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2014 - M. PAOLETTI, "I Crotoniati un tempo..."

2014, in M. Corrado (con la coll. di M.C.A. Gorra e R. Falcone, Introduzione di M. Paoletti), La città senza memoria. Nicola Sculco, gli scavi a Crotone e il collezionismo archeologico nell'Ottocento, Reggio Calabria, Città del Sole, 2014, pp. IX-XXIII.

La città senza memoria Ristampa commentata dei Ricordi sugli Avanzi di Cotrone raccolti da Nicola Sculco a cento anni dalla pubblicazione Introduzione di Maurizio Paoletti Con la collaborazione di Maurizio C.a. Gorra e rosa FalCone © Margherita Corrado Impaginazione: Gregorio Pellicanò Finito di stampare nel mese di Febbraio 2014 per conto di CITTÀ DEL SOLE Edizioni -Reggio Calabria TUTTI I DIRITTI RISERVATI Diritti di traduzione, o di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (comprese le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. Sono consentite citazioni di qualche brevissima parte del libro soltanto nelle recensioni di riviste e/o giornali. Consulenza scientifica: Margherita Corrado per Sette Soli -Crotone -mirghit@tiscali.it Illustrazioni: Salvo diversa indicazione (riportata nelle relative didascalie) tutte le immagini sono di Margherita Corrado.

Quaderni di Piazza Villaroja 3 Margherita Corrado La città senza memoria Ristampa commentata dei Ricordi sugli Avanzi di Cotrone raccolti da Nicola Sculco a cento anni dalla pubblicazione Introduzione di Maurizio Paoletti Con la collaborazione di Maurizio C.a. Gorra e rosa FalCone Con il patrocinio della Famiglia dei Marchesi Berlingieri di Crotone In collaborazione con: AA. B. srl Via Vittorio Veneto 677 Vignola (MO) P.I. 03065950796 © Margherita Corrado © Città del Sole Edizioni s.a.s. di Franco Arcidiaco & C. 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Maurizio Paoletti . . . . . . . » iX Premessa dell’Autrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » XXV I. Nicola Sculco: cenni sulla vita e l’opera . . . . . . . . . » 1 » » 15 19 . . . . . . » » » » » » » 61 63 74 79 81 85 89 1. Criteri di organizzazione del materiale e di trasposizione graica . . . . 2. Le schede relative alla città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Le schede relative al suburbio . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » » 91 93 214 V. L’alba dell’archeologia crotonese: protagonisti, occasioni, scopi e metodi di ricerca in una città senza memoria. . . . . » 407 VI. La maturità ‘dificile’ dell’archeologia crotonese: protagonisti, occasioni, scopi e metodi di ricerca in una città senza memoria. » 453 II. I Ricordi sugli Avanzi di Cotrone 1. Genesi e fortuna del testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Il testo ristampato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III. Strumenti di lettura 1. Dizionario dei termini desueti . . . . . . . . . . 2. Indice alfabetico dei nomi . . . . . . . . . . . . 3. Indice alfabetico dei luoghi . . . . . . . . . . . . 4. Indice alfabetico dei manufatti mobili citati nel testo . 5. Indice dei reperti mobili e dei ruderi . . . . . . . . 6. Indice araldico (Maurizio C.A. Gorra) . . . . . . . 7. La “carta archeologica” di Crotone ricavata dai Ricordi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV. Commento ragionato alle schede topograiche dei Ricordi VII. Approfondimenti tecnici 1. Araldica crotonese. Schede dei singoli manufatti (Maurizio C.A. Gorra) . 2. Documenti d’archivio: trascrizioni (Rosa Falcone) . . . . . . . . . . » » 473 490 Indice dei nomi e dei luoghi . . . . . . . . . . . . . . » 495 Bibliograia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 521 indiCe delle taVole taV. i . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 123 taV. II . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 123 taV. III . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 181 taV. IV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 181 taV. V, a- c. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 262 taV. VI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 469 taV. VII, a-c. