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La scienza aristotelica

2023

La riflessione che ci occupa in queste righe porta sull'aricolo di A. George Molland intitolato Aristotelian science. È un breve articolo che presenta in un modo chiaro e sintentico i punti importanti della concezione scientifica di Aristotele. Non darò qui un commento analitico del testo ma a partire di esso cercherò di dare una visione d'insieme della concezione aristotelica della scienza sottolineando l'influsso e l'attualità che ha nell'attegiamento scientifico in generale e nella riflessione epistemologica in particolare. Mi sforzero comunque in quanto possibile di segure la logica dell'esposizione che dà il testo di Molland. Innanzitutto, si può affermare che messo da parte il fatto che Aristotele è un pensatore che ha riflettuto sulla maggior parte degli argomenti di tipo scientifico che si potevano immaginare alla sua epoca, ha anche il merito di avere avuto un metodo che permettesse di trattare quegli argomenti in una maniera allo stesso tempo naturalistica e metafisica. Nell'articolo di Molland viene fuori la problematica del punto di partenza nello sviluppo della scienza aristotelica. Quando si osserva la biologia aristotelica ma anche i suoi lavori di fisica, si intravede a primo sguardo un attegiamento prettamente descrittivo e classificativo. Si potrebbe allora pensare ad un pensatore empirista "down-to-earth". Tanto Aristotele parla dell'esperienza come punto di partenza della conoscenza. Negli Topici per esempio, Aristotele insiste sulle opinioni come punto di partenza della scienza giacché non si può discuttere tutte le scienze partendo dai principi propri ad ognuna di esse. Si deve partire da dove si sta e non da un ipotetico punto di partenza che sarebbe superiore. Tuttavia, Aristotele distingue l'uomo dell'esperienza che sa il come da quello scientifico che sa anche il perché cioè la causa. E non indugia a attribuire la precedenza e la superiorità a quest'ultimo. Negli Analitici posteriori per esempio, Aristotele afferma che la forma propria della scienza è assiomatica e deduttiva a partire da una serie di premesse ottenute per induzione o per qualche altra maniera. Per Aristotele la conoscenza scientifica è essenzialmente dimostrativa e la dimostrazione viene dalla lettura intelletuale dell'esperienza. Lungi da vedere in questo doppio attegiamento di Aristotele una contaddizione metodologica bisognerebbe vederci anzi una richezza nel modo di approfondire la realtà. Aristotele concorda che i fatti empirici non spiegano le cause. Perciò la scienza non si potrebbe ridurre all'osservazione. Si può parlare di scienza soltanto quando si è capace di dire perché i fatti accadono in quel modo e non in quel altro. Così il sapere ottenuto è universalizzabile perché non si basa su come sono le cose ma come devono essere. Il sapere di questo tipo è inoltre necessario nella misura in cui rende conto di un legame necessario tra la causa e l'effetto e perciò diventa anche certa dal punto di vista del soggetto che sa ormai non soltanto come accadono le cose ma ugualmente perchè accadono così e non possono accadere altrimenti. Bisogna sottolineare però che si tratta di una necessità, una universalità e una certezza metafisiche dal momento che la natura come realtà contingente non si lascia dedurre

