Agnese Pergola
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Papers by Agnese Pergola
Office. A field of exploration and experimentation was, in particular, the Museum of Written Communication of the Romans, a “museum within the museum” but also one of the main epigraphic museums in the world. The
inscriptions thus were the protagonists not only of a series of educational activities, promoted by the Educational Service, but also of a column on the Museum’s social channels, during the months of lockdown and beyond. #StoriedaMNR are short fictional stories constructed through an accurate historical reconstruction, on real characters mentioned in epigraphic texts. The success of this initiative led to the publication of the volume “101Storie Svelate. Le iscrizioni del Museo Nazionale Romano raccontano Roma”(“101 Stories Unveiled. The inscriptions of the National Roman Museum narrate Rome”), published by the Museum’s Educational Service.
as a gift from Prince Giulio Pallavicini. The study will be conducted through a multidisciplinary approach based on critical readings of Archives of the National Roman Museum documents.
Il XII Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana si presenta come occasione per delineare il quadro, preliminare a un più sistematico censimento, dei reperti cristiani conservati nel Museo Nazionale Romano. Il punto di partenza è costituito dalla prima “collezione cristiana” resa nota da Roberto Paribeni nel 1915, formata dai materiali del Museo Kircheriano confluiti nel Museo delle Terme e da alcuni reperti già conservati nei depositi tra i quali si annoverano numerose iscrizioni, frammenti di sarcofago e lucerne, oltre ad alcuni manufatti ritenuti cristiani all’epoca del ritrovamento, dei quali gli studi più recenti hanno messo in discussione la connotazione cristiana.
La disponibilità dei dati contenuti negli archivi del Museo, dal Catalogo, all’Archivio Storico, a quello fotografico, costituisce la base documentale per ricostruire la storia della formazione della “collezione cristiana” e per ripercorrerne le molteplici vicende espositive, nell’ottica della definizione della sua attuale consistenza.
The interest of these iconographic documents lies primarily in the continuity of use of this narrative particularly in the private, domestic, and funerary spheres. Although the peculiarity of the scenes depicted does not show accurate comparisons in all cases, the events of Aeneas and the general subject matter of the Primordia Urbis Romae are particularly versatile themes to the extent that they were used on heterogeneous and functionally different artifacts. From the analysis presented here, it seems to emerge that where these themes did not encounter an established iconographic tradition, the choice was made to rely on earlier literary sources capable of providing greater detail, which could have been helpful in defining the narrative in images.
The aim of this paper is to analyse, from a comparative perspective, iconographic representation of the figures of the saints, considered from one side as an exempla virtutis, where images promotion was the Church’s duty, and from the other side as a privileged means of intercession with God. The analysis intends to trace in brief the evolutionary path and to underline the points of contact and of divergence, up until the end of the age of frequentation of the catacombs (VII-VIII century). In particular, starting from the end of pope Damasus pontificate (366-384), it is possible to glimpse a double track showing, from one side, the relaunching of the cult of the martyrs through the famous and imposing epigraphic production of the pope and, from the other side, thanks to this new impulse, an increase in the iconographic elaboration of hagiographic type that will lead to different solutions.
Nazionale Romano è strettamente legata alla storia recente del
Museo e alla situazione emergenziale creata dalla pandemia Sars-
Cov-2 (Covid-19). In particolare l’esperienza del lockdown ha fornito
un’occasione di rilancio della comunicazione social del Museo
offrendo la possibilità di mantere un legame attivo con i propri
visitatori effettivi e potenziali. Le strategie attuate sono state basate
principalmente su esperienze precedentemente condotte in presenza,
rielaborate e riorganizzate in modo da rivelarsi efficaci anche sulle
piattaforme social. Ricostruendo le diverse fasi che hanno portato allo sviluppo di queste nuove strategie, si esaminano le diverse
forme di edutainment che il Museo ha proposto e continua a proporre,
con particolare attenzione al coinvolgimento delle iscrizioni.
Protagoniste di uno specifico storytelling, questi reperti sono stati
in grado non solo di recuperare la propria valenza comunicativa
ma soprattutto di avvicinare il grande pubblico al mondo antico.
Roma ma an che i suoi visitatori e, nello specifico, quelli del Museo. Se, infatti, solitamente si è poco inclini ad associare questa città a questo periodo storico, è proprio attraverso un programma di attività mirate che il pubblico ha ampliato il limite cronologico della propria esperienza.
Il presente contributo, partendo da una selezione di materiali, intende mettere in evidenza alcune peculiarità relative all'interpretazione dei testi biblici, dalle più antiche attestazioni di tipo funerario provenienti dalle aree sepolcrali del complesso (IV-V secolo) arrivando alle testimonianze più tarde (VII secolo) di ambito liturgico.
