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LVII-113-138 Mazzieri Dal Santo

The Early Neolithic settlement at Botteghino (Parma) -The site at Botteghino, carried out between 2003 and 2004, is the fi rst evidence regarding the Late Neolithic in Parma territory. The excavation brought to light an articulated archeological stratigraphy referred to quite a few settlement phases, as documented by the presence of a canal, a well, hearths, storage-pits and several pole-pits related to rectangular shaped buildings. The pottery found is referable to Chassey Culture. Spindle whorls and clay spatulas for pottery were also found. The chipped stone assemblage shows a relevant use of pressure fl aking technique characteristic of Chassey Groups. It is also interesting the presence, besides two copper awls, of copper slags and of a fragment of a melting crucible.

Rivista di Scienze Preistoriche - LVII - 2007, 113-138 PAOLA MAZZIERI* - NICOLA DAL SANTO** Il sito del Neolitico recente di Botteghino (Parma) SUMMARY - The Early Neolithic settlement at Botteghino (Parma) - The site at Botteghino, carried out between 2003 and 2004, is the first evidence regarding the Late Neolithic in Parma territory. The excavation brought to light an articulated archeological stratigraphy referred to quite a few settlement phases, as documented by the presence of a canal, a well, hearths, storage-pits and several pole-pits related to rectangular shaped buildings. The pottery found is referable to Chassey Culture. Spindle whorls and clay spatulas for pottery were also found. The chipped stone assemblage shows a relevant use of pressure flaking technique characteristic of Chassey Groups. It is also interesting the presence, besides two copper awls, of copper slags and of a fragment of a melting crucible. Parole chiave: Neolitico recente, Cultura Chassey, metallurgia, Parmense. Key words: Late Neolithic, Chassey Culture, Metallurgy, Parma territory. Il sito del Neolitico recente di Botteghino, ubicato nell’alta pianura a ca. 7 km a sud di Parma, è stato individuato a seguito della costruzione di alcuni edifici commerciali1 e scavato tra i mesi di giugno 2003 e luglio 2004 con un intervento di emergenza, che ha messo in luce su un’area di ca. 1800 mq un numero rilevante di strutture pertinenti ad un abitato plurifase della Cultura Chassey-Lagozza (fig. 1A.1). Le indagini, iniziate quando il progetto edile era già avviato e l’escavazione di una vasca aveva già distrutto parte del deposito archeologico, hanno potuto esplorare solo parte dell’area interessata non solo dall’insediamento, ma anche dall’edificazione, e in alcune zone solamente attraverso piccoli saggi, cosa che ha reso problematica la lettura e l’interpretazione di molte strutture. In un primo momento è stata investigata un’area di * Collaboratrice esterna Soprintendenza Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, Museo Archeologico Nazionale di Parma, Piazza della Pilotta 1, 43100 Parma; e-mail: paola.mazzieri@libero.it ** Via Cornoleda 19, 35030 Cinto Euganeo (PD), tel. 042/9647103, e-mail: santo-@libero.it 1 Scavo Soprintendenza Beni Archeologici dell’Emilia Romagna (M. Bernabò Brea) realizzato dalla ditta GEA di Parma (direzione P. Mazzieri), con finanziamenti della proprietà (F.lli Ghiretti, Parma). Nel presente articolo Nicola Del Santo ha curato lo studio tecnologico e tipologico dell’industria litica, Paola Mazzieri la restante parte. Si ringrazia innanzitutto Maria Bernabò Brea, cui si deve la redazione del presente articolo, per i preziosi suggerimenti. Un sentito ringraziamento va a Susanna Gasparini per il valido contributo offerto durante le indagini, a Lisa Berni e ad Alessandro Ferrari per i consigli, a Paola Visentini per le datazioni C14 citate nel lavoro, a Pietro Anastasi per la composizione delle tavole, a Marco Grignano per l’elaborazione delle planimetrie di scavo e a Roberto Micheli per alcune delle foto di questo lavoro. Lo studio del materiale faunistico è in corso da parte di Claudio Berto. ca. 800 mq, successivamente sono stati scavati i plinti di fondazione di un edificio e in seguito una zona all’interno di quest’ultimo (area denominata C4) (fig.1A.2). Evidenze archeologiche sono infine venute alla luce durante la costruzione di varie infrastrutture. La complessità del sito e delle sue strutture, la cui analisi non è ancora terminata, consentono in questa sede di presentare solo una sintesi delle testimonianze messe in luce, che tuttavia già offrono numerosi elementi di rilevante interesse. 1. LA STRATIGRAFIA L’insediamento presentava una complessa stratigrafia, formatasi durante diverse fasi insediative, che dall’alto in basso si può riassumere in quest’ordine: - Canale (US 1053); individuato in un breve tratto all’interno di un plinto e di una piccola porzione dell’edificio C4 e indagato per una superficie di soli 8 mq, conteneva frammenti di ceramica a squame e con superfici scopettate databili all’Eneolitico. - US 14; strato nero-bruno, contenente abbondanti frustoli millimetrici e centimetrici di carbone, numerosi frammenti di concotto e materiale archeologico, con potenza variabile dai 3 ai 15 cm con un’estensione di quasi 60 mq, copriva il suolo (US 2) e alcune strutture. È stato interpretato come una fase di abbandono legata a un episodio di incendio. - US 2; paleosuolo di colore grigio-bruno a matrice limo-argillosa, contenente comuni frustoli di carbone e concotto, materiale archeologico e resti faunistici. Presente su tutta l’area esplorata, ha uno spessore 114 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO Fig. 1 - A) Ubicazione del sito (1), schema riassuntivo delle aree indagate (2). B) Il canale-struttura 19-77 e la sua sezione. C) Il pozzo (struttura 1) e la sua sezione. A) Location of the settlement (1), summarizing scheme of the excavated areas (2). B) The canal 19 and its section. C) The well (structure 1) and its section. IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) compreso tra i 10 e i 30 cm. Considerata la forte pedogenesi, non è stato possibile individuare in esso alcun livello di frequentazione, anche se la presenza di alcune strutture di combustione in ciottoli individuate al suo interno testimonia più momenti deposizionali nella sua formazione. Gran parte delle strutture messe in luce nel sito (pozzetti, strutture di combustione, un pozzo e numerose buche di palo) si sono individuate in seguito all’asportazione di US 2. - Struttura 1; grande pozzo di forma cilindrica. Al suo interno si sono distinti 9 strati pertinenti a scarichi intenzionali e depositi colluviali che hanno restituito numerosi reperti archeologici. Lo strato sommitale (US 8) era coperto da US 2 e inciso dalle buche di palo della struttura 3. - Struttura 19-772; canale con andamento SW-NE e profondità massima di 90 cm, indagato per un tratto di ca. 30 m. Si sono riconosciuti più strati di riempimento legati sia ad attività antropiche (scarichi) che naturali. Il canale è stato tagliato dall’impianto del pozzo-struttura 1. Da quanto brevemente esposto è evidente che il sito, prima di essere inciso da un canale dell’Età del Rame, ha conosciuto una sequenza di fasi insediative neolitiche. Appare generalmente problematico determinare la sequenza stratigrafica delle varie strutture emerse dopo l’asportazione del suolo US2, mentre risulta molto più agevole individuare, nelle grandi linee, la successione delle fasi nell’area interessata dal pozzo e dal canale. Qui la più antica fase significativa è testimoniata nei riempimenti basali del canale, una seconda è pertinente alla messa in opera e poi al riempimento del pozzo e una terza è rappresentata dai pali della struttura che incidono quest’ultimo (struttura 3). 2. GLI ELEMENTI NATURALI E STRUTTURALI PERTINENTI AL SITO NEOLITICO 2.1. Il canale Il canale (Struttura 19-77), largo 4 m e con profondità variabile, presentava un profilo piuttosto complesso; la parte più alta aveva uno svaso molto ampio mentre quella inferiore aveva pareti subverticali e fondo concavo (fig. 1B). L’andamento non rettilineo e il fondo irregolare con frequenti abbassamenti suggeriscono l’ipotesi che si trattasse di un canale naturale, forse approfondito in alcuni tratti. Quasi al fondo si sono individuati 4 distinti scarichi (UUSS 212, 223, 238, 1137) contenenti una cospicua quantità di reperti (tra cui spiccano una lesina e un frammento di ceramica incrostato di scorie di fusione di rame). Per US 223 è disponibile 2 Il canale è stato individuato a E e a W di una rampa di accesso alla vasca che aveva asportato gran parte del deposito archeologico, pertanto si è preferito mantenere due numeri di struttura distinti. 115 una data radiocarbonica: Hd-25298, 5619±25 BP (cal. 2s 4505-4360 BC)3. Al di sopra degli scarichi antropici era depositato un colluvio (US 211) che riempiva quasi completamente la parte inferiore del canale. In questa fase il canale era ancora attivo, anche se drasticamente ridotto nella portata d’acqua; è stato individuato, infatti, sul fondo della depressione rimasta uno strato di piccoli ciottoli e di materiale archeologico di piccole dimensioni fortemente fluitato (US 222) poi coperto da un deposito di origine colluviale contenente scarso materiale archeologico (US 210). Difficile, a causa della pedogenesi, distinguere il limite tra il tetto del riempimento sommitale e il suolo US 2. 2.2. Il pozzo Dopo l’asportazione di US 2 è emerso un grande pozzo per l’estrazione di acqua (struttura 1), che ha inciso i depositi del canale (struttura 19-77) (fig. 1C). Il pozzo presentava un’imboccatura circolare dal diametro di 2,80 m ed era profondo 2,80 m, le pareti erano fortemente inclinate nel tratto scavato nel substrato limoso e perfettamente verticali nella parte bassa dove il taglio era stato effettuato nelle ghiaie, il fondo era piatto. Le pareti nella parte alte erano state intonacate con una specie di malta composta da argilla impastata con ghiaietto molto fine e frammenti di ceramica (US 8g) dello spessore di ca. 5 cm. Le unità individuate in ordine stratigrafico sono le seguenti: - US 8: riempimento di colore nero contenente numerosi reperti che colmava l’imboccatura della struttura - US 8a: scarico di colore nero bruno - US 8b: lente di argilla con numerosi ciottoletti e frustoli ceramici, è stato interpretato come il collasso dell’intonaco che rivestiva le pareti del pozzo (US 8g) - US 8c: scarico di concotto, carbone e cenere da vedersi come il risultato di una pulizia di focolare - US 8d: lente di terreno fortemente carbonioso contenente ciottoli di piccole dimensioni - US 8e: deposito limoso di probabile origine colluviale - US 8f: riempimento composto da scarichi intenzionali - US 8h: strato composto da colluvi e collassi delle pareti contenente numeroso materiale archeologico - US 8g: collasso della parete S del pozzo - US 8i: collasso di parete individuato sulla porzione settentrionale della struttura - US 8l: colluvio di limo e ghiaia individuato sul fondo del pozzo Per US 8 è disponibile una data radiocarbonica 5456±25 BP (cal. 2s 4355-4255 BC). 