25 euro
ISBN 978-88-928-2041-8
9 788892 820418
La lezione
di Raffaello.
Le antichità
romane
a cura di
Ilaria Sgarbozza
LA LEZIONE
DI RAFFAELLO.
LE ANTICHITÀ
ROMANE
Complesso di Capo di Bove
Via Appia Antica 222, Roma
17.IX.2020 - 29.XI.2020
Electa
A cura di
Ilaria Sgarbozza
Direttore
Simone Quilici
Comitato scientifico
Matteo Lafranconi
Francesco Federico Mancini
Ilaria Miarelli Mariani
Ilaria Sgarbozzza
Alessandro Zuccari
Supporto all’organizzazione
della mostra e
all’allestimento
Carmelina Ariosto
Francesca Cerrone
Maria Teresa Di Sarcina
Sara Iovine
Valeria Lombardo
Domenico Lopardo
Stefano Lutri
Sergio Mineo
Simona Turco
Ufficio Comunicazione
e Promozione
Lorenza Campanella
(responsabile)
Lorenza Nicosia
Enza Restivo
Si ringraziano
Rita Paris
Daniela Porro
Si ringraziano inoltre
Antonella Bonini
Stefano Farsetti
Stefano Grandesso
Sergio Guarino
Mirco Modolo
Nicola Paini
Si ringraziano per la gentile
concessione delle immagini
in mostra:
Archivio di Stato di Mantova
Biblioteca Nazionale
Vittorio Emanuele III,
Napoli
Museo di Roma
Organizzazione
Anna Grandi
Camilla Musci
Comunicazione e
promozione
Gabriella Gatto
Filippo Mowinckel
Stefano Bonomelli (digital)
Editoria
Marco Vianello
Federica Boragina
Stefania Maninchedda
Progetto espositivo
Massimo Curzi
Catalogo a cura di
Ilaria Sgarbozza
Testi di
Carmelina Ariosto
Santino Alessandro Cugno
Ilaria Miarelli Mariani
Federico Rausa
Maria Giovanna Sarti
Ilaria Sgarbozza
La via Appia, per il suo prestigio, per il rispetto,
si può dire quasi per la venerazione suscitata, è
sempre stata oggetto di particolare attenzione,
sin dall’età antica. È questa sicuramente la
ragione principale per cui, malgrado tutte
le distruzioni e le devastazioni che si sono
susseguite nei secoli e che sono continuate fino
ai nostri giorni, è stata possibile la sopravvivenza
di un numero così alto di testimonianze
disseminate lungo il suo tracciato. Gli stessi
elementi architettonici disposti nelle adiacenze
della via hanno assunto nei secoli un alto valore
simbolico.
È solo a partire dal XVI secolo che il
problema della conservazione si presenta
però come urgente. Nella Roma del medioevo
e della prima età moderna la sottrazione
dei rivestimenti marmorei, ma anche delle
selci dell’antico basolato, come materiali da
costruzione, è infatti prassi corrente. A tal punto
che papa Paolo III, nel 1534, istituisce la figura
del Commissario delle Antichità per tutelare i
monumenti antichi, a rischio di scomparsa, e
controllare l’attività di scavo. Una misura che
fa seguito ai noti appelli di Raffaello e Pirro
Ligorio per la conservazione delle memorie
sopravvissute in città e lungo le vie consolari.
Nei secoli successivi l’evoluzione della
disciplina archeologica e la definizione del
concetto di bene culturale conducono alla
tenace difesa dei manufatti storici e artistici
che, portati alla luce, rischiano di essere
piegati a un uso improprio. La questione della
conservazione del patrimonio si evolve nel
tempo, assumendo vari profili, da quello legato al
culto per l’antichità classica e per il bello ideale,
a quello laico e più moderno, che guarda alla
storicità, al valore civile del bene culturale, e al
paesaggio. Lungo questa linea, è avvenuto un
progressivo riconoscimento istituzionale della
tutela, che si è trasformata in materia legislativa
e ha preso a considerare il lavoro di restauro e
conservazione come azione di recupero, non
solo della materialità del bene, ma dei suoi valori
complessivi, condivisi dalla comunità e dalle
istituzioni.
Quasi due millenni separano la decisione,
probabilmente dovuta ad Augusto, di ricomporre
i tumuli degli Orazi e Curiazi, al V miglio della
via Appia, da quella, dovuta ai pontefici nella
prima metà dell’Ottocento, di realizzare il
grande museo a cielo aperto da Roma a Bovillae.
Un filo rosso congiunge i due momenti: la
preoccupazione che il tempo potesse cancellare
la memoria della classicità. Il Parco Archeologico
dell’Appia Antica, che ho l’onore di dirigere,
ha raccolto questa importante eredità, con
l’obiettivo di ‘consegnare’ il patrimonio storico,
arricchito dei significati contemporanei, alle
presenti e future generazioni.
Simone Quilici
12
Raffaello e la Lettera a Leone X
nel contesto europeo di primo Ottocento
Ilaria Sgarbozza
118
L’eredità di Raffaello: Pirro Ligorio
e i monumenti antichi della via Appia
Federico Rausa
46
La fortuna figurata di Raffaello
tra fine XVIII e XIX secolo
Ilaria Miarelli Mariani
158
Pirro Ligorio e le tombe della Via Latina
Santino Alessandro Cugno
86
La fortuna storica e letteraria
di Raffaello tra XVIII e XIX secolo
Maria Giovanna Sarti
168
Vedere ciò che siamo. Riflessioni
sui luoghi e le forme della tutela dell’Appia,
la Regina che visse due volte
Carmelina Ariosto
La fortuna figurata
di Raffaello
tra fine XVIII
e XIX secolo
Ilaria Miarelli
Mariani
46
“Sono già molti anni che Raffaello è per gli artefici l’oggetto di una specie di culto. Il suo
nome, siccome quello di que’ pochi personaggi
che ciascuna specie di gloria elegge a’ suoi rappresentanti, è divenuto il soprannome appellativo di ogni ingegno sublime. Sovente pure si
compiacquero i pittori di prendersi per soggetto delle loro composizioni la persona istessa di
Raffaello; ed in Roma, una serie di quadri rappresentanti i principali avvenimenti della vita
di lui, il fece non è molto, rivivere in una galleria consegrata alla sua memoria: nobile e commovente omaggio”1.
