Papers by Giorgio Pinotti
Il Commissario che voleva aggiustare i destini Nota Il contenuto di questo sito è regolato dalla ... more Il Commissario che voleva aggiustare i destini Nota Il contenuto di questo sito è regolato dalla legge italiana in materia di proprietà intellettuale ed è di proprietà esclusiva dell'editore. Le opere presenti su questo sito possono essere consultate e riprodotte su carta o su supporto digitale, a condizione che siano strettamente riservate per l'utilizzo a fini personali, scientifici o didattici a esclusione di qualsiasi funzione commerciale. La riproduzione deve necessariamente menzionare l'editore, il nome della rivista, l'autore e il documento di riferimento. Qualsiasi altra riproduzione è vietata senza previa autorizzazione dell'editore, tranne nei casi previsti dalla legislazione in vigore in Italia. Farum.it Farum è un gruppo di ricerca dell'Università di Genova Pour citer cet article : Giorgio PINOTTI, Il Commissario che voleva aggiustare i destini, Constellations francophones, Publifarum, n. 7, pubblicato il 2007, consultato il 24
Ecdotica 17 (2020), pp. 119-39, 2020
Ecdotica garantisce e risponde del valore e del rigore dei contributi che si pubblicano sulla riv... more Ecdotica garantisce e risponde del valore e del rigore dei contributi che si pubblicano sulla rivista, pur non condividendone sempre e necessariamente prospettive e punti di vista.
Prassi Ecdotiche della Modernità Letteraria, 2020
"Strumenti critici", XXXI, 2 (141), 2016
Over the past forty years, a vast corpus of Gadda's manuscripts (published and unpublished texts,... more Over the past forty years, a vast corpus of Gadda's manuscripts (published and unpublished texts, working notebooks) have re-emerged. During this time, though, no manuscript draft of the "Pasticciaccio" was traced. This great lacuna prevented scholars from providing answers to such crucial questions as: did Gadda plan to complete the novel? Who murdered Liliana Balducci? Who were the murderer's accomplices? The recent discovery of a section of the "Pasticciaccio"'s genetic dossier allows us to propose, at long last, some answers, and above all to read the splendid, 'imperfect', conclusion which Gadda wrote in the late forties, after publishing the first version of the novel in "Letteratura" (1946).
Roma, Sapienza Università Editrice, 2016
The most important project in the purview of the platform Wiki Gadda is the critical edition of E... more The most important project in the purview of the platform Wiki Gadda is the critical edition of Eros e Priapo that reproduces the first draft of the manuscript of the work (1944-46). Facing some mechanical gaps, the text was reconstructed on the basis of subsequent witnesses; for author’s gaps, where possible, conjectural integrations were adopted, duly indicated. Since the first draft of the text, dating 1944-46, is transcribed, the critical edition doesn’t report the genetic variants but only the evolutive ones; the lesson text therefore includes the later variants posted in the same span of time. One can read also the corrections made on the manuscript at a later date: an intermediate written with pencil and another one with blue ballpoint pen, to be dated around 1965. Each of the points concerned by these corrections was in fact highlighted with a background color corresponding to the series of correction. By clicking on the individual link, one can read the result of the corrections. The same system is adopted for the comparison with the Garzanti edition 1967.
"Todomodo", IV, 2014
In July 1986, Sciascia sent off his «little digression about 1913», his 1912 + 1, to Roberto Cala... more In July 1986, Sciascia sent off his «little digression about 1913», his 1912 + 1, to Roberto Calasso. «See whether you think it would make an Adelphi text», he wrote, with disarming simplicity. It signals Sciascia’s first step towards finding a new publisher, after Laterza, Einaudi, Sellerio and Bompiani, and was decisive, in that Adelphi was his final publisher. Why did Sciascia entrust his work to Adelphi, and how did his collaboration with Calasso and Luciano Foà develop, between 1986 and 1989? Previously unknown archive material will be used to suggest answers to these questions.
"Todomodo", III, 2013
The article is based on the text of a presentation in the Sala Napoleonica of the Università degl... more The article is based on the text of a presentation in the Sala Napoleonica of the Università degli Studi di Milano on 11 April 2013 in a roundtable on the theme «Opere a canone. Leonardo Sciascia: critica e tradizione editoriale» (Canonical Works. Leonardo Sciascia: Critical Studies and Editorial Tradition), involving Marco Belpoliti, Salvatore Silvano Nigro, Bruno Pischedda and Paolo Squillacioti. The author considers the first volume of Sciascia’s Opere, edited by Squillacioti and published by Adelphi, discusses the philological work conducted by the editor in tracing the genesis and variations of the texts and suggests that this allows the reader to distinguish between authorial intention and the standardizing effects of editorial interventions.