3 Università di Heidelberg. Dobbiamo la data alla cortesia di Paola Visentini. 4 Università di Heidelberg, sempre su cortesia di Paola Visentini. 116 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO Fig. 2 - a) la struttura di combustione 26 danneggiata dall’impianto di alcuni pali dell’edificio V; b) struttura 18; c) il focolare-struttura 14; d) il focolare-struttura 14 sezionato, dove si vede lo strato di argilla sottostante alle pietre bruciate; e) struttura 12; f) uno dei pozzetti-silos rinvenuti nel sito (struttura 43). a) hearth 26 damaged by the estabilishment of some poles of the “house” V; b) hearth 18; c) hearth 14; d) hearth 14 with its section where is evident the baked clay layer beneath the burnt stones; e) hearth- structure 12; f) a storage pit (structure 43). 2.3. La “palizzata” Un allineamento di pali (Struttura 3) lungo 12 m in senso N-S, individuato dopo l’asportazione di US 14, era composto da una fitta serie di buche in molte delle quali si notavano ciottoli di inzeppature che emergevano al tetto del suolo US 2 (fig. 3.f). Alcune delle buche incidevano anche lo strato sommitale del pozzo-struttura 1. Poiché si trovava a ridosso dell’area compromessa dallo scavo della vasca, non è stato possibile legarla ad altre strutture e ne resta quindi problematica l’interpretazione: si potrebbe trattare o di una parete di un’abitazione o di un tratto di una recinzione. Merita in ogni caso di segnalare la particolarità IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) 117 Fig. 3 - a) panoramica dell’area C4; b) edificio V; c) granaio-struttura 27 interno all’edificio V; d) granaio (struttura 25); e) granaio (struttura 70), f) “la palizzata”-struttura 3. a) wide-angle shot of the C4 area; b) “house” V, c) granary-structure 27 inside “house” V; d) granary-structure 25; e) granary-structure 27; f) the “fence”- structure 3. della struttura per la concentrazione di pietre da inzeppatura. 2.4. Le capanne Nell’intera area di scavo ma soprattutto nell’area C4 sono emerse, oltre ad alcuni pozzetti e strutture di combustione, numerosissime buche di palo, la cui leggibilità è resa difficoltosa dalla evidente sovrapposizione di più fasi edilizie (fig. 4). Alcuni allineamenti ben individuabili consentono tuttavia di riconoscere alcuni edifici di forma rettangolare e di dimensioni differenziate, che si dispongono secondo assi di orientamento che potrebbero essere variati nel tempo. La struttura meglio leggibile è quella nominata edificio V (fig. 5), orientato lungo l’asse N-S, con 118 l’ingresso a S. Il lato lungo era di 11,20 m, mentre quello breve di 6 m, per una superficie interna di 67,20 mq. Il perimetro della capanna era delineato da una serie di 62 buche di palo con un diametro compreso tra 20 e 25 cm, poste a una distanza piuttosto regolare di ca. 45-50 cm l’una dall’altra. In alcuni punti (agli angoli e alla metà dei lati lunghi) erano presenti doppie buche di palo. Sul lato S, in posizione decentrata verso E, era l’ingresso della capanna ampio 1 m, che presentava una doppia buca di palo su entrambi i lati, verosimilmente relativa al sistema di cardini della porta. Tutte le buche di palo erano colmate con un ghiaietto piuttosto fine che si è pensato potesse essere parte della struttura in alzato della capanna poi disgregatosi 5. Benché la sovrapposizione di più fasi insediative renda problematica l’interpretazione di tutte le buche rinvenute all’interno dell’edificio V, è evidente un allineamento di buche di palo in posizione quasi centrale e parallelo ai lati lunghi. Nell’angolo S-W della capanna era presente una struttura (27) di forma quadrangolare, di ca. 80 cm di lato, costituita da tre file di buche di palo fittamente disposte, che si sono viste dopo l’asportazione di uno strato ricco di materiale organico combusto; essa è stata interpretata come la fondazione di un soppalco atto a reggere un peso cospicuo, 5 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO Fig. 4 - Planimetria dell’area C4. Plan of C4 area. La presenza di ghiaia di piccole dimensioni sembra sempre seguire i perimetri esterni delle strutture abitative individuate; è assai probabile che fosse parte di un impasto per mattoni crudi o di uno zoccolo in argilla cruda di cui non sono rimaste più significative tracce (cfr. Georjon et alii cds). IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) 119 Fig. 5 - Planimetria dell’edificio V. Plan of “house” V. probabilmente una sorta di granaio sospeso, che risulta essere nella posizione più calda (a S) e più aerata (vicino all’ingresso) della casa (fig. 3.c)6. L’interpretazione sembra confermata dall’assenza di silos interrati all’interno dell’edificio. Immediatamente di fronte all’ingresso della capanna sono stati individuati uno scarico di concotto (US 328) e uno di pietre scoppiate dall’azione del fuoco, probabilmente pertinenti ad azioni di pulizia di focolari interni alla casa. Sul lato occidentale dell’edificio è stata recuperato uno grosso ciottolo (ca. 45x20x15 cm) recante una serie di linee incise e di cuppelle adagiata all’interno di una grossa buca di palo (US 692, cfr. infra, fig. 12.a-b). Di fianco all’edificio V si legge un’altra costruzione di dimensioni analoghe (edificio IV) e isorientata, la cui leggibilità è compromessa dal canale US 1053. Sicuramente non in fase con questi edifici è la struttura di forma simile ma di dimensioni assai minori e orientata lungo l’asse E-W che incrocia il lato breve settentrionale dell’edificio IV, caratterizzato da un pozzetto posto a due terzi della lunghezza (edificio III). Una costruzione simile si riconosce anche più a nord (edificio II). Infine alcuni allineamenti di pali orientati in senso NW-SE sono ravvisabili nell’area prospicien6 Nello scavo si sono individuate altre quattro strutture di questo tipo anche di dimensioni maggiori (fig. 3d-e). te al canale struttura 19-77 e plausibilmente in fase con esso. Ad uno di questi ultimi edifici, ricostruibili solo parzialmente, sembra appartenere anche il granaio struttura 25. 2.5. Fosse di scarico Sono sparse nell’intera area di scavo 5 fosse di forma sub-circolare a fondo concavo colmate con scarichi di terreno contenente carbone, concotto e materiale archeologico e resti faunistici (strutture 8, 24, 32, 33, 34, 35, 38 e 63), interpretabili come rifiutaie. In alcune (8 e 24) si sono rinvenuti reperti archeologici, mentre in altre il riempimento era costituito da scarichi di focolare e frammenti di ossa. 2.6. Strutture di combustione Diverse le strutture di combustione (7) trovate durante le indagini, individuate a diversi livelli del suolo e riconducibili a due differenti tipologie; la prima che include focolari di forma circolare composti da ciottoli alloggiati in una fossa interrata (strutture 14, 15 e 16), mentre la seconda comprende strutture in ciottoli di forma rettangolare allettati su un piano di carboni (strutture 20, 21 e 26). La struttura 14 è stata individuata all’interno di una fossa piuttosto profonda e alla cui base era presente uno strato di terra rubefatta alquanto compatta (fig. 2.c-d). È di forma circola- 120 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO re la struttura 12 composta da ciottoli di grandi dimensioni e di forma circolare deposta su uno strato di carboni (fig. 2.e). La struttura 26 è stata danneggiata dall’alloggio di alcuni pali di una capanna (edificio V) (fig. 2.a). - Ceramiche d’impasto grossolano: presenza di inclusi minerali anche di grandi dimensioni, da scarsi ad abbondanti, non compare la sabbia, spessori consistenti e superfici irregolari. 2.7. I pozzetti Numerosi i frammenti ceramici rinvenuti all’interno del canale, soprattutto concentrati nelle unità basali US 212 e US 1137. Da US 212 vengono scodelle a calotta con bordo ingrossato, anche con risega interna, e talora con bugne a perforazione orizzontale in ceramica fine o medio fine (fig. 6.2-3), una scodellina in ceramica fine con orlo a tesa (fig. 6.1), un consistente repertorio di tazze in ceramica fine (a breve parete verticale o leggermente rientrante con bordo assottigliato e leggermente esoverso e a profilo sinuoso) (fig. 6.4-7). Tra le forme chiuse in ceramica fine figura un’olla con bordo assottigliato ed esoverso (fig. 6.9). Vari gli elementi di presa tra cui merita citare la presenza, non comune, di alcuni manici a nastro con margini rettilinei ed estremità appiattita e in un caso espansa e piatta alla sommità (fig. 6.10-12). Una delle tazzine rinvenute (fig. 6.7) reca l’innesto di un attacco di manico sulla carena. Compaiono, inoltre, una bugna rettangolare e appiattita a doppia perforazione verticale (fig. 6.13) e una coppia di bugne ovali a perforazione verticale (fig. 6.14). Diversi i manufatti realizzati in ceramica d’impasto; tra le fogge rappresentate vi sono olle e orci tendenzialmente ovoidi, ma anche troncoconici, di varie dimensioni, che vedono l’applicazione di bugne, bugnette e presette a lingua variamente combinate (fig. 6.15-17). Gli orli sono decorati da impressioni a tacche o digitali. Significativi i rinvenimenti provenienti da US 238; tra le ceramiche fini e medio-fini si registrano scodelle a calotta con bordo arrotondato o ingrossato con risega interna (fig. 6.19), una tazza a breve parete rettilinea con vasca piuttosto profonda (fig. 6.20), una a profilo sinuoso (fig. 6.22), un’olletta a collo distinto con bordo arrotondato e leggermente esoverso (fig. 6.23) e una bugna rettangolare e appiattita a doppia perforazione verticale (fig. 6.24). Tra le ceramiche d’impasto si ripetono le forme già descritte per US 212. Eccezionale è il rinvenimento di un frammento di ceramica fortemente vetrificata e incrostata di scorie di rame (fig. 11B.1) (cfr. infra). Cospicui