Così scrive Antoine-Chrisostome Quatremère
de Quincy nella sua Histoire de la vie et des ouvrages
de Raphaël del 1824, riportata nella fortunata edizione italiana a cura di Francesco Longhena del
1829, una delle biografie artistiche più popolari del
XIX secolo, nonché lo scritto che ha maggiormente alimentato la conoscenza e il mito dell’urbinate,
fornendo spunti agli artisti contemporanei2.
Il genere della biografia d’artista, che s’inscrive in quello più ampio della pittura di storia tra fine
Sette e prima metà dell’Ottocento, nel caso di Raffaello, ha avuto una particolare e duratura diffusione,
soprattutto per l’identificazione degli artisti contemporanei con il suo percorso esemplare3. Il moltiplicarsi di opere, soprattutto dipinti, che raffigurano episodi della sua vita è, infatti, uno dei canali
dell’inossidabile popolarità del pittore. Una popo-
47
“cette mesure qui, dans les beaux-arts, n’est
autre chose que le goût ou le juste sentiment
de ce qui est bien [...]. Vint enfin Raphaël”.
Arriva infine Raffaello a riportare “ordine”
e “grazia” in pittura (fig. 1). A lui sono eccezionalmente dedicate ben sedici tavole nel VI volume
dell’Histoire de l’Art, tra le più belle di tutta la monumentale opera5.
Nella prima metà dell’Ottocento, il mito
dell’urbinate continua a propagarsi in numerosi
48
1. Jean-Baptiste Seroux d’Agincourt, Histoire de l’Art par les monumens depuis sa décadence au IVe siècle jusqu’à son renouvellement
au XVIe siècle, Treuttel et Würtz, Paris 1823, vol. VI, tav. CLXXXI. Roma, American Academy in Rome
Opera in mostra
larità dovuta al perdurare della sua fortuna, riconsacrata in età neoclassica dall’autorità di Winckelmann e Mengs e alimentata dalla storiografia.
A Raffaello viene concesso un posto d’eccezione nella prima grande storia dell’arte illustrata, dedicata prevalentemente all’arte medievale, l’Histoire
de l’Art par les monumens di Jean-Baptiste Seroux
d’Agincourt4. Un’opera in gran parte pronta per la
stampa a Roma negli anni ottanta del Settecento e
nota alla comunità internazionale di artisti e studiosi, ma che, per i noti eventi politici, cominciò a uscire in fascicoli a Parigi solo dal 1810, per poi essere
pubblicata in versione integrale nel 1823.
Dopo il lungo excursus sull’arte medievale e
del primo Rinascimento, Seroux arriva a Raffaello,
indicandolo come apice insuperabile della pittura di tutti i tempi. Se sino a quel momento, scrive,
tutti gli autori avevano “quelque chose à désirer”,
soprattutto per ciò che riguardava la “misura”,
1
49
scritti, dalla già citata biografia apologetica di Quatremère, fino alle monografie dei conoscitori tedeschi Johan David Passavant e Ernst Föster, entrambi usciti da un percorso pittorico a fianco dei
Nazareni,
Tra le tendenze neoclassiche di fine XVIII
secolo e le correnti artistiche della prima metà del
XIX, Raffaello rimane dunque un costante punto
di riferimento, sia come modello pittorico e didattico – ne sono testimonianza le moltissime copie e
trasposizioni incisorie –, sia come esempio di artista “universale”.
Malgrado le costanti lamentele di artisti e conoscitori sullo stato di conservazione dei suoi dipinti, in particolare quelli a fresco, questi sono ancora replicatissimi: tra i compiti dei pensionnaires
dell’Accademia di Francia, ad esempio, rimane primario quello di eseguire copie, in particolare da
Raffaello7. La riproduzione dei dipinti della Farnesina, delle Stanze Vaticane e della grande opera
della maturità, la Trasfigurazione, è considerata una
tappa indiscussa nella formazione dei giovani pittori8. L’ultima, consacrata negli anni cinquanta del
XVIII secolo da Winckelmann, nei Pensieri sull’imitazione, come superiore a qualsiasi altro dipinto
di Raffaello per la “composizione”, è tra le pitture
più replicate. Fu Winckelmann a suggerire a Lord
Baltimore di donarne una copia al re d’Inghilterra per collocarla a Hampton Court, accanto ai cartoni per gli arazzi vaticani, la cui esposizione ebbe
un impatto decisivo sullo sviluppo dell’arte e della
critica britannica. Il disegno a grandezza naturale fu eseguito da Giovan Battista Casanova, considerato da Winckelmann il migliore disegnatore di
Roma dopo Mengs9, e accrebbe la corsa a ottenere una versione del dipinto di San Pietro in Montorio10. Per tutto il corso del secolo XVIII e l’inizio
del XIX, molti erano attirati sul colle gianicolense dalla Trasfigurazione, considerata, come si legge
nelle guide e nei documenti del convento, il “primo Quadro del Mondo”11. Il dipinto era talmente
famoso che i padri francescani non gli concessero
mai di varcare la soglia della chiesa dove si trovava
dal 1523, nemmeno in occasione della richiesta da
parte del pontefice Clemente XIII, che intendeva
farne eseguire una copia a Stefano Pozzi per essere trasposta in mosaico per la basilica di San Pietro,
copia che il pittore dovette eseguire direttamente
sul luogo. Consegnata ai francesi il 29 maggio 1797
e arrivata trionfalmente a Parigi con gli altri capolavori il 27 luglio dell’anno successivo, nel nuovo museo voluto da Napoleone, la Trasfigurazione
50
51
“che inauguravano una nuova percezione di
Raffaello, destinata a trovare conferma e diffusione nei movimenti puristi e appunto preraffaeliti, dove rispetto all’affermazione del
pittore cortigiano sulla grande scena romana
venivano privilegiate l’ispirazione cristiana e
la maggiore genuinità del giovane Raffaello affidato dal padre nelle mani del Perugino”6.