Il contenuto di questo sito è regolato dalla legge italiana in materia di proprietà intellettuale... more Il contenuto di questo sito è regolato dalla legge italiana in materia di proprietà intellettuale ed è di proprietà esclusiva dell'editore.
Croisement d'écritures France-Italie. Hommage à Jean-Paul Manganaro, 2015
Se guardiamo all'opera di Gadda dall'angolo visuale del rapporto con gli editori -e approfi tto d... more Se guardiamo all'opera di Gadda dall'angolo visuale del rapporto con gli editori -e approfi tto dell'ambiguità del termine, che in italiano designa sia l'editor che il publisher 2 -, scopriamo che si sono succedute quattro fasi radicalmente differenti.
Studi (e testi) italiani. Semestrale del Dipartimento di Studi Greco-Latini, Italiani Scenico-Mus... more Studi (e testi) italiani. Semestrale del Dipartimento di Studi Greco-Latini, Italiani Scenico-Musicali, 33 (2014)
http://www.bulzoni.it/
***
I profondi cambiamenti che stanno interessando il mondo editoriale, dalla digitalizzazione
dei testi, alla scomparsa del paratesto, alla progressiva perdita di centralità del ruolo dell'editore –
solo per citare i più macroscopici – non solo aprono scenari difficilmente decifrabili, ma spingono a
un ripensamento del recente passato, per capire, muovendo da una riflessione metodologica non
meno che storica, che cosa è stata la mediazione editoriale nella seconda metà del Novecento, quali
intrecci tra filologia ed editoria ha conosciuto e con quali conseguenze sulla produzione e fruizione
dei testi.
Come ha scritto Alberto Cadioli, a proposito della comunità dei lettori (Chartier) e del suo
ruolo centrale nella comunicazione culturale, «predisporre un'edizione è un atto di mediazione, nel
momento in cui l'editore prende qualcosa da qualcuno (l'autore) e lo porta a qualcun altro (il
lettore), ma è un atto di interpretazione testuale nel momento in cui quell'edizione assume caratteri
specifici e singolari: nessuna edizione è mai uguale a un'altra, anche quando trasmette il medesimo
testo» (Le diverse pagine, Milano, Il Saggiatore, 2012, p. 39). Se l'atto di mediazione è un
passaggio, tale movimento presuppone tuttavia una decisione precedente, una scelta. E un doppio
sguardo: «guardare a un autore e a quanto ha scritto, e cercare i suoi possibili lettori; oppure
guardare ai lettori da raggiungere (in questo caso appunto al plurale), e cercare lo scrittore e il testo
che possono rispondere alle loro richieste» (ivi, p. 39). In fondo, non siamo lontani dall’allarmante
bivio che, per dirla con Schleiermacher, si profila a chi traduce un testo scritto in un'altra lingua:
bisogna portare l’autore al lettore o viceversa? Tale doppio sguardo, rivolto all'autore o al lettore (e
spesso le esigenze non coincidono), non è solo degli editori, ma anche dei filologi, e implica scelte e
decisioni importanti, talora cruciali, nella scelta del testo da pubblicare, del suo assetto generale,
della sua struttura, della sua veste grafico-linguistica. E non si tratta di accidenti formali, affar di
filologi insomma, ma di dati reali capaci di influenzare la ricezione e l'interpretazione.
D'altro canto, la rapida trasformazione del mondo editoriale esige che ci si soffermi anche su
quelle affinità tra opere che si stentano sempre più a riconoscere: affinità – di catalogo e di scelte
autoriali, formali, e perfino tipografiche – che costituiscono lo specifico editoriale, se è vero, come
scrive Roberto Calasso, che «ha ancora una qualche importanza, per certe opere e per certi lettori, il
modo in cui i libri vengono presentati e il contesto – che può essere accennato anche solo da una
cornice in cui appaiono» (L'impronta dell'editore, Milano, Adelphi, 2013, p. 67). Anche in questo
caso, l'interazione tra editoria e filologia diventa fondamentale per capire in che direzione stiamo
andando e quali libri leggerà la comunità dei lettori futuri.
Il nostro intento è di raccogliere le esperienze e le riflessioni di alcuni grandi protagonisti del
mondo dell'editoria e della filologia del secondo Novecento su questi temi: e in particolare sulle
revisioni editoriali, sui normari e i manuali di stile, sul trattamento degli errori e delle
uniformazioni, sugli apparati e sulle varianti, sui cambiamenti imposti dagli e-book e dai self
publishing book, ma anche sui rapporti tra editori, direttori di collana, redattori e autori, per gettare
sul passato uno sguardo che possa servire a capire meglio il presente e a orientare le pratiche di
studio e la pubblicazione dei testi futuri.
