mercanti che determinavano, con la loro richiesta, l'attività della zecca. Intensa
la coniazione soprattutto nel campo delle monete per i mercati esteri, i conii molto
probabilmente erano da attribuire a Massimiliano Soldani Benzi e altri Zecchieri; dal
1722 incomincia a lavorare, al fianco del Benzi come apprendista, anche Lorenzo Maria
Weber.
Il Tollero d'argento con l’impronta col porto rimase immutata nel tempo e continuò a
diffondersi attraverso i commerci fino al 1706; dal 1707 invece, pur rimanendo
inalterato nel peso e nella valuta, il Tollero cambia nell’iconografia raffigurando sul
rovescio la fortezza di Livorno sormontata da corona regale chiusa in quanto Cosimo III
nel 1691 aveva ottenuto dall'imperatore il "trattamento regio".
" Il Granduca si rese al buono col fare limosine infinite ed altre opere pie sia in Firenze e
per lo stato quanto in varie parti d'Europa, dell'Asia e dell'Africa e fino alle Indie, tutte cose
sante e buone se tali limosine fatte l'avesse col suo denaro, ma facendole con quello dei
poveri suoi sudditi, quali fino che visse taglieggiò di tale sorte, che gli premè affatto il
sangue, con rovina irreparabile della negoziazione, che affatto è restata depressa e
incagliata e tutti i suoi sudditi rovinati." [tratto da un manoscritto dell’epoca in “Dalla
monetazione medicea. Le monete d’argento di grande modulo battute nelle zecche del
Granducato di Toscana sotto la Signoria dei Medici“ di Gustavo Di Giulio]
Nel 1723 Cosimo III morì dopo 53 anni di governo debole e tirannico e le sorti del suo
regno sembravano ormaì già segnate e delineate da mire ambiziose di numerosi regnanti
europeì.
La Toscana, già fin dal 1735 (vivente ancora Gian Gastone) veniva concessa al Duca dei
Lorena Francesco Stefano dal trattato di Vienna. Così avvenne il passaggio del
Granducato non più alla Spagna, come doveva essere, ma alla casa dei Lorena.
Con Gian Gastone, il Tollero d'argento con l'immagine della fortezza vecchia di Livorno
sul rovescio introdotta nel 1706 da Cosimo III, raggiunse il suo massimo livello
qualitativo per la ricchezza barocca e finezza d'incisione e continuò ad essere accolto con
favore e a diffondersi sia nei mercati forestieri che nell'uso locale fin quando il suo corso
venne abolito con i "Restritti Sovrani" il 26 Dicembre 1836 e il 17 Gennaio 1837.
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Particolare fortezza vecchia di Livorno – Collezione privata.
BIBLIOGRAFIA:
Gustavo Di Giulio - Dalla monetazione medicea. Le monete d’argento di grande modulo battute nelle zecche
del Granducato di Toscana sotto la Signoria dei Medici - Milano 1984
Arrigo Galeotti - Le monete del Granducato di Toscana - Livorno 1929
Attilio Manzoni - Granducato di Toscana, Villa Fornaci - Milano 2001
Alessio Montagano - Monete Italiane Regionali, Toscana, zecche minori, Pavia
Andrea Pucci - Le monete della Zecca di Firenze epoca Medicea, Cosimo III – Gian Gastone (1670 – 1737) 2008
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
LO STATERE DELLA RIFONDAZIONE
di FEDERICO DE LUCA
Sibari fu fondata tra il 720 e il 708 a.C. da Achei del Peloponneso guidati da Is di Elice,
come riferisce Strabone (Strab. VI, 1, 13) e provenienti per lo più delle zone di Elice, Bura
ed Ege. La zona prescelta per il nuovo insediamento fu un’ampia e fertile pianura
compresa tra il fiume Crati e il fiume Sibari (attuale Coscile) affacciata sul golfo di
Taranto.
