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08/04/25

Arpita Singh alla Serpentine di Londra


 In questi giorni gli spazi della Serpentine North ospitano le opere di Arpita Singh raccolte sotto il titol "Remembering"
 
Si tratta della prima mostra personale di Arpita Singh fuori dall'India, che presenta opere chiave selezionate in stretta collaborazione con l'artista dalla sua prolifica carriera che dura da oltre sei decenni. I dipinti di Singh si concentrano sul suo stato emotivo e psicologico, attingendo all'arte popolare bengalese e alle storie indiane, intrecciate con esperienze di sconvolgimenti sociali e conflitti globali.


La mostra alla Serpentine North ripercorre le opere luminose di Singh dagli anni '60 agli anni più recenti, esponendo i suoi dipinti a olio su larga scala e i suoi acquerelli e disegni a inchiostro più intimi. Remembering presenta l'esplorazione dell'artista del Surrealismo, della figurazione, dell'astrazione e la sua ispirazione dalle miniature indiane. Dagli anni '90, Singh ha esplorato sempre di più i temi della maternità, dell'invecchiamento della forma femminile, della sensualità femminile, della vulnerabilità e della violenza, dimostrando l'impatto delle relazioni e degli eventi esterni sul panorama emotivo e psicologico dell'artista.


Le sue opere sono ritratti intimi della vita domestica e interiore, ma sono ugualmente interessate alle esperienze delle donne che navigano nel mondo esterno. Resistendo all'interpretazione singolare, Arpita Singh esplora una tensione onnipresente che nasce dall'intrecciare insieme labirintici paesaggi urbani con osservazioni di inquietanti eventi storici e vita quotidiana.

Arpita Singh, Remembering, Serpentine North © 
 tutte le foto di Jo Underhill. Courtesy Arpita Singh e Serpentine.

07/04/25

15 x P420



Con una abbraccio collettivo la galleria P420 di Bologna festeggia i suoi quindi anni di attività, un lungo ed emozionante percorso avviato nel 2010 da Fabrizio Padovani e Alessandro Pasotti.  Le opere esposte, nella mostra che si è appena conclusa, si sono intrecciate come i fili di una narrazione che oltrepassa confini geografici e temporali, generando una molteplicità di visioni diverse.




Artisti esposti: Helene Appel, Riccardo Baruzzi, Irma Blank, Adelaide Cioni, Marie Cool Fabio Balducci, John Coplans, June Crespo, Filippo de Pisis, Victor Fotso Nyie, Laura Grisi, Milan Grygar, Rodrigo Hernández, Paolo Icaro, Merlin James, Ana Lupas, Piero Manai, Richard Nonas, Mairead O'hEocha, Francis Offman, Alessandro Pessoli, Stephen Rosenthal, Joachim Schmid, Alessandra Spranzi, Monika Stricker, Goran Trbuljak, Franco Vaccari, Pieter Vermeersch, Shafei Xia


06/04/25

Emamet / Troy

 
Esterno del Museo di Troia, Canakkale, Turchia. Credito fotografico: Osman Çapalov

Il Troy Museum, situato vicino alle leggendarie rovine di Troia, presenta Emanet/Troy, l'ultima iterazione della serie Emanet in corso di Vuslat, dal 25 maggio al 25 luglio 2025. Curata da Paolo Colombo, la mostra approfondisce l'esplorazione dell'artista di Emanet, un concetto che incarna fiducia, cura, conservazione e responsabilità: ciò che ci è affidato e di cui, a nostra volta, diventiamo custodi. Dopo le mostre istituzionali al Baksı Museum (2023) e al MSGSU Tophane-i Amire (2024), Emanet/Troy pone questa indagine in dialogo diretto con uno dei siti archeologici più significativi della storia.

Il progetto è stato reso possibile grazie all'invito del Prof. Rüstem Aslan, Direttore degli Scavi archeologici di Troia, e Rıdvan Gölcük, Direttore del Museo di Troia, la cui collaborazione ha radicato la mostra nel tessuto storico e culturale di Troia. Il loro coinvolgimento rafforza il legame della mostra con l'archeologia, la mitologia e la conservazione delle antiche narrazioni.

