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Territorio e metaterritorio come spazio di relazioni

2022, Sociologia urbana e rurale

https://doi.org/10.3280/SUR2022-127010

Place and Metaterritory as space of relationships The Sars-Cov-2 pandemic is challenging paradigms that have so far informed the theoretical and the defining apparatuses of the concept of territory. Therefore, the disciplinary statutes on which they relied are showing their inadequacy, so much so that reinterpretations and recodifications are needed. In order to provide a semantically sharper definition to what is being experienced in living today, this article is attempting to circumscribe this concept in its "identity" dimension, through which communities are coping with the biophysical and built environment in relation to local and global challenges. In the strand of concept papers and hypothesis-building studies, this contribution does not purport to provide answers. It is aiming to pinpoint a new research-field for regional studies, circumscribing either a research agenda, or the level of an abstraction to which a spatial sociology (Mela, 2006; Mela, 2020) may hopefully confer its answers. In this perspective, this article attempts to reframe the concept of territory, as an experience of space-time processuality and it will introduce that of metaterritory, as a space for collaborative relationships.

Sociologia urbana e rurale n. 127, 2022: 119-136 Territorio e metaterritorio come spazio di relazioni Elena Battaglini *‫٭‬ Place and Metaterritory as space of relationships The Sars-Cov-2 pandemic is challenging paradigms that have so far informed the theoretical and the defining apparatuses of the concept of territory. Therefore, the disciplinary statutes on which they relied are showing their inadequacy, so much so that reinterpretations and recodifications are needed. In order to provide a semantically sharper definition to what is being experienced in living today, this article is attempting to circumscribe this concept in its “identity” dimension, through which communities are coping with the biophysical and built environment in relation to local and global challenges. In the strand of concept papers and hypothesis-building studies, this contribution does not purport to provide answers. It is aiming to pinpoint a new research-field for regional studies, circumscribing either a research agenda, or the level of an abstraction to which a spatial sociology (Mela, 2006; Mela, 2020) may hopefully confer its answers. In this perspective, this article attempts to reframe the concept of territory, as an experience of space-time processuality and it will introduce that of metaterritory, as a space for collaborative relationships. Keywords: relational agency, place-attachment, place-identity, biocoltural turn, metaterritory, regional development Introduzione Un territorio si struttura e vive della complessa rete di relazioni che si instaurano tra la natura dei suoi luoghi, i prodotti socio-culturali delle comunità che vi insistono e i significati da esse attribuiti ai segni e alle risorse materiali e immateriali del paesaggio. In questo senso, ogni territorio, una città, un borgo remoto delle aree interne hanno le loro specifiche tessiture che richiedono anche adeguate cornici teoriche e metodologiche attraverso cui osservarle e, quindi, tecniche appropriate di analisi con cui gli studiosi possono supportare le politiche pubbliche per trasformarli o riprogrammarne le sorti (Battaglini, 2014). Per definire il concetto di territorio l’offerta di paradigmi è molto ampia: è relativa ai diversi contesti culturali di riferimento. In Europa, esso non Saggio proposto alla redazione il 29-06-2021 accettato il 29-9-2021 ‫ ٭‬Elena Battaglini, Dipartimento di architettura, Università degli Studi di Roma Tre, Fondazione Giuseppe Di Vittorio, e.battaglini@fdv.cgil.it ISSN 0392-4939 ISSNe 1971-8403 doi: 10.3280/SUR2022-127010 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Battaglini riesce ancora ad uscire dagli steccati del dibattito costruttivista (cfr. Pellizzoni, in questo stesso Volume). La sociologia generale, pur introducendo delle delimitazioni spazio-temporali ad alcuni suoi oggetti di studio (si veda il dibattito sulle società industriali o tardo-moderne), ancora non ne considera il potere di variabili nelle proprie argomentazioni esplicative (Mela, 2006) e, per situare le sue analisi sui valori, gli interessi e le pratiche, continua a preferire il concetto di spazio a quello di luogo o territorio, forse perché preoccupata di cadere in qualche forma di determinismo ambientale o per il timore di vedere compromesso il potere esplicativo delle variabili sociologiche non spaziali e, quindi, la capacità di generalizzazione propria delle scienze sociali (Chiesi, 2010). Tra i sociologi dell’ambiente e del territorio italiani, il costrutto di territorio assume una triplice