La colonia di Sibari, in breve tempo, divenne la meta di migranti provenienti anche da
altre aree dell’Ellade, a cominciare dalla città di Trezene, antico centro dell’Argolide
orientale. La popolazione che in precedenza viveva in quella zona (i Coni dalle origini
greche) fu rapidamente integrata nel nuovo insediamento che divenne presto una grande
e ricca polis. Tanto splendore era dovuto in massima parte alla ricchezza del territorio:
una pianura fertilissima che produceva cereali in abbondanza, colline che si prestavano
alla coltivazione della vite e montagne che fornivano legname, argento ed altri metalli,
miele e lana. Pur non possedendo un buon porto, la città era situata accanto alla foce dei
fiumi Sibari e Crati che all’epoca dovevano essere navigabili e ciò le permetteva i
commerci per mare.
Sibari divenne presto sinonimo di ricchezza, abbondanza e lusso ed era conosciuta anche
come la città della tryphè (“lusso”, “mollezza”) in cui si tenevano interminabili banchetti,
giochi in onore degli dei ed in cui vi era un vero e proprio culto della tranquillità: si pensi
che proprio per garantire la tranquillità dei cittadini erano vietati i lavori rumorosi e
perfino l’allevamento dei galli all’interno delle mura di Sibari.
La potenza e l’opulenza raggiunta da Sibari è ben rappresentata da un episodio. Erodoto
narra che Clistene, tiranno di Sicione (605-575 a.C. ca.), indisse una sorta di concorso
per dare alla figlia Agariste un marito di rango adeguato a quello della città istmica che
era una delle polis più potenti dell’epoca. Tra i pretendenti si presentarono anche il
sibarita Smindiride, figlio di Ippocrate, “l’uomo che aveva raggiunto il massimo
dell’opulenza (Sibari era a quei tempi al suo apogeo) e Damaso di Siri, figlio
di Amiride detto il saggio” (Hdt. VI 127). Questa partecipazione non sfuggì a tutti gli
scrittori che trattarono di Sibari e dei suoi logoi, racconti in chiave romanzata, perché il
primo pretendente sibarita aveva al suo seguito uno stuolo di inservienti e schiavi di ogni
genere (cuochi, uccellatori, pescatori, artigiani) tanto che avrebbe superato per
magnificenza lo stesso potente tiranno di Sicione (Athen. XII, 7; Tim. FGrHist 566 F9;
Aelian., v.h. IX 24; Seneca, de ira, II 25; Diod. VIII 19). Nel racconto degli autori antichi il
ricco Smindiride diviene quasi il simbolo negativo dell’opulenza di una tra le città più
potenti dell’epoca: il lusso sfrenato dei sibariti viene condannato come eccessivo e
diventerà la causa della stessa distruzione di Sibari (Diod. XII 9; Strab. VI 1, 13, 263 c),
come vedremo meglio in seguito.
Gli altri Greci, oltre che dal lusso, erano impressionati anche dal suo carattere
multirazziale di Sibari che continuò sempre ad accogliere migranti, prevalentemente
italici, favorendone l’integrazione.
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Questa commistione di popoli a molte altre poleis risultava essere inammissibile e
inconcepibile (Xen., Hell. V 2,12; Isoc. XIV 8); in particolare suscitava forte perplessità la
concessione della cittadinanza a tutti i nuovi venuti, anche se privi di meriti particolari
(Xen., Hell. V 2,12; Isoc. XIV 8). Questo ampliamento demografico indiscriminato e
l’azzeramento di ogni differenza tra cittadini a pieno diritto e meteci, greci di madrepatria
e indigeni ‘barbari’, tra città e chora, tra ceto commerciale-artigianale e ceto contadino,
tra coloni e popolazione autoctona, scandalizzava gli uomini di cultura e i politici delle
altre poleis e veniva giudicato come una vera e propria barbarizzazione.
Ma questa politica di integrazione aveva per la società sibarita effetti assolutamente
benefici perché assicurava una popolazione crescente, un continuo aumento del
benessere sociale e un esercito potente e motivato. Questa apertura culturale verso l’altro
era stata importata dalla regione d’origine dei coloni sibariti e fu ben compresa da Polibio
secondo cui gli achei “non riservano privilegio alcuno ai suoi fondatori, ma concedendo
assoluta parità di diritti a quanti di mano in mano si associavano, la lega achea ben
presto raggiunse lo scopo prefisso con l’appoggio di due validissimi alleati: l’uguaglianza
e la liberalità” (Pol. II 38, 8).
Fig. 1: Le città della Magna Grecia rientranti nell’orbita di Sibari
nel periodo del suo massimo splendore (VI secolo a.C.).
