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Struttura, linguaggio e pubblico dell'Uomo Qualunque

Nulla all'interno de L'Uomo Qualunque era casuale: impostazione grafica delle pagine, linguaggio, rubriche, vignette, rapporto col pubblico, disposizione degli articoli, pubblicità, erano tutti elementi che, anche se in alcuni casi solo di corredo, venivano pensati e stampati per massimizzare la potenza comunicativa e mediatica del giornale; fondamentali, in un primo momento, per la sua espansione e successivamente come strumento di propaganda del Fronte, queste componenti caratterizzarono l'intera linea editoriale ed ipnotizzarono folle di lettori.

Struttura, linguaggio e pubblico de L'Uomo Qualunque Nulla all'interno de L'Uomo Qualunque era casuale: impostazione grafica delle pagine, linguaggio, rubriche, vignette, rapporto col pubblico, disposizione degli articoli, pubblicità, erano tutti elementi che, anche se in alcuni casi solo di corredo, venivano pensati e stampati per massimizzare la potenza comunicativa e mediatica del giornale; fondamentali, in un primo momento, per la sua espansione e successivamente come strumento di propaganda del Fronte, queste componenti caratterizzarono l'intera linea editoriale ed ipnotizzarono folle di lettori. 2.1 Lo “squadrismo verbale” Fin dai primi numeri, tra le accuse che vennero rivolte a Giannini, una delle principali fu quella che gli imputava l'utilizzo di un linguaggio oltremodo volgare. Questa volgarità, non è comunque frutto della casualità o di un eventuale basso livello culturale di Giannini. Il concetto, anche nel linguaggio, rimane lo stesso: ci si rivolge all'uomo qualunque, ossia «l'uomo nel caffè, nel cinematografo, nella camera da letto, nella sala da pranzo, davanti allo sportello delle tasse»1. C'è bisogno perciò, di un linguaggio a lui consono, con cui abbia una certa familiarità, un linguaggio, insomma, “da strada”, che si contrapponga, anche in questo ambito, alla formalità e all'austerità della politica come opera degli “uomini politici professionali”, così lontana ed estranea alla massa del popolo. Nel modello comunicativo che Giannini crea per L'Uomo Qualunque, è palese la volontà di causare stupore e scandalo: barzellette, acronimi, figure 1 G. GIANNINI La grande avventura dell'U.Q., Op. cit. 1 retoriche, peggiorativi, neologismi, filastrocche, aneddoti, vengono abilmente impiegati come metodi sia di attacco che di difesa, in uno stile apodittico, fortemente influenzato dalle origini teatrali di Giannini. Essenziale è, inoltre, la ripetitività quasi assordante con cui vengono trattati i temi; lo stesso argomento è più volte leitmotiv all'interno di una stessa edizione e, molto spesso, si protrae anche nelle settimane seguenti. «Elezioni, elezioni, elezioni! Siamo stufi, stufi, stufi!»2 Violento, continuo, martellante: un vero e proprio «squadrismo verbale»3 come, anni dopo, ebbe a definire lo stesso Giannini. Tra i tanti temi contro i quali L'Uomo Qualunque condusse le sue campagne denigratorie, quelli verso cui si scagliò con più foga e continuità furono l'antifascismo e la sua azione epurativa. Si tratterà, sin dall'inizio, di due pilastri portanti della critica nei confronti della politica e delle istituzioni dello Stato, anche e soprattutto a causa del momento storico di transizione, confusione ed instabilità in cui il settimanale nasce e si sviluppa. All'inizio del dicembre 1944, poche settimane prima che il settimanale fosse stampato per la prima volta, il C.L.N. aveva firmato l'accordo con gli alleati, iniziando così una fase di compromessi con la monarchia e gli Alleati. L'Italia però si trovava spaccata in due: il Nord, che aveva vissuto e viveva ancora attivamente la Liberazione e la lotta contro il nazifascismo, appoggiava largamente il Comitato di Liberazione Nazionale, mentre al Centro e al Sud, un sentimento reazionario animava i cuori delle masse contadine e piccolo 2 G. GIANNINI Pagliacci senza cavalleria, in L'U.Q., Anno II, 14 novembre 1945, n. 39, Edizione Romana 3 G.GIANNINI La grande avventura dell'U.Q., Op. cit 2 borghesi, che guardavano spaventate ed ostili l'azione degli antifascisti. L'equivoco fondamentale di tutti i partiti fu quello di ritenere che lo spirito antifascista e la volontà di rinnovamento, denominatori comuni di cattolici, comunisti e liberali, fossero profondamente radicati anche nel popolo italiano4. L'ostilità di contadini e ceti medi era però latente ed alimentata del comportamento dei partiti nella lotta politica che, in maniera più o meno sotterranea, iniziava a prendere forma. Corruzione, clientelismo, carrierismo, corsa alle tessere, vendette personali, erano tutti elementi fomentatori di rancori nei confronti di chi poteva sfruttarli e della classe dirigente che permetteva ed alimentava tale