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 470 taV. VIII, a-b. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 471 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 472 taV. IX Quaderni di Piazza Villaroja 3 «I Crotoniati un tempo, quando abbondavano di ogni ricchezza...». Nicola Sculco, gli scavi a Crotone e il collezionismo archeologico nell’Ottocento Crotoniatae quondam, cum lorerent omnibus copiis et in Italia cum primis beati numerarentur [...] CiC., de inventione, II, 1,1 1. Il dificile recupero della memoria: i «ruderi e le monete» di Luigi Grimaldi Gli Studî archeologici sulla Calabria Ultra Seconda pubblicati nel 1845 da Luigi Grimaldi sono noti oggi ad un ristretto pubblico di lettori; in questa piccola e quasi nascosta cerchia di estimatori gli archeologi sono senz’altro i meno numerosi1. Eppure l’opera è seria e bene informata; e la si apprezza particolarmente perché ha il pregio di tenersi lontana dal clima soffocante della pura erudizione accademica, secondo un assunto dichiarato in dalla Prefazione «Saremo cauti nell’etimologie che il più delle volte traggono in errore; ed ove l’oscurità è grave, piuttosto che perderci in futili congetture, confesseremo di buon grado la nostra ignoranza. [...] Abbiamo ne’ luoghi opportuni indicato tutti gli avanzi di antichità che sono in questa Calabria, le iscrizioni rinvenute e le monete che si conoscono [...]»2. Per questo motivo, è corretto prendere avvio dalle pagine dedicate al promontorio di Capo Colonna e alla città di Crotone negli Studî archeologici di Grimaldi per valutare l’interesse dei Ricordi sugli avanzi di Cotrone raccolti da Nicola Sculco, duca di Santa Severina (Cotrone 1905) qui ripubblicati con un amplissimo commento da Margherita Corrado, dopo un’introvabile ristampa3. L’intervallo di tempo che li separa non è eccessivamente lungo, appena mezzo secolo o poco più; eppure emerge con chiarezza la mutata prospettiva storica mentre, in maniera quasi inattesa, il quadro topograico cambia radicalmente. Nella sua ampia e dettagliata trattazione del santuario di Hera Lacinia, Grimaldi non ha dificoltà ad integrare la descrizione del tempio e delle strutture superstiti con le notizie tratte dagli studiosi calabresi che se ne erano occupati, come i seicenteschi Nola Molisi, Fiore e Aceti, e con i resoconti dei più celebri viaggiatori stranieri, il tedesco Riedesel e l’inglese Swinburne. Vi aggiunge però varie altre informazioni 1 griMaldi 1845. Cfr. aCCattatis 1877, pp. 351-360 s.v. per la biograia e l’elenco completo delle opere di Luigi Gimaldi, che fu socio di molte accademie del regno di Napoli, ma anche di Roma e delle più autorevoli nel Granducato di Toscana. 2 griMaldi 1845, pp. III-IV. 3 sCulCo 1984 (in Kroton 1984, un’antologia di scritti su Crotone antica stampata in edizione non venale di sole 250 copie). XI Quaderni di Piazza Villaroja 3 di prima mano sui «rottami di fabbriche quà e là sparsi» e sulle «tegole di marmo» ancora visibili sul terreno4, ricordando che «sovente in quel sito de’ ruderi e delle monete rinvenuti si sono nello scavar che si è fatto per la costruzione o restauro delle casine colà esistenti». Quale esempio più insigne di quelle scoperte egli indica proprio l’ara di marmo dedicata ad Hera Lacinia da un liberto imperiale pro salute di Ulpia Marciana, sorella dell’imperatore Traiano: il monumento epigraico che era stata recuperato appena due anni prima – nel 1843 – «in un podere del marchese Berlingieri di Cotrone»5. Quanto a Crotone il suo desiderio di illustrarne compiutamente la storia si dimostra subito un compito assai ingrato, o per meglio dire troppo dificile e quasi impossibile da assolvere. Grimaldi perciò è costretto a rifugiarsi nella più pura antiquaria. Passa così in rassegna, dando prova della sua grande competenza e della sua versatilità erudita, tutte le principali fonti letterarie che celebravano con la salubrità dei luoghi anche la fama e le grandi ricchezze dell’antica polis. Le ragioni di questa scelta sono facili da comprendere. Se l’assoluto prestigio