Studi e Ricerche - Associazione Amici del Museo - Museo Civico “G. Zannato”
Montecchio Maggiore (Vicenza), 16 (2009), pp. 67-82
ISSN 1127-3100
BRONZETTI ROMANI DA MONTECCHIO MAGGIORE
E ISOLA VICENTINA
MARGHERITA BOLLA*
* Civico Museo Archeologico al Teatro romano, Regaste Redentore, 2 - 37129 Verona; e-mail: margherita.bolla@comune.verona.it
Key words: bronzetti romani, Minerva, Mercurio, Montecchio Maggiore, Isola Vicentina
RIASSUNTO
Vengono considerati tre bronzetti di età romana - due di Minerva e un Mercurio - da Montecchio Maggiore e Isola Vicentina (Vicenza). Riguardo alle Minerve, viene riesaminato il tipo cosiddetto “Verona-Parma”, con un aggiornamento della lista di distribuzione. Infine le statuine sono messe in rapporto con la bronzistica romana del territorio di Vicetia e di quelli limitrofi.
ABSTRACT
Three Roman bronze statuettes - two Minervas and one Mercurius - from Montecchio Maggiore and Isola Vicentina are considered. As for the two Minervas, the “Verona-Parma” type has been re-examined and its distribution list has been updated. The three
bronze statuettes have been finally related to the Roman bronze production of Vicenza and neighbouring areas.
I bronzetti di divinità oggetto dell’indagine sono frutto di
rinvenimenti casuali nei territori di Montecchio Maggiore e di Isola Vicentina, compresi in età romana nell’agro
di Vicetia1.
A Montecchio Maggiore (a sudovest di Vicetia), nella
località Campestrini, ai piedi del versante orientale del
Colle dei Castelli, venne raccolta prima del 1984 una
statuetta di Minerva, sporadica, da un’area in cui le arature evidenziano talvolta frammenti di laterizi2, indizio
di un probabile contesto insediativo. La zona di Montecchio Maggiore è situata a nord della via Postumia,
allo sbocco in pianura della valle dell’Agno-Guà, ed è
caratterizzata in età romana dalla presenza di insediamenti rustici sparsi, a prevalente carattere agricolo-produttivo3.
1
Per i bronzetti dal Vicentino, ringrazio Marisa Rigoni, Mariolina
Gamba e Annachiara Bruttomesso per l’autorizzazione allo studio e
l’aiuto nell’esame. Per autorizzazioni e ausilio nel reperimento delle
Minerve del tipo “Verona-Parma”, Cristina Dossi, Marcella De Paoli
e Luigi Sperti (Venezia), Franca Maselli Scotti (Aquileia), Francesca Morandini e Filli Rossi (Brescia), Fulvia Lo Schiavo, Carlotta
Cianferoni e Sara Faralli (Firenze); per informazioni e immagine del
frammento da Lonigo, Francesca Ghedini e Alessandra Menegazzi;
per informazioni e immagine del Mercurio conservato a Bassano, Annalisa Scotton; inoltre Annemarie Kaufmann-Heinimann per il sempre
gentile aiuto.
2
Informazione di Annachiara Bruttomesso.
3
Per l’inquadramento del territorio, con menzione e illustrazione dei
bronzi ivi ritrovati, M. RIGONI, in FURLANETTO, RIGONI 1987, pp. 148-151;
M. RIGONI, Il territorio di Montecchio Maggiore in età romana. In Prime
indagini; inoltre per la viabilità BUSANA 2002, pp. 80-81; una rassegna
delle principali scoperte archeologiche avvenute prima del 1984 è in PELTRIN, DALL’OLIO, BESCHIN 1984.
Minerva. N. inv. I.G. 149342. Conservata presso il Museo di
Archeologia e Scienze Naturali “G. Zannato”, deposito dello
Stato. Figg. 1-5.
Misure in cm: alt. 9,25; largh. mass. 3,6; prof. mass. 2. Peso 130 g.
Bronzo; colata piena, con piccole imperfezioni (crateri) ai lati
del collo e sull’elmo; ritocchi a freddo a cesello in particolare nell’elmo e nell’egida. Patina nobile omogenea, verde oliva
scuro; la faccia inferiore del bronzetto è stata spatinata con una
raspa dopo il ritrovamento e mostra il metallo vivo color oro
perfettamente conservato; mancano gli attributi e parte della
mano destra, una piccola lacuna sul cimiero.
Stante con gamba destra di carico e sinistra leggermente flessa e
arretrata; braccio sinistro abbassato a reggere lo scudo (mancante), braccio destro sollevato e flesso a reggere la lancia (mancante), come indica il resto di foro cilindrico nel palmo; a braccia
nude, vestita di peplo con apoptygma e kolpos; egida decorata
da file di solcature semilunate, con bordo inferiore bilobato e
gorgoneion con capelli divisi da scriminatura mediana. Nella capigliatura della dea, con scriminatura mediana, le ciocche non
sono evidenziate. L’elmo ha cimiero bifido, su sostegno e parzialmente a giorno, con penne rese a solcature ricurve; la forma
richiama il tipo attico, con paranuca distinto, ma la parte frontale reca l’indicazione del naso, delle arcate orbitali e degli occhi
come nel tipo corinzio; sulla calotta decorazione a linee ondulate
incise. Viso pieno, giovanile, con iridi non evidenziate e ciocche
di capelli sfuggenti sulle tempie rese a incisione.
Bibliografia: Pelt r in, Dal l ’Ol io, Beschin 1984, p. 29; CAV,
II, p. 126; RIGONI, IN FURLANETTO, RIGONI 1987, P . 151, ILL.; BOLLA 2002, P . 137 N. 16.
Da Isola Vicentina4, a nordovest di Vicetia, provengono due
bronzetti di divinità a tutto tondo, Minerva e Mercurio.
4
Per alcuni insediamenti nella zona, cfr. BUSANA 2002, pp. 295-304.
- 67 -
La statuetta di Minerva fu rinvenuta casualmente in località Masieron, fondo Bonato, in una cava di argilla, con
frammenti di vasi fittili e parte di una colonna; in seguito
(2001) uno scavo nella zona, condotto da Marisa Rigoni,
mise in luce un edificio rustico, forse a carattere produttivo, con materiali prevalentemente del III-IV secolo (in
particolare monete), distrutto da un incendio.
Minerva. N. inv. I.G. 283826. Conservata presso la Mostra Archeologica Didattica di Castelnovo (VI), deposito dello Stato.
Figg. 6-8.
Misure in cm: alt. 9; largh. mass. 3,7; prof. mass. 1,7.
Bronzo; colata piena; ritocchi a freddo a cesello in particolare
nell’egida. Patina nobile omogenea, verde oliva; mancano gli
attributi. Unita a base in plexiglas.
Stante con gamba destra di carico e sinistra leggermente
flessa e arretrata; braccio sinistro abbassato a reggere lo scudo (mancante), braccio destro sollevato e flesso a reggere la
lancia (mancante), come indica il foro cilindrico nella mano;
a braccia nude, vestita di peplo con apoptygma e kolpos;
egida decorata da file di solcature semilunate, con bordo
inferiore bilobato e gorgoneion tondeggiante con capelli a
brevi ciocche rigonfie. Capigliatura con scriminatura mediana e ciocche distinte da solcature. L’elmo ha cimiero bifido,
aderente alla calotta, con penne rese a solcature ricurve; è di
tipo attico, con bordi ingrossati. Viso pieno, giovanile, con
iridi indicate, ciocche sfuggenti sulle gote rese a incisione.
Le mani sono grandi, sproporzionate rispetto alle braccia.
