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Il peso dell’ideologia

Il peso dell'ideologia nel contenzioso israelo-arabo Ben visibile è il filo d'Arianna che unisce i due volumi recentemente pubblicati da Paul Giniewski. 1 : il sionismo non è un prodotto europeo della fine del XIX°secolo -una miscela di ideologia nazionalista e di pratica colonialista, come alcuni vorrebbero far credere -, ma il tratto dominante del logos dei profeti, portavoce e interpreti della divinità, e degli ancêtres hébreux des Juifs. I nemici dello Stato di Israele negano i legami storici del peuple hébreu con la propria terra e l'esistenza di una nation hébraïque, dei quali si trova invece testimonianza nell'Antico Testamento. Esiliata e dispersa, la nazione ebraica è stata piegata dall'antigiudaismo e dall'antisemitismo; la restaurazione dello Stato ebraico, avvenuta nel XX°secolo, ha finalmente restituito una patria agli ebrei. L'attuale tentativo dell'islamismo estremista di distruggere lo Stato ebraico, e più in generale di trasformare le moderne società in califfati governati dalla legge della djihad e della dhimma, impone a Juifs e Chrétiens di realizzare un fronte comune contro gli infedeli.

Note e rassegne Il peso dell’ideologia nel contenzioso israelo-arabo Ben visibile è il filo d’Arianna che unisce i due volumi recentemente pubblicati da Paul Giniewski.1: il sionismo non è un prodotto europeo della fine del XIX° secolo – una miscela di ideologia nazionalista e di pratica colonialista, come alcuni vorrebbero far credere –, ma il tratto dominante del logos dei profeti, portavoce e interpreti della divinità, e degli ancêtres hébreux des Juifs. I nemici dello Stato di Israele negano i legami storici del peuple hébreu con la propria terra e l’esistenza di una nation hébraïque, dei quali si trova invece testimonianza nell’Antico Testamento. Esiliata e dispersa, la nazione ebraica è stata piegata dall’antigiudaismo e dall’antisemitismo; la restaurazione dello Stato ebraico, avvenuta nel XX° secolo, ha finalmente restituito una patria agli ebrei. L’attuale tentativo dell’islamismo estremista di distruggere lo Stato ebraico, e più in generale di trasformare le moderne società in califfati governati dalla legge della djihad e della dhimma, impone a Juifs e Chrétiens di realizzare un fronte comune contro gli infedeli. La preistoria dello Stato d’Israele ha inizio con la divina promessa, che Abramo ricevette per sé e per la propria discendenza, di una terra nel vicino oriente antico. I figli d’Israele lasciarono l’Egitto e vagarono quaranta anni nel deserto con il fine di fare una nazione; la traversata da oriente del fiume Giordano simboleggiò la presa di possesso della terra promessa, come indicato nel sesto libro dell’Antico Testamento. Il sionismo biblico assunse una connotazione politica con l’esilio in Babilonia. Il ritorno a Sion, allora invocato dai profeti, permise di mantenere la coesione nazionale tra i déportées i quali, rientrati in patria con il favore del nuovo sovrano dell’area – Ciro, il re di Persia –, trovarono popolazioni allogene che avevano usurpato la loro terra. I lavori di ricostruzione di Gerusalemme si svolsero sotto continui attacchi di vicini ostili. Una prefigurazione, secondo Giniewski, di quello che sarebbe avvenuto venticinque secoli più tardi. Torah, Nevi’im, e Ketuvim costituiscono il complesso delle sacre scritture dell’ebraismo; un corpus di storia sacra che definisce il rapporto tra Yahweh e Israele, il ‘patto tra Dio e il suo popolo’. La storia sacra ha i propri canoni; è frutto di un’elaborazione che 1 jPAUL GINIEWSKI, Le contentieux Israélo-Arabe, s.l., Cheminements, 2007; ID., Israël et l’Occident, s.l., Cheminements, 2008. RSPI - N° 303, 3/2009 465 SARA SAPPINO può velarla di mito, narrazione fantastica di gesta compiute all’inizio dei tempi che afferra alcune manifestazioni psichiche, fornendo quelle basi universali per particolari atti rituali degli uomini. Troppi studiosi militanti hanno inteso rendere profana una storia pensata e scritta come sacra al fine di avallare pretese attuali: lo Stato ebraico identitario, un ossimoro per l’ebraismo, a vocazione universalista. L’Autore non riesce a sfuggire a tale tentazione, anche se in alcuni momenti – le pagine dedicate al rotolo di Esther.2, ad esempio – concede piccoli spazi alle altrui remore nell’utilizzo profano del testo biblico. Dal proprio ordine del discorso allontana poi termini che meglio si adatterebbero alla storia antica – lega tribale o regno, ad esempio –, mostrando una predilezione per le categorie della modernità: Stato, nazione, e via dicendo. La tesi della predominanza del ‘popolo ebraico’ in Palestina nell’antichità, affiorante negli scritti di Giniewski, non trova riscontri; la storiografia ha da tempo dimostrato come Israele e Giuda, regni dove peraltro Yahweh divenne ‘divinità nazionale’ tra il 900 e l’800 a.C., siano stati alcuni tra i tanti reami.3. La loro è stata una storia normale, parallela a quella degli altri – da Tiro a Gaza –, sopraffatti dalla conquista assira. Il rimescolio delle popolazioni fu una delle conseguenze dell’annessione. L’impero attinse al serbatoio di manodopera per ripopolare le campagne e le legioni, decimate dallo sforzo bellico; le élites cittadine, colte e templari, si spostarono in Babilonia. Stante lo sviluppo che l’ebraismo conobbe in tale periodo, e che Giniewski ricorda, è verosimile ritenere che l’esilio babilonese sia