Books by Antiquarium Comunale di Nettuno Musei
VESTIGIA RESTITVTA , 2023
Questa pubblicazione vuole essere soprattutto un ringraziamento a tutte le Forze dell’Ordine che ... more Questa pubblicazione vuole essere soprattutto un ringraziamento a tutte le Forze dell’Ordine che operano nel nostro territorio e che, con il loro impegno a tutela del patrimonio storico-archeologico, hanno contribuito non poco alla formazione del Museo Antiquarium di Nettuno.
Dobbiamo essere tutti riconoscenti ai Carabinieri per la Tutela del patrimonio Culturale, alla Guardia di Finanza e al Nucleo Carabinieri Polizia Militare che opera all’interno del Poligono Militare che negli anni hanno effettuato recuperi significativi, importanti per la valorizzazione e la
fruizione pubblica. Questo impegno quotidiano, che vede coinvolte, insieme alle Forze dell’Ordine, anche la Soprintendenza, trova nel presente catalogo un’occasione per sottolineare le difficoltà, ma anche l’importanza del lavoro svolto e trasformare comportamenti illeciti e devastanti nei confronti dei beni comuni in percorsi di educazione alla valorizzazione del patrimonio archeologico. Inoltre, proprio allo scopo di educare e sensibilizzare, sono state inserite nel catalogo anche diverse donazioni
da parte di cittadini più responsabili, che hanno preferito portare al museo oggetti rinvenuti casualmente, invece che tenerli illegalmente in casa.
Bisogna infine esprimere un grande apprezzamento per la sensibilità dell’Amministrazione Comunale, in questo momento rappresentata dai Commissari Prefettizi e dalla dott.ssa Margherita Camarda, mostrata nei riguardi della difesa di una così ricca e articolata storia, e per la volontà di
veder pubblicato questo lavoro, che andrà così ad arricchire dati ed elementi per la ricostruzione del nostro comune passato. Il progetto dello studio dei materiali di sequestro, pensato in concomitanza di una mostra, è stato presentato in Soprintendenza dalla dott.ssa Anastasia Zourou nel settembre del 2021; in esso si prevedeva, oltre al rilievo fotografico, all’inquadramento temporale, alla definizione dal punto di vista
stilistico, anche l’individuazione e la separazione dei reperti di sicura fattura antica da quelli di imitazione che sono alquanto frequenti all’interno dei materiali oggetto di sequestri. Ma il lavoro, data la vastità degli ambiti che andava a toccare, si è subito rivelato impossibile da svolgersi per una
sola persona, per questo motivo si è richiesto l’apporto di altri studiosi che da tempo collaborano con l’Antiquarium; si è inoltre operata una scelta dei reperti più significativi. Il risultato è un catalogo scritto a più mani e organizzato per classi di materiali definite, come si può evincere dall’indice; i reperti presentati sono stati analizzati singolarmente, di tutti si produce la foto a colori. Si è data la precedenza in questa pubblicazione ai reperti già esposti nell’Antiquarium in modo permanente, ma per dare dignità anche ad altri numerosissimi reperti che si trovano in magazzino viene allestita una mostra temporanea.
Nel Catalogo si sono utilizzati per i sequestri e i recuperi le seguenti sigle:
C.C. T.P.C.– R.O.
Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale – Reparto Operativo - Sezione Archeologia.
N. CC P.M. U.T.T.A.T. Nettuno
Nucleo Comando Carabinieri Polizia Militare Ufficio Tecnico Territoriale Armamenti Terrestri.
G. d. F. Nettuno Compagnia Guardia di Finanza
Nella bibliografia per i periodici sono state adottate le abbreviazioni della Deutsche Archäologische Bibliographie.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Quaderni dell'Antiquarium IV. Le peschiere romane, 2022
La scelta dell’argomento di questo numero dei Quaderni, “Le peschiere romane”, è dovuta al fatto ... more La scelta dell’argomento di questo numero dei Quaderni, “Le peschiere romane”, è dovuta al fatto che per lungo tempo il loro studio è rimasto marginale, tranne poche eccezioni, nella letteratura archeologica, nonostante la loro insistente presenza sulle coste tirreniche della Toscana, Lazio, Campania e Calabria; inoltre l’interpretazione di queste strutture ha sofferto a lungo di errori e sviste grossolane. Solo negli ultimi decenni gli studi si sono moltiplicati, grazie anche al diffondersi dell’archeologia subacquea che ha permesso l’analisi diretta di questa classe di monumenti antichi, ma purtroppo, nel frattempo, diverse peschiere sono sparite.
Anche a Nettuno tre peschiere sono scomparse, due sotto il ripascimento del litorale, mentre una è inglobata nel cemento del porto turistico. Ancora visibili e oggetto negli ultimi tempi di indagini scientifiche sono le peschiere di Saracca, La Banca e Torre Astura, situate all’interno del Poligono Militare (attuale U.T.T.A.T.), la cui presenza ha impedito gli interventi antropici nella fascia di litorale da Cretarossa a Torre Astura.
Certo oggi la documentazione dei monumenti costieri, come porti, ville marittime, peschiere, è diventata una corsa contro il tempo: le strutture rimangono a rischio con una prospettiva di sopravvivenza veramente ridotta. Non solamente la disgregazione marina ne minaccia la conservazione, ma soprattutto l’intervento umano nel corso dei secoli ha spesso determinato l’interramento delle strutture o la loro distruzione.