conseguito aveva permesso a Crotone di primeggiare felicemente in Italia e di abbellire il santuario al Lacinio – come testimoniava Cicerone nel ricordare le complures tabulas dipinte da Zeusi per l’antico fanum di Giunone (Cic., de inv., II, 1, 1) –, a detta di Grimaldi, «Ispettore degli scavi di antichità nel distretto di Catanzaro», della città antica non si era conservato alcun monumento, neppure era individuabile il tracciato delle sue mura né tantomeno poteva supporsi qualcosa circa l’aspetto architettonico dei suoi templi. Questa posizione rigorosa, che applica alla lettera il metodo d’indagine esplicitato nella «Prefazione», lo porta a discostarsi dalle tante precedenti trattazioni erudite6 e a considerare con sospetto i monumenti greci e romani di cui dava notizia la Cronica dell’antichissima, e nobilissima città di Crotone di Giovan Battista Nola Molisi, molto apprezzata negli studi storico-topograici sulla Magna Grecia benché fosse stata stampata alla metà del Seicento. In verità, Nola Molisi dichiarava di non essere testimone oculare delle antichità crotoniati di cui parlava con dovizia di particolari – il «tempio delle Muse», il «tempio di Marte», il «tempio della dea Vittoria» e, da ultimo, il «Palazzo»7 – e di rifarsi all’opera redatta nel 1523 da Camillo Lucifero arcidiacono della Cattedrale di Crotone, 4 griMaldi 1845, pp. 42-48, in ptc. 47 per la citazione. 5 griMaldi 1845, p. 48. La piccola ara di marmo (CIL X, 106), che oltre all’iscrizione reca una semplice decorazione a ghirlande con tenie appese a bucrani, fu illustrata da Vito Capialbi (Di un’ara dedicata alla Giunone Lacinia, Napoli 1846); cfr. CaPialbi 2003, pp. 131-150 e p. LV (Paoletti). Sul promontorio di Capo Colonna nel primo Ottocento v. Corrado 2012, pp. 28-32 e passim; più in generale sul santuario v. Medaglia 2012, pp. 270-286 nr. 282 e igg. 263-280 con bibl. completa. 6 Cfr. roManelli 1815, pp. 200-203 che ricorre esclusivamente alle fonti letterarie e alle monete, mentre nella discussione su quale fosse realmente la patria di Pitagora non esita a citare S. Tommaso d’Aquino. 7 nola Molisi 1649, pp. 52-54 e 59. Cfr. giangiulio, sabbione 1987, p. 489 (Sabbione). XII Quaderni di Piazza Villaroja 3 un raro manoscritto latino da lui posseduto prima di prestarlo ad un altro ecclesiastico (il padre carmelitano Girolamo Salviati che si era guardato bene dal restituirlo indietro)8. Ricavare qualche elemento di verità dagli indizi quasi favolistici di cui Nola Molisi si fa portavoce è dificile: anche «i grandissimi ediicij sotterranei [...] con bellissimi lavori»9 menzionati a mezzo miglio dalla città di Crotone, in loc. Acqua Bona, non sono necessariamente delle cisterne; si possono, infatti, avanzare altre plausibili interpretazioni di strutture edilizie nella realtà forse meno imponenti di quanto lascerebbe arguire il racconto della fonte seicentesca10. Passando sotto silenzio questa tradizione locale priva di attendibilità, Grimaldi preferisce invece attestare che «Scavandosi in quei luoghi il terreno o per usi campestri oppure per fabbrica o ristauro di qualche ediizio, vestigi di antiche costruzioni sovente rinvengonsi. A circa un miglio dell’attual Cotrone scorrono le acque dell’Esaro, e sia al di quà che al di là di esso, ruderi e monete sonosi trovati»11. La sua è una scelta ancora una volta prudente, che lo trae d’impaccio solo parzialmente; sicché per non restare del tutto muto, adeguandosi al modello degli studi antiquari, si affretta a classiicare le diverse «medaglie» di Crotone, ovvero le serie monetali greche che, come scrive, sono prevalentemente d’argento, a parte le più rare coniazioni di bronzo e le uniche due d’oro12. 