Angelologia politica in età contemporanea
S I LVA N O Z U C A L
Universidade de Trento
1. La figura teologico-politica dell’“Angelo dei popoli e delle nazioni”
La tematica dell’Angelo è perlopiù còlta nel profilo del suo rapporto con l’individuo singolo. In questo contributo cerchiamo di allargare il
contesto e vedere quanto le ali angeliche dell’Invisibile si allarghino fino a
proteggere e a guidare non solo i singoli, ma anche i popoli e le nazioni.
In che termini si può quindi parlare di “angelologia politica”? Il senso del
mio saggio è dunque proprio quello di verificare quanto la figura teologico-politica dell’“Angelo delle nazioni” o dell’“Angelo dei popoli” è presente
in alcune grandi angelologie filosofiche del Novecento: oltre a quella di
Romano Guardini, quelle di John Henry Newman, Jean Daniélou, Edith
Stein ed Eugenio d’Ors.
Come scrive Alvaro d’Ors nel suo Teologia politica: una revision del
problema1 un nodo peculiare di quest’area disciplinare, con riferimento al
ALVARO D’ORS, Teologia politica: una revisión del problema, in “Revista de Estudios Políticos”
n. 205 (1976), 41-79. Sull’angelologia politica cf. ivi, 70-72.
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secolo scorso, è proprio l’ «angelologia politica, che si relaziona precisamente con il tema politico del nazionalismo»2. Sembra essere, almeno di
primo acchito, un aspetto dimenticato o sottovalutato nel dibattito sulla
fondatezza e validità della stessa teologia politica, dice Alvaro d’Ors, cosa
sorprendente se si pensa al rilievo di questo tema in Erik Peterson3. Questione complessa poiché in quest’àmbito tematico, sostiene Alvaro d’Ors,
vi confluisce una dottrina ebraica che considererebbe gli Angeli delle nazioni come ostili al popolo di Dio, il quale non deve essere sottomesso a
nessun Angelo in quanto obbedisce direttamente a Dio, e una dottrina
ellenistica che si oppone a quella ebraica. Con «tale dottrina ellenistica si
giustifica il pluralismo delle nazioni, anticipando il principio sanzionato
con la Riforma del cuius regio eius et religio, e si accusa Israele di voler dominare gli altri popoli»4. D’altronde, nella stessa teologia cristiana, questi
Angeli delle nazioni appaiono talora come protettori delle nazioni, talaltra
come un fattore di disgregazione e di ribellione5. Ciò che è certo, in ottica cristiana – continua Alvaro d’Ors – è il fatto che questi Angeli politici
furono sottomessi a Cristo, come scrive Paolo nella Lettera agli Efesini6 e
in quella ai Colossesi7. Quest’evento viene spesso indicato e interpretato,
dice Alvaro d’Ors, come una vittoria della Chiesa sulle nazioni8, ma già
in San Giovanni Crisostomo e in altri autori cristiani si aggiunge che gli
Angeli delle nazioni vinti da Dio hanno lasciato il posto agli Angeli custodi
dei fedeli e «ciò si potrebbe interpretare come una vittoria della persona
umana sulla prepotenza prevaricante del potere politico»9. Questa vittoria
di Cristo – e della sua Chiesa – sugli Angeli delle nazioni si può realizzare
già in questo mondo (Eusebio di Cesarea la vedeva raggiunta con l’Impero di Costantino) oppure si può differire in chiave escatologica e, in tal
modo, la Chiesa con la sua “unità santa”– quale anticipazione del Regno
di Cristo – si vede costretta a convivere in una continua tensione dialettica
Ivi, 70.
Cf. ibidem.
4
Ibidem.
5
Cf. ivi, 70-71.
6
Ef 1, 21-22: «Cristo si trova al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare – omne nomen quod nominatur – non solo nel
secolo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi.»
7
Col 2, 15: «Ha espropriato della loro forza i Principati e le Potestà.»
8
Cf. ALVARO D’ORS, Teologia politica: una revisión del problema, cit., 71.
9
Ibidem.
2
3
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con il pluralismo degli Angeli delle nazioni: «A questa “tensione” necessaria – conclude Alvaro d’Ors – tra la Chiesa che anticipa il futuro Regno
di Dio e gli Angeli delle nazioni che sopravvivono fino alla Parousía finale,
corrisponde la considerazione del potere politico, e in specie della “ragion
di Stato”, come demoniaco.»10
Questione dunque quella degli Angeli delle nazioni (come dimostra
questa importante riflessione di Alvaro d’Ors) quanto mai intricata: essa
ha trovato interpreti attenti oltre che in Peterson, in Daniélou, Newman,
Bulgakov e Cullmann ma non meno occhi sospettosi in altri importanti
angelologi. E il processo di dislocazione angelologica tra la dimensione della nazione e quella esclusiva dell’individuo è un tema-chiave del Novecento
per quanto attiene la presenza dell’Angelo.
Il Novecento si è trovato dinanzi a questa figura teologico-politica, ma
proprio perché è stato anche il secolo tragico delle derìve nazionalistiche,
sciovinistiche e totalitarie il tema fa ovviamente problema: evidente è infatti l’ambiguità della funzione angelica in rapporto al nazionalismo.
L’“Angelo delle nazioni” entra però egualmente con tutto il suo rilievo
sulla scena del secolo soprattutto grazie ai cinque pensatori citati. In questo
mio contributo vorrei soprattutto concentrarmi sulle proposte di Daniélou
e Newman. Autore quest’ultimo, che non appartiene cronologicamente al
Novecento ma che, in virtù delle traduzioni dei suoi testi da parte di Theodor Haecker sulla rivista «Der Brenner» di Innsbruck (al pari di quelli di
Kierkegaard) entrava egualmente in modo dirompente nel dibattito filosofico-teologico. Obiettivo ultimo del mio contributo sarà dunque verificare
quanto della angelologia delle nazioni proposta da Daniélou e da Newman
si può ritrovare negli altri tre filosofi che ho indicato.
2. Gli “Angeli delle nazioni” in Jean Daniélou
Jean Daniélou, nel suo Gli angeli e la loro missione secondo i Padri
della Chiesa11, cerca anzitutto di puntualizzare – in termini generali – il
senso della figura dell’Angelo di contro a due errori che annullerebbero,
Ibidem.
JEAN DANIÉLOU, Les anges et leur mission, Desclée, Paris 1990, tr. it. di Pierluigi Zoccatelli,
Gli angeli e la loro missione secondo i Padri della Chiesa, Gribaudi, Milano 2003.
10
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a suo dire, il significato di tali spiriti celesti di cui rivendica il carattere
pienamente personale. Primo errore è quello degli spiriti razionalisti che
vorrebbero ridurre l’Angelo a una semplice «personificazione delle realtà
psicologiche, e [costoro poi] vi scorgono volentieri l’interpretazione mitica
delle realtà di cui la psicoanalisi ci fornirebbe la chiave»12. Il secondo errore
è invece quello di carattere esoterico per cui si «manifesterebbe una viva
curiosità per il mondo invisibile, cercando però di penetrarlo mediante lo
spiritismo o il teosofismo, allontanandosi con questi tentativi imprudenti
dall’unica via d’accesso che ci è data, Gesù Cristo»13.
La strada che invece egli intende percorrere è quella della grande traditio della Chiesa, che vede l’angelologia di un Agostino, di un Tommaso, di un Newman, ma con peculiare attenzione ad una mediazione nella
contemporaneità della proposta angelologica dei Padri della Chiesa che,
nello stato nascente e di prima espansione del cristianesimo, vivendo a
contatto con l’ambiente ebraico e in contesto pagano, focalizzarono la loro
attenzione più che sulla “natura degli Angeli” sulla loro “missione per l’
umanità” nei diversi momenti e àmbiti soteriologici14. Un’esegesi, quella
patristica, che riprende il senso dei passi angelologici biblici fondamentali,
nell’ottica però prevalente, della missione angelica. Uno studio quindi –
quello di Daniélou – sulla missione degli Angeli, che si basa sulle fonti
patristiche, al fine di «illuminare l’intelligenza […sul ruolo angelico] nella
confusione intellettuale oggi imperante»15. Una missione degli Angeli c’è
prima della venuta di Cristo e c’è anche dopo. Il ruolo degli Angeli prima dell’incarnazione del Verbo è la loro paziente partecipazione durante
i lunghi tempi degli Avventi pre-cristici16. È in tale logica d’Avvento (un
Avvento – in tal caso – dei popoli) che si colloca la missione storica degli
“Angeli delle nazioni”. Se la comunicazione delle promesse e della Legge
rappresenta un dono eminente fatto da Dio al popolo d’Israele mediante
gli Angeli17 ciò non vuol dire che, prima della venuta del Cristo, gli altri
popoli fossero completamente privi di ogni assistenza divina o estranei a
Ivi, 5.