La rioccupazione delle rade, per esempio, è un fenomeno tutt’altro che recente, visto che i porti romani avevano sicuramente occupato le posizioni migliori dal punto di vista ortografico e marittimo; un esempio vicino è il porto di Anzio, la cui parte orientale è stata occupata dal porto innocenziano alla fine del Seicento, con inglobamento o demolizione delle
strutture romane.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Quaderni dell'Antiquarium IV. Le lucerne, 2022
Il presente catalogo, scritto dalla professoressa Maria De Francesco e dalla dott.ssa Arianna Cia... more Il presente catalogo, scritto dalla professoressa Maria De Francesco e dalla dott.ssa Arianna Ciarla, raccoglie tutte le lucerne e frammenti di lucerne presenti nell’Antiquarium, sia esposti che conservati in magazzino, ma ora oggetto della mostra temporanea. Si tratta di reperti che non provengono da scavi regolari, ma da ritrovamenti casuali, da raccolte di superficie, sequestri e donazioni, per cui molte di esse risultano prive del loro contesto di rinvenimento, pur essendo conosciuto il sito in cui sono state trovate; tuttavia, anche se si tratta di materiali in gran parte non contestualizzati, essi forniscono comunque molti dati conoscitivi sulla frequenza di tipi e decorazioni presenti nel territorio.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Quaderni dell'Antiquarium V, 2022
Questo quinto Quaderno, dal titolo Lateres signati (cioè “mattoni siglati”
o, più genericamente, ... more Questo quinto Quaderno, dal titolo Lateres signati (cioè “mattoni siglati”
o, più genericamente, “terrecotte siglate”) vuole essere un catalogo dei bolli laterizi presenti nell’Antiquarium, dei quali solo una piccola parte è esposta in modo permanente. La prof. Laura Chioffi, che già da diversi anni collabora con l’Antiquarium, ha offerto spontaneamente la sua
professionalità per la redazione di questo Quaderno, che, come abbiamo
altre volte sottolineato, vuole essere uno strumento divulgativo dei beni
archeologici contenuti nel nostro Museo.
Sappiamo che l’uso del mattone cotto in fornace si diffonde a Roma
grosso modo sotto Augusto, dapprima sporadicamente e poi, a partire da
Tiberio, in modo più sistematico (i Castra Praetoria sono interamente
costruiti in cortina laterizia). Fuori della città appare molto presto, però, l'uso di bollare tegole con data consolare, soprattutto in relazione a una funzione pubblica. Dalla tarda età repubblicana, quindi, sorgono a Roma e nei dintorni, specialmente nelle zone argillose già sfruttate per la produzione ceramica, figlinae specializzate nella produzione di opus doliare che siglano i loro prodotti con marchi di fabbrica impressi, dopo un primo parziale essiccamento, a lettere incavate o a rilievo. Il termine opus doliare attestato sui testi dei bolli laterizi comprende una grande quantità di prodotti diversi: oltre ai mattoni di dimensioni standard (bipedales, sesquipedales, bessales adatti alla realizzazione di paramenti murari posti a contenimento dell’opus caementicium), anche tegole, coppi, mattoni di formato speciale, dolia, sarcofagi fittili, tubuli, terrecotte architettoniche.
All'inizio le figlinae urbane, quelle cioè che rifornivano essenzialmente
il mercato romano, producevano tutta la gamma dell'opus doliare, come
testimonia anche Plinio il Vecchio (Nat. hist., XXXI, 46, 130; XXXIV, 113;
XXXV, 66; XXXVI, 189), in seguito l'accresciuta domanda di materiale
edilizio determinò una progressiva specializzazione: troviamo infatti
fabbriche attive nella piena età imperiale che producono di preferenza
mattoni piccoli, bessali di qualità meno buona e che richiedono una
manodopera meno specializzata e altre che producono mattoni grandi,
tegole, ceramica pesante. Dall’ età repubblicana fino a tutto il I sec. d.C. disponiamo per lo più di bolli rettangolari con un solo nome al genitivo, nel quale si deve riconoscere con probabilità il proprietario. La forma rettangolare diviene a Roma più rara da Nerone in poi e termina, almeno nel tipo con una sola riga di testo, agli inizi del II sec. d.C.,
mentre con due righe di testo compare ancora in età adrianea in alcuni bolli con data consolare. Accanto a essa compaiono fino a tutto il I sec. d.C. forme circolari (la maggior parte dei bolli circolari però si colloca nei primi due decenni del II sec.) e circolari con centro in rilievo; bolli semicircolari appaiono attestati dagli anni 30 fino a Nerone, mentre forme lunate compaiono in età flavia. Dalla fine del I - inizi II sec. d.C., con l’aumento della produzione e una più articolata organizzazione delle figlinae, il testo dei bolli diviene più complesso con conseguente modificazione della forma. Appare il tipo orbicolato, che da Domiziano fino all'inizio del III sec. sarà tipico dei bolli urbani. Sulla base dello sviluppo dell'orbicolo, che tende nel corso del II sec. a chiudersi e rimpiccolirsi, è possibile dare una datazione di massima alla maggior parte di questi materiali. Nei bolli rettangolari e nelle prime forme
orbicolate, accanto al testo scritto si inserisce spesso un elemento decorativo che svolge funzione riempitiva e distintiva (stella, corona, freccia, palmetta, ecc.). Gradatamente, dall'età di Adriano in poi, il testo si arricchisce di una seconda riga e si definisce con più precisione lo spazio centrale riservato a questi signa, fra i quali compaiono nuovi soggetti (divinità a figura intera, personificazioni, forse anche scene di spettacolo, di circo, ecc.). Il testo del bollo nella forma più completa, che viene adottata più generalmente solo nel II sec. d.C., fornisce l'indicazione dei domini(proprietari) dei praedia (le cave di provenienza dell’argilla, nella formula ex praediis) e delle figlinae (luogo della fabbrica di mattoni, nella formula ex figlinis), il nome degli officinatores (personaggi che lavoravano