Bibliografia: Pet t enò 2002, p. 141, nt. 34, segnalazione; Venetkens, localizzazione su foto aerea del ritrovamento.
I bronzetti di Minerva di Montecchio Maggiore e Isola
Vicentina si inquadrano in un tipo ben noto, chiamato
“Verona-Parma” dalle aree in cui risultava maggiormente diffuso al momento della sua definizione, negli anni
Settanta del secolo scorso. La denominazione si deve a
Lanfranco Franzoni5 e può essere mantenuta per praticità, anche se le informazioni oggi disponibili ci rivelano
una distribuzione più articolata: lo studioso segnalava
allora, oltre ai quattro esemplari del Museo Archeologico di Verona, altre sei statuette, mentre Poulsen - in un
fondamentale contributo sui bronzetti romani di divinità
“fabbricati in serie” - elencava quattro esemplari denominandoli “tipo 59 serie (Reihe) a”, riferendoli a produzione
norditalica6. Una decina di anni fa la lista di distribuzione
ne comprendeva quindici7 e si è oggi considerevolmente
accresciuta, arrivando a venticinque testimonianze, ma è
presumibile che ve ne siano altre, sfuggite alla ricerca.
L’aumento delle attestazioni consente ulteriori osservazioni sul tipo e soprattutto la suddivisione in due serie,
ma le caratteristiche generali restano unitarie: la dea è
stante sulla gamba destra, con la sinistra leggermente
flessa e arretrata; veste un peplo con risvolto (apoptygma) e kolpos, con egida fornita di gorgoneion; il braccio
destro è alzato per sostenere la lancia, mentre il sinistro
segue il fianco con la mano che reggeva lo scudo, pog-
giato in verticale sul terreno a fianco del piede sinistro.
Sul capo è un elmo con alto cimiero bifido. Fonte di ispirazione furono modelli attici attorno alla metà del V sec.
a.C., caratterizzati dai lembi laterali del risvolto del peplo
pendenti sui fianchi e da un fascio di pieghe verticali nella zona inferiore8.
Delle due serie, l’una - che conta un minor numero di
esemplari - presenta altezze da 9 a 9,5 cm circa, l’altra da
7,4 a 8 cm circa. Segue la lista dei bronzetti finora reperiti, procedendo da ovest a est.
Serie di maggiori dimensioni
1. Alessandria, loc. Il Cristo, Fornace Testa, da un edificio con bronzetti di Venere e Minerva (di tipo diverso)
e forse un busto-applique; conservata ad Alessandria,
Museo Civico, n. inv. 619, acquisto da F. Ricagno nel
1900; alt. cm 9,5 o 9,2; mancanti gli attributi
Peol a 1940, p. 8, fig. 2; Mer cando 1998a, pp. 47-48; Mer cando 1998b, p. 328, fig. 327; Pr eacco 1986, pp. 72-73,
77 n. 11, ill.; Bol l a 2002, p. 136 n. 2
2. Verona, Lungadige Porta Vittoria, durante gli scavi
per le fondazioni dei muraglioni di contenimento del
fiume Adige, al di fuori dell’impianto urbano romano, 1891; conservata a Verona, Museo Archeologico
al Teatro romano, n. inv. 21888; alt. cm 9; mancanti
avambracci e attributi, superficie consunta; Fig. 9
Notizie degli Scavi di Antichità, 1891, p. 105 n. 7; Fr anzoni 1973, p. 38 n. 19; Bol l a 1999, pp. 225, 245, fig. 35;
Bol l a 2002, p. 137 n. 12
3. Montecchio Maggiore (VI), loc. Campestrini; v.
scheda supra; Figg. 1-5
4. Isola Vicentina (VI), loc. Masieron; v. scheda supra;
Figg. 6-8
5. Concordia? (VE), conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Portogruaro, n. inv. 2889, senza dati
di provenienza ma ritenuta da Concordia, alt. cons.
8,3, mancante della parte inferiore del corpo e delle
mani; esemplare di dimensioni maggiori rispetto a
quelle consuete per questa serie; Fig. 10
Cr oce Da Vil l a, Tombol ani 1983, p. 30 n. 11; Mast r ocinque 1995, p. 274, fig. 2, con ulteriore bibliografia
6. Pompei (NA); conservata a Napoli, Museo Archeologico Nazionale; presenta gli attributi e la base; altezza non precisata, inserita dubitativamente in questa
serie per la posizione della testa; Fig. 12
Menzel 1977, p. 124, fig. 17
7. Sárszentmiklós (Ungheria), probabilmente da contesto insediativo, larario con Mercurio, Venere, due
Eroti portatori di fiaccole, interrato orientativamente
nel III sec. d.C.; conservata a Székesfehérvàr, Musée
du Roi Saint-Etienne; alt. cm 9,2, priva degli attributi, con cimiero piuttosto largo ed egida semiellittica
sul fronte e a bordo quasi rettilineo sul retro, dove
riprende le pieghe del panneggio; Fig. 11
Kaufmann-Heinimann 1998, p. 303 n. GF108, fig. 269, con
ulteriore bibliografia
5
FRANZONI 1973, p. 35 n. 16.
POULSEN 1977, pp. 20, 36, definita Athena-Parthenos-Typ.
7
BOLLA 1999, p. 245 lista III, fig. 94 (cartina).
6
8
FUCHS 1982, pp. 167-168, fig. 202; anche secondo KAUFMANN-HEINIMANN
1977, p. 61, tipo II A, l’archetipo è da ricercare nell’alto classicismo.
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1
2
3
4
5
Fig. 1 - Minerva da Montecchio Maggiore, vista frontale, foto Gualtiero Monistier.
Figg. 2-5 - Minerva da Montecchio Maggiore, vista del retro, vista laterale, particolare dell’elmo, particolare del fianco sinistro, foto dell’A.
- 69 -
trale occidentale di un tempio (Fahnenheiligtum), sul
fondo di un canale, in contesto datato alla seconda
metà del I sec. d.C., scavo 1928; l’epoca prevalente
di occupazione del sito è 16/17-101 d.C.; alt. cm 7,8;
mancanti gli attributi
Serie di minori dimensioni
1. Brescia, via Crispi, 1838; conservata a Brescia, Museo di Santa Giulia, n. inv. MR 293; alt. cm 7,7; mancanti pollice sinistro e attributi; Fig. 13
Labus 1838 (1843), pp. 145-146, tav. XLI,3; Rizzini
1911, Bronzi I, p. 19 (287) n. 6; St el l a 1987, p. 63; CAL
V, I, 1996, p. 116 n. 133; Bol l a 1997, p. 19; Bol l a 2002,
p. 136 n. 7
2. Pontevico (BS), da un edificio rustico in uso nel I sec.
d.C., ritrovamento ante 1986; conservata a Brescia,
Museo di Santa Giulia, n. inv. St 53234; alt. cm 7,5;
mancanti gli attributi; Fig. 14
F. Rossi, in Notiziario Soprintendenza archeologica della
Lombardia, 1986, p. 188, f. 180; CAL, I, 1991, p. 165 n.
1305, fig. 50; Bol l a 2002, p. 137 n. 9
3. Tregnago (VR), 1886; la provenienza è indicata da
un vecchio cartellino e non supportata da fonti bibliografiche; il bronzetto non compare nel Registro
delle entrate e delle spese del Civico Museo dal 8
marzo 1871 al 20 gennaio 1894, ma potrebbe essere
pervenuto per donazione; conservato a Verona, Museo Archeologico al Teatro romano, n. inv. 21230;
alt. cm 7,7; mancanti gli attributi; Fig. 15
Fr anzoni 1973, pp. 7, 36 n. 17; CAV, II, 1990, F. 49, p. 117
n. 92.9; Bol l a 1999, pp. 225, 245, fig. 34; Bol l a 2002, p.