sviluppo di eventi. È in questo spaccato che il tarlo del qualunquismo andò inserendosi con incredibile abilità e, attraverso sua grossolana e poco articolata critica, riuscì a sfruttare al meglio tutte le crepe formatesi in un sistema sempre più marcio e traballante, trasportando in poco tempo della sua parte una percentuale non indifferente di popolazione. L'antifascismo è facile da aggredire, il C.L.N. governa senza essere effettivamente legittimato dall'intera popolazione5, anzi non è ben visto da parte di essa. Gianni inizia una polemica su più fronti, da quello generale, verso i partiti, a quello diretto e personale, verso personalità note della politica, o strettamente legate ad essa come direttori di quotidiani di partito; la sua azione beffarda «colpiva tanto più forte quanto più potente e temibile era ritenuto il personaggio che ne era oggetto»6. 4 S. SETTA, L'Uomo Qualunque 1944-1948, p. 22, Op. cit. 5 S. COLARIZI, Storia dei partiti nell'Italia repubblicana, La Terza, Roma-Bari, 1994 6 G. GIANNINI, La grande avventura dell'U.Q., p.45, Op. cit. 3 In quest'ottica va letta la polemica, lunga e protratta su più numeri, con Luigi Salvatorelli, il cui nome, all'interno degli articoli, viene storpiato in “Servitorelli”. Il direttore de La Nuova Europa rappresenta l'esempio di epuratore senza competenze e dal torbido passato. Giannini lo accusa infatti di essere un ex fascista, arrivando addirittura ad analizzarne sulle pagine dell'U.Q. le opere redatte durante il Ventennio, lasciando ai lettori il compito di trarne delle “pilotate” conclusioni. Sottoponendolo alla gogna pubblica, l'intenzione di Giannini è quella di mostrare un esempio lampante di mala politica; Salvatorelli viene attaccato perché si è trovato casualmente sul cammino di Giannini, ma quella nei suoi confronti è solo una battaglia all'interno della guerra portata avanti contro il sistema dell'epurazione così com'è e, più in generale, contro l'intera strategia politica degli antifascisti: «Questi sono gli epuratori, i catoni, i vituosi, i maestri di moralità politica […] dai quali dovremmo tutti prendere esempio»7 Ciò che aizzava Giannini contro l'antifascismo era il fatto di esserne stato prima disilluso e poi, in prima persona, vittima. Proprio lui, che fin da subito aveva esaltato la lotta di Liberazione e che aveva risposto in Parri e nel “vento del Nord” le sue speranze di una nuova ed onesta politica, si vedeva deluso e tradito. Il comportamento degli antifascisti, meno homines novi di quanto egli si aspettasse, lo aveva presto disincantato e fatto rinchiudere in quello stato di sarcastica opposizione8. Inoltre, era stato accusato di fascismo per alcune sue opere teatrali, ma in modo particolare, la prova che si adduceva era una lettera indirizzata al ministro della Cultura Popolare in cui paragonava Mussolini a 7 G. GIANNINI Le Vespe, in U.Q., Anno II, 12 settembre 1945, n. 30, Edizione Romana 8 S. SETTA, L'Uomo Qualunque 1944-1948, Op. cit 4 Lorenzo il Magnifico9. Giannini non smentì mai il contenuto di quella lettera, ma giustificava l'accaduto spiegando che si era trattato di un atto puramente formale e necessario per vivere in pace, anche perché, in effetti ricevette la tessera del Partito Fascista solo nel 1941. Dunque, ciò che egli chiedeva, a Salvatorelli come agli altri antifascisti, era una sincera ammissione di aver aderito al fascismo, ma solo per necessità ed al contempo epurare chi davvero ne aveva fatto parte attivamente: «Se Servitorelli dicesse, a sua scusa, che doveva campare anche lui, rientrerebbe forse tra i meno colpevoli»10 L'idea di Giannini era che colpevoli di fascismo lo erano stati tutti i politici, e la loro colpevolezza trovava origine nell'averne acconsentito la nascita e nel non opporsi al suo successivo sviluppo: «NESSUN UOMO POLITICO ITALIANO HA DIRITTO DI FARE L'EPURAZIONE, perché sono tutti, in qualche modo, colpevoli del fascismo. Ciò è tanto vero e provato che s'è dovuto fissare la data della delittuosità fascista al 3 gennaio 1925 e solo per qualche specifico reato al 28 ottobre 1922. Ma il fascismo c'era nel 1919 e nacque nel 1914, e tutti i suoi responsabili debbono risponderne»11 Rigettando con foga le accuse di fascismo, Giannini invitava i suoi lettori a difendersene a loro volta, in quanto considerate un abuso di potere da parte di chi se ne serviva per strumentalizzare un'idea di per sé giusta come 9 Dizionario biografico degli italiani, vol. 54, Guglielmo Giannini (a cura di SETTA), Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 2000 10 G. GIANNINI Le Vespe, in U.Q., Anno II, 12 settembre 1945, n. 30, Edizione Romana 11 G. GIANNINI Le Vespe, in U.Q., Anno II, 14 novembre 1945, n. 39, Edizione Romana 5 l'epurazione: «A chi ci dà del fascista, dare del cornuto e del pederasta in legittima