Ibidem.
14
Cf. ivi, 6 e 11.
15
Ivi, 8.
16
Cf. ivi, 9.
17
Cf. ivi, 10-21.
12
13
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qualsiasi preparazione all’Evento cruciale18. Prima dell’Alleanza con Abramo l’Antico Testamento conosce una prima alleanza, quella di Noè, contratta con l’intera umanità, che ha per oggetto la fedeltà divina nel cosmo
e il cui sacramento è l’arcobaleno: di quest’alleanza si parla negli Atti degli
Apostoli (At 14, 16-17) con riferimento alla regolarità delle leggi naturali
che costituiscono una vera e propria “ierofania” attraverso cui l’uomo riconosce l’opera d’un Dio provvidente (Cf. Rm 1, 20)19.
Per Daniélou, «in questa assistenza di Dio alle nazioni, gli Angeli svolgono un ruolo. In effetti, che Dio abbia affidato le nazioni ai suoi Angeli è
una dottrina comune a tutta la tradizione antica, che risale al giudaismo»20.
Ne abbiamo un’eco nella traduzione greca di Dt 32, 8, nelle apocalissi
ebraiche, in Filone d’Alessandria, in Atti (17,26) e, in tale direzione, si
pongono i Padri da Ireneo a Ippolito fino a Clemente d’Alessandria21 che
– in modo paradigmatico – scrive: «Le presidenze degli Angeli sono state
distribuite secondo le nazioni e le città»22 o ancora: «Gli Angeli sono stati
distribuiti fra le nazioni secondo un’ordinanza antica e divina.»23
Con Origene, come Daniélou documenterà anche nella sua celebre
monografia su Origene. Il genio del Cristianesimo24, la dottrina degli “Angeli
delle nazioni” assume un posto centrale nella sistematica teologica. Egli affermerà che «alcune potenze hanno ricevuto in questo mondo la presidenza di nazioni determinate»25 e, seguendo la tradizione ebraica, collegherà
questa divisione dei popoli fra gli Angeli alla loro dispersione successiva
alla torre di Babele26.
Nella Patristica del IV secolo abbiamo egualmente la dottrina degli Angeli delle nazioni con San Basilio, che afferma che il fatto «che gli Angeli siano stati preposti a intere nazioni è l’insegnamento di Mosé e dei Profeti»27,
Cf. Ivi, 22.
Cf. ibidem. Per la tematica ierofanica DANIÉLOU si riallaccia a MIRCEA ELIADE e al suo Traité
d’histoire des religions, Payot, Paris 1949, 10 ss.
20
Ivi, 23.
21
Per la documentazione relativa cf. ibidem.
22
CLEMENTE D’ALESSANDRIA, Strom. VI, 17.
23
Id., Strom. VII, 6.
24
Cf. JEAN DANIÉLOU, Origène, Le Table Ronde, Paris 1948, 222-235.
25
ORIGENE, De Princ. III, 3, 3.
26
Cf. Id., Contr. Cels. V, 30.
27
SAN BASILIO, Adv. Eun. 3, 1; PG XXIX, 657 A.
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prospettiva ripresa anche da San Giovanni Crisostomo28, Sant’Ilario29 e
dallo Pseudo-Dionigi, che la innesta nella sua complessiva prospettiva angelologica: «La teologia ha distribuito agli Angeli la gerarchia che ci riguarda, nominando Michele l’Angelo di Israele e dando altri nomi a quelli delle
altre nazioni. In effetti, l’Altissimo ha fissato delle frontiere alle nazioni
secondo il numero degli Angeli.»30
Se questa è l’ampia documentazione proposta da Daniélou, quale è
invece la sua personale ermeneutica dell’Angelo politico? L’Angelo delle
nazioni assicura a un popolo anzitutto protezione e assistenza temporale31,
ne garantisce la competenza linguistica giacché nella lingua è sempre celata
l’identità di una nazione (è questa una tesi ripresa da Origene32), ma la sua
missione «è anzitutto spirituale, e in particolare – secondo certi autori – gli
Angeli delle nazioni svolgono un ruolo nella rivelazione naturale di Dio»33.
La missione fondamentale degli Angeli delle nazioni è quella di condurre i popoli pagani a Dio per cui anche questi popoli non sono privi
di ogni soccorso, ma hanno proprio negli Angeli assistenza, accompagnamento nel loro itinerario verso Dio, predisposizione delle vie per l’accoglienza della Rivelazione. Origene mostra uno di questi Angeli in terra
macedone, mentre appare a S. Paolo per chiedergli aiuto34. Tale funzione
peculiare degli Angeli delle nazioni è decisiva, secondo Daniélou, per «il
giudizio da formulare sulle religioni pagane. Per tanto pervertite che siano,
esse mantengono comunque alcune vestigia della rivelazione naturale, che
sono appunto dovute agli Angeli, i quali gliele hanno comunicate e cercano di mantenerle»35. Clemente d’Alessandria vede in tale direzione il ruolo
soteriologico degli Angeli, che non solo comunicano la Legge agli Ebrei
ma anche la filosofia ai Greci: «Dio ha dato la filosofia ai Greci mediante
Angeli inferiori. In effetti, per un ordine divino e antico, le nazioni sono
Cf. SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, De laud. Paul. 2; PG 482.
Cf. SANT’ILARIO, Tract. Psalm. 61; PL IX, 396 B; Tract. Psalm. 67; PL IX, 449 B.
30
PSEUDO-DIONIGI L’AREOPAGITA, Hier. Cael. IX, 2.
31
Cf. JEAN DANIÉLOU, Gli angeli e la loro missione, cit., 24.
32
ORIGENE, seguendo la tradizione ebraica, assegna agli Angeli delle nazioni un ruolo nell’origine delle diverse lingue (cf. Contr. Cels. V, 30).
33
JEAN DANIÉLOU, Gli angeli e la loro missione, cit., 25.
34
Cf. ORIGENE, Ho. Luc. 12.
35
JEAN DANIÉLOU, Gli angeli e la loro missione, cit., 25.
28
29
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state distribuite fra gli Angeli.»36 In ciò egli riprende S. Paolo (1 Cor 2, 6),
che in realtà si riferisce piuttosto alla perversione della filosofia determinata dagli Angeli malvagi anche se ciò non esclude che, nella comunicazione
del dono filosofico, possano intervenire gli Angeli buoni.
In ultima analisi, ogni manifestazione di verità presso i popoli pagani è
frutto dell’azione degli Angeli, che sono incaricati di condurli verso l’unico
Dio. È così, dirà Origene, non solo per la sapienza del diritto romano o per
la filosofia dei Greci, ma anche per «la filosofia occulta e segreta degli Egizi,
per la religione astrale dei Caldei e anche per le promesse degli indù relative alla scienza di Dio. Leggiamo nelle Scritture che vi sono dei prìncipi
per ogni nazione, e il contesto evidenzia chiaramente che si tratta di Angeli
e non di uomini. Sono questi prìncipi e le altre potenze di questo mondo,
che hanno ciascuno la loro scienza e insegnano la propria dottrina»37. Per
questa sorta di “rivelazione naturale” a tutti i popoli, Dio – come dice Eusebio – «ha distribuito tutte le nazioni (tranne gli Ebrei, che ha riservato a
sé) ai governatori invisibili delle nazioni, che sono gli Angeli, per mezzo di
una misteriosa economia»38 soteriologica.