2. Una falsa attribuzione al Lacinio: l’iscrizione di Collyra (IG XIV, 644) secondo Nicola Corcia I Ricordi sugli avanzi di Crotone di Nicola Sculco invitano a riprendere in mano anche un secondo libro apparso poco dopo quello di Grimaldi: mi riferisco alla Storia delle Due Sicilie dall’antichità più remota al 1789 che Nicola Corcia pubblicò a Napoli in quattro tomi, il terzo dei quali – stampato nel 1847 – tratta diffusamente del promontorio Lacinio, di Cotrone (non ancora ribattezzata con il suo nome antico) e del territorio immediatamente circostante13. Il santuario di Hera Lacinia è descritto a partire da Cicerone, ma anche dai passi di Livio, Polibio, Strabone ecc. che secondo i principî della scienza antiquaria erano i più adatti ad esaltare la memoria del tempio dorico ormai completamente raso al 8 Cfr. sCulCo 1905, p. 78 e in questo volume pp. 57, 239. Non mi trova concorde, per difetto di argomentazione, la tesi accreditata da Armando Lucifero in lenorMant 1976, II, p. 208 nota 18; VaCCaro 1966, p. 92, che Nola Molisi dietro la presunta sottrazione intendesse nascondere la perdita o la distruzione del manoscritto latino. 9 nola Molisi 1649, p. 56. Cfr. ancora giangiulio, sabbione 1987, p. 489 (Sabbione). 10 Cfr. sCulCo 1905, pp. 33-36 e in questo volume pp. 35, 318, 328-329. 11 griMaldi 1845, pp. 48-54, in particolare p. 50 per la citazione. 12 griMaldi 1845, pp. 54-58. 13 CorCia 1845, pp. 238-259. XIII Quaderni di Piazza Villaroja 3 suolo, salvo una colonna. Alle offese arrecategli dalla mano dell’uomo si era aggiunta, purtroppo, la violenza della natura: «I tremuoti poi inivano di distruggere questa grand’opera dell’antichità, e con sì violente scosse, che un erudito viaggiatore alterato ne vedeva l’allineamento delle muraglie. Grande e maestosa erane la situazione: posto sopra una lingua di terra che in guisa di piattaforma si protende nella spiaggia, dominava un vasto paese, e molto da lungi ancora lo scoprivano i naviganti. Comeché ora distrutto affatto, le colossali rovine che ne restavano, davano tuttavia l’idea del grande effetto che doveva produrre»14. Però Corcia non si ritiene soddisfatto dall’accurata e precisa illustrazione dei soli resti architettonici superstiti e il suo sguardo spazia sull’intero promontorio, dove più di un ediicio, talora con i pavimenti a mosaico, era riconoscibile all’interno del muro di temenos realizzato in blocchi squadrati e opera reticolata: l’aspetto delle costruzioni sparse intorno al tempio era, a suo dire, quello di una vera e propria «borgata», che i frequentatori di Capo Colonna chiamavano con una certa familiarità la «Scuola di Pitagora». La testimonianza è preziosa perché – indirettamente – anticipa la scoperta del balneum mosaicato con la dedica di [.] Lucilius Macer e T. Annaeus Thraso, duoviri quinquennales di Crotone, e perché conferma che alla metà dell’Ottocento emergevano dal terreno i muri delle strutture santuariali e dell’abitato romano di Capo Colonna portato alla luce solo dagli scavi più recenti15. Poiché le iscrizioni concorrono ad accreditare la fama del santuario di Hera Lacinia, prima ancora dell’ara di marmo dedicata pro salute di Marciana, di età traianea, Corcia si preoccupa di segnalare una più antica laminetta greca di bronzo «con una curiosa iscrizione» nella quale la dedicante Collyra si rivolge alle «ancelle della dea»16. Anche Nicola Sculco menziona piuttosto fugacemente nei suoi Ricordi la stessa iscrizione, lamentandone l’invio al Museo di Napoli17. È evidente che Corcia intende ampliare l’esile corpus epigraico del Lacinio grazie alla laminetta scoperta a Capo Colonna e dare maggiore rilievo all’elenco di quanto era andato completamente perduto, in particolare la phiale di bronzo con il nome di Enea «in caratteri antichissimi» (Dionys. Hal., I, 51,3) e la stele (e/o altare con iscrizione bilingue, punica e greca) collocata da Annibale nel santuario (Pol., III, 33,18 e 56,4; Liv., XXVIII, 46,16); mentre secondo una credenza popolare diffusa in età romana i nomi incisi «col ferro» sulle tegole in marmo del tempio sparivano alla morte di chi li aveva scritti (Serv., ad Aen., III, 552). Benché il ine sia nobile, l’affermazione di Corcia contrasta con quella della sua fonte diretta, il canonico napoletano Nicola Ignarra, autore di varie opere a carattere epigraico e ilologico, le cui parole conviene rileggere: 14 CorCia 1845, pp. 241-245, in ptc. 244 per la citazione. 