In particolare, saranno illustrati esempi tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento tradotti in immagini, simboli e testi scolpiti sulle fronti dei sarcofagi e incisi sulle lapidi sepolcrali, nonché su frammenti pertinenti all'arredo liturgico della basilica paleocristiana.
Le scene e i testi epigrafici metteranno in luce alcuni aspetti del pensiero cristiano declinato secondo tematiche proprie della mentalità tardoantica legata al concetto della morte, quali la salvezza ultima agognata dal defunto e l'aderenza ai principi cristiani attraverso professioni di fede di matrice biblica, nonché agli aspetti più propriamente liturgici.
L'insieme delle evidenze materiali esaminate permetterà, quindi, di aprire uno spiraglio sulla mentalità delle prime comunità cristiane di Roma tra il IV e il VII secolo e sul loro approccio interpretativo alle fonti bibliche.
Office. A field of exploration and experimentation was, in particular, the Museum of Written Communication of the Romans, a “museum within the museum” but also one of the main epigraphic museums in the world. The
inscriptions thus were the protagonists not only of a series of educational activities, promoted by the Educational Service, but also of a column on the Museum’s social channels, during the months of lockdown and beyond. #StoriedaMNR are short fictional stories constructed through an accurate historical reconstruction, on real characters mentioned in epigraphic texts. The success of this initiative led to the publication of the volume “101Storie Svelate. Le iscrizioni del Museo Nazionale Romano raccontano Roma”(“101 Stories Unveiled. The inscriptions of the National Roman Museum narrate Rome”), published by the Museum’s Educational Service.
as a gift from Prince Giulio Pallavicini. The study will be conducted through a multidisciplinary approach based on critical readings of Archives of the National Roman Museum documents.
Il XII Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana si presenta come occasione per delineare il quadro, preliminare a un più sistematico censimento, dei reperti cristiani conservati nel Museo Nazionale Romano. Il punto di partenza è costituito dalla prima “collezione cristiana” resa nota da Roberto Paribeni nel 1915, formata dai materiali del Museo Kircheriano confluiti nel Museo delle Terme e da alcuni reperti già conservati nei depositi tra i quali si annoverano numerose iscrizioni, frammenti di sarcofago e lucerne, oltre ad alcuni manufatti ritenuti cristiani all’epoca del ritrovamento, dei quali gli studi più recenti hanno messo in discussione la connotazione cristiana.
La disponibilità dei dati contenuti negli archivi del Museo, dal Catalogo, all’Archivio Storico, a quello fotografico, costituisce la base documentale per ricostruire la storia della formazione della “collezione cristiana” e per ripercorrerne le molteplici vicende espositive, nell’ottica della definizione della sua attuale consistenza.
The interest of these iconographic documents lies primarily in the continuity of use of this narrative particularly in the private, domestic, and funerary spheres. Although the peculiarity of the scenes depicted does not show accurate comparisons in all cases, the events of Aeneas and the general subject matter of the Primordia Urbis Romae are particularly versatile themes to the extent that they were used on heterogeneous and functionally different artifacts. From the analysis presented here, it seems to emerge that where these themes did not encounter an established iconographic tradition, the choice was made to rely on earlier literary sources capable of providing greater detail, which could have been helpful in defining the narrative in images.
The aim of this paper is to analyse, from a comparative perspective, iconographic representation of the figures of the saints, considered from one side as an exempla virtutis, where images promotion was the Church’s duty, and from the other side as a privileged means of intercession with God. The analysis intends to trace in brief the evolutionary path and to underline the points of contact and of divergence, up until the end of the age of frequentation of the catacombs (VII-VIII century). In particular, starting from the end of pope Damasus pontificate (366-384), it is possible to glimpse a double track showing, from one side, the relaunching of the cult of the martyrs through the famous and imposing epigraphic production of the pope and, from the other side, thanks to this new impulse, an increase in the iconographic elaboration of hagiographic type that will lead to different solutions.
Nazionale Romano è strettamente legata alla storia recente del
Museo e alla situazione emergenziale creata dalla pandemia Sars-
Cov-2 (Covid-19). In particolare l’esperienza del lockdown ha fornito
un’occasione di rilancio della comunicazione social del Museo
offrendo la possibilità di mantere un legame attivo con i propri
visitatori effettivi e potenziali. Le strategie attuate sono state basate
principalmente su esperienze precedentemente condotte in presenza,
rielaborate e riorganizzate in modo da rivelarsi efficaci anche sulle
piattaforme social. Ricostruendo le diverse fasi che hanno portato allo sviluppo di queste nuove strategie, si esaminano le diverse
forme di edutainment che il Museo ha proposto e continua a proporre,
con particolare attenzione al coinvolgimento delle iscrizioni.