i ritrovamenti effettuati all’interno di US 1137; tra le ceramiche fini sono presenti una scodella troncoconica con bordo esoverso a pareti molto sottili (fig. 7A.2), una scodella con orlo a tesa (fig. 7A.1), una tazza a profilo convesso e bordo assottigliato (fig. 7A.3), un’olletta a bordo assottigliato ed esoverso (fig. 7A.4), una bugnetta ovale a perforazione orizzontale (fig. 7A.5). Più articolato risulta il quadro offerto per le ceramiche d’impasto rispetto alle altre unità del canale; a fianco di olle ovoidi vi sono uno scodellone a calotta decorato da bugnette appiattite (fig. 7A.7), uno con bordo fortemente estroflesso e sagomato con una bugna a testa appiattita (fig. 7A.9), un’olla a bordo esoverso decorata da un cordone liscio orizzontale (fig. 9.10), un frammento di vaso a bocca quadrata e bordo impresso (fig. 7A.8). Tra gli elementi plastici sono frequenti bugne e bugnette coniche pervie e impervie. Da US 223 vengono pochi frammenti tra cui una sco- Sono 21 i pozzetti-siloi ritrovati durante i lavori, quasi tutti concentrati in un’area piuttosto ristretta all’interno del capannone C4. I siloi erano di dimensioni piuttosto ristrette (il diametro massimo riscontrato era di 70 cm all’imbocco) e generalmente con profilo a campana (fig. 4.f). Le strutture avevano l’imboccatura ristretta, probabilmente per favorire la posa di un coperchio, pareti fortemente svasate e fondo piatto. Quasi tutti i pozzetti avevano il fondo inciso nello strato di ghiaie sottostanti, le pareti, alle volte (come nel caso dell’edificio III), erano intonacate con argilla o indurite dal fuoco per dissuadere l’azione di animali infossatori e per il mantenimento di un ambiente anaerobico all’interno. Quasi tutti i pozzetti erano colmati con depositi alluvionali praticamente sterili, fa eccezione la struttura 9 riutilizzata come rifiutaia. 3. I MATERIALI 3.1. La ceramica Lo studio del materiale ceramico, relativamente abbondante, ha riguardato tutte le strutture principali del sito, benché debba essere ancora completata l’analisi quantitativa e l’esame di tutti i manufatti rinvenuti nel suolo. Si presenta in questa sede il materiale più significativo per l’inquadramento cronologico e culturale del sito. 3.1.1. Le classi ceramiche Tra il materiale ceramico sono riconoscibili diverse classi, che sono state definite sulla base delle caratteristiche dell’impasto (presenza di sabbie genericamente micaceo-quarzose, dimensione e quantità di inclusi minerali quali Calcite, Feldspati, Quarzite e Calcare e più raramente di inclusi vegetali), spessore delle pareti e aspetto delle superfici. - Ceramiche fini: frequente presenza di sabbie micaceoquarzose, scarsissimi gli inclusi minerali, pareti genericamente molto sottili e superfici lisciate e levigate. - Ceramiche medio-fini: presenza di sabbie micaceoquarzose e di inclusi minerali piuttosto fini in pari quantità, spessori genericamente esigui, superfici lisciate e levigate. - Ceramiche d’impasto medio: frequenti inclusi minerali e sabbie, compare la chamotte, spessori nell’ordine dei 5 mm, superfici irregolarmente lisciate. - Ceramiche d’impasto medio-grossolano: inclusi minerali minuti, quasi assente la sabbia, superfici irregolari o irregolarmente lisciate. 3.1.2. Le ceramiche dal canale IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) 121 Fig. 6 - Il canale (struttura 19-77): 1-17 reperti ceramici da US 212; 18 spatola da vasaio; 19-25 reperti ceramici da US 238 (1:3). The canal (structure 19-77): 1-17 pottery from layer 212; 18 clay spatula; 19-25 pottery finds from layer 238 (1:3). 122 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO dellina a profilo convesso con bordo arrotondato (fig. 7A.12), una scodella a bordo impresso a tacche recante un motivo graffito molto mal conservato che sembra essere composto da una banda di triangoli in cui si intravede una campitura a piccoli punti (fig. 7A.13)7, un piede in ceramica medio fine a pareti convesse (fig. 7A.14) e una grossa olla in ceramica d’impasto con bordo impresso (fig. 7A.15). Dallo strato sommitale US 210 provengono minuti frammenti di ceramica fortemente fluitati, tra i quali si citano una tazzina a breve parete verticale in ceramica fine (fig. 7A.17), una bugna ovale appiattita in impasto medio-fine (fig. 7A.16), un orcio di piccole dimensioni con bordo impresso a tacche in ceramica medio-grossolana (fig. 7A.19), comuni i frammenti di olla in ceramica d’impasto con bordo impresso (fig. 7A.18). Uno degli aspetti caratterizzanti della produzione ceramica d’impasto fine o medio fine contenuta nel canale è senza dubbio la presenza di scodelle a calotta con bordo ingrossato talora con risega interna. I confronti più puntuali si trovano, al Pescale (Ferrari et alii 2002, fig. 5 e varie tavole in Berni 2004), a Spilamberto-sito III (Bagolini et alii 1998). In minor misura questo tipo di scodella si ritrova a Travo e alle Mose (Bernabò Brea et alii 2002 figg.6.1, 7.3, 12.2-3), è noto alle Arene Candide (Maggi e Starnini 1997, fig. 34.10 ), in Toscana nei siti di Podere Casanuova (Aranguren et alii 1991), del Neto di Bolasse (Sarti 1985, fig. 10.2,6), Poggio di Mezzo (Bagnone 1982, fig. 3.1), San Vincenzo (Fedeli e Galiberti 2002), Romita di Asciano (Peroni 1962-63, fig. 10.4-6) e in Piemonte a Ghemme (Venturino Gambari 1987, fig. 3.2-3). Più generici i confronti riguardo le scodelle a profilo convesso e con bordo arrotondato o assottigliato, ravvisabili in quasi tutti i complessi di Neolitico recente dell’Italia settentrionale e centrale tirrenica. Confronti per le scodelle con orlo a larga tesa sono da ricercarsi a Travo, seppur come elementi rari, (Bernabò Brea et alii 1994, fig. 20.3; 2002 fig. 4.8), alle Arene (Maggi e Starnini 1997, fig. 34.13) e all’Isolino di Varese (Guerreschi 1976-77). Tazzine a brevi pareti verticali sono note negli insediamenti del Piacentino (Travo, Le Mose-cantieri Ikea e Prologis) (Bernabò Brea et alii 2002, fig. 4.1,4, 9.10-11) e al Pescale anche se meno ricorrenti e con vasca più profonda (Ferrari et alii 2002b, fig. 5; Berni 2004). La tazzina-attingitoio con pareti brevi rientranti trova un preciso confronto con un reperto proveniente da Alba (Venturino Gambari et alii 1995, fig. 108.4). Frequenti anche le tazzine a parete breve a profilo sinuoso documentate anche a Travo (Bernabò Brea et alii 2002, figg. 4.3; 6.17), al Pescale (Berni 2004, tavv. 28, 36, 48), a Ghemme (Venturino Gambari 1987, fig. 3), alle Arene Candide (Maggi e Starnini 1997, fig. 35.1). Vaquer riporta il tipo tra gli elementi caratterizzanti dello Chasseano meridionale (Vaquer 1975, fig. 42.44). La tazza a profilo convesso e bordo assottigliato (fig. fig. 7A.3) trova un confronto molto preciso al Pescale (Berni 2004, tav. 85.15330), all’Isolino di Varese (Guerreschi 1976, fig. 7 Purtroppo lo stato di conservazione della superficie è cattivo, ma i piccoli punti impressi potrebbero essere stati ottenuti a pettine/ punzone. XXXIII) e nel sito di S. Maria in Selva (Silvestrini et alii 2002, fig.1). Compare un frammento di olletta a bordo assottigliato e distinto che trova analogie con reperti di Travo (Bernabò Brea et alii 1994, fig. 22.6), delle Mose-Torre Razza (Bernabò Brea et alii 2002, fig. 12.8), del Pescale (Ferrari et alii 2002b, fig. 5; Berni 2004), di Spilamberto-sito III (Bagolini et alii 1998, tav. XV.1), delle Arene Candide (Bernabò Brea L. 1946, fig. 19), del Neto di Bolasse (Sarti 1985, fig. 11.4), di San Rossore (Bagnone 1982, fig.1.6). Piuttosto peculiare è il ritrovamento del frammento di scodella a bordo impresso e motivo graffito di US 223 (fig. 7A.13) per cui non si conoscono precisi confronti. Un piede, anche se con base espansa è presente nello strato 10 delle Arene Candide (Maggi e Starnini 1997, fig. 38.11). Molto generici i confronti per quanto riguarda gli elementi plastici quali bugne a perforazione orizzontale e a doppia perforazione verticale, presenti in quasi tutti i contesti Chassey-Lagozza dell’Italia centro-settentrionale. Si nota l’assenza di elementi multipli e la presenza costante di bugne a oliva di dimensioni molto ridotte. Manici a nastro, probabilmente pertinenti ad attingitoi, provengono da siti del Piacentino (Travo e Le Mose-Ikea) (Bernabò Brea et alii 2002, figg. 5.8-9; 9.19), da Alba (Venturino Gambari et alii 1995, fig. 108.3) e dalle Arene Candide (Maggi e Starnini 1997)8. Il reperto con testa espansa e appiattita trova un confronto abbastanza preciso con un frammento proveniente dalle Arene Candide (ibid., fig. 38.3). Manici di attingitoi, talvolta decorati, sono presenti in vari siti chasseani francesi (Vaquer 1975, pp. 292-300; Thevenot 2005, p. 75). Meno significativo è il repertorio delle forme vascolari realizzate in ceramica d’impasto medio e grossolano; si nota la ricorrenza di vasi tendenzialmente ovoidi a fondo piatto decorati da serie di elementi plastici (bugne, bugnette e prese a lingua) disposti nella parte superiore del recipiente. Nel complesso questa foggia trova forti analogie nelle produzioni dei siti del Piacentino (Bernabò Brea et alii 2002), del Pescale (Ferrari et alii 2002b, fig. 6-7; Berni 2004) e di Spilamberto-sito III (Bagolini et alii 1998, tav. XVI). Orli impressi sono anche presenti alle Arene Candide, anche se con minor ricorrenza (Bernabò Brea 1946, fig. 24; 1956, tavv. XXXVII.3; XXXIX.2), alla Romita di Asciano (Peroni 1962-63, tavv. 13.3; 15.6), ad Alba (Venturino Gambari et alii 1995) e a Ronchetrin di Gazzo Veronese (Salzani 1989, fig. 4.6-10,18-19,22). La scodella a profilo convesso con bugnette sotto l’orlo trova confronto con reperti del Pescale come quella a orlo esoverso, anche se l’esemplare del sito modenese è più profondo (Berni 2004). La presenza di cordoni lisci è registrata nel sito di Travo (Bernabò Brea et alii 2002, fig. 7.15). Per quanto concerne il frammento di vaso a bocca quadrata a bordo impresso si ricorda la presenza di reperti analoghi nei siti piacentini (Le Mose e in minor misura Travo, Bernabò Brea et alii 2002, figg. 7.5; 9.5,15; 10.15,19; 12.9,13,15) e ad Alba (Venturino Gambari et alii 1999, tavv. LXXVII; LXXVIII). 