137 n. 11
4. Tregnago (VR), località Figarolo, 1875; conservata
a Verona, Museo Archeologico al Teatro romano, n.
inv. 21229 (l’identificazione non è esente da incertezze per le diverse dimensioni indicate al momento
della scoperta); alt. cm 7,6; mancanti mani e attributi;
superficie consunta; Fig. 16
Notizie degli Scavi di Antichità, 1880, p. 456; Fr anzoni
1973, pp. 7, 35 n. 16; Fr anzoni 1975, p. 129; CAV, II,
1990, F. 49, p. 117 n. 93; Bol l a 1999, pp. 225, 245, fig.
33; Bol l a 2002, p. 137 n. 10
5. Altino (VE), rinvenimento occasionale lungo la via
Annia, fuori dell’impianto urbano, ante 1956; già
collezione Marcello; alt. cm 7,7; conserva la lancia,
priva dello scudo, su base non pertinente; Fig. 17
Mar cel l o 1956, pp. 90-91, fig. 66; Sandr ini 2001, p. 187
6. Aquileia (UD); conservata ad Aquileia, Museo Archeologico Nazionale, senza n. inv.; alt. cons. cm
7,1; mancanti cimiero, mani, attributi; Fig. 12
7. Veleia (PR), ante 1765; conservata a Parma, Museo
d’Antichità, n. inv. B. 437; alt. cm 7,4; alt. base cm
3,1; lato della basetta quadrata cm 4; mancanti gli
attributi; Fig. 19
D’Andria 1970, pp. 26-27 n. 2, tav. II; Poul sen 1977, p. 36 n. 2
8. Parma ante 1912; conservata a Genève, Musée d’Art
et d’Histoire, n. inv. C. 1040; alt. 8, con la base 11;
manca lo scudo, lacune nella base; Fig. 20
Déonna 1916, p. 42 n. 172, ill.; Poul sen 1977, p. 36 n. 3,
fig. 45
9. Varano de’ Melegari (PR); conservata a Parma, Museo d’Antichità, n. inv. B. 9, acquistata fra il 1849 e il
1866; alt. cm 8; mancanti gli attributi; Fig. 21
D’Andr ia 1970, p. 105 n. 164, tav. XXXIII; Poul sen 1977,
p. 36
Laur -Bel art 1928, p. 34, fig. 10; Reinach VI 1930, p.
172,6
11. Bruton (Somerset, Gran Bretagna), Lamyatt Beacon,
1958-1960, sul declivio di una collina su cui sorgeva
un tempio, con parecchie centinaia di monete del tardo III e della prima metà del IV secolo, e con statuette di Giove, Marte, Mercurio (tre), Ercole, Genius velato capite (due); conservata presso il City of Bristol
Museum; alt. 8; mancanti gli attributi; Fig. 22
Poul sen 1977, p. 36 n. 4; Pr ag, Swaddl ing 1988, p. 217,
figg. 9-10, nota 19, con ulteriore bibliografia; KaufmannHeinimann 1998, p. 229 n. GF3, fig. 177, con ulteriore bibliografia
12. Provenienza ignota; conservata a Brescia, Museo di
Santa Giulia, n. inv. MR 1559, acquisita nel 1924
con il legato Carpinoni, definita come moderna nella
scheda inventariale, alt. cm 7,7; mancanti mano destra e pollice sinistro e gli attributi; Fig. 23
13. Provenienza ignota; conservata a Verona, Museo Archeologico al Teatro romano, n. inv. 21231, acquisita
prima del XX secolo, alt. cm 7,7, patina nerastra con
zone di metallo vivo allo scoperto, con cresta dell’elmo in parte a giorno, mancanti avambracci e attributi; Fig. 24
Fr anzoni 1973, p. 37 n. 18; Bol l a 1999, p. 245
14. Provenienza ignota; conservata a Venezia, Museo
Archeologico Nazionale, dal museo Correr, confluito
nel 1830 nelle raccolte pubbliche veneziane, n. inv.
540, mancanti braccio sinistro e attributi; Fig. 25
15. Provenienza ignota; conservata a Modena, Museo
Civico, dalla collezione Estense (con accrescimenti dal XV al XIX secolo), n. inv. 373P-12364, alt.
cm 7,5, mancanti mano destra, avambraccio sinistro
e attributi; sottoposta ad analisi metallografica: Cu
74,85, Sn 8,51, Pb 11,08, Zn 5,34
Ant onacci Sanpaol o et al. 1992, pp. 663, 667, n. 10, fig. 10
16. Provenienza ignota; esposta a Firenze, Museo Archeologico Nazionale, n. inv. 309, da vecchie collezioni; mancanti mani, avambraccio sinistro e attributi; molto consunta; alt. 7,5; Fig. 26
Mar cel l o 1956, p. 90 (citazione)
17. Provenienza ignota; esposta a Firenze, Museo Archeologico Nazionale, n. inv. 460, da vecchie collezioni;
mancanti mani e attributi; consunta; alt. 7,7; Fig. 27
Mar cel l o 1956, p. 90 (citazione)
18. Provenienza ignota; conservata a Manchester, Museum, n. 1981.708, dalla collezione di Henry Welcome, che l’acquistò nel 1926 da Sotheby, ritenuta
falsa per la patina e il deposito artificiale sulla superficie; base probabilmente non pertinente; alt. non
precisata, inserita dubitativamente in questa serie per
la struttura generale e la posizione della testa; mancanti gli attributi; Fig. 28
10. Vindonissa (Svizzera), all’esterno del muro perime-
- 70 -
Pr ag, Swaddl ing 1988, p. 217, figg. 7-8, nota 18
Figg. 6-8 - Minerva da Isola Vicentina, vista frontale, vista del retro, vista laterale, foto dell’A.
Nella serie maggiore si nota una più accentuata assialità
della figura, in cui il viso è in genere posto frontalmente o
appena volto a sinistra e l’arretramento della gamba sinistra è poco evidente; nella serie minore, il viso è leggermente volto verso destra e si coglie meglio la flessione
della gamba sinistra, con un più accentuato déhanchement, sottolineato dall’andamento più inclinato dell’orlo
inferiore del kolpos. Tuttavia, come già detto, le caratteristiche sono unitarie, tanto che talvolta è difficile decidere la serie di appartenenza9; inoltre un esemplare della
serie maggiore (da Concordia) ha il volto inclinato verso
destra, come nella serie più piccola. Secondo l’analisi
proposta da Poulsen10, saremmo in presenza di una categoria di Dubletten (statuette molto simili), caratterizzata
da serie parallele di misure diverse11.
Le altezze variano anche all’interno della stessa serie, di
alcuni millimetri; si notano inoltre discrepanze nella qualità degli oggetti, solo in parte dovute a differenti stati di
conservazione, e la mancanza di esemplari identici. Nella
serie maggiore, ad esempio, confrontando le Minerve da
Montecchio e Isola Vicentina si notano differenze di dettaglio nell’elmo, nel gorgoneion, nella lunghezza del kolpos,
nelle pieghe dell’apoptygma, nella conformazione delle
mani, ecc.; nella statuina di Isola, i capelli che fuoriescono
dall’elmo sulla nuca presentano una suddivisione orizzontale, che si riscontra anche nella Minerva di provenienza
9
Le misure sono desunte dalle pubblicazioni e solo per gli esemplari conservati a Brescia, Verona, Aquileia, Montecchio e Castelnovo, controllate
autopticamente.