ritorsione all'ingiuria: e, potendolo fare senza inguaiarsi, rompergli la faccia da ebete e di figlio di puttana»12 Giannini si era da sempre detto favorevole ad una epurazione dei massimo dirigenti fascisti, che considerava dei veri e propri “uomini politici professionisti”, però, ciò che era un nobile intento, si stava trasformando in uno strumento utilizzato sempre più contro i «pesci piccoli», ossia piccoli funzionari pubblici o altri comuni cittadini, diventati fascisti solo per poter vivere; di questo si stavano rendendo conto anche molti dirigenti antifascisti, ma Giannini poco si curava di loro, evidenziando prontamente e con costanza ogni episodio negativo. Si rivolgeva al popolo, ricordando come solo ad esso potesse spettare di giudicare chi epurare e quali provvedimenti prendere, in quanto, l'uomo qualunque era stato l'unica vittima del regime e l'unico a non aver avuto colpe del suo sviluppo. Veniva messo in scena sulle pagine del settimanale un vero e proprio “processo mediatico”, che ogni volta si concludeva con l'assoluzione della popolazione italiana dal suo coinvolgimento diretto nel fascismo perché, secondo il commediografo, ci si era solamente fidati di un uomo che prometteva l'ordine che tutti erano desiderosi di riavere, in quanto, dopo i terribili anni della guerra, tutti «erano stanchi, oppressi, ansiosi di essere non diciamo ben governati, ma governati». Talvolta era addirittura Giannini stesso ad erigersi a simbolo di questa crociata, visto che egli, uomo qualunque, 12 G. GIANNINI, Primo bilancio dell'Uomo Qualunque, in U.Q., Anno II, 19 settembre 1945, n. 31, Edizione Romana 6 onesto e laborioso, era stato «ingiustamente accusato» di fascismo: con lui era l'intera nazione ad essere sotto epurazione13. Questa bonaria ed edulcorata comprensione delle ragioni e della situazione italiana prefascista, rassicurava gli animi di una borghesia che sentiva gravare ancora su di sé il fardello di essere stata una delle cause principali dei mali di cui aveva, negli anni successivi, sofferto, e che le principali forze politiche ancora le rimproveravano. Lo scaricare tutte le colpe sulla classe dirigente non poteva che far felici i lettori de L'Uomo Qualunque, che avevano finalmente trovato delle mura amiche dietro le quali difendersi ed iniziare il ritrovamento dei propri valori che l'uragano bellico aveva spazzati via. Potendo ancora sfruttare l'indefinita posizione politica dellU.Q., muovendosi abilmente nel limbo ambiguità, Giannini nei suoi articoli esaspera gli aspetti negativi della politica italiana attraverso una dialettica demagogica e incisiva14. Le sue invettive sono scagliate con particolare foga contro gli uomini della sinistra, ma non solo: Pietro Nenni diventa «il romagnolo di turno», venendo in ogni possibile occasione accostato per analogie più o meno forzate al conterraneo Mussolini, il «comunfascista» Palmiro Togliatti, «duce del comunismo», è il «Ministro dell'Ingiustizia», Ferruccio Parri parodiato in «Fessuccio Parmi», Ignazio Silone in «Cagazio Minchione», mentre Piero Calamandrei è chiamato «camaleonte littorio» o «Camaleontèi». Anche nei confronti dei partiti i giochi linguistici non sono da meno, così il C.L.N. è il «Comitato di evirazione Nazionale» oppure «Comitato di mai avvenuta liberazione nazionale», mentre il Partito d'Azione è chiamato 13 S. SETTA, L'Uomo Qualunque 1944-1948, Op cit. 14 Ibidem, p. 62 7 «Partitino di Inazione», liquidato a «stupidissimo partito dei professori», viene indicato come «il più ridicolo dei partiti ad est del meridiano di Greenwitch»15 e ripetutamente invitato a «togliersi dagli zebedei». Stesso trattamento riserva anche ai giornali avversari, definiti senza mezzi termini «petofoni», «giornalistume escremenzio», «fogne giornalistiche», «gentucola indegna di spazzare il nostro gabinetto più intimo»16. Ma la violenza verbale di Giannini conosce anche dei limiti cavallereschi. È il caso degli attacchi a Benedetto Croce, che il commediografo considerava suo maestro, ed ai cui insegnamenti faceva spesso riferimento. A causa dello sdegnoso rifiuto del filosofo alle avances politiche qualunquiste, dopo reiterate e mielose insistenze per l'accettazione di un blocco di uomini qualunque nelle file del Partito Liberale, Giannini definì Croce «la croce del partito liberale» ed «il più grande, il più clamoroso, il più significativo insuccesso politico italiano»17. Ma quando in un comizio sentirà dei fischi all'indirizzo di Croce, appena nominato, si interromperà e dirà: «Benedetto Croce non si fischia, altrimenti non parlo più […] Benedetto Croce si riverisce , perché è un maestro al quale noi dobbiamo tutto quel poco che sappiamo, si discute perché egli ci mise in grado di poter discutere con lui; se si pensa che ha torto si tenta di provargli il suo