dimensione, esso viene infatti definito come: 1) contesto generativo dell’analisi sociale, a livello individuale e collettivo, come pure della formazione di strutture, aggregazioni sociali, istituzioni; 2) prodotto di un processo di costruzione sociale e, 3) medium attraverso il quale gli attori convergono nella definizione di pratiche o politiche (Mela, 2016). Per indagare la processualità temporale che il concetto di territorio sussume, l’articolo si colloca all’interno del dibattito dei Regional Studies in tema di regione e di territorio che ha assunto connotazioni specifiche rispetto ai diversi paradigmi scientifici, generali e disciplinari che si sono succeduti nel corso del tempo (per una più ampia rassegna di questo dibattito si veda Battaglini, 2014). La letteratura sul territorio (place) come spazio relazionale (Massey, 1991; 1993; 2004; Cresswell, 2004; Amin, 2004; Jones, 2009; Woods, 2011) considera i luoghi come geograficamente “illimitati”, cioè come ambiti di incontro che fanno parte di reti di relazioni più ampie, in cui il livello locale interseca quello globale attraverso relazioni sociali, economiche e politiche (Pierce, Martin, Murphy, 2011). Una regione è quindi il risultato delle relazioni sociali espresse nelle pratiche socioeconomiche, un punto di intersezione che integra il globale e il locale (Massey, 2005). Alcuni lavori geografici hanno mostrato, inoltre, come places e regions siano socialmente costruite nonché costitutive della vita sociale, delle relazioni e dell’identità (Paasi, 2011). La multidimensionalità del concetto di territorio è ancora difficilmente operativizzabile ed è ancora indicata con l’analisi delle pratiche materiali o istituzionali che difficilmente danno conto della cornice di direzione e senso all’interno della quale l’azione sociale si sviluppa in interazione con la caratterizzazione dell’heritage locale (Battaglini, 2020a) che, d’altronde, il costruttivismo finora tematizza in termini di mere funzioni o vocazioni. 120 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Territorio e metaterritorio come spazio di relazioni Detto in altre parole, considerando la sola human agency, la sociologia mainstream non consente di cogliere, né di definire, il capitale semantico (Floridi, 2018) delle relazioni tra gli attori sociali e l’Altro da sé in specifici contesti spazio-temporali. Mutuando un concetto preso a prestito dalla teoria dei sistemi, si può asserire, dunque, che non sia stata ancora individuata la proprietà emergente di un sistema socioterritoriale, da intendersi come l’esito processuale del rapporto tra natura e cultura in termini della causalità circolare a cui Gregory Bateson (1979) fa risalire la natura ricorsiva dei sistemi naturali e sociali. Tentando di ricomporre la frattura tra cultura e natura, anche al fine di articolare una definizione semanticamente più corretta di territorio, alcuni autori (Dessein, Battaglini, Horlings, 2016), combinando la nozione di place e region, hanno proposto alcune ipotesi in riferimento a questo dualismo: portando in primo piano l'interazione tra la dimensione materiale e quella immateriale dell’heritage locale, gli autori introducono nel dibattito di lingua anglosassone il concetto di territorialisation, definendolo come quel processo orientato dall’intenzionalità umana e collettiva in relazione con le affordances locali (Gibson, 1986). La territorializzazione qui si riferisce alla costruzione socioterritoriale di una regione in termini di processo multiscalare di interazione tra attore e struttura, comunità e milieu biofisico, cultura e natura. Essa infatti implica che gli attori siano in grado di modificare la strutturazione delle relazioni sociali anche attraverso il sense of place delle comunità, che orienta il place-shaping dei territori. Nella prospettiva di Dessein, Battaglini, Horlings (2016), il concetto di territorio allude infatti all’interazione coevolutiva e multiscalare dei processi di strutturazione delle relazioni tra cultura e natura dei luoghi, che il linguaggio della sociologia interpreta in termini di pratiche oppure di funzioni o vocazioni biofisiche e morfologiche. Rispetto alle nozioni di region e place, il territorio ha infatti un legame etimologico con “terreno”, attraverso il latino terrēnum (suolo) e terra (terra). Il dibattito entro il quale si posizionerà questo contributo si riferisce quindi ai concetti di territorio e di territorializzazione come: 1) coproduzione (van der Ploeg, Marsden, 2008; Long, 2001); 2) processo multiscalare e, 3) coevoluzione (Noorgard, 1994, si veda anche l’articolo di Beretta in questo stesso Volume) anche in riferimento all’Actor Network Theory (ANT si vedano Ingold, 1992 e Latour, 1993; 2005). Anche al fine di fornire una definizione semanticamente più corretta di territorio svincolata, cioè, dal concetto di “funzione”, si tenterà qui di circoscrivere questo termine nella sua