10
POULSEN 1977, p. 15.
11
Cfr. anche POULSEN 1984; MAASS 1984.
ignota conservata a Brescia e in Minerve di altro tipo e
di qualità più elevata12. Nella serie di minori dimensioni,
l’esemplare che più si differenzia dagli altri è quello di
Pontevico, con caratteristiche proprie, come la rigida angolazione del braccio destro (che si ritrova nella Minerva
da Parma), il forte sottosquadro dell’egida, il gorgoneion
a ciocche ben distinte e soprattutto il volto, l’unico con
bocca semiaperta e capelli che incorniciano i lati fino alle
spalle, e l’elmo con crista a giorno (fuoriuscente da un elemento vegetalizzato) che - come nella Minerva di Montecchio - unisce alle caratteristiche del tipo attico quelle del
corinzio, per contaminazione con archetipi posteriori13 o
per un’incomprensione dell’artigiano. Altre differenze si
trovano nella resa e nella conformazione dell’egida (con
bordo inferiore rettilineo nella statuina rinvenuta a Brescia
e in una conservata a Firenze, mentre nelle altre tende in
genere verso la forma bilobata) e del gorgoneion (particolari quelli delle Minerve di Montecchio e Aquileia, con
scriminatura mediana14), nelle pieghe centrali del risvolto del peplo (nell’esemplare di Parma quasi orizzontali e
quindi non realistiche), nell’ampiezza dello scarto della
gamba sinistra (più evidente negli esemplari da Tregnago,
Varano, Veleia).
La fabbricazione poteva avvenire mediante l’uso di Teilformen, matrici parziali che venivano utilizzate per la
12
Ad esempio BOUBE-PICCOT 1969, pp. 214-215 n. 233, tav. 162, 163 a
destra.
13
L’elmo corinzio viene introdotto nelle raffigurazioni attiche di Minerva
dalla fine del V sec. a.C., SALADINO 2008, p. 16.
14
Peraltro attestato su statue di dimensioni maggiori, M. CYGIELMANN, in
Minerva Arezzo 2008, p. 5, fig. 3.
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Figg. 9-16 - 9. Minerva da Verona, foto Gianluca Stradiotto; 10. Minerva da Concordia (da Mast r ocinque 1995, fig. 2); 11. Minerva da Sárszentmiklós
(da Banki 1972, p. 20); 12. Minerva da Pompei (da Menzel 1977, fig. 17); 13. Minerva da Brescia, foto dell’A.; 14. Minerva da Pontevico, foto dell’A.;
15. Minerva da Tregnago, 1886, foto Gianluca Stradiotto; 16. Minerva da Tregnago, 1875, foto Gianluca Stradiotto.
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Figg. 17-24 - 17. Minerva da Altino (da Mar cel l o 1956, fig. 66); 18. Minerva da Aquileia, foto dell’A.; 19: Minerva da Veleia (da D’Andr ia 1970,
tav. II); 20. Minerva da Parma (da Poul sen 1977, fig. 45); 21. Minerva da Varano de’ Melegari (da D’Andr ia 1970, tav. XXXIII); 22. Minerva da Bruton
(da Pr ag, Swaddl ing 1988, fig. 9); 23. Minerva conservata a Brescia, foto dell’A.; 24. Minerva conservata a Verona, foto Gianluca Stradiotto.
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26
Figg. 25-28 - 25. Minerva conservata a Venezia,
foto Ceolin; 26. Minerva conservata a Firenze,
foto Museo Archeologico Nazionale; 27. Minerva conservata a Firenze, foto Museo Archeologico Nazionale; 28. Minerva conservata a Manchester (da Pr ag, Swaddl ing 1988, fig. 7).
28
realizzazione della figura completa in cera15; un indizio
per l’uso di questa tecnica - nella Minerva di Montecchio
- sembra potersi riscontrare nella struttura del panneggio sui fianchi della figura: sul fianco sinistro, dal kolpos
discende una piega tagliata in modo secco e poco giustificata se si considera quale doveva essere nella realtà
l’andamento della stoffa (Fig. 5), mentre sul fianco destro
le pieghe si congiungono lungo una solcatura continua a
V. Gli attributi erano sempre lavorati a parte: la lancia,
che sopravanzava di parecchio l’altezza della figura, è
conservata negli esemplari di Altino, Parma e Pompei; lo
scudo è rimasto solo nella Minerva di Pompei.
L’uso di Teilformen consentiva di utilizzare la stessa
struttura anche per altre figure divine: eliminata l’egida,
sostituito l’elmo con un diadema, aggiunta la cornucopia e modificata la posizione delle braccia, il tipo della
Minerva “Verona-Parma” (di minori dimensioni) è stato
usato per rappresentare Fortuna, come indica un esemplare da Arles16.
Nelle Minerve in cui è conservata la base (Veleia, Parma, Pompei), questa è molto simile, cilindrica su ampio
supporto quadrangolare con peducci agli angoli; la presenza a Pompei dell’associazione fra Minerva e questo
tipo di base potrebbe essere un indizio per pensare che
le statuine dell’Italia del nord possano essere derivate da
esempi dell’area centromeridionale della Penisola, forse con l’importazione di un modello e poi, per la grande quantità di testimonianze, con una produzione locale,
probabilmente in più botteghe, dato l’alto numero di differenze esistenti fra esemplari anche provenienti da territori contigui.
Al di fuori d’Italia, il tipo “Verona-Parma” è attestato
finora - con probabili importazioni dall’Italia settentrionale - a Vindonissa e Bruton, mentre la statuina di Sár16
15
Sul procedimento, KAUFMANN-HEINIMANN 1998, pp. 18-19.
OGGIANO-BITAR 1984, p. 86 n. 157, ritenuta “Giunone?” (la minore altezza rispetto alle Minerve dovrebbe derivare dall’assenza dell’elmo).
- 74 -
Fig. 29 - Distribuzione dei bronzetti di Minerva del tipo Verona-Parma in Italia settentrionale (triangolo: serie di maggiori dimensioni; cerchio: serie di
altezza minore).
szentmiklós in Pannonia è una redazione locale17 della
variante di maggiore altezza, che testimonia comunque
la conoscenza del tipo. Resta da comprendere perché
esso sia stato così apprezzato nell’Italia del nord (Fig.
29) - dove è il più diffuso riguardo a Minerva, rivelando
la predilezione per uno schema iconografico “conservatore” e poco influenzato dalle esperienze ellenistiche18 - e
non abbia incontrato lo stesso favore altrove19. Da notare
anche che nella zona occidentale (Transpadana) il tipo è
poco presente (ma in Piemonte le attestazioni di Minerva
nella piccola bronzistica sono scarse e in prevalenza a
sud del Po) e solo con la serie di maggiore altezza, mentre le testimonianze si infittiscono nella X Regio e nell’area parmense.
È d’obbligo segnalare, come sempre per le statuette
“fabbricate in serie”, la possibile presenza di falsi; al
proposito sarebbero utili analisi, in particolare per definire il grado e le modalità di penetrazione dei prodotti
di corrosione nella superficie del bronzo e quindi tentare di stabilire l’antichità e l’effettiva permanenza nel
terreno dei bronzetti20. Al momento possono sussistere
dubbi per quelli acquisiti, di solito con scarne indicazioni di provenienza, nel corso dell’Ottocento, mentre
sono sicuramente antichi i bronzetti ritrovati in epoca
relativamente recente e/o non pervenuti mediante acquisto nelle raccolte pubbliche (Pontevico, Montecchio
17
BÀNKI 1984, p. 85.