torto, ma Benedetto Croce si rispetta come un maestro!»18 15 G. GIANNINI, Le Vespe, in U.Q., Anno II, 17 ottobre 1945, n. 35, Edizione Romana 16 G. GIANNINI, Le Vespe, in U.Q., Anno II, 21 novembre 1945, n. 40, Edizione Romana 17 Non firmato ma G. GIANNINI, Croce del partito liberale, in U.Q., Anno III, 30 ottobre 1946, n. 44, Edizione Romana 18 Non firmato ma G. GIANNINI, Un grande fatto politico – Guglielmo Giannini parla a Napoli - «Per chi è dentro e fuori dal San Carlo, per chi ci ascolta dentro e fuori dai confini d'Italia», in U.Q., Anno III, 6 novembre 1946, n. 45, Edizione Romana 8 Nonostante il temperamento e la boria, Guglielmo Giannini è comunque un uomo che, sin da giovane, ha ricevuto una eccellente educazione scolastica, che negli anni ha consolidato attraverso numerose e variegate letture; è fornito di solide basi culturali, quindi, in questo come in altri casi, egli si pone su un livello di parità apparente con la grande massa (prevalentemente piccolo borghese) dei suoi lettori, ma al tempo stesso, il suo è un modo di esprimersi pensato, ricercato e voluto. Nella satira come nell'offesa c'è in Giannini un richiamo, per così dire, nobile o, quantomeno, colto. Esempio lampante di questo suo stile è il neologismo «panscremenzio», che «fece furore nei salotti mondani e negli ambienti ecclesiastici dove la conoscenza del latino e del greco antico lo rendeva più piccante»19. In ogni caso, Giannini affermava con sicurezza che il successo del suo giornale non era dovuto dal linguaggio scurrile: «Giornali e giornalucoli, giornalisti e giornalucolisti, si gettano a corpo morto contro di noi, sperando di vendere un po' di carta stampata ingiuriando e diffamando, quasi che il successo dell'UQ dipendesse da qualche parolaccia che ogni tanto il suo direttore è costretto a scrivere contro gli avversari in mala fede, e non, invece, dall'imponentissimo contenuto politico del giornale»20 Ciò che trapela dalle parole del commediografo è un uso ponderato dell'offesa, che non è fine a se stessa né, tanto meno, casuale; è conscio che «occorre persuadere», perché «l'essenza del giornalismo» è quella di «convincere gli altri», «di portare il lettore a dirsi: “perbacco, questo è ciò che 19 G. GIANNINI, La grande avventura dell'U.Q., Op. cit. 20 G. GIANNINI, Le Vespe, in U.Q., Anno II, 3 ottobre 1945, n. 33, Edizione Romana 9 penso io!”»21. In questo senso, L'Uomo Qualunque diventerà “organo ufficiale”, anche se in maniera formalmente ufficiosa, della propaganda del Fronte dell'Uomo Qualunque, contribuendo in maniera forte ad orientare le simpatie della borghesia, imprimendo così sull'elettorato il marchio del pensiero qualunquista. Forte dei numeri dalla sua parte, la sfida alla concorrenza era sempre sfacciatamente lanciata: «Altri melensi fessoncelli credono che basta ingiuriare, costellare di parolacce il proprio periodo, per diventare giornalista e vender copie al pubblico avido. Non sanno che l'ingiuria, e anche la parolaccia, vanno usate con infinita maestria, e dopo prove e riprove. [...] Bisogna, intanto, prima convincere il lettore che l'individuo al quale si vuol dare del fesso è veramente fesso: quindi sparare il qualificante»22 ed era così sicuro di sé che per un periodo decise addirittura di astenersi dall'ingiuriare con volgarità i suoi avversari, per dimostrare che le vendite non sarebbero calate: «Altri, e non sono i meno stupidi, son convinti che il giornale e il movimento abbiano avuto successo grazie all'impiego di alcune particolari parolacce, e si sono subito messi a dirle anche loro, quasi che per dire la verità sia necessario l'impiego di parolacce. Allora noi abbiamo smesso di dirle, ma naturalmente non li convinceremo. [...] dimostreremo che, anche senza parolacce, l'Uomo Qualunque si fa 21 G. GIANNINI, Le Vespe, in U.Q., Anno II, 7 novembre 1945, n. 38, Edizione Romana 22 Ivi 10 leggere fino all'ultima riga»23 Si trattava ovviamente di una trovata scenica, in quanto le vendite de L'Uomo Qualunque avevano raggiunto un livello stabile e c'era ormai un numero di lettori fisso, che avrebbe acquistato il giornale indipendentemente dai suoi contenuti. Giannini era infatti diventato un personaggio rumoroso ed originale, che ispirava sentimenti contrapposti a seconda, nella maggior parte dei casi, della provenienza sociale, ma con una travolgente simpatia di fondo. Seppur negando l'intercorrere di una relazione tra il successo e il linguaggio del settimanale, Giannini si rendeva perfettamente conto che quel suo originale modo di esprimersi faceva presa sulla popolazione: «Le “parolacce” ebbero, comunque, un successo entusiastico. La gente le commentava e le ripeteva»24. Il qualunquismo, con sua leggerezza politica, penetrava sempre di più nelle abitudini di vita della classe media italiana, o almeno è quello che Giannini voleva e riuscì far credere. 