dimensione “identitaria”, attraverso cui si stratificano, nel tempo, gli 121 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Battaglini esiti dell’adattamento delle comunità in relazione all’ambiente biofisico e costruito in rapporto con le sfide locali e globali. Si illustrerà quindi il concetto di territorio e territorializzazione dal punto di vista “dell’esperienza che se ne fa”, in termini quindi dell’apprendimento che consegue alle relazioni complesse tra cultura e natura, tentando di dar conto della sua porosità semantica in quanto esperienza spaziotemporale nel cui ambito individui, comunità, agenti umani e non umani (actants) sono “immersi”. Riflettendo criticamente sul concetto antropocentrico di human agency, dalle cui trame le scienze sociali non riescono ancora a uscire, si proporranno le prospettive teoriche offerte dalla psicologia dell’ambiente nonché quelle aperte dalle neuroscienze in tema di agentività. Oltre che sfidanti, si ritengono infatti cariche di promesse in quanto intaccano nei suoi fondamenti il nature-culture divide sotto l’egida di quello che uno storico delle idee, Michele Cometa (2020), definisce biocultural turn. Nella tradizione dei concept papers e degli hypothesis-building studies, questo contributo non pretende di fornire risposte ma si prefigge lo scopo di perimetrare un campo d’azione, circoscrivere un’agenda di ricerca, nonché il livello di astrazione al quale, si spera, una sociologia spazialista (Mela, 2006; Mela, 2020) possa conferire le sue risposte, nel tentativo di risolvere il black box teorico e metodologico che ancora contrappone il realismo al costruttivismo, la natura alla cultura, l’attore alla struttura e, come corollario, l’urbano al rurale. In questa prospettiva, l’articolo rielaborerà il concetto di territorio come esperienza di processualità spaziotemporale, e introdurrà quello di metaterritorio, come spazio di relazioni collaborative. 1. Il territorio nei suoi codici intimi: place attachment, place identity. Le prospettive teoriche offerte dalla psicologia dell’ambiente Il distanziamento fisico e sociale vissuto nella pandemia che, nella percezione pubblica, ha avuto in Italia il suo esordio nel febbraio 2020, ha reso palesi i limiti di una concettualizzazione dell’abitare che non faccia riferimento ai codici intimi che presiedono all’ordine interno della città e del territorio. Ordine questo, nonché trama di senso, che definisce l’eterna dialettica tra la civitas, come corpo sociale, e l’urbs come spazio fisicomorfologico, e che risulta inscindibile da contesti più ampi e complessi in quanto fondamento della convivenza civile. L’abitare è contestualmente un’esperienza incarnata (embodied experience) della relazione con un luogo e di ciò che si fa di (o di cosa si ap122 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Territorio e metaterritorio come spazio di relazioni prende da) tale relazione. Il suo atto fondativo è la percezione che diventa, poi, relazione in termini di cognizioni e valori attribuiti allo spazio abitato o al luogo d’elezione: «perceptions of place are ever-changing, depending on social interactions, context, and time. In cities, for example, changing patterns of social communication can make and unmake places, elevating or diminishing the appeal of a site or business» (Wolf, Krueger, Flora, 2014). Esiste un ampio filone della letteratura che tenta di rispondere alla domanda che interseca la storia delle idee fin dalla Fisica di Aristotele: qual è la relazione tra corpi e luoghi? (Casey, 1997: 331) Alcuni psicologi dell’ambiente fanno risalire questa relazione alla cornice dell’identità del Sé che si riferisce al legame con il luogo. Questa relazione è definita in termini di place-identity. Il termine, in uso dalla fine degli anni Settanta (Proshansky, 1978), descrive, e tenta di interpretare, il processo di embodiement di un luogo natale o elettivo nel concetto del Sé (Proshansky, Fabian, Kaminoff, 1983). Questi autori hanno argomentato il concetto di place-identity come un: «pot-pourri of memories, conceptions, interpretations, ideas, and related feelings about specific physical settings, as well as types of settings» (Proshansky, Fabian, Kaminoff, 1983: 60). L’attaccamento al luogo (place-attachment) è invece considerato una delle dimensioni dell’identità del luogo (place-identity) e pertanto va al di là del concetto di attaccamento. L’identità del luogo è quindi considerata come una sottostruttura dell’identità ed è orientata dalle percezioni e cognizioni che l’individuo ha dell’ambiente nativo o elettivo. Queste ultime possono essere organizzate in due tipi di cluster; un tipo costituito da ricordi, pensieri, valori e settings, e il secondo tipo di cluster costituito dalla relazione tra diversi contesti (casa, scuola, quartiere, città, regione, etc.) (Proshansky, Fabian, 1987). Le teorie sulla relazione tra soggetti (corpi) e luoghi, che fanno riferimento alla psicologia dell’ambiente, utilizzano dunque i seguenti concettichiave: 1. L’attaccamento al luogo, talvolta usato come sinonimo di senso del luogo (sense of place), ossia un’identificazione personale con un luogo o un paesaggio a livello emotivo come individuo o membro di una comunità. (Williams, Patterson, Roggenbuck, 1992; Eisenhauer, Krannich, Blahna, 2000). Inoltre, esso è da considerarsi la: «person-place bond that evolves from specifiable conditions of place and characteristics of people» (Shumaker, Taylor, 1983: 221; si confronti con Rubinstein, Parmelee, 1992). 