Papers by Giorgio Arnosti
Verso la fine del VII millennio a.C., quando il clima postglaciale diviene progressivamente più a... more Verso la fine del VII millennio a.C., quando il clima postglaciale diviene progressivamente più arido, le coste del Mediterraneo sono le prime zone dell'Europa occidentale ad essere interessate da processi di trasformazione culturale che porteranno alla civiltà neolitica. La conseguente evoluzione in senso economico, che raggiunge il maggiore sviluppo nel V millennio, si manifesta con l'introduzione della coltivazione di cereali, dell'allevamento di animali, con l'uso della tessitura, la diffusione del vaso in terracotta, nonché con l'addomesticamento del cane. La diffusione di queste rivoluzionarie attività economiche provocano un vero e proprio terremoto culturale presso le popolazioni preistoriche che erano di necessità nomadi al seguito delle transumanze degli animali da cacciare, e che si trasformano in comunità stanziali. Da qui ha origine la nostra civiltà. Il processo di neolitizzazione prende piede al Nord della penisola italiana verso il 4.500 a.C. Quanto all'abitazione del Neolitico, si ha una differenziazione nella tipologia insediativa con stanziamenti all'aperto in pianura, e con capanne e villaggi attorno ai laghi e in aree montane. Nelle nostre zone il Neolitico viene testimoniato dagli insediamenti della Santissima di Polcenigo,
Età del Ferro nell'Antico cenedese (Appunti dalla fine dell'Età del Bronzo alla romanizzazione), ... more Età del Ferro nell'Antico cenedese (Appunti dalla fine dell'Età del Bronzo alla romanizzazione), in Quad. n. 2 del Circolo Vittoriese di Ricerche Storiche, del Nov.1996, pp.48-86, con revisione e aggiunta di foto.
(MILLENARI SANTUARI PROTOVENETI-ROMANI NELL'ANTICO CENEDESE).
tra Piave e Livenza) Nell'Età del Bronzo Recente (XIII secolo a.C.) si ha una diffusa occupazione... more tra Piave e Livenza) Nell'Età del Bronzo Recente (XIII secolo a.C.) si ha una diffusa occupazione del territorio, con una frequenza mai registrata in precedenza. Non ci sono localizzazioni privilegiate e i siti che denotano tracce più o meno consistenti di frequentazione umana, segnalata da prevalenti reperti fittili di uso domestico, rigorosamente databili, si stendono presso laghi (Revine Lago; alla Santissima di Polcenigo), su aree più o meno umide di pianura (a Bavaroi e Prà della Stalla di Orsago; a Borgo Saccon di San Vendemiano), sulle pendici o su testate collinari asciutte (a Casa Cima, Costa e Monticella di Conegliano; ad Introvigne a Tarzo; Formeniga, Posoccon, Palasi, Malanotti, Salsa, e Sant'Augusta a Vittorio Veneto), sui terrazzi morenici o alluvionali (a Castello Roganzuolo, San Fior; al Colle d'Attila a Farra di Soligo; a Falzé di Piave), sui cucuzzoli dei colli (Col
A Villa di Villa in comune di Cordignano esiste, ma ancora per poco, un sito collinare davvero st... more A Villa di Villa in comune di Cordignano esiste, ma ancora per poco, un sito collinare davvero straordinario, che tuttavia pochi conoscono. A metà del poggio si apre, ma è minacciato dalle ruspe delle cave di carbonato, un millenario luogo sacro agli Antichi Veneti. Ora non rimane che un semplice pianoro in pendenza che si distende sopra due grotte diroccate in fase senile. Se uno gratta appena il terreno possono apparire dei frammenti di vasi in terracotta, o qualche residuo di lamina bronzea degli antichi ex-voto al nume del luogo. A poca profondità esistono ancora i resti in pietra e calce delle fondazioni del sacello. Poco è rimasto. **** Eppure duemila e più anni fa, in un bel dì di festa, avresti potuto assistere all'affollata processione che saliva il colle in onore e per venerare VESUTA, la dea molteplice.
