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2012, EPEKEINA. International Journal of Ontology. History and Critics
2016
The contribution aims at showing how the same “revisionism” attested in Greek tradition about Homer and the Trojan war can be detected in the Vergilian tradition as well. Specific attention is paid to the fabula lascivientis Didonis told in the “Aeneid” but rejected by a large part of literary tradition and, among others, by an epigram attributed to Ausonius ( Opuscula 23, 2, p. 420 Peiper). In this poem Dido herself is speaking, telling the truth about her own story and radically refusing Vergil’s arrangement of the meeting between the queen and Aeneas: a situation which recalls the rhetoric exercise of anaskeue or refutatio . Moreover, the opening of the poem, with the formula ille ego , seems to consciously allude to the so-called pre-proemium of the Aeneid .
estratto da Tre volte scandalo. Pierre Guyotat o le regole dell'inferno, a cura di M. Dotti e V. Parlato, Medusa, Milano 2008, 2008
Pierre Guyotat (Bourg-Argental, 1940) venne scoperto nel 1960 da Jean Cayrol, allora direttore della rivista "Ecrire". Guyotat ha attraversato le principali correnti letterarie e le più contrastate esperienze politiche collettive degli ultimi decenni, mantenendo uno stile personale e unico. Da Sur un cheval, il suo primo romanzo, passando per Éden, Éden, Éden e, soprattutto, Tombeau pour cinq cent mille soldats, Guyotat si è sempre mostrato fedele alla propria, personalissima cifra narrativa. Costretto a un lungo silenzio dalla malattia, dopo un internamento psichiatrico, conseguenza del coma di cui fu vittima nel 1977, Guyotat ha trovato nella scrittura autobiografica la chiave definitiva della propria poetica. Nascono da questa rinnovata consapevolezza libri quali Coma (tradotto in Italia da Medusa nel 2009), Vivre e Formation che nell'ultimo decennio hanno attirato su di lui le attenzioni di studiosi e lettori. Considerato da Michel Leiris uno dei principali scrittori della seconda parte del XX secolo, Pierre Guyotat ha in definitiva costruito il proprio universo poetico-letterario fondandosi essenzialmente su due elementi: una inconsueta carica visionaria e una lingua capace di muovere una molteplicità di registri diversi, dal tragico all'epico, al grottesco.
«Sinestesieonline», anno VI, n. 21, ottobre 2017, 2017
Il contributo esplora le riflessioni di Ricciotto Canudo sul cinema, concepito come “settima arte” e sintesi delle arti tradizionali. Attraverso i suoi numerosi scritti teorici risalenti ai primi anni '20 Canudo tratta le principali questioni tecniche ed estetiche legate al nuovo mezzo artistico e utilizza ampiamente esempi tratti dalla cinematografia a lui coeva per sostenere le proprie tesi.
Con La ferocia Nicola Lagioia rivendica e mette in pratica il diritto/dovere – a suo dire – di ogni scrittore: sondare le profondità e le zone d'ombra dell'animo umano alla ricerca di un'idea non univoca dell'uomo e del mondo. Nel romanzo il mezzo attraverso cui questa ricerca viene portata avanti è il genere noir, occasione per indagare su corruzione e giochi di potere (che ben rappresentano uno dei volti del Sud e dell'intera Italia) passando per il racconto delle vicende della famiglia Salvemini. Il presente articolo mira essenzialmente a mettere in luce la maniera in cui influenze, letterarie e non, diversissime fra loro, sono state armonicamente incorporate da Lagioia nella sua narrazione, ricca di analessi più o meno lunghe e caratterizzata dallo scardinamento di ogni linearità cronologica. Come vedremo, il fitto dialogo intrattenuto da Lagioia con la tradizione letteraria (la lezione di Emily Brontë,
La discussione di un libro recente di Andrea Nicolotti offre un'importante occasione per esaminare i procedimenti argomentativi della cosiddetta sindonologia e per riflettere sulla preoccupante tendenza di autori, editori e mass media a recepire e diffondere tra il grande pubblico clamorose falsificazioni di documenti e arbitrarie ricostruzioni di presunti avvenimenti storici. In particolare, alla luce delle preziose analisi svolte da Nicolotti, vengono qui esaminati i tentativi recenti di accreditare due tesi, che ad un esame approfondito si rivelano completamente infondate: la prima sostiene l'identificazione tra la Sindone di Torino ‒ la cui esistenza non è storicamente documentabile anteriormente alla seconda metà del secolo XIV ‒ e il famoso Mandylion conservato a Edessa e trasferito nel 944 a Costantinopoli; la seconda, basandosi sulla prima, vorrebbe provare che i Templari, nella seconda metà del Duecento, vennero in possesso del prezioso sudario di Gesù, giunto in Occidente dopo essere stato trafugato dai crociati durante il saccheggio della capitale bizantina, nel 1204. Il corollario di questo assurdo castello di ipotesi è che il misterioso idolo che alcuni Templari, sotto tortura, durante i processi del 1307, confessarono di adorare nelle loro cerimonie iniziatiche, altro non era che il lenzuolo funebre di Gesù Nazareno, giunto nel 1578 a Torino e lì tuttora conservato.
Bernard Stiegler: Memories of the Future, 2024
International Journal of Human Rights, 2021
en MARTÍN LÓPEZ, D. y ORTS-RUIZ, F. (coords.), Moriscos y conversos en el aula... y más allá, Madrid, Dykinson, 2023, pp. 41-55. ISBN: 978-84-1170-040-5
2016
Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, 2005
Euro surveillance/Eurosurveillance, 2024
Oncology Letters, 2015
Reme: Revista Mineira de Enfermagem, 2013
Blucher Medical Proceedings, 2019
Bijdragen tot de taal-, land- en volkenkunde / Journal of the Humanities and Social Sciences of Southeast Asia, 2008