123 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Battaglini 2. L’identità del luogo (place-identity) è l’attaccamento, in termini dei significati emotivi o simbolici, che vengono assegnati da un individuo al luogo nativo o elettivo. Il paesaggio o il luogo fisico diventa quindi parte dell’identità personale (Proshansky, Fabian, Kaminof, 1983; Warzecha, Lime, 2001). 3. Il significato del luogo (place-meaning) è invece la relazione con il luogo basata su cognizioni, significati, scopi, ruoli simbolici o valori attribuiti ad un ambiente fisico (Stedman, 2002; 2003; si confronti con Battaglini, Babović, 2016 nel ruolo assunto dal place-meaning, nella fase “reificazione” della territorializzazione). Il rapporto con il territorio è un atto in primis identitario, laddove l’identità è anche situazionale o meglio “posizionale”: la domanda “chi sono” è contestuale al chiedersi “dove” il soggetto sia in quel momento. La dimensione umana del luogo (considerato nelle diverse scale della sua esperienza) si riflette nella presenza di legami tra gli esseri umani e il loro ambiente ed è incapsulata (embedded) nel concetto di topofilia di Yi-Fu Tuan (1974; 1980; 1990). I legami affettivi con l’ambiente materiale differiscono per intensità, finezza e modalità di espressione (Tuan, 1974: 93), e sono importanti per definire l’identificazione con un luogo, i sentimenti di appartenenza e del mettere radici in un luogo nativo o elettivo (territorializzazione). 2. Il territorio come engagement tra mente e natura. Le prospettive teoriche offerte dalle neuroscienze come biocultural turn Il territorio può quindi alludere all’esperienza “situata” (si veda Mela in questo stesso Volume), “posizionale”, in cui siamo immersi come singoli individui e comunità. In questa prospettiva, il concetto è attiguo a quello di habitat e dell’abitare, da intendersi etimologicamente come habitus, habito - uno stato del processo dello stare al mondo, di viverlo, di percorrerlo - ma anche come habere, una presa di possesso e, dunque, di territorializzazione di spazi. Spazi di esperienze, di corpi, di tempi e spazi interni, di invironments in relazione con en-vironments: un territorio, una città danno continuità e spazio specifico alla nostra vicenda umana. Si vive, tuttavia, in città configurate prevalentemente da spazi privati, non integrati con il tessuto circostante e fruibili “a tempo” (un tempo non in termini di kairòs, ma unilineare, cronologico). Gli ambienti sono costruiti, avvolti, intorno alle funzioni della città razionalista-progressista che presu124 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Territorio e metaterritorio come spazio di relazioni me l’esistenza, su scala mondiale, di un city user-tipo, identico sotto tutte le latitudini e in tutti i contesti culturali: un idealtipo che orienta i piani urbani verso l’espressione di una demiurgica libertà della ragione al servizio dell’efficienza e dell’estetica. Nella città contemporanea, la razionalizzazione del tessuto urbano viene concepita come suddivisione della città in zone specializzate per funzioni (zoning): in una zona si abita, in una si lavora, nell’altra si fanno acquisti, in un’altra ancora si passa il tempo libero. Anzi, nello spazio dell’intrattenimento (Hannigan, 1998), si surrogano o addirittura alienano i tempi interni, in una parola, la place identity e il place-attachment che gli spazi della città razionalista hanno contribuito ulteriormente a disarticolare. La pianificazione funzionalista deriva forse dal concepire l’ambiente naturale e costruito solo nella sua valenza funzionale o estetico-culturale rispetto all’attore sociale? Potremo mettere in discussione gli assunti della città struttural-funzionalista (e soprattutto dei suoi esiti, si veda il contributo di Mazzette in questo stesso Volume) disponendoci verso una ridefinizione del concetto della human agency in favore di un agentività di tipo relazionale come, d’altronde, sta avvenendo nella storia dell’ambiente? Il dibattito disciplinare che si è sviluppato in seno alla storia dell’ambiente (si veda Demeritt, 1994; Mart, 1996; Gerber, 1997; Haila, 2000; ma anche Agnoletti, Neri Serneri, 2014) è attualmente il solo che riconosca all’ambiente naturale e costruito, alle sue risorse materiali e immateriali, il ruolo e potere di agency laddove, con questo