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recensione a Gamba S., Spazio e potere nella letteratura a fumetti

2021, “Semestrale di Studi e Ricerche di Geografia”, XXXIII, fascicolo 1, gennaio-giugno , pp.193-197.

Cristiana Zorzi Spazio e potere nella letteratura a fumetti Simone Gamba Roma, Edicusano, 2020, pp.179 F orse vale anche per altri ma certamente per me. Io faccio presto a capire quando un saggio che sto leggendo ha colpito nel segno. Accade quando la mia lettura si interrompe continuamente. Andamento sincopato dovuto al bisogno di riflettere su quanto ho appena letto o approfondire in rete cercando documentazione aggiuntiva su autori e opere citati. Nel leggere Spazio e potere nella letteratura a fumetti di Simone Gamba mi sono interrotto molto spesso. Mi spiace dunque per la redazione che mi aveva chiesto la recensione e ha dovuto attendere a lungo ma ne esco rallegrato per la stimolante lettura. Per ottenere un simile risultato non c’è bisogno che il libro sia profondo, teoreticamente denso. Basta che offra documentazione fresca e considerazioni originali. Ovvio requisito indispensabile a una tale piacevole esperienza è il mio interesse per il tema trattato, in questo caso il fumetto (ma nel saggio di Gamba sono presenti anche incursioni nelle serie televisive, nei videogiochi, nella musica pop e negli eventi sportivi). Apprezzo il genere, e ho scoperto in questi ultimi anni di essere in compagnia di diverse colleghe e colleghi più esperti di me. Mi pare, infatti, che la geografia italiana abbia ormai definitivamente accolto il fumetto sia come oggetto di ricerca che come pratica di lavoro. Lo attestano diversi indizi che mi vengono subito in mente appena ci penso: i ripetuti lavori di Giada Peterle, il video-fumetto realizzato da Massimiliano Tabusi, Andrea Simone e Daniele Mezzapelle, un recente seminario a Udine, l’ultimo libro di Marcello Tanca, alcuni progetti del gruppo AGeI animato da Fabio Amato ed Elena Recensioni dell’Agnese. E altre iniziative del mondo della geografia italiana verso quello del fumetto mi sfuggiranno di sicuro. Questo nuovo libro integra dunque una riflessione che ha già raggiunto uno proprio stadio di maturità. Come ogni saggio che si rispetti, anche quello di Simone Gamba possiede un tema e un approccio specifici. Il tema è il significato politico del fumetto. L’approccio dichiarato quello della geopolitica critica, che si rivela particolarmente idonea a trattare le immagini perché dà grande peso alle rappresentazioni. L’autore si appoggia dunque a una ben precisa corrente di studi sorta in ambito anglosassone che ha ridefinito e rilanciato, da una prospettiva tanto originale quanto riformatrice, un termine prima tabù: geopolitica. L’aggettivo “critica” esplicita infatti un programma di contestazione radicale che punta a demolire la vecchia geopolitica classica. Tematicamente, il lavoro di Gamba ricade in quella branca nota come popular geopolitics, specifica declinazione della geopolitica critica dedicata alle forme di comunicazione dette “dal basso”, anche se l’etichetta direzionale richiama subalternità fuori luogo. Il saggio origina dunque da due cambiamenti: nel modo di concepire i fumetti, oggi più impegnati rispetto al passato, e nel modo di fare geopolitica, ora interessato anche alla cultura popolare. Nel breve spazio di una recensione non è possibile approfondire nessuno dei due fenomeni. Ma accennarvi è doveroso perché l’opera recensita deve a essi gran parte del suo interesse. Circa i cambiamenti nel modo di concepire i fumetti, l’autore scandaglia un numero molto ampio di opere di successo mostrando con evidenza il crescente impegno civile di questo genere editoriale, la sua decisa piega verso la politicizzazione esplicita. Questa inclinazione recente è stata valorizzata e suggerita da virtù note del fumetto che favoriscono il coinvolgimento emotivo: “[capacità] di catturare l’attenzione del lettore e permet- 193 Semestrale di Studi e Ricerche di Geografia tergli più agevolmente di immedesimarsi nella realtà narrata” (pag. 52), “straordinaria trasversalità interculturale e intergenerazionale” (pag.53). Virtù molto apprezzate dalla seconda matrice del lavoro, cioè la geopolitica critica, che contiene un afflato etico finalizzato a promuovere un pensiero critico e formare cittadini consapevoli, compiti che le moderne graphic novel dimostrano di poter svolgere. Il termine “geopolitica” viene dunque usato spessissimo da Gamba, sia per il riconoscimento verso l’approccio che l’ha ispirato che per la comodità lessicale di un’espressione unica per condensare la relazione tra i due termini iniziali del titolo del volume, cioè lo spazio e il potere. Pare un uso sensato e non un abuso, non solo perché analizza fumetti dedicati a questioni