Il Prof. Dr. Rüstem Aslan ha affermato: "La storia di Troia, come raccontata nell'Iliade di Omero, ha ispirato artisti per millenni. Attraverso il linguaggio dell'arte contemporanea, l'eredità del Patrimonio culturale mondiale viene preservata e tramandata di generazione in generazione. La mostra Emanet di Vuslat riunisce l'antica tradizione di amministrazione dell'Anatolia con Troia e Omero, offrendo un nuovo linguaggio e una nuova interpretazione".
Rıdvan Gölcük ha affermato: "Le pietre di Troia, i versi di Omero e l'arte di Vuslat condividono una memoria senza tempo, che sfida l'oblio. Emanet è più di una conservazione; è una responsabilità, un'eredità vivente che dobbiamo portare avanti. Proprio come Troia resiste attraverso cicli di guerra, pace e rinascita, questa mostra ci ricorda che siamo tutti custodi della storia e della cultura".

Nel suo nucleo, Emanet/Troy presenta opere scultoree e installative che creano un dialogo stratificato con il sito. Sculture in ceramica, che da certe angolazioni sembrano uccelli in volo, evocano movimento e fragilità. Forme botaniche sospese racchiuse in bagni d'argento suggeriscono una trasformazione alchemica della natura. Grandi disegni a gesso sanguigno, realizzati con pigmenti naturali di Bayburt, Turchia, ancorano la mostra alla terra, mentre una scultura a forma di catena simboleggia la natura intrecciata di storie personali e ancestrali. Le opere in rete cinetica imitano sottilmente la crescita organica, integrando l'arte contemporanea nell'ambiente archeologico del museo.


Umbilical Cord Of Life, 2023 3D Print on PLA. 450 x 600 cm. Photo Credit: Nazli Erdemirel

La mostra si sviluppa su cinque livelli concettuali: l'opera d'arte stessa, la storia con cui interagisce, il mondo naturale a cui fa riferimento, le tradizioni narrative dell'Iliade e le voci, sia umane che non umane, che hanno portato avanti la sua eredità nel tempo.

La mostra si sviluppa su cinque livelli concettuali: l'opera d'arte in sé, la storia con cui interagisce, il mondo naturale a cui fa riferimento, le tradizioni narrative dell'Iliade e le voci, sia umane che non umane, che hanno portato avanti la sua eredità nel tempo. Radicata nella visione artistica e nell'esplorazione dei materiali di Vuslat, ogni opera in Emanet/Troy emerge dal suo processo creativo pratico e dalla sua pratica profondamente personale.

Il curatore Paolo Colombo descrive la pratica artistica di Vuslat come profondamente intrecciata con la natura e la generosità. “La natura è onnipresente nel suo lavoro, dalle sculture in terracotta ai rami delicati che rispecchiano gli intricati schemi della vita vegetale. La sua arte incarna la generosità, un atto di dare, ricevere e proteggere, creando un flusso infinito di energia. I suoi grandi disegni a gesso sanguigno di uccelli catturano questa essenza, i loro pigmenti tratti dalla terra, le loro ali che abbracciano tela e cielo. Quando mi ha fatto conoscere The Conference of the Birds, ho ricordato la mia visita a Troia, dove sette upupe si appollaiavano sulle sue antiche mura. In quel momento, il suo lavoro e la mitologia degli uccelli sono diventati inseparabili: un dialogo tra storia, narrazione e il miracolo del volo.”
Gli elementi sonori svolgono un ruolo chiave, intrecciando la storia orale e la mitologia nella mostra. Da due grandi vasi di ceramica, un racconto popolare anatolico, raccontato dalla voce dell'artista, riecheggia nello spazio, riflettendo sulle tradizioni orali che hanno mantenuto viva la memoria di Troia per secoli.

Radicata nell'Iliade, la mostra esamina la trasmissione della storia, l'equilibrio tra guerra e pace e il ruolo della natura come custode e testimone della civiltà umana. Come la natura ha salvaguardato le rovine di Troia per millenni, così anche l'arte funge da contenitore per la memoria e la continuità. Attraverso emanet, la mostra chiede: quali storie ereditiamo? Quali responsabilità abbiamo nel preservarle?