concetto, non ci si riferisce solo all’intenzionalità umana quanto, piuttosto, agli aspetti contestuali, territoriali quindi, in cui individui e comunità si relazionano con l’ambiente circostante (Nash, 2005). La rivoluzione digitale ha notevolmente accelerato lo sviluppo delle scienze cognitive, delle neuroscienze, e in particolare della neurofisiologia della percezione. Anche al fine di essere maggiormente consapevoli delle distorsioni cognitive, del funzionamento dei meccanismi della percezione umana, dell’importanza del contesto percettivo (cognition, context e culture), lo sviluppo di questi studi è straordinario e interroga profondamente noi studiosi di Humanities e Social Sciences ancora schiacciati nel dualismo tra mente e natura (Bateson, 1979), tra attore e struttura, tra cultura e natura, che ci porta a considerare separatamente, se non a polarizzare e contrapporre, i singoli elementi di queste coppie concettuali. Eppure, dalle evidenze degli studi della neurologia della percezione è noto, da tempo, che il cervello umano sia un apparato inesorabilmente connettivo, il sistema ipersociale per eccellenza e che, in quanto tale, si occupa 125 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Battaglini prevalentemente di relazioni. Al cervello non interessano gli assoluti: è per questa ragione che il significato di un “oggetto” (il patrimonio paesisticoterritoriale, ad esempio) non possa essere decontestualizzato e analizzato in un vacuum: «in termini di pura e semplice quantità di connessioni neurali, solamente il 10% delle informazioni che il nostro cervello utilizza per vedere deriva dagli occhi, il resto proviene da altre regioni del cervello. […] La percezione quindi non deriva in maniera esclusiva dai nostri cinque sensi, bensì dalla rete di comunicazione infinitamente sofisticata del cervello che conferisce senso all’insieme delle informazioni che vi entrano» (Lotto, 2017: 109, corsivo nostro). Da questi studi deriva anche che l’osservazione socioterritoriale non possa separare gli eventi psichici da quelli fisici, ma sia destinata ad osservare per “campi” che, dalle nostre menti di studiosi auto-osservantesi, si dispiegano nell’analisi dei sistemi socioterritoriali. In prospettiva, la conoscenza socioterritoriale dovrebbe quindi liberarsi dai dispositivi che la costringono ad osservare solo una cosa alla volta, e attingere i suoi dati osservativi dalle “relazioni” tentando di cogliere ciò che “accade insieme nello stesso tempo” e, all’interno del contesto del fenomeno osservato, cogliere le trame di senso e direzione in cui contestualizzare l’oggetto o gli oggetti della sua ricerca. Secoli di pensiero scientifico lineare, schiacciato esclusivamente sul principio di non-contraddizione e di causa-effetto, ha illuso legioni di ricercatori sulle possibilità della scienza di studiare un fenomeno schiacciandolo su immagini “chiare e distinte” di cartesiana memoria. In realtà è solo dalle relazioni tra cose che apprendiamo: le informazioni, i dati conoscitivi derivano infatti da “differenze o incongruenze”: si veda, a titolo d’esempio, la sperimentazione che prende il nome di effetto phi, osservato già agli inizi del secolo scorso (Wertheimer, 1912). Le relazioni tra le sequenze visive di questo esperimento permettono di accogliere piccole differenze tra le immagini statiche e di recepirle sotto forma di movimento: è dunque la percezione umana che dà forma e senso a quelle informazioni, non le immagini statiche in sé. L’osservazione scientifica dei sistemi territoriali ci porta invece a considerare un oggetto, una risorsa paesistica “in sé e per sé”, sulla base di presunti attributi “oggettivi” e, quindi, uno strumento, una pratica, una funzione. Al contrario, per i più recenti studi sulla percezione, una risorsa è tale solo in relazione ad altri oggetti o situazioni all’interno di un campo di attività in cui essa è in grado di esercitare un certo effetto: la mente umana non pensa per assoluti. 126 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Territorio e metaterritorio come spazio di relazioni Sono diversi gli studi delle neuroscienze che corroborano quest’ultima tesi. La scoperta dei neuroni a specchio, in primis, permette di affermare come attraverso una specifica costellazione di neuroni il cervello dei primati sia in relazione con l’ambiente esterno attraverso processi di imitazione, simulazione e, in ultima istanza, anche di finzione. Anche altri circuiti neurali influiscono sulla percezione ambientale: ad esempio i neuroni cosiddetti GPS costituiscono le cellule di posizione della regione cerebrale dell’ippocampo. Essi non tengono traccia solo della posizione passata e presente del soggetto, ma immaginano anche la sua posizione futura (Kay et al., 2020). Ultimamente anche le scienze mediche hanno corroborato l’idea di un cervello umano come parte di relazioni più ampie: si veda lo studio sui cosiddetti neuroni “predittivi” condotto dalle équipes mediche del MIT e di Harvard (Jamali et al., 2021). La relazionalità della mente ha dato stimolo allo sviluppo delle neuroscienze sociali che hanno preso diversi nomi: quello di neuroscienze cognitive sociali, di neurobiologia della cognizione sociale e di neuroscienze cognitive del comportamento sociale. I quattro significati del sociale definiti dalle neuroscienze sono i seguenti: 1) infraindividuale: concetto che consente di disintermediare il soggetto dalle sue relazioni reali; isolandolo dal suo contesto - e dunque dai suoi legami concreti - mette tra parentesi la sua vita sociale (Ehrenberg, 2019: 184); 2) sociale come «comportamento tra congeneri, primati umani o non umani [di cui] noi siamo la specie più sociale» (ivi: 185-186); 3) sociale come quei «sintomi neuronali che favoriscono le risposte ai congeneri (…)» (Ehrenberg, 2019: 188); 4) come ciò che «decodifica, imita e influenza le azioni degli altri» (ivi: 186) oppure, 5) il contesto relazionale in cui la mente umana “predice” il comportamento altrui (si veda il summenzionato articolo di Jamali et al., 2021). Se il sociale si riferisce contestualmente a fattori sociali e motivazionali, si incorre in una tautologia, dalla quale, come si fa in matematica, potremmo uscire solo se trasliamo la questione su un altro livello di astrazione, applicando il principio di incompletezza di Gödel. L’alternativa è adottare l’approccio sistemico delle neuroscienze cognitive del comportamento sociale umano: «noi crediamo che quando si costruisce un ponte tra gli approcci biologici e quelli sociali, sia possibile ottenere una comprensione più precisa del comportamento umano» (Decety, Kleenan, 2006: 2). Sul fronte delle neuroscienze, Antonio Damasio illustra come la neurobiologia possa aiutarci a comprendere (e ad alleviare) i conflitti sociali attraverso lo studio dei marcatori che orientano i processi di pianificazione e 127 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Battaglini decisione (Damasio, 1994). Un altro neuroscienziato, che ha fatto parte della équipe di Damasio, contestualizza, rafforza e amplia questi argomenti, ritenendo che le neuroscienze sociali favoriscano la riconciliazione tra gli approcci psicologici e quelli biologici del comportamento sociale, attraverso la consapevolezza di come la regolazione neurale rifletta, allo stesso tempo: 1) i meccanismi innati e automatici, cognitivamente impenetrabili; 2) gli aspetti volontari e contestuali acquisiti (che condividiamo con gli altri primati); 3) i circuiti neurali specifici di autoregolazione caratteristici della specie umana (Adolphs, 2003: 165-178) e ricomporre, scriviamo noi, il dualismo mente-corpo, mente-natura. A queste discipline, fa eco la potenza di alcune argomentazioni della neurologia della percezione in tema di comportamento: le pratiche (le scelte e le prese di decisione) includono ipso facto la motivazione e la considerazione dell’human agency rispetto all’altro da Sé in quanto “rappresentazioni condivise” (Ehrenberg, 2019: 176). Le neuroscienze forniscono dunque un orizzonte teorico di notevole interesse per la costruzione di una sociologia spazialista che faccia perno sulla relational agency e consenta di definire il territorio e il paesaggio non più nella sua valenza estetico-funzionale ma “epistemica” in quanto esperienza place-identitarian, lungo i processi di mutua costituzione tra natura e cultura in cui siamo immersi. Se è vero che la mente umana pensa per story-arcs, mappe, circuiti sentimentali, relazioni con l’ambiente, possiamo ancora parlare di human agency oppure siamo tutti - umani e non umani - soggetti di relazioni, all’interno di diversi paesaggi? 3. Il metaterritorio come spazio di collaborazione Finora abbiamo ridefinito il concetto di territorio come spazio di relazioni in cui, attraverso circuiti coevolutivi, e di reciproco rispecchiamento e adattamento, comunità, società e ambiente si definiscono mutualmente e ricorsivamente. La relazione tra un soggetto (nella sua corporeità, si veda Chiesi e Costa in questo stesso Volume) e le diverse dimensioni di un territorio, così come abbiamo provato a tematizzare nella Fig.1, anche alla luce dei più recenti risultati delle neuroscienze, si può considerare un’esperienza in cui siamo “immersi” attraverso un engagement spazio/temporale. Altrove, con il concetto di territorializzazione è stato ridefinito il rapporto con le risorse am128 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Territorio e metaterritorio come spazio di relazioni bientali (Battaglini, 2014; Battaglini, 2016; Battaglini, 2020b) in termini di affordance e non di funzioni, provando a fare un passo oltre gli schemi interpretativi costruzionisti che ancora condizionano le scienze sociali, muovendoci verso un “costruzionismo-contestuale” che faccia anche riferimento ai quadri teorici della sociologia dell’ambiente (Beato, 1993). Figura 