geopolitiche (quali le primavere arabe o lo scontro israelo-palestinese) ma soprattutto perché coglie la dimensione cognitiva collettiva della geopolitica, cioè le interpretazioni dello spazio politico da parte di un popolo, le visioni della propria e altrui collocazione nel mondo (ad esempio, quando il libro ragiona attorno al concetto di orientalismo). In questo senso i fumetti intercettano l’immaginario pubblico e gli danno voce, compiendo un atto intrinsecamente politico. La geopolitica è dunque qui sia nei contenuti in quanto, come detto, ci si concentra sulle questioni politiche e soprattutto internazionali, ed è anche nelle funzioni perché si sottolinea il valore dei fumetti nell’esprimere e orientare percezioni collettive, spesso nella veste di contropotere. Così è, ad esempio, quando si rileva che “ad Hong Kong il fumetto è stato usato dapprima per contrastare l’invasione giapponese, poi l’ingerenza statunitense in un caso internazionale [Snowden] e infine, più di recente, sta polarizzando il sentimento anticonformista che si sta intensificando tra i giovani attivisti in seguito alle pressioni della Cina continentale sulla città” (pp. 84-5). Nel complesso, “i fumetti dicono molto sulle paure, le fantasie e le 194 XXXIII, Fascicolo 1, gennaio-giugno 2021 ossessioni del nostro tempo. Sempre più spesso cercano di rappresentare scenari politici, tensioni, conflitti territoriali e possono dunque contribuire a comprendere relazioni di causalità centrali nella teoria politica” (p. 45). L’affermazione esprime la doppia natura dei fumetti, passiva quando riflettono stati d’animo diffusi, attiva quando concorrono a creare una cornice interpretativa, una percezione specifica di una questione politica. Questa seconda funzione estende il campo d’azione del fumetto ben oltre la semplice descrizione (di avvenimenti politici) e denuncia (degli abusi dei potenti), consentendo un’autentica analisi geopolitica del settore che il lettore può agevolmente compiere. Emergono infatti dalla documentazione offerta tutta una serie di spazialità politiche dei fumetti, oltre a quella dell’oggetto in sé che convoca lo spazio ma non – almeno direttamente - il potere e che riguarda la specifica topologia e grammatica spaziale del fumetto, la sequenzialità obbligata, il formato e altre cose con cui l’autore deve fare i conti nel realizzare il proprio prodotto. Oltre a questi elementi, una lettura del fumetto politico in chiave spaziale suggerisce anche altri livelli che nel saggio di Gamba a volte emergono direttamente e a volte indirettamente. Circa i contenuti di singoli fumetti a tema politico, possiamo distinguere tre dimensioni spaziali: la prima è relativa al fenomeno e alla storia raccontata, e si manifesta nella descrizione di tutti i luoghi dove il fumetto è ambientato e l’effetto che tale quadro geografico esercita sulle vicende narrate; la seconda riguarda la spazialità politica di precisi luoghi o territori che emerge dal fumetto, cioè quella specifica combinazione di rapporti sociali, politici e istituzionali che dà vita in quel luogo a una certa configurazione di potere, a certe relazioni tra i soggetti, ad asimmetrie, equilibri e squilibri tra forze in campo. A volte, inoltre, il fumetto prospetta una terza spazialità corrispondente Cristiana Zorzi a quella che l’autore vorrebbe fosse la realtà. In questo caso funge da espressione di un progetto di territorializzazione politica. Come ha scritto di recente Marcello Tanca in un libro dedicato alla fiction in cui trova giustamente posto anche il fumetto, “simulando la territorialità questo medium ci fa conoscere le condizioni di un divenire possibile”. Se passiamo dal singolo fumetto allo spazio complessivo della produzione del settore, allora l’analisi può fornire indizi geopolitici sull’evoluzione del sistema internazionale. Ad esempio, nel dipingere uno scenario nuovo nel mercato internazionale in cui “l’americanizzazione lascia spazio all’indigenizzazione” (pag. 64), Gamba implicitamente evidenzia un policentrismo che mette seriamente in discussione l’egemonia culturale degli Stati Uniti nel mondo. In questo caso il mercato del fumetto viene usato come chiave di lettura delle dinamiche politiche, come strumento di interpretazione della situazione internazionale in grado di mettere in luce la tendenza di fondo del sistema. Siamo qui di fronte a una spazialità autenticamente geopolitica perché considera il mercato del fumetto come un’arena competitiva dove soggetti disparati ma tutti portatori di specifiche visioni politiche si contendono un territorio composto da lettori. In questa prospettiva può essere analizzato il settore, sia che si prendano come soggetti i grandi blocchi civilizzazionali (si vedano, nel libro, le pagine dedicate alle diverse impostazioni