25 maggio - 25 luglio 2025 | Troy Museum, Çanakkale, Turchia


Senza titolo III e IV, 2023 Carboncino mescolato a pastello morbido e pigmenti naturali prodotti dalla terra e dalle pietre della geografia su tela, 210 x 285 cm. Credito fotografico: Nazli Erdemirel

05/04/25

Milano Design Week 2025

 

Mentre in questi giorni Milano è attiva sul mondo dell'arte col Miart, sono già tanti i segnali della nuova edizione del Milano Design Week 2025 evento di portanta mondiale che per qualche giorno rende eccezionale esplorare le vie della città, con le centinaia di eventi che si sviluppano. 

Quest'anno la durata sarà  dal 7 al 13 aprile 2025,  come sempre legata allo storico Salone del Mobile, diffusa nei suoi sei distretti: Brera, Tortona, 5Vie, Isola, Durini e Porta Venezia, come sempre armatevi di buone scapre e una borraccia! 



04/04/25

Marie Matusz alla Kunsthalle di Basilea

 


La  Kunsthalle Basel ospita una serie di opere site-specific della pratica artistica, Marie Matusz (*1994) che esplora complesse relazioni tra materialità, memoria e narrazione, attraverso installazioni scultoree, suoni, testi e film. 

Traendo spunto da teorie filosofiche, sociologiche e linguistiche, le sue opere sono portatrici di una sensibilità cinematografica: immobilità e movimento si scontrano per creare spazi riflessivi in ​​cui passato e futuro si incontrano. 



Attraverso la stratificazione dei materiali e la coreografia degli incontri spaziali, Matusz invita gli spettatori a scoprire le fragili relazioni tra percezione e tempo e a comprendere la vulnerabilità insita nel processo di comprensione.

 Le sue opere nascono da un processo sia artistico che curatoriale e possono essere intese come capitoli di una narrazione più ampia.



03/04/25

OGR Torino e CAMERA insieme per Exposed



foto di Olga Cafiero, dal progetto Cultus Langarum, 2025

 Fra pochi giorni prende avvio EXPOSED Torino Foto Festival, dal 16 aprile al 2 giugno, per l'occasione sono annunciate due mostre, prodotte in occasione del festival, in collaborazione con le OGR Torino e CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino. Si tratta di Almost Real. From Trace to Simulation, curata da Samuele Piazza e Salvatore Vitale, nel Binario 2 delle OGR Torino e di Olga Cafiero. Cultus Langarum, a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, curata da Giangavino Pazzola.
 
“Beneath the Surface” è il tema della seconda edizione del Festival, organizzato dalla Fondazione per la Cultura Torino, sotto la guida dei direttori artistici Menno Liauw e Salvatore Vitale, e promosso da Città di Torino, Regione Piemonte, Camera di commercio di Torino, Intesa Sanpaolo, Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT in sinergia con Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. Dodici mostre, tra personali e collettive, 16 artisti provenienti da 12 paesi (Italia, Germania, Regno Unito, Svizzera, Stati Uniti, Taiwan, Hong Kong, Bolivia, Repubblica Democratica del Congo, Zimbabwe, Sud Africa e Palestina), 7 prestigiose sedi espositive (Accademia Albertina di Belle Arti, Archivio di Stato, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, Gallerie d’Italia - Torino, GAM - Galleria d’Arte moderna e contemporanea, OGR Torino e Palazzo Carignano): questi in sintesi i numeri di EXPOSED Torino Foto Festival, che presenta una panoramica internazionale delle ultime tendenze della fotografia contemporanea.
 
Il tema del festival invita a esplorare realtà e contenuti nascosti sotto la superficie delle immagini, non solo quelle catturate dagli obiettivi degli artisti, ma anche quelle generate, trasformate, ritoccate, attraverso tecnologie sempre più avanzate e interconnesse tra loro. E proprio in questo solco si muove la mostra collettiva, che aprirà il 16 aprile al Binario 2 delle OGR Torino, dal titolo Almost Real. From Trace to Simulation, curata da Samuele Piazza, Senior Curator delle OGR Torino, e Salvatore Vitale, uno dei direttori artistici del festival, con protagonisti gli scatti e le opere di Lawrence Lek, Nora Al-Badri e Alan Butler. Dalla relazione tra videogiochi e fotografia al ruolo della memoria nei musei, fino al confine tra intelligenza artificiale e coscienza, la mostra mette in discussione il concetto stesso di autenticità e verità, immaginando anche le implicazioni future delle immagini AI-generated.