all’interno dell’officina, forse con la funzione di responsabili) e più
raramente la data consolare. È stato più volte evidenziato, però, che i personaggi attestati sui bolli laterizi come proprietari di praedia e di figlinae sono in larga misura di rango senatorio, cui si aggiungono degli equites, qualche liberto e schiavo imperiale. Un posto di particolare rilievo è inoltre occupato dall'imperatore e dalla sua famiglia e, quando la produzione si trasforma man mano da artigianale a industriale, numerose fornaci passano sotto la diretta gestione statale, grazie a eredità e confische, fino a giungere a una monopolizzazione della produzione che si è definitivamente compiuta nell’età degli Antonini. Nel periodo da Diocleziano a Costantino tutti gli edifici, sia pubblici sia privati, appaiono costruiti con mattoni prodotti in fabbriche imperiali; per questo motivo si potrebbe pensare a un vero e proprio monopolio di fatto dell'industria laterizia, anche se la fabbricazione di questi materiali da parte di privati teoricamente non era vietata. In età costantiniana tornano i bolli privati di domini appartenenti tutti evidentemente a ceti aristocratici, in corrispondenza con una diminuzione e un indebolimento delle serie imperiali, e, già nel IV sec., edifici pubblici contengono bolli di privati, fenomeno che si diffonde maggiormente nei secoli successivi.
Ci si augura che questo catalogo di Laura Chioffi, condotto in modo attento e scientifico, possa contribuire non solo ad aggiungere qualche tassello in più alla storia del nostro territorio, ma anche ad ampliare le conoscenze sulla produzione laterizia e l’organizzazione delle fabbriche a livello provinciale.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Quaderni dell'Antiquarium IV. Le peschiere romane di Nettuno, 2022
La scelta dell’argomento di questo numero dei Quaderni, “Le peschiere romane”, è dovuta al fatto ... more La scelta dell’argomento di questo numero dei Quaderni, “Le peschiere romane”, è dovuta al fatto che per lungo tempo il loro studio è rimasto marginale, tranne poche eccezioni, nella letteratura archeologica, nonostante la loro insistente presenza sulle coste tirreniche della Toscana, Lazio, Campania e Calabria; inoltre l’interpretazione di queste strutture ha sofferto a lungo di errori e sviste grossolane. Solo negli ultimi decenni gli studi si sono moltiplicati, grazie anche al diffondersi dell’archeologia subacquea che ha permesso l’analisi diretta di questa classe di monumenti antichi, ma purtroppo, nel frattempo, diverse peschiere sono sparite.
Anche a Nettuno tre peschiere sono scomparse, due sotto il ripascimento del litorale, mentre una è inglobata nel cemento del porto turistico. Ancora visibili e oggetto negli ultimi tempi di indagini scientifiche sono le peschiere di Saracca, La Banca e Torre Astura, situate all’interno del Poligono Militare (attuale U.T.T.A.T.), la cui presenza ha impedito gli interventi antropici nella fascia di litorale da Cretarossa a Torre Astura.
Certo oggi la documentazione dei monumenti costieri, come porti, ville marittime, peschiere, è diventata una corsa contro il tempo: le strutture rimangono a rischio con una prospettiva di sopravvivenza veramente ridotta. Non solamente la disgregazione marina ne minaccia la conservazione, ma soprattutto l’intervento umano nel corso dei secoli ha spesso determinato l’interramento delle strutture o la loro distruzione.
La rioccupazione delle rade, per esempio, è un fenomeno tutt’altro che recente, visto che i porti romani avevano sicuramente occupato le posizioni migliori dal punto di vista ortografico e marittimo; un esempio vicino è il porto di Anzio, la cui parte orientale è stata occupata dal porto innocenziano alla fine del Seicento, con inglobamento o demolizione delle
strutture romane.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Quaderni del'Antiquarium, 2020
Questo secondo numero dei “Quaderni dell’Antiquarium” è dedicato alle epigrafi incise su pietre t... more Questo secondo numero dei “Quaderni dell’Antiquarium” è dedicato alle epigrafi incise su pietre tombali in grafia gotica, presenti nelle segrete del Forte Sangallo già al momento della sua acquisizione da parte del Comune di Nettuno, nel febbraio del 1988. Esistono a questo proposito delle fotografie, che mi ha fornito gentilmente anni fa il fotografo Raniero Avvisati, a testimonianza dei materiali rinvenuti nel Forte e nelle sue segrete, prima dell’inizio dei restauri.
Ma come mai queste epigrafi, che, come dirà poi più precisamente la prof.ssa Paola Caruso, non sono del nostro territorio e inoltre sono tutte anteriori alla costruzione del Forte, si trovano qui? Naturalmente non c’è una risposta sicura, tuttavia possiamo presupporre che facessero parte della collezione del barone Fassini, proprietario del monumento nei primi decenni del Novecento; sappiamo che il barone era un cultore dell’arte antica e che aveva realizzato nel portico di sinistra un lapidarium con reperti ancora presenti nel Forte e che per la maggior parte sono stati già valorizzati nel museo.