8 Diversi i frammenti di manici di attingitoi rinvenuti al Pescale (Berni 2004), ma il loro profilo con andamento molto curvilineo si discosta nettamente dai reperti di Botteghino. IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) 123 Fig. 7 - A) Il canale (struttura 19-77): 1-10 reperti ceramici da US 1137; 11 fusaiola fittile da US 1137; 12-15 reperti ceramici da US 223; 16-19 da US 210. B) Il pozzo (struttura 1): 1-5 frammenti ceramici da US 8a; 6 da US 8b; 7-8 da US 8f; 9-11 da US 8i (1:3). A) The canal (structure 19-77): 1-10 pottery finds from layer 1137; spindle whorl from layer 1137; 12-15 pottery finds from layer 223; 16-19 from layer 210. B) The well (structure 1): 1-5 pottery fragments from layer 8a; 6 from layer 8b; 7-8 from layer 8f; 9-11 from layer 8i (1:3). 124 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO 3.1.3. Le ceramiche dal pozzo Il contesto che, dopo il canale, ha restituito il maggior numero di manufatti è senza dubbio il pozzo-Struttura 1. Dallo scarico più recente (US 8a) provengono una tazzina a pareti brevi verticali (fig. 7B.2), una tazzina a pareti brevi rientranti con vasca molto poco profonda (fig. 7B.1), un frammento di vaso a bocca quadrata (fig. 7B.3) realizzati in ceramica d’impasto fine e mediofine, per quanto riguarda le ceramiche d’impasto più grossolano si possono annoverare un altro frammento di vaso a bocca quadrata (fig. 7B.4) e un’ansa a bastoncello verticale (fig. 7B.5). L’unico frammento diagnostico rinvenuto all’interno di US 8b è pertinente a una tazza ad alte pareti con profilo sinuoso e carena pronunciata in ceramica fine, la cui forma è stata ricostruita graficamente (fig. 7B.6). Da US 8f vengono un frammento di scodellina molto aperta a bordo leggermente ingrossato (fig. 7B.7) e una tazza profonda con orlo leggermente esoverso (fig. 7B.8) in ceramica fine. Si cita una scodella a calotta con bugna a perforazione orizzontale in ceramica medio-fine da US 8i (fig. 7B.9). Nella stessa unità si sono rinvenuti alcuni frammenti di olle in ceramica d’impasto con elementi plastici e bordo impresso (fig. 7B.10-11). Dal riempimento basale viene la maggior parte dei frammenti ceramici del pozzo; tra i manufatti in ceramica fine figurano un’ampia scodella con bordo ingrossato e risega interna (fig. 8.1), una scodella a bordo assottigliato (fig. 8.2), una tazza emisferica (fig. 8. 4), una carena di fiaschetto con bugnetta ovale a perforazione orizzontale (fig. 8.6), una spalla di olla o fiasco con ansa subcutanea (fig. 8.7), una bugna ovale a doppia perforazione verticale (fig. 8.3). Notevole il rinvenimento di frammenti pertinenti a un vaso “à socle cubique”; la parte superiore è leggermente concava con la spalla all’innesto del piede a profilo arrotondato, il piede è a base espansa (fig. 8.5). Il manufatto è realizzato in ceramica fine contenente un’alta percentuale di sabbia soprattutto quarzosa, presenta pareti accuratamente lisciate e lustrate di color camoscio. Tra le ceramiche d’impasto più grossolano si annoverano una scodella troncoconica con bordo ingrossato e decorato da una serie di impressioni a punzone sotto l’orlo, nelle quali sono ancora visibili tracce di colore rosso (fig. 8.8), un’olla con orlo distinto decorata “a pizzicato” e con bordo impresso (fig. 8.9), un vaso profondo a imboccatura irregolarmente quadrata con impressioni a trascinamento sotto l’orlo (fig. 8.10), due frammenti di vaso a imboccatura quadrata (fig. 8.11-12), un frammento di parete trattata a spazzolatura con pastiglia a depressione centrale (fig. 8.15), un’ansa a maniglia orizzontale (fig. 8.14), un frammento di ansa a bastoncello (fig. 8.13), due frammenti di parete con decorazione a unghiate (fig. 8.18) e a linee incise (fig. 8.17). I fondi sono piatti e in un caso a tacco (fig. 8.19-20). Per quanto riguarda le tazzine a pareti verticali e scodelle a calotta si rimanda ai confronti individuati per i reperti ritrovati all’interno del canale. La tazza proveniente da US 8b (fig. 7B.6) ha puntuale confronto con un reperto proveniente dal sito di Alessandria-Cascina Chiappona (Venturino Gambari 2002, fig. 5.1), da Spilamberto-sito III (Bagolini et alii, 1998, tav. 13.18) e dal Pescale (Berni 2004, tav. 12). Il frammento di tazza profonda rinvenuto in US 8f trova riscontri al Pescale (Ferrari et alii 2002b, fig. 5) a Spilamberto-sito III (Bagolini et alii 1998, tav. 13.19) e ad Alba (Venturino Gambari 2002, fig. 1.13). Tazze emisferiche simili al reperto di US 8l sono presenti a S. Maria in Selva (Silvestrini et alii 2002, fig. 1) e a Monte Tinello (Silvestrini e Carlini 2002, fig.1.3). Per i confronti riguardo i vasi con imboccatura quadrata si rinvia a quelli trovati per i reperti contenuti nel canale. Non si conoscono al momento confronti in contesti italiani per il reperto di fig. 8.5 che sembra trattarsi di un frammento di vaso “à socle cubique”, una forma esclusiva di alcuni ambienti chasseani, come il sito eponimo di Chassey-le-Camp, dove compare nel liv. 9, uno dei più antichi (Thevenot 2005, fig. 47). Priva di confronti rimane la scodella con bordo rimarcato da una serie di punzonature. Anse a bastoncello verticale sono note da Travo (Bernabò Brea et alii 1994, fig. 24.23-24), dalle Arene Candide (Bernabò Brea L. 1956, tav. XV.3), da Podere Casanuova (Aranguren e Perazzi 1984, fig. 3.13,15), da Ronchetrin di Gazzo Veronese (Salzani 1989, figg. 4.32,36; 6.13). Le impressioni a trascinamento, come quelle effettuate sui due reperti di US 8l (fig. 8.9-10), sono un elemento peculiare del repertorio decorativo della Cultura VBQ già dalle sue piene manifestazioni. Si nota però che le medesime sintassi decorative compaiono anche in siti di Neolitico recente del medio Adriatico riferibili agli aspetti di tardo-Ripoli/Fossacesia. Un esempio è il sito di S. Maria in Selva dove, all’interno della struttura 3, compaiono, sebbene in quantità moderata, vasi con impressioni digitate, pizzicature, unghiate sul bordo o in prossimità di questo, a volte in associazione al trattamento delle superfici a spazzolatura (Silvestrini et alii 2002, p. 456). Impressioni a trascinamento, in associazione a bordi impressi sono frequenti anche nel sito tardo-Ripoli di Misano Adriatico (Bressan 2002, fig. 5)9. Superfici a spazzolatura sono presenti anche nel sito di Quadrato di Torre Spaccata (Anzidei et alii 2002, fig. 3.19). La presenza di fondi a tacco è registrata al Pescale (Berni 2004, p. 105) e a Podere Casanuova (struttura h, Aranguren et alii 1991, fig. 16.4) e in vari siti VBQ di “stile a incisioni e impressioni” . Fondi a tacco sono inoltre un aspetto piuttosto comune della ceramica d’impasto di Fossacesia (Pessina e Radi 2002, p.144). 3.1.4. La ceramica rinvenuta in altre strutture I frammenti diagnostici rinvenuti all’interno delle varie strutture sono esigui, si presentano di seguito i materiali non rinvenuti all’interno di canale e pozzo. Merita di segnalare il materiale rinvenuto all’interno della fossa 24 che comprende un’ampia scodella a bordo ingrossato con risega interna (fig. 9A.1), una tazza a brevi pareti leggermente rientranti con vasca abbastanza profonda (fig. 9A.2), una tazzina a pareti rientranti con bugna ovale impostata sulla carena (fig. 9A.3), una parete con doppia presa a oliva (fig. 9A.4) e una parete con grossa bugna a perforazione verticale (fig. 9A..5). Da alcuni focolari provengono materiali peculiari; dalla struttura 18 una tazzina a pareti inclinate e orlo esoverso in 9 Un frammento di vaso a bocca quadrata proviene dalle raccolte di superficie. IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) 125 Fig. 8 - Il pozzo (struttura 1): frammenti ceramici (1:3). The well (structure 1): pottery fragments (1:3). ceramica fine (fig. 9A..6), dalla 15 una grossa bugna a perforazione trasversale (fig. 9A.9) e dalla 13 un’ansa a sezione triangolare (fig. 9A.10). All’interno di US 1150, riempimento di una delle fosse, è stato trovata una scodellina con bordo a profilo in ceramica fine (fig. 9A.7), mentre dalla struttura 7 viene un’olla a bordo distinto con applicazione di pastiglia piatta (fig. 9A.8). I materiali recuperati all’interno della struttura 24 hanno forti analogie con quelli del canale a cui si rimanda per i confronti. La tazzina a pareti inclinate e orlo esoverso (fig. 9A..6) è molto simile a esemplari di Travo (Bernabò Brea et alii 1994, figg. 20.13; 21.11) e della Romita di Asciano (Peroni 1962-63, tav. 11.9). La scodellina a profilo convesso di fig. 9A.7 è analoga a un reperto di Travo (Bernabò Brea et alii 1994, fig. 20.9). Scodelline a profilo convesso 126 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO sono presenti al Pescale anche se l’orlo è leggermente esoverso (Ferrari et alii 2002b, fig. 5). L’olla con pastiglia sotto l’orlo ricorda un frammento rinvenuto nel sito di Ghemme (Venturino Gambari 2002, fig. 3.16). 3.1.5. Le ceramiche dal suolo I materiali rinvenuti nel suolo confermano le tipologie già descritte. Si presentano una carena a spigolo vivo in ceramica fine con presa canaliculata (fig. 9B.1), un’olla troncoconica con cordone impresso applicato sotto l’orlo (fig. 9B.2), una scodella a bocca quadrata con traccia di bugna e bordo impresso (fig. 9B.3), un frammento di manico a cilindretti accostati (fig. 9B.4), una presa allungata a perforazione orizzontale applicata sul bordo (fig. 9B.5). Elementi completamente nuovi rispetto a quelli rinvenuti nelle strutture sono il cordone impresso che trova riscontri in alcuni siti piemontesi (Ghemme e Cascina Chiappona, Venturino Gambari 2002, figg. 3.15; 5.12) e il manico a cilindretti è analogo a quelli del Piacentino (Travo e Le Mose, Bernabò Brea et alii 2002, figg. 5.10; 6.20-21; 9.4). 3.1.6. La ceramica in US 14 Purtroppo sono molto scarsi i reperti ceramici reperiti all’interno dello strato più recente dello scavo; tra i manufatti diagnostici si annoverano una tazzina a pareti brevi verticali (fig. 9B.6), un’olletta in ceramica fine (fig. 9B.7), una carena arrotondata con bugnetta a perforazione orizzontale (fig. 9B.8), una presa doppia verticale (fig. 9B.9), un manico a cilindretti accostati (fig. 9B.10) e uno scodellone a profilo convesso in ceramica d’impasto medio grossolano (fig. 9B.11) 3.2. Manufatti fittili Fusaiole. Da US 1137 viene una fusaiola discoidale frammentaria con diam. di 6 cm; il foro non è conservato (fig. 7A.11). Altre due fusaiole simili per forma e dimensione sono state ritrovate all’interno del suolo. Spatola da ceramica. Dall’unità 212 del canale si è rinvenuto un frammento di parete con margini abrasi del tipo interpretato come una stecca da ceramica (fig. 6.18) (Godon 2001; Crepaldi 2002). Le stecche da ceramica, infine, sono note nei contesti con elementi chasseani e si citano come confronto nel Piacentino Travo e Le Mose (Bernabò Brea et alii 2002, figg. 5.20; 12.22), il Pescale nel Modenese (Berni 2004) e le Arene Candide (Bernabò Brea 1946, tav. XL.5; 1956, tav. XV. 2b,3)10. 