Alan Butler si muove tra virtuale e analogico con la serie Virtual Botany Cyanotypes. Prendendo spunto dal mondo dei videogiochi, trasforma piante digitali in stampe fotografiche realizzate con la tecnica della cianotipia, un antico processo dell’800. Il risultato è un dialogo tra pixel e materia, tra il virtuale che tenta di farsi reale e il reale che si lascia contaminare dal digitale.

Nora Al-Badri lavora sul confine tra archeologia e intelligenza artificiale. Con The Post-Truth Museume Babylonian Vision addestra un’AI su migliaia di immagini di manufatti mesopotamici, generando nuovi oggetti che non appartengono né al passato né al presente. Il suo lavoro solleva domande su chi ha il potere di conservare la memoria storica e su come la tecnologia possa riscrivere le narrazioni culturali e postcoloniali.

Lawrence Lek porta l’AI al centro della scena con Empty Rider, un film ambientato in un futuro distopico in cui un’auto a guida autonoma senziente viene processata per il tentato omicidio del suo creatore. Il video esplora il confine tra intelligenza e coscienza artificiale, ponendo domande sul ruolo etico della tecnologia e su quanto le macchine possano essere responsabili delle proprie azioni.
 
La storia, i personaggi e la cultura enologica delle Langhe, raccontati anche attraverso l’uso di documenti e materiali di archivio: ruota attorno a questi temi la mostra Olga Cafiero. Cultus Langarum, che si apre sempre il 16 aprile nella Project Room di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino. La mostra, sostenuta dall’azienda vinicola Garesio, raccoglie le serie fotografiche realizzate da Olga Cafiero, fotografa italo svizzera, vincitrice della prima edizione del Garesio Wine Prize for Documentary Photography e fra le artiste e gli artisti selezionati da Photo Elysée – Musée cantonale pour la photographie di Losanna per l’edizione 2024 di Futures Photography, piattaforma internazionale per talenti emergenti della fotografia di cui CAMERA è partner insieme ad altre istituzioni europee.
 
La mostra, curata da Giangavino Pazzola, presenta cinque serie fotografiche che riflettono sul rapporto tra l’ambiente e l’uomo, utilizzando diverse tecniche visive, tra cui la fotografia aerea, le scansioni digitali e i processi off camera. Il lavoro di Cafiero offre una visione inedita delle Langhe, raccontando il territorio e la cultura enologica attraverso la combinazione di diversi registri visivi e narrativi, che mescolano l’approccio quasi scientifico ad una visione poetica ed evocativa. L’opera di Cafiero cattura così l’essenza di un territorio che vive tra tradizione e modernità, tra conservazione e innovazione.

02/04/25

Arrivano i fiori degli Hanauri



 In questi giorni di fioritura vi segnalo la stupenda mostra del MAO di Torino dal titolo "Hanauri. Il Giappone dei venditori di fiori", che si sviluppa all’interno del programma di riallestimento della galleria giapponese delle collezioni permanenti, è dedicato alla pratica dell’artista Linda Fregni Nagler, presente al MAO lo scorso novembre con la performance Things that Death Cannot Destroy.  

La mostra esplora il suo meticoloso approccio di selezione e raccolta, rielaborazione e riattivazione di fotografie giapponesi della scuola di Yokohama (Yokohama Shashin). Le fotografie originali, raccolte nell’arco di vent’anni dall’artista e proposte in mostra al MAO per la prima volta, sono affiancate alle opere di Linda Fregni Nagler, che ha rifotografato le albumine originali, stampandole in camera oscura e colorandole a mano con una tecnica simile a quella dell’epoca (1860-1910). Questo intervento fa assumere nuovi significati alle immagini, illustrandoci la storia di un preciso modo di guardare all’esotismo e all’alterità.