2
52
2. Giovanni Volpato, La Deposizione Baglioni, 1790 ca. - 1803, da Raffaello, acquaforte e bulino.
Roma, Istituto Centrale per la Grafica, Gabinetto Disegni e Stampe, Fondo Corsini
Opera in mostra
3. Samuel Amsler, La Deposizione Baglioni, 1831, da Raffaello, acquaforte e bulino.
Roma, Istituto Centrale per la Grafica, Gabinetto Disegni e Stampe, Fondo Corsini
Opera in mostra
3
53
ebbe un posto d’eccezione nella Grande Galerie.
Ammirata dal pubblico francese e internazionale – tra cui Thomas Lawrence e Johann Heinrich
Füssli – come capolavoro insuperabile dell’arte
di tutti i tempi, al ritorno in Italia nel 1816, malgrado le richieste dei padri francescani di San
Pietro in Montorio, era ormai musealizzata: non
fece mai ritorno in chiesa per essere esposta, dal
1820, nella Pinacoteca Vaticana12.
Tra le altre opere romane di Raffaello furono spesso replicate anche le Sibille nella chiesa di Santa Maria della Pace13, La Scuola di Atene dalle Stanze (la cui versione più nota è forse
quella di Giuseppe Bezzuoli dei Musei Civici di
Brescia)14 e la Pala Baglioni. Questa è tradotta, ad
esempio, nella stampa di Giovanni Volpato (fig.
2), uno dei grandi maestri dell’incisione di traduzione, e in quella successiva dello svizzero Samuel Amsler (fig. 3).
Anche a Firenze la copia da Raffaello rimane attualissima, fino a divenire fonte d’ispirazione per il movimento purista15. Tra tutte, la Madonna della Seggiola, definita anche da Quatrèmere de
Quincy “la più celebre (…) e la più conosciuta delle Madonne raffaellesche”16, è replicata innumerevoli volte nelle tecniche più svariate17, come nella
bella incisione di Raffaello Morghen (fig. 4), che
è la prima prova eseguita al suo arrivo a Firenze
nel 1793. Raffinato interprete della stagione della
stampa di riproduzione, Morghen utilizza sapientemente il chiaroscuro appreso dal maestro Vol-
pato per rimanere quanto più possibile fedele al
linguaggio raffaellesco18. Questa e altre stampe gli
valsero il titolo di “incisore di Raffaello”19.
L’inarrestabile fortuna della Madonna della Seggiola è testimoniata, ancora nel 1849, dal
dipinto di Dionigi Faconti, Raffaello, che rapito
da una bellissima donna con due bimbi, immagina il quadro della Madonna della Seggiola (fig. 5).
Allievo dell’Accademia Carrara di Bergamo,
nel 1849 Faconti presenta il dipinto alla Promotrice di Torino, mettendo su tela un episodio non
riportato dalle fonti, ma che Ernst Gombrich ha
rintracciato in un libro per ragazzi stampato nel
1820 da Ernst von Houwald. Un eremita, per fuggire da un branco di lupi, si rifugia sui rami di
una quercia e viene salvato da una bambina, figlia di un mercante di vini, cui egli profetizza un
destino immortale. In seguito, l’albero è abbattuto per farne botti e la bambina, divenuta madre di due figli di grande bellezza, colpisce profondamente Raffaello durante una gita a Velletri.
Questi si ferma infatti a ritrarla e, in mancanza di
carta, disegna l’immagine sul fondo di un barile:
da qui deriverebbe la forma del dipinto20. La leggenda popolare ebbe grande fortuna e fu spesso
tradotta in incisione. Faconti la rende una vivace
scena di genere, anche se vi sono state ravvisate
allusioni al contemporaneo dibattito critico sui
diversi modi di affrontare in pittura l’imitazione
della natura, considerata all’epoca un essenziale
elemento dell’arte dell’urbinate21.
54
55
4
56
4. Raffaello Morghen, La Madonna della seggiola, 1793-1794, da Raffaello, acquaforte e bulino.
Roma, Istituto Centrale per la Grafica, Gabinetto Disegni e Stampe, Fondo Corsini
Opera in mostra
5. Dionigi Faconti, Raffaello, che rapito da una bellissima donna con due bimbi, immagina il quadro della Madonna della Seggiola,
1849, olio su tela. Torino, GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
5
57
58
7. Pierre-Nolasque Bergeret, Onori resi a Raffaello al suo capezzale di morte, 1806, olio su tela. Oberlin College (Ohio), Allen Memorial Art Museum
Un capitolo non meno importante dell’inossidabile fortuna visiva di Raffaello, cui si è già accennato in apertura, è la diffusione della trasposizione di episodi della sua vita, brillantemente
messa in rilievo per primo da Francis Haskell.
Diffusione che avviene in Italia, ma soprattutto
in Francia, come è emerso nella grande mostra
Raphaël et l’art français del 1983-198423. Attraverso l’analisi delle opere esposte ai Salon, Haskell
sottolinea la frequenza degli episodi figurati della vita dell’artista, almeno fino al 1886, quando il
declino della pittura di soggetto storico è ormai
avvenuto24, e che raggiunge il suo apice tra il 1804
e 1817, con la presenza a ogni esposizione di almeno due o tre quadri. Opere che, al momento della loro apparizione, ambiscono a un fine didattico
e sociale, suscitando accesi dibattiti critici sulla
congruità delle ambientazioni e della resa stilistica, come nel caso dei due dipinti forse più famosi, raffiguranti la morte dell’artista, quello di Nicolas-André Monsiau, in cui prevalgono l’eloquenza
dei gesti e l’attitudine contrita (Salon del 1804, di
cui sono conservati due bozzetti) (fig. 6)25, e quello
6. Nicolas-André Monsiau, Morte di Raffaello, 1804, pietra nera, penna e inchiostro acquerellati su carta beige. Amburgo, Hamburger Kunsthalle, Kupferstichkabinett
Non mancano ulteriori episodi di strabiliante fortuna di temi raffaelleschi, in realtà costruiti
ad hoc sulla base del gusto neo-antico che segue
le scoperte degli affreschi di Ercolano e Pompei,
come le cosiddette Ore di Raffaello, diffuse in copie, incisioni, decorazioni e oggetti di merchandising22.
