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La Rocca di Poggio a Castiglione Garfagnana

La “terra murata” di Castiglione nel Trecento: dalla Vicaria a Perpore Supra alla “commissione per le mura”. Ubiglia Stefano La Vicaria di Castiglione nasce nel 1308 dalla frammentazione della più vasta “vicaria a Perpore supra”, che nel secolo precedente aveva raggruppato tutti i piccoli comuni della parte alta della “Provincia Carfagnane”. La divisione era stata voluta come “soluzione salomonica” da Lucca per sedare gli scontri tra paesi guelfi e ghibellini che avevano portato la nostra valle a chiedere la protezione quando all’ autorità imperiale quando a quella papale; vale la pena di citare il giuramento prestato anche dal nostro comune a Pugnano a Gregorio IX nel 1227 e poi il periodo di soggezione a re Enzo di Hohenstaufen fino al 1248 (battaglia di Fossalta). I paesi guelfi costituiscono una nuova Vicaria con sede a Camporgiano, quelli ghibellini restano legati al capoluogo Castiglione; nel 1341 c’è un’ulteriore riduzione territoriale con i castelli di Cerageto, Chiozza Corfino e Pontecosi che sono venduti da Spinetta Malaspina Vicario imperiale a Firenze; tuttavia lo stesso anno è testimoniata anche la costruzione del ponte medioevale di Riolo (Teresita Santini, Cast.di Garf.) posto sull’asse dell’ antica via Clodia, col suo ardito arco gotico e le spallette con incastro a coda di rondine è uno dei meglio conservati della valle. Nel 1342 dopo una complessa serie di passaggi di potere Lucca cade in mano a Pisa, e con essa la Garfagnana. a quel periodo risalgono gli stemmi di Porta Miccia a Castelnuovo e con ogni probabilità anche lo stemma abraso sul torrione del ponte levatoio (Luigi Lucchesi, Cast.News n° 34). Firenze espande le sue mire e nel 1344 tenta di prendere il castello con 200 barbute. Francesco figlio di Castruccio Antelminelli rompe l’assedio con 300 cavalieri e 600 pedoni; l’anno successivo è la volta dei Visconti che questa volta riescono nell’ impresa con un eccezionale spiegamento di forze (700 barbute e 2000 pedoni). Pochi mesi dopo, la vicaria viene resa a Pisa per denaro (80000 fiorini) e dicono le fonti che Luchino tenne per sè “la rocca di Castiglione e il Poggio”, fino a che non sarà Remanno Brancaleoni a convincere il presidio alla resa. Castiglione impiegherà anni a riprendersi materialmente e economicamente, tanto che meriterà esenzioni; tornerà a Lucca nel 1371, dopo un altro vicariato imperiale dei figli di Castruccio. L’affermazione: “Luchino tenne per sè la rocca di Castiglione e il Poggio” è stata a lungo considerata dagli storici come sinonimo di rocca di Castiglione + rocca di Poggio (intendendo San Terenzio di Rogiana o San Biagio di Poggio, vicino a Camporgiano). Tuttavia un documento recentemente pubblicato (ASL fondo fortificazioni n°7, armario 9 n°75) permette una diversa lettura. Si riferisce al 1390, quando i lavori di risistemazione e aggiornamento delle mura erano seguiti da un’ apposita commissione (Nicolao Guinigi, Nicolao Cecchorini e Forteguerra da Forteguerra). La commissione consiglia di “crescere una torre nuova tonda la quale non è gran tempo che fu principiata in sul poggio alto dentro dalla ditta terra, lo quale poggio quasi si pareggia collaltessa della roccha”. Nel dettaglio, “la quale torre, overo ceppo di torre, è oggi alto circa braccia XII, e il crescimento ci pare devesi fare fine in braccia XXV … e il ditto muro tirarsi suso grosso II braccia”. Quindi s passa alla descrizione del coronamento “che si debbia spostare fuore in su chornici o beccatelli da ½ braccio in III quarti … sicchè lo dentro sia più agiato per abituro della guardia.” Come opera accessoria si consiglia “uno procinto altorno di ditta torre, che dentro di sé aurà di spasio circa braccia 8 riducendovi dentro la cisterna vecchia” Ogni castiglionese avrà riconosciuto che stiamo parlando della nascita della Torricella, piccolo forte al vertice del paese, che oggi versa in cattive condizioni. Ma il testo prosegue; “vorae nel ditto muro una porticciuola per mezzo alle due ale del muro che si scrive appresso”; oltre alla porta nord e la porta del ponte levatoio, esiste in effetti una terza antica apertura posta proprio di fronte alla cisterna! Questi ”due pessi di mura, distanti IIII braccia l’uno dall’ altro e moventi dal piè di ditta torre (tonda) “ sono stati finora ritenuti parte della ristrutturazione seicentesca che divise i quattro rioni meridionali del paese dalla località Sardegna. “Troviamo ciaschuna di ditte ale esser braccia 70 di lungho, che fanno braccia 140, e tra fondamento e sopraterra le ragioniamo di braccia XII”. Curiosamente, non viene descritta la terza ala di muro. Ma questo trova spiegazione subito dopo: “Item, una Torricella giuso a capo di ditte ale, posta e compresa colle mura vecchie, e legata colle dicte due ale, la quale con una porticciuola dalato dà entrata ai bizogni in elli due ditti muri”. La descrizione di nostro interesse si conclude parlando dei “muri andanti suso alla ditta torre tonda del poggio” Essa evidentemente non può essere la Torricella stessa! Questa viene descritta altrettanto larga e un po’ più bassa: “e sia ditta torricella LARGA BRACCIA 6 E ALTA CI PARE CONVERRAE ESSERE TRA FONDAMENTA E TUTTO BRACCIA 20 … DI MURO GROSSO BRACCIA 1 E 1/2”. E’probabile quindi che questa Torricella, che ha dato il nome all’ intero complesso, oggi mozza e posta in effetti all’ angolo della vecchia cortina esterna, costituisse allora assieme ai due Muri, alla scomparsa Torre nuova tonda, alla Cisterna e a una “Picciola casetta” che dopo si trova descritta, un secondo nucleo difensivo autonomo sul “Poggio (che) quasi si pareggia collaltessa della roccha”. Nel 1616, seguendo i dettami di Francesco di Giorgio Martini, i due nuclei sono stati collegati dalla Cortina di Sardegna, analogamente ad altri casi (es. la Rocca Tonda e Quadra di Verrucole, San Romano). Questo permette di retrodatare agli ultimi anni del Trecento il complesso del Poggio, oggi noto come Torricella.