Il soggetto indagato al MAO è quello dei venditori di fiori (hanauri), una categoria molto apprezzata di ambulanti (bōtefuri) nel Giappone dei periodi Edo e Meiji.

Considerata l’influenza esercitata dalle stampe ukiyo-e sulla Yokohama Shashin, il progetto espositivo si propone altresì di contestualizzare e approfondire il legame tra le fotografie di Fregni Nagler e le stampe xilografiche, di epoca precedente alla nascita della fotografia, del medesimo soggetto.

In mostra saranno esposte 26 albumine di metà Ottocento, appartenenti alla collezione Fregni Nagler, unitamente a sei grandi stampe ai sali d’argento colorate a mano dall’artista e a 4 positivi su vetro visibili attraverso due visori.




Accanto a queste opere sono collocate tre xilografie che declinano l’iconografia dei venditori di fiori: la rappresentazione dei mesi primaverili - l’illustrazione del mese di aprile di Utagawa Kunisada, proveniente dal Museo Orientale di Venezia; All'ingresso del tempio di Kanda di Koikawa Harumachi dal Museo Orientale E. Chiossone di Genova e Toyokuni III di Utagawa Kunisada, dalla serie “Sei venditori nelle sere d’estate”, da una collezione privata.

Il tema floreale e vegetale trova un’ulteriore declinazione anche nei preziosi tessuti kesa della collezione del MAO, risalenti al periodo Edo, e nei kimono che arricchiscono l’esposizione, uno proveniente da Palazzo Madama e due esemplari dal Museo d’Arte Orientale di Venezia, oltre a tre lacche pregiate e tre kakemono firmati Yanagisawa Kien, Kawamura Bunpō e Tomioka Tessai (dei periodi Edo e Meiji) in prestito da una collezione privata.

Il riallestimento della galleria giapponese è inserito nel programma espositivo del MAO che, attraverso prestiti provenienti da collezioni di arte asiatica - pubbliche e private, nazionali e internazionali - intende stimolare nuove riflessioni e narrazioni intorno al patrimonio del Museo; Hanauri è anche parte del progetto #MAOtempopresente, che utilizza l’arte contemporanea come mezzo di interpretazione e valorizzazione delle collezioni attraverso l’inserimento di opere contemporanee e produzioni site-specific realizzate all’interno del programma di residenze attivo dal 2022.




In parallelo al progetto espositivo nelle gallerie, le tre armature giapponesi della collezione, datate tra la fine del XVII e la prima metà del XIX secolo, sono state riallestite nella cornice di Salone Mazzonis, dove saranno oggetto di un restauro conservativo aperto al pubblico a partire da gennaio 2025.

01/04/25

William S. Burroughs da October Gallery

Presso la October Gallery a Londra sta per chiudersi la mostra William S. Burroughs, con rare opere, raramente viste che presenta dipinti e disegni creati con una varietà di materiali. Dalla vernice spray, all'inchiostro e all'acrilico, ai pennarelli e agli spari, l'arte di Burroughs è una spedizione, che identifica portali verso mondi e intelligenze sconosciuti. Il suo modo di vedere è quello di un osservatore creativo di stati d'animo. "Le immagini cambiano costantemente perché sei trascinato in un viaggio nel tempo su una rete di associazioni". Per Burroughs, tutto è vivo e la sua opera esplora questa idea, come ha fatto attraverso le parole nei suoi scritti che piegano i generi. Non appartiene a nessuna scuola d'arte; ciò che dipinge espande il lavoro che ha sviluppato nel corso della sua carriera, in parole, esperimenti multimediali e creazione di immagini.

Burroughs è stato uno scrittore prolifico. Ha anche praticato l'arte visiva per tutta la vita. Per decenni ha prodotto fotografie, collage e film. Nei diari visivi annotò giustapposizioni di eventi personali e pubblici, identificandosi con coloro che soffrivano, in seguito esemplificati nei dipinti Burn Unit e Warhol, A Portrait in TV Dots…. Nelle collaborazioni multimediali con Brion Gysin, furono pionieri di strumenti incisivi, i "cut-up", per decostruire i meccanismi dei sistemi di controllo istituzionalizzati che corrompono l'intelligenza innata. Alla morte di Gysin, divenne pittore. Nel 1987, iniziò a dipingere ogni giorno. Sebbene la sua letteratura fosse stata censurata in Gran Bretagna, visse a Londra tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, stringendo forti legami con molte figure degne di nota della scena artistica britannica come Francis Bacon.