3.3. Industria litica scheggiata 3.3.1. Selci alpine La maggior parte dei manufatti in pietra scheggiata è stata realizzata con materiali di provenienza alpina, in particolare attribuibili alla formazione del Biancone e, molto più limitatamente, della Scaglia Variegata nelle loro facies tipiche della Piattaforma Veneta (Ferrari 1982), mentre sono del tutto assenti i litotipi contenuti nella Scaglia Rossa. Si tratta di selci a tessitura fine, diafane e semidiafane, omogenee e pressoché prive di fratture e stress tettonici, con caratteristici flocculi e microfossili chiari disposti a livelletti, a nuvola o irregolarmente nella massa. I cortici calcarei vacuolari indicano un prelievo da depositi pedogenizzati, pratica nota per la Lessinia (Barfield 1994) e ormai ampiamente documentata nelle stazioni che utilizzano questo tipo di materie prime (Ferrari e Mazzieri 1998). Si può indicare come area tipo di affioramento e probabile luogo d’origine le Prealpi veronesi (Monte Baldo e Monti Lessini)11. Patine lucide postdeposizionali più o meno intense non permettono di scendere nel dettaglio della variabilità cromatica riscontrata, tuttavia, a livello semiquantitativo, è possibile fare alcune considerazioni. Le varietà di gran lunga più rappresentate sono quelle diafane e semidiafane di colore grigio chiaro, grigio biancastro, beige chiaro, più raramente rosa e giallo molto pallido, mentre estremamente rari sono gli esemplari grigio scuro o grigio verdastro. Totalmente assenti sono le selci grigio olivastro e grigio bluastro scure, nerastre e le varie gradazioni di bruno e di rosso. Va ricordato che, nelle situazioni deposizionali e di giacitura che caratterizzano gli affioramenti selciferi delle Prealpi venete, in aree anche molto ristrette si rinvengono materiali estremamente variabili dal punto di vista cromatico, varietà assolutamente non riscontrata nei materiali qui esaminati. Sembrerebbe di assistere, pertanto, ad una precisa selezione dettata vuoi da circostanze di raccolta contingenti (prelievo in zone molto limitate e ben definite), vuoi da scelte di carattere culturale (preferenza per determinati litotipi e gradazioni di colore). In questo senso, si potrebbe suggerire un esplicito richiamo alla cosiddetta silex blond, che gioca un importante ruolo nella definizione culturale dello Chassey provenzale (Binder 1998) e che quindi poteva fungere da prototipo nella ricerca di materie prime in un’area marginale rispetto ai circuiti di scambio della selce francese. I pezzi totalmente corticati sono pressoché assenti, così come poco frequenti appaiono le schegge di messa in forma del nucleo, tuttavia sono bene attestate lame, anche di inizio débitage, a cortice laterale nonché ravvivamenti dei piani di percussione e di distacco, indicando sicure operazioni di scheggiatura sul sito. L’introduzione della selce alpina sembrerebbe avvenire sotto forma di prenuclei già parzialmente decorticati, quando questa operazione non fosse eseguita in un’area non indagata dell’insediamento. L’esame dell’industria litica, che è stato completato all’interno dei contesti che si ritengono omogenei, comprende sia lo studio tipologico che l’analisi tecnologica. 3.3.2. Pietre scheggiabili di provenienza locale 10 non sono compatibili con quelli presenti sull’Altopiano) e dal comprensorio berico-euganeo, dove la selce più abbondante è quella della Scaglia Rossa. Per un elenco dei siti in cui si sono trovate stecche da vasaio v. Crepaldi 2002. 11 Sembra da escludere una provenienza dalla zona di Asiago (i cortici Diversi i litotipi provenienti da un bacino di raccolta nelle immediate vicinanze del sito, si possono annoverare calcari silicizzati a grana da fine a poco compatta IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) 127 Fig. 9 - A) Materiali ceramici da strutture diverse: 1-5 da US 254-struttura 24; 6 dalla struttura 18; 7 da US 1150; 8 dalla struttura 7; 9 dalla struttura 15; 10 dalla struttura 13. B) Ceramica proveniente dal suolo US 2: 1-5; 6-11 da US 14 (1:3). A) Pottery finds from different structures: 1-5 from structures 24, layer 254; 6 from structures 18; 7 from layer 1150; 8 from structure 7; 9 from structure 15; 10 from structure 13. B) Pottery found in the soil (layer 2) 1-5; 6-11 from layer 14 (1:3). di colore grigio e bruno con frattura concoide tendente al rugoso, siltiti silicizzate di colore grigio a frattura tendenzialmente concoide, quarziti, diaspri di colore rosso-bruno e olivastro, un tipo piuttosto vetroso a frattura concoide perfetta e un tipo più impuro con frequenti brecciature ricementate in calcedonio con frattura non perfetta. Questi tipi conservano parte del cortice rielaborato da trasporto fluviale e sono facilmente reperibili nel greto, non lontano, del torrente Enza. Di qualità più fine sono le selci marchigiane reperibili in sedimenti marini di epoca Pliocenica e Calabriana sotto forma di ciottoletti, spesso di piccole dimensioni, molto arrotondati e il cui cortice mostra frequenti segni dovuti all’urto con altri clasti. Si tratta di selci, da diafane a semidiafane, di ottima qualità a frattura concoide perfetta, genericamente di colore beige o ros- so. A Carcarecchio, nel Comune di Traversetolo a poca distanza dall’insediamento, ne sono state individuate rilevanti concentrazioni. 3.3.3. Ossidiana Sono state infine recuperate due lamelle in ossidiana provenienti dal suolo e da US 1137 all’interno del canale; i manufatti sono particolarmente stretti e ottenuti a pressione, in un caso si conservava il tallone che presentava tracce di abrasione. L’ossidiana è di provenienza liparota12. La presenza di ossidiana di Lipari è predominante 12 Determinazioni effettuate presso l’Università di Bari nell’ambito del progetto IIPP “Materie Prime” ed ottenute per la cortesia di C. Tozzi e G. Radi. 128 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO rispetto a quella proveniente da altre fonti nei livelli Chassey delle Arene Candide (Ammerman e Polglase, 1997) mentre sembra rarefarsi, sostituita da quella del Monte Arci, negli altri insediamenti chasseani e la sua circolazione verso nord è attestata solo nei siti dove sono manifesti contatti con le Culture meridionali o nelle aree interne (Pessina, Radi 2006). L’abrasione della cornice del nucleo è testimoniata frequentemente in Italia peninsulare tra i momenti finali della Cultura di Ripoli e il Neolitico recente come dimostrato dai siti di Settefonti e di Fossacesia (Negrino, Radi, 2006). 3.3.4. Tecniche e metodi di scheggiatura: economia del débitage ed economia delle materie prime L’applicazione di catene operative differenziate è un fenomeno ormai ben conosciuto per il Neolitico sia per la realizzazione di diversi supporti all’interno di una tecnologia litica strutturata su più piani di produzione, sia, molto spesso, in direzione di una economia delle materie prime che vada a sfruttare in maniera ottimale le caratteristiche intrinseche ai litotipi disponibili. Quest’ultimo è il caso dell’abitato di Botteghino, nel quale catene operative specifiche, più o meno accurate, venivano applicate selettivamente a diversi materiali in ragione della loro risposta alle tecniche di taglio. In questo quadro, le selci alpine di ottima qualità sono utilizzate esclusivamente per la confezione di lame corte e lamelle regolari a sezione trapezoidale per percussione indiretta e pressione secondo una sequenza operativa molto rigorosa e standardizzata. La tecnica della pressione è applicata in modo quasi esclusivo per l’ottenimento di lamelle e microlamelle di ottima fattura. Le poche schegge ottenute su questi litotipi sono sottoprodotti delle fasi di preparazione del nucleo e dei progressivi ravvivamenti dei piani di percussione e di distacco. Le caratteristiche di vetrosità e omogeneità della selce veneta ottimamente si adattano alla produzione di supporti laminari, più di rado vengono utilizzate selci appenniniche o i ciottoli calabriani, che condividono le caratteristiche tessiturali con la selce alpina. Una analoga tecnica a pressione con abrasione della cornice viene applicata alle due lamelle in ossidiana ritrovate. Tra i materiali locali si nota un gradiente nell’intensità dello sfruttamento e nella formalizzazione delle modalità di scheggiatura: ciottoli e ciottoletti silicei vengono occasionalmente utilizzati per produrre schegge non predeterminate a percussore duro. Le piccole dimensioni e la cattiva qualità di tali ciottoli sembrano limitarne l’uso a sporadici episodi “di emergenza”, durante i quali necessità immediate vengono soddisfatte in modo espediente e senza il ricorso ad una tecnologia formalizzata. A conferma di ciò non sono stati rinvenuti strumenti prodotti su tali supporti. Diverso è il caso dei grandi ciottoli in calcare silicizzato che si rinvengono a poca distanza dal sito e con i quali vengono prodotte grandi schegge di spessore anche consistente (fig. 10B.1) e, più di rado, lamelle a percussore tenero o percussione indiretta senza preparazione del tallone. Un simile trattamento viene riservato alle siltiti silicizzate appenniniche, per le quali, tuttavia, limitanti sono le dimensioni dei noduli: vengono ottenute piccole schegge accanto ad una limitata produzione lamellare. Le catene operative su scheggia risultano poco formalizzate, generalmente secondo sequenze unidirezionali a percussore tenero e tallone liscio. Molto di rado vengono sfruttati più piani di percussione tra loro ortogonali, mentre appaiono totalmente assenti i nuclei discoidi a stacchi centripeti e le modalità bifacciali. Significativo è il rinvenimento su alcuni manufatti di tracce di trattamento termico del nucleo allo scopo di facilitarne la lavorazione a pressione. Il riconoscimento di tale pratica è subordinato alla presenza, sullo stesso manufatto, di stacchi precedenti e successivi al riscaldamento in modo da poterne apprezzare le differenze a livello macroscopico (in genere consistenti in una rubefazione della superficie direttamente riscaldata e in un diversa lucentezza: Inizan et alii 1975-76). In tre casi il trattamento termico è stato effettuato su selce alpina, in uno su selce appenninica, tuttavia le patine