dei fumetti occidentali e arabi impersonati rispettivamente da Capitan America e dai supereroi musulmani), le culture nazionali (manga giapponesi o fumetti argentini rimandano a identità forti e sono stati usati politicamente) o addirittura i singoli disegnatori animati da impegno civile e protesi a diffondere la loro idea politica. Si tratta di uno spazio conteso di ordine metaforico ma allo stesso tempo molto concreto per le conseguenze che è capace di indurre sulla realtà. Ha fatto più Recensioni Joe Sacco per la causa palestinese che tanti suoi martiri. Più Zerocalcare per simpatizzare giovani italiani alla causa curda che decine di iniziative di anonimi volontari. Casi di successo talmente eclatanti da suscitare il dubbio se questi celebrati disegnatori siano, magari inconsapevolmente, braccia al servizio di centri di potere oppure siano essi stessi centri di potere in grado di produrre autonomamente specifiche narrazioni. Con i suoi continui riferimenti alla geopolitica critica Simone Gamba li fa implicitamente ricadere nella prima fattispecie che li considera soldati inquadrati e non cani sciolti. A meno che non si tratti di un abbaglio, che per la verità si ritrova frequentemente nelle opere che dichiarano di ispirarsi alla popular geopolitics. Infatti accade spesso che i geografi che trattano di cultura popolare riconoscendole un valore sociale e politico si sentano arruolati tra i geopolitici critici. Il riferimento appare meccanico, quasi un riflesso istintivo, come se il solo parlare di narrazioni collettive consentisse automaticamente di dichiarare che si sta adottando il metodo critico. Credo che sul punto ci sia un malinteso di fondo. È vero che è stata questa corrente a valorizzare per la prima volta la cultura popolare negli studi geografici, ma lo ha fatto con tono – appunto – critico, ed è solo in questa prospettiva che ci si può dichiarare geopolitici critici. Quando, cioè, la narrazione popolare è rappresentazione di un progetto di potere. Siamo dentro al nesso foucaultiano tra potere e sapere. Coerentemente, l’obiettivo-principe del buon geopolitico critico è decostruire, cioè smascherare le mistificazioni della propaganda dei governi, smontare la naturalità delle rappresentazioni per dimostrarne il valore politico. Da qui l’interesse verso la teoria dell’egemonia di Gramsci e la vocazione normativa del potere. In realtà, in molti dei riferimenti analizzati in questo libro, si ha la sensazione che il fumetto non sia tanto un’arma del 195 Semestrale di Studi e Ricerche di Geografia potere quanto il segno di una spiccata sensibilità politica del disegnatore. Egli non appare strumento di un potere superiore, e Gamba ci pare simpatizzare con i disegnatori che analizza, in gran parte lontani dalla figura di ingranaggi di un meccanismo di potere finalizzato a veicolare rappresentazioni che, trasformate in senso comune, vengono accolte dall’opinione pubblica come auto-evidenti finendo per svolgere un ruolo fondamentale nel legittimare l’azione dei gruppi dominanti. Insomma, la geopolitica di Gamba mi pare meno problematica di quella dei critici, che la riducono a un bagaglio di pratiche e rappresentazioni discorsive finalizzate esclusivamente a imporre specifiche narrazioni strumentali a servire una precisa linea politica. Il suo obiettivo non pare il loro perché altrimenti renderebbe i suoi fumetti meri strumenti del potere. Tanto più potenti oggi che, nella crescente proliferazione di operatori della comunicazione, gli autori di fumetti stanno conquistando terreno rispetto a operatori tradizionali. Tanti giovani lettori di Zerocalcare non hanno magari mai visto un servizio televisivo dedicato ai curdi ma hanno incontrato la questione per la prima volta leggendo Kobane calling, che diviene allora un canale di informazione/ formazione geopolitica. Quindi la mia sensazione è che Gamba condivida i temi della geopolitica critica ma in fondo se ne distingua per tasso di problematizzazione e impostazione di ricerca. Piuttosto che scorgere poteri occulti dietro ai fumetti, Gamba aiuta a riconoscere l’accresciuta complessità delle relazioni tra quelli che Angelo Turco chiamerebbe contesti di genesi e contesti di effetto, cioè le sedi dove vengono prese le decisioni e quelle su cui esse impattano. Se una volta la questione era piuttosto semplice perché era facile collegare la produzione di Hollywood con l’immaginario del pubblico occidentale sulla Guerra Fredda, oggi invece il tema si è notevolmente arricchito, tanto sul versante dei contesti di 196 XXXIII, Fascicolo 1, gennaio-giugno 2021 genesi che di quelli di effetto. Infatti, relativamente ai primi, le fonti di produzione appaiono aumentate e diversificate, non più appannaggio dell’Occidente (si pensi al soft power indiano e turco