15 sPadea (a cura di) 2006, in ptc. sulla fase romana dell’insediamento v. i contributi di ruga 2006, pp. 67-79; sPadea 2006, pp. 51-65. 16 CorCia 1845, p. 243. 17 sCulCo 1905, p. 69 e in questo volume pp. 52, 175, 189-190 e specialmente 442. XIV Quaderni di Piazza Villaroja 3 «Anno, si probe memini, MDCCLV reperta fuit in Bruttiis aenea lamella litterata, quae nunc est in regio museo Herculanensi reposita. Ea [...], adeo vero exilis, ut chartae regiae crassitudinem vix exuperet»18. Ignarra manifesta qualche incertezza sulla data della scoperta – il 1755 –; invece non ha dubbi sul rinvenimento «in Bruttiis», sebbene non sia in grado di essere più preciso riguardo alla località. L’identiicazione di «Iuno Lacinia», nominata come la «dea» nella piccola laminetta di bronzo sottile come un foglio di carta, si rivela essere una deduzione scaturita dall’altra iscrizione tardoarcaica oggetto principale del suo studio, la «metallica tabula» rinvenuta «in Bruttiis prope Petiliam (Policastro)» nel 1783 (IG XIV, 636)19. Dunque, non c’è alcuna prova documentale che colleghi l’iscrizione di Collyra con il santuario Lacinio e Crotone. Al contrario, molti elementi del suo contenuto – una sorta di deixio o di maledizione contro i ladri che avevano derubato Collyra – concordano perfettamente con il dialetto usato, che è quello locrese20. La «dea» è perciò sicuramente Persefone. Anzi ritengo che la vaghezza topograica – «in Bruttiis» – aggiunga un indizio ulteriore a favore della provenienza da Locri, lasciando sospettare un recupero occasionale forse proprio nel vallone Abbadessa sottostante la collina della Mannella sul cui versante aveva sede il Persephoneion locrese. I toponimi Abbadessa e Milligri non suscitavano ancora l’interesse della ricerca antiquaria intorno al 1755 a differenza di Pagliopoli, dove erano visibili dei ruderi, o di Gerace, centro comunque troppo distante dall’area del Persephoneion. La laminetta di Collyra purtroppo frammentaria, pervenuta a Napoli non sappiamo dopo quali passaggi, diviene un importante precedente per il «vaso italo-greco» pubblicato da Michele Arditi (Illustrazione di un antico vaso trovato nelle ruine di Locri, Napoli 1791) e per quei rinvenimenti che presto imporranno Locri al centro dell’attenzione di «antiquari» e viaggiatori stranieri. Sgombrato il campo da quest’errore, si vedrà come Corcia per ricostruire la storia di Crotone si avvalga in modo quasi esclusivo delle fonti letterarie e poi delle monete, presentate le une e le altre con solida dottrina,21. Quanto alle iscrizioni ne lamenta l’irrimediabile scomparsa, con l’eccezione di quelle per Futia Lolliana (CIL X, 107) e per L. Lollius (CIL X, 110): «Tutte perdute e distrutte sono le antiche lapide di Crotone, e dell’epoca romana appena le due seguenti ci rimangono per ricordarci con l’amore verso i igliuoli di coloro che le facevano scolpire la romana colonia e ‘l Collegio degli Augustali che vi fu»22. 18 ignarra 1797, pp. 160-161; ignarra 1804, pp. 39-42. 19 La provenienza è stata più volte messa in discussione, sostituendo a Petilia Policastro la quasi omonima Petelia (Strongoli), v. de Cesare 2005, p. 682; Medaglia 2012, pp. 213-214 nr. 209 e ig. 211 con bibl. completa. 20 Locri Epizeiri I, 1977, p. 328 s.v. IG XIV, 644; landi 1979, pp. 273-274 nr. 114 e tav. XL con bibl. L’attribuzione a Locri fu sostenuta per la prima volta da oliVieri 1921, pp. 290-293 (con apparato critico e traduzione); per l’analisi linguistica della deixio in relazione alle tabelle locresi v. gigante 1979, pp. 45-47 e 58-59 note 47-55 (con nuova traduzione) 21 CorCia 1845, pp. 247-258. 