6
7
59
Allievi, amici, letterati, eminenti personaggi, lo stesso Leone X – “che la sua morte amaramente lo fece piagnere” – sono ricordati uniti nel
cordoglio del sommo maestro. Una celebrazione
non solo del pittore, ma del suo essere intimo dei
grandi committenti, come Apelle nell’antichità.
Il dipinto di Bergeret fu acquistato per la dimora di Malmaison di Josephine de Beauharnais
(Oberlin, Ohio, Allen Memorial Art Museum) da
Napoleone Bonaparte, a siglare l’identificazione
contemporanea con gli illuminati mecenati del
passato30.
In Italia il tema della morte di Raffaello compare nel perduto dipinto del tedesco Johannes
Riepenhausen, presentato a Roma alla mostra del
1834 della Società di Amatori e Cultori di Belle
Arti31, che possiamo immaginare composto e solenne come le incisioni di tema analogo pubblicate dall’artista, di cui si dirà più avanti; o anche in
quello, molto più concitato, di Francesco Hayez
del Museo di Roma (fig. 8). Scoperto nel 1977 e
datato al 1830, il quadretto ha un carattere intimo. Al capezzale dell’artista non sono grandi personaggi e committenti, ma gli amici fedeli, l’amata Fornarina che fugge disperata e il frate che ha
impartito gli ultimi sacramenti32. Raffaello è colto nell’atto della preghiera, con il crocifisso, mentre esala l’ultimo respiro33.
La raffigurazione della morte serve, dunque,
anche a sottolineare i rapporti di Raffaello con i
personaggi della corte romana, tema, quest’ultimo raffigurato anche singolarmente, come nel disperso dipinto dell’allievo di Jacques-Louis David,
Jean-Baptiste Mallet, presentato al Salon del 1814,
riprodotto e commentato da Charles-Paul Landon
negli “Annales du Musée”, Interno dell’atelier di
Raffaello. Non una raffigurazione grandiosa con
60
61
di Pierre-Nolasque Bergeret, concepito come un
fregio classico (Salon del 1806) (fig. 7)26.
Il tema della Morte di Raffaello si lega alla
fortuna della Trasfigurazione27. L’alone “divino”
che aveva accompagnato l’artista in vita è presente ancor di più al momento della morte, avvenuta, come la nascita, la notte del Venerdì Santo. Il 6
aprile 1520, dopo un breve periodo di malattia dovuto agli “eccessi amorosi”, a soli trentasette anni,
colui che “non visse da pittore, ma da principe”28
morì nel suo studio, dove
“gli misero alla morte, al capo nella sala ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinale de’ Medici: la quale
opera, nel vedere il corpo morto e quella viva,
faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno
che quivi guardava; […]. O felice e beata anima, da che ogn’uomo volentieri ragiona di te
e celebra i gesti tuoi et ammira ogni tuo disegno lasciato! Ben poteva la pittura, quando questo nobile artefice morì, morire anche
ella, ché quando egli gli occhi chiuse, ella quasi
cieca rimase”29.
8. Francesco Hayez, Morte di Raffaello, 1830, olio su tavola. Roma, Museo di Roma
Opera in mostra
8
gli allievi al lavoro, ma un brano aneddotico in cui
il cardinal Bibbiena sta leggendo una commedia a
Raffaello e alla sua amata Fornarina. La scena mostra l’intimità tra l’artista e il grande ecclesiastico
e mira a celebrare “lo status sociale dell’artista nel
Rinascimento”34.
Il tema dell’atelier del pittore è riproposto in
Italia da Francesco Podesti, in maniera molto più
scenografica, in un dipinto esposto all’Accademia
di Brera nel 1839 e l’anno successivo alla Società
di Amatori e Cultori di Belle Arti a Roma35. Oggi
in collezione privata a Lodi, l’opera è riprodotta
nel periodico illustrato “Ape italiana delle Belle
Arti”, e coglie l’artista mentre mostra al committente la Madonna di Foligno, circondato da allievi e letterati36.
Col tempo altri temi prendono il sopravvento, perdendo progressivamente gli iniziali intenti morali. Il più fortunato è certamente quello
dell’amore totalizzante di Raffaello per Margherita Luti, detta la Fornarina, declinato in ogni possibile versione.
Narra Vasari che:
“Fu Raffaello persona molto amorosa et affezzionata alle donne, e di continuo presto ai
servigi loro; la qual cosa fu cagione che, continuando i diletti carnali, egli fu dagl’amici, forse più che non conveniva, rispettato e compiaciuto. Onde facendogli Agostin Ghigi, amico
suo caro, dipignere nel palazzo suo la prima
62
63
Il tema è fortemente alimentato dall’interesse di Jean-Auguste-Dominique Ingres, il cui
culto nei confronti dell’urbinate rappresenta “il
capitolo più luminoso della fortuna di Raffaello,
non solo e senza dubbio nell’Ottocento, ma forse
in assoluto”38. Molti disegni del pittore conservati a Montauban e alcuni dipinti riproducono opere raffaellesche. Tra questi il bel foglio acquerellato dalla Vergine dei candelabri (fig. 9), all’epoca
conservata a Roma nella collezione di Luciano
Bonaparte e oggi alla Walter Art Gallery (Baltimora), che Ingres realizzò probabilmente a Parigi a partire da un’incisione39. Sempre nel solco del
culto per l’urbinate, è il foglio alla mina di piombo che riproduce la stampa di Marcantonio Raimondi con il Ritratto di Raffaello (fig. 10), della
quale Ingres possedeva una copia.
Modi raffaelleschi pervadono inoltre la produzione autonoma di Ingres. Il voto di Luigi XIII
alla Vergine (1821-1824) per la cattedrale di Montauban riprende in maniera evidente la Madonna
64
9 Jean-Auguste-Dominique Ingres, La Vergine dei candelabri, 1806-1820, da Raffaello,
grafite e acquerello su carta. Montauban, Musée Ingres Bourdelle
Opera in mostra
loggia, Raffaello non poteva molto attendere
a lavorare per lo amore ch’e’ portava ad una
sua donna; per il che Agostino si disperava
di sorte, che per via d’altri e da sé e di mezzi ancora operò sì, che appena ottenne che
questa sua donna venne a stare con esso in
casa continuamente in quella parte dove Raffaello lavorava: il che fu cagione che il lavoro
venisse a fine”37.