1. Fonte: elaborazione dell’autore In attesa di definire meglio il territorio, nella sua dimensione di servizi, come spazio di “accessibilità”, da intendersi in termini di systems of provisions (Fine, Leopold, 1993; Spaargaren, 2000) e di “capacitazione”, secondo la teoria delle capabilities (Nussbaum, Sen, 1993; Nussbaum, 2011), si tenterà qui di delineare la dimensione di “metaterritorio”, che definisce spazi di collaborazione e di co-produzione di conoscenze (per la corroborazione empirica di questo concetto si vedano Battaglini 2021; 2022). In un’epoca in cui stiamo facendo esperienza del distanziamento sociale come strumento di prevenzione dell’esposizione al virus Sars-Cov-2, gli ambienti digitali, verso cui abbiamo fatto transitare le nostre relazioni, interrogano noi studiosi socioterritoriali, nonché gli urbanisti, gli architetti, gli ingegneri anche in quanto abitanti e cittadini. È opportuno infatti chiedersi se questi spazi possano essere ancora considerati come “Altro da noi”, come res extensa. In questa prospettiva: che cos’è lo spazio, come definire il concetto di territorio, dell’abitare, del coltivare, apprendere, dell’amare e desiderare, oggi? Quali cornici di direzione e senso dare allo spazio di relazioni, ai bisogni e alle domande sociali, sfidati ovunque dalla pandemia? 129 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Battaglini Una scuola (si veda Ciaffi e Saporito in questo stesso Volume), ad esempio, posto il suo alto valore sociale culturally responsive, può essere compresa (o progettata) non come contenitore (statico) di funzioni ma come processo dinamico all’interno di relazioni multiscalari? Quale capitale semantico, ciò che dà direzione e senso ad un’azione, vogliamo imprimere ai quartieri, alle città e ai nostri territori, in una parola alla nostra esperienza di abitare e di apprendere? In termini di conoscenza (e di etica) è molto differente guardare il mondo dal punto di vista della relazione: se la trama di un sistema socioterritoriale, come una città, è costituita innanzitutto da relazioni, è importante considerare la città una rete in cui dare priorità prima ai legami, e solo poi ai singoli nodi. Se la pandemia ci ha spinto a ridefinire i codici urbani dello stare assieme, il cambiamento dei modelli dell’abitare passa infatti, in primis, attraverso la trasformazione dei codici del sapere e della conoscenza in termini di mutua costituzione di cultura e natura e, facendo ulteriori salti di scala, di mente e materia (Bateson, 1979; 1987), di corpi e luoghi, tra la città contemporanea e i suoi abitanti. Tra gli strumenti di ridefinizione di questi codici, vanno annoverate le tecniche di GIS mapping, di GIS partecipativi (PGis) e di pubblica partecipazione (PPGis). Questi sistemi sono caratterizzati da uno spostamento della tradizionale attenzione dal “dove” le comunità locali vivono a “come” vivono, consentendo di georeferenziare e rappresentare non solo la caratterizzazione organizzativa di un territorio, troppo spesso schiacciata su indicatori quantitativi, ma anche le percezioni, i bisogni e gli interessi delle diverse componenti del vivere locale (Vajjhala, 2005). Nonostante l’uso prettamente descrittivo o classificatorio dei GIS, i PGis, i PPGis e le altre tecniche di cultural-mapping e co-design (Chiesi e Costa, 2016) costituiscono strumenti preziosi in riferimento alla territorialità attiva, all’identità e all’orientamento dei processi di sviluppo territoriale nel corso del tempo. I progetti e i processi volti al cambiamento delle relazioni sociali, e al rafforzamento del senso di comunità sono, a parere di chi scrive, quelli che fanno un uso socialmente generativo (Magatti, 2017) degli strumenti e, a livello più generale, degli effetti della rivoluzione digitale, densificati ed ispessiti dall’emergenza Coronavirus. Attraverso il combinato disposto da questi due fenomeni sta, infatti, emergendo un ambiente valoriale e cognitivo in cui è di crescente importanza il senso del fare e del legarsi a progetti, il cui obiettivo non è solo il profitto ma la produzione di conoscenze e di significati da creare e apprezzare in modalità partecipativa, ground-up. In sostanza, tra le tante sfide che i big players dell’HighTech pongono, stanno 130 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Territorio e metaterritorio come spazio di relazioni anche prendendo forma nuovi legami sociali di condivisione di risorse e di conoscenze per trovare soluzioni condivise rispetto ai rischi globali e locali con cui ci stiamo confrontando (si veda Ciaffi in questo stesso Volume). Tra le pratiche condotte da ecosistemi cognitivi e community innovative e inclusive, l’uso generativo e collaborativo della strumentazione della Computer-Mediated Communication (CMC) sta producendo una nuova spazio-temporalità sociale e, in alcuni casi, sta rafforzando i legami infracomunitari e territoriali (Coppola et al., 2021; Venturi, Rago, 