La lunga collaborazione della October Gallery con William S. Burroughs iniziò nel 1988 con la sua seconda mostra personale, la sua prima mostra nel Regno Unito. I fondatori della October Gallery hanno lavorato con Burroughs dal 1974. In tutta l'opera di Burroughs, arte, romanzi, saggi, film e esperimenti sonori, ha tessuto un messaggio appassionato: decostruire il controllo e pensare con la propria testa. Artisti che lavorano in tutti i generi hanno ascoltato il suo messaggio e i riferimenti alle opere di Burroughs sono ora profondamente radicati nella cultura occidentale, dalla pittura al cinema, dalla pubblicità alla letteratura, dal giornalismo alla musica. Mentre Burroughs è spesso definito il padre del movimento Beat, non si è mai associato ai Beats, se non per il fatto che Ginsberg, Kerouac e Corso erano amici personali. "Non stiamo facendo la stessa cosa, né nella scrittura né nelle prospettive". Il suo romanzo del 1952, Queer, è il fondamento dell'attuale film omonimo di Luca Guadagnino, con Daniel Craig.

Per tutto il mese di marzo, la mostra sarà accompagnata da diversi eventi, tra cui film e conferenze, tenuti da coloro che sono stati influenzati dal suo lavoro o hanno conosciuto e collaborato con William S. Burroughs.

October Gallery è lieta di annunciare una serie di eventi interessanti, tra cui proiezioni di film con domande e risposte e incontri in galleria, che accompagneranno la prossima mostra William S. Burroughs. Presentata da coloro che sono stati influenzati dal suo lavoro o hanno conosciuto e collaborato con Burroughs, la serie inizia con un incontro in galleria l'8 marzo e continua fino al 5 aprile 2025. Per il programma completo, consulta la nostra pagina Eventi

31/03/25

En route





 Anche questa mostra della Biblioteca Vaticana è una occasione per scoprire o approfondire lo studio di parti del patrimonio ancora poco conosciute di questa storica istituzione. Nel caso della mostra del 2025, fulcro della ricerca è stata la figura del diplomatico Cesare Poma (1862-1932), e della sua inestimabile collezione di oggetti d’arte, libri, monete e periodici lasciati all'ente .

Proprio nel fondo Poma Periodici sono custodite tre delle quattordici copie del giornale En route, che dà il titolo al progetto e alla mostra, fondato, scritto e pubblicato dai due giornalisti francesi Lucien Leroy e Henri Papillaud che a fine Ottocento girarono il mondo in bicicletta.

Come loro, tanti si mossero oltre i confini delle loro città natali e andarono alla scoperta di Paesi lontani. Tanti, e tante; donne che con coraggio sfidarono le convenzioni sociali, e partirono con ogni mezzo, compiendo imprese ritenute impossibili.




Il console Cesare Poma
Diplomatico e studioso, viaggiatore instancabile e curioso, dotto raccoglitore di ogni genere di testimonianza umana, appassionato di linguistica e di numismatica, di botanica e di arte orientale, rappresenta l’apertura di interessi della Biblioteca Vaticana, l’ampiezza del suo patrimonio, ma soprattutto lo spirito di raccolta e di indagine, lo sforzo di riunire, classificare e mettere a disposizione quanto il genere umano ha prodotto ai quattro angoli del pianeta.

Lucien Leroy e Henri Papillaud
Partiti nel 1895 da Parigi con l’intento di sfidare due giornalisti inglesi nell’impresa di compiere un giro del mondo, toccano, in due anni, tutti i Paesi, battendo di fatto i colleghi che si fermano a poche tappe dalla partenza. L’idea geniale di finanziare il loro viaggio raccontandone le tappe attraverso un giornale frutta loro non solo denaro, ma fama e successo. In questa mostra seguiremo in particolare le loro avventure in Messico, Cambogia e Vietnam.