che interessano le superfici della maggior parte dei manufatti e la scarsità di schegge legate alle fasi di preparazione del nucleo non permettono di valutare la reale incidenza di questa particolare tecnica. I nuclei rinvenuti sono poco numerosi e piuttosto sfruttati, suggerendo la tendenza ad economizzare al massimo le risorse litiche. Solo due sono i nuclei a lamelle, realizzati in selce alpina, uno dei quali ripreso a schegge, entrambi del tipo poliedrico a un piano di percussione unidirezionale con cortice residuale sul lato dorsale (fig. 10B.2). Le operazioni di messa in forma del nucleo, peraltro scarsamente rappresentate nelle aree dell’insediamento indagate, vengono realizzate tramite il distacco, a partire dalla parte posteriore del nodulo, di ampie schegge laterali ortogonali al futuro asse di scheggiatura, mentre sembra del tutto assente la tecnica della lama a cresta. Il piano di percussione/pressione viene preparato tramite piccole schegge a percussore duro (talloni diedri o approssimativamente faccettati), successivamente la cornice del nucleo è intensamente abrasa ottenendo in alcuni casi un significativo arretramento del tallone, che, in questo modo, si presenta spesso rozzamente faccettato e con un’inclinazione di ca. 80-100° rispetto alla superficie di distacco. È, questa, una tecnica che si differenzia notevolmente dalle produzioni lamellari a pressione caratteristiche in Italia settentrionale della Cultura di Fiorano o delle Culture sotto questo aspetto ad essa legate (gruppo del Vhò, gruppi friulani), che si contraddistinguono per una preparazione a pressione molto accurata del tallone, costantemente faccettato in modo regolare. Al contrario la scheggiatura per pressione e percussione indiretta associata a talloni faccettati per abrasione è nota nello Chasseano antico provenzale, per il quale si nota anche l’assenza di preparazioni a cresta e la pratica generalizzata del trattamento termico del nucleo (Binder 1984). Le stesse tecniche di scheggiatura (percussione indiretta per lame e pressione per lamelle) e analoghe preparazioni dei talloni per abrasione si riscontrano anche nei materiali chasseani di Spilamberto sito III (osservazione personale). A Spilamberto si nota, limitatamente alla realizzazione delle lame, una tendenza a partire da talloni decisamente molto inclinati (50-70°), tratto questo che, ammesso in via del tutto ipotetica che le scansioni tecnoculturali francesi possano avere una qualche valenza anche per lo Chassey padano (Binder 1991), indicherebbe una leggera recenziorità del sito III rispetto alle prime fasi di Botteghino, tuttavia la cronica scarsità di dati tecnologico-culturali per il Neolitico italiano, sia in senso diacronico che sincronico per la IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) valutazione di eventuali variabilità locali, non permette di azzardare ipotesi dettagliate. Un singolo manufatto si discosta dalle modalità di preparazione sopra descritte: si tratta di un frammento di lama trapezoidale ottenuta a pressione con tallone concavo ridotto quasi puntiforme angolato di ca. 7580°, caratterizzata da una accurata preparazione della porzione prossimale. La diversità tecnologica e la selce utilizzata, che non trova riscontri in area italiana e che sul sito rappresenta un unicum, fanno propendere per l’importazione di questo singolo manufatto. A livello dimensionale la scarsità di manufatti integri (meno di 30, in prevalenza schegge di messa in forma e gestione delle volumetrie del nucleo) non permette una definizione tipometrica e dei moduli di scheggiatura, tuttavia è possibile fornire qualche indicazione sulla base della larghezza e dello spessore delle lame di débitage ottimale. Lo spessore dei supporti laminari va da 1 a 7 mm, tuttavia la massima concentrazione si ha attorno ai 2-3 mm, valori in piena sintonia con le tecniche di scheggiatura per interposizione e, in particolare, con la pressione, che permette di mantenere uno spessore limitato e costante lungo tutta la lunghezza della lama. Prendendo in considerazione le percentuali relative la larghezza, si notano due picchi maggiori attorno ai 12 e ai 15 mm e uno minore attorno ai 6 mm. Si individua pertanto un andamento bimodale caratteristico di una produzione separata per lame e lamelle, non spiegabile con la progressiva riduzione dimensionale del nucleo. Il calo percentuale di manufatti attorno ai 13-14 mm si riscontra anche a Spilamberto III e conferma una diversificazione delle modalità di scheggiatura laminari tra lame a percussione indiretta da un lato e lame corte e lamelle dall’altra, queste ultime ottenute, soprattutto per gli esemplari più stretti e sottili, prevalentemente per pressione. Confrontando le percentuali per classi dimensionali relative ai siti di Botteghino e Spilamberto emerge più chiaramente una struttura analoga, nonostante una incidenza leggermente superiore delle microlamelle a Spilamberto III e una concomitante maggiore rappresentazione delle lame a Botteghino. Ancora una volta è possibile indicare una generica somiglianza con lo Chassey antico francese, anch’esso caratterizzato da una produzione laminare bimodale con una prevalenza di lamelle (Binder 1984). Molto scarsi sono, invece, i confronti istituibili con la litica del sito VIII di Spilamberto, attribuibile all’orizzonte culturale “lagozziano” (nel senso centro - padano del termine: Bagolini et alii 1998). In questo sito, nonostante il permanere di una tecnologia a pressione e percussione indiretta, si ritrovano talloni abbastanza ampi e generalmente lisci e una accurata preparazione della porzione prossimale delle lamelle, mentre è pressoché totalmente assente l’abrasione della cornice del nucleo e sembra emergere una certa produzione di schegge. A causa della scarsità di manufatti misurabili non è possibile confrontare i moduli di scheggiatura con quelli di Botteghino e del sito III, tuttavia sembrano decisamente sottorappresentate le lame di larghezza superiore ai 15 mm. 129 ta una cuspide a peduncolo e spalle a ritocco invadente bifacciale (F1Bb) (fig. 10A.1)13. In US 211 erano presenti 9 manufatti tra cui si annovera un grattatoio a ritocco laterale (G2)14 confezionato su una larga lama di selce “alpina” (fig. 10A.2) e una lama a ritocco semplice bilaterale (L2) con bulbo appiattito a ritocco foliato. Da US 212 provengono 25 manufatti di cui 9 ritoccati, essi sono: due bulini realizzati in selce “alpina”; uno semplice a due piani dritto (B2) (fig. 10A.4) e uno doppio su frattura (B5) (fig. 10A.3), una lama a ritocco erto marginale (Ld1), due lame (L2) con ritocco tendente al piatto (fig. 10A.5) e due lame a ritocco semplice marginale. Sono 10 i manufatti contenuti in US 238 tra cui compaiono un incavo (D1) e una lama a ritocco semplice marginale (L1). L’unità che ha restituito il maggior numero di manufatti in pietra scheggiata all’interno del canale è senza dubbio 1137; sono 40 i reperti di cui una punta a dorso dèjetè su lama composta da una troncatura obliqua convessa e un ritocco erto distale (Pd2) (fig. 10A.8), una punta a dorso bilaterale molto stretta e spessa (Pd3) la cui forma nel complesso ricorda quella di una gravette (fig. 10A.7) una lama a dorso bilaterale con ritocco molto invadente che ha modificato la morfologia del supporto (Ld2) (fig. 10A.6), 3 lame semplici (L1 e L2), una cuspide a losanga a ritocco coprente bifacciale (F3Ba) (fig. 10A.8) e una lamella in ossidiana (fig. 10A.10). Quasi tutti gli strumenti sono in selce “alpina”. Più scarso il materiale rinvenuto nel pozzo dove la maggioranza degli strumenti è stata recuperata nello strato 8a da cui vengono 9 reperti di cui 5 strumenti: un bulino semplice a un piano (B1) (fig. 10A.11), una troncatura marginale convessa (T1), due lame a ritocco inframarginale (L01), un nucleo a schegge a un piano di percussione in calcare silicizzato (fig. 10A.13). Da 8b proviene un grattatoio carenoide a muso (G8). Da 8i vengono due frammenti non ritoccati come da 8l. In 8h, infine, si è rinvenuto unicamente un grattatoio lungo a ritocco laterale (G2) (fig. 10A.12). Tutti gli strumenti recuperati nel pozzo sono confezionati in selce “alpina”, fa eccezione solo il nucleo ritrovato in 8a. Scarsi i manufatti provenienti dalle strutture emerse dopo l’asportazione di US 2; si possono ricordare una troncatura convessa (T2) in selce “alpina” da una buca di palo (US 264) (fig. 10B.3), un nucleo a lamelle a un piano di percussione, ripreso a schegge in selce del Plateau veneto da una fossa di scarico (US 35, struttura 8) (fig. 10B.2) e infine un grosso scagliato in calcare silicizzato (R5) sempre da una fossa di scarico (US 254, struttura 24) (fig. 10B.1). Nel suolo sono stati ritrovati diversi manufatti, di cui si presentano solo gli elementi più significativi, considerato che lo strato in realtà è composto da più depositi sovrapposti, si è deciso di presentare solo gli elementi più significativi. Compare un bulino semplice a due piani su frattura (B5) (fig. 10B.5), due grattatoi lunghi a ritocco laterale (G2) (fig. 10B.6-7), lame a dorso (Ld2) del tutto analoghe a quelle sopra descritte. Tra i foliati meritano attenzione un tranciante trasversale di forma triangolare a ritocco invadente bifacciale (F6Ba) (fig. 10B.11), una punta a ritocco invadente bilaterale e par- 3.3.5. Gli strumenti L’industria litica ritoccata proveniente dal canale viene qui descritta per singole unità. In US 210 è stata rinvenu- 13 14 Definizione degli strumenti a ritocco foliato secondo Bagolini 1970. Denominazione dei reperti secondo Laplace 1968. 130 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO Fig. 10 - A) Strumenti in selce dal canale e dal pozzo: 1 da US 210; 2 da US 211; 3-5 da US 212; 6-9 da US 1137; 10 lamella in ossidiana da US 1137; 11,13 da 8a; 12 da 8h; 14 ascia proveniente da US 222; 15 da 8a. B) 1 da US 254 (struttura 24); 2 da US 35 (struttura 8); 3 da US 264; 4-9, 11 da US 2; 10, 12 da US 14 (2:3). A) Flint assemblage found in the canal and in the well: 1 from layer 210; 2 from layer 211; 3-5 from layer 212; 6-9 from layer 1137; 10 obsidian bladelet from layer 1137; 11,13 from layer 8a; 12 from layer 8h; 14 green-stone axe from layer 222; 15 from 8a. B) 1 from layer 254 (structure 24); 2 from layer 35 (structure 8); 3 from layer 264; 4-9, 11 from layer 2; 10, 12 from layer 14 (2:3). IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) zialmente bifacciale (F4Ab), una cuspide a peduncolo e spalle (F1Bd) (fig. 10B.9). Da US 14 vengono un grattatoio su lamella a ritocco laterale (G2), una cuspide tendenzialmente a ogiva a ritocco invadente bifacciale (F1Ca) (fig. 10B.10). Inoltre si annovera un nucleo prismatico a lamelle a un piano di percussione preparato in selce veneta lavorato probabilmente a pressione (fig. 10B.12). 