22 CorCia 1845, pp. 256-257. XV Quaderni di Piazza Villaroja 3 Ai suoi occhi il triste declino e il degrado della città un tempo celebre per le sue enormi ricchezze e ora segnata dalle «pestifere esalazioni de’ ristagni del Neto» che hanno reso l’aria malsana, infatti, è reso ancora più duro dalla completa distruzione dei monumenti antichi di Crotone: «Se ne conservavano i preziosi vestigi sino al tempo di Carlo V, il quale fe’ tutti demolirli per ediicarne un castello, ed innalzarvi delle mura di un’altezza tanto più inutile, che furono costrutte più per l’uso dell’artiglieria, che per resistervi. Perciò niente si sa della forma, nè de’ pubblici ediizii d’una città così celebre»23. L’accanirsi di quest’opera di demolizione e di distruzione sistematica che ha reso Crotone invisibile ai posteri è un tema ricorrente, di cui si fanno interpreti innanzitutto i molti viaggiatori stranieri – non solo Riedesel, Saint-Non o Swinburne – delusi nelle loro attese. Agli inizi del Novecento anche George Gissing nel suo fortunato diario intitolato By the Ionian Sea. Notes of a ramble in Southern Italy apparso a Londra nel 1901 (e in una nuova edizione nel 1905) s’interrogherà sul destino delle rovine di Crotone: «What has become of the ruins of Croton? This squalid little town of to-day has nothing left from antiquity. Yet a city bounded with a wall of twelve miles circumference is not easily swept from the face of the earth»24. Tuttavia la conferma a questa tesi verrà data in maniera autorevole – e deinitiva – proprio dagli archeologi. Nel 1896 apparve a Lubecca uno splendido volume sulle antichità classiche dell’Italia meridionale, frutto di un viaggio di studio organizzato sotto la direzione di Friedrich von Duhn. Crotone che è associata al santuario di Hera Lacinia (né poteva essere diversamente) vi riceve un giudizio sommario e decisamente negativo: in città non ci sono praticamente ruderi o antichità, le «Privatsammlungen» sono di scarso interesse, il visitatore è ripagato soltanto dalle rovine del tempio di Capo Colonna che sono – queste sì, inalmente – del più grande interesse25. 3. Da Crotone a Monaco di Baviera: breve storia di uno specchio magnogreco Ma è tempo di arrivare ai Ricordi sugli avanzi di Crotone di Nicola Sculco; la loro lettura a chi vorrà intraprenderla senza preconcetti susciterà molti motivi di rilessione e riserverà più di una sorpresa, come mette assai bene in evidenza la riedizione curata con intelligenza da Margherita Corrado. Non ci si lasci ingannare dalla formazione culturale di Sculco, che si presenta consapevolmente come uno storico locale e che ha un approccio volutamente dimesso perché concentra tutte le proprie attenzioni sulla storia di Crotone. Il suo opuscolo ha le caratteristiche degli studi di ‘storia patria’ alimentati da un’intima passione civile e dagli interessi di una cultura municipale che vive gli anni cruciali del passaggio dall’Ottocento al Novecento; e intreccia con dichiarata modestia la 23 CorCia 1845, p. 257. 24 gissing 1905, p. 84; cfr. Paoletti 2007, pp. 5-6. 25 dürr 1896, pp. 24-25 e tavv. 58-59. XVI Quaderni di Piazza Villaroja 3 topograia e la toponomastica locale alla cronaca storica. Ma così Sculco offre per la prima volta una raccolta ragguardevole di notizie archeologiche su Crotone: ovviamente dati grezzi e mai elaborati, spesso da veriicare e talvolta da correggere. Dai Ricordi sugli avanzi di Crotone esce comunque smentita la visione dominante sino a quel momento sulla totale mancanza di rovine che ostacolava, anzi faceva fallire sul nascere qualsiasi progetto di indagini archeologiche. E poi, non di rado, s’individuano le tracce nascoste dei tanti rinvenimenti occasionali e degli innumerevoli materiali archeologici dispersi nell’Ottocento: una memoria storica che si riduce inevitabilmente a semplici date, ai nomi degli operai e dei proprietari che trovavano e subito commerciavano, mentre solo nelle occasioni più fortunate si dilata all’elenco purtroppo generico degli oggetti. Vorrei richiamare l’attenzione su questi indizi disseminati a piene mani nei Ricordi sugli avanzi di Crotone, che il più delle volte s’identiicano con le modeste testimonianze di ‘storia orale’ raccolte pazientemente nel corso degli anni da Nicola Sculco. Sono tracce che mai, per quanto labili e quasi evanescenti, saranno da trascurare nella storia degli studi archeologici su Crotone. L’amplissimo Commento ragionato alle schede topograiche dei ‘Ricordi’ di Margherita Corrado e i successivi capitoli