Per dare quindi la giusta dignità anche a queste epigrafi, che, pur non provenendo dal territorio, costituiscono comunque un tassello nella ricostruzione storica della vita del Forte Sangallo, ho pensato di organizzare una mostra temporanea, di cui questo numero dei “Quaderni” costituirà una guida alla lettura per il visitatore.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Quaderni dell'Antiquarium, 2020
Torre del Monumento, in contrada Cadolino, è una possente struttura funeraria, elevata sul percor... more Torre del Monumento, in contrada Cadolino, è una possente struttura funeraria, elevata sul percorso che in età romana collegava il territorio di Nettuno ai Colli Albani. La costruzione è stata per centinaia di anni un faro nell’immensa ed impenetrabile foresta conosciuta come “selva di Nettuno” e per questo sempre presente nelle mappe antiche e nella moderna cartografia. Il monumento funerario ha suscitato l’interesse di molti studiosi negli ultimi secoli, a partire dal Volpi (1700), che lo hanno descritto e disegnato e, in alcuni casi, hanno proposto una ricostruzione. L’acquisto dell’area da parte del Comune di Nettuno fu avviato nel 1997, su proposta dell’allora Direttore Tecnico dell’Antiquarium, Arnaldo Liboni, mentre l’acquisizione definitiva del terreno (circa 1.000 mq) avvenne il 29 ottobre 2001.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Quaderni dell'Antiquarium I. La collezione epigrafica, a cura di Maria De Francesco, 2020
Vengono illustrate 17 epigrafi riprodotte in foto e accompagnate sia dalla trascrizione del testo... more Vengono illustrate 17 epigrafi riprodotte in foto e accompagnate sia dalla trascrizione del testo che dalla relativa traduzione. Sono manufatti lapidei di varia provenienza in parte conservati nel museo in parte tramandati d tradizione manoscritta ed attualmente dispersi.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Catalogo della sezione di Paleontologia Preistoria e Protostoria, 2019
Vengono illustrati tutti i reperti della sezione di Paleontologia, Preistoria e Protostoria dell'... more Vengono illustrati tutti i reperti della sezione di Paleontologia, Preistoria e Protostoria dell'Antiquarium Comunale di Nettuno.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Papers by Antiquarium Comunale di Nettuno Musei
Con il patrocinio e contributo alla stampa dell'Associazione CAENON
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Uploads
Books by Antiquarium Comunale di Nettuno Musei
Dobbiamo essere tutti riconoscenti ai Carabinieri per la Tutela del patrimonio Culturale, alla Guardia di Finanza e al Nucleo Carabinieri Polizia Militare che opera all’interno del Poligono Militare che negli anni hanno effettuato recuperi significativi, importanti per la valorizzazione e la
fruizione pubblica. Questo impegno quotidiano, che vede coinvolte, insieme alle Forze dell’Ordine, anche la Soprintendenza, trova nel presente catalogo un’occasione per sottolineare le difficoltà, ma anche l’importanza del lavoro svolto e trasformare comportamenti illeciti e devastanti nei confronti dei beni comuni in percorsi di educazione alla valorizzazione del patrimonio archeologico. Inoltre, proprio allo scopo di educare e sensibilizzare, sono state inserite nel catalogo anche diverse donazioni
da parte di cittadini più responsabili, che hanno preferito portare al museo oggetti rinvenuti casualmente, invece che tenerli illegalmente in casa.
Bisogna infine esprimere un grande apprezzamento per la sensibilità dell’Amministrazione Comunale, in questo momento rappresentata dai Commissari Prefettizi e dalla dott.ssa Margherita Camarda, mostrata nei riguardi della difesa di una così ricca e articolata storia, e per la volontà di
veder pubblicato questo lavoro, che andrà così ad arricchire dati ed elementi per la ricostruzione del nostro comune passato. Il progetto dello studio dei materiali di sequestro, pensato in concomitanza di una mostra, è stato presentato in Soprintendenza dalla dott.ssa Anastasia Zourou nel settembre del 2021; in esso si prevedeva, oltre al rilievo fotografico, all’inquadramento temporale, alla definizione dal punto di vista
stilistico, anche l’individuazione e la separazione dei reperti di sicura fattura antica da quelli di imitazione che sono alquanto frequenti all’interno dei materiali oggetto di sequestri. Ma il lavoro, data la vastità degli ambiti che andava a toccare, si è subito rivelato impossibile da svolgersi per una
sola persona, per questo motivo si è richiesto l’apporto di altri studiosi che da tempo collaborano con l’Antiquarium; si è inoltre operata una scelta dei reperti più significativi. Il risultato è un catalogo scritto a più mani e organizzato per classi di materiali definite, come si può evincere dall’indice; i reperti presentati sono stati analizzati singolarmente, di tutti si produce la foto a colori. Si è data la precedenza in questa pubblicazione ai reperti già esposti nell’Antiquarium in modo permanente, ma per dare dignità anche ad altri numerosissimi reperti che si trovano in magazzino viene allestita una mostra temporanea.
Nel Catalogo si sono utilizzati per i sequestri e i recuperi le seguenti sigle:
C.C. T.P.C.– R.O.
Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale – Reparto Operativo - Sezione Archeologia.
N. CC P.M. U.T.T.A.T. Nettuno
Nucleo Comando Carabinieri Polizia Militare Ufficio Tecnico Territoriale Armamenti Terrestri.
G. d. F. Nettuno Compagnia Guardia di Finanza
Nella bibliografia per i periodici sono state adottate le abbreviazioni della Deutsche Archäologische Bibliographie.