2.2 Satira e vignette «Noi non sappiamo odiare nessuno, e, al massimo ci spingiamo a prendere per i fondelli gli avversari che più se lo meritano»25 Il linguaggio satirico di rottura delle pagine de L'Uomo Qualunque è elemento essenziale della matrice populista caratteristica del giornale prima e della corrente politica poi. Giannini utilizzando la caricatura satirica per attaccare tutto ciò che non gli 23 G. GIANNINI, Le Vespe, in U.Q., Anno II 17 ottobre 1945, n.35, Edizione Romana 24 G. GIANNINI, La grande avventura dell'U.Q., Op. cit. 25 U.Q., Anno II, 26 dicembre 1945, Edizione romana 11 sta bene del panorama politico e sociale italiano, pone il suo messaggio alla popolazione attraverso una interfaccia amichevole e gradevole, interpretando magistralmente un ruolo non certo semplice nella situazione di tragedia sociale che si attraversava nella metà degli anni Quaranta, in cui il popolino non poteva che essere alla ricerca di qualcosa che a cuor leggero lo facesse divertente e ne risollevasse in qualche maniera l'animo. Oltretutto, la piccola borghesia non poteva far altro che sorridere nel vedere messi alla berlina personaggi, come gli esponenti della sinistra antifascista, che continuamente la accusavano di essere stata la causa principale della tirannide fascista. L'ironia è dunque l'arma più potente con cui Giannini attacca e colpisce l'establishment politico: chi ne cade vittima più spesso sono i partiti della sinistra, rei, a suo dire, di stare instaurando in Italia un nuovo fascismo, non più nero, ma «rosso» «Scritte sui muri. Sulla parete di un palazzo a Piazza Cavour si legge: Nenni + Togliatti = Mussolini»26 gli esponenti dell'antifascismo sono accusati essere stati fascisti durante il Ventennio, mentre ora cavalcano l'onda solo per mantenere o migliorare le loro posizioni sociali: «Il compagno Di Vittorio ama la luce: la sua fantasia è lucente, la sua casa luce. E guarda un po' dove ti porta la penna: stavamo per scrivere 26 Ibidem 12 casaluce»27 Arguti e pungenti erano anche i giochi di parole: attraverso metaplasmi, metalogismi e metasememi28 come calembours, metafore e similitudini, l'intento era palesemente quello di distruggere moralmente l'avversario «Però a pensarci bene, Togliatti viene da togliere. È forse per questo che Palmiro è comunista»29 La destrezza comunicativa che gli deriva certamente dalla decennale esperienza teatrale, fa sì che egli a volte riesca a concentrare ed incidere in una sola frase più di quanto avrebbe potuto fare nei suoi articoli-fiume: «Ci sono 22 ministri e 25 sottosegretari: 47, ossia morto che parla»30 Punto di forza di Giannini è sicuramente la facilità di creazione di neologismi. Oltre il già citato «panscremenzio», molto spesso si trattava dell'aggettivazione dei nomignoli dati ai politici oppure di leggere variazioni di parole polisenso o di origine dialettale, è il caso di «ingullire», neologismo dispregiativo e canzonatorio coniato a partire dal cognome del comunista Gullo, e dell'«amnesia tortale», descritta come una «epidemia che affligge 27 G. GIANNINI, Le Vespe, in U.Q., Anno II, 19 settembre 1945, n. 31, Edizione Romana 28 Per l'analisi del linguaggio giornalistico cfr F. SALERNO, Le tecniche della scrittura giornalistica, Edizione Simone, Napoli, 2009 29 G. GIANNINI, Le Vespe, in U.Q., Anno II, 25 luglio 1945, n. 23, Edizione Romana 30 Ibidem 13 l'Italia» che deve il suo nome al fatto che nella penisola «ci si dimentichi dei propri torti ma si ricordino le proprie ragioni»31. Sulla stessa scia sono anche le decine e decine di aggettivi che conia per definire il governo di coalizione antifascista, di cui «comunpartigianodemorepubblicristianateo» è di sicuro la più incisiva. Stupore, incredulità e scetticismo nei confronti delle notizie “clamorose”, sono un altro escamotage linguistico di cui Giannini si serve per polemizzare: «Per quanto ci riguarda direttamente riceviamo notizie che vogliamo ritenere esagerate, infondate, dovute allo zelo eccessivo dei nostri amici […], a Caltagirone un commissario prefettizio – ma non può essere vero – autorizzato dal prefetto di Catania – ma non vogliamo crederlo – avrebbe semplicemente dato ordine di CANCELLARE DALLE LISTE ELETTORALI CHI SI ISCRIVE ALL' “UOMO QUALUNQUE”»32 In questo caso, il contrasto è anche e prima di tutto visivo, con l'ipotesi, espressa nelle righe precedenti attraverso un finto scetticismo, battuta in maiuscolo e posta così in risalto rispetto alle altre parti del periodo. Gli esempi, a sfiorare quasi il paradossale, di episodi accaduti realmente di cui Giannini si serviva per avvalorare i suoi attacchi, erano scovati grazie alle segnalazioni che gli arrivavano da tutta Italia, concordavano perfettamente 31 G. GIANNINI, Le Vespe, Anno II, 18 