L’esperienza politica sibarita, così, anticipò in tutto e per tutto la convivenza tra popoli
diversissimi tra loro che si verificò sotto l’Impero Romano, come chiarito icasticamente
nel trattato (riportato su una tavoletta bronzea rinvenuta ad Olimpia: cfr J. L.
Lambole,yLes Grecs d'Occident, pag. 143))tra i Serdaioi, popolazione ancora da identifi=
care e i Sibariti, in cui questi ultimi firmano non semplicemente come “i Sibariti”, ma
come “i Sibariti ed i loro alleati (symmachoi)”.
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Oltre al trattato con i Serdaioi, un altro passo decisivo per conoscere quale fu la potenza
raggiunta nel VI secolo a.C. da Sibari ce lo fornisce Strabone. Scrive, infatti, lo storico e
geografo: «La città raggiunse anticamente tanta fortuna che esercitò il suo potere su quattro
popoli vicini; ebbe assoggettate 25 città; inoltre con le sue abitazioni, riempiva tutt’intorno
lungo il fiume Crati un cerchio di 50 stadi (= circa 9 km)» (Strab. VI 1, 13, 263C). Oltre
all’inserimento dei Serdaioi tra i quattro popoli assoggettati o alleati, gli studiosi hanno
tentato anche l’identificazione delle città rifacendosi ai celebri frammenti di Ecateo di
Mileto (Ecat., FGrHist 1 FF 64-71), riportati in Stefano di Bisanzio, in cui sono enumerate
alcuni pagi dell’Enotria (tra quelli identificati: Arinthe, Artemision, Erimon, Ixias,
Menekine, Ninaia, Kyterion, Kossa, Melanios, Syberene), che si suppone egli conoscesse
bene, visti gli stretti rapporti tra Sibari e Mileto.
Ispirandosi a realtà orientali ad essa coeve e al patrimonio culturale eroico-omerico,
Sibari aveva dato vita ad una sorta di impero con una struttura di potere di tipo
piramidale che ad essa faceva capo, e con una organizzazione territoriale per “distretti”:
la polis arrivò così a controllare un territorio che si estendeva a sud fino alla foce del
fiume Traente, al confine con Crotone, e a nord fino alla piana del fiume Sinni e alla città
di Metaponto; sul versante tirrenico, invece, la sua influenza arrivò fino a Temesa e
Terina, tra le attuali Amantea e Lamezia Terme a Sud e fino a Poseidonia a Nord (vedi
figura n.1).
E per poter sostenere un volume così alto di traffici, la città italiota si dotò di una
moneta propria che presenta al dritto un toro retrospiciente e al rovescio l’incuso del
dritto (figura n.2); la legenda è quasi sempre riportata al dritto ed è [MV].
Figura n.2: statere in argento (8.02 g) coniato a Sibari nel 540-520 a.C. circa. D: toro a
sinistra con la testa girata a destra; in esergo MV = (). R.: incuso del diritto (Leu
Numismatik AG (1991-2007), Auction 81, lot 25, 16/05/2001).
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QUELLI DEL CORDUSIO - A NEW DEAL
Il sistema ponderale era basato sul piede acheo-corinzio. La prima attestazione delle
monete di Sibari si ha nel tesoretto di Sambiase (CZ) che comprendeva una barretta di
argento, 56 stateri sibariti (Classe A) e due monete corinzie (I periodo Ravel). Le monete
di Corinto del tesoretto di Sambiase sono datate in un periodo compreso tra il 570/560
e il 515 a.C. e per il loro ottimo stato di conservazione, sono databili al 540 a.C. circa,
per cui si può ipotizzare che la data del seppellimento risalga al 520 a.C. circa.
1
2
Figura n.3: N.1: statere in argento (7.48 g, 28 mm) coniato a Poseidonia nel 530-500 a.C. D:
Poseidone che avanza verso destra brandendo un tridente con una clamide appoggiata
sulle braccia: legenda: (). R: incuso del diritto (Roma Numismatics Limited,
Auction 2, lot 27, 2/10/2011). N.2: statere in argento (7.78 g) coniato a Metaponto nel VI
secolo a.C. D: spiga di grano; legenda META(). R.: incuso del diritto (UBS Gold &
Numismatics, Auction 59, lot 4020, 27/01/2004).