Anche a Nettuno tre peschiere sono scomparse, due sotto il ripascimento del litorale, mentre una è inglobata nel cemento del porto turistico. Ancora visibili e oggetto negli ultimi tempi di indagini scientifiche sono le peschiere di Saracca, La Banca e Torre Astura, situate all’interno del Poligono Militare (attuale U.T.T.A.T.), la cui presenza ha impedito gli interventi antropici nella fascia di litorale da Cretarossa a Torre Astura.
Certo oggi la documentazione dei monumenti costieri, come porti, ville marittime, peschiere, è diventata una corsa contro il tempo: le strutture rimangono a rischio con una prospettiva di sopravvivenza veramente ridotta. Non solamente la disgregazione marina ne minaccia la conservazione, ma soprattutto l’intervento umano nel corso dei secoli ha spesso determinato l’interramento delle strutture o la loro distruzione.
La rioccupazione delle rade, per esempio, è un fenomeno tutt’altro che recente, visto che i porti romani avevano sicuramente occupato le posizioni migliori dal punto di vista ortografico e marittimo; un esempio vicino è il porto di Anzio, la cui parte orientale è stata occupata dal porto innocenziano alla fine del Seicento, con inglobamento o demolizione delle
strutture romane.
o, più genericamente, “terrecotte siglate”) vuole essere un catalogo dei bolli laterizi presenti nell’Antiquarium, dei quali solo una piccola parte è esposta in modo permanente. La prof. Laura Chioffi, che già da diversi anni collabora con l’Antiquarium, ha offerto spontaneamente la sua
professionalità per la redazione di questo Quaderno, che, come abbiamo
altre volte sottolineato, vuole essere uno strumento divulgativo dei beni
archeologici contenuti nel nostro Museo.
Sappiamo che l’uso del mattone cotto in fornace si diffonde a Roma
grosso modo sotto Augusto, dapprima sporadicamente e poi, a partire da
Tiberio, in modo più sistematico (i Castra Praetoria sono interamente
costruiti in cortina laterizia). Fuori della città appare molto presto, però, l'uso di bollare tegole con data consolare, soprattutto in relazione a una funzione pubblica. Dalla tarda età repubblicana, quindi, sorgono a Roma e nei dintorni, specialmente nelle zone argillose già sfruttate per la produzione ceramica, figlinae specializzate nella produzione di opus doliare che siglano i loro prodotti con marchi di fabbrica impressi, dopo un primo parziale essiccamento, a lettere incavate o a rilievo. Il termine opus doliare attestato sui testi dei bolli laterizi comprende una grande quantità di prodotti diversi: oltre ai mattoni di dimensioni standard (bipedales, sesquipedales, bessales adatti alla realizzazione di paramenti murari posti a contenimento dell’opus caementicium), anche tegole, coppi, mattoni di formato speciale, dolia, sarcofagi fittili, tubuli, terrecotte architettoniche.
All'inizio le figlinae urbane, quelle cioè che rifornivano essenzialmente
il mercato romano, producevano tutta la gamma dell'opus doliare, come
testimonia anche Plinio il Vecchio (Nat. hist., XXXI, 46, 130; XXXIV, 113;
XXXV, 66; XXXVI, 189), in seguito l'accresciuta domanda di materiale
edilizio determinò una progressiva specializzazione: troviamo infatti
fabbriche attive nella piena età imperiale che producono di preferenza
mattoni piccoli, bessali di qualità meno buona e che richiedono una
manodopera meno specializzata e altre che producono mattoni grandi,
tegole, ceramica pesante. Dall’ età repubblicana fino a tutto il I sec. d.C. disponiamo per lo più di bolli rettangolari con un solo nome al genitivo, nel quale si deve riconoscere con probabilità il proprietario. La forma rettangolare diviene a Roma più rara da Nerone in poi e termina, almeno nel tipo con una sola riga di testo, agli inizi del II sec. d.C.,
mentre con due righe di testo compare ancora in età adrianea in alcuni bolli con data consolare. Accanto a essa compaiono fino a tutto il I sec. d.C. forme circolari (la maggior parte dei bolli circolari però si colloca nei primi due decenni del II sec.) e circolari con centro in rilievo; bolli semicircolari appaiono attestati dagli anni 30 fino a Nerone, mentre forme lunate compaiono in età flavia. Dalla fine del I - inizi II sec. d.C., con l’aumento della produzione e una più articolata organizzazione delle figlinae, il testo dei bolli diviene più complesso con conseguente modificazione della forma. Appare il tipo orbicolato, che da Domiziano fino all'inizio del III sec. sarà tipico dei bolli urbani. Sulla base dello sviluppo dell'orbicolo, che tende nel corso del II sec. a chiudersi e rimpiccolirsi, è possibile dare una datazione di massima alla maggior parte di questi materiali. Nei bolli rettangolari e nelle prime forme
orbicolate, accanto al testo scritto si inserisce spesso un elemento decorativo che svolge funzione riempitiva e distintiva (stella, corona, freccia, palmetta, ecc.). Gradatamente, dall'età di Adriano in poi, il testo si arricchisce di una seconda riga e si definisce con più precisione lo spazio centrale riservato a questi signa, fra i quali compaiono nuovi soggetti (divinità a figura intera, personificazioni, forse anche scene di spettacolo, di circo, ecc.). Il testo del bollo nella forma più completa, che viene adottata più generalmente solo nel II sec. d.C., fornisce l'indicazione dei domini(proprietari) dei praedia (le cave di provenienza dell’argilla, nella formula ex praediis) e delle figlinae (luogo della fabbrica di mattoni, nella formula ex figlinis), il nome degli officinatores (personaggi che lavoravano
all’interno dell’officina, forse con la funzione di responsabili) e più
raramente la data consolare. È stato più volte evidenziato, però, che i personaggi attestati sui bolli laterizi come proprietari di praedia e di figlinae sono in larga misura di rango senatorio, cui si aggiungono degli equites, qualche liberto e schiavo imperiale. Un posto di particolare rilievo è inoltre occupato dall'imperatore e dalla sua famiglia e, quando la produzione si trasforma man mano da artigianale a industriale, numerose fornaci passano sotto la diretta gestione statale, grazie a eredità e confische, fino a giungere a una monopolizzazione della produzione che si è definitivamente compiuta nell’età degli Antonini. Nel periodo da Diocleziano a Costantino tutti gli edifici, sia pubblici sia privati, appaiono costruiti con mattoni prodotti in fabbriche imperiali; per questo motivo si potrebbe pensare a un vero e proprio monopolio di fatto dell'industria laterizia, anche se la fabbricazione di questi materiali da parte di privati teoricamente non era vietata. In età costantiniana tornano i bolli privati di domini appartenenti tutti evidentemente a ceti aristocratici, in corrispondenza con una diminuzione e un indebolimento delle serie imperiali, e, già nel IV sec., edifici pubblici contengono bolli di privati, fenomeno che si diffonde maggiormente nei secoli successivi.