luglio 1945, n. 22, Edizione Romana 32 Non firmato ma G. GIANNINI, Uscire dall'equivoco, in U.Q., Anno II, 12 settembre 1945, n. 30, Edizione Romana 14 con il suo stile: «Arrestato a Sassari tempo fa con 4 bombe a mano in tasca un tal Enrico B. regolarmente iscritto ad uno dei soliti partiti, è stato assolto in istruttoria perché, con le 4 bombe voleva fare degli accendisigari […]. Vuol dire che in seguito a questo fatto, si potrà dire: abbiamo tirato una dozzina di accendisigari contro gli avversari; volevamo che fumassero per dare incremento all'industria del tabacco»33 Al pari, se non in maniera maggiore rispetto alla parte giornalistica scritta, il linguaggio visivo è una componente fondamentale: le vignette sono la trasposizione in immagine della feroce satira verbale di cui gli articoli sono pregni. Quasi sempre l'edizione a quattro pagine de L'Uomo Qualunque ne comprende un minimo di tre: una centrale in prima pagina, una nelle pagine interne e la vignetta-rubrica Pezzo di Fesso. Essendo presente, in media, quasi una vignetta per ogni pagina, si può avere una prima idea di quanto le immagini giocassero un ruolo importante nella struttura e nella comunicazione de L'Uomo Qualunque. Il contenuto degli articoli, anche se non letto, poteva essere facilmente desunto dall'osservazione della vignetta ad esso affiancata. Due furono i vignettisti principali: “Spadea” e “Girus”, il secondo, al secolo Giuseppe Russo, assunse anche il ruolo di redattore responsabile del giornale 33 G. GIANNINI, Le Vespe, Anno II, 14 novembre 1945, n. 39, Edizione Romana 15 a causa delle vicende giudiziarie in cui Giannini era stato coinvolto. Tra le vignette, quella che riscuoteva maggiore interesse era senza dubbio Pezzo di Fesso (abbreviato in P.d.F.) presente in prima pagina, posizionata sempre in basso a destra e dal contenuto a carattere episodico, affidata alla matita di Girus, prendeva in giro personaggi legati al mondo politico e giornalistico in polemica con Giannini. Molti nomi illustri come Benedetto Croce, Velio Spano, Emilio Lussu, Giuseppe Di Vittorio e Girolamo Li Causi caddero nel tritacarne di Giannini e furono protagonisti di P.d.F.. Veniva rappresentato un veloce botta e risposta tra due personaggi: il pezzo di fesso e un uomo qualunque che poteva essere sia in un personaggio di caratura internazionale, come ad esempio Winston Churchill 34, sia in una persona del popolo come un impiegato o una massaia. Il malcapitato di turno rimaneva nella vignetta per più edizioni e spesso si caratterizzava per una battuta a carattere fisso. Il cambio di protagonista avveniva all'interno della vignetta stessa, con un effettivo “passaggio di consegne” in cui il vecchio protagonista invitava il nuovo a prendere il suo posto. Le vittime delle caricature erano chiaramente riconoscibili perché, oltre ad essere nominalmente identificate avevano, posizionata tra le mani, la testata alla quale erano legati e dalle cui colonne era nato lo scontro con Giannini; in questo modo era facile per ogni genere di pubblico, indipendentemente dal livello d'istruzione, associare le critiche agli altri giornali, orientandone di conseguenza le simpatie. Talvolta anche Giannini appariva nelle vignette, spesso rappresentato nella 34 Pezzo di Fesso, in U.Q. Anno II, 1 agosto 1945, n. 24, Edizione Romana 16 forma del settimanale de L'Uomo Qualunque “umanizzato”: dalla prima pagina fuoriusciva il viso del commediografo che, inequivocabilmente contraddistinto dal monocolo che era solito portare all'occhio destro, assumendo esprimendosi il suo classico attraverso atteggiamento frasi apodittiche. spavaldo, I tratti dava consigli caratteristici dell'impaginazione del settimanale sono chiaramente distinguibili: con molta facilità si poteva leggere il nome della testata oltre che individuare Le Vespe, rubrica caratteristica della prima pagina, e Pezzo di Fesso. I dettagli si rivelano dunque di fondamentale importanza, sia perché servono a meglio comprendere le vignette, sia perché favoriscono l'associazione di idee. «Le masse non sono più ignoranti come una volta [...] sanno oramai “leggere tra le righe”»35 Di sicuro non era davvero questo ciò che Giannini pensava, anzi, si palesa, attraverso le illustrazioni, la volontà conquistare la fiducia dei suoi lettori “portandoli per mano” a comprendere il nocciolo del pensiero qualunquista, compito non certo difficile se si pensa alla sua elementare impostazione. Grazie alla sua azione pedagogica, il disegno diviene dunque fondamentale, affiancato in maniera egregia dall'altro elemento portante del giornale: le rubriche. 