2020) creando, nell’infosfera (Floridi, 2014; 2020) uno spazio del sapere: uno spazio del vivere-sapere collettivo nonché del pensiero connettivo che organizza l’esistenza e la socialità delle comunità umane (cfr. Levy, 1996). La vera sfida, ma anche ciò verso cui alcune Comunità Resilienti (questo è il titolo del padiglione italiano alla Biennale di Architettura di Venezia 2021) puntano nelle proprie città e territori, è la coevoluzione tra networks socioterritoriali e i sistemi tecnologici che li infrastrutturano e interfacciano, da dotare di cornici condivise di senso e scopo. Nella costruzione di un’idea condivisa di futuro, un fattore decisivo sarà cioè quello costituito dal capitale semantico attorno all’“interpenetrazione” di sistemi digitali decentrati e territoriali al fine di mettere in rete l’intelligenza locale, a partire dal tessuto delle immagini, anche cartografiche, socialmente prodotte, in modo che città e territori si rivitalizzino grazie alla cooperazione diffusa e ai nuovi valori d’uso che ne discendono. Nella cornice della coevoluzione tra sistemi di ambiente naturale e costruito e le comunità che vi abitano, l’obiettivo è dunque quello di cocostruire, co-produrre la transizione tra la modellistica mainstream della Smart city verso Smart lands da intendersi come metaterritori collaborativi (Bonomi, Masiero, 2014; Zanenga, forthcoming; Zanenga, Nicoletti, 2015) in cui la qualità delle relazioni e dell’abitare corrisponda ad un’idea condivisa di città e di paesaggio, e a una visione di futuro negoziata attraverso una governance multiattoriale e multilivello (Palazzo, 2018; Palazzo, 2020). È importante comprendere come si co-costruiscono le relazioni urbane, lo spazio pubblico in primis, tra mindscapes e landscapes, tra in-vironments e en-vironments e a che cosa esse diano vita anche nelle nostre città e nei nostri territori. È quindi necessaria una teoria della conoscenza che ci veda come soggetti costruttori del mondo anche da un punto di vista pratico, tecnologico, sociale, istituzionale (Floridi, 2020). Da questa prospettiva, il costrutto di metaterritorio può consentire di includere nell’apparato concettuale della sociologia dell’ambiente e del territorio i temi dell’essere-tra della tecnologia e della infosfera (Floridi, 2014) 131 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Battaglini per connotare meglio gli spazi delle relazioni in cui abitiamo e apprendiamo all’interno di ambienti in cui si osserva una crescente interpenetrazione tra informazioni e flussi di dati, tra spazi fisici, virtuali, aumentati o misti Riflessioni conclusive «I luoghi hanno un’anima» (Hillman, 2004). Se il nostro compito è scoprirla, riconoscendo alcuni suoi tratti in noi stessi, l’anima dei luoghi è una rete di cui cogliere in primis i legami e poi i singoli nodi. Oggi, il funzionalismo razionalistico che echeggia nella pianificazione e progettazione urbana (e d’area vasta) mainstream cela, se non manipola, l’interiorità dei luoghi che “noi siamo”. Dietro le facciate dei palazzi, il manto urbano, i campi pianificati a giardino o con monocolture, dimentichiamo, se non neghiamo, la compresenza di topografie dinamiche fatte di sentimenti e memorie, figure e forze, fantasie e pensieri che vanno oltre il Sé. Nel presente contributo di tipo concettuale-metodologico (dal greco μέϑοδος: in direzione di, in cerca di una via, un cammino) si è tentato di tracciare il perimetro di un campo d’indagine, delle ipotesi, delle mappe possibili per varcare le soglie tra noi e i luoghi che abitiamo e, come studiosi, mettere in discussione l’agentività antropocentrica in favore di una relational agency. Riteniamo che la qualità di un piano o di un progetto sulla città contemporanea risieda, infatti, nelle capacità del progettista di cogliere i nessi profondi tra società e ambiente, proprio in quanto eticamente responsabile di orientare, e infrastrutturare, le modalità con cui si “appartiene”, si “abita” e, come si è tentato di illustrare, si “è” il territorio in cui affondano le proprie radici identitarie. E il progetto migliore, forse, sarà quello che permette il riconoscimento e la consapevolezza della relazione esistente tra i nostri paesaggi interiori e quelli inespressi dei luoghi, tra mindscapes e landscapes, come metaterritori in cui co-evolviamo. Coglierli, sentirli, mettercisi dentro, sono le condizioni necessarie per rispettarli, saperli vivere e trasformarli. Riferimenti bibliografici Adolphs R. (2003). Cognitive neuroscience of human social behaviour. Nature Review Neuroscience, IV: 165-178. doi: 10.1038/nrn1056 Agnoletti M., Neri Serneri S. (eds.) (2014). The Basic Environmental History. Cham: Springer. 132 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. Territorio e metaterritorio come spazio di relazioni Amin A. (2004). Regions unbound towards a new politics of place. 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