Ci si augura che questo catalogo di Laura Chioffi, condotto in modo attento e scientifico, possa contribuire non solo ad aggiungere qualche tassello in più alla storia del nostro territorio, ma anche ad ampliare le conoscenze sulla produzione laterizia e l’organizzazione delle fabbriche a livello provinciale.
Anche a Nettuno tre peschiere sono scomparse, due sotto il ripascimento del litorale, mentre una è inglobata nel cemento del porto turistico. Ancora visibili e oggetto negli ultimi tempi di indagini scientifiche sono le peschiere di Saracca, La Banca e Torre Astura, situate all’interno del Poligono Militare (attuale U.T.T.A.T.), la cui presenza ha impedito gli interventi antropici nella fascia di litorale da Cretarossa a Torre Astura.
Certo oggi la documentazione dei monumenti costieri, come porti, ville marittime, peschiere, è diventata una corsa contro il tempo: le strutture rimangono a rischio con una prospettiva di sopravvivenza veramente ridotta. Non solamente la disgregazione marina ne minaccia la conservazione, ma soprattutto l’intervento umano nel corso dei secoli ha spesso determinato l’interramento delle strutture o la loro distruzione.
La rioccupazione delle rade, per esempio, è un fenomeno tutt’altro che recente, visto che i porti romani avevano sicuramente occupato le posizioni migliori dal punto di vista ortografico e marittimo; un esempio vicino è il porto di Anzio, la cui parte orientale è stata occupata dal porto innocenziano alla fine del Seicento, con inglobamento o demolizione delle
strutture romane.
Ma come mai queste epigrafi, che, come dirà poi più precisamente la prof.ssa Paola Caruso, non sono del nostro territorio e inoltre sono tutte anteriori alla costruzione del Forte, si trovano qui? Naturalmente non c’è una risposta sicura, tuttavia possiamo presupporre che facessero parte della collezione del barone Fassini, proprietario del monumento nei primi decenni del Novecento; sappiamo che il barone era un cultore dell’arte antica e che aveva realizzato nel portico di sinistra un lapidarium con reperti ancora presenti nel Forte e che per la maggior parte sono stati già valorizzati nel museo.
Per dare quindi la giusta dignità anche a queste epigrafi, che, pur non provenendo dal territorio, costituiscono comunque un tassello nella ricostruzione storica della vita del Forte Sangallo, ho pensato di organizzare una mostra temporanea, di cui questo numero dei “Quaderni” costituirà una guida alla lettura per il visitatore.
Papers by Antiquarium Comunale di Nettuno Musei
Dobbiamo essere tutti riconoscenti ai Carabinieri per la Tutela del patrimonio Culturale, alla Guardia di Finanza e al Nucleo Carabinieri Polizia Militare che opera all’interno del Poligono Militare che negli anni hanno effettuato recuperi significativi, importanti per la valorizzazione e la
fruizione pubblica. Questo impegno quotidiano, che vede coinvolte, insieme alle Forze dell’Ordine, anche la Soprintendenza, trova nel presente catalogo un’occasione per sottolineare le difficoltà, ma anche l’importanza del lavoro svolto e trasformare comportamenti illeciti e devastanti nei confronti dei beni comuni in percorsi di educazione alla valorizzazione del patrimonio archeologico. Inoltre, proprio allo scopo di educare e sensibilizzare, sono state inserite nel catalogo anche diverse donazioni
da parte di cittadini più responsabili, che hanno preferito portare al museo oggetti rinvenuti casualmente, invece che tenerli illegalmente in casa.