9
65
10. Jean-Auguste-Dominique Ingres, Ritratto di Raffaello, primo quarto del XIX secolo, da Marcantonio Raimondi
grafite su carta. Montauban, Musée Ingres Bourdelle
Opera in mostra
10
66
Sistina 40. Inoltre, tra il 1808 e il 1813, durante il primo soggiorno a Roma come pensionnaire dell’Accademia di Francia, egli aveva probabilmente progettato una serie dedicata alla vita
del maestro, testimoniata da vari disegni41. Tra i
temi, La nascita di Raffaello accolto dalle Grazie, Il
giovane Raffaello si congeda dalla duchessa di Urbino, Il giovane Raffaello accolto dal Perugino, Il
cardinal Bibbiena offre sua nipote come promessa
sposa a Raffaello, Raffaello vede per la prima volta la Fornarina che si lava i piedi nel Tevere42. Da
questi Ingres trae solo alcuni dipinti: cinque repliche del fortunatissimo Raffaello e la Fornarina (fig. 11), la cui prima versione, dispersa, è del
1813, mentre l’ultima è databile agli estremi anni
di vita del pittore43; una versione de Il cardinal
Bibbiena offre sua nipote in sposa a Raffaello (Baltimora, Walters Art Gallery), tema trasposto da
Vasari (fig. 12)44.
Le fonti testuali di Ingres sono essenzialmente Vasari e Comolli, mentre alcuni degli episodi disegnati sono ritenuti di sua invenzione,
come quello di Raffaello che vede per la prima volta la Fornarina mentre si bagna i piedi nel Tevere45. Il soggetto si trova in realtà anche in un bel
dipinto di un non identificato pittore, forse vicino ai Nazareni, oggi in collezione privata (fig. 13).
L’episodio è ricordato anche nelle Notizie intorno alla Fornarina: sul vero ritratto della stessa dipinto da Raffaello: e congettura intorno alla verità
di quelli di casa Barberini in Roma, e della Galleria
67
11
68
11. Jean-Auguste-Dominique Ingres, Raffaello e la Fornarina, 1848, olio su tela. Columbus, Columbus Museum of Art
12. Jean-Auguste-Dominique Ingres, Il cardinal Bibbiena offre sua nipote in sposa a Raffaello, 1813-14, olio su carta montato su tela.
Baltimora, The Walters Art Museum
12
69
13. Ignoto autore tedesco, Raffaello e la Fornarina, 1810 ca. - 1825 ca., olio su tela. Verona, collezione privata Nicola Paini
Opera in mostra
13
70
di Firenze indirizzate da Melchiorre Missirini a
Renato Arrigoni in data 7 aprile 180646, che vanno forse indicate come il testo che ha diffuso tale
leggenda. La questione principale che interessava Missirini, molto dibattuta all’epoca, verteva in
realtà su quale dovesse essere considerato il vero
ritratto di Margherita Luti ricordato da Vasari: il
Ritratto di donna (o Fornarina degli Uffizi), oggi
ascritto a Sebastiano del Piombo, o la Fornarina
della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini. Il Ritratto di Sebastiano appare, ad
esempio, nel dipinto di Felice Schiavoni Raffaello dipinge la Fornarina, la cui prima versione fu
esposta nel 1832 all’Accademia di Brera, oggi noto
nella successiva versione eseguita per Paolo Tosio, con la mediazione di Francesco Hayez, e anch’essa esposta a Brera nel 1834 (fig. 14). L’ambientazione classica cinquecentesca suggerisce il
raggiunto status sociale dell’artista, vestito con
eleganza47, mentre i colori smaltati offrono una
rievocazione del suo stile pittorico48. Il dipinto
ebbe grande successo e fu fedelmente replicato
poco più tardi in smalto su porcellana da Pietro
Vergine (fig. 15)49.
La visita della Fornarina a Raffaello che lavora nella villa di Agostino Chigi è dipinta nel
1855 dal marchigiano Filippo Bigioli, attivissimo
pittore e incisore sulla scena romana, in un’opera presentata all’esposizione annuale della Società
di Amatori e Cultori di Belle Arti (fig. 16). Bigioli già nel 1839 aveva raffigurato Raffaello in atto di
71
14
72
14. Felice Schiavoni, Raffaello dipinge la Fornarina, 1834, olio su tavola.
Brescia, Musei Civici di Arte e Storia, Santa Giulia-Museo della città
15. Pietro Vergine, Raffaello dipinge la Fornarina, post 1834, da Felice Schiavoni, smalto su porcellana.
Brescia, Musei Civici di Arte e Storia, Santa Giulia-Museo della città
Opera in mostra
15
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16. Filippo Bigioli, La Fornarina visita Raffaello, 1855, olio su tela. San Severino Marche, Galleria comunale d’arte moderna
Opera in mostra
17. Francesco Gandolfi, Raffaello e la Fornarina, 1854, olio su tela. Milano, Accademia di Belle Arti di Brera
Opera in mostra
75
17
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18. Johannes Riepenhausen, Il sogno di Raffaello, ante 1816, penna e inchiostro su carta. Copenaghen, Thorvaldsen Museum
presentare il cartone della Galatea ad Agostino Chigi sul soffitto della cosiddetta Camera di Raffaello
nel distrutto Palazzo Torlonia a piazza Venezia50.
Sempre legato all’episodio è anche il languido dipinto del 1854 di Francesco Gandolfi, Raffaello e
la Fornarina, esposto l’anno seguente alla mostra
della Promotrice di Genova, dove fu accolto con
molto favore da Federico Alizeri, che propose di
intitolarlo Amore consigliere dell’arte e incitamento alla gloria. L’interpretazione sentimentale ebbe
grande successo, tanto che Gandolfi ne eseguì successive versioni (fig. 17)51.