3.3.6. Confronti Sulla base di alcune tipologie di strumenti e di certi tratti della tecnologia litica è possibile istituire una serie di confronti con altre stazioni del Neolitico recente dell’Italia centro-settentrionale. L’importanza all’interno dell’industria in pietra scheggiata di lame e lamelle a dorso, spesso bilaterale anche molto profondo, rappresenta una costante nei siti afferibili alla sfera culturale “Chassey-Lagozza”, tuttavia questo dato, nella sua ampia dispersione cronologica e territoriale, non costituisce che un tratto genericamente costante nel Neolitico recente di tradizione occidentale. Più caratterizzanti sono, invece, le cuspidi foliate: piccole punte doppie a losanga con peduncolo più o meno espresso e ritocco coprente o molto invadente come quelle dall’US 1137 ricorrono in Emilia a S. Andrea di Travo (Bernabò Brea et alii 1999) e al Pescale (Bagolini e Biagi 1976), in Piemonte a Cascina Chiappona (Venturino Gambari 2002), in area toscana a Podere Casanuova (Aranguren e Perazzi 1984), mentre più genericamente assimilabili, ma di dimensioni maggiori, sono quelle ritrovate negli strr. 8-13 delle Arene Candide (Starnini e Voytek 1997). La piccola cuspide di US 2 ha forti analogie con un reperto da Travo (Bernabò Brea et alii 1994, fig. 26.2). La cuspide ogivale da US 14 può essere confrontata con alcuni manufatti, di solito a ritocco più invadente, delle Arene Candide (Starnini e Voytek 1997) che sembrano ricollegarsi a modelli francesi (Thevenot 1991; Binder 1991). Va ricordato, comunque, che ogive approssimativamente simili a quella di Botteghino, per quanto prive di qualunque accenno di peduncolo, si ritrovano comunemente nei contesti v.b.q. di stile a incisioni e impressioni. Particolare è il caso della lama a dorso bilaterale da US 1137, tipologia anomala per la quale si hanno numerosi riscontri con S. Andrea di Travo e che al momento sembrerebbe rappresentare una peculiarità del territorio parmense e piacentino. La cuspide a tranciante trasversale proveniente da US 2 trova analogie con reperti provenienti dalle Arene Candide (Starnini e Voytek, 1997, fig. 31.304), in generale con produzioni piuttosto diffuse nei contesti di Chassey antico della Provenza (Binder 1991) e con i livelli 9 e 8 del sito di Chassey-le-Camp (Thevenot 2005, figg. 33.27-29; 65). A livello tecnologico sono già stati ricordati alcuni dei tratti comuni ai gruppi a matrice chasseana del nord Italia, che si richiamano direttamente alla tradizione francese. Tra queste la tecnica a pressione su talloni approssimativamente faccettati con abrasione della cornice, il trattamento termico dei nuclei, le modalità di scheggiatura su lame e lamelle strette, l’uso di risorse litiche locali per la produzione di schegge e strumenti d’uso occasionale poco formalizzati sono tutti elementi caratteristici della tecnologia culturale dello Chassey, in particolare nelle sue fasi più antiche. In Italia si ritrovano a Spilamberto III, nei siti piacentini, in Piemonte 131 ad Alba, in Liguria alle Arene Candide (in questo caso i moduli di scheggiatura appaiono leggermente maggiori forse anche per la disponibilità di silex blond), mentre difficili sono i confronti possibili con l’area toscana per la scarsità di dati disponibili sulla litica. In mancanza di studi specifici, non sembra qui possibile scendere maggiormente in dettaglio, in particolare nella valutazione di una eventuale variabilità/omogeneità territoriale né del possibile contributo tecnologico v.b.q. nella costituzione del patrimonio ergologico dei gruppi chasseani, mentre accenniamo solamente alla sostanziale diversità dei complessi litici lagozziani (talloni lisci anche molto stretti, preparazione prossimale della cornice, maggiore incidenza delle schegge da nuclei poliedrici e discoidi). 3.4. L’industria litica non scheggiata Le asce. Diverse sono le schegge in pietra levigata rinvenute durante le indagini, ma gli unici due reperti di cui è possibile ricostruire la forma sono un’ascia trapezoidale a tallone rettilineo e sezione quadrangolare proveniente da US 222 all’interno del canale (fig. 10A.14) e un tallone puntiforme pertinente a un’ascia di forma triangolare a sezione ovale trovato nello strato 8a del pozzo (fig. 10A.15). La lucerna. Tra le pietre di una delle strutture di combustione (struttura 21) si è raccolto un ciottolo in arenaria con un catino ricavato a escavazione interpretato come lucerna (fig. 11B.2). Un manufatto simile è stato recentemente trovato nel sito tardoneolitico di Vignola alla periferia di Fiorenzuola (Miari et alii 2005, fig. 6.8) 3.5. Attestazioni di metallurgia Nel sito di Botteghino, entro due contesti neolitici certamente non inquinati, si sono rinvenuti sia manufatti metallici, sia attestazioni di produzione metallurgica in situ. Delle due lesine in rame, la prima proviene da US 1137 nel canale. È una lesina a due punte con sezione circolare in prossimità delle punte e ovale al centro, è lunga 7 cm ed ha un diametro massimo di 4 mm (fig. 11A.1,3). La seconda, recuperata in US 14, ha un’estremità a punta e l’altra appiattita ed ha sezione quadrangolare che diventa circolare in punta. È lunga 5,2 cm con diametro massimo di 4 mm in prossimità della testa appiattita (fig. 11A.2,4). Il primo reperto trova analogie con le lesine rinvenute alle Arene Candide (Campana e Franceschi 1997, fig. 1) e ad Alba (Venturino Gambari et alii 1995, fig. 110). La seconda lesina è molto simile ai rinvenimenti del sito VBQ III di BanniaPalazzine di Sopra (da US 2 della Struttura B2, Giumlia Mair 2005, fig. 49), di Fossacesia (dalla capanna 1, Pessina e Radi, 2002, p. 154) e di S. Maria in Selva (Silvestrini et alii 2002, p. 458). 132 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO Fig. 11 - A) 1, 3: lesina proveniente da US 1137 nel canale; 2, 4: lesina rinvenuta in US 14. B) 1: “crogiolo” in ceramica con incrostazioni di rame; 2: lucerna su ciottolo di arenaria; 3-4: opercolo con margini levigati. A) 1,3: awl coming from layer 1137 in the canal; 2, 4: awl found in layer 14. B) 1: pottery crucible encrusted with copper slags; 2 lamp made of a sandstone pebble; 3-4 operculum with polished sides. La produzione in situ di oggetti in metallo è testimoniata dalla presenza di alcune scorie di fusione rinvenute sempre in US 1137 e soprattutto da un frammento di ceramica vetrificata e incrostata di gocce di rame proveniente da US 238 all’interno del canale (fig. 11B.1). Un’attività metallurgica è attestata nell’orizzonte 5 di Neto-Via Verga dalla presenza di crogioli per la fusione del rame (Volante 2003). Un confronto pertinente può essere altresì tracciato con crogioli in ceramica rinvenuti in siti della Spagna sudorientale (Morra del Quintanar, Almizaraque ed El Ventorro) databili nella prima metà del IV millennio (Priego e Quero 1992, fig. 4). Si tratta generalmente di scodelle aperte o di piatti al cui interno venivano posti insieme carbone e mine- IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) rali di rame, anche se rimane dubbio il metodo di immissione dell’aria per alzare la temperatura all’interno del crogiolo (Delibes de Castro et alii 1996, p. 22). 3.6. Elementi di ornamento All’interno del suolo US 2 si è rinvenuto un opercolo a margini levigati (fig. 11B.3-4); con tutta probabilità si tratta di un elemento di ornamento in corso di lavorazione. 4. CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI Il sito di Botteghino appare di rilevante interesse anche dal punto di vista delle strutture insediative, in quanto non trova confronti nel Neolitico dell’Italia settentrionale la sequenza di più fasi edilizie, ciascuna delle quali è caratterizzata da strutture peculiari per dimensione e orientamento, che appaiono però sempre impostate sul modello della casa rettangolare e sull’impianto regolare di edifici isorientati e paralleli. Meno insolito, invece, è il rapporto dell’abitato con un corso d’acqua di modesta entità, che poteva esser stato parzialmente attivo nella prima fase dell’abitato ed in seguito ha costituito la sede ideale per collocare un pozzo in grado di raggiungere la falda. I migliori esempi dell’utilizzo a scopo di reperimento idrico delle incisioni lasciate da corsi d’acqua inattivi si riscontrano nell’età del Bronzo15, ma pozzi neolitici altrettanto o più profondi del nostro, benché di forma diversa e più svasata, sono noti in vari siti, soprattutto in contesti VBQ, come ad es. la Razza di Campegine (Chierici 1879) o via Rivoluzione d’Ottobre a Reggio Emilia (Tirabassi 1984). Il maggiore elemento di novità di Botteghino sembra riconducibile alle abitazioni e alla strutturazione delle loro pertinenze, il cui studio dovrà essere però maggiormente approfondito. Fin d’ora, a questo proposito, è possibile comunque segnalare che proporzioni e dimensioni delle case più grandi sono del tutto simili alle case di S. Andrea a Travo (Bernabò Brea et alii 1999), nelle quali è stato riscontrato tra l’altro lo stesso lieve disassamento che si osserva tra la parte anteriore e quella posteriore del nostro edificio V, riconducibile secondo Beeching alle modalità di costruzione di questi grandi edifici (Beeching et alii cds). Differisce invece dalle case di Travo la tecnica di impianto dell’alzato, che poggia su una 15 Beneceto nel Parmense: Bernabò Brea et alii 2005; Poviglio nel Reggiano: Bernabò Brea e Cremaschi 2004. 