La loro testimonianza, ne siamo certi, consentirà di ripercorrere il fruttuoso intreccio tra
competenze diverse che, in italia, ha sempre caratterizzato il mondo degli studi e dell'editoria, a partire
dalle tipografie di inizio cinquecento, fucine di idee rivoluzionarie e mirabili edizioni, frequentate
parimenti da editori e filologi.
"Nuova Rivista di Letteratura Italiana", VI, 1-2, 2003, 2003
"I quaderni dell'Ingegnere", 3, 2004, 2004
Studi su Mario Dell'Arco, a cura di Franco Onorati con Carolina Marconi, Roma, Gangemi, 2006, 2006
"I quaderni dell'Ingegnere", 5, 2007, 2007
"Publif@rum", 7, 2007, 2007
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"Ecdotica", 5, 2008, 2008
Copy in Italy. Autori italiani nel mondo dal 1945 a oggi, a cura di Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano, Effigie, 2009, 2009
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I profondi cambiamenti che stanno interessando il mondo editoriale, dalla digitalizzazione
dei testi, alla scomparsa del paratesto, alla progressiva perdita di centralità del ruolo dell'editore –
solo per citare i più macroscopici – non solo aprono scenari difficilmente decifrabili, ma spingono a
un ripensamento del recente passato, per capire, muovendo da una riflessione metodologica non
meno che storica, che cosa è stata la mediazione editoriale nella seconda metà del Novecento, quali
intrecci tra filologia ed editoria ha conosciuto e con quali conseguenze sulla produzione e fruizione
dei testi.
Come ha scritto Alberto Cadioli, a proposito della comunità dei lettori (Chartier) e del suo
ruolo centrale nella comunicazione culturale, «predisporre un'edizione è un atto di mediazione, nel
momento in cui l'editore prende qualcosa da qualcuno (l'autore) e lo porta a qualcun altro (il
lettore), ma è un atto di interpretazione testuale nel momento in cui quell'edizione assume caratteri
specifici e singolari: nessuna edizione è mai uguale a un'altra, anche quando trasmette il medesimo
testo» (Le diverse pagine, Milano, Il Saggiatore, 2012, p. 39). Se l'atto di mediazione è un
passaggio, tale movimento presuppone tuttavia una decisione precedente, una scelta. E un doppio
sguardo: «guardare a un autore e a quanto ha scritto, e cercare i suoi possibili lettori; oppure
guardare ai lettori da raggiungere (in questo caso appunto al plurale), e cercare lo scrittore e il testo
che possono rispondere alle loro richieste» (ivi, p. 39). In fondo, non siamo lontani dall’allarmante
bivio che, per dirla con Schleiermacher, si profila a chi traduce un testo scritto in un'altra lingua:
bisogna portare l’autore al lettore o viceversa? Tale doppio sguardo, rivolto all'autore o al lettore (e
spesso le esigenze non coincidono), non è solo degli editori, ma anche dei filologi, e implica scelte e
decisioni importanti, talora cruciali, nella scelta del testo da pubblicare, del suo assetto generale,
della sua struttura, della sua veste grafico-linguistica. E non si tratta di accidenti formali, affar di
filologi insomma, ma di dati reali capaci di influenzare la ricezione e l'interpretazione.
D'altro canto, la rapida trasformazione del mondo editoriale esige che ci si soffermi anche su
quelle affinità tra opere che si stentano sempre più a riconoscere: affinità – di catalogo e di scelte
autoriali, formali, e perfino tipografiche – che costituiscono lo specifico editoriale, se è vero, come
scrive Roberto Calasso, che «ha ancora una qualche importanza, per certe opere e per certi lettori, il
modo in cui i libri vengono presentati e il contesto – che può essere accennato anche solo da una
cornice in cui appaiono» (L'impronta dell'editore, Milano, Adelphi, 2013, p. 67). Anche in questo
caso, l'interazione tra editoria e filologia diventa fondamentale per capire in che direzione stiamo
andando e quali libri leggerà la comunità dei lettori futuri.
Il nostro intento è di raccogliere le esperienze e le riflessioni di alcuni grandi protagonisti del
mondo dell'editoria e della filologia del secondo Novecento su questi temi: e in particolare sulle
revisioni editoriali, sui normari e i manuali di stile, sul trattamento degli errori e delle
uniformazioni, sugli apparati e sulle varianti, sui cambiamenti imposti dagli e-book e dai self
publishing book, ma anche sui rapporti tra editori, direttori di collana, redattori e autori, per gettare
sul passato uno sguardo che possa servire a capire meglio il presente e a orientare le pratiche di
studio e la pubblicazione dei testi futuri.