E se gli Angeli incaricati di condurre le nazioni verso l’unico Dio falliscono nella loro missione, da cosa deriva tutto ciò, da cosa viene la perversione del religioso e di conseguenza quella del politico? Per Daniélou
la risposta più convincente è rintracciabile nello Pseudo-Dionigi allorché
afferma: «Se ci si viene a dire: “come è avvenuto che il popolo ebraico sia
stato elevato alle illuminazioni tearchiche?”, bisogna rispondere che gli Angeli hanno compiuto integralmente la loro funzione di sorveglianza, e che
il fatto che le altre nazioni si siano allontanate mediante il culto di falsi dèi
non è dovuto a loro colpe. Sono queste nazioni, in effetti, che di propria
iniziativa hanno abbandonato la retta via dell’ascensione spirituale verso
il divino. È dunque a causa del loro egoismo e della loro presunzione che
hanno venerato degli idoli.»39 Lo Pseudo-Dionigi, in tal modo, riprende
la concezione della derìva idolatrica di cui parla S. Paolo nella Lettera ai
Romani (1, 23). Oltre alla volontà malvagia degli uomini l’idolatria – ad
CLEMENTE D’ALESSANDRIA, Strom. VII, 2. Giustino arriverà al punto di annoverare Socrate e
Platone tra i discepoli del Verbo.
37
ORIGENE, De Princ. III, 3, 2.
38
EUSEBIO, Dem. Ev. IV, 7.
39
PSEUDO-DIONIGI L’AREOPAGITA, Hier. Cael., XI, 3.
36
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esempio l’idolatria politica propria di ogni forma di sciovinismo – è frutto
per Daniélou anche dell’azione dei demoni: «Se le nazioni hanno i loro
Angeli buoni, inviati da Dio per soccorrerle e guidarle, queste sono pure
preda dei demoni, che cercano di sviarle dal vero Dio. Il loro grande mezzo
è di condurre le nazioni all’idolatria: tale idolatria, in cui S. Paolo scorgeva la corruzione della prima religione, trasmessa alle nazioni da Dio, è
essenzialmente l’opera dei demoni. Perciò i demoni si sostituiscono agli
Angeli nel governo e nella direzione delle nazioni. Ed è questa la ragione
per cui nel loro caso è più spesso questione degli Angeli malvagi che di
quelli buoni.»40 Come si vede, mentre gli Angeli assolvono una funzione di ispirazione, di accompagnamento e di soccorso, i demoni aspirano
alla funzione pienamente politica, ad occupare il governo delle nazioni41.
Come ben chiarisce Eusebio42, superando una certa ambiguità presente
nei testi patristici (e non solo) relativa agli Spiriti delle nazioni che talora
apparivano buoni e in altro contesto malvagi, esistono e gli uni e gli altri:
«Dio ha affidato le nazioni a degli Angeli buoni che hanno loro insegnato
la religione del vero Dio, tale come si manifesta mediante il movimento del
cielo, ma gli Angeli malvagi hanno sviato le nazioni dalla religione naturale
conducendole alla perversione dell’idolatria»43 demoniaca.
Un tale conflitto angelologico era inesorabilmente destinato a sbilanciarsi a favore dei demoni prima dell’avvento di Cristo: gli Angeli, ai quali
erano state affidate le nazioni, non potevano impedire l’avanzata del male e
la “corruzione delle nazioni” come afferma Eusebio44. Scrive Origene: «Prima della venuta di Cristo, gli Angeli buoni potevano fare poca cosa per il
bene di quanti erano loro affidati. Quando l’Angelo degli Egiziani aiutava
gli Egiziani, era già tanto se un proselite credeva in Dio.»45 L’incarnazione del Verbo di Dio è allora anche un soccorso agli Angeli oltre che agli
uomini46 nella loro battaglia contro i demoni delle nazioni. Per questo gli
JEAN DANIÉLOU, Gli angeli e la loro missione, cit., 31.
Cf. per questo aspetto JEAN DANIÉLOU, Le démoniaque et la raison d’Etat, in Enrico Castelli
(Ed.), Atti del II Congresso Internazionale di Studi Umanistici: Cristianesimo e ragion di Stato (1952),
Fratelli Bocca, Milano 1953.
42
Cf. EUSEBIO, Dem. Ev. IV, 9; PG XXII, 273 BC.
43
JEAN DANIÉLOU, Gli angeli e la loro missione, cit., 32.
44
Cf. ivi, 34.
45
ORIGENE, Ho. Eph. 1; PG LXII, 16.
46
Cf. EUSEBIO, PG XXII, 276 AB.
40
41
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Angeli incaricati delle nazioni e d’esse custodi accolsero con gioia e stupore
la venuta del Cristo: «Tutte le nazioni sulla terra – che prima erano il lotto
di numerosi Angeli e sguazzavano in molteplici empietà – sono riunite
dal Salvatore, che annuncia loro la gnosi e l’amore del Padre suo, sotto la
sua potenza. Così quando alla sua venuta egli fu visto dai suoi Angeli, che
prima presidiavano le nazioni, costoro riconobbero subito il loro Signore
che li soccorreva, e si diressero incontro a lui, gioiosi, per servirlo.»47 Per
Daniélou, quindi, «il mistero angelico del Natale è anzitutto quello degli
Angeli delle nazioni, che attorniano il Bambino-Dio venuto in soccorso
dei popoli pagani loro affidati e per i quali gli Angeli spendevano invano il
proprio lavoro»48. Si può parlare addirittura di un’“annunciazione agli Angeli delle nazioni”, come afferma Origene, che interpreta allegoricamente
i pastori di Betlemme come Angeli delle nazioni, giocando sull’ambiguità
semantica del termine “pastore” (poimén, pastore/custode/ministro), che
può convenire agli uni come agli altri: «I pastori possono essere considerati
come degli angeli a cui sono affidati gli uomini. Tutti avevano bisogno
d’aiuto affinché le nazioni che erano state loro affidate fossero ben governate. È da loro che l’Angelo è venuto per annunciare la nascita del vero
Pastore»49, che soccorre la loro impotenza50.
La gioia degli Angeli delle nazioni è tanto più grande in quanto la
rivelazione cristologica oltrepassa infinitamente ogni loro attesa. Essi aspiravano alla liberazione dei popoli loro affidati dal giogo idolatrico, ma non
immaginavano che quelle nazioni fossero chiamate alla figliolanza divina come Israele. Il mistero disvelato e sorprendente è quindi quello della
“chiamata delle nazioni”51 cui si accenna nella Lettera agli Efesini e che
Giovanni Crisostomo così commenta: «Dio aveva detto che avrebbe salvato il suo popolo d’Israele. Ma niente delle nazioni. Gli Angeli sapevano
che anch’esse erano chiamate. Ma che fossero chiamate a identica sorte e
che sarebbero state assise sul trono di Dio, chi lo aspettava, chi l’avrebbe
creduto?»52
Id., Dem. Ev. IV, 10; PG XXII, 277 B.
JEAN DANIÉLOU, Gli angeli e la loro missione, cit., 36.
49
ORIGENE, Ho. Luc. 12.
50
Cf. JEAN DANIÉLOU, Gli angeli e la loro missione, cit., 42.
51
Cf. Ivi, 43-44.
52
GIOVANNI CRISOSTOMO, Ho. Eph. 3; PG LXII, 49-50.
47
48
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3. Newman e gli Angeli custodi delle nazioni, delle città e
delle chiese
Per quanto riguarda invece Newman, esistono tre compiti fondamentali assegnati agli Angeli. Il primo compito è di ordine cosmico, giacché
essi rappresentano «le cause reali del movimento, della luce, della vita, e
di quei princìpi elementari dell’universo fisico che, quando si offrono ai
nostri sensi nei loro sviluppi, ci suggeriscono la nozione di causa ed effetto,
e delle cosiddette leggi di natura»53. Il secondo e terzo compito è invece
strettamente legato al mondo degli uomini: gli Angeli sono innanzitutto
«custodi delle nazioni, delle province, delle città, delle diocesi, delle chiese»54 oltre che, ovviamente e infine di «ogni individuo»55.