Col passare degli anni il tema perde progressivamente di significato ed è impiegato principalmente per alimentare sogni a occhi aperti di romanticismo e adulterio52.
Tornando agli episodi disegnati da Ingres,
particolare diffusione ebbe infine in Francia Il
giovane Raffaello accolto dal Perugino, dipinto tra
gli altri, da Louis Crignier (Salon del 1831)53 e da
François-Édouard Cibot (Salon del 1843)54.
Un vero e proprio tributo al mito ottocentesco
di Raffaello è il volume d’incisioni, edito a Francoforte nel 1816 e in Italia nel 1833, Vita di Raffaello
da Urbino disegnata ed incisa da G. Riepenhausen.
L’opera è composta da dodici tavole ideate dai fratelli “nazareni”, originari di Gottinga, Friedrich
e Johann Riepenhausen, che si convertirono a
Dresda nel 1804 al cattolicesimo, cambiando i loro
nomi in Franz e Johannes, per raggiungere Roma
l’anno successivo. Le tavole sono tratte soprattutto
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78
20. Pietro Fontana, Busto-erma di Raffaello, 1807, marmo. Milano, Accademia di Belle Arti di Brera
Opera in mostra
19. Johannes Riepenhausen, Bramante presenta Raffaello a papa Giulio II, 1836, olio su tela. Copenaghen, Thorvaldsen Museum
da Vasari, fatta eccezione per l’ottava, in cui Raffaello vede in sogno la Vergine con il Bambino che
ispirerà una delle sue opere più amate, la Madonna Sistina (fig. 18). La serie, eseguita al tratto, è
emblematica della cultura artistica romana ispirata al romanticismo cattolico tedesco e ci presenta un’immagine “angelica” di Raffaello, artista
omnicomprensivo, colto, di bell’aspetto, amato da
tutti, omaggiato persino dagli “avversarii” e accolto intimamente da pontefici e grandi committenti
(fig. 19)55. Un’idea rispecchiata dall’immagine del
pittore in dipinti e sculture ottocentesche, come
nel busto di Pietro Fontana del 1807 (fig. 20)56. Va
ricordato che nel 1808 Ludovico I di Baviera acquista il Ritratto di Bindo Altoviti, all’epoca considerato un’effigie dell’urbinate, aprendo la disputa intorno al vero ritratto dell’artista, risolta poi da
Quatremère de Quincy a favore dell’Autoritratto
degli Uffizi.
I temi sin qui accennati sembrano riassunti
in un dipinto emblematico della popolarità ottocentesca di Raffaello, realizzato nel 1819 da William Turner durante il primo viaggio in Italia ed
esposto alla Royal Academy nel 1820: Roma dal
Vaticano. Raffaello, accompagnato dalla Fornarina, prepara i dipinti per la decorazione delle Logge (fig. 21). Le Logge, all’epoca molto deteriorate,
avrebbero dovuto essere riprodotte per volere del
principe reggente, il futuro Giorgio IV, da Alexander Day. Lunghissima è la storia della fortuna degli
affreschi, il cui episodio più noto è la replica fatta
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21. Joseph Mallord William Turner, Roma dal Vaticano. Raffaello, accompagnato dalla Fornarina, prepara i dipinti per la decorazione delle Logge,
1820, olio su tela. Londra, Tate Britain
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80
eseguire da Caterina di Russia sotto la direzione
di Cristoforo Unterperger, e che culmina con le
copie ordinate tra il 1835 e il 1839 da Ingres, allora direttore dell’Accademia di Francia a Roma, ai
suoi allievi57. Turner evoca l’impresa con l’infilata in prospettiva che si scorge a destra del quadro.
Protagonisti della grandiosa e visionaria rievocazione di Roma sono ancora una volta Raffaello e
la Fornarina. Come in una scena teatrale, l’artista
è raffigurato con la città sullo sfondo. A terra, la
Fornarina degli Uffizi, la Madonna della Seggiola,
che Turner aveva personalmente ammirato a Parigi nel 1802, e alcuni soggetti della loggia, la Cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden e, sulla destra, sorretto dallo stesso Raffaello, Noè che costruisce l’arca
insieme ai figli. Infine, un dipinto d’incerta identificazione, forse di Claude Lorrain o dello stesso
Turner. Un anacronismo, come la presenza sul tappeto di alcuni disegni del colonnato berniniano di
piazza San Pietro, che secondo Fernando Mazzocca proietta “l’opera e il mito di Raffaello in una dimensione atemporale”, sottolineandone la perenne attualità58 .
81
Il presente contributo non intende
in alcun modo essere esaustivo
sull’ampio e complesso fenomeno
del mito di Raffaello nella prima
metà del XIX secolo, sulla cui ampia
bibliografia si è data notizia nelle
seguenti note. Le scelte effettuate
seguono infatti i temi delle opere
presenti in mostra, con necessarie
esclusioni di molti argomenti non
meno importanti.
1 A.-Ch. Quatremère de Quincy,
Istoria della vita e delle opere di
Raffaello Sanzio da Urbino […]
voltata in italiano, corretta, illustrata
ed ampliata per cura di Francesco
Longhena […], Sonzogno, Milano
1829.
2 F. Mazzocca, Mito e immagine di
Raffaello nella prima metà del XIX
secolo, in Raffaello e l’eco del mito,
a cura di M.C. Rodeschini Galati,
catalogo della mostra (Bergamo,
Accademia Carrara, 2018),
Marsilio, Venezia 2018, pp. 91-92;
D. Sogliani, Fortuna e mito di
Raffaello nell’Ottocento, in La morte
di Raffaello. Storia di un dipinto
di Felice Schiavoni, a cura
di L.V. Bardovskaja con la
collaborazione di D. Sogliani,
catalogo della mostra (Mantova,
Palazzo Te, 2009-2010), Milano
2009, pp. 33-55; F. Haskell, Gli
antichi maestri nella pittura francese
dell’Ottocento, in F. Haskell, Arte e
linguaggio della politica e altri saggi,
SPES, Firenze 1978, p. 143.
3 F. Mazzocca, Mito e immagine
di Raffaello… cit., pp. 86-105.