Bisogna infine esprimere un grande apprezzamento per la sensibilità dell’Amministrazione Comunale, in questo momento rappresentata dai Commissari Prefettizi e dalla dott.ssa Margherita Camarda, mostrata nei riguardi della difesa di una così ricca e articolata storia, e per la volontà di
veder pubblicato questo lavoro, che andrà così ad arricchire dati ed elementi per la ricostruzione del nostro comune passato. Il progetto dello studio dei materiali di sequestro, pensato in concomitanza di una mostra, è stato presentato in Soprintendenza dalla dott.ssa Anastasia Zourou nel settembre del 2021; in esso si prevedeva, oltre al rilievo fotografico, all’inquadramento temporale, alla definizione dal punto di vista
stilistico, anche l’individuazione e la separazione dei reperti di sicura fattura antica da quelli di imitazione che sono alquanto frequenti all’interno dei materiali oggetto di sequestri. Ma il lavoro, data la vastità degli ambiti che andava a toccare, si è subito rivelato impossibile da svolgersi per una
sola persona, per questo motivo si è richiesto l’apporto di altri studiosi che da tempo collaborano con l’Antiquarium; si è inoltre operata una scelta dei reperti più significativi. Il risultato è un catalogo scritto a più mani e organizzato per classi di materiali definite, come si può evincere dall’indice; i reperti presentati sono stati analizzati singolarmente, di tutti si produce la foto a colori. Si è data la precedenza in questa pubblicazione ai reperti già esposti nell’Antiquarium in modo permanente, ma per dare dignità anche ad altri numerosissimi reperti che si trovano in magazzino viene allestita una mostra temporanea.
Nel Catalogo si sono utilizzati per i sequestri e i recuperi le seguenti sigle:
C.C. T.P.C.– R.O.
Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale – Reparto Operativo - Sezione Archeologia.
N. CC P.M. U.T.T.A.T. Nettuno
Nucleo Comando Carabinieri Polizia Militare Ufficio Tecnico Territoriale Armamenti Terrestri.
G. d. F. Nettuno Compagnia Guardia di Finanza
Nella bibliografia per i periodici sono state adottate le abbreviazioni della Deutsche Archäologische Bibliographie.
Anche a Nettuno tre peschiere sono scomparse, due sotto il ripascimento del litorale, mentre una è inglobata nel cemento del porto turistico. Ancora visibili e oggetto negli ultimi tempi di indagini scientifiche sono le peschiere di Saracca, La Banca e Torre Astura, situate all’interno del Poligono Militare (attuale U.T.T.A.T.), la cui presenza ha impedito gli interventi antropici nella fascia di litorale da Cretarossa a Torre Astura.
Certo oggi la documentazione dei monumenti costieri, come porti, ville marittime, peschiere, è diventata una corsa contro il tempo: le strutture rimangono a rischio con una prospettiva di sopravvivenza veramente ridotta. Non solamente la disgregazione marina ne minaccia la conservazione, ma soprattutto l’intervento umano nel corso dei secoli ha spesso determinato l’interramento delle strutture o la loro distruzione.
La rioccupazione delle rade, per esempio, è un fenomeno tutt’altro che recente, visto che i porti romani avevano sicuramente occupato le posizioni migliori dal punto di vista ortografico e marittimo; un esempio vicino è il porto di Anzio, la cui parte orientale è stata occupata dal porto innocenziano alla fine del Seicento, con inglobamento o demolizione delle
strutture romane.
o, più genericamente, “terrecotte siglate”) vuole essere un catalogo dei bolli laterizi presenti nell’Antiquarium, dei quali solo una piccola parte è esposta in modo permanente. La prof. Laura Chioffi, che già da diversi anni collabora con l’Antiquarium, ha offerto spontaneamente la sua
professionalità per la redazione di questo Quaderno, che, come abbiamo
altre volte sottolineato, vuole essere uno strumento divulgativo dei beni
archeologici contenuti nel nostro Museo.
Sappiamo che l’uso del mattone cotto in fornace si diffonde a Roma
grosso modo sotto Augusto, dapprima sporadicamente e poi, a partire da
Tiberio, in modo più sistematico (i Castra Praetoria sono interamente
costruiti in cortina laterizia). Fuori della città appare molto presto, però, l'uso di bollare tegole con data consolare, soprattutto in relazione a una funzione pubblica. Dalla tarda età repubblicana, quindi, sorgono a Roma e nei dintorni, specialmente nelle zone argillose già sfruttate per la produzione ceramica, figlinae specializzate nella produzione di opus doliare che siglano i loro prodotti con marchi di fabbrica impressi, dopo un primo parziale essiccamento, a lettere incavate o a rilievo. Il termine opus doliare attestato sui testi dei bolli laterizi comprende una grande quantità di prodotti diversi: oltre ai mattoni di dimensioni standard (bipedales, sesquipedales, bessales adatti alla realizzazione di paramenti murari posti a contenimento dell’opus caementicium), anche tegole, coppi, mattoni di formato speciale, dolia, sarcofagi fittili, tubuli, terrecotte architettoniche.