sull’archeologia crotonese offrono diversi spunti a questo proposito. Ne scelgo uno soltanto, quello relativo agli specchi di bronzo attribuiti – a vario titolo – a Crotone. La questione delle produzioni crotoniati è particolarmente complessa26 e trova nelle ben note ricerche di Ulf Jantzen sulle oficine bronzistiche di Magna Grecia e Sicilia un’impostazione molto rafinata seppur datata. La sua lista di 16 specchi assegnati alle botteghe di Kroton costituisce tuttora un caposaldo per ogni discussione27. Il numero degli specchi però si riduce considerevolmente se ci limitiamo ai soli esemplari rinvenuti con certezza, o con ragionevole probabilità, a Crotone e nel territorio limitrofo, nonostante i nuovi e recenti ingressi: 1. Boston, M. of Fine Arts, inv. 96.706: «dalla costa occidentale della Calabria, area di Crotone» (Jantzen, Congdon)28. 2. Crotone, M. Archeologico Nazionale, inv. CR 2419: specchio dalle collezioni ottocentesche, di provenienza ignota «forse funeraria» (Sabbione)29. 26 In questo volume pp. 442, 445 e igg. 464-468 in relazione agli specchi e alle ‘lampade del Sele’. 27 Jantzen 1937, pp. 46-54, 67 (App. 1, Gruppo C ‘igura di sostegno che reca sulle spalle due leoni, singi o ‘Schakale’ raccordati al disco’; nrr. 11-15 «Krotonisch») e tavv. 18-21. Cfr. l’approccio stilistico di Caruso 1981, pp. 13-106 e tavv. 3-16. 28 Jantzen 1937, p. 47 nr. 12; Congdon 1981, p. 226 s.v. Boston nr. 1. 29 CaMeron 1979, pp. 15-16 nr. 9 e tavv. 26-28 «dal santuario di Era Lacinia»; Caruso 1981, pp. 34-35 nr. D2 e pp. 80-81 tav. 15,1-3; sabbione 1984, pp. 291-293 e nota 89 con tav. XLIX, 2 dalle collezioni ottocentesche, di prov. ignota, «forse funeraria»; sPadea 2005, pp. 33-35 e note 47, 49-50 con tavv. IXX, 16-19 «dall’abitato di Crotone». XVII Quaderni di Piazza Villaroja 3 3. Crotone, M. Archeologico Nazionale, inv. 28074: specchio con tracce di avvampatura, dalla necropoli Carrara (1980)30. 4. Crotone, M. Archeologico Nazionale inv. 28073: singe di specchio, dalla necropoli Carrara (1974)31. 5. Laines, Aldbourne (Wiltshire), Bomford Collection: specchio «dalla città di Crotone» (Haynes)32. 6. München, Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek, inv. SL 5. specchio «da Crotone». Altri specchi invece sono sicuramente da espungere o restano al momento privi di suficienti indicazioni: a. Crotone, M. Archeologico Nazionale, inv. CR 2428: «cariatide arcaica da Pittilia» (= Petilia Policastro o Petelia?) (Congdon)33. b. Oxford, Ashmolean Museum, inv. 1924.71: cariatide di specchio «da Crotone» (Cameron)34. c. Reggio Calabria, M. Archeologico Nazionale, senza inv.: singe di «un manico di tradizione corinzia» «da Capocolonna» (Spadea)35. All’interno di questo piccolo corpus lo specchio ora a Monaco occupa sicuramente una posizione di grande rilievo per l’ottimo stato di conservazione, le intrinseche qualità stilistiche del sostegno a cariatide e della decorazione accessoria (la singe e i due leoni dell’elemento di raccordo)36. Alle parti plastiche si aggiunge eccezionalmente una Gorgone in corsa incisa sul retro del disco37. Non va dimenticata però anche la sua storia collezionistica piuttosto complessa. Prima di giungere a Monaco lo specchio appartenne alla «Sammlung» di Samuel Loeb (1867-1933)38, che l’aveva acquistato nel 1899 presso la casa d’asta Sotheby quando 30 sabbione 1984, p. 293 e nota 94; sPadea 2005, pp. 33-35 e note 48-50, con tavv. XI-XII, 20-23. 31 Caruso 1981, p. 30 nr. C1 e tav. 13,4; sabbione 1984, p. 289 e nota 86. 32 haynes 1971, pp. 32-34 e tav. 11; Congdon 1981, p. 233 s.v. Oxford nr. 1. 33 Congdon 1981 p. 228 s.v. Crotone, Museo Archeologico. 34 CaMeron 1979, p. 61 s.v. 35 sabbione 1984, p. 289 e nota 87 con tav. XLIX, 1; sPadea 2005, p. 35 e nota 52 «parte di un manico di tradizione corinzia». 