BOLLA c.s.
19
Va però rilevato che se la piccola bronzistica romana è abbastanza conosciuta riguardo alle province, non altrettando può dirsi per quanto riguarda
i territori italici a sud dell’Aemilia, che potrebbero riservare ancora molte
sorprese.
20
I criteri per la distinzione fra bronzetti antichi prodotti in serie e riproduzioni moderne proposti da LEIBUNDGUT 1984, p. 149, sono: indagini d’archivio su provenienza e dati di ritrovamento; verifica della serietà delle
fonti di approvvigionamento (mercanti, ecc.) e delle antiche collezioni;
analisi della lega e della patina; raccolta il più possibile esaustiva delle
repliche, con autopsia delle stesse.
18
Maggiore, Isola Vicentina, Altino; inoltre Vindonissa,
Bruton, Sárszentmiklós).
I dati di contesto sono purtroppo scarni: l’esemplare di
Alessandria proviene da un edificio residenziale con monete dalla prima età imperiale alla seconda metà del IV
secolo; quello di Pontevico da un edificio rustico in uso
nel I sec. d.C. Sappiamo comunque, per la presenza a
Pompei, che il tipo fu elaborato prima del 79 d.C., e che
la sua diffusione nei territori transalpini avvenne già nel
I secolo (esemplare di Vindonissa); il bronzetto di Bruton
segnala la possibilità di una lunga permanenza in uso o
di una continuità di produzione fino ad epoca tardoantica per il tipo, mentre quello di Sárszentmiklós (contesto
probabilmente del III secolo) indica che esso ispirò, nell’avanzata età imperiale, ulteriori redazioni locali.
Diversi bronzetti provengono da contesti urbani (Brescia,
Veleia, Parma; per quelli di Verona e Altino si tratta di
zone immediatamente esterne all’impianto romano; per
Concordia e Aquileia, non si hanno dati), ma altrettanti da contesti rurali (Pontevico, Tregnago, Montecchio
Maggiore, Isola Vicentina, Varano de’ Melegari), in genere - a quanto sembra - da edifici privati, quindi come
testimonianza di devozione domestica. Diversa la situazione per Vindonissa e Bruton: nel primo caso è possibile, nel secondo è certo il collegamento con un edificio di
culto, probabilmente come offerta votiva.
Associazioni si riscontrano ad Alessandria, in un larario
esclusivamente femminile con una Minerva di altro tipo21
e una Venere22, mentre nel tempio di Bruton la dea accompagna un nutrito gruppo di divinità maschili. Interessante il caso della Minerva da Isola Vicentina: trattandosi
21
BOLLA 2002, p. 131 n. 4, allora ritenuta dubitativamente Giunone (interpretazione ripresa poi in BOLLA 2007, p. 255, tabella), ma sicuramente
Minerva, come già ritenuto da Peola e Mercando e confermatomi da Ada
Gabucci, che ringrazio.
22
BOLLA 2002, p. 132 n. 3.
- 75 -
di un edificio a probabile carattere produttivo, la patrona
delle attività artigianali si troverebbe in un contesto congruente con le sue competenze.
Il secondo bronzetto noto da Isola Vicentina è una statuetta di Mercurio, emersa in località Paradiso, via Chiodo, nel 1966-1968, in occasione di uno sterro per cava di
argilla, con laterizi bollati, vasi fittili e parte di una colonna calcarea, indizianti la presenza di un edificio romano.
Mercurio. N. inv. I.G. 167479. Conservato presso la Mostra Archeologica Didattica di Castelnovo (VI), deposito dello Stato.
Figg. 30-32.
Misure in cm: alt. 10,2; largh. mass. cons. 4,1; prof. mass. cons.
2,4; base: 2,2 x 1,7.
Bronzo; colata piena; ritocchi a freddo a cesello su ali del
petaso, capezzoli, dita dei piedi, pieghe del panneggio; il caduceo era probabilmente fuso a parte. Patina nobile mediamente omogenea, verde oliva scuro; mancano gli attributi, la
mano destra, l’ultimo lembo del panneggio; tacche moderne
sulla coscia sinistra forse per saggiare il metallo. Unita a
base in plexiglas.
Stante su gamba destra, con sinistra flessa e poco arretrata; i
piedi, che paiono privi di calzari, poggiano su una sottile base
rettangolare fusa in un sol getto con la statuina. Nudo, con clamide che dalla spalla sinistra scende sul dorso lungo il braccio,
passa sopra l’avambraccio e ricade verso il basso; il braccio
sinistro è flesso e la mano volta verso il basso con una cavità in
cui era inserito in origine il caduceo, forse non poggiante sulla
spalla ma diretto verso il suolo (la mano infatti non è completamente cava, ma ha un piano d’arresto verso il polso); braccio
destro lungo il fianco e leggermente discosto verso l’esterno.
Viso volto impercettibilmente a sinistra, contornato da ciocche
rigonfie e distinte; occhi con cavità per l’iride, probabilmente riempita in origine con altro metallo; petaso reso morbidamente con grandi ali aperte e sollevate, con penne indicate a
incisione. Nel corpo sono indicati con una certa cura le masse
muscolari, l’ombelico e i capezzoli (sottolineati a incisione).
L’attacco della spalla destra sul retro mostra una depressione,
derivata da un’imperfezione nell’assemblaggio delle parti del
modello in cera.
Bibliografia: P. FURLANETTO, in FURLANETTO, RIGONI 1987, p.
144; CAV, III, 1992, p. 35 n. 11; BOLLA 2002, p. 108 n. 44;
Venetkens, localizzazione su foto aerea.
Il Mercurio da Isola Vicentina, caratterizzato dalla Schulterbauschchlamys, si inserisce nei tipi II di
Kaufmann-Heinimann23 e 22 di Poulsen24, che richiamano in modo eclettico la struttura del Doriforo di
Policleto, fornendola però di un mantello ispirato a
quello dell’Hermes tipo Andros Farnese25. Un terminus ante quem per l’elaborazione del tipo è dato da
23
KAUFMANN-HEINIMANN 1977, p. 29.
POULSEN 1977, pp. 19 fig. 10, 28-29; le due serie enucleate dall’A. sono
però differenti da quello di Isola per dimensioni e resa complessiva.
25
BOUCHER 1976, pp. 102, 107-108, fig. 180 (ad ambito gallico sono riferiti
i particolari delle ali sorgenti direttamente dalla capigliatura, in assenza
di petaso, e il modo di tenere il marsupium, sopra la mano destra e non
pendente); KAUFMANN-HEINIMANN 1977, p. 29; TOMBOLANI 1981, p. 85; in
particolare sul rapporto con gli archetipi cfr. LEIBUNDGUT 1990, pp. 405 nota
46, 412-413, 663 n. 201.
24
un esemplare, ritenuto importato dall’Italia settentrionale, rinvenuto sul Magdalensberg in un contesto
di età augustea26.
Il bronzetto da Isola è un prodotto di una certa qualità,
come si nota in particolare dalle cavità delle iridi, predisposte per l’inserimento di altro materiale, e dalla resa
accurata delle ali del petaso, molto evidenziate; la capigliatura ha ciocche rigonfie e ben distinte27. Privo dei
calzari alati, presenta una piccola e sottile base fusa in un
sol getto, elemento raro nei bronzetti di divinità a tutto
tondo romani ma che compare talvolta proprio in statuine
di Mercurio28, senza che ne sia sempre chiaro il motivo:
nel caso in esame è probabile che la basetta proseguisse
sul lato destro del dio per accogliere un animale (probabilmente l’ariete o il gallo). Manca il lembo pendente
della clamide, alla cui forma è stato attribuito valore tipologico29. Dai confronti si evince che l’attributo tenuto
nella mano destra doveva essere la borsa o marsupium,
mentre nella mano sinistra si trovava il caduceo, forse
non appoggiato sulla spalla corrispondente (come di solito), ma diretto in avanti e verso il basso, posizione meno
frequente30.