Protagoniste di uno specifico storytelling, questi reperti sono stati
in grado non solo di recuperare la propria valenza comunicativa
ma soprattutto di avvicinare il grande pubblico al mondo antico.
Roma ma an che i suoi visitatori e, nello specifico, quelli del Museo. Se, infatti, solitamente si è poco inclini ad associare questa città a questo periodo storico, è proprio attraverso un programma di attività mirate che il pubblico ha ampliato il limite cronologico della propria esperienza.
Il presente contributo, partendo da una selezione di materiali, intende mettere in evidenza alcune peculiarità relative all'interpretazione dei testi biblici, dalle più antiche attestazioni di tipo funerario provenienti dalle aree sepolcrali del complesso (IV-V secolo) arrivando alle testimonianze più tarde (VII secolo) di ambito liturgico.
In particolare, saranno illustrati esempi tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento tradotti in immagini, simboli e testi scolpiti sulle fronti dei sarcofagi e incisi sulle lapidi sepolcrali, nonché su frammenti pertinenti all'arredo liturgico della basilica paleocristiana.
Le scene e i testi epigrafici metteranno in luce alcuni aspetti del pensiero cristiano declinato secondo tematiche proprie della mentalità tardoantica legata al concetto della morte, quali la salvezza ultima agognata dal defunto e l'aderenza ai principi cristiani attraverso professioni di fede di matrice biblica, nonché agli aspetti più propriamente liturgici.
L'insieme delle evidenze materiali esaminate permetterà, quindi, di aprire uno spiraglio sulla mentalità delle prime comunità cristiane di Roma tra il IV e il VII secolo e sul loro approccio interpretativo alle fonti bibliche.
Per il primo periodo la sua attività si limitò a salvaguardare, con alterne fortune, le antichità e i monumenti sotto la sua tutela dai danni derivati dagli avvenimenti bellici. Al termine del conflitto l'attenzione dell'archeologo campano si concentrò da una parte al ripristino dei monumenti, dall'altra alla riapertura al pubblico del Museo Nazionale Romano, avvenuta già il 14 luglio 1946.
Ben presto però Aurigemma e i suoi collaboratori iniziarono a lavorare su un nuovo progetto di Museo, che prevedesse non solo un ampliamento degli spazi aperti al pubblico, ma anche un aggiormento dei criteri allestitivi ed espostivi. Il Museo rinnovato fu aperto nuovamente al pubblico il 16 aprile del 1953.
In questa sede, attraverso la disamina dei documenti e delle fotografie degli Archivi del Museo Nazionale Romano, si analizzeranno i differenti allestimenti del 1946 e del 1953 dal punto di vista dei criteri espositivi, soprattutto in rapporto con il contesto di scavo.
Starting from the Scriptures and the Fathers of the Church, we will identify lines of investigation that correspond to the different meanings of peace in the Christian context. We will therefore analyze the iconographic themes deriving from these definitions to assess whether there is any codification of the concept of peace, whether there are derivations from previous themes and how these images were used in early Christianity.
Il XII Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana si presenta come occasione per delineare il quadro, preliminare a un più sistematico censimento, dei reperti cristiani conservati nel Museo Nazionale Romano. Il punto di partenza è costituito dalla prima “collezione cristiana” resa nota da Roberto Paribeni nel 1915, formata dai materiali del Museo Kircheriano confluiti nel Museo delle Terme e da alcuni reperti già conservati nei depositi tra i quali si annoverano numerose iscrizioni, frammenti di sarcofago e lucerne, oltre ad alcuni manufatti ritenuti cristiani all’epoca del ritrovamento, dei quali gli studi più recenti hanno messo in discussione la connotazione cristiana.
La disponibilità dei dati contenuti negli archivi del Museo, dal Catalogo, all’Archivio Storico, a quello fotografico, costituisce la base documentale per ricostruire la storia della formazione della “collezione cristiana” e per ripercorrerne le molteplici vicende espositive, nell’ottica della definizione della sua attuale consistenza.
Le #StoriedaMNR puntano a mettere in contatto i follower non solo con una determinata iscrizione ma, in senso più ampio, a offrire delle chiavi di lettura che permettano di comprendere meglio reperti analoghi e il contesto in cui questi sono stati realizzati. Infatti, ognuna delle vicende narrate, di pura fantasia è, in realtà, l’espediente per proporre uno specifico tema di carattere storico-antiquario; la narrazione diviene così il mezzo per comprendere il senso del reperto e, allo stesso tempo, apprendere il contesto storico e gli aspetti antiquari che a esso sono sottesi.