esercitato attraverso le rispettive produzioni televisive seguitissime all’estero). Sul fronte dei contesti di effetto, l’avvento di internet ha facilitato la circolazione di prodotti culturali popolari, compresi quelli che veicolano contronarrazioni. Nel complesso si ha l’impressione di essere di fronte a uno spazio dalla configurazione interna in netta evoluzione, in cui singole regioni appaiono in forte crescita. Gamba tratteggia questa nuova geografia dedicando appositi paragrafi al fumetto franco-belga, a quello anglo-americano, dell’Estremo Oriente, dell’America Latina, del Medio Oriente. Ma l’analisi deve dettagliare ulteriormente questa spazialità interna perché le regioni non sono omogenee, e allora Gamba distingue in sottoregioni dotate di proprie specificità: lo spazio del fumetto argentino rispetto a quello cileno, quello di Hong Kong rispetto a quello giapponese ecc. Credo che si possa dunque affermare che un libro come questo non solo tratta attraverso i fumetti di questioni geopolitiche ma fa ricerca teorica in geopolitica perché l’obiettivo della disciplina, contrariamente a certe sue concezioni realiste che la vedono come uno strumento operativo di ausilio al principe di turno, è primariamente intellettuale: comprendere attraverso la chiave spaziale la realtà politica e i suoi soggetti vecchi e nuovi. Siccome il funzionamento del potere è regolato non solo da dispositivi materiali ma anche discorsivi e simbolici, ecco che analizzare le espressioni della comunicazione pubblica può fornire un effettivo contributo allo studio del potere e diventa un esercizio di geopolitica quando gli si dà un inquadramento spaziale. Quando cioè i Joe Sacco e gli Zerocalcare vengono visti non come artisti ma come soggetti che competono con altri soggetti per imporre Recensioni Cristiana Zorzi la propria visione in quel campo di forze che è lo spazio fluido della comunicazione. A dir il vero, la lettura dei rapporti di potere che fa la geopolitica non guarda esclusivamente allo spazio costruito, alle rappresentazioni, ai segni. Guarda anche allo spazio materiale, alle condizioni strutturali, al quadro geografico esterno ai soggetti. Ma questo è un tema che lascio stare perché porterebbe fuori dal libro di Gamba e interroga più estesamente la cattiva coscienza dei geografi che sentono ancora pressante il bisogno di rinnegare perdonabili determinismi del passato. Le declinazioni disciplinari canoniche collocherebbero istintivamente questo saggio nella geografia culturale. Credo, per quanto detto, che lo si possa agevolmente inquadrare anche come opera di geopolitica. Non per rivendicazioni di parte ma per mostrare la duttilità del metodo geografico e la innaturale segmentazione di questo sapere. Nello specifico, per evidenziare i molti possibili approcci a questo libro che colma un vuoto nella geografia italiana rivelandosi utile per documentarsi e per tornare a riflettere sulla ricchezza e complessità del rapporto tra spazio e potere. Edoardo Boria Sapienza Università di Roma [DOI: 10.13133/2784-9643/17487] Turismo musicale: storia, geografia, didattica Rosa Cafiero, Guido Lucarno, Gigliola Onorato, Raffaela Gabriella Rizzo (a cura di) Bologna, Patron Editore, 2020, pp. 504 I l paradigma dell’overtourism ha alimentato negli ultimi anni riflessioni da parte di studiosi di ambiti diversi, trovando sempre maggiore spazio nel dibattito pubblico nazionale ed internazionale. Dal 1950 al 2000, il numero di viaggiatori internazionali è aumentato vertiginosamente, passando da 25 a oltre 600 milioni, con una distribuzione non uniforme sul pianeta: i primi dieci paesi per numero di arrivi internazionali assorbono il 46% dei visitatori mondiali. La distribuzione è diseguale anche all’interno delle città più visitate nei paesi in cima alla classifica: ad esempio, i 20 milioni di visitatori che arrivano in media ogni anno a Roma – e che si traducono in 46 milioni di pernottamenti – si concentrano in sole quattro delle 155 zone urbanistiche della città. Anche se l’overtourism e la turistificazione dei centri storici sono fenomeni relativamente recenti, queste pratiche affondano le radici in processi in atto già da tempo. Il turismo è diventato un settore trainante per le economie urbane a partire dalla fine degli anni Settanta, quando il legame tra industrializzazione e urbanizzazione è entrato in crisi, favorendo una trasformazione profonda delle città che, da luoghi di produzione, si sono trasformate in centri di servizi. Il geografo urbano David Harvey ha descritto questa metamorfosi come una transizione da un modello manageriale delle amministrazioni locali a uno imprenditoriale: le città sono state costrette a ripensare i propri modelli di sviluppo in un’ottica di self-serving, preoccupandosi di trovare da 197