Le donne viaggiatrici
Studiando i giri del mondo del console Poma e dei giornalisti francesi sono emerse sempre più numerose figure di donne, che in piena età vittoriana, partirono sole alla volta del loro particolare tour du monde. Diverse fra loro, ognuna rappresenta un modo nuovo di vivere il viaggio e il loro tempo: Nellie Bly, Elizabeth Bisland, Annie Londonderry, Gertrude Bell e le gemelle Smith sfidarono le convenzioni sociali e contribuirono a creare un nuovo modello femminile.

La mostra «En route», sesta ed eccezionale tappa del percorso di dialogo tra il proprio patrimonio e l’arte contemporanea, avviato nel 2021.

Il progetto è stato realizzato in collaborazione con la Maison Dior e con il sostegno di Intesa Sanpaolo, Sparkle e Fondazione ANAWIM.

A presentare al pubblico il fondo Poma.Periodici e le vicende dei viaggiatori e delle viaggiatrici selezionati, la Biblioteca Vaticana ha convocato presso di sé tre creativi contemporanei: Lorenzo Jovanotti Cherubini, Kristjana S Williams and Maria Grazia Chiuri.




Alcune informazioni sulla Biblioteca Apostolica Vaticana

La Biblioteca Apostolica Vaticana è un’istituzione antica, luogo di conservazione e di ricerca appartenente al Papa e in stretto rapporto con il governo e il ministero della Sede Apostolica. 
Dallo Scrinium attestato fin dal sec. IV, la Vaticana inizia la sua storia moderna con Niccolò V, che intorno alla metà del ‘400 decise di aprire le collezioni librarie papali agli uomini dotti (pro communi doctorum virorum commodo, Breve del 30 aprile 1451), e con Sisto IV, che diede un assetto più stabile all’organizzazione della Biblioteca con la Bolla Ad decorem militantis ecclesiae del 15 giugno 1475. Da sempre le sue ingenti collezioni costituite da manoscritti, materiale d’archivio, volumi a stampa antichi e moderni, monete e medaglie, stampe e disegni, materiale cartografico e fotografico sono aperte a studiosi qualificati di tutto il mondo. La Biblioteca è specializzata nell’ambito delle discipline filologiche e storiche e, retrospettivamente, anche teologiche, giuridiche e scientifiche

30/03/25

Dipingere a tutto tondo



A Londra la Nahmad Projects propone "Painting in the Round", una mostra che sfida il modo in cui percepiamo e interagiamo con i dipinti, invitando gli spettatori a esplorare sia il fronte che il retro di ogni opera d'arte. Tradizionalmente, i dipinti sono visti come immagini singole, incorniciate e presentate per rivelare solo il soggetto previsto. Questa mostra, tuttavia, svela l'invisibile: le tracce fisiche e storiche sul retro della tela che offrono una visione più approfondita del viaggio di un'opera d'arte.

Con una selezione diversificata di opere che abbracciano diversi periodi e stili, Painting in the Round fa luce sulla vita nascosta dei dipinti. Il retro di queste opere, spesso coperto di annotazioni, etichette, firme e altre iscrizioni, racconta storie di proprietà e processo artistico. Alcune rivelano schizzi o composizioni incompiute, mentre altre portano i segni del tempo e del movimento attraverso le mani dei collezionisti e i magazzini dei musei.




La mostra dimostra come un dipinto non sia solo un'immagine, ma un oggetto con una storia insita nella sua stessa struttura. Attraverso questa duplice prospettiva, la mostra invita gli spettatori a riconsiderare la natura del valore artistico, dell'autenticità e della materialità. Attribuendo pari importanza al visibile e al nascosto, offre una comprensione più ricca e completa dell'arte che spesso prendiamo per oro colato.

Painting in the Round presenta opere di Alberto Burri, Georges Braque, Lucio Fontana, Juan Gris, Max Ernst, René Magritte, Giorgio Morandi, Joan Miró, Ben Nicholson, Pablo Picasso, Alexis Ralaivao e Francesco Vezzoli.