Guidata, quindi, dall’ambizione di ampliare lo sguardo del lettore, la redazione dei testi si serve di alcuni specifici accorgimenti: innanzitutto la brevità. Il limite massimo di 2200 battute “imposto” da Instagram, permette a queste narrazioni un tempo di lettura breve, durante il quale è facile mantenere costante la soglia di attenzione; parallelamente alla stringatezza è quindi indispensabile l’identificazione dei piccoli efficaci dettagli che tengano viva la concentrazione guidandola verso l’obiettivo della narrazione. Si tenta poi di indurre il lettore a creare delle immagini mentali del mondo antico, suggerendo un contesto sensoriale specifico e stimolando l’aspetto emotivo: l’apporto delle neuroscienze in ambito didattico evidenzia quanto sia più facile memorizzare concetti che si associno a un’emozione piacevole possibilmente già attivata da una stimolazione sensoriale.
La reazione dei follower del Museo è stata talmente positiva che le #StoriedaMNR sono diventate una vera e propria “rubrica” settimanale, attesa dal pubblico (”il sabato mattina siete per me diventati ormai un appuntamento fisso”). Da una rapida disamina dei commenti che, di volta in volta vengono lasciati in calce ai racconti, colpisce come molti sentano il desiderio di ringraziare. Si ringrazia perché le storie “ci avvicinano a reperti che normalmente non sembrano così appassionanti… li fate vivere e palpitare”, perché presentano “anche l’aspetto umano, umanissimo delle singole opere d’arte”, ma anche perché “si dà voce anche a coloro che non sono passati alla storia” e perché “quante cose ci fate imparare!”.
Si propone dunque di analizzare le diverse componenti dello storytelling messo in atto dal Museo Nazionale Romano al fine di confrontarne e valutarne strategie e obiettivi.
Si tratta di otto frammenti pittorici, che costituiscono un’interessante testimonianza della pittura romana nell’ambito del collezionismo settecentesco e che differiscono fra loro per dimensioni e cronologia.
I due elementi più grandi, che rappresentano rispettivamente una figura femminile seminuda con un recipiente metallico nella mano sinistra e una figura maschile con corta tunica e mantello, sono probabilmente ascrivibili al III secolo d.C.; come emerge dall’analisi della documentazione di archivio, è possibile ipotizzare che essi fossero stati acquistati dai Principi Rospigliosi prima del 1737 e che provenissero da uno scavo effettuato nell’area urbana compresa tra Colosseo ed Esquilino nel 1668.
Gli altri sei pannelli, databili alla fine del I secolo d.C., provengono con ogni probabilità dagli ambienti affrescati di edifici residenziali successivamente obliterati dalle strutture delle Terme di Costantino sul Quirinale, sopra le quali nel XVII secolo fu edificato il palazzo Borghese poi Altemps, divenuto proprietà Rospigliosi nel 1704. Tali frammenti pittorici, infatti, furono rinvenuti nel corso dei lavori per l’ampliamento del palazzo effettuati nel 1709 e vennero staccati insieme ad altri affreschi, confluiti nella collezione Rospigliosi ed esposti per lungo tempo al piano terreno del palazzo. Il distacco fu disposto da Francesco Bartoli, allora Commissario delle Antichità, che provvide a trasferire le pitture su fodere di gesso e a sistemarle in quadri, come testimoniato dalle Memorie della Casa Rospigliosi. I disegni eseguiti dal Bartoli in quella occasione ebbero un’immediata eco nelle edizioni a stampa, tanto che gli affreschi,, già a partire dalla prima metà del XVIII secolo, furono riprodotti da numerosi artisti e furono poi inseriti nei principali repertori di pittura romana. Il nucleo di sei pannelli pervenuto al Museo Nazionale Romano comprende tre piccoli frammenti con eroti ed elementi vegetali e tre quadretti con scene figurate e sfondi paesistici; questi ultimi sono stati interpretati dalla critica come raffiguranti rispettivamente un atleta vincitore o un eroe che si incorona, una scena di banchetto e le divinità Vertumno e Pomona.
Nonostante la loro notevole importanza archeologica e storico-artistica, gli affreschi per lungo tempo non sono stati adeguatamente valorizzati. Giunti al Museo Nazionale Romano chiusi entro pesanti cornici dorate e protetti da vetri, furono collocati nei depositi delle Terme di Diocleziano e furono sottoposti a un primo intervento conservativo tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento. In seguito, sono stati nuovamente restaurati alla fine degli anni Novanta subito prima di essere concessi in prestito all’Altes Museum di Berlino, dove sono stati esposti al pubblico dal 1998 al 2002. Dopo un ultimo intervento conservativo effettuato nel 2012 nei laboratori di restauro del Museo Nazionale Romano, nel 2014 gli otto pannelli dipinti sono stati finalmente esposti in modo permanente a Palazzo Altemps, sede dedicata alle collezioni storiche del Museo.