Dato l’alto numero di varianti esistenti per queste figure di Mercurio31, si segnalano qui solo alcuni degli
esemplari più vicini a quello di Isola, ricordando però
che l’assenza in esso della parte pendente della clamide limita il grado di puntualità dei riscontri. Esemplari affini sono presenti in Italia del nord a Imperia32,
26
DEIMEL 1987, pp. 14-15, 113-114, tav. 2,1, alt. cm 10, in un’officina forse
come materiale da rifondere, considerato prodotto nel I sec. a.C., differisce
dal bronzetto di Isola Vicentina per la presenza di calzari alati, della tartaruga sulla mano sinistra, e per la posizione più alta del braccio destro; manca
inoltre della base; viene confrontato con un bronzetto di provenienza ignota, conservato a Verona (FRANZONI 1973, p. 56 n. 36, alt. 14,4, ugualmente
con calzari alati, che conserva la borsa nella destra, mentre la sinistra doveva reggere il caduceo); sul problema della datazione, KAUFMANN-HEINIMANN 1998, p. 58, fig. 26,3.
27
Quindi non la Rundschnittfrisur, considerata indizio di ambito “provinciale”, v. oltre.
28
Per un Mercurio simile da Bonn (con calzari alati e posizione inversa
delle gambe), non è precisato se la base sia fusa insieme o un’aggiunta
moderna, in un altro proveniente dalla stessa città la basetta serviva ad
accogliere un ariete colato probabilmente in un sol getto, MENZEL 1986, pp.
11 n. 19, 17 n. 35, tavv. 11, 17; un esemplare da Vechten, della stessa iconografia di Isola Vicentina ma più piccolo e di peggior qualità, presenta una
sottile basetta fusa insieme, ZADOKS-JOSEPHUS JITTA et al. 1969, p. 108 n. 46;
sono forniti di una base sottile anche un Mercurio da Aosta, di tipo diverso,
CONTI 1994, pp. 178-179, fig. 27, e quello da Caraglio citato oltre.
29
KAUFMANN-HEINIMANN 1998, pp. 47-48 (i bronzetti illustrati sono perlopiù relativi a serie differenti da quello di Isola Vicentina).
30
Ad esempio KAUFMANN-HEINIMANN 1998, fig. 20,6, da Pompei.
31
Si possono riscontrare ad esempio l’inversione della posizione degli
arti e la collocazione dell’inizio del mantello sulla spalla destra (BABELON,
BLANCHET 1895, p. 147 n. 328, dalla collezione Oppermann); inoltre non
verranno qui citati gli esemplari con ali fuoriuscenti direttamente dalla capigliatura (senza petaso, POULSEN 1977, fig. 10, tipo 23), i cosiddetti Mercurio-Thot, e quelli con pettinatura a ciocche indicate da solcature verticali
parallele tagliate a semicerchio (Rundschnittfrisur), rappresentati da più serie, cfr. KAUFMANN-HEINIMANN 1998, pp. 47-49, figg. 20-22 (per la presenza
della serie di fig. 22, di altezza attorno ai cm 7, in Italia settentrionale cfr.
BOLLA 2005, pp. 401-404).
32
LAGORIO 1946, con inversione della posizione delle gambe e con calzari
alati, leggermente più alto di quello di Isola.
- 76 -
Figg. 30-32. Mercurio da Isola Vicentina, vista frontale, vista del retro, vista laterale, foto dell’A.
Caraglio presso Cuneo33, Abano34; Oltralpe a Augst
e Avenches35, Lutetia36, Mandeure37, Nijmegen nelle
canabae legionis38, Romula e Potaissa in Romania39;
Adony in Ungheria40. Altri di provenienza ignota sono
a: Torcello41; Paris, Bibliothèque Nationale42; Lyon43.
Lo schema iconografico è dunque noto in Italia settentrionale come nelle province sia occidentali sia orientali dell’Impero.
Senza alcuna pretesa di esaustività, si possono situare le
statuine qui esaminate nel panorama della piccola bron-
33
PROMIS 1897, pp. 194-195, tav. X,3-4, alt. cm. 10, senza calzari alati, con
diversa inclinazione della testa, con piccola base fusa insieme.
34
ZAMPIERI 1986, p. 242 n. 144, alt. 12, con calzari alati e differenze di
dettaglio.
35
KAUFMANN-HEINIMANN 1977, p. 31 n. 22, acefalo, con caduceo volto in
avanti e verso il basso; LEIBUNDGUT 1976, p. 22 n. 8 (molto lacunoso).
36
Bronzes Paris 1989, pp. 86-87 n. 19 (più alto ma di peggior qualità); ha
forse un resto di clamide sulla spalla sinistra anche il bronzetto ibidem, pp.
348-349 n. 336, alt. 16,5, con calzari alati molto evidenti e probabilmente
caduceo su spalla, sepolto alla fine del III secolo.
37
LEBEL 1961, p. 25 n. 33, tav. XX, però con borsa posta sopra la mano
destra.
38
HAARHUIS 1995, p. 375, fig. 3, datazione proposta a prima della fine del I
sec. d.C., alt. cons. 9,1, con borsa nella destra e probabilmente nella sinistra
caduceo volto verso il basso.
39
Bronzes Romania 2003, pp. 100-101 nn. 35 e 38, alt. 10 e 8,5; ŢEPOSUMARINESCU, POP 2000, pp. 41-42 nn. 24-26.
40
BÁNKI 1972, p. 26 n. 13, alt. 13,5 cm, con braccio destro più sollevato.
41
TOMBOLANI 1981, p. 85 n. 57, alt. cons. cm 7,3.
42
BABELON, BLANCHET 1895, p. 148 n. 330, alt. 16, di migliore qualità, probabilmente in origine con caduceo verso il basso.
43
Due esemplari, BOUCHER 1973, pp. 70-71 nn. 112-113; altri due (pp. 7273 nn. 114-115), presentano i calzari alati.
zistica del Vicentino44, per tentare poi un confronto con le
realtà limitrofe ed evidenziare eventuali peculiarità.
Le divinità femminili sono attestate, oltre che dalle due
Minerve di Montecchio Maggiore e Isola Vicentina, da
due figure di Vittoria su globo da Fellette di Romano45
e Santorso46, quest’ultima però con funzione di applique e quindi non direttamente riferibile all’ambito cultuale; inoltre da un braccio nudo (con tracce dell’abito
sulla spalla), probabilmente femminile per la presenza di
un’armilla a capi aperti e ingrossati, proveniente da Lonigo, che regge una patera umbilicata ed era pertinente
ad una statuetta di dimensioni non piccole47. È inoltre in
corso di edizione una statuina miniaturistica in argento di
divinità femminile dal Monte Summano48.
Fra le divinità maschili, Mercurio è prevalente. Oltre
che a Isola Vicentina, bronzetti del dio sono: a Montecchio Precalcino, loc. Colle Bastia, da edificio con
44
Per praticità si considerano qui i limiti della provincia odierna, pur nella
consapevolezza della complessità della problematica della definizione dei
confini dell’agro vicentino in età romana, v. P. FURLANETTO, in FURLANETTO,
RIGONI 1987, pp. 137-138.