2.3 Le rubriche L'edizione romana de L'Uomo Qualunque del 8 agosto 1945 presentava in 35 G. GIANNINI, Vogliamo essere amici dell'Unione Sovietica, in U.Q., Anno II, 1 agosto 1945, n.24, Edizione Romana 17 prima pagina l'articolo dal titolo “Grido di dolore” in cui veniva annunciato che finalmente era «giunto il momento di dare una struttura non più soltanto giornalistica alla CORRENTE DELL'UOMO QUALUNQUE». Sempre in prima pagina, in apertura della rubrica Le Vespe, Giannini invita il lettore a dare un'occhiata al suddetto articolo: «Buongiorno, Amico. Ora che hai visto la solita vignetta del P.d.F. e letta la relativa battuta, che hai dato la prima occhiata alla vignetta di centro, non immergerti subito nella lettura delle vespe, ma volta gli occhi a sinistra, e leggi prima l'articolo di fondo: che questa settimana è d'eccezionale importanza, tanto che è firmato con una consonante»36 Si possono da qui dedurre due importanti informazioni: la prima è che Giannini, sottolineando che l'articolo firmato sia una «eccezione», mette in evidenza quelle che era la sua concezione del peso della firma come marchio d'autore, conferente autorità al pezzo e influenzando direttamente il giudizio del lettore. In questo caso, la firma, seppur semplicemente una «g», rimanda immediatamente a Giannini, dunque il pezzo assume una valenza simbolica, non solo per i suoi contenuti, ma anche per chi li ha espressi, ossia, in questo caso, il commediografo stesso. Per tali ragioni, in risposta a chi lo accusava di vietare ai suoi collaboratori di firmare gli articoli, Giannini si era espresso così: «sono le idee che contano, non già i nomi di coloro che le professano e 36 G. GIANNINI, Grido di dolore, in U.Q., Anno II, 8 agosto 1945, n. 25, Edizione Romana 18 le diffondono. Spersonalizzare le idee vuol dire servirle meglio»37 La seconda e fondamentale informazione che queste poche righe ci forniscono, è la chiave dello schema di lettura sul quale L'Uomo Qualunque è impaginato: la vignetta Pezzo di Fesso, con il suo carattere episodico e continuo, posizionata sempre in basso a destra, è ciò che l'occhio del lettore va a cercare e su cui si posa al primo impatto con il giornale. Successivamente, dopo un breve passaggio visivo sulla vignetta centrale, l'attenzione passa alla rubrica Le Vespe, anche questa posizionata sempre a destra, sulle ultime due colonne della prima pagina, composta da brevi battute pungenti separate l'una dall'altra da un capoverso ed il cui inizio è segnato, ogni volta, due asterischi. Inoltre, l'invito a leggere l'articolo di fondo, fa supporre che Giannini sia conscio che il lettore medio del suo giornale non sia abituato a soffermarvisi su, concentrandosi invece sulla fruizione delle immagini prima, e delle simpatiche e brevi vespe poi. È ipotizzabile, quindi, che l'articolo in prima pagina sia pensato e destinato prevalentemente, più che al lettore medio, agli avversari politici e giornalistici, oltre che ad un pubblico, per così dire, d'élite. Le tematiche dei pezzi di fondo, seppur certamente non di eccelso livello d'analisi, sono solitamente più approfondite ed articolate, sia per linguaggio che per contenuti, richiedendo, dunque, una soglia di attenzione maggiore oltreché un minimo di conoscenze di base. Il settimanale è sì pensato per un pubblico piccolo borghese dal livello culturale non certo elevato, ma spesso sono presenti termini e paragoni storici, derivanti dal ricco patrimonio nozionistico 37 G.GIANNINI, Le Vespe, in U.Q., Anno II, 17 ottobre 1945, n. 35, Edizione Romana 19 ed oratorio di Giannini, che vanno sicuramente al di là di quella che poteva essere la cultura della piccola borghesia nell'immediato secondo dopoguerra. La struttura de L'Uomo Qualunque non è dunque frutto del caso. Esso è pensato per un target di non elevato livello culturale, lavoratore, con poco tempo da poter dedicare alla lettura completa ed approfondita di un giornale che, per la sua cadenza settimanale, passava spesso tra le mani di quattro o cinque famiglie diverse, anche a causa della sua scarsa reperibilità in alcune zone d'Italia. In un così breve tempo di fruizione, è ovvio che l'attenzione ricada su ciò che si può consumare velocemente e con poco impegno: il ruolo fondamentale di satira e illustrazioni permette ad ogni membro della famiglia di poterlo almeno sfogliare. Inoltre, tutte e tre le rubriche di carattere sociale presenti, sono identificate in apertura da una immagine caratterizzante, un vero e proprio “logo” a carattere fisso che le contraddistingue e ne chiarisce subito la natura e i contenuti. Le Vespe affonda le proprie radici nel passato di Giannini, si tratta di una rubrica a carattere mondano inaugurata nel 1909 su Il Domani, dove riscuote grande successo. Ripresa su L'Uomo Qualunque Giannini ne mutò il carattere in satirico-politico, utilizzandola come palcoscenico da cui tirare velenose frecciate contro quei professionisti politici da lui tanto avversati. Aggiunse, inoltre, un simpatico tratto che