All'inizio le figlinae urbane, quelle cioè che rifornivano essenzialmente
il mercato romano, producevano tutta la gamma dell'opus doliare, come
testimonia anche Plinio il Vecchio (Nat. hist., XXXI, 46, 130; XXXIV, 113;
XXXV, 66; XXXVI, 189), in seguito l'accresciuta domanda di materiale
edilizio determinò una progressiva specializzazione: troviamo infatti
fabbriche attive nella piena età imperiale che producono di preferenza
mattoni piccoli, bessali di qualità meno buona e che richiedono una
manodopera meno specializzata e altre che producono mattoni grandi,
tegole, ceramica pesante. Dall’ età repubblicana fino a tutto il I sec. d.C. disponiamo per lo più di bolli rettangolari con un solo nome al genitivo, nel quale si deve riconoscere con probabilità il proprietario. La forma rettangolare diviene a Roma più rara da Nerone in poi e termina, almeno nel tipo con una sola riga di testo, agli inizi del II sec. d.C.,
mentre con due righe di testo compare ancora in età adrianea in alcuni bolli con data consolare. Accanto a essa compaiono fino a tutto il I sec. d.C. forme circolari (la maggior parte dei bolli circolari però si colloca nei primi due decenni del II sec.) e circolari con centro in rilievo; bolli semicircolari appaiono attestati dagli anni 30 fino a Nerone, mentre forme lunate compaiono in età flavia. Dalla fine del I - inizi II sec. d.C., con l’aumento della produzione e una più articolata organizzazione delle figlinae, il testo dei bolli diviene più complesso con conseguente modificazione della forma. Appare il tipo orbicolato, che da Domiziano fino all'inizio del III sec. sarà tipico dei bolli urbani. Sulla base dello sviluppo dell'orbicolo, che tende nel corso del II sec. a chiudersi e rimpiccolirsi, è possibile dare una datazione di massima alla maggior parte di questi materiali. Nei bolli rettangolari e nelle prime forme
orbicolate, accanto al testo scritto si inserisce spesso un elemento decorativo che svolge funzione riempitiva e distintiva (stella, corona, freccia, palmetta, ecc.). Gradatamente, dall'età di Adriano in poi, il testo si arricchisce di una seconda riga e si definisce con più precisione lo spazio centrale riservato a questi signa, fra i quali compaiono nuovi soggetti (divinità a figura intera, personificazioni, forse anche scene di spettacolo, di circo, ecc.). Il testo del bollo nella forma più completa, che viene adottata più generalmente solo nel II sec. d.C., fornisce l'indicazione dei domini(proprietari) dei praedia (le cave di provenienza dell’argilla, nella formula ex praediis) e delle figlinae (luogo della fabbrica di mattoni, nella formula ex figlinis), il nome degli officinatores (personaggi che lavoravano
all’interno dell’officina, forse con la funzione di responsabili) e più
raramente la data consolare. È stato più volte evidenziato, però, che i personaggi attestati sui bolli laterizi come proprietari di praedia e di figlinae sono in larga misura di rango senatorio, cui si aggiungono degli equites, qualche liberto e schiavo imperiale. Un posto di particolare rilievo è inoltre occupato dall'imperatore e dalla sua famiglia e, quando la produzione si trasforma man mano da artigianale a industriale, numerose fornaci passano sotto la diretta gestione statale, grazie a eredità e confische, fino a giungere a una monopolizzazione della produzione che si è definitivamente compiuta nell’età degli Antonini. Nel periodo da Diocleziano a Costantino tutti gli edifici, sia pubblici sia privati, appaiono costruiti con mattoni prodotti in fabbriche imperiali; per questo motivo si potrebbe pensare a un vero e proprio monopolio di fatto dell'industria laterizia, anche se la fabbricazione di questi materiali da parte di privati teoricamente non era vietata. In età costantiniana tornano i bolli privati di domini appartenenti tutti evidentemente a ceti aristocratici, in corrispondenza con una diminuzione e un indebolimento delle serie imperiali, e, già nel IV sec., edifici pubblici contengono bolli di privati, fenomeno che si diffonde maggiormente nei secoli successivi.
Ci si augura che questo catalogo di Laura Chioffi, condotto in modo attento e scientifico, possa contribuire non solo ad aggiungere qualche tassello in più alla storia del nostro territorio, ma anche ad ampliare le conoscenze sulla produzione laterizia e l’organizzazione delle fabbriche a livello provinciale.
Anche a Nettuno tre peschiere sono scomparse, due sotto il ripascimento del litorale, mentre una è inglobata nel cemento del porto turistico. Ancora visibili e oggetto negli ultimi tempi di indagini scientifiche sono le peschiere di Saracca, La Banca e Torre Astura, situate all’interno del Poligono Militare (attuale U.T.T.A.T.), la cui presenza ha impedito gli interventi antropici nella fascia di litorale da Cretarossa a Torre Astura.
Certo oggi la documentazione dei monumenti costieri, come porti, ville marittime, peschiere, è diventata una corsa contro il tempo: le strutture rimangono a rischio con una prospettiva di sopravvivenza veramente ridotta. Non solamente la disgregazione marina ne minaccia la conservazione, ma soprattutto l’intervento umano nel corso dei secoli ha spesso determinato l’interramento delle strutture o la loro distruzione.
La rioccupazione delle rade, per esempio, è un fenomeno tutt’altro che recente, visto che i porti romani avevano sicuramente occupato le posizioni migliori dal punto di vista ortografico e marittimo; un esempio vicino è il porto di Anzio, la cui parte orientale è stata occupata dal porto innocenziano alla fine del Seicento, con inglobamento o demolizione delle
strutture romane.
Ma come mai queste epigrafi, che, come dirà poi più precisamente la prof.ssa Paola Caruso, non sono del nostro territorio e inoltre sono tutte anteriori alla costruzione del Forte, si trovano qui? Naturalmente non c’è una risposta sicura, tuttavia possiamo presupporre che facessero parte della collezione del barone Fassini, proprietario del monumento nei primi decenni del Novecento; sappiamo che il barone era un cultore dell’arte antica e che aveva realizzato nel portico di sinistra un lapidarium con reperti ancora presenti nel Forte e che per la maggior parte sono stati già valorizzati nel museo.
Per dare quindi la giusta dignità anche a queste epigrafi, che, pur non provenendo dal territorio, costituiscono comunque un tassello nella ricostruzione storica della vita del Forte Sangallo, ho pensato di organizzare una mostra temporanea, di cui questo numero dei “Quaderni” costituirà una guida alla lettura per il visitatore.