1 Omaggio alla scienza aristotelica Jimmy Kwizera1 La riflessione che mi occupa in questa sede è un omaggio alla concezione scientifica di Aristotele. Cercherò sinteticamente di dare una visione d’insieme della concezione aristotelica della scienza sottolineando l’influsso e l’attualità che ha nell’atteggiamento scientifico in generale e nella riflessione epistemologica in particolare. Innanzitutto, si può affermare che messo da parte il fatto che Aristotele è un pensatore che ha riflettuto sulla maggior parte degli argomenti di tipo scientifico che si potevano immaginare alla sua epoca, ha anche il merito di avere avuto un metodo che permettesse di trattare quegli argomenti in un modo allo stesso tempo naturalistica e metafisica. Partiamo dalla problematica del punto di partenza nello sviluppo della scienza aristotelica. Quando si osserva la biologia aristotelica ma anche i suoi lavori di fisica, si intravede al primo sguardo un atteggiamento prettamente descrittivo e classificativo. Si potrebbe allora pensare ad un pensatore empirista “down-to-earth”. Tanto Aristotele parla dell’esperienza come punto di partenza della conoscenza. Negli Topici per esempio, Aristotele insiste sulle opinioni come punto di partenza della scienza giacché non si può discutere tutte le scienze partendo dai principi propri ad ognuna di esse. Si deve partire da dove si sta e non da un ipotetico punto di partenza che sarebbe superiore. Tuttavia, Aristotele distingue l’uomo dell’esperienza che sa il come da quello scientifico che sa anche il perché, cioè la causa. E non indugia ad attribuire la precedenza e la superiorità a quest’ultimo. Negli Analitici posteriori per esempio, Aristotele afferma che la forma propria della scienza è assiomatica e deduttiva a partire da una serie di premesse ottenute per induzione o per qualche altra maniera. Per lo Stagirita, la conoscenza scientifica è essenzialmente dimostrativa e la dimostrazione viene dalla lettura intellettuale dell’esperienza. Lungi dal vedere in questo doppio atteggiamento di Aristotele una contraddizione metodologica, bisognerebbe vederci, anzi, una ricchezza nel modo di approfondire la realtà. Il Filosofo concorda che i fatti empirici non spiegano le cause. Perciò la scienza non si potrebbe ridurre all’osservazione. Si può parlare di scienza soltanto quando si è capace di dire perché i fatti accadono in quel modo e non in quel altro. Così il sapere ottenuto è universalizzabile perché non si basa su 1 Pontificia Università della Santa Croce 2 come sono le cose ma come devono essere. Il sapere di questo tipo è inoltre necessario nella misura in cui rende conto di un legame necessario tra la causa e l’effetto e perciò diventa anche certa dal punto di vista del soggetto che sa ormai non soltanto come accadono le cose ma soprattutto perché accadono così e non possono accadere diversamente. Bisogna sottolineare però che si tratta di una necessità, una universalità e una certezza metafisica giacché la natura come realtà contingente non si lascia dedurre al modello matematico. È per questo che, come fonti della conoscenza scientifica, Aristotele dà una rilevanza anche all’osservazione, alle opinioni e alle sensazioni. Il sistema matematico-deduttivo come apice dell’indagine scientifica ci sta solo per spiegare le osservazioni in vista di rendere conto delle cause della realtà osservabile. L’altro punto importante da considerare è che, nel suo sviluppo scientifico, Aristotele non parte ex nihilo. Egli parte da una certa concezione del mondo della sua epoca. Però il suo merito scientifico e di considerare questa concezione del mondo con uno sguardo metafisico. Per esempio la sua cosmologia - che divide l’universo nel mondo sub lunare della generazione e della corruzione caratterizzato dagli 4 elementi (terra, acqua, aria, fuoco) con due serie di qualità che determinano poi i movimenti ( la seria di caldo-freddo/umido-asciutto e la serie di leggero/pesante), e nel mondo sopra lunare (celeste) costituito dal quinto elemento e caratterizzato dal moto circolare e continuo e il tutto mosso dal Primo Motore Immobile - viene molto influenzata dalle credenze della sua epoca. Tuttavia, egli cerca di renderne conto scientificamente servendosi della Geometria come paradigma per la scienza dimostrativa anche se per certi versi fa fatica ad inserirla nell’insieme della sua Fisica. La stessa cosa vale per l’Astronomia che si presenta come l’applicazione della Matematica ai movimenti celesti anche se non riesce a trovare un corrispondente per i corpi sublunari. Occorre inoltre sottolineare qui l’importanza della dottrina della causalità che per Aristotele rende conto metafisicamente della realtà nel suo insieme. Detto questo, vorrei concludere il mio discorso sottolineando che ciò che sorprende nella scienza aristotelica non è l’esattezza del contenuto scientifico ma piuttosto l’atteggiamento scientifico che ha adottato. Non è tanto la collezione delle teorie sull’universo ma soprattutto l’atteggiamento dello spirito e lo stile di impostare una filosofia della natura. Mi voglio limitare qui a due considerazioni. La prima è che Aristotele aveva sviluppato tanti punti di naturalismo in contrasto con la dottrina cristiana (l’eternità e la necessità del cosmo contro la creazione ex nihilo e la Libertà divina, la concezione di Dio come pura intelligenza e non come provvidenza, il problema della sopravvivenza dell’anima individuale dopo la morte, ...). Eppure il suo pensiero ha resistito e si è mantenuto in qualche modo nel cristianesimo. La seconda è che la sua concezione naturalistica (per esempio la sua teoria della trasmissione del moto nel caso dei proiettili) è stata criticata da molti 3 scienziati (come Jean Buridan e Galileo). Eppure la sua Fisica ha persistito e ha influenzato molti scienziati della rivoluzione scientifica del Settecento (come Harvey e lo stesso Galileo). Aristotele ha più il merito di aver un approccio scientifico che di aver dato teorie scientifiche esatte. E se qualcuno volesse abbandonare l’eredità di Aristotele sia nella scienza che nella filosofia, non gli basterebbe, a mio avviso, evidenziare l’inesattezza di alcune sue teorie. Gli costerebbe soprattutto di condurre una ricerca intellettuale incredibile per scoprire altri modi d’approccio scientifico e filosofico che siano più validi. Scommetto che se non impossibile, non gli sarebbe affatto facile.