4 J.-B. Seroux d’Agincourt, Histoire
de l’Art par les monumens depuis sa
décadence au IVe siècle jusqu’à son
renouvellement au XVIe siècle,
Treuttel et Würtz, Paris 1823.
5 Cit. in I. Miarelli Mariani, “Vint
enfin Raphaël”. Séroux d’Agincourt
e la pittura del “Rinascimento”,
82
in Séroux d’Agincourt e la storia
dell’arte intorno al 1800, a cura
di D. Mondini, “Quaderni della
Biblioteca Hertziana”, 3, Campisano
editore, Roma 2019, pp. 126-127.
6 F. Mazzocca, Mito e immagine
di Raffaello… cit., p. 87.
7 C. Mazzarelli, Dipingere in copia.
Da Roma all’Europa (1750-1870). I.
Teorie e pratiche, Campisano editore,
Roma 2018, p. 228.
8 Ibidem, p. 244.
9 Ibidem, p. 245.
10 Ibidem, p. 246.
11 I. Miarelli Mariani, Le travagliate
vicende tra Sette e Ottocento, in
La Spagna sul Gianicolo, vol. I,
San Pietro in Montorio, a cura di
A. Zuccari, Eurografica, Roma 2004
pp. 201-240.
12 Ibidem.
13 C. Mazzarelli, Dipingere in copia…
cit., pp. 247-249.
14 E. Lissoni, Giuseppe Bezzuoli.
La Scuola di Atene (copia da
Raffaello), 1819, scheda in Raffaello
e l’eco del mito… cit., pp. 216-217.
15 C. Prete, I permessi di copia
a Firenze nella prima metà
dell’Ottocento e il mito di Raffaello, in
Raffaello. Impresa e fortuna, a cura
di A. Cerboni Baiardi, Accademia
Raffaello, Urbino 2019, pp. 167-178.
16 A.-Ch. Quatremère de Quincy,
Istoria della vita e delle opere di
Raffaello… cit., p. 168.
17 Nel 1858, nel Bullettino delle arti
del disegno, si legge: “Per dare
un’idea del guadagno che si fa sulle
copie diremo che la sola Madonna
della Seggiola di Raffaello produce
ogni anno un utile di scudi 2.000
ripartiti tra una ventina d’artisti e
intagliatori, e doratori di cornici”,
citato in G. Montani, La Società degli
Amatori e Cultori delle Belle Arti in
Roma 1829-1883, tesi di dottorato,
Università di Roma Tre, 2008, p. 75.
18 G. Bernini Pezzini, Raffaello
Morghen, La Madonna della seggiola,
scheda in Raphael Invenit. Stampe da
Raffaello nelle collezioni dell’Istituto
Nazionale per la Grafica, a cura
di G. Bernini Pezzini, S. Massari,
S. Properi Valenti Rodinò, catalogo
della mostra (Roma, Istituto
Nazionale per la Grafica, 1985),
Quasar, Roma 1985, p. 197.
19 E. Borea, Lo specchio dell’arte
italiana. Stampe in cinque secoli, vol. I,
Edizioni della Normale, Pisa 2009,
pp. 591-592.
20 E. Gombrich, Norma e forma,
studi sull’arte del rinascimento,
Einaudi, Torino 1973, pp. 93-117;
E. Lissoni, Dionigi Faconti. Raffaello
che rapito da una bellissima donna con
due bimbi, immagina il quadro della
Madonna della Seggiola, scheda in
Raffaello e l’eco del mito… cit.,
pp. 222-223.
21 E. Spalletti, Dionigi Faconti
(Bergamo 1830-Torino 1865). Raffaello
che, rapito da una bellissima donna
con due bimbi, immagina il quadro
della Madonna della Seggiola, scheda
in Raffaello. Elementi di un mito.
Le fonti, la letteratura artistica,
la pittura di genere storico, catalogo
della mostra (Firenze, Biblioteca
Medicea Laurenziana, 1984), Centro
Di, Firenze 1984, p. 189.
22 Per il censimento dei temi
raffaelleschi in Italia: Romanticismo
storico. Celebrazioni per il centenario
di Francesco Domenico Guerrazzi,
a cura di S. Pinto, catalogo della
mostra (Firenze, Le Meridiane
di Palazzo Pitti, 1973-1974), Centro
Di, Firenze 1973, pp. 107-110.
23 Hommage à Raphaël. Raphaël et
l’art français, catalogo della mostra
(Parigi, Grand Palais, 1983-1984),
Editions de la Réunion des Musées
Nationaux, Paris 1983.
24 F. Haskell, Gli antichi maestri…
cit., p. 142.
25 Oggi perduta, la tela è nota
83
attraverso due studi preparatori,
Amburgo, Kunsthalle,
Kupferstichkabinett. Cfr. J.-P.
Cuzin, Monsiau. La Mort de Raphaël,
scheda in Hommage à Raphaël.
Raphaël et l’art… cit., p. 155. I
personaggi sono identificati nel
“libretto” del Salon: Ludovico
Ariosto, il cardinal Bibbiena, Giulio
Romano, Jean-François Perrin,
Polidoro da Caravaggio,
Gianfrancesco Penni, Giovanni
da Udine, Pietro Perugino: L. Gallo,
Nicolas-André Monsiau, La morte
di Raffaello, 1804, scheda in Raffaello
1520-1483, a cura di M. Faietti, M.
Lafranconi, catalogo della mostra
(Roma, Scuderie del Quirinale,
2020), Skira, Milano 2020,
pp. 64-65.
26 J.-P. Cuzin, Pierre-Nolasque
Bergeret, Honneurs rendus à Raphaël
après sa mort, scheda in Hommage
à Raphaël. Raphaël et l’art… cit.,
pp. 77-78. Nel libretto sono descritti
i personaggi: Leone X, Pietro
Bembo, Baldassarre Castiglione,
Polidoro da Caravaggio,
Gianfrancesco Penni e forse Giulio
Romano, poi i “rivali” Michelangelo
e Sebastiano del Piombo, Pietro
Perugino, Ludovico Ariosto e, a
sinistra, Giorgio Vasari intento a
scrivere: L. Gallo, Pierre-Nolasque
Bergeret, Onori resi a Raffaello al suo
capezzale di morte, post 1806, scheda
in Raffaello 1520-1483… cit., p. 64.