Questo rappresenta attualmente il dato più attendibile per la datazione della nascita
della monetazione sibarita anche se basato su mere ipotesi.
Ma monete che recavano al rovescio l’incuso del diritto furono coniate anche nelle altre
città sottoposte al controllo di Sibari, come Poseidonia e Metaponto (figura n.3):
l’adozione del sistema di coniazione incuso (negativo) da parte di tutte le città italiote è
proprio la prova del carattere di lega o confederazione con tutte le città controllate della
forma di potere instaurata da Sibari.
Fu proprio per la sua politica espansionistica, evidentemente, che Sibari intorno al 520
a.C. entrò in conflitto con Crotone. La goccia che fece traboccare il vaso fu poi
l’evoluzione “democratica” del regime sibarita, ad opera di Telys, l’ultimo tiranno di Sibari
e del suo impero. Telys era un tiranno di stampo o estrazione democratica giunto al
potere prima del 524 a.C. con una vera e propria rivoluzione, un sommovimento
popolare, e quindi seguendo un percorso ben diverso da quello che in genere
caratterizzava gli strategòi autokràtores (dictatores), che ottenevano il potere con un colpo
di stato basato sul controllo militare, dopo aver ottenuto la carica. Il tiranno sibarita
raggiunse il potere con l’appoggio del popolo e la sua avversione al potere oligarchico fu
talmente accentuata che scacciò dalla città 500 ricchi aristocratici confiscandone i beni,
instaurando così un regime fortemente ‘antiplutocratico’ nell’ambito di una vera e propria
rivoluzione sociale. Gli esuli trovarono rifugio nell’oligarchica Crotone che allora era
guidata da Pitagora e questo fu il casus belli che fece esplodere il conflitto tra le due città.
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Telys, infatti, inviò ambasciatori ai Crotoniati a cui intimò la restituzione degli esuli, pena
la guerra.
L’arrivo, almeno vent’anni prima di Pitagora, in un lasso temporale compreso tra il 540 e
il 530 a.C. ca., aveva impedito che Crotone, già sotto l’influenza della rivale, cadesse
totalmente nell’agio e nel lusso propri dei Sibariti: il filosofo, matematico, consigliere
unico della città stava portando avanti ormai da almeno un paio di decenni una sorta di
rinascita morale e materiale: una sorta di opposizione imprevista alla tryphè sibarita, che
divenne prima tensione e poi scontro aperto quando Crotone affrontò la guerra,
rifiutandosi di riconsegnare gli aristocratici sibariti riparati nell’agorà della città (Diod.
XII 9 3-4; Jam. VP, 177).
La battaglia finale avvenne nel 510 a.C., dopo 70 giorni d’assedio, in un’area compresa
tra la città di Lacinia e l’attuale Piana di Sibari, nei pressi del fiume Traente. Crotone,
nonostante l’inferiorità numerica, si impose con le sue armate guidate da Milone, l’atleta
olimpionico plurivittorioso divenuto stratega dell’esercito. La città venne distrutta e
cancellata definitivamente dai Crotoniati che deviarono il corso del fiume Crati
sull’abitato. Decisivo per gli esiti della battaglia fu l’intervento di Dorieo, re di Sparta, che
giunse con le sue truppe in soccorso dei Crotoniati da cui era stato chiamato. Secondo
Erodoto i Sibariti scampati alla distruzione della città si rifugiarono nelle cittadine di Lao
e Scidro, sul Tirreno.
Si era così concluso con la distruzione di Sibari, un lungo e strisciante confronto fatto di
invidie e gelosie tra due città e due culture molto diverse tra loro: Crotone, ancora legata
ad una economia agricola e pastorale da una parte, Sibari dall’altra che, emulando
Corinto, anticipando Atene e affiancandosi a Mileto aveva istituito un’arte commerciale di
ampio respiro, alimentando gli scambi e costituendosi tramite unico tra l’Asia Minore e
l’Etruria.