Nel catalogo della mostra su "I PALEOVENETI", Maria Grazia Maioli, autrice della scheda sulla 'st... more Nel catalogo della mostra su "I PALEOVENETI", Maria Grazia Maioli, autrice della scheda sulla 'stipe' di Villa di Villa in Comune di Cordignano (TV) 1 , propone quale protettore del nostro santuario un nume maschile, paragonabile al Marte gallico ed al Quirino dei Romani 2 . Nelle fonti letterarie sugli antichi Veneti, l'esistenza di divinità maschili è scarsamente documentata 3 , tuttavia in molti santuari si ritrovano dediche a divi del pantheon greco-romano, scritte in latino. Esse compaiono ovviamente in seguito alla romanizzazione del territorio e documenterebbero l'interpretazione e la schematizzazione degli dei indigeni alla luce della nuova preponderante cultura. Questa constatazione della presenza di divinità maschili nel panteon dei Paleoveneti in epoca tarda, può subito suggerire che questa sia stata in qualche modo mediata o propiziata, prima della romanizzazione, dal contatto con il mondo celtico che ebbe una innegabile influenza su quello paleoveneto, almeno per quel che riguarda il costume 4 . Vediamo questo passaggio delineato in Cadore, dove dalla LOUDERA delle iscrizioni di Valle di Cadore, si passa alla TRUMUSIATE degli ex-voto in lingua venetica del santuario di Lagole. Questa divinità viene paragonata dagli studiosi odierni ad una Ecate trimorfa od una Diana tricapite, di influenza celtica, e secondo le più tarde dediche in latino dei devoti romanizzati venne 'interpretata' come APOLLO o come
Drafts by Giorgio Arnosti
La necropoli paleoveneta ai Frati di Ceneda, fu scoperta in seguito agli spianamenti per il Teatr... more La necropoli paleoveneta ai Frati di Ceneda, fu scoperta in seguito agli spianamenti per il Teatro Sociale, ora Verdi, nei primi decenni del XIX secolo e venne documentata da Carlo Graziani 2 : "le due a noi da buon tempo note necropoli, cioè quella intorno al sobborgo Zambon e quella della sede e dintorni del nuovo teatro compresa la piazza Garibaldi e la via della Rivetta e suso fino alla ferrovia". Il Graziani raccontava anche di "una urna di rame dalla necropoli del nuovo teatro in cui con un dio penato (?; lettura incerta), secchieli di lisca (?), fibule e grani d'ambra, vi stavano bastoncelli di legno, coperti di saggiato oricalco (ottone), spezzati, che già avevano il distintivo (?) dei IIviri o consoli municipali …". Sulla distribuzione delle sepolture e dei reperti qualcosa di più preciso conosciamo da Luigi Marson, che era in contatto col Graziani e col suo emulo Francesco Troyer. La necropoli "ai Frati" si estendeva sui terrazzi posti a Ovest del fiume Meschio tra le Vie Ceneri e Rivetta, tra P.zza e Via Garibaldi. Sul Marson facciamo oltretutto buon conto poiché, essendo dispersi gli elenchi ed inventari delle antiche collezioni del Graziani (alcuni reperti ancora nel suo antico palazzo ora propr.Pancotto) e del Troyer passate al Museo del Cenedese, le sue descrizioni dei reperti preromani della necropoli ai Frati ce li fanno riconoscere fra molti di quelli ancora esistenti al nostro Museo. Citiamo dal Marson 3 : "Le stesse raccolte, che si conservano nel piccolo museo esistente presso l'ing. F. Troyer di Vittorio, fanno ritenere che molti oggetti rinvenuti negli ossuarii dovessero appartenere a situle paleovenete di bronzo, alcune delle quali infatti si scavarono casualmente, nel 1821, negli spianamenti di sotto al Teatro Sociale, e, qualche anno fa, negli scavi per l'acquedotto nella via che fiancheggia ad Est la Piazza Garibaldi, come mi venne riferito dal compianto dott. Carlo Graziani, benemerito cultore d'antichità cenedesi.
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