45
Da una probabile villa rustica, Notizie degli Scavi di Antichità, 1917,
pp. 229-230 (G. PELLEGRINI, con ill.); REINACH V, 1924, p. 201 n. 4; CAV, I,
1988, pp. 121-122 n. 20.10; PETTENÒ 2000, pp. 98-99, fig. 4.
46
Da ricognizione di superficie nell’agro centuriato bassanese (forse da
villa rustica, in uso nell’età tardoromana per la presenza di monete di IIIIV sec. d.C.); PETTENÒ 2000, pp. 97-99, figg. 2-3; C. MENGOTTI, in Nelle
campagne della Rosa. Dieci anni di ricerche archeologiche a Rosà, a cura
di E. PETTENÒ, Bassano 2004, p. 38, fig. 5.
47
Lungh. cons. 9,3; già in collezione Naumann; ora a Padova, Museo di
Scienze Archeologiche e d’Arte dell’Università, n. inv. BT 131.
48
GAMBA c.s.
- 77 -
monete di III-IV sec. d.C., disperso49; in un contesto
insediativo ad Angarano, ancora del tipo Poulsen 22
secondo le indicazioni fornite50. Il Mercurio da Cismon del Grappa, località Forte Tombion (con indicazione di provenienza già di per sé poco probabile da
necropoli)51 appartiene al tipo Poulsen 21 A Reihe a52
ed è un’imitazione moderna53.
A Costabissara, in un complesso di edifici in uso dal I
agli inizi del V secolo54, è stato rinvenuto - al di fuori di
un contesto stratigrafico - un bronzetto (alt. cm 8,6) di
Anubis, privo degli attributi di entrambe le mani, uno dei
quali poteva essere il caduceo55. L’aspetto del bronzetto
indica un’assimilazione con Mercurio, determinata dal
ruolo di psicopompo svolto da entrambe le divinità56, che
portò alla creazione in epoca romana dell’Hermanubis ricordato da Plutarco57. Nella bronzistica di età imperiale il
dio dei morti dalla testa di canide è più spesso raffigurato
- come altri dei egizi e di origine orientale - in veste di
imperator loricato o di legionario, con attestazioni esclusivamente in Egitto58, a parte un bronzetto conservato a
Roma e ritenuto trovato in Italia59. Bronzetti di Anubis
romanizzato e “in abiti civili” sono rarissimi e differenti
da quello di Costabissara: uno proviene probabilmente dall’Egitto60; uno da Lambesis in Algeria, datato alla
metà del II secolo d.C.61. Invece raffigurazioni in bronzo
di Anubis non trasfigurato in chiave greco-romana sono
state rinvenute nell’Impero a Pompei (casa di M. Memmius Auctus, in un larario di intonazione prevalentemen-
49
CAV, III, 1992, p. 43 n. 61.2.
P. FURLANETTO, in FURLANETTO, RIGONI 1987, p. 148, lo definisce tipologicamente affine a quello di Isola Vicentina (il bronzetto non è illustrato).
51
CAV, I, 1988, p. 136 n. 21. Conservato presso il Museo Civico di Bassano
del Grappa.
52
POULSEN 1977, p. 27, in particolare n. 4, fig. 27, identico, conservato al
Musée des Antiquités Nationales di Saint-Germain-en-Laye, in circolazione da prima del 1894.
53
Alt. 7, largh. 3,5; costruito su un unico piano e prodotto in matrice bivalve, possiede un perno cilindrico fuso in un sol getto sotto il piede destro,
che conferma la sua realizzazione in epoca recente: la produzione di questa
serie deve essere iniziata almeno da prima del 1875, data della donazione
di un Mercurio identico al Musée Rolin di Autun, LEBEL, BOUCHER 1975, p.
53 n. 76 (non riconosciuto come moderno).
54
BUSANA 2002, pp. 222-223, 289-294; BRUTTOMESSO et al. 2002, p. 131.
55
PETTENÒ 2002, che propone un completamento con palma e caduceo;
altre possibilità sono situla, scettro, sistro, spighe di grano, volatile,
globo, torcia, spada, clava di Ercole (LECLANT 1981): solo alcuni però
potrebbero essere compatibili con gli inviti nelle mani del bronzetto di
Costabissara.
56
VAN GULIK 1940, p. 41; sul cane in rapporto all’oltretomba nel mondo
antico, orientativamente JENKINS 1957 (per Anubis, p. 62).
57
DAGR, I, s.v. Anubis (F. ROBIOU); J.Cl. GRENIER, Hermanubis, in LIMC,
V, pp. 265-268: in ambito iconografico si classificano per convenzione
come Hermanubis solo le immagini completamente umanizzate, quindi
senza testa di canide.
58
LECLANT 1981, p. 871 nn. 75-81, cui si aggiungano VAN GULIK 1940,
p. 42; Brons uit de Oudheid 1992, pp. 40-42, ill. a p. 40, con provenienza ipotizzata dall’Egitto; WALDE-PSENNER 1976, p. 184 n. 21 = ZEMMERPLANCK 1989, p. 41 n. 45, con provenienza probabile dall’Egitto.
59
LECLANT 1981, p. 871 n. 80, ill.
60
VAN GULIK 1940, pp. 41-42, 50 n. 66, dalla collezione von Bissing, alt.
cons. cm 7,8, coronato, con caduceo nella sinistra, privo della mano destra
e con panneggio diverso.
61
LECLANT 1981, p. 865 n. 11, ill.
te egizia)62, nel Vallese (amuleto con anello di sospensione)63 e a Enns64.
Quella di Costabissara è quindi una testimonianza d’eccezione. In Italia, rappresentazioni di Anubis in materiali
diversi dal bronzo o attestazioni del suo culto sono state
ritrovate nelle aree campana (Pompei, Cuma, Abella)65,
laziale (Roma, Ostia, Miseno, Anzio)66, adriatica (Bari,
Sarsina, Rimini, Altino, Aquileia) e sannitica (Alba Fucens)67. Sulla base di questi dati, per spiegare la presenza
del bronzetto nel Vicentino, accanto alle plausibili ipotesi
proposte da Elena Pettenò (provenienza da Verona o da
Industria attraverso Verona)68, se ne possono considerare
altre, accennate anche dalla studiosa: il bronzetto (o un
suo modello) potrebbe esser stato importato dall’Egitto attraverso la zona campano-laziale oppure attraverso
l’Adriatico. Esso segnala in ogni caso una particolare religiosità o cultura del suo possessore.
Proseguendo con il panorama dei bronzetti di divinità
maschili dal Vicentino69, a Barbarano Vicentino, per una
piccola base marmorea dedicata ad Aesculapius Augustus
e datata orientativamente al I secolo è stato ipotizzato il
completamento con un bronzetto del dio70. A Breganze,
durante lavori di cava è stato rinvenuto un Amorino con
fiaccola, possibile figura di complemento in un larario
privato71. A Piovene Rocchette è ricordato il rinvenimento di una statuetta di Priapo, andata dispersa, di materia
prima non precisata72. Peculiare la situazione del Monte
Summano, probabile luogo di culto sommitale, dove è
stata di recente scoperta una statuina miniaturistica in argento di Marte73.
Fra i bronzi figurati a carattere non cultuale, ricordiamo
un’applique di dimensioni non piccole, in origine dorata,
50
62
KAUFMANN-HEINIMANN 1998, p. 219 n. GFV26; LECLANT 1981, p. 867
n. 40, lo inserisce fra gli Anubis ellenizzati nel tipo O (Anubis con abito
lungo), ma mi pare che l’iconografia non corrisponda a questa definizione
e sia tipicamente egizia.