Per comprendere i reali motivi di un simile epilogo della storia di Sibari bisogna leggere il
passo di Erodoto in cui parla dell’enorme ricchezza di Sibari (Hdt. VI 127, 1): non si
tratta di semplice benessere ma di ricchezza smodata e piena di sé tanto da condurre
Sibari, incapace di raggiungere il livello agonistico dei crotoniati, a disertare le
competizioni sportive a Olimpia e a mettere su delle vere e proprie Olimpiadi ‘private’, per
evitare appositamente il confronto con i Crotoniati, vincitori praticamente perenni ed
incontrastati dei giochi olimpici per tutto il VI secolo. L’istituzione di Olimpiadi proprie
sconcertò gli autori antichi perché Crotone seguì a sua volta l’esempio sibarita, causando
in tal modo un regresso nelle relazioni fra tutti i Greci, e poi perché a Sibari i premi non
erano corone simboliche come ad Olimpia ma premi in danaro o in ricchezze come negli
agoni epici (Tim. Fr. 45; Heracl. Pont. fr.49 WEHRLI apud Athen. XII 522; Timeo FGrHist
566 F45). Questo episodio ha chiaramente contribuito nell’immaginario collettivo alla
condanna definitiva del modello etico-sociale sibarita e all’accusa di tryphé smodata dei
Sibariti (Timeo fr. 51 Jac.; Aristot. Fr. 584 R; Strab. VI 1,13,263 c) che porta
inevitabilmente alla hybris (“superbia”, “tracotanza”) ed alla rovina della città stessa
(Just. XX 4, 5; Jam., v.p., 171).
Negli anni susseguenti alla disfatta di Sibari, l’oligarchia crotoniate di ispirazione
pitagorica uscita vincitrice dalla guerra riorganizzò il territorio sibarita per “distretti” e il
governo dell’area in cui sorgeva Sibari venne affidata all’exarchos Cilone; Crotone control
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lava direttamente Temesa e solo indirettamente l’area interna di Pandosia e quella
tirrenica di Laos. Ma i Sibariti, dispersi nelle cittadine dell’ex impero e solo in piccola
parte ancora residenti nel luogo in cui in precedenza sorgeva Sibari, non si diedero per
vinti e rifondarono Sibari nel 476/5 a.C. durante un momento critico per Crotone,
successivo agli eventi della battaglia di Himera. Tuttavia Crotone reagì prontamente
ponendo Sibari sotto assedio. A questo punto i Sibariti chiesero aiuto a Siracusa, già
attiva in Italia a favore di Locri e contro Reggio. Ma i Siracusani, impegnati nella crisi
dinastica del dopo-Gelone riuscirono ad assicurare ai Sibariti solo la loro salvezza ma
non anche l’autonomia rivendicata. Questa rifondazione dovette essere di poca entità e di
breve durata poiché le testimonianze letterarie ricordano l’evento in maniera
contraddittoria ο lo tacciono del tutto.
Ben diversa è l’entità della rifondazione nel 453/2 a.C. Per quest’ultima rifondazione fu
necessario raccogliere i superstiti e solo dopo si poté dar vita all’insediamento. La
preventiva raccolta dei Sibariti fa connotare la rifondazione in termini di coabitazione dei
superstiti prima dispersi: infatti, la rifondazione nel 453/2 a.C. partì dal territorio col
supporto di Poseidonia e Laos da cui ritornarono i Sibariti che ivi si erano rifugiati.
Figura n.4: statere in argento (8.12 g) coniato a Sibari nel 453-448 a.C.
D/: Poseidone nudo che avanza verso destra brandendo un tridente; nel campo a destra un
uccello. R/: toro a destra; in esergo MYB = ).
Kraay, NC 1958, pl. III, 9 (Gemini LLC, Auction III, lot 39, 9/01/2007).