36 Jantzen 1937, p. 46 s.v. Kroton nr. 2 e tav. 18, 74 cfr. pp. 47-51 (esame stilistico) e 67 nr. 12; CaMeron 1979, p. 61 (“Gruppo A, tipo II: igure femminili”) ad vocem; Caruso 1981, p. 35 nr. D3 e p. 84; Congdon 1981, pp. 231-232 s.v. Munich, Glyptothek und Museum antiker Kleinkunst nr. 1 [= pp. 232-233 s.v. Naples, Uncertain location nr. 1 = p. 239 s.v. ex Collection Garrucci nr. 1]; sabbione 1984, pp. 291-292 e nota 90. Altre citazioni in Poulsen 1937, p. 100; haynes 1971, p. 32; tölle-Kastenbein 1980, p. 238 e nota 477; stibbe 2006, p. 212 nota 181; cfr. anche VaCCaro 1978, p. 677 igg. [1-2]. 37 KrausKoPf 1976, pp. 331-332 con nota 45 e tav. XLV, 21; KrausKoPf 1988, p. 308 nr. 260 e tav. 180. 38 sieVeKing (hrsg.) 1913, pp. 14-20 e tavv. 6-8; cfr. Wiegand 1913, p. 20 nota 8 (citazione). XVIII Quaderni di Piazza Villaroja 3 fu messa in vendita la collezione Forman39. In questi anni fu più volte oggetto di pubblicazione40. Ma la sua scoperta è riassunta da Raffaele Garrucci sul «Bullettino Archeologico Napolitano» del marzo 1854 con queste parole «lo specchio trovato da qualche tempo in un sepolcro di Crotone in Calabria si compone di quattro pezzi la base, il piede, il disco, e la Singe […]»41 (Fig. 1). Rimangono avvolte nell’incertezza tutte le circostanze del rinvenimento e il nome dell’acquirente – ovvero l’antiquario – che aveva permesso a Garrucci di studiare lo specchio e di trarne un ottimo disegno42. Ma scandagliando i Ricordi di Sculco si rimane impressionati dai contatti diretti e continui tra gli scopritori (che fossero i proprietari dei terreni, operai o semplici braccianti non fa differenza alcuna) e il mercato antiquario napoletano, che durante l’Ottocento fu il vero collettore di tutte le antichità rinvenute in Italia meridionale. C’è un caso speciico che merita di essere segnalato: l’arrivo a Crotone nel 1851 di «tre speculatori napoletani» che assoldarono «una squadra di braccianti cotronesi, il cui capo era mastro Giuseppe Ganguzza». Gli scavi condotti in loc. Armerì nella proprietà del Barone Galluccio furono interrotti perché non diedero gli esiti sperati43. Mi sembra però dificile che antiquari napoletani o i loro agenti spediti sul posto si rassegnassero a tornare indietro a mani vuote. C’è una singolare e sospetta coincidenza tra il 1851 e l’espressione adoperata da Garrucci nel marzo 1854 «specchio trovato da qualche tempo». In questo caso altri scavi più fruttuosi furono eseguiti in terreni che coincidevano con le necropoli di Crotone, perché da lì sappiamo provenire lo specchio. Quest’esempio, anche se fosse sbagliato, è indicativo del notevole interesse e delle possibili suggestioni che suscitano i Ricordi sugli avanzi di Cotrone di Nicola Sculco, resi disponibili in una nuova e accurata edizione, ricca di documenti d’archivio e di rare planimetrie, per merito di Margherita Corrado nonché di Maurizio C.A. Gorra e Rosa Falcone (cui si devono i due contributi inali). Maurizio Paoletti Università della Calabria 39 Chaffers 1892, p. 107 nr. 1902; sMith 1899, p. 10 nr. 68. 40 garruCCi 1866, p. 11 (citazione); bernoulli 1873, p. 45 nr. 22 («in Neapel ?») = nr. 23 (da Garrucci); cfr. franCK 1923-1924, c. 374 (citazione). 41 garruCCi 1853-1854, p. 128 e tav. III; cfr. MinerVini 1853-1854, p. 188. 42 L’originale (o forse una sua copia) fu in seguito inviato a Eduard Gerhard, v. gerhard (hrsg.) 1863, pp. 240-242 e tav. CCXLIII A, 1; cfr. pp X-XI (padre Garrucci è ricordato tra coloro che hanno inviato «Zeichnungen»); cfr. anche reinaCh 1897, p. 330 nr. 3. 43 sCulCo 1905, p. 38 e in questo volume pp. 37, 389-390 e specialmente 419-420. XIX Quaderni di Piazza Villaroja 3 XX Quaderni di Piazza Villaroja 3 Bibliograia aCCattatis 1877: L. Accattatis, Le biograie degli uomini illustri delle Calabrie. I-IV, Cosenza 18691877, IV (1877) [rist. anast. («Italica gens», 89), Bologna 1977]. bernoulli 1873: J.I. Bernoulli, Aphrodite. Ein Baustein zur Griechischen Kunstmythologie, Leipzig 1873. CaMeron 1979: F. Cameron, Greek Bronze Hand-Mirrors in South Italy with special reference to Calabria, («BAR», Int. Series 1958), Oxford 1979. CaPialbi 2003: V. Capialbi, Scritti, («Collana di edizioni regionali della civiltà calabrese», 6), a cura di M. Paoletti, Vibo Valentia 2003. Caruso 1981: I. 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