27 Sull’iconografia della Morte
di Raffaello: A.L. Genovese, La
Tomba del divino Raffaello, Gangemi
editore, Roma 2015, pp. 29-51.
28 G. Vasari, Vita di Raffaello
d’Urbino, in Le vite, Firenze 1568
(edizione giuntina, Fondazione
Memofonte, https://www.
memofonte.it), p. 652.
29 Ibidem.
30 L. Gallo, Pierre-Nolasque
Bergeret, Onori resi a Raffaello al suo
capezzale di morte, post 1806, scheda
in Raffaello 1520-1483… cit., p. 64.
31 G. Montani, La Società degli
Amatori e Cultori delle Belle Arti…
cit., p. 64.
32 A.L. Genovese, La Tomba
del divino… cit., p. 170.
33 G. Montani, La Società degli
Amatori e Cultori delle Belle Arti…
cit., p. 44.
34 F. Haskell, Gli antichi maestri…
cit., p. 144.
35 G. Montani, La pittura di storia
alle prime mostre degli amatori e
cultori (1830-1855), in La pittura di
storia in Italia. 17885-1870. Ricerche,
quesiti, proposte. La pittura di storia
negli stati preunitari italiani, a cura
di G. Capitelli, C. Mazzarelli,
Silvana Editoriale, Cinisello
Balsamo 2008, p. 148.
36 “Ape italiana delle Belle Arti”,
vol. IV, tav. XI; G. Montani, La
pittura di storia alle prime mostre…
cit., p. 148 e 154n; I. Miarelli
Mariani, Le illustrazioni dell’
“Ape italiana delle Belle Arti”
(Roma 1835-1840), in “Annali di
critica d’arte”, n.s., 1, 2017, p. 278;
D. Sogliani, Fortuna e mito di
Raffaello... cit., pp. 42-43.
37 G. Vasari, Vita di Raffaello
d’Urbino... cit., p. 649.
38 F. Mazzocca, Mito e immagine
di Raffaello… cit., p. 99.
39 J.-P. Cuzin, Jean-AugusteDominique Ingres, Autoportrait
de Raphaël, scheda in Hommage
à Raphaël… cit., p. 126.
40 F. Mazzocca, Mito e immagine
di Raffaello… cit., p. 99.
41 J.-P. Cuzin, Ingres et la vie de
Raphaël, in Hommage à Raphaël…
cit., pp. 467-468.
42 Per l’elenco complessivo dei
disegni di Ingres dedicati alla vita
di Raffaello: J.-P. Cuzin, Ingres
et la vie de Raphaël, in Hommage
à Raphaël… cit., pp. 467-468.
84
43 J.-P. Cuzin, Jean-AugusteDominique Ingres, Raphaël et la
Fornarina, scheda in Hommage
à Raphaël … cit., pp. 131-132.
44 J.-P. Cuzin, Jean-AugusteDominique Ingres, Le cardinal
Bibbiena offrant sa nièce in mariage
à Raphaël, scheda in Hommage
à Raphaël… cit., pp. 133-134.
45 Ibidem, p. 468.
46 A.-Ch. Quatremère de Quincy,
Istoria della vita e delle opere di
Raffaello Sanzio… cit., pp. 453-454.
47 E. Spalletti, Felice Schiavoni,
Raffaello e la Fornarina, scheda in
Raffaello. Elementi di un mito… cit.,
pp. 183-184; E. Lissoni, Felice
Schiavoni, Raffaello e la Fornarina,
scheda in Raffaello e l’eco del mito…
cit., pp. 230-231.
48 R.B., Felice Schiavoni, Raffaello
Sanzio che fa il ritratto alla
Fornarina, scheda in La Fornarina
di Raffaello, a cura di L. Mochi
Onori, catalogo della mostra
(Milano, Fondazione Arte e Civiltà
ai musei di Porta Romana, 2002),
Skira, Ginevra-Milano 2002,
pp. 156-157.
49 E. Spalletti, Pietro Vergine.
Raffaello e la Fornarina da Felice
Schiavoni, in Raffaello. Elementi
di un mito… cit., p. 185.
50 G. Piantoni, La Fornarina visita
Raffaello, scheda in Filippo Bigioli
e la cultura neoclassica-romantica
fra le Marche e Roma, catalogo della
mostra (San Severino Marche,
Palazzo di Città, 1998), De Luca,
Roma 1998, pp. 137-138.
51 E. Lissoni, Francesco Gandolfi,
Raffaello e la Fornarina, scheda
in Raffaello e l’eco del mito…
cit., pp. 232-233.
52 F. Haskell, Gli antichi maestri…
cit., p. 145.
53 J.-P. Cuzin, Raphaël présenté
au Pérugin, scheda in Hommage
à Raphaël… cit., p. 94.
54 J.-P. Cuzin, Raphaël et le Pérugin
à Perouse, scheda in Hommage
à Raphaël… cit., p. 91. Il dipinto
si trova al Museo di Moulins.
55 E. Spalletti, Vita di Raffaello
da Urbino disegnata ed incisa da
G. Riepenhusen in XII tavole, Roma
1833, in Raffaello. Elementi di un
mito… cit., pp. 164-166; E. Lissoni,
J. Riepenhausen, Bramante presenta
Raffaello a Papa Giulio II, 1836,
scheda in Raffaello e l’eco del mito…
cit., pp. 218-219.
56 E. Lissoni, Pietro Fontana,
85
Busto-erma di Raffaello, 1807, scheda
in Raffaello e l’eco del mito… cit.,
pp. 212-213.
57 N. Dacos, Le Logge di Raffaello.
Maestro e bottega di fronte all’antico,
seconda edizione aggiornata,
Istituto del Poligrafico e Zecca
dello Stato, Roma 1986, pp. 1-17;
nuova edizione N. Dacos, Le Logge
di Raffaello. L’antico, la Bibbia,
la bottega, la fortuna, Skira, Milano
2008.
58 F. Mazzocca, Mito e immagine
di Raffaello… cit., pp. 91-92.