Forse dopo il fallimento della prima rifondazione Crotone impose ai Sibariti di
disperdersi sul territorio. Tutto procedeva per il meglio e in pochissimo tempo la città
venne in gran parte ricostruita e ripopolata e, grazie all’eccezionale fertilità del terreno,
rinacque la ricca agricoltura sibarita e rifiorirono i commerci e la nuova comunità comin
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ciò ad accarezzare il sogno di poter ripristinare presto l’antico splendore. Per sostenere
la sua giovane economia, la ricostituita entità politica si dotò anche di una nuova
monetazione che suggellò la sua voglia di futuro e celebrò le tre anime che la
componevano: i coloni provenienti da Poseidonia, quelli riparati a Laos e quelli rimasti
nella zona di Sibari, ora ritornati nella città ricostruita. Infatti, sugli Stateri coniati dalla
nuova Sibari (figura n.4), che potremmo chiamare “gli Stateri della rifondazione”, al
diritto ritroviamo la raffigurazione di Poseidone che brandisce il tridente, tipica della
monetazione di Poseidonia, e nel campo a destra un uccello che vola; al rovescio, invece,
abbiamo il toro che aveva caratterizzato le monete di Sibari. E non manca il richiamo a
Laos. Kraay, infatti, mette in evidenza che l’uccello raffigurato davanti a Poseidone è in
realtà un tordo, chiamato in greco laios: raffigurando un laios, quindi, con un sottile
gioco di parole si richiamava la città di Laos e la si omaggiava per il contributo dato alla
rinascita di Sibari (cfr. C. M. Kraay, ‘The Coinage of Sybaris after 510’, in Numismatic
Chronicle, Londra, Royal Numismatic Society, 1958, pag.23). Sugli Oboli e sui Trioboli,
invece, sono raffigurati Poseidone al diritto e un uccello al rovescio.
Ma nonostante tutto l’ottimismo e le speranze per il futuro che sprizzavano le nuove
monete coniate a Sibari, la vita della città rifondata per la seconda volta durò appena
cinque anni! La rifondazione di Sibari del 453/2 a.C., infatti, avvenne quando Crotone
fu colpita dai disordini conseguenti alla sommossa anti-pitagorica e all’incendio dei
sinedrî; ma dopo cinque anni Crotone si riscattò e, divenuta ormai una
polis democratica, superò i problemi interni e pose ancora una volta Sibari sotto il suo
controllo compiendo nuove distruzioni.
Una terza rifondazione, ancora, di Sibari si ebbe nell’inverno del 446/5 a.C. quando
ambasciatori da Sibari chiesero aiuti a Sparta e ad Atene, al fine di poter rioccupare il
sito di Sibari e poter procedere poi al ripopolamento di tutto il territorio. Atene
accontentò immediatamente la prima richiesta, inviando dieci navi in Italia, il cui
contingente fu utile per la riconquista di Sibari, nella primavera dell’anno solare 445 a.C.
Nel successivo anno 445/4 a.C. da Atene arrivò a Sibari rifondata una spedizione
ateniese-peloponnesiaca per il ripopolamento. Ma convivenza e interazione durarono
poco. I Sibariti cominciarono a fare discriminazioni nei confronti dei nuovi arrivati e il
malcontento portò alla guerra civile, che si rivelò dannosissima per gli stessi Sibariti,
poiché nel luglio del 444 a.C. quasi tutti furono uccisi e i sopravvissuti dovettero
andarsene da Sibari e stabilirsi vicino al Traente. Nel corso del 444/3 a.C., dovette
arrivare, su richiesta dei Greci stanziatisi di recente nella Sibaritide, il terzo contingente
di coloni in conseguenza della precedente secessione e forse in sostituzione dei Sibariti.
Divenuti padroni della Sibaratide, i nuovi coloni greci si divisero le terre e fondarono la
città di Thurii in un sito non coincidente con quello dell’antica polis di Sibari (secondo
altri la quarta Sibari fu fondata direttamente in altro sito e il nome fu successivamente
cambiato in Thurii). Thurii inizialmente si mostra ateniese e panellenica, ma un decennio
dopo, nel 434/3 a.C., la polis appare già del tutto emancipata dall’Atene di Pericle,
quando si tratta di scegliere il corso politico estero da intraprendere nei confronti degli
accadimenti che in quel tempo, in Grecia, si andavano delineando: il ridimensionamento
del ruolo di Atene a favore di quello di Sparta. Col passar degli anni Thurii, attestata
ormai su posizioni autonome, ruppe i legami con Atene e con Sibari rifondata.
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L’impero di Sibari era così definitivamente finito e della splendida ed opulenta città che
fu non se ne conservò nemmeno il nome.
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BRICIOLE NUMISMATICHE
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INDICE DEGLI ARTICOLI
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Mario Limido:
EDITORIALE: E SIAMO A QUATTRO...
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LA MONETAZIONE MEDIOEVALE PATAVINA
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PER LUDOVICO XII DUCA D’ORLEANS
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