16 La presentazione delle stele di Travo e di Botteghino è stata fatta nell’ambito della relazione Nuovi dati dai siti dell’Emilia occidentale per 133 fitta serie di pali singoli lungo il perimetro, oltre che su pochi pali interni assiali. Per questa caratteristica le case di Botteghino richiamano piuttosto l’edificio di ambiente VBQ, assai più antico del nostro sito, individuato a Bagnolo S. Vito (Menotti e Pessina 2002). Non trova riscontri in contesti italiani, invece, la serie di silos soprelevati, probabilmente interni alle case, che ricordano piuttosto ben noti esempi danubiani (Coudart 1998, ad es. figg. 133, 153, 162, 165). La presenza di strutture di combustione a ciottoli combusti non giustifica, probabilmente, il ricorso a modelli chasseani, poiché non si riscontra a Botteghino la frequenza e la regolarità formale strutture che si è osservata nelle analoghe strutture di S. Andrea di Travo (Bernabò Brea et alii 1999; Beeching et alii cds); tuttavia merita di sottolineare che la profonda fossa contenente un piano di ciottoli combusti posti sopra un piano di terra indurita dal fuoco trova un confronto preciso con strutture rinvenute in alcuni siti del Languedoc orientale (Montjardin e Roger, 1991, p. 50). Andrà meglio indagato, infine, il significato delle due stele individuate in altrettanti pozzetti, dei quali comunque è già evidente sia la funzione rituale all’interno dell’abitato, sia il collegamento culturale con analoghi elementi chasseani. Di particolare interesse appare la maggiore delle due stele, rinvenuta nei pressi dell’edificio V, alla sommità di una grossa buca di palo dalla quale emergeva parzialmente; essa era costituita da un ciottolone fluviale, sommariamente modificato mediante una leggera martellinatura che ha interessato solo parte della superficie, sulla quale si leggono alcune linee incise e alcune cuppelle (fig. 12). Pur non trovando confronti precisi nella forma, che resta molto vicina alla forma naturale del ciottolo, è inevitabile l’accostamento alle stele riconosciute all’interno di uno dei focolari a ciottoli combusti di Travo, che sono state a loro volta accostate alle stele note nei contesti Chasseani, soprattutto funerari, della Francia meridionale e della valle del Rodano (Beeching, comunicazione inedita al Convegno di Udine 200516). Nonostante la sovrapposizione di più fasi strutturali non si riscontra una forte variabilità del materiale, cosa che sembra escludere una lunga durata del sito. Le forme ceramiche confezionate in impasto fine o medio fine che ricorrono con maggior frequenza e che possono essere considerate una valutazione della componente Chassey nel Neolitico superiore dell’Italia, a firma Alain Beeching, Maria Bernabò Brea, Maria Maffi, Paola Mazzieri, rimasta inedita. 134 P. MAZZIERI - N. DAL SANTO Fig. 12 - a) la stele rinvenuta a fianco dell’edificio V in fase di scavo; b) la stele dopo la pulizia. a) the stele found beside “house” V during the excavation; b) the stele after the cleaning. fortemente caratterizzanti sono sostanzialmente tre: la scodella a calotta (o a pareti convesse) con bordo ingrossato spesso con risega interna (meno comune il bordo arrotondato), la tazzina a breve parete verticale e quella a parete breve rientrante. Si nota una certa ripetitività negli elementi di presa (ovali a perforazione orizzontale; doppie verticali; a doppia perforazione verticale; a bottone con foro orizzontale). Il tipo di scodella costantemente rappresentato nel sito di Botteghino trova strette analogie con il Pescale, i siti piacentini (Travo e Le Mose), le Arene Candide e gli insediamenti della Toscana. Di gran lunga inferiori i confronti individuati per le altre due forme, che si riducono quasi esclusivamente ai siti del Piacentino (con cui sono più calzanti le somiglianze morfologiche), al Pescale, alle Arene Candide e ai contesti piemontesi. Piuttosto limitato il repertorio delle fogge vascolari realizzate in ceramica d’impasto grossolano (olle tendenzialmente ovoidi e scodelloni a pareti convesse) che trovano riscontro piuttosto preciso nei siti emiliani (Travo, Le Mose, Pescale e Spilamberto-sito III). Si osserva che le analogie identificate nel repertorio ceramico riportano a insediamenti in cui i caratteri padani (intesi come Cultura della Lagozza) sono estremamente rarefatti, come nel caso dei siti della Liguria e della Toscana o riconducibili alle fasi più recenti di insediamenti con una lunga vita (Travo e Pescale17). Questa estraneità al mondo padano è sottolineata dalla pressoché totale assenza di elementi considerati “lagozziani” quali le scodelle troncoconiche a fondo piatto e i vasi a collo ristretto più o meno distinto. A questo proposito si pone in evidenza la mancanza di confronti con Spilamberto sito VIII, che rappresenta un momento, all’interno 17 A Pescale le condizioni di recupero dei materiali non permettono nessuna attribuzione stratigrafica ai complessi ceramici, ma la presenza di forme considerate “arcaiche” e di tipi già francamente “lagozziani” fanno propendere per l’esistenza di più fasi insediative del sito diluite probabilmente durante un arco cronologico anche piuttosto lungo (Ferrari et alii 2002c, p. 370). IL SITO DEL NEOLITICO RECENTE DI BOTTEGHINO (PARMA) del Neolitico recente padano, di massima formalizzazione degli aspetti lagozziani. Anche l’analisi dell’industria litica conferma la marcata diversità con i complessi sia “lagozziani” che VBQ. A di là di caratteri generici comuni all’intero mondo occidentale, si nota una connotazione culturale di tipo francamente chasseana, testimoniata dalla presenza di confronti specifici con contesti Chassey, anche per elementi rari, come il vaso “à socle cubique”, o di reperti scarsamente rappresentati nei contesti italiani ma comuni in quelli francesi, come i lunghi manici e le tazzine/attingitoio. Connotazione altresì ravvisabile nell’introduzione di tecnologie tipicamente chasseane, quale l’uso di stampi in vimini per la foggiatura dei vasi e, in associazione ad esso, di spatole in ceramica per la regolarizzazione delle superfici (Arnal 1977; Binder et alii 1994). Tale metodo di foggiatura, attestato anche in siti italiani (Travo e Quadrato di Torre Spaccata: Crepaldi 2002), è indiziato a Botteghino da una stecca da ceramica, ed è del resto probabile che ad esso vada ricollegata l’alta percentuale di scodelle a calotta. Altri tratti tecnologici riconducibili al bagaglio culturale chasseano sono stati identificati nell’analisi della tecnologia litica; il preponderante uso della tecnica a pressione su talloni approssimativamente faccettati mediante abrasione della cornice e il trattamento termico dei nuclei sono i tratti più formalizzanti dello Chassey, in particolare nelle sue fasi più antiche. La maggior parte della selce utilizzata nel sito di Botteghino è quella proveniente dal Plateau veneto18, anche se la preponderante presenza di selci color miele lascia sospettare la ricerca intenzionale di supporti che ricordino la silex blond. A questi scambi di tipo “commerciale” col mondo VBQ potrebbe essere legata la presenza di elementi nella produzione ceramica che sembrano frutto di rielaborazioni di forme VBQ, quali l’imboccatura irregolarmente quadrata su contenitori in ceramica d’impasto, ditate a trascinamento e bordi impressi oppure le forme francamente a bocca quadrata associate a bugne di tipo occidentale. La rielaborazione di elementi VBQ commisti a caratteri occidentali è ben documentata nei siti del Piacentino (in maggior misura Le Mose, dove sono ricorrenti vasi con imboccatura irregolarmente quadrata) (Bernabò Brea et alii 2002), del Piemonte (forme VBQ con elementi plastici di tipo “occidentale”, Venturino Gambari 2002), al Pescale (tazza VBQ con bugna impostata sotto il beccuccio, Berni 2004), alle Arene Candide (tazza complessivamente di 18 A differenza di quanto si è verifica nei siti coevi del Piacentino (Bernabò Brea et alii 2002). 135 tipo chasseano con imboccatura quadrata, Maggi e Starnini, 1997, fig. 38.2), e in senso inverso nel sito VBQ II di S. Valeriano di Borgone (Bertone e Fedele 1991, p. 69). Rimane dubbia la provenienza di alcuni elementi come i cordoni, anche impressi, le pareti trattate a scopettato, le impressioni a unghiate e i motivi incisi. Si tratta di elementi che, uniti a forme a bocca quadrata, bordi impressi e fondi a tacco si ritrovano già nelle fasi antiche della facies di Breno, ad es. nello strato 3 del Coren Pagà (Ferrari et alii 2002c, fig. 8). Questo contesto è stato parallelizzato a fasi chasseane piene della Pianura Padana antecedenti all’introduzione di elementi della Lagozza e sembra riassumibile in una commistione di influssi dal VBQ-Isolino, dalle Alpi settentrionali (in particolare con la sfera Rössen) e dallo Chassey (Ferrari et alii 2002a, pp. 110-111). In sintesi, il sito di Botteghino mostra un preponderante carattere chasseano sia nell’aspetto formale che in quello tecnologico della produzione ceramica, associato a elementi che riconducono a tradizioni francesi nell’industria litica. Il primo assetto di Gruppi chasseani potrebbe essere avvenuto nel Parmense tra la seconda metà e l’ultimo secolo del V millennio, come indicano sia i confronti identificati con altri siti, sia la data radiometrica ottenuta per il canale. In attesa della conferma offerta da nuove datazioni, è possibile che l’introduzione di genti occidentali in Pianura Padana sia da retrodatare alla metà del V millennio, così come le prime produzioni metallurgiche in Italia settentrionale. I contatti più espliciti individuati per il sito di Botteghino sono con l’area tirrenica, il Pedeappennino occidentale, la Toscana e il Piemonte, mentre gli influssi dal mondo padano sono meno condizionanti e rimangono marginati alla semplice rielaborazione di forme e sintassi decorative all’interno della produzione ceramica, mentre sono praticamente inesistenti nella tecnologia litica. Non mancano le relazioni con l’Italia peninsulare, confermate dalla presenza nel sito di ossidiana. Questo quadro sembra ripercorrere le dinamiche già identificate nel Parmense per il Neolitico antico (Bernabò Brea et alii cds) e preannunciare quelle del popolamento eneolitico (Mazzieri 2003). Il tratto occidentale della Pianura Padana, con particolare riferimento al territorio di Parma, sembra essere legato tra Neolitico ed Età del Rame (con la sola eccezione del momento insediativo della Cultura VBQ) più al mondo tirrenico-peninsulare che a quello padano. Sono cospicui gli elementi a Botteghino che riconducono a contatti col mondo VBQ; innanzitutto l’alta percentuale di selce “alpina” rinvenuta sul P. MAZZIERI - N. DAL SANTO 136 sito, anche se la preponderante presenza di selci color miele potrebbe essere dettata da una ricerca di supporti che ricordino la silex blond. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI AMMERMAN A., POLGLASE C. 1997, Analyses and descriptions of the obsidian collection from Arene Candide, in Arene Candide, pp. 573-592. 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