63
DÉONNA 1915, p. 216 n. 50, alt. 6; si tratta però di un ritrovamento non
recente (1895); LECLANT 1981, p. 863.
64
FLEISCHER 1967, p. 111 n. 142, tav. 75, ritrovamento casuale del 1952;
LECLANT 1981, p. 863.
65
Iside 1997, pp. 426 n. V.44 (affresco con sacerdote mascherato da Anubis
a Pompei), 449 n. V.80 (statua di Anubis come Mercurio da Cuma); LECLANT 1981, pp. 865 n. 17, 866 n. 28, 868 nn. 55-56, 869 n. 61.
66
Iside 1997, pp. 172 n. IV.23 (base di candelabro di produzione urbana,
con Anubi avvolto da mantello con palma), 387-388 n. V.2 (ara dall’Iseo
Campense, Anubis con palma, situla, caduceo, avvolto da mantello); iscrizioni a Ostia: CIL XIV, 352 e 4290; DAGR, I, s.v. Anubis (F. ROBIOU);
LECLANT 1981, pp. 864 nn. 1-2, 7, 866 nn. 27, 29-30, 870 n. 67.
67
Iside 1997, pp. 365 (iscrizione di Aquileia, ad Anubi Augusto, CIL V,
8210, su un’arula votiva che poteva sostenere in origine una statuetta in
bronzo), 366 (mosaico nilotico di Rimini), 371 (affresco di Alba Fucens e
testa di Sarsina), 469 n. V.115 (matrice di Altino); a Bari si ricorda l’iscrizione AE 1988, 360, cfr. SOTINEL, BUDISCHOVSKY 1993, p. 1022; LECLANT
1981, pp. 867 n. 39, 868 nn. 50-51, 870 nn. 66, 74.
68
PETTENÒ 2002, pp. 139-140.
69
A Schio, in due località diverse (collina di S. Martino e Magré), è segnalato il ritrovamento di “idoletti bronzei di fattura locale”, dispersi e quindi
di cronologia non determinabile (eventualmente preromani), CAV, I, 1988,
pp. 124 n. 30, 126 n. 34.4.
70
TIUSSI 1999, pp. 153-154 n. II.A.1, fig. 31.
71
P. FURLANETTO, in FURLANETTO, RIGONI 1987, p. 144, non ill.
72
CAV, I, 1988, p. 117 n. 12.
73
GAMBA, PETTENÒ 2007.
- 78 -
raffigurante una divinità maschile dell’acqua semidistesa
(Oceano?), con animale anguiforme (probabilmente marino), rinvenuta nel criptoportico di Vicenza74, che documenta la conoscenza di un’iconografia non frequente75;
una lucerna configurata a cucullatus itifallico, da un contesto insediativo a Montecchio Maggiore76, la cui funzione utilitaria, ma con significati apotropaici, non esclude
la possibilità della collocazione in un larario. Elementi
decorativi andati dispersi sono un bronzetto di lupo o
cane da Marano Vicentino e un busto maschile da Rosà,
loc. S. Pietro-Brega77; dall’insediamento di Costabissara
proviene anche un supporto in bronzo con animale alato, pertinente probabilmente a suppellettile da mensa78.
A Isola Vicentina è infine stato ritrovato un elemento figurato in piombo (da via Leogra, campo De Tomasi, in
data non precisata, probabilmente negli anni Ottanta), di
funzione e cronologia da accertare79.
Il confronto con i limitrofi territori di Ateste e Verona
può essere illustrato con una tabella, il cui valore è da
ritenersi puramente indicativo; vi sono compresi infatti
bronzetti di interpretazione incerta, esemplari dispersi e
quindi non controllabili, come anche alcune statuette di
provenienza non sicura o ipotizzata80.
Fra le divinità maschili nei tre territori si nota finora l’assenza di Apollo e Vulcano (attestato invece in Trentino);
nel Vicentino mancano finora anche Giove, Bacco e Nettuno, mentre un dio delle acque è noto solo come applique, quindi con un significato diverso da quello del bronzetto di Costermano nel Veronese (a tutto tondo, forse da
identificare con Benacus, proveniente da un larario privato). Nel Vicentino è però presente Marte (in argento),
non frequente in Italia settentrionale (sempre riguardo
alla piccola bronzistica). Fra le divinità femminili manca
in generale Diana (quella Efesia di Este è molto incerta), mentre Venere non compare nel Vicentino. Le figure
di complemento dei larari (Lari ed Eroti) sono attestate
quasi esclusivamente nel Veronese. È poi significativo
che divinità con competenza sulla sfera salutare, assenti
nel Veronese come in quasi tutta l’Italia settentrionale (riguardo alla piccola bronzistica), compaiano nei territori
limitrofi di Ateste e Vicetia, testimoniando forse dei con74
Alt. 11; lungh. 16,4; n. inv. I.G. 5760. Museo ritrovato 1986, p. 50 n. A 42
(P. FURLANETTO); BASSIGNANO 1987, p. 324, ill.; RIGONI 1987, p. 128.
75
L’esame del retro potrebbe essere d’ausilio per la determinazione della
funzione (non si può escluderne a priori l’uso su una statua loricata).
76
Edito in PELTRIN, DALL’OLIO, BESCHN 1984, p. 28; M. RIGONI, in FURLANETTO, RIGONI 1987, p. 151; M. RIGONI, Il territorio di Montecchio Maggiore in età romana. In Prime indagini.
77
CAV, I, 1988, pp. 127 n. 40, 149 n. 115.
78
BRUTTOMESSO 1985, p. 44, fig. 7c; BUSANA 2002, p. 294 nota 60.
79
Ignota la collocazione attuale, ne resta una fotografia poco chiara presso
la Mostra Archeologica Didattica di Castelnovo; probabilmente ad esso si
riferisce la segnalazione di una Atena in piombo da parte di P. FURLANETTO,
in FURLANETTO, RIGONI 1987, p. 144, ripresa da BOLLA 2002, p. 138 n. 17.
80
Per i bronzetti dal territorio veronese i dati sono ricavati da BOLLA 2009
e non comprendono gli esemplari in piombo; per il territorio atestino cfr.
BOLLA 2008, cc. 81-82, con l’aggiunta di un Giove già edito come di provenienza ignota ed ora riferito con cautela a Monselice, ZAMPIERI 2009, p. 27,
fig. 6. Per il territorio vicentino, non è stato inserito il Mercurio da Cismon
del Grappa in quanto moderno.
tatti (Barbarano Vicentino non è molto lontano da Este).
Le divinità di origine egizia sono presenti soprattutto nel
Veronese, ma a Costabissara abbiamo la rarissima testimonianza di Anubis/Mercurio.
Nei tre agri le divinità meglio rappresentate sono Mercurio e Minerva, in corrispondenza con quanto osservato
per l’Italia settentrionale in genere81.
Divinità / Territori
Giove
Mercurio
Anubis/Mercurio
Marte
Ercole
Bacco
Priapo
Nettuno
Vicetia
3
1
1 Ag
Ateste
2?
3
4
2?
2
1
1
applique
1?
Divinità dell’acqua
1
applique
Esculapio
1 ? (resta
una base 1
iscritta)
Arpocrate
Lari
Eroti
Genius con corona
murale
Venere
Minerva
Vittoria
Bona Dea/Igea
Fortuna/Iside
Dea seduta
81
- 79 -
BOLLA 2002, pp. 79-83.
1
2
Verona
4
9
2
4
1 + 1
applique
1
5
6
1
applique
3
4
1
applique
1
1
4
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