La loro testimonianza, ne siamo certi, consentirà di ripercorrere il fruttuoso intreccio tra
competenze diverse che, in italia, ha sempre caratterizzato il mondo degli studi e dell'editoria, a partire
dalle tipografie di inizio cinquecento, fucine di idee rivoluzionarie e mirabili edizioni, frequentate
parimenti da editori e filologi.
http://www.bulzoni.it/
***
I profondi cambiamenti che stanno interessando il mondo editoriale, dalla digitalizzazione
dei testi, alla scomparsa del paratesto, alla progressiva perdita di centralità del ruolo dell'editore –
solo per citare i più macroscopici – non solo aprono scenari difficilmente decifrabili, ma spingono a
un ripensamento del recente passato, per capire, muovendo da una riflessione metodologica non
meno che storica, che cosa è stata la mediazione editoriale nella seconda metà del Novecento, quali
intrecci tra filologia ed editoria ha conosciuto e con quali conseguenze sulla produzione e fruizione
dei testi.
Come ha scritto Alberto Cadioli, a proposito della comunità dei lettori (Chartier) e del suo
ruolo centrale nella comunicazione culturale, «predisporre un'edizione è un atto di mediazione, nel
momento in cui l'editore prende qualcosa da qualcuno (l'autore) e lo porta a qualcun altro (il
lettore), ma è un atto di interpretazione testuale nel momento in cui quell'edizione assume caratteri
specifici e singolari: nessuna edizione è mai uguale a un'altra, anche quando trasmette il medesimo
testo» (Le diverse pagine, Milano, Il Saggiatore, 2012, p. 39). Se l'atto di mediazione è un
passaggio, tale movimento presuppone tuttavia una decisione precedente, una scelta. E un doppio
sguardo: «guardare a un autore e a quanto ha scritto, e cercare i suoi possibili lettori; oppure
guardare ai lettori da raggiungere (in questo caso appunto al plurale), e cercare lo scrittore e il testo
che possono rispondere alle loro richieste» (ivi, p. 39). In fondo, non siamo lontani dall’allarmante
bivio che, per dirla con Schleiermacher, si profila a chi traduce un testo scritto in un'altra lingua:
bisogna portare l’autore al lettore o viceversa? Tale doppio sguardo, rivolto all'autore o al lettore (e
spesso le esigenze non coincidono), non è solo degli editori, ma anche dei filologi, e implica scelte e
decisioni importanti, talora cruciali, nella scelta del testo da pubblicare, del suo assetto generale,
della sua struttura, della sua veste grafico-linguistica. E non si tratta di accidenti formali, affar di
filologi insomma, ma di dati reali capaci di influenzare la ricezione e l'interpretazione.
D'altro canto, la rapida trasformazione del mondo editoriale esige che ci si soffermi anche su
quelle affinità tra opere che si stentano sempre più a riconoscere: affinità – di catalogo e di scelte
autoriali, formali, e perfino tipografiche – che costituiscono lo specifico editoriale, se è vero, come
scrive Roberto Calasso, che «ha ancora una qualche importanza, per certe opere e per certi lettori, il
modo in cui i libri vengono presentati e il contesto – che può essere accennato anche solo da una
cornice in cui appaiono» (L'impronta dell'editore, Milano, Adelphi, 2013, p. 67). Anche in questo
caso, l'interazione tra editoria e filologia diventa fondamentale per capire in che direzione stiamo
andando e quali libri leggerà la comunità dei lettori futuri.
Il nostro intento è di raccogliere le esperienze e le riflessioni di alcuni grandi protagonisti del
mondo dell'editoria e della filologia del secondo Novecento su questi temi: e in particolare sulle
revisioni editoriali, sui normari e i manuali di stile, sul trattamento degli errori e delle
uniformazioni, sugli apparati e sulle varianti, sui cambiamenti imposti dagli e-book e dai self
publishing book, ma anche sui rapporti tra editori, direttori di collana, redattori e autori, per gettare
sul passato uno sguardo che possa servire a capire meglio il presente e a orientare le pratiche di
studio e la pubblicazione dei testi futuri.
La loro testimonianza, ne siamo certi, consentirà di ripercorrere il fruttuoso intreccio tra
competenze diverse che, in italia, ha sempre caratterizzato il mondo degli studi e dell'editoria, a partire
dalle tipografie di inizio cinquecento, fucine di idee rivoluzionarie e mirabili edizioni, frequentate
parimenti da editori e filologi.