rimarrà caratteristico: in ogni edizione scriverà una vespa totalmente in rima baciata o alternata. Dopo l'annuncio ufficiale della formazione del Fronte dell'Uomo Qualunque, gli argomenti trattati ne Le vespe subiranno un lieve mutamento, e nella 20 rubrica andrà improntandosi sempre in funzione camuffata di campagna elettorale o, quantomeno, campagna di propositi. Nella quarta ed ultima pagina è appuntamento fisso la rubrica Le 100 Città, «la più completa cronaca della vera vita italiana»38. Si tratta, anche qui, di brevi informazioni, riguardanti avvenimenti di vita reale inviate dagli stessi lettori. Viene a crearsi così un filo diretto con il pubblico, a cui è permesso dare libero sfogo alla propria rabbia, offrendo uno spazio di denuncia contro quelle che erano le ingiustizie quotidiane, ma al tempo stesso edifica una finestra dalla quale chi legge può osservare gli eventi di realtà geograficamente lontane dalla sua, nelle quali, però, può immedesimarsi con facilità, raggiungendo così lo scopo principale della rubrica, ossia quello di unificare tutti sotto la bandiera dell'indignazione e dello sdegno. Le 100 Città fu molto apprezzata dal pubblico, tanto che dopo pochi mesi Giannini si vide costretto a pubblicare delle regole per l'invio dei contenuti, che non dovevano superare la «mezza paginetta», e creare un apposito indirizzo per le lettere destinate a quello spazio; raccomandava, inoltre, di non accusare a priori i comunisti di ogni sopruso, perché l'uomo qualunque «non ha antipatie preconcette per nessuno, ma nemmeno simpatie preconcette per chicchessia»39 Anche questa rubrica si presta ad una rapida lettura, gli avvenimenti non sono collegati l'uno con l'altro, quindi la si può interrompere e riprendere in qualsiasi momento e saltare da una notizia ad un'altra senza perdite di informazioni. L'impegno che il lettore impiega è minimo, l'attenzione è 38 G. GIANNINI, Le 100 Città, in U.Q., Anno II, 8 agosto 1945, n. 25, Edizione Romana 39 Ivi 21 catturata dalla particolarità di una notizia piuttosto che un'altra. Insieme a Le Vespe e Le 100 Città, l'altra rubrica facente parte dell'ossatura del settimana è Specola, formata da pezzi «di trenta, venti righe, in cui è condensato un articolo intero, senza un capoverso»40. Collocata nelle pagine interne, si tratta della naturale continuazione delle vespe: gli argomenti sono bene o male gli stessi, leggermente più sviluppati per la lunghezza prevista, ma fondamentalmente sempre inerenti i temi di sarcastica critica politica di natura caricaturale. Anche in questo, la volontà è di creare una “finestra” sul mondo, in questo caso politico, come sottolineato dal nome stesso e dall'immagine in apertura che rappresenta un uomo nell'atto di osservare il cielo da un telescopio. A queste tre ne è affiancata una quarta, di carattere completamente diverso, ma non così fuori luogo se si pensa alla classe sociale a cui L'Uomo Qualunque si rivolge. Si tratta della rubrica sportiva, Parliamo di sport, argomento di sicuro interessa anche su un giornale politico-satirico come quello di Giannini, tra l'altro l'unica firmata , per giunta in maniera fissa, dalle iniziali «F. B.» . A queste, verranno affiancate una miriade di altre piccole rubriche satellite, dalla durata di pochi numeri, tra le quali va comunque menzionata, non sia altro per le grandi aspettative iniziali, Vita Sindacale, introdotta il 13 marzo 1946 con tanto di articolo di presentazione: 40 G. GIANNINI, Le Vespe, in U.Q., Anno II, 7 novembre 1945, n. 38, Edizione Romana 22 «Ho deciso di non fare il giornale sindacale che mi viene insistentemente chiesto da moltissimi Amici e di sostituirlo con questa pagina di “Vita Sindacale” in cui, come in tutto il nostro U.Q., chiunque abbia onestamente un'idea da esporre potrà farlo in piena e assoluta libertà»41 L'esperimento non durerà che un mese: Vita Sindacale farà infatti l'ultima apparizione il 10 aprile dello stesso anno, in quarta pagina e con dimensioni ridotte. In sintesi, all'interno del settimanale, il ruolo delle rubriche risulta fondamentale come tramite di diffusione del pensiero qualunquista. Il giornale si interfaccia direttamente con il suo pubblico, tra di loro si instaura una relazione intima. La comunicazione è concepita quasi come un faccia a faccia che si viene a creare tra Giannini ed i lettori. In questa prospettiva, quando si costituirà il Fronte, questo tipo di comunicazione sarà un aspetto da non sottovalutare nell'analizzare l'inaspettato boom elettorale, a cui, però, non seguirà mai una effettiva realizzazione pratica, in quanto, una volta entrati in Parlamento, sia Giannini che i suoi uomini si limiteranno a qualche gesto ironico e folkloristico. 41 G. GIANNINI, Per la libertà del lavoro, in U.Q., Anno II, 13 marzo 1946, n. 11, Edizione Romana 23