stato diverso dal racconto posteriore pervenutoci, la cui valenza simbolica ha un’indubbia rilevanza per gli specialisti di altre discipline quali, ad esempio, la filosofia e la psicologia. Ad analoghe conclusioni si giunge riguardo al ritorno a Gerusalemme. Nella costruzione della tradizione, il passaggio dalla monarchia al governo sacerdotale rimane sullo sfondo. La rappresentazione della riedificazione del tempio, nei cui dettagli scendono le Lettere dei re, è colma di figure e di segni che rimandano alle origini dell’edificio sacro, che si fanno risalire al regno di David e Salomone, leggendario, ma il cui significato non può essere mortificato a vantaggio di una genealogia.4 che legittimi l’esistenza dello Stato di Israele e le odierne rivendicazioni dei suoi governi. jGINIEWSKI, Israël et l’Occident cit., p. 7. jANDREA GIARDINA, MARIO LIVERANI, BIANCAMARIA SCARCIA, La Palestina. Storia di una terra. L’età antica e cristiana. L’Islam. Le questioni attuali, Roma, Editori Riuniti, 1987. 4 jSHOLOMO SAND, Comment le peuple juif fut inventé, Paris, Fayard, 2008. 2 3 466 RSPI - N° 303, 3/2009 IL PESO DELL’IDEOLOGIA Messa da parte l’interpretazione ebraica del sistema teosofico, che va nella direzione di scardinare i testi dal tempo storico al fine di fornire loro uno spessore di assolutezza, il 14 maggio 1948 diviene per Giniewski la giornata dell’indipendenza, poiché è restituita la «souveraineté juive interrompue par Rome en l’an 70, quand les légions de Titus détruisirent le temps de Jérusalem».5. Il ritorno a Sion, e più in generale la storia del ‘popolo ebraico’, assumono un senso preciso nella costituzione dello Stato di Israele; Giniewski secolarizza e nazionalizza il giudaismo. Il corollario è facilmente deducibile: chiunque metta in discussione l’operato della classe dirigente israeliana è certamente un antisemita. Il fatto storico non offre, d’altronde, vie di fuga: il giorno dell’indipendenza e la Nakba sono le due facce della stessa medaglia. Le ricerche d’archivio, i cui primi risultati – a tutt’oggi confermati e rafforzati – sono disponibili da almeno un ventennio.6, smentiscono le convinzioni di Giniewski sul transfer. Nel periodo 1947-1949, oltre 700.000 persone vennero espulse; numerose sono le prove che testimoniano l’occupazione e la distruzione dei villaggi. La soluzione di creare, con la forza, uno Stato ebraico senza arabi prese corpo alla fine degli anni Trenta, come dimostrano le ricerche che gli storici ‘intenzionalisti’ vanno conducendo sulla scia del lavoro d’archivio di Ilan Pappe.7. Essendo il sionismo un progetto politico della modernità, che ha un universo simbolico dove la connotazione religiosa è pre-condizione all’attribuzione della nazionalità, è evidente che Giniewski si spenda a favore della causa israeliana e che rifiuti di sciogliere la questione del ritorno dei profughi palestinesi, i ‘paria’ di arendtiana memoria. L’Autore non riesce a confrontarsi con le affinità intrasemitiche; separa il ‘noi’ da un ‘loro’ che, se in precedenza era alieno, ora è divenuto una minaccia. Egli contribuisce a replicare uno schema noto: indirizzare la paura su obiettivi esterni, diminuendo il rischio che lo stato emotivo, utilizzato per consolidare posizioni di forza interne, accenda il dissenso e il conflitto. Pochi sanno che la disuguaglianza sociale nello Stato d’Israele è una delle più ampie del mondo cosiddetto sviluppato. jGINIEWSKI, Le contentieux Israélo-Arabe, cit., p. 7. jBENNY MORRIS, The Birth of the Palestinian Refugee Problem. 1947-1949, Cambridge, Cambridge University Press, 1987; ID., 1948 and After. Israel and the Palestinians, Oxford, Clarendon Press, 1990. 7 jILAN PAPPE, The Ethnic Cleansing of Palestine, Oxford, Oneworld Publications, 2006. 5 6 RSPI - N° 303, 3/2009 467 SARA SAPPINO Mai come in questi mesi, resi funesti, tra le altre cose, dalle proposte di legge del governo Netanyahu che mirano a colpire gli arabo-israeliani, è necessario spargere parole in favore del superamento dell’approccio solitarista all’identità umana, basato su civiltà e su religione. Confucio insegna: per i saggi le razze non esistono. Un precetto poco assimilato anche alle nostre latitudini. (SARA SAPPINO) THE JEAN MONNET FOUNDATION FOR EUROPE The Jean Monnet Foundation for Europe was created in 1978 by Jean Monnet, Father of the European Community. Together with his name, he bequeathed to the Foundation all his personal archives, to which were later added those of Robert Schuman and other builders of Europe. These archives represent the historical roots of the present European Union. Jean Monnet entrusted the Foundation with the mission of: • organising these records in a form accessible to students, teachers, researchers and leaders of public institutions and private activities, as well as ordinary citizens interested in their content, with the aim of contributing, through a knowledge of the past, to an understanding of the present and the preparation of the future; • creating an awareness of this heritage throughout Europe and countries overseas in other continents. The means used by the Foundation to achieve this aim include the publication of «Red Books», meetings, exhibitions, the Internet and, more recently, television broadcasts, both on local stations and the major mass-media networks. Ferme de Dorigny, CH - 1015 Lausanne Tél : +41 (0)21 692 20 90. Fax: +41 (0)21 692 20 95 Site Web: http://www.jean-monnet.ch 468 RSPI - N° 303, 3/2009