L’Angelo delle nazioni (oltre che degli altri organismi politici o comunque organico-ecclesiastici) è una nozione che anche Newman, come
Daniélou, riprende dai Padri della Chiesa, come ben testimonia una sua
lettera scritta a un ex allievo dell’Oriel College, Samuel Francis Wood, scritta nell’agosto del 1837: «La grande maggioranza dei Padri (Giustino, Atenagora, Ireneo, Clemente, Tertulliano, Origene, Lattanzio, Sulpicio, Ambrogio, Gregorio di Nazianzo) sostiene che, per quanto Satana cadesse fin
dall’inizio, gli Angeli caddero prima del diluvio, innamorandosi delle figlie
degli uomini. Quest’idea mi si è presentata come non banale soluzione di
un’altra idea dalla quale non riesco a staccarmi. Daniele parla come se ogni
nazione avesse il proprio Angelo custode. Non posso fare a meno di pensare che vi siano esseri con molto di buono, e insieme con grandi difetti,
i quali sono princìpi animatori di certe istituzioni ecc. Prendi ad esempio
l’Inghilterra con le sue molte virtù, ma anche col suo fiacco cattolicesimo.
Mi sembra che John Bull [figura tradizionale che personifica l’Inghilterra e
il carattere inglese] sia uno spirito né celeste né infernale…»56 L’eventuale
JOHN HENRY NEWMAN, Apologia pro vita sua: being a reply to a pamphlet entitled “What, then,
does Dr. Newman mean?”, edito con intr. di Ian Ker, Penguin Books, 1994, 64, tr. it. in John Henry
Newman, Opere, a cura di Alberto Bosi, Utet, Torino 1988, 164.
54
Cf. JOHN HENRY NEWMAN, Sermon Notes of John Henry Cardinal Newman 1849-1878, ed.
dei Padri dell’Oratorio di Birmingham, Longmans, Green and Co, Londra, New York, Bombay,
Calcutta 1988, 166.
55
Ibidem.
56
JOHN HENRY NEWMAN, The Letters and Diaries of John Henry Newman, ed. dei Padri
dell’Oratorio di Birmingham, Nelson, Londra (fino al 1972), Clarendon, Oxford pubblicazione in
corso, vol .VI, tr. it. in Opere, cit., 165.
53
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imperfezione o addirittura la derìva degli organismi politici è, per Newman, dovuta agli Angeli dediti a questo compito ovvero a quegli «spiriti
parzialmente caduti, capricciosi e ribelli, nobili od astuti, benevoli o maliziosi a seconda dei casi»57. Angeli delle nazioni o demoni delle nazioni,
quindi, cooperano a determinare il destino degli organismi politici ed ecclesiastici (in quanto anche questi sono in certo modo “nazioni”).
In un manoscritto inedito relativo a un sermone in commento di Dan
X, 5-658 con la visione dell’ “uomo vestito di lino”, Newman propone anche una sorta di angelologia sociologica di straordinaria suggestione. Egli
parte da una visione della società come struttura organica: «Dio ha ordinato in modo tale le cose per quanto concerne noi Sue creature, che noi non
bastiamo a noi stessi, ma dipendiamo gli uni dagli altri. Non possiamo vivere solo per conto nostro: noi dipendiamo dalla società. Una classe dipende da un’altra e ognuna da tutte. I poveri dipendono dai ricchi e i ricchi dai
poveri; gli umili dai potenti e i potenti dagli umili. Tutti insieme formiamo
un Tutto, in un certo qual senso come le estremità e le membra lo sono
del corpo cui appartengono. Le nostre mani, i nostri piedi, i nostri occhi, i
nostri orecchi, il nostro cuore, e la nostra testa, tutto concorre a comporre
un corpo; nessuna parte può esistere da sola: amputate una mano o un
piede e moriranno. Non hanno vita in se stessi. Lo stesso vale per gli uomini.»59 Una società, oltre che organica, articolata per professioni, per livelli
culturali, ma soprattutto con un impegno reciproco e una peculiare responsabilità di “custodia” affidata a chi detiene il potere: «Nonostante tutti
dipendano da tutti, Dio ha creato degli uomini superiori agli altri in modo
particolare e loro protettori. Per esempio, sebbene i ricchi dipendano dai
poveri, ciononostante, essi sono i loro superiori, perché i poveri dipendono
dai ricchi ancor di più. Il soldato è il difensore e il paladino dell’uomo che
resta a casa; gli impiegati pubblici, i magistrati e i giudici proteggono la
società, reprimendo i crimini, e difendendoci dai furti, dagli omicidi e da
altre iniquità. Essi sono i tutori della pace. E ancora, gli uomini di chiesa
sono custodi della nostra religione. Essi ci difendono nelle cose spirituali,
JOHN HENRY NEWMAN, Apologia, cit., p. 45, tr. it., 164.
Per la trascrizione e la traduzione cf. GIOVANNA CAPUANO, La filosofia dell’Angelo in John
Henry Newman, tesi di laurea presso l’Università di Trento, A/A 1998-1999 (rel. Silvano Zucal),
208-248.
59
Ivi, 236-237.
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58
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181
mentre i giudici e i valorosi capitani ci difendono nelle cose temporali. E
soprattutto, ed è il caso più speciale, i genitori proteggono i bambini. Che
mondo meraviglioso è questo: ciascuno di noi in un modo o in un altro
non è padrone di se stesso, ma è sotto protezione e custodia. Tutti i bambini lo sono, come è facilmente evidente a prima vista, e ciò che è vero per
i bambini, è in certo senso vero anche per gli adulti.»60
Ma chi protegge i custodi e protettori in àmbito sociale affinché la loro
protezione sia efficace e giusta? Come possono essere guida, tutela e custodia sicura degli altri? Grazie alla protezione degli Angeli, che proteggendo
chi ha potere e guida le nazioni e le chiese (o le famiglie), fa sì che ogni essere sia di fatto protetto: «Chi protegge gli uomini ricchi, i potenti, i dotti
e il clero? Da chi dipendono i grandi uomini e i ministri di Dio, così come
altri dipendono da loro? Ha Dio incaricato qualcuna delle sue creature
affinché li protegga e li sostenga così come essi proteggono e sostengono i
loro fratelli? Sì, Egli ha nominato, malgrado non li vediamo, ha nominato,
come dimostra la Bibbia, i Suoi Santi Angeli.»61 Angeli potenti dunque per
custodire i potenti e i responsabili delle nazioni: «Gli Angeli di Dio sono
di gran lunga più potenti del più grande dei re e dei guerrieri, più santi del
più santo dei preti di Dio e quindi sono degni protettori dei potenti.»62
4. Romano Guardini, Hölderlin e gli “Angeli della patria”
Cosa rimane in Romano Guardini, Eugenio d’Ors ed Edith Stein di
queste potenti visioni di Daniélou e di Newman? Della loro angelologia
politica e sociale? Questo è l’interrogativo cui cercheremo ora di rispondere.
In Romano Guardini il tema dell’Angelo delle nazioni è praticamente
assente nonostante la sua lettura spesso spirituale dell’identità delle nazioni
(e, in particolare, della stessa Europa). Una scheggia di angelologia politica
guardiniana (nella direzione specifica dell’“Angelo delle nazioni”) è rintracciabile nella sua fine ermeneutica di Hölderlin, poeta di primo acchito
Ivi, 237-238.
Ivi, 238.
62
Ibidem.
60
61
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didaskalia xlvii (2017)ii
completamente preso da una Weltanschauung totalmente imperniata sulla
Natura. C’è però nel grande poeta tedesco anche una sua singolare filosofia
della storia, segnatamente quella sua concezione del passato che ritorna,
meglio ancora dei morti che ritornano. Egli opera, in tal modo, nel cuore
del moderno un singolare e particolarissimo recupero dell’escatologia cristiana in chiave immanentistica e secolarizzante. E ciò non solo in chiave
individuale poiché, per Hölderlin, i popoli sono sempre vere e proprie
“Wesenheiten und Mächte”, grandi entità viventi e forze dotate di potere
e di volontà. Di qui il loro rapporto vitale con entità altre, con protettori
che ne dicono il senso ultimo in una logica di paradossale “trascendenza
immanente”.
Il riferimento di Guardini è all’elegia Stoccarda di Hölderlin dove a ritornare è la magnificenza olimpica degli eroi della patria, più precisamente
definiti gli “Angeli della patria”. Viene quindi introdotto il tema dell’Angelo proprio in ottica politica:
Ma Voi, Voi anche o Grandi, Voi lieti che in ogni tempo
Vivete e reggete, riconosciuti, o anche più vigorosi
Quando operate e create in sacra notte, soli regnando
E onnipotenti allevate un profetico popolo,
Finché dei padri lassù si ricordino gli adolescenti,
E maggiore in età, illuminato, vi stia innanzi l’uomo di senno.
Angeli della patria! (Engel des Vaterlands!) o voi, dinanzi ai quali la vista
Anche se forte e il ginocchio cede all’uomo isolato,
Così ch’egli deve appoggiarsi agli amici e i cari pregare
Che portino insieme con lui tanto peso di felicità;
Io vi rendo, o Benigni (Gütige), grazie per lui e per tutti gli altri
Che la mia vita, il mio bene fra i mortali sono63.
Questi “Angeli della patria” di Hölderlin sono potenze di una grandezza inquietante la cui opera si compie nella “notte sacra” (appunto
63
FRIEDRICH HÖLDERLIN, Le liriche, versione di Giorgio Vigolo, Mondadori, Milano 1971,
p. 132.
didaskalia xlvii (2017)ii
angelologia politica in età contemporanea
183
nell’“occulto delle grandi potenze”) dove vivono e regnano e dove attirano il popolo verso l’alto. Il popolo da sempre li presagisce (è un popolo
presàgo-ein ahnendes Volk) e ne è “allevato” finché si fa strada una nuova
consapevolezza che genera l’ “uomo sapiente” (der besonnene Mensch) che,
pervenuto alla frónesis, conosce finalmente da dentro le cose del popolo e
dello Stato, il loro segreto radicamento angelologico.
Gli “Angeli della patria” hölderliniani, con il loro riferimento alla storia del Paese e della terra nativa, hanno in sé – afferma Guardini – indubbiamente reminiscenze bibliche, evocano gli Angeli della prima parte
dell’Apocalisse (1, 4-3, 22) ove le lettere indirizzate alle comunità recitano
“All’Angelo della comunità…” oppure gli Angeli assegnati ai diversi paesi
– come l’Angelo del regno dei Persiani – di cui si parla nel Libro di Daniele (10,13), Angeli protettori che ispirano profeticamente e guidano lo
sviluppo delle nazioni64 o, infine, l’Angelo che guida la storia sacra come
nell’Esodo (14, 19-21). È chiaro però che nel poeta tedesco questi Angeli,
pur mantenendo i tratti di grandiosità dell’Angelo biblico, vengono secolarizzati, trasferiti in una dimensione “cosmico-mitologica”, immergono il loro significato nel mondo, nell’immanenza, anche se mantengono
una loro peculiare dimensione ultraterrena, còlta ovviamente nella specifica accezione hölderliniana: «“Angeli” – scrive Guardini – rappresentano
[dunque per il poeta] ora grandi personalità nella storia di un Paese, rese
lontane, divinizzate, ma proprio per questo dirette ad amare e proteggere il
Paese stesso. Sono creature di superiore potenza. L’“uomo singolo” (vereinzelte Mann) non regge la loro presenza. Vi riesce solo nel contesto vivente
del suo popolo: durante la festa, nella lotta o in qualche altra realizzazione essenziale dell’esistenza collettiva. Anche sotto questo aspetto diventa
evidente che quegli esseri [gli Angeli hölderliniani] non sono concepiti in
Sulla teologia veterotestamentaria relativa agli Angeli delle nazioni si sofferma anche KARL
RAHNER quando afferma che «la teologia veterotestamentaria rimane valida: essa riconosce i “popoli” come soggetti della storia della salvezza (che si verifica all’interno della storia profana), parla
dei loro Angeli, invoca su di essi il nome di Dio, che è un Dio di tutti i popoli » (KARL RAHNER, Die
Frage nach der Zukunft Europas, in Franz König-Karl Rahner (Eds.), Europa – Horizonte der Hoffnung, Graz 1983, 11-34 [poi inserito in KARL RAHNER, Schriften zur Theologie, Band XVI, Humane
Gesellschaft und Kirche von morgen, Benziger Verlag, Einsiedeln 1984], tr. it. di Carlo Danna, La
questione del futuro dell’Europa, in KARL RAHNER, Società umana e Chiesa di domani, Nuovi Saggi X,
Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 1986, 78-114, la cit. a p. 88.
64
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forma privata e individualistica, ma storicamente, come potenze pubbliche
e religiose (als öffentlich-religiöse Mächte).»65
Gli “Angeli della patria” di Hölderlin, riletti e interpretati da Guardini, sono dunque di nuovo esseri dotati di energia numinosa, sono grandi
e terribili e la loro luminosa maestà è mortale per l’uomo, ma mentre
l’Angelo cristiano è “santo” non in forza di una “numinosità” propria ma
in virtù della grazia per cui partecipa alla vita santa di Dio, questi Angeli
non sono più in rapporto con il Dio vivente delle Scritture: «Si potrebbe
dire che siano stati còlti in quell’“attimo” in cui non si erano ancora decisi
per Dio e che siano considerati soltanto come nature più alte. (…). Questa
nuova poesia nella sua essenza è già così decisamente abiblica da poter considerare di nuovo in senso positivo le figure angeliche, ma semplicemente
come esseri di questo mondo: in Hölderlin come forze della storia.»66 Essi
compaiono nuovamente nella poesia Ritorno in patria:
Molto gli ho parlato, poiché quanto poeti meditano
O cantano, per lo più concerne gli Angeli e Lui 67.
Lui è l’“Etere” che dà vita, gioia e nuova forza storica, dona fortuna
alle città, vita cosmica alla Natura, “scuote e ristora i vecchi cuori dell’umanità” e rende presente lo Spirito. L’esistenza collettiva (una nazione) anche
quando tramonta, esiste ancora come un “trapassato” con il suo popolo e
tutto ciò proprio grazie ai suoi Angeli. Eroi divinizzati della storia patria,
ad essa intimamente legati come modelli e numi tutelari68.
L’Angelo in tal senso raccorda anche il politico terreno con l’“altra
faccia dell’esistenza”. In tale prospettiva l’Angelo di Hölderlin è indubbiamente imparentato, per Guardini, con l’Angelo presente nelle liriche
di Rilke, altro grande poeta angelologo, anche se in Rilke assistiamo ad
una “spiritualizzazione” maggiore di questo così come di altri fenonemi
65
ROMANO GUARDINI, Hölderlin. Weltbild und Frömmigkeit, Kösel Verlag, München 19803,
p. 163, tr. it. a cura di Giampiero Moretti, Hölderlin, in Opera Omnia, XXI, a cura di Giampiero
Moretti, Morcelliana, Brescia 2014, 205.
66
ROMANO GUARDINI, Der Engel in im Dantes göttlicher Kömodie, Hegner, München 1951,
tr. it. di Maria Luisa Maraschini e Anna Sacchi Balestrieri, in Studi su Dante, Morcelliana, Brescia
1967, 39.
67
FRIEDRICH HÖLDERLIN, Le liriche, cit., 145.
68
Cf. ROMANO GUARDINI, Studi su Dante, cit., 38
didaskalia xlvii (2017)ii
angelologia politica in età contemporanea
185
come, ad esempio, la concezione dei morti. Ciò è forse dovuto, da un lato
al fatto che in Rilke determinante non è mai stato l’occhio, ma l’udito,
la dimensione musicale, dall’altro che Rilke si colloca alla fine del moderno e quindi il processo di mondanizzazione del numinoso e delle sue
figure paradigmatiche come lo sono gli Angeli si è a tal punto accentuato
da finire relegato nell’interiorità pura69. Hölderlin, con la sua prospettiva
dell’“Angelo della patria”, rappresenta comunque una significativa ripresa
di questo tema teologico-politico nel moderno, al di fuori della tradizione
biblica. Una ripresa dell’Angelo che ha in sé gli elementi di magnificenza,
di grandiosità e di potenza (sono infatti questi Angeli apparizioni potenti
e numinosamente sature) a lungo smarriti nell’eclissi dell’Angelo dopo il
primo Medioevo fino alle aberrazioni del barocco e del rococò.
Questo e solo questo è ciò che davvero interessa a Guardini, non la
specifica tipologia dell’Angelo politico o dell’Angelo della patria, che vede
come rischiosa e forse anche deviante, ma appunto la sua grandezza. Semmai, vi coglie una prospettiva che permette di recuperare la peculiare concezione biblica dell’“Angelo della storia”, per cui gli Angeli sono attori storici,
parte integrante della storia, il cui prototipo è la storia sacra che si compie in
cielo. L’angelologia introduce, per Guardini, accanto a una causalità umana
degli eventi storici una causalità spirituale e questo fa sì che la storia sia sempre il risultato di una cooperazione permanente fra Angeli e uomini, che
Satana “principe di questo mondo” storico, cerca in ogni modo di contrastare. Certamente, afferma Guardini, di per sé l’Angelo è essenzialmente un
essere sovra-storico. Si può infatti parlare, accanto alla «storicità essenziale, e
per questo sempre data e mai superabile, dell’uomo», di una «infra-storicità
dell’animale» ed appunto di una «sovra-storicità dell’Angelo»70. Ma, pur
entro questa dimensione sovra-storica, gli Angeli non sono affatto olimpicamente indifferenti nei confronti delle vicende storiche. Anzi, all’opposto,
«gli Angeli sono ordinati alla sfera pubblica dell’esistenza» umana, con il
peculiare linguaggio bellico vetero-testamentario si può dire che essi sono
«i guerrieri dell’esercito del Re dell’universo»71.
Cf. ROMANO GUARDINI, Hölderlin, cit., 216-217.
ROMANO GUARDINI, Religion und Offenbarung, Werkbund, Würzburg 1958, tr. it. di Andrea
Aguti, Religione e Rivelazione, in Id., Filosofia della religione. Religione e Rivelazione, Opera Omnia
II/2, a cura di Andrea Aguti, Morcelliana, Brescia 2010, 143-301, la cit. a p. 218.
71
ROMANO GUARDINI, Studi su Dante, cit., 34.
69
70
186 silvano zucal
didaskalia xlvii (2017)ii
Come intervengono gli Angeli nelle vicende storiche (ed eventualmente anche in quelle “nazionali”), essi che stanno, per Guardini, per così dire
“al margine” (am Rande) del mondo affidato all’uomo perché costruisca
– da solo o associato con altri – storia? La risposta di Guardini è di primo
acchito sconcertante. L’intervento di un essere così potente è totalmente
segnato dalle stimmate della debolezza. Proprio la lotta di Giacobbe con
l’Angelo può illuminare tale aspetto. Quell’Angelo del Signore che lotta
con Giacobbe sembra essere Dio ed entità angelica nello stesso tempo. Meglio è Dio così come si impegna nella storia. Ebbene, nel comportamento
di quell’Angelo, vi è un che di paradossale. Una contraddizione insieme
satura di mistero e potentemente rivelatrice. Giacobbe lotta con quell’“uomo” che è nel contempo un Angelo. L’Angelo non riesce a sopraffarlo, né
riesce a liberarsi dalla sua morsa, dalla stretta della lotta, non può staccarsi
da Giacobbe. Giacobbe appare incredibilmente più forte, l’Angelo più debole. C’è una sorta di fallimento dell’Angelo nella sua lotta con l’uomo.
Basta però che l’Angelo tocchi Giacobbe all’anca ed egli è completamente
fiaccato e vinto. Qui non è per nulla in gioco la misteriosa potenza o superiorità di un uomo dotato di particolari poteri magici e in grado di reggere
la straordinaria sfida con l’Angelo. Non certo di questo si tratta. La “debolezza” apparente dell’Angelo è la stessa “debolezza” di Dio nella storia.
Una debolezza necessaria per evitare – come direbbe Bonhoeffer – il Dio
e l’Angelo “tappabuchi”, per non annullare la libertà e l’umana responsabilità72. La sconfitta e il fallimento dell’Angelo sono l’epifania della stessa
singolare debolezza di Dio. E dunque, per Guardini, l’Angelo della storia,
eventualmente anche l’“Angelo della nazione”, non sarà mai l’Angelo della
sopraffazione che produrrà potenza ma «un essere finito, come pure altri
lo sono. È possibile contrastarlo, anzi addirittura sopraffarlo»73. Quando
verrà la fine della storia, l’estinzione del tempo, quando tutte le nazioni
passeranno, quando tutto perverrà finalmente “nell’apertura senza residui
pura, della vita eterna”, la scandalosa debolezza dell’Angelo apparirà in ben
altra luce. E così sarà anche ricomposto lo scandalo della storia: l’impotenza della giustizia sarà tolta, il male non apparirà più trionfante, bene e male
72
Cf. R. GUARDINI, Der Engel. Drei Ansprachen, in «Die Schildgenossen» 17(1938), 295-307,
tr. it. di Giulio Colombi, L’ “Angelo del Signore” (Gen 32, 22-32), in Id., L’Angelo. Cinque meditazioni, Morcelliana, Brescia 1994, 9-19, la cit. alle pp. 17-18.
73
Ivi, 19.
didaskalia xlvii (2017)ii
angelologia politica in età contemporanea
187
si scinderanno con luminosa chiarezza. Solo allora l’Angelo della storia
smetterà i panni del possibile sconfitto (pur nella sua grandiosità), perderà
la sua apparente debolezza74.
5. Eugenio d’Ors e la (quasi) assenza dell’angelologia
politica
Sorprende che la grande angelologia di Eugenio d’Ors Rovira (1881-1954)75 – forse la più grande e originale nel Novecento – abbia dedicato all’“Angelo delle nazioni” niente più che qualche cenno sporadico e
insignificante. E ciò quasi in paradossale contrasto con la sua biografia
di nazionalista spagnolo, «importatore delle idee fasciste (protofasciste) in
Spagna»76, sostenitore di governi autoritari e nemico del parlamentarismo
e della democrazia, pensatore politico in dialogo con George Sorel. Nella
guerra civile spagnola si arruola al “Bando Nacional” sotto il comando di
Francisco Franco, collabora poi in quel governo ed è anche estimatore di
Benito Mussolini pur mantenendo una sorta di spirito anarchico.
Nella sua celebre Introducción a la vida angélica77 (in cui si autodefiniva «restauratore della fede negli Angeli»78), che raccoglie le glosas scritte in
forma epistolare negli anni Trenta sul tema dell’esistenza e dell’assistenza
degli Angeli il tema dell’Angelo politico è praticamente assente. L’angelologia in Eugenio d’Ors si colloca in un preciso quadro antropologico, che
prevede, al di là della dimensione conscia e dell’Inconscio o Subconscio,
un “Meta-conscio” ove interviene l’assistenza dell’Angelo: «Se a fianco
Sull’angelologia guardiniana cf. SILVANO ZUCAL, Ali dell’invisibile. L’Angelo in Guardini e nel
Novecento, Morcelliana, Brescia 1998.
75
Sull’angelologia di Eugenio d’Ors cf. SONIA SCHIAVO, La filosofia del Ángel en Eugenio
d’Ors, in Carlos X. Ardavín, Eloy E. Merino, Xavier Pla (Eds.), Oceanografia de Xènius. Estudios
criticos en torno a Eugenio d’Ors, Edition Reichenberger, Kassel 2005, 99-111; PAUL-HENRI MICHEL,
La angelología de Eugenio d’Ors, in «Jerarquía», 2 ottobre 1937, 41-57; MATTIA GERETTO, Eugenio
d’Ors e il suo angelo. Orazione diafonica e estetica della sovrapposizione, introduzione a Eugenio d’Ors,
Sull’esistenza e l’assistenza degli angeli. L’angelologia in cinquecento parole, Morcelliana, Brescia 2012,
5-45.
76
VICENTE CACHO VIU, Revisión de Eugenio d’Ors (1902-1930) seguida de un epistolario inédito,
Publicaciones de la Residencia de Estudiantes, Quaderns Crema, Barcelona 1997, 30.
77
EUGENIO D’ORS, Introducción a la vida angélica. Cartas a una soledad, edición de José Jiménez, Editorial Tecnos, Madrid 1986.
78
Ivi, 52: “restaurador de la fe en los Angeles”.
74
188 silvano zucal
didaskalia xlvii (2017)ii
della coscienza c’è una subcoscienza, perché – si chiede d’Ors – non deve
esistere allo stesso modo una “sovracoscienza”?»79 Infatti «nel fondo dell’Io
– forse più profondo dell’Io – c’è un altro volere di irriducibile libertà»80,
che è attivo in noi, assistendoci ed accompagnandoci senza che ce ne rendiamo conto, quasi in un patto nuziale: «Il letto di nozze dell’anima e
dell’Angelo si chiama “sovracoscienza” (El lecho de bodas del alma y del
ángel se llama “superconsciencia”).»81 È appunto questo abitatore della “sovracoscienza” l’«entità a cui le religioni hanno dato il nome di Angelo,
demone, numen»82. Se la dimensione subconscia rappresentava l’Invisibile
per oscurità, quella sovraconscia riguardava l’Invisibile per abbagliamento
(deslumbramiento). Questa è la regione dove governa l’Angelo: «L’occhio
vede unicamente entro certi limiti di luce: al di sotto del limite, l’oscurità;
oltre, l’accecamento. Il subcosciente si radica nel corporeo. Il sopracosciente si nutre nell’angelico, si sostantivizza in quell’entità detta “Angelo custode” che Socrate, al sentire interiormente la Sua voce, chiamava Daìmon.»83
Se il subconscio è disorganizzazione, dispersione, spersonalizzazione,
il Sovraconscio presieduto dall’Angelo è coordinamento e unità superiore
della vita. Il primo ha il suo centro gravitazionale nel passato, il secondo
nel futuro. Ed è un futuro che va a lambire l’eterno, il “luogo” dell’Angelo per cui la vita dell’uomo grazie alla presenza angelica si converte in
un’«ipostasi indiscernibile»84 di storicità e di eternità. Anche per d’Ors,
come per Guardini, è importante recuperare la grandiosità dell’Angelo e se
Guardini lo fa con Hölderlin e con Rilke, d’Ors lo fa con le arti figurative
prima fra tutte la rappresentazione virile dell’Angelo che accompagna Tobia, proposta dal Pollaiolo, e che si trova nella Pinacoteca Regia di Torino.
79
Ivi, 23: «Si al lado de la conciencia hay una subconsciencia, ¿ por qué no ha de existir igualmente una “sobreconsciencia”.»
80
Ivi, 21: «En lo hondo del yo –quizá más hondo que el yo – otro querer de irreductibile
libertad.»
81
Il passaggio di d’Ors è contenuto in una risposta all’abate André Lacaze ed è riportato da
MATTIA GERETTO, Eugenio d’Ors e il suo angelo. Orazione diafonica e estetica della sovrapposizione,
cit., 14.
82
EUGENIO D’ORS, El Secreto de la Filosofia, Editorial Tecnos, Madrid 1997, 107.
83
EUGENIO D’ORS, La angelologia en quinientas palabras, inedito (1941?), tr. it. di Mattia Geretto, L’angelologia in cinquecento parole, in EUGENIO D’ORS, Sull’esistenza e l’assistenza degli angeli.
L’angelologia in cinquecento parole, cit., 82-91, qui p. 85.
84
JOSÉ LUIS ARANGUREN, La Filosofia de Eugenio d’Ors, Epesa, Madrid 1945, 104.
didaskalia xlvii (2017)ii
angelologia politica in età contemporanea
189
Ci sono, per d’Ors, tre figure di Angelo: l’Angelo Ribelle (archetipo
della giovinezza) nell’adolescenza e che presiede alle rivoluzioni anticonformiste, l’Angelo dell’Annunciazione (l’Angelo della ragione) nella maturità,
che ordina le costituzioni e l’Angelo custode nella serenità che presiede ai riti
– anche sociali – di congedo: «Disgraziato chi abbia vissuto senza la sequenziale compagnia di questi tre Angeli. Ma più disgraziato ancora chi confonde
il loro ordine»85 determinando un disastro esistenziale ma anche sociale.
C’è, a partire da queste premesse di carattere generale, una qualche
forma di angelologia politica, di “sovracoscienza” delle nazioni presidiata
dagli Angeli? Sarebbe una suggestione e una pista di straordinario interesse, ma d’Ors anche nella sua splendida sintesi L’ angelologia in cinquecento
parole 86 non intende percorrerla preferendo una logica impolitica per l’Angelo destinato alla custodia esclusiva del soggetto e della sua identità, non
a quella del collettivo politico e sociale.
6. Edith Stein e l’Angelo liberatore
Non particolarmente interessata all’angelologia politica appare Edith
Stein87. Il riferimento angelologico, per la Stein, è essenzialmente il Corpus
Dionisiacum dello Pseudo-Dionigi, come appare già da una lettera da lei
inviata a uno studente che le chiedeva un giudizio sulle sue poesie: «A proposito della [sua] poesia Preghiera e consolazione vorrei spezzare una lancia
in favore degli Angeli: non stanno tra noi e Dio come una barriera; il raggio di luce che (secondo Dionigi) giunge a noi dopo aver attraversato tutti
i nove cori, abbraccia tutto il mondo spirituale; la stessa Trinità è presente
in ogni grado, fino all’ultimo coro angelico. Il fatto che Dio tratti con noi
attraverso dei messaggeri non è segno di maestà inavvicinabile, bensì di
amore straripante. La loro felicità è collaborare con Dio nel distribuire le
grazie; questo del resto costituirà anche la nostra felicità.»88
85
EUGENIO D’ORS, Tres Ángeles, in «Faro de Vigo», Número extraordinario del centenario,
aprile 1953, 33-34.
86
EUGENIO D’ORS, La angelologia en quinientas palabras, inedito (1941?), tr. it. di Mattia Geretto, L’angelologia in cinquecento parole, cit.
87
Sull’angelologia di Edith Stein cf. XAVIER TILLIETTE, Edith Stein: la dottrina degli angeli, in
«Aquinas» 34 (1991), 447-458.
88
EDITH STEIN, Briefauflese: 1917-1942 mit einem Dokumentenanhang zu ihrem Tode, ed. a
190 silvano zucal
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L’affascina – in tale ottica – il lavoro dell’Angelo che non va mai «intralciato»89 e così avverrà una specifica epifania dell’Angelo, come ci ricorda la «ricorrenza di San Pietro in Vincoli, una ricorrenza molto cara
a me – dice la Stein – , non come mera commemorazione, ma nel senso
della liberazione dai ceppi da parte dell’Angelo»90. Un Angelo liberatore
dunque oltre che messaggero e distributore di grazie. L’Angelo ha un tratto personale, nel suo proprium analogo alla singolarità umana: «Tutto ciò
che noi (…) chiamiamo persona – uomini e Angeli – , è rationalis naturae
individua substantia nel senso che contiene nel suo quid qualcosa di “incomunicabile”, che non divide con nessun altro.»91 Anche se, diversamente
dagli uomini – spiriti incorporati –, i puri spiriti angelici sono caratterizzati da vita perfetta in quanto essa, libera dalla materia, può procedere da
sé in un movimento del tutto diverso da quello d’umana auto-attuazione,
un movimento essenzialmente ek-statico e di auto-trascendenza: «Occorre
fare attenzione a ciò che distingue la vita nel senso dell’essere degli esseri
viventi corporei, in quanto viventi, dalla vita dei puri spiriti. La vita legata
alla materia è il divenire di un ente che deve prima entrare in possesso della
sua essenza, che si sviluppa, che sta attuandosi. (…) Il termine vita non è
usato qui in un doppio senso, ma nei due casi ha il medesimo significato.
Si tratta di un essere dotato di movimento per sua propria essenza. In un
caso, però, è un movimento per cui l’ente [l’uomo] – in quanto diviene –
giunge a se stesso; nell’altro caso [l’Angelo] è un moto, in cui l’ente – in
quanto perfetto – esce da sé, si attua senza per questo lasciarsi o perdersi:
entrambi [uomo e Angelo] sono copie, “partecipano” più o meno alla pienezza di vita dell’ Essere divino.»92
E, in virtù della dimensione spirituale situata nella corporeità o da essa
libera, uomo e Angelo si differenziano egualmente nel loro “essere-persona”: «La persona umana, in quanto cosciente e libera, in quanto abbraccia
e porta la pienezza della sua essenza, assomiglia ai puri spiriti, mentre in
cura del Monastero delle Carmelitane di Maria von Frieden, Herder, Köln-Freiburg 1967, tr. it., La
scelta di Dio. Lettere 1917-1942, Mondadori, Milano 1998, 102-103.
89
Ivi, 36.
90
Ibidem.
91
EDITH STEIN, Endliches und ewiges Sein. Versuch eines Aufstiegs zum Sinn des Seins, Herder,
Freiburg-Basel-Wien, Bd. II dell’Opera Omnia, tr.it., Essere finito e Essere eterno. Per un’elevazione al
senso dell’essere, a cura di Luciana Vigone, Città Nuova Editrice, Roma 1992, 380.
92
Ivi, 391.
didaskalia xlvii (2017)ii
angelologia politica in età contemporanea
191
quanto sale da un fondamento oscuro [la vita corporeo-materiale] ed è sostenuta da questo, in quanto non è in grado di formare personalmente tutto il suo “Sé”, di illuminarlo e di dominarlo, è inferiore ai puri spiriti; ma
d’altra parte ha una particolare perfezione rispetto ai puri spiriti creati, per
mezzo della quale possiede la sua “profondità” e perciò la sua somiglianza
con Dio è diversa»93 da quella degli Angeli. Dominatore con lo spirito del
“fondo oscuro”, così s’eleva l’uomo in grandezza davanti a Dio, quale trasfiguratore in senso spirituale di “tutto ciò che è materiale”.
Diversi sono così l’essere angelico e quello umano sul terreno della
libertà. L’Angelo sarà in tal senso assolutamente libero, avrà «una pronta
scelta nel libero arbitrio»94, conoscerà la verità senza discorso e senza ricerca, senza dubbio o difficoltà nel discernere e nel giudicare. Una libertà
straordinaria e luminosa che però può generare anche l’opzione demoniaca
e nichilistica: «Gli Angeli [allora] devono necessariamente cadere dal regno
della luce in un altro regno e devono produrlo da se stessi perché non lo
trovano. Esso porta in sé i segni della sua origine: proprio per l’opposizione a quello a cui si è sottratti, è qualificato come tenebra, vuoto, assenza,
nulla.»95 Tutto l’opposto invece il destino dell’uomo affaticato nella sua
libertà: persona umana e Angelo sono «accomunati dal fatto che entrambi
diventano consapevoli della vita del loro Io e possono agire liberamente sul
suo andamento. Sono diversi in quanto il comportamento libero dell’anima [umana] non abbraccia tutto il suo essere, ma è un interferire in un
accadere in atto, e in quanto il suo comportamento lascia tracce in essa,
cosicché essa riceve dapprima uno sviluppo e una forte impronta dall’esterno. Il puro spirito riceve la sua essenza come forma definita, e la sviluppa
nella sua vita, senza cambiarvi nulla. (Prescindendo dall’inversione dell’essenza nella decisione unica degli Angeli caduti). L’anima [umana invece]
deve dapprima arrivare al possesso della sua essenza e la sua vita è la via per
giungere a questo»96.
Un Angelo di tal fatta ha un (possibile) rapporto con il politico e con
la nazione? Il paragrafo del settimo capitolo di Essere finito e Essere eterno,
Ivi, 398.
EDITH STEIN, Natura, persona, mistica. Per una ricerca cristiana della verità, a cura di Angela
Ales Bello, Città Nuova Editrice, Roma 1997, 54.
95
Ivi, 55.
96
EDITH STEIN, Essere finito e Essere eterno, cit., 444-445.
93
94
192 silvano zucal
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interamente dedicato agli Angeli, non sembra andare in tale direzione.
La Stein apre il paragrafo angelologico citando la Gerarchia Celeste di Alberto Magno, che riprendendo la visione dell’Areopagita la sintetizza con
l’espressione ripresa dalla Scrittura: “Ad locum, unde exeunt, revertuntur,
et iterum fluant”: gli Angeli sono come fiumi che tornano al luogo da cui
sono venuti per poi riscorrere97. Luogo divino, che alimenta in permanenza la loro funzione di collaboratori di Dio e di suoi messaggeri: «Soltanto gli spiriti celesti (…) trasmettono la potenza gerarchica: sono, infatti,
messaggeri di Dio, inviati a portare la luce divina nella creazione.»98 Sono
infatti i primi illuminati da Dio e fungono da suoi intermediari nelle rivelazioni trasmesse all’uomo: «I puri spiriti sono come raggi attraverso i quali
la luce eterna si comunica alla creazione.»99 La peculiarità della comunicazione angelica è di carattere metaforico: «Scopo del linguaggio simbolico è
questo: sottrarre allo sguardo profano della moltitudine il sacro e rivelarlo
a coloro che aspirano alla santità, a coloro che, abbandonata la mentalità
puerile, hanno acquistata la necessaria acutezza mentale e la visione delle
semplici verità. (…) Gli Angeli hanno annunciato le cose divine servendosi
di metafore.»100
Per quanto riguarda propriamente l’aspetto “politico” quella degli Angeli è semmai un’ostensione archetipica sia per la Chiesa terrena che per
lo Stato: «Pensando ad una chiesa di puri spiriti dovrà scomparire tutto
ciò che è corporeo, ma dovrà rimanere tutto ciò che le appartiene in senso
proprio: il Capo divino dispensatore della grazia e datore della legge, le
persone finite in quanto libere custodi e mediatrici della vita di grazia.
Questa è la “Gerarchia celeste”. Gli spiriti celesti sono aperti a Dio e sono
in grado di ricevere in sé la vita che fluisce a loro provenendo da Lui. Essi
sono aperti l’uno all’altro, così che i superiori si comunicano agli inferiori e
gli inferiori possono ricevere dai superiori.»101 Una vita comune, modulata
in modo trinitario: «A causa della purezza del loro donarsi, la vita comune
degli angeli è anche l’immagine più pura della vita divina in tre Persone;
97
98
Cf. ivi, 405.
EDITH STEIN, Vie della conoscenza di Dio e altri scritti, Edizioni Messaggero, Padova 1983,
132.
EDITH STEIN, Essere finito e Essere eterno, cit., 481.
EDITH STEIN, Vie della conoscenza di Dio e altri scritti, cit., 139.
101
EDITH STEIN, Essere finito e Essere eterno, cit., 430-431.
99
100
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angelologia politica in età contemporanea
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infatti ogni spirito celeste è unito dall’amore ad uno spirito superiore, e
in virtù di quest’unione dà frutti, risvegliando la Vita divina negli spiriti
inferiori. La loro vita di gloria rappresenta una partecipazione alla vita di
Dio uno e trino, come non è possibile a nessun altro uomo durante la vita
terrena.»102
Questo tratto sui generis “politico” viene ulteriormente stemperato
(anzi forse annullato) nell’ultima opera della Stein, la Scientia Crucis103
dedicata allo studio di S. Giovanni della Croce dove emerge la relazione
dell’anima umana con i puri spiriti buoni e con il demonio. Il tutto con
il correlato problema del discernimento spirituale: «Nei confronti degli
uomini, i puri spiriti in quanto tali, per farsi comprendere da loro, hanno
il potere di apparire loro in forma visibile e di rendersi presenti mediante
parole percettibili. Ma questo dato di fatto è una strada molto pericolosa,
perché si viene ad esporre a innumerevoli illusioni ed errori: si rischia di
scambiare per apparizioni spirituali i prodotti illusori dei sensi o le immaginazioni della fantasia; il demonio può presentarsi sotto l’aspetto radioso
d’un Angelo buono per poter così meglio disorientare; e l’anima, per paura
di tali illusioni, va soggetta a respingere, come mistificazione dei sensi o del
diavolo, anche autentiche visioni celestiali.»104
Edith Stein – così come Romano Guardini ed Eugenio d’Ors – pur
con qualche passaggio, che potrebbe essere utilmente ripreso nell’ottica
di un’angelologia politica, rappresentano in modo indubbiamente paradigmatico la torsione individuale e personalistica dell’angelologia del Novecento. L’Angelo vive soprattutto nella relazione con il singolo, ne rappresenta l’amico e il custode, la guida e il maestro spirituale. Come già
per Socrate la “città” si costruisce non con i dèmoni pubblici ma con il
dèmone che ciascuno accompagna e che illumina la coscienza attivandone
la responsabilità. Una “città” o una nazione abitate da uomini responsabili, perché sanno ascoltare il loro Angelo e i suoi consigli, non hanno più
bisogno – sembrano talora suggerirci questi tre pensatori – di protettori
pubblici. Le ali dell’invisibile angelico hanno abbandonato la città per distendersi sul singolo. E solo in tal modo potranno ritornare anche alla città
o alla nazione.
Ivi, 480.
EDITH STEIN, Scientia crucis